La Zecca di Reggio Emilia/Capitolo VI


Capitolo VI

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Capitolo V Capitolo VII

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CAPITOLO VI.

Ercole II. — Coniazioni del 1535-36. — G. B. Cavalli mantovano, incisore. — I bagattini. — Appaltatori della zecca dell’oro e dell’argento. — La famiglia dei Signoretti, orefici reggiani. — Il periodo delle locazioni è portato a un triennio. — Successive coniazioni. — Gasparo Scaruffi. — G. Antonio Signoretti prende in affitto la zecca. — Pastorino da Siena eseguisce i conii. — Nuovi documenti su Pastorino a Reggio. — Altri conii eseguiti da G. B. Cambi, cremonese, detto il Bombarda. — Chiusura temporanea della zecca.

Passiamo ora ad esporre le notizie sulla zecca di Reggio sotto il dominio di Ercole II.

L’assunzione al trono di questo principe, succeduto ad Alfonso I (morto il 31 ottobre 1534) fu accolta con giubilo dai Reggiani. Furono aperte le carceri, stracciati i libri dei processi e dei dazii e fatte splendide luminarie per le vie. Agli ambasciatori reggiani recatisi a Ferrara per ossequiarlo, Ercole fece concessioni e promesse in favore di Reggio1.

Sotto il suo governo la nostra zecca attraversa il periodo più splendido e per la sua attività e pel concorso di artisti di grido, quali intagliatori dei conii.

Sembra che nemmeno temporaneamente la zecca sia stata chiusa, quando salì al governo il nuovo principe, dal quale Reggio ottenne probabilmente subito la confermazione del privilegio di batter moneta.

Nel 1535 e 1536 fu conduttore della zecca reggiana Pandolfo Cervi. In quel tempo probabilmente si battè lo scudo d’oro col notissimo tipo del Cristo colla croce e il motto: Cuius cruore sanati sumus da l’un lato e lo stemma di Reggio e la leggenda Regii Lombardie dall’altro. Eseguì i conii di questa [p. 199 modifica]moneta Gio. Battista Cavalli di Mantova, al servizio di quella zecca e medaglista di grido, come il padre Gian Marco2. La coniazione di questi scudi che continuò per tutto il ducato di Ercole II, incornicio dunque in questo tempo.

Di Pandolfo Cervi ci resta una petizione al Comune del 7 gennaio 1536, nella quale esponendo che gli era impossibile proseguire a battere al saggio troppo alto ch’era in vigore, chiedeva gii si concedesse di adottare il saggio di Ferrara altrimenti, come egli aveva fatto tochare cimi mani a qualchuno del magnifico consiglio egli avrebbe dovuto rinunciare all’appalto della zecca secondo le condizioni stabilite3. Come gli Anziani rispondessero al Cervi non ci è noto. Certamente però presero in considerazione la cosa come risulta da una loro lettera in data 15 febbraio dell’anno stesso al conte Aldovrandino Sacrati, uno degli Anziani di Ferrara, colla quale gli chiedevano i capitoli di quella zecca e dalla risposta favorevole del Sacrati che inviava i capitoli stessi4.

Nel luglio del 1538 assumeva l’appalto dei bagattini l’orefice reggiano Giovanni Magnani, dopo qualche tempo che non eransi coniate tali monete. Si stabili che i conii e tutti gli strumenti per la battitura dovessero essere custoditi e si delego a tal uopo Alberto Fossa, soprastante alla zecca, a conservarli, e a consegnarli allo zecchiere solo in caso di coniazione5.

Queste precauzioni e certi capitoli inclusi spesso nei contratti di locazione ci fanno ritenere che il [p. 200 modifica]caso di falsificazione di monete da parte di qualche addetto alla zecca fosse tutt’altro che raro.

Il Magnani ottenne una proroga nella locazione a incominciare dal 5 aprile 1540. Ma essendo ormai la moneta piccola troppo abbondante pei bisogni del commercio, gli fu proibito di battere altri bagattini per tre mesi. Il locatario allora chiese che dalle lire cinquanta ch’era convenuto dovesse sborsare al Comune per la concessione, fosse detratta una somma proporzionale ai tre mesi di ozio forzato6.

