Capitolo VIII

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VII IX
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VIII.

Il giorno dopo Natale, vedendo il tempo schiarirsi, zio Berte pensò che poteva lasciare la tanca per tornare a Nuoro e sapere che cosa desideravano da lui le donne. Gli avevano detto che Marianna era sana e che non si trattava di affari d’interessi; perchè dunque lo chiamavano, se Marianna era sana e gl’interessi andavano bene?

Tuttavia s’incamminò; ma a metà strada fu tentato di tornare indietro perchè il cielo si ricopriva di una spessa nuvola e ricominciava a nevicare. Marianna era sana, era al caldo, tranquilla nella sua casa bene riparata; con la fedele compagnia della serva: stava come una regina sul trono, mentre le povere giovenche e i vitellini assiderati avevano bisogno di nutrimento e di cure. [p. 186 modifica]Un solo pensiero lo spingeva a proseguire il viaggio: sperava si trattasse di qualche proposta di matrimonio per Marianna; anzi si domandava chi poteva essere il pretendente. Speriamo non si tratti di un paesano; per quanto bei giovani e ricchi, i paesani disponibili non gli sembravano adatti per Marianna: preferiva piuttosto un possidente borghese, un avvocato magari, anche se non molto ricco. Marianna era fina, signorile, e aveva già molto da fare per custodire la sua roba. Se sposava un ricco pastore o un ricco contadino le toccava di lavorare di più, con danno della salute. Un avvocato invece guadagna i denari netti e li può spendere con la famiglia senza darsi tanti pensieri.

E poi ormai lui, il padre, era abituato a fare da padrone: un altro pastore o un contadino gli avrebbe dato fastidio.

Ma se Marianna lo vuole, sposi pure il pastore o il contadino; lei è la padrona vera ed è saggia abbastanza per conoscere qual è il suo bene; e il tempo vola e la messe dovrebbe essere matura per lei che da tanti e tanti anni la coltiva. [p. 187 modifica]In questi pensieri arrivò. Cadeva già la sera e tutto era quieto attorno all’abitazione di sua figlia; ed egli si sentiva fiero di tanta tranquillità, ogni volta che entrava nella casa ch’era stata del canonico e ancora conservava una fisionomia silenziosa di monastero. Là dentro viveva la sua Marianna, la sua unica figlia; come una santa di legno nella sua nicchia dorata. Sì, e lui, il padre, se ne sentiva fiero e commosso perchè gli pareva d’essere stato proprio lui, col suo sacrificio di padre, privandosi della sua unica figlia, a crearle tanto bene. E procurava di non far rumore, entrando, per non turbare tanta quiete. Smontò quindi davanti al portone chiuso e battè lievemente con la palma della mano, mentre il cavallino rispettoso si scuoteva a sua volta la neve dalle orecchie.

Fu Marianna stessa ad aprire, un poco pallida e stravolta. Vedendo il padre si ricompose e si fece da parte per farlo entrare.

— Ospiti ne volete? — chiese lui benevolo e scherzoso, e anche pieno di rispetto, — date alloggio a un viandante. [p. 188 modifica]Col suo gabbano lungo, la barba spruzzata di neve, la persona curva e il cavallino carico di bisacce, sembrava infatti una di quelle figure di fiaba che vengono dai boschi e non si sa dove vadano: e domandano ospitalità per provare il buon cuore della gente e compensarla poi con molta fortuna.

Al rumore, la serva era balzata sulla porta di cucina, col lume in mano. Zio Berte si affrettò a salutarla aspettando più da lei che da Marianna la buona novella: ma il viso di Fidela era duro solcato d’ombre nere, ed egli intuì subito che qualche cosa di triste era accaduto.

— Fidela! — disse tuttavia con voce allegra scaricando le bisacce, — perchè ti sei lasciata cadere la neve sulla testa?

