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ciare contro gli alberi. Ed egli sentiva bene questa sua impotenza e finì col tacere, vinto dal silenzio ostinato di lei.
Furono di nuovo giorni di attesa e d’inquietudine.
Simone non tornava, e a Marianna sembrava ch’egli si fosse smarrito nell’ignoto, nella nebbia che copriva l’orizzonte.
L’inverno era rigidissimo; a volte il vento di levante toglieva i cappucci di neve alle cime dell'Orthobene, e il sole scherzava, attraverso le nuvole, come un ospite che porta regali e allegria nella casa degli amici; ma l’inverno severo non tardava a rimettere i cappucci ai monti, a fasciare d’ombra le cose e costringere la terra a riaddormentarsi nel suo sogno doloroso.
A Marianna sembrava di esser sepolta anche lei sotto la neve e dover stare ferma, tacita, come il seme che ancora non germoglia. Così passava i suoi giorni rannicchiata accanto al focolare, con le mani giunte davanti al viso: pareva adorasse il fuoco. A volte le giungevano suoni e gridi lontani; ricordava allora che era carnevale, ma quelle voci, quei gridi, più che segni di