Passiamo ora alle vicende della zecca delle monete d’oro e d’argento che vedemmo affittata nel T536 a Pandolfo Cervi.

Tre anni dopo, Alberto Signoretti (artista ricordato più volte nei documenti reggiani per notevoli lavori d’oreficeria) e suo figlio Nicolò s’offrivano di appaltare la zecca e ne presentavano i capitoli. Gli Anziani, tenuto contro che l’Alberto era valde idoneum pro tale exercitio nominavano quattro di loro per esaminare i capitoli.

Dopo l’esame dei quali, l’offerta fu accettata e nella seduta del 14 gennaio 1540 gli Anziani davano in locazione per un anno la zecca ad Alberto e Nicolò Signoretti aggregando però loro Giovanni Magnani che forse ne aveva pure fatto domanda.

Per la locazione questa volta le condizioni furono le stesse fissate il 5 Gennaio 1532 per Pandolfo Cervi e Girolamo della Penna, meno però l’obbligo, da parte del Comune, di prestare il locale della zecca7.

L’anno dopo Nicolò Signoretti, forse assieme al padre, era ancora maestro di zecca. Ciò rilevasi [p. 201 modifica]indirettamente da una lettera di G. B. Cavalli del 1° Gennaio 1541, che spediva ai soprastanti della zecca dui ponzoni, uno del Cristo l’altro de l’arma della Comunità, e che gli erano stati consegnati da Pandolfo Cervi8. I punzoni erano probabilmente stati richiesti coll’intenzione di adoperarli di nuovo nelle successive coniazioni.

La Comunità reggiana dovette esser rimasta soddisfatta dell’opera di Alberto Signoretti perchè, poco dopo, l’11 febbraio 1542, gli concedeva l’appalto per tutto l’anno.

I capitoli, questa volta espressi brevemente, possono essere riportati integralmente dal rogito delle parti contraenti:

    " Primo; che detto maestro Alberto conduttore sia tenuto et obbligato dare con effetto a detta Comunità oli al suo thesoriero soldi vinti per ciascuna libra d’oro battito, così di quello che si batterà in detta Cicha per lo avvenir durante la presente locatione sino nel presente di et fare et mantenere tutti li osevilii necessarii a detta Cicha a tutte sue spese.

    " Item che detto maestro Alberto o altro a suo nome non possa ni debba per alcuno modo o via, battere o far battere sesini, quatrini e bagatini di sorte alcuna in detta Cicha o fuori di quella.

    " Item che sia tenuto et obligato esso maestro Alberto dare ad ogni persona il suo ritratto nel tempo che prometterà darlo.

    " Item sia tenuto dar et consigliare ogni libra de scudi che batterà o farà battere in detta cicha al peso della libbra di Ferrara.


[p. 202 modifica]     " Item che detto maestro Alberto sia tenuto et obligato infra moggia quaresima prossima hauer saldato tutti li suoi conti et ragioni con detta Comunità di tutto quello che per causa di detta cicha ha hauuto da fare con essa Comunità et hauer pagato al detto Comune ou al suo tesoriero subito che haurà saldato tutto quello che restarà debitor di detto Comune senza eccetione alcuna „9.

In quest’epoca il mercato reggiano lamentava altamente la mancanza di bagattini, senza i quali non potevan farsi le restituzioni dei residui della moneta, con grave danno generale. Veniva quindi reso a conoscenza dei molti che s’erano offerti di assumerne la coniazione, che si darebbe, come al solito, la concessione al maggior offerente, stabilendosi tra le altre cose, che i nuovi bagattini s’avessero a stampare in un sol loco et pubblico, purchè non si stampino in ciecha, con le porte ouer rebalze aperte et solum di giorno, che delle nuove monete ne dovessero andare soldi quattordici per libbra e non più10. Con altra Provvigione il Comune ordinava che la nuova battitura avesse luogo in quella quantità che sarebbe fissata dai soprastanti a ciò delegati e che ogni sei bagattini dovessero valere un quattrino11.

