Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Cortile.

La Lena, la Cecca, Pippo e Berto.

Ciascheduno portando de’ cesti sul capo e sulle spalle, con cacio, burro e ricotte.

Cantando, camminando e riponendo i cesti.

  Oh bella la campagna,

  Oh cara libertà!
  Al bosco, alla montagna,
  Quando si vuol, si va.
  Chi gira di qua,
  Chi gira di là.
  Oh bella la campagna,
  Oh cara libertà!
  E quando alla cascina
  A lavorar si va,
  La sera e la mattina
  In allegria si sta.
  Chi gira di qua,
  Chi gira di là.
  Oh bella la campagna,
  Oh cara libertà!

SCENA IL

Lavinia con Servi, e detti.

Lavinia. Bravi! così mi piace.

Star in buona armonia.
Ed il tempo passar con allegria.
Berto. Eccovi, padroncina,

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Quel che nella cascina abbiamo fatto:

Dieci libbre di burro,
Quattro forme di cacio, e sei ricotte,
Fatte da queste belle giovanotte.
Cecca. Le mie saran più buone.
Lena. Le mie saran migliori.
Cecca.   Ho buona mano
Nel far le ricottine.
Lena. Tutto fo bene colle mie manine.
Pippo. Certo, signora sì,
La Lena è una ragazza che consola;
Tutto fa ben, fuor d’una cosa sola.
Lena. Taci tu, che non c’entri.
Lavinia.   E che ti pare,
Ch’ella bene non faccia?
Pippo. Domandatelo a lei, la crudelaccia.
Lavinia. Ho capito; tu l’ami.
Ella non corrisponde.
È ver?
Pippo.   Signora sì.
Lavinia.   Lena, perchè?
Lena. Perchè vuò far quel che mi par a me.
Lavinia. Si risponde così? Sai tu chi sono?
Lena. Vi domando perdono. (mortificata
Pippo. Così colla padrona non si parla. (alla Lena
Berto. Via; non bisogna poi mortificarla. (a Pippo
Lavinia. Ragazze mie, gli è tempo
Che prendiate marito.
Un qualche buon partito
Ritrovare convien, che vi sia grato.
Cecca. Per me, signora, me l’ho ritrovato.
Lavinia. Voglio saperlo anch’io.
Cecca. Sarebbe il genio mio,
Se voi vi contentate,
Questo giovine qui, che voi mirate. (accenna Berto

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1

Berto. Ed io, se la padrona
Seconda i desir miei,
Questa giovine qui mi prenderei. (accenna la Cecca
Lavinia. Non ha niente in contrario il genio mio.
Siete contenti voi? lo sono anch’io.
Pippo. Ed io, se la padrona
Mi dicesse di sì,
Mi prenderei questa ragazza qui. (accenna la Lena
Lavinia. Che risponde la Lena?
Lena.   Io non lo so.
Lavinia. No devi dire, o sì.
Lena.   Dirò di no.
Lavinia. Ragazzaccia, lo so perchè ricusi.
Qualche amante miglior ti avrà ferita.
(Sarà del conte Ripoli invaghita). (da sè
Lena. Io ferita non sono in nessun loco.
Lavinia, Perchè a Pippo meschin non doni il cuore?
Lena. Perchè senza del cuor so che si more.
Berto. (Pippo mi fa pietà). (da sè
(Guarda che dall’Elisa ei tornerà). (piano alla Lena
Lena. (Taci tu, menzognero.
Già so che dell’Elisa non è vero). (piano a Berto
Berto. (Quanto è furba costei!
Ma se Pippo foss’io, gliela farei). (da sè
Lavinia. Andate, buona gente,
Tutto a ripor nella dispensa mia.
Ma con quell’allegria,
Con cui veniste cantuzzando or ora,
Vuò che partitenota, e che cantiate ancora.
(La Lena, la Cecca, Pippo e Berto riprendendo le robe loro, e cantando una delle suddette strofe, partono.

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SCENA III.

Lavinia, poi Costanzo.