E rise poichè la donna si portava istintivamente la mano ai capelli candidi che sfuggivano dalla sua cuffia nera. Anche lei sorrise, col suo sorriso duro: dopo tutto la presenza di quell’uomo semplice e d’umore eguale metteva un po’ di luce nella casa: non era un protettore, e neppure si poteva sperare che egli si ribellasse alle [p. 189 modifica] follie di Marianna; ma era buono e la bontà spande in torno a sè un chiarore sicuro di lanterna chiusa che il vento non spegne.

Marianna intanto riprendeva il suo posto accanto al focolare: non aveva paura perchè ormai era decisa a tutto, ma dal ritorno del padre non sperava molto.

No, non aveva paura. Eccolo lì, suo padre, seduto davanti al fuoco come il vecchio venuto dal bosco: le sue vesti fumavano ed egli, avvolto da quella leggera nuvola, guardava con piacere il graticolato di legno sospeso sopra il focolare, carico di forme di cacio poste lassù ad affumicare; e guardava sulle pareti le massicce padelle di rame, preziose e inutili come la sorte ch’gli aveva creato a sua figlia; e guardava e sorrideva a Fidela, ammiccando, come per dirle: «se Marianna ha qualche capriccio può anche soddisfarlo!».

Fidela però non rispondeva al sorriso; e di momento in momento egli sentiva più forte l’impressione che una disgrazia era accaduta o dovesse accadere.

— Ebbene, che c’è dunque? — [p. 190 modifica]domandò guardando Marianna: poi aggiunse, per illudere se stesso: ieri poi è venuto Sebastiano e gli chiesi: sai nulla di casa mia? Mi hanno mandato a chiamare. E lui mi ha risposto ridendo: eh, forse si tratterà d’affari di matrimonio!

Marianna trasalì. Che ne sapeva Sebastiano? Guardò con rapido sospetto la serva e le venne il desiderio di burlarsi di tutti.

— È Fidela, infatti, che vuole consultarvi perchè si vuole sposare....

— Marianna! — esclamò la serva con tristezza severa. — Ed hai anche voglia di scherzare?

— Non ho alcuna ragione per piangere!

C’era qualche cosa di crudele nel suo sorriso; ma il padre s’illudeva, e vedendola così improvvisamente allegra pensava che in verità non c’era ragione alcuna perchè la sua Marianna, ricca e saggia, dotata di tanti beni e di tante virtù, non fosse felice. Non se lo aveva conquistato palmo a palmo il suo regno sulla terra? E lui, il padre, non s’era staccato da lei come dalla sua cosa più vitale, non l’aveva mandata [p. 191 modifica]via di casa bambina perchè lei si conquistasse questo regno?

— E lasciala scherzare, vecchia! Non ha veduto i banditi in casa, lei, come te!

Subito sentì un’ala gelata sbattersi alle sue spalle, come se il vento avesse spalancato con violenza la porta: davanti a lui Marianna s’era fatta bianca, riversando la testa indietro; pareva svenisse; tosto però si sollevò, col viso duro e fermo, di marmo.

— Padre, — disse con voce sorda, senza guardarlo. — È appunto un bandito quello che ho accolto in casa e che voglio sposare. Sì, e per farla finita vi dirò subito chi è: è Simone Sole.

Dapprima l’uomo parve piegarsi umilmente, con le mani giunte fra le ginocchia, accettando il fatto compiuto; era invece il colpo troppo forte che gli toglieva quasi il respiro. Infine sollevò gli occhi supplichevoli ma non incontrò quelli di sua figlia.

— Marianna! — balbettò, — un servo! Un servo! — ripetè rinfrancandosi. — Un bandito! E fosse almeno un bandito famoso, fosse almeno Giovanni Corraine! [p. 192 modifica]— Per me è più grande di tutti gli uomini del mondo, — disse Marianna; e si piegò, col viso fra le mani, decisa a non combattere.