Il locatario fu anche questa volta Nicolò Signoretti che il 9 giugno 1543 accettava le condizioni fissate impegnandosi a pagare alla Comunità dieci cavallotti per ogni peso di bagattini12. Sebbene nel contratto non si fissasse il termine della locazione, aggiungendosi che avesse a durare a [p. 203 modifica]beneplacito de tutti i soprastanti et suoi successori, pure (forse dietro richiesta dello stesso Signoretti che dovette assentarsi da Reggio) l’affitto fu sciolto e il 30 gennaio del susseguente 1544 si concesse la fabbrica dei bagattini, per un anno, ad altro della stessa famiglia, Bernardino di Alessandro Signoretti. Questi, mantenuti i patti precedenti, s’impegnò di coniare cento pesi almeno di bagattini, dichiarando voler fare pulcras impressiones seu stampas; il conduttore poi avrebbe lasciato che la moglie del precedente locatario, Anna, (colla quale forse il Comune voleva soddisfare obblighi assunti col marito di lei) facesse stampare a suo piacimento parte di essi bagattini, con altri conii. Contemporaneamente gli Anziani nominavano Simone dal Borgo e Gio. Battista Mari, reggiani, all’ufficio di pesare e descrivere i nuovi bagattini, collo stipendio di quattrocento soldi imperiali per ciascuno13.

Passiamo ora alla zecca delle monete d’oro e d’argento.

Il Comune, che voleva affidare un ramo così importante della pubblica amministrazione a persone capaci, e che potessero mantenere i patti delle convenzioni, concedeva, il 5 marzo 1543, per un anno, la zecca dell’oro e dell’argento a Nicola Signoretti.

La somma da pagarsi dal nuovo locatario fu stabilita in lire trecento per ogni mille e cento libbre di moneta d’argento da coniarsi, oltre lire sessanta imperiali da sborsarsi entro l’anno: se si battessero più di libbre mille e cento dovesse pagare soldi tre per libbra; per ogni libbra d’oro fabbricato in zecca invece dovesse pagare ventiquattro soldi imperiali: per manifattura di libbra d’oro potesse prendere lire [p. 204 modifica]quattro di moneta imperiale, per libbra di bianconi, giulii, mezzi giulii e quattrini, soldi ventiquattro.

Tra i capitoli fissati tra le due parti ricorderemo i seguenti:

    che i maestri dovessero pensare a provvedere gli arnesi e i punzoni,

    che si potessero coniare bianconi, giulii, mezzi giulii e quattrini nella quantità da fissarsi dai soprastanti del Comune,

    che i bianconi, giulii e mezzi giulii fossero di bontà di oncie 9 d. 18 senza il rimedio e il biancone fosse da soldi 15, il giulio da soldi 10, il mezzo giulio da soldi 5,

    che detti bianconi pesassero ogni sessantasei e un terzo, una libbra e altrettanto dovessero pesare novantanove giulii e mezzo, e centonovantanove mezzi giulii,

    che i quattrini fossero di numero, peso e bontà di quelli di Bologna14.

Da una carta in data 5 gennaio 1543, si rileva che in questo tempo le monete d’argento che si coniavano erano della bontà di quelle di Bologna e corrispondenti a queste nel valore nominale; i quattrini poi che non fossero quelli di Modena, Bologna e quelli vecchi di Siena, i lucchesi, i fiorentini e, s’intende, i reggiani si dovevano bandire; così dicasi delle parpaiole d’ogni sorta15.

Sull’incominciare però del 1543 erano sorti gravi sospetti sulle monete di Modena e Reggio e il duca, come aveva fatto a Modena, scriveva al podestà di Reggio ordinandogli di inviargli a [p. 205 modifica]Ferrara, prima del 25 del mese corrente, alcune persone pratiche di monete e di zecche per dar spiegazioni sull’argomento e per farle assistere ai saggi che là si sarebbero fatti sulle monete reggiane. La Comunità gli inviava perciò Alberto Pratonieri, Giov. Maria Scarufn e Giannantonio Signoretti, medaglista e orefice di grido16; quest’ultimo era fin dal 1541 al servizio della zecca reggiana come saggiatore e lo vedremo in seguito appaltatore della zecca fino alla chiusura definitiva e fabbricatore degli ultimi conii.