Lavinia. Veramente è un piacere

Lieti mirar questi pastori miei.
Certo un soggiorno tal non cambierei.
Costanzo. Ecco, se a me pur lice
Offrirvi un segno del rispetto mio,
Frutti dell’opra mia vi reco anch’io.
Lavinia. Perchè cogli altri unito
Non venisti tu ancor, gentil pastore?
Costanzo. Perchè lieto non ho com’essi il cuore.
Lavinia. Che ti affligge?
Costanzo.   Non so.
Lavinia.   Parla.
Costanzo.   Direi...
Ma già de’ mali miei pietà non spero.
Lavinia. Sei amante, meschino. È vero?
Costanzo.   È vero.
Lavinia. Amar non è gran male.
Hai svelato l’amor?
Costanzo.   Temo un rivale.
Lavinia. Questo rivai chi è?
Costanzo. Un che può più di me.
Lavinia. Se innamorato sei,
Posso saper di chi?
Costanzo. La mia bella non è lontan di qui.
Lavinia. Sa che l’ami?
Costanzo.   Nol dissi.
Lavinia.   Il nome suo
Svelami, Silvio.
Costanzo.   Ah no:
Che se invano lo svelo, io morirò.
Lavinia. (Ama! Teme un rival! Sì, l’ho capito,

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Della Lena è invaghito;

Teme un rival nel Conte,
Non vuol parlar, ritroso.
Ma di Lena sarà Silvio lo sposo). (da sè
Costanzo. (Volessero gli Dei
Ch’ella gli affetti miei
Giungesse a penetrar). (da sè
Lavinia.   Senti, pastore,
Già ti leggo nel cuore;
E l’amore e il timor già penetrai:
Fidati pur di me, lieto sarai.
  Sarò, più che non credi,
  Pietosa al tuo dolore;
  So che tormenta il core,
  So ch’è tiranno amor.
  In me, Silvio, tu vedi
  Amante che delira;
  Un’alma che sospira
  D’amore e di timor. (parte

SCENA IV.

Costanzo e Pippo.

Costanzo. Grazie, superni Dei! senza parlare

M’ha capito Lavinia, e se speranza
Hanno gli affetti miei,
Voglio scoprirmi a lei,
Chieder la man, chiedere il cuore in dono,
Che se povero i’ son, vile non sono.
Pippo. Silvio, perchè non vieni?
Non far che più alla lunga
La compagnia ti attenda.
Ci hanno qui preparato una merenda.

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Costanzo. Vengo; tornar mi preme

Dalla signora mia... Ma il conte Ripoli
Ora sen vien. (Codesto mio rivale
Non lo posso soffrir). Senti: colui
Vuol far con tutte il bello;
Non lo lasciar2 entrar. Di già lo sai,
Che con la Lena tua fece il grazioso.
(Non lo lascierà entrar Pippo geloso). (da sè
  Se amor ti scalda il petto,
  Se ti tormenta amor,
  Di gelosia il sospetto
  Fa che t’infiammi il cor.
  Non tollerar vicino
  L’aspetto di un rivale,
  Che il tuo fatal destino
  Può peggiorare ancor. (parte

SCENA V.

Pippo, poi il Conte Ripou.

Pippo. Finchè ci siamo noi, non passerà.

Con la Lena il grazioso oggi non fa.
Conte. La padrona dov’è?
Pippo.   Nol so. (con disprezzo
Conte.   Non era
Ella poc’anzi qui?
Non si risponde a un cavalier così.
Pippo. Ho detto ch’io non so dov’ella sia,
Nè per questo vi dissi una bugia.
Conte. A rintracciarla andrò! (in atto di partire
Pippo. Per ora non si può. (l’arresta
Conte.   Come! perchè?

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Pippo. Chi vuol vederla, ha da parlar con me.

Conte. Suo custode sei tu?
Pippo.   Io son chi sono.
Conte. Così parli con me?
Pippo.   Così ragiono.
Conte. Vattene, temerario. (vuol passare
Pippo.   Eh, non andate. (l’arresta
Conte. A me un vile pastor?
Pippo.   Qui non passate.
Conte. V’anderò tuo malgrado.
Pippo.   Sì, domani.
Conte. Questa spada...
Pippo.   Badate; ho anch’io le mani.
(lo minaccia col bastone
Conte. (Dice davver costui). (da sè
Ha forse comandato,
Che non vada nessun ne’ quarti suoi?
Pippo. Tutti ci ponno andar, fuori che voi.
Conte.   Perchè?
Pippo. Perchè l’è noto
Che le villane anch’esse
Hanno dal cavalier le grazie istesse.
Conte. (Se gelosa è di me, dunque m’adora).
Voglio scolparmi. (in atto di andare
Pippo.   Non si va per ora.
Conte. Tu impedirlo potrai?
Pippo.   L’impedirò.
Conte. Tal coraggio con me? (vuol avanzarsi
Pippo.   Coraggio avrò.
(si mette in difesa
Conte. (Vi va con un villano
La mia riputazione;
Mi fa un po’ di paura il suo bastone). (da sè
  D’un cavalier mio pari
  Non provocar lo sdegno.