Il padre al contrario si sollevò, scuotendo le spalle per liberarsi del peso che lo schiacciava; si guardò attorno e tutto gli parve mutato, tutto devastato come se davvero una torma di grassatori fosse passata in casa di sua figlia portandovi la desolazione della morte. Poi cercò gli occhi fedeli della serva e cominciò a scuotere la testa, chiedendole aiuto e consiglio con lo sguardo doloroso. Su Marianna non contava più: era lì morta, uccisa dai banditi.

Fidela gli rispondeva anche lei con lo sguardo e con cenni della testa: sì, questo era il fatto, questa era la sventura. Ma davanti a Marianna, pallida e ferma appunto come una morta, sentivano entrambi che ogni dolore, ogni ribellione era inutile. E questa era la cosa più terribile: l’impossibilità di combattere.

Tuttavia nella sua impotenza, l’uomo cominciò a fremere: gli pareva d’essere legato, sì, di essere vinto; ma c’era gente [p. 193 modifica]forte ancora, nel mondo, che poteva aiutarlo.

E sospirò forte, quasi certo di aver trovato il rimedio.

— Marianna, e tuo cugino Sebastiano approva la tua idea?

— Mio cugino Sebastiano? Mio cugino Sebastiano sta in casa sua e io in casa mia.

Il padre cominciò a tirarsi la barba con tutte e due le mani un po’ da una parte un po’ dall’altra, seguendo il movimento con la testa: no; Marianna non aveva paura di nessuno: era inutile chiedere aiuto contro di lei.

— Ma perchè hai fatto questo, figlia mia! Perchè hai fatto questo?

Lei non rispondeva. Neppure lei lo sapeva, questo perchè, sebbene avesse, più volte tentato di domandarselo, nelle lunghe notti di attesa, nei crepuscoli quando si scende in fondo alla propria coscienza come un palombaro in fondo al mare.

— Che cosa ti è venuto in mente, Marianna, figlia mia? Simone Sole! Un servo, un mandriano, uno che non è stato buono a crearsi una sorte di libertà e neppure è [p. 194 modifica]buono a fare il bandito? È un uomo da te, Simone? Che cosa ti ha incantato in lui? Che cosa ti può dare, lui? Nulla! Un mendicante potrebbe darti di più.

— È per questo che mi piace.

— Per questo ti piace? Ma hai la testa malata, Marianna, figlia mia? Non sei più una bambina.

— Appunto per questo!

— Ma forse v’intendevate da quando era qui servo? Allora eri più giovane, ed eravate vicini e nessuno vi guardava.

— Questo non è vero. — protestò Fidela. — No, essi allora non avevano relazione fra loro.

— È vero, — confermò Marianna. — Però tutto questo non importa. Ed è inutile fare questioni, padre. Io vi ho dato l’annunzio perchè era mio dovere; non cercate di discutere nè di farmi del male.

— Farti del male! Un padre può fare del male a una sua figlia! Io, io, Marianna? Sei tu che ti fai del male: io ti feci sempre del bene, e credevo di essermi privato di tutto per te. Ho sbagliato. Sì, lo riconosco davanti al Signore, ho sbagliato. [p. 195 modifica]

— Sì, — ella disse, intenerita dal dolore umile di lui. — Avete sbagliato.

Ed egli fece il giro del focolare e le si piegò accanto, ai piedi, come un servo, come un cane che le leccasse le mani.

— Marianna! Marianna, ascoltami: dimmi almeno che ci penserai.

Ella pareva pensasse già, col viso fra le mani, le spalle incavate da un solco d’angoscia.

E stettero così qualche tempo in silenzio, come smarriti ma in attesa di una voce, di una luce lontana che indicasse loro la via da prendere.

— Tu ci penserai, Marianna, prima di commettere una simile pazzia. Eppoi.... eppoi, sposare! Come lo puoi sposare? E che cosa egli conta di fare, dopo?