Poco tempo dopo arrivava da Ferrara un nuovo ordine al Comune di Reggio di mandare colà gli zecchieri.

Dalla lettera di risposta al ducal fattore generale in data 18 aprile dello stesso 1543, rilevo che al Signorotti si era poco dopo unito un socio nella persona di Pandolfo Cervi. Questi, col Signoretti, partì quindi per Ferrara17. Colà si fecero i saggi delle monete modenesi e reggiane: queste ultime furon trovate della bontà di quelle di Ferrara, Bologna, Modena, e Venezia.

Non ostante questo buon risultato, sembra che anche per Reggio si volesse applicare la misura da attuarsi a Modena18, cioè la sospensione pel momento di ogni lavoro in zecca, e il bando di tutte le parpaiole e quattrini, di questi lasciando in corso solamente i modenesi, i bolognesi, i senesi, i fiorentini ed i lucchesi, e soltanto dopo ciò permettendo che si battessero monete d’argento fino, della bontà e maniera di quelle di Bologna. Ad una istanza degli Anziani per revocare le misure prese, il Duca rispondeva che per lo interesse pubblico ed anello per far [p. 206 modifica]cosa grata a quella.... dilettissima cittade aveva deciso che per l’avvenire le moraiole e colombine non si potessero spendere ne’ suoi domini per più di undici quattrini, che pei pagamenti maggiori di venti scudi non potessero adoperarsi sesini e quattrini se non per la somma di dieci lire imperiali e dai venti scudi in giù se ne adoprassero solamente quanti occorrevano per colmare la sesta parte del debito. Affinchè poi quelli che possedevano quattrini forestieri proibiti, avessero il tempo di liberarsene, mandandoli fuori del dominio estense, dava un mese di tempo per proibirli. Permise poi che si battesse moneta alla zecca, ordinando si restituissero al maestro di zecca i punzoni dello scudo, delle monete da soldi dieci e dei mezzi giulii, purchè queste monete si fabbricassero di buon argento19.

Il 1° aprile 1544 assumevano l’appalto della zecca Benardino Signoretti e Nicolò Maria Taccoli; il contratto di locazione però, che sarebbe importante perchè gli stessi patti si ripeterono negli anni seguenti, non fu rinvenuto. La notizia si rileva da un successivo contratto di locazione.

Per l’anno 1545 ebbe l’appalto della zecca reggiana Bernardino Signoretti che rimase pure fino al luglio del susseguente 1546, colle condizioni precedenti20.

Gli succedeva Nicolò Parisetti, reggiano esso pure: i soprastanti si riservarono poi il diritto di nominare due saggiatori che avessero a fare due saggi di monete d’oro e d’argento21.

Con atto 13 gennaio 1547 succedeva al Parisetti, come locatario della zecca, Francesco Maria Calcagni [p. 207 modifica]sempre colle condizioni stabilite negli anni precedenti22.

Ma il Calcagni non potè forse mantenere gli obblighi assunti e fu tosto sostituito da Cambio Cambiatori, il quale allo scadere del termine, il 4 gennaio del 1548, fu riconfermato nell’ufficio. Gio. Battista Vezzani fu poi nominato ad ponderandum monetas cudendas23.

Frattanto la zecca dei bagattini era stata concessa, il 26 gennaio 1547 a Nicola Signoretti che, come vedemmo, l’aveva avuto per qualche tempo, pochi anni prima, ma l’aveva poi lasciata dovendo assentarsi da Reggio. Assieme al Signoretti il Comune nominò socio locatario della fabbrica delle monete di rame puro Giovanni Bocaccio, uno ex notariis reformationum.

La mercede stabilita fu di tre lire imperiali per ogni peso di bagattini. Bernardino Vezzani, cittadino reggiano, fu poi delegato all’ufficio di pesatore dello nuove monete24.