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  Sai tu chi sono, indegno?

  Sì, ti farò tremar.
  Trema del conte Ripoli,
  Che ha trentasette titoli,
  Che ha un marchesato in Bergamo,
  Che ha un principato in Napoli,
  Che sino negli antipodi
  Sentesi nominar.
  Sì, ti farò tremar.
  (Maledetto quel bastone!
  Non mi vuò precipitar). (parte

SCENA VI.

Pippo solo.

Manco mal, se n’è andato.

Ora che m’ho spicciato
Da questa graziosissima faccenda,
Voglio andare a merenda. - Oh se potessi,
Volentier mangierei
Della Lena gentil quegli occhi bei. (parte

SCENA VII.

Camera in casa di Lavinia, con tavola apparecchiata per dar la merenda ai Pastori.

Lena, Cecca, Berto, e due Servitori.

Berto. Pippo ancora non viene

Che vuol dir la tardanza?
Cecca. S’egli non ha creanza,
Suo danno: mangieremo
Noi altri in compagnia.
Lena. (Mi dispiace davver che non ci sia!) (da sè
Berto. Facciam quel che volete;
Di mangiar, d’aspettar, padrone siete.

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Cecca. Lena, che dici? vuoi che l’aspettiamo?

Lena. Che m’importa di lui?
Cecca.   Dunque mangiamo.
Berto. A tavola, ragazze;
Godiam della padrona
L’amor, la cortesia:
Principiamo a mangiar con allegria.
(s’accosta alla tavola
Cecca. Andiamo, (alla Lena) D’appetito anch’io sto bene.
(s’accosta alla tavola
Lena. (Eccomi. Quel briccone ancor non viene). (da sè
(s’accosta alla tavola
Berto. In questa stanza oscura
Non ci si vede niente.
Ehi, fateci il piacere,
Portate un lume; ci vogliam vedere.
(ad un Servitore, da cui vengono recati i lumi
Abbiamo camminato,
Abbiamo faticato,
E, prima di mangiare,
Un po’ la gola ci convien bagnare.
Tenete, ragazzotte;
Bevere ci conviene
Alla salute di chi ci vuol bene.
(versa a ciascheduno un bicchier di vino
(a tre   Viva Bacco, autor del vino.
  Viva Amor, che è un bel bambino.
  Viva Bacco, viva Amor,
  Che consola il nostro cor.

SCENA VIII.

Pippo e detti.

Pippo. Bravi! buon pro vi faccia.

E Pippo non si aspetta?

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Cecca. Son due ore che siamo in questa stanza.

Lena. E Pippo non ha niente di creanza.
Pippo. Le solite finezze della Lena.
Berto. Hai sete? Vuoi tu bere?
Pippo.   (Ingrata!) Sì. (a Berto
Berto. Ecco un bicchier di vin.
Pippo.   Portalo qui.
Berto. Eh, qua vieni ancor tu.
Pippo.   Non vuò sedere.
Berto. È in collera con te, Lena.
Lena.   Ho piacere.
Berto. Ecco, se così vuoi,
Ti voglio soddisfare,
(s’alza e presenta il bicchiere a Pippo
Ma bever non si dee senza cantare.
Pippo. Sì, sì, cantiamo pure:
Sono allegro e contento.
(Voglio nasconder il dolor ch’io sento). (da sè

Pippo.
Berto.
a due

Caro Bacco, il cuor consola,
    Dal mio sen le pene invola.

  Viva Bacco, viva Amor,

  Che consola il nostro cor.

Cecca.
Lena.
a due

Bel piacere, bel contento,
    Che nel seno entrar mi sento.