— Andrà in carcere e se sarà condannato sconterà la pena.

— Così Dio mi aiuti, io credo di sognare, figlia mia. Dormo; sogno. Ecco, prendo in mano una brace per convincermi che sogno e non mi brucio. Ma tu sei malata, Marianna; bisogna chiamare il dottore. [p. 196 modifica]

Lei tacque di nuovo: non rispose più alle parole di lui: solo quando la serva credette opportuno di intervenire ripetendo la preghiera del padrone:

— Tu ci penserai, almeno, prima di deciderti, Marianna, — sollevò il viso e sempre senza guardare nessuno disse:

— Ho già pensato e deciso! Lasciatemi in pace.

Poi tornò a coprirsi il viso con la maschera delle sue mani e cercò di non ascoltare più neppure le parole del padre. Solo il nome di Sebastiano, pronunziato ancora da lui, le dava un’agitazione confusa, un presentimento che non sapeva ben definire. Ma non aveva paura di nulla. Anche se Sebastiano conosceva il suo segreto, che importava? Che poteva fare Sebastiano contro la volontà di lei e quella di Simone? Nessuno poteva far nulla contro la volontà loro, se essi restavano fermi nel loro amore e nella loro decisione di bene.

Le pareva dunque che le preghiere, i consigli, le minacce del padre risuonassero nel vuoto e rimbalzassero al suolo come i sassolini che i ragazzi si divertono a [p. 197 modifica]lanciare contro gli alberi. Ed egli sentiva bene questa sua impotenza e finì col tacere, vinto dal silenzio ostinato di lei.

Furono di nuovo giorni di attesa e d’inquietudine.

Simone non tornava, e a Marianna sembrava ch’egli si fosse smarrito nell’ignoto, nella nebbia che copriva l’orizzonte.

L’inverno era rigidissimo; a volte il vento di levante toglieva i cappucci di neve alle cime dell'Orthobene, e il sole scherzava, attraverso le nuvole, come un ospite che porta regali e allegria nella casa degli amici; ma l’inverno severo non tardava a rimettere i cappucci ai monti, a fasciare d’ombra le cose e costringere la terra a riaddormentarsi nel suo sogno doloroso.

A Marianna sembrava di esser sepolta anche lei sotto la neve e dover stare ferma, tacita, come il seme che ancora non germoglia. Così passava i suoi giorni rannicchiata accanto al focolare, con le mani giunte davanti al viso: pareva adorasse il fuoco. A volte le giungevano suoni e gridi lontani; ricordava allora che era carnevale, ma quelle voci, quei gridi, più che segni di [p. 198 modifica] gioia le sembravano urli tragici di gente che soffriva.

Anche lei avrebbe voluto gridare così, e non poteva. Eppure, ogni mattina, svegliandosi nella sua camera fredda, sbiancata dal riflesso della neve e del cielo nuvoloso, pensava:

— Forse oggi verrà, — e d’un tratto il giorno tetro le si apriva davanti come una conchiglia scabra con dentro la perla della speranza.

Ma le ore passavano invano e al cadere della notte anche su di lei il dolore come l’inverno sulla terra rigettava il suo cappuccio nero.

Un giorno, in febbraio, venne il cugino Sebastiano per una delle sue solite visite quasi cerimoniose.

Da molto anche lui non s’era lasciato più vedere, occupato a guardare e a salvare dal freddo e dalla fame il suo gregge.

