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gioia le sembravano urli tragici di gente che soffriva.

Anche lei avrebbe voluto gridare così, e non poteva. Eppure, ogni mattina, svegliandosi nella sua camera fredda, sbiancata dal riflesso della neve e del cielo nuvoloso, pensava:

— Forse oggi verrà, — e d’un tratto il giorno tetro le si apriva davanti come una conchiglia scabra con dentro la perla della speranza.

Ma le ore passavano invano e al cadere della notte anche su di lei il dolore come l’inverno sulla terra rigettava il suo cappuccio nero.

Un giorno, in febbraio, venne il cugino Sebastiano per una delle sue solite visite quasi cerimoniose.

Da molto anche lui non s’era lasciato più vedere, occupato a guardare e a salvare dal freddo e dalla fame il suo gregge.

Entrò, con la sua andatura un po’ tentennante che da Fidela lo aveva una volta fatto rassomigliare a una barca nel mare mosso, e sedette davanti a Marianna. I battenti della finestra inzuppati d’umido erano