  Viva Bacco, viva Amor,

  Che consola il nostro cor.
(a quattro   Tutti quanti in compagnia
  Su, cantiam con allegria.
  Viva Bacco, viva Amor,
  Che consola il nostro cor.
(Berto e Pippo cantando s’accostano alla tavola. Berto presso Cecca, Pippo presso Lena.
Pippo. Lena crudele, abbi di me pietà.
Lena. E chi t’ha detto che tu venghi qua?
Pippo. Non mi vuoi? vado via.

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Berto.   Eh ragazzate!

Resta, Pippo, ove sei; e voi mangiate.
(dà a ciascheduna qualche cosa da mangiare
Cecca. Io certo mangierò.
Berto.   Farò lo stesso.
Cecca. Con il mio Berto.
Berto.   Alla mia Cecca appresso.
Pippo. Ah, dov’è andato l’appetito mio?
Lena. Se non mangerai tu, mangierò io.
Pippo. Pazienza! (piangendo
Lena.   Sempre piange3
Il caro bernardone.
Pippo. Piango per tua cagione,
Per la tua crudeltà.
Lena. (Povero Pippo mio, mi fa pietà), (quasi piangendo
Cecca. Che hai, Lena, che pare...
Berto. Vogliano lacrimare gli occhi tuoi?
Lena. Pianger? pensate voi!
Rider mi fa costui, pazzo ch’egli è.
Pippo. Ora mi scannerei.
Lena.   (Meschina me!)

SCENA IX.

Il Conte Ripoli e detti.

Conte. Bella conversazione!

Pippo. Che vuol vossignoria?
Conte. La padrona m’invia
Ad avvisar la Lena,
Che andar debba da lei.
Lena. (Affé, che questa volta il manderei). (da sè
Pippo. Ci siete poi venuto a mio dispetto.
Conte. Ehi, portami rispetto;

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O ti discaccierò da queste porte,

Quando Lavinia sarà mia consorte.
Pippo. La volete sposar?
Conte.   Sì, temerario.
Pippo. Non ho niente in contrario.
Lasciate star le pastorelle in pace,
E poi sposate chi vi pare e piace.
Conte. Non intendo oltraggiarle,
Non intendo levarle ai lor pastori;
Ma giust’è la beltà s’ami e s’onori.
Pippo. Come c’entrate voi?
Vogliamo amarle ed onorarle noi.
Lena. (Questi è quel dell’anello). (alla Cecca
Cecca. (Uno anch’io ne vorrei). (alla Lena
Lena. (Se me ne desse un altro, il piglierei). (alla Cecca
Cecca. Serva del signor Conte,
Bevo alla sua salute.
Conte.   Entro a quel vino
Scenda il cieco 4 bambino;
Scenda dal terzo cielo il dio d’Amore,
Ad infiammarvi, pastorella, il core.
Berto. Anch’io vuò fare un brindisi.
Viva, signor, la sua caricatura. (al Conte
Pippo. E viva il suo valor, la sua bravura.
Conte. Grazie rendo ad entrambi. Il Ciel vi guardi
Da ogni mal, dai nemici e dall’inopia,
E doni a tutti due la cornucopia.
Lena. Amici, con licenza.
Restate, io vado via. (s’alza
Pippo. Dove si va? (alla Lena
Lena.   Dalla padrona mia. (rusticamente
Pippo. (Ah! non mi può veder). (da sè
Lena.   Prima ch’io vada,

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Vuò far col signor Conte il dover mio;

Ed un brindisi a lui vuò far5 anch’io.
Lena. L’averò per onore.
Pippo.   Eh, lascia stare... (a Lena
Lena. Tu non c’entri. (Lo voglio tormentare). (da sè
Dammi da bere. (a Berto
Berto.   Prendi. Ma il tuo Pippo
Non lo trattar sì male, poveraccio6.
Lena. Eh! signor Conte, un brindisi gli faccio.
  Con questo buon bicchiere
  Di vin che piace a me,
  M’inchino al Cavaliere,
  E so ben io perchè.
  Di Berto alla salute
  Ancor io beverò.
  E di Cecchina ancora,
  Ma di quell’altro no.
  Io bevo alla salute
  Di chi vuol bene a me.
  Chi mi vuol bene evviva,
  Se qui nessun ce n’è. (parte
Conte. Viva viva. A dispetto7
Di chi non vuole, il suo bel cor son io;
E quel brindisi caro è tutto mio. (parte

SCENA X.