Entrò, con la sua andatura un po’ tentennante che da Fidela lo aveva una volta fatto rassomigliare a una barca nel mare mosso, e sedette davanti a Marianna. I battenti della finestra inzuppati d’umido erano [p. 199 modifica]aperti e dalle sbarre arrugginite dell’inferriata cadevano ancora grosse gocce d’acqua dense e rossiccie come sangue. L’aria già primaverile penetrava nella casa, e sopra i tetti, dai quali erano scomparse le ultime stalattiti, s’affacciavano piccole nubi chiare su un ciclo azzurro che pareva soffuso di meraviglia infantile. Sì, il sole esisteva ancora; e il mormorìo lontano del torrente, nel silenzio del quieto mattino, diceva di cose dolci lontane, di erba, di querce bagnate che si scuotono come naufraghi venuti fuori dalla tempesta, dei primi agnellini nella tanca che suggono il latte materno guardando in alto con voluttà, dei cani allegri che abbaiano vedendo a sera scintillare un fuoco in lontananza nel crepuscolo azzurro ed è la luna di febbraio che cala fra mandorli già fioriti della valle di Oliena.

— Il buon tempo ti porta: beato chi ti vede, — disse Marianna.

Il cugino la guardava e sorrideva mostrando i bei denti nel viso pallido; era più magro e gialliccio del solito e appunto con quei denti sani nel viso devastato pareva uscito appena da una malattia. Gli occhi [p. 200 modifica]verdognoli, di tanto in tanto, pure nel sorriso, si oscuravano come se dentro vi passassero nuotando delle ombre.

A Marianna bastò il primo sguardo per sentire che qualche cosa di nuovo era in lui, come se la loro fredda e inutile parentela si fosse d’un tratto rotta ed egli si accostasse a lei, oltre quel velo, uomo come tutti gli altri, nemico come tutti gli altri.

— Che inverno del diavolo, — egli disse, passandosi la mano sulla ghetta di orbace, — da molto tempo non si era conosciuto un inverno simile. Si è dovuto combattere come in guerra, e ne usciamo fuori zuppi come dal torrente. Ah, — sospirò sollevandosi, — bisogna esser ricchi come te o non aver nulla per non aver pensieri.

— Sì! Ma anche noi ne abbiamo avuto da pensare!

— Tu! — disse lui un poco sprezzante; ma tosto parve pentirsi e abbassò gli occhi pieni d’ombra.

— Io? Cosa io? — ella domandò quasi irritata. — Io forse non ho pensieri?

— Tu? Tu ne hai, sì; ma è comodo [p. 201 modifica]pensarli accanto al fuoco, con tutte le cose bene aggiustate attorno.

— Sì! E le cose fuori?

— Ah, è vero; maledetto il peccato mortale. Le cose fuori! Il cuore che va come una vela nel mare in tempesta!

— Sebastiano! Il mio cuore è dentro: è dentro come in una cassa.

— E dammi la chiave, allora!

— Non c’è chiave, è una cassa sconquassata; ma che t’importa?

— M’importa sì! — affermò lui alzando la voce; e d’un tratto scosse da testa e guardò Marianna minaccioso.

E lei lo sentì palpitare, il suo cuore dentro la cassa; e provò davanti all’oscura minaccia un sentimento nuovo: ebbe paura.

Ma subito l’istinto della difesa la irrigidì.

— Ebbene, che vuoi? — disse il suo sguardo dritto fisso negli occhi dell’uomo. — Tu non mi hai dato mai aiuto, mai amore, mai nulla di tuo: e adesso vieni a tentare di togliermi quello che è mio?

— Marianna! — egli riprese, col petto sollevato da un ansito che reprimeva a stento. — Marianna, — aggiunse abbassando la [p. 202 modifica]voce perchè la serva ch’era nel cortile non sentisse. — Sono venuto per parlarti di cose serie. Sì, l’inverno è stato lungo e crudo, e non sono più venuto perchè combattevo contro la rabbia, come contro il vento. Eppoi credevo che tutto fosse uno scherzo, una cosa passeggera.

Marianna lo fissava senza batter palpebra come accogliendo entro gli occhi le parole di lui.

— Sei tu che prendi le cose tutte a scherzo. Io, però, non sono stata abituata allo scherzo.

Sebastiano aspettò ch’ella continuasse: dopo un momento di silenzio domandò:

— È tutto questo che avevi da dire, cugina mia? Sì? Bene; sei saggia. Sì; si scherza, a volte, ma d’un tratto la burla cambia e diventa cosa seria. E così ti dico: che cosa pensi di fare? Non vuoi consultare i parenti? Marianna! Che pensi di fare?

S’alzò e chiuse la finestra: vi si appoggiò contro e guardò a lungo Marianna con gli occhi ora chiari di speranza, ora foschi di rabbia.

— Marianna, più volte in questi ultimi [p. 203 modifica]tempi tuo padre è venuto da me. È malato di crepacuore: sì, pareva volesse confidarsi con me, ma poi se ne andava e non rispondeva neppure alle mie domande. Allora mi accorsi che qualche cosa di grave c’era. Adesso sono qui: alza la testa, Marianna, voglio che tu mi guardi, voglio che tu mi dica le tue intenzioni.

Ella parve obbedire; tornò a guardarlo, ma il suo sguardo era mutato, gli occhi erano limpidi, chiari come un’acqua tranquilla che lascia vedere tutto il fondo. Non aveva più paura: era scesa in fondo alla sua coscienza e aveva ritrovato tutta la sua forza.

— Sebastiano, — disse con la sua voce calma. — Tu sai ch’io sono padrona di me. Voglio bene a Simone e lo sposerò.

Sebastiano si strappò la berretta dal capo e la buttò per terra; poi la raccolse e cominciò a sbattersela contro la gambe: ansava di rabbia, non poteva parlare. Marianna non aveva mai veduto un uomo così agitato; ne provò pietà, ma una pietà non priva di derisione; tornò ad abbassare gli occhi, perchè egli non si irritasse di più [p. 204 modifica]vedendola così calma, e senza volerlo sorrise.

Egli continuava a sbattersi la berretta contro le ginocchia.

— Ridi, ridi pure, donna! Una cosa sola ti dico. Nessuno dei tuoi parenti ti ha mai domandato nulla, Marianna, nulla! Neppure i più bisognosi. Era come un’intesa fra noi, di non molestarti, di lasciarti libera, tranquilla, come il fiore in mezzo al cespuglio. Tu eri per noi così, proprio così, come un fiore. Passavi per essere la donna più fiera e pura della nostra stirpe. Adesso invece t’infanghi; adesso ci copri tutti d’una macchia. Ebbene, senti: se tuo padre non è buono a nulla, se non sa difenderti e guardarti lui, ti difenderò io; sì, io, in mia coscienza di cristiano: ti difenderò contro tua voglia, a tutti i costi, anche a costo della vita e della libertà. Ricordatelo!

Si ricacciò la berretta in testa e s’avviò per andarsene: Marianna gli balzò davanti, lo afferrò per le maniche del cappotto, col viso riverso sbiancato come s’egli l’avesse ferita al cuore. [p. 205 modifica]

— Sebastiano, tu non te ne andrai! Sebastiano, che cosa hai voluto dire?

— Tu lo comprendi bene senza ch’io te lo spieghi, — egli disse, cercando di liberarsi di lei che gli aveva ficcato le unghie nella stoffa delle maniche.

— E allora mi devi dire almeno che cosa ti importa. Che cosa ti importa? Che importa a te ed agli altri? Se è per i beni prendeteveli pure; tutto prendetevi, anche la cenere del focolare. Io non voglio nulla, null’altro che la mia libertà. Ma perchè non posso essere libera di fare quello che voglio? Parenti! I parenti! Chi si è mai curato di me? Non mi avete cercato mai perchè non avevate amore per me. Solo forse un poco di invidia. E adesso vi ricordate di me, adesso? Per togliermi quello che a voi sembra di troppo: la mia felicità. Mio padre non è buono a nulla, hai ragione: mi ha buttato fuori di casa bambina perchè non si sentiva capace di bastare a sua figlia; ma lui almeno riconosce il suo errore.

— Il suo errore?