Pippo, Berto e Cecchina.

Pippo. Addio, Berto; Cecchina, addio anche tu.

Sì, vado via; non ci vedremo più.
Cecca. Dove vai, poverin?
Berto.   Povero Pippo!
Per cagion della Lena

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So che dici così;

Ma via non anderai, resterai qui.
Pippo. No, non ci vuò restare;
Via di qua voglio andare.
Per il mondo anderò da pellegrino.
Cecca. Poverin!
Berto.   Poverino!
Lascia questa bestiali malinconia.
Cecca. Non disperar così.
Pippo.   Voglio andar via.
Berto. Tu credi che la Lena
Non ti voglia, t’abborra, e ti abbia in ira,
Ed io so che per te tace e sospira.
Pippo. No, che non v’è speranza;
La Lena è una cagnaccia;
La Lena è un’assassina.
Addio, Berto mio caro, addio, Cecchina.
Cecca. Fermati. Caro Berto,
Non lo lasciar8 andar.
Berto.   Fermati, Pippo.
Sentimi, e ad un amico
Credi; so quel ch’io dico.
La Lena ti vuol ben; lo so di certo.
Quando parlai d’Elisa,
La vidi a venir rossa;
Se la vuoi guadagnar, quest’è la via:
Diamole un pocolin di gelosia.
Pippo. Io non so far.
Cecca.   T’insegneremo noi.
Berto. Non dubitar.
Pippo.   Mi raccomando a voi.
Berto. Or m’è venuto in mente
Una burla graziosa
Per rendere gelosa la tua bella,

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E farla divenir come un’agnella.

Cecca. Dimmela, Berto.
Berto.   Non l’hai da sapere;
Chè le donne non possono tacere.
Pippo. Dilla a me.
Berto.   No, nemmeno.
Voglio che la vi giunga all’improvviso:
Una burla sarà degna di riso.
Consolati, sta lieto.
Tu colla Lena, ed io colla mia Cecca,
Staremo dolcemente in compagnia;
Le feste in allegria
A ballare, a cantare andremo al fonte;
Saltare al piano, e sdrucciolar dal monte.
  Con le belle pastorelle
  Ci potremo consolar.
  Ce n’andremo, - ci uniremo
  Per cantare, e per ballar.
  E poi senti, che bel gioco
  Che fra noi s’avrà da far.
  Con il ghiaccio saliremo
  Sopra un monte in compagnia;
  Su due tavole sedremo
  Colla Lena e Cecca mia.
  Taratàpete, tàpete, tu;
  Come il vento si tombola giù. (parte

SCENA XI.

Pippo e la Cecca.

Cecca. Oh Pippo, che bel gioco!

Pippo.   È un bel piacere
Godere il fresco, e rompersi il sedere.
Cecca. Per dir la verità,
Anche a me questo gioco

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Credo piacerà poco. - Sarà meglio,

Se a te la compagnia noia non reca,
Giocare al gioco della gatta cieca.
Pippo.   Io non so cosa sia.
Cecca. Non hai veduto
Tante volte nel prato
Un pastorel bendato
Correre qua e là, pigliar, fuggire?
Pippo. Non l’ho veduto mai.
Cecca.   Stammi a sentire.
  Si lascia da una bella
  Un pastoreli bendar;
  E poi la pastorella
  Procura di pigliar.
  Si lascia circondar,
  Si lascia beffeggiar;
  Attento se ne va
  Bendato, qua e là:
  Se alcuna s’avvicina,
  Procura di pigliar;
  E quando l’indovina,
  La bella fa bendar. (parte

SCENA XII.

Pippo, poi il Conte Ripoli.

Pippo. Oh, questo è un giocolino,

Che volentier9 farei;
Se potessi, la Lena io piglierei.
Conte. (Ancora qui costui?) (da sè
Pippo.   (Eccolo qui.
Io gli rompo la testa un qualche dì). (da sè
Conte. Tu che ami la Lena,
Sai cosa10 c’è di nuovo?

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Pippo.   E cosa mai?

Conte. C’è che tu non l’avrai.
Pippo. Se non l’avrò, chi ne sarà cagione
Proverà che sa fare il mio bastone.
Conte. Amico, io non vuò farmi
Odioso teco, e vuò giustificarmi.
Sappi, e vado via subito,
Sappi che la padrona ha comandato
Che la Lena si sposi,
Senza pensarvi più;
E lo sposo esser deve, o Silvio, o tu.
Pippo. O Silvio, o io? Seguite:
Che ha risposto colei?
Conte. Eccola. Il resto lo saprai da lei. (parte

SCENA XIII.

Pippo e la Lena.

Pippo. Lena mia, Lena mia, parla: è egli vero

Che dei tra Silvio e me
Sceglier oggi lo sposo?
Lena.   Così è.
Pippo. Silvio tu sceglierai?
Lena.   Silvio, per dirla,
Non mi piace gran cosa;
E poi, per quel che sento dalla gente,
È un povero pastor che non ha niente.
Pippo. Posso dunque sperare,
Che tu, cara, sii mia?
Lena.   Lasciami stare.
Pippo. Che ha detto la padrona?
Lena.   Ha comandato,
Ch’io dica di voi due chi prenderò.
Pippo. E la Lena che dice?
Lena.   Io non lo so.

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Pippo. Bene, quando è così, men vado io stesso 11

Dalla padrona adesso
A dir che non mi vuoi;
Che di Silvio sarai sposa diletta.
Ti vado a rinunziar 12.
Lena.   No, Pippo, aspetta.
Pippo. Cagna, mi vuoi lasciar?
Lena.   Pippo... non so.
Pippo. Cara, mi prenderai?
Lena.   Ti prenderò.
(fugge via vergognandosi

SCENA XIV.

Pippo solo.

Mi prenderà? L’ha detto: evviva, evviva13.

Chi di me più contento
Al mondo si può dare?
Chi mi può pareggiare in questo dì?
La mia Lena alla fin detto ha di sì.
Quando Berto il saprà,
Contento anch’ei sarà. Non v’è bisogno
Di darle gelosia.
Sono contento alfin: la Lena è mia.
  Lenina - bellina - m’ha detto di sì.
  Amore - nel core - mi sbalza così.
  Son come l’agnello,
  Che vede l’agnella;
  Son come il rondone
  Con la rondinella.
  Mi par di sentirla
  Nel prato belar:

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  Mi par di volar.
  Saltando, - volando,
  La voglio pigliar. (parte

SCENA XV.

Campagna con casa rustica e cortile per i lavoratori della Cascina.

La Cecca, poi Pippo, poi la Lena.

Cecca. Berto mio non si vede. Io non so mai

Dove lo disgraziato
Possa essere andato. In questo giorno,
In cui le nostre nozze
Ci dovrebbero dar letizia tanta,
Non si vede venir? così mi pianta?
Or sento che la Lena
Siasi già accomodata
Di prendere il suo Pippo, e non vorrei
Ch’io mi avessi a sposar dopo di lei.
Pippo. Cecca, mia bella Cecca,
L’hai saputa la nuova?
Cecca.   L’ho saputa,
Me l’ha detta la Lena
Giusto in questo momento.
Pippo. Non ti posso spiegare il mio contento.
La ragazza dov’è?
Cecca.   Nella capanna,
Che di nastri s’adorna il cappellino.
Eccola, Pippo, col suo chitarrino.
Pippo. Sa suonar, sa cantar; fa tutto bene.
Cecca. Si sposeranno, e Berto mio non viene.
Lena. (Accompagnandosi col mandorlino
  Bella figlia che sei da marito,
  Bada bene che il tempo sen va,
  Se la sorte ti manda l’invito,

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  Non sprezzare quel ben che ti fa.

  Si suol coll’età
  Smarrir la beltà;
  Bada bene che il tempo sen va.
Pippo. Brava la Lena mia!
Cecca.   Brava davvero!
Pippo. Ma Berto ove si trova?
Perchè non viene a parte
Dell’allegrezza mia?
Cecca. Non so dir dove sia.
Da quella volta in qua non l’ho veduto.
Pippo. Mi maraviglio che non sia venuto.

SCENA XVI.

Il Conte Ripoli e detti, indi Berto in abito di Pastorella.