— Sì, lo riconosce: ecco qui Fidela che [p. 206 modifica]può dire come mio padre mi ha dato ragione. Fidela?

Fidela s’era avvicinata alla porta e ascoltava: era pronta a difendere la padrona se il cugino tentava di farle offesa, ma si contentò di rispondere:

— Marianna, ascolta chi ti vuol bene. — E le prese una mano tentando di staccarla da Sebastiano.

— Lasciami, — gridò Marianna, presa da un’agitazione convulsa. — Nessuno mi vuol bene. Chi, chi vuol bene a me? E se qualcuno appunto mi avesse voluto bene, mi sarei buttata fra le braccia d’un servo? È la disperazione che mi ha spinto, perchè ero sola come la fiera nel bosco.... Ero sola.... ero sola.... — ripetè con un grido d’angoscia e spinse la serva, si staccò dall’uomo e tornò ad accovacciarsi nel suo posto accanto al focolare, singhiozzando.

Sebastiano parve calmarsi; respinse anche lui la serva accennandole di andarsene e di tacere, e si curvò su Marianna come per ascoltarne meglio il singulto: poi la chiamò sottovoce.

— Marianna? [p. 207 modifica]

— Marianna, ascoltami. Se tu eri sola era perchè volevi esserlo, Marianna! Tu lasciavi che la tua serva ti chiudesse dentro come se tutti fossero banditi. Chi non ti voleva bene? Io.... io.... forse non te ne volevo? Non te ne voglio, forse?... Lo so io quello che è passato in me, in questi ultimi tempi.

E poichè lei piangeva forte, si fece livido in viso.

— Ma chi poteva parlare con te? Eri un muro di ghiaccio, Marianna! Eri come una regina, davanti alla quale anche i fratelli si sentono in soggezione. Ecco cos’eri, cugina mia!

Lei non sentiva nulla, tanto piangeva forte.

Piano piano egli le si lasciò cadere accanto e stette ad ascoltarla piangere; gli sembrava di sentire l’eco del suo stesso dolore; ma non sapeva cosa fare, cosa dire, per consolarla. Eppure provava in fondo un piacere crudele a vederla così umiliata e vinta: gli pareva che oramai fossero pari, poveri tutti e due, finalmente uniti dalla vera parentela del dolore.

Senza volerlo, senza accorgersene, le [p. 208 modifica]prese timidamente una mano e le toccò le dita ad una ad una. Marianna trasalì, cessò di piangere e sollevò il viso guardandosi attorno come svegliata da un cattivo sogno. Non ritirò la mano: ed egli le parlava adesso come una notte le aveva parlato Simone, con la stessa voce di servo, quasi con le stesse parole.

— Marianna, ascoltami. Io ti ho voluto sempre bene, ma avevo paura di te. Ero povero, e tu eri ricca. Sì, tuo padre ha sbagliato: se ti teneva in casa sua, povera ma non orfana, crescevi più allegra e io non sarei stato lì come uno stupido davanti a te. Ci saremmo amati; ci saremmo presi. A quest’ora si sarebbe tutti e due contenti. Così invece.... così invece.... tu potevi credere ch’era per la roba che ti volevo; eppoi ti credevo superba, e credevo che tu volessi sposare un signore. Ecco perchè ero come un idiota davanti a te.... E adesso.... adesso....

Marianna ritirò la mano.

— Adesso.... adesso.... — ripetè.

Egli la guardò dal basso, supplichevole, come dal fondo di un abisso, aspettando [p. 209 modifica]soccorso: ma gli occhi di lei erano lucidi, rossi come se avesse pianto sangue, e nel fissarlo scuoteva la testa e pareva dicesse:

— Adesso è troppo tardi.

Così stettero un momento a guardarsi, già di nuovo lontani, spinti ancora più lontano dalla vergogna di essersi mostrati l’uno all’altro nella nudità della loro miseria.