Conte. Animo, buona gente;

Che si stia allegramente.
Vuol la signora vostra
Che segua della Lena il matrimonio.
Son venuto ancor io per testimonio.
Pippo. Via, spicciamoci dunque;
E diamoci la mano.
Conte. Amico, mi consolo
Di voi; della consorte
Essere mi esibisco il protettore. (a Pippo
Pippo. Obbligato, signor, del suo favore.
A voi domando scusa,
La protezione fra di noi non si usa.
Conte. Dite, ragazza bella:
Se vi servo, sarò da voi gradito? (a Lena
Lena. Io mi farò servir da mio marito.
Conte. E voi sarete, o bella,
Grata, se vuò servirvi, un poco più? (a Cecca
Cecca. Tenetevi la vostra servitù.

[p. 535 modifica]
Conte. Se nessuna mi vuole,

Non me n’importa niente;
Tant’e tanto staremo allegramente.
Io son così: procuro,
Tento, provo, m’avanzo, e parlo, e dico;
Ma alfine poi non me n’importa un fico.
Maritatevi presto;
Fatelo in faccia mia,
Che ho piacere di stare in allegria.
Pippo.   Lena mia, dammi la mano;
  Non mi far più sospirar.
Lena.   Signor no, che la mia mano
  Non l’avete da toccar.

Conte.
Cecca.
a due

Tal riguardo sarà vano,
Se vi avete da sposar.

Cecca.   Porgi qui la mano a me. (alla Lena

Conte.   Porgi a me la mano qui. (a Pippo

Cecca.
Conte.
a due

E così
    S’unirà.

Cecca.
Conte.
a due

Pippo a te.
    Lena a te.

Pippo.
Lena.
a due

Fuor di me
    Son io già.

Cecca.
Conte.
a due

Che si fa?
    Come va?

(a quattro   Viva l’amore,

  Viva l’ardore,
  Vera del core
  Felicità.
Berto. (In abito di Pastorella, affettando voce di donna
  Pippo caro, Pippo bello,
  Del mio core ladroncello,
  Dell’Elisa abbi pietà.
Lena.   Ah disgraziata! (a Pippo14

[p. 536 modifica]
Pippo.   Non la conosco.

Lena.   Sono ingannata.

Cecca.
Conte.
a due

Cosa sarà?

Berto.   Tu mi fuggi, tu mi sprezzi;

  Ma saprò con i miei vezzi
  Superar la crudeltà.
Lena.   Oh che sfacciata!
Pippo.   Non so chi sia.
Lena.   Son sassinata.

Cecca.
Conte.
a due

Cosa sarà?

Lena.   Va via; più non ti voglio.

  Briccon, va via di qua.
Berto.   Se non lo vuol la Lena,
  L’Elisa il prenderà.
Pippo.   Va via, che non ti voglio. (a Berto
  Mia cara. (a Lena
Lena.   Via di qua.
(a cinque   Oh, che sorpresa è questa;
  Che brutta novità.
Lena.   Maledetta! (a Berto
Berto.   (Se lo crede). (da sè, nella sua voce
Pippo.   Disgraziata! (a Berto
Berto.   (Non s’avvede). (come sopra
  Al mio Pippo voglio certo
  Mantener la fedeltà.

Lena.
Pippo.
a due

Che tormento - che mi sento,
    Che martire15 - che mi dà!

Cecca.
Conte.
a due

È una cosa - portentosa,
Che capire - non si sa.

Berto.   Bel contento - che mi dà!


Fine dell’Atto Secondo.


Note

  1. Così il testo.
  2. Zatta: lasciare.
  3. Nell’ed. Geremia c’è il punto.
  4. Così Zatta. Nell’ed. Geremia: Scenda cieco ecc.
  5. Zatta: fare.
  6. Zatta: Il poveraccio.
  7. Zatta stampa soltanto: Viva. A dispetto ecc.
  8. Zatta: lasciare.
  9. Zatta: volentieri.
  10. Nel testo: che cosa.
  11. Ho corretto il testo che dice soltanto: Bene, quando è così, vado io stesso.
  12. Ed. Geremia: rinonziar.
  13. Ed. Geremia: e viva.
  14. Nell’ed. Zatta, per errore: a Berto.
  15. Zatta: martiro.