Così le locazioni della zecca, specialmente di quella dell’oro e dell’argento, si succedevano runa all’altra assai frequentemente e a brevi intervalli. È facile credere che tal frequenza di mutazioni nelle persone dei locatari tornasse a scapito degli interessi dei concessionarii e dello stessi 1 Comune che vedeva annettere poco impegno da parte di quelli (che per così poco tempo vi erano vincolati), al buon funzionamento della zecca.

Fu probabilmente per questa considerazione che nel 1549 si deliberò di estendere a tre anni il periodo di locazione che vedemmo precedentemente con [p. 208 modifica]cessa per un anno solo e alle volte anche per un semestre25.

Vedremo però che a tal misura il Comune do vette qualche volta derogare.

Nella seduta del 22 agosto 1549, un mese dopo la presa deliberazione, gli Anziani nominavano di nuovo il Cambiatori locatario della zecca nella quale, in quell’epoca, si battevano soltanto scudi d’oro e bianconi. Nel contratto fu stabilito che i bianconi dovessero essere della bontà di onde nove denari venti e ne andassero alla libbra 71 meno 1|2 giulio, e che gli scudi d’oro dovessero essere della bontà di denari venti e ne andassero 107 alla libbra26.

A quali incisori ricorressero il Comune e gli appaltatori della zecca reggiana in questi ultimi anni pei conii delle monete da battersi, non si rileva precisamente dalle fonti diligentemente consultate. E però bene ricordare che i varii membri della famiglia dei Signoretti, di frequente nominati locatari della zecca, furono orefici e taluni di grido ai loro tempi. L’antico archivio comunale reggiano conserva molte memorie di essi e dei loro lavori d’oreficeria. Fra tutti il più notevole è certamente Giannantonio orefice e medaglista meritevole di studio, del quale restano non poche medaglie, oltre gli esemplari delle monete reggiane che gli si debbono attribuire. Giova però notare che, se forse qualcun altro dei ricordati Signoretti che precedettero Giannantonio può essersi costrutti i nuovi conii, non lo crediamo probabile nel caso di quest’ultimo, in questo tempo non ancora molto pratico della difficile operazione dell’incisione dei punzoni, tantochè, come vedremo, [p. 209 modifica]nel 1553, assunto l’appalto della zecca, doveva ricorrere all’opera di Pastorino da Siena.

Lo scudo battuto dalla zecca reggiana, come risulta dalle relazioni dei saggiatori, aveva di fino denari 22 e costituiva un vantaggio pel commercio reggiano di importazione: infatti fin dall’anno 1546, 31 gennaio, i soprastanti alla zecca avevano respinta la proposta di ridurre lo scudo a L. 5, d. io come a Parma e a Piacenza, in considerazione del danno che ne sarebbe venuto al commercio della città.

Ciò nullameno nel 1550 il Cardinal Gonzaga, tutore del nipote duca di Mantova, in una sua grida aveva ridotto lo scudo d’oro reggiano a L. 5, d. 5 ed il biancone d’argento a d. 13 con disonore e danno di Reggio, poichè, al contrario, le dette due monete vantavano la stessa bontà dello scudo e del paolo bolognese, nella stessa grida valutati quello a L. 5, d. 8, questo a L. 5, d. 13 1/2. A Ferrara il duca, saputa la cosa, forse nel timore che le monete reggiane calassero anche altrove, s’affrettava a fai" scrivere al Cambiatori, a mezzo del suo fattor generale Lanfranco del Gesso, che cercasse di provvedere e giustificasse la bontà delle monete che si coniavano. Perciò i deputati alla zecca, chiamati ad udienza dagli Anziani il 14 aprile di quell’anno, deliberavano di mandare a Mantova, a spese del Comune e con lettera di credenza, una persona esperta che sapesse difendere l’onore del Comune giustificandone le monete. 11 prescelto fu Gaspare Scaruffi, economista reggiano e delle cose di zecca scrittore dalle larghe vedute, allora poco più che trentenne. Egli partì, fu accolto favorevolmente a Mantova e riuscì a provare la bontà dello scudo reggiano27.

[p. 210 modifica]Il Cambiatori scriveva allora subitamente al fattoiducale del buon esito del viaggio dello Scaruffi a Mantova e quegli così rispondeva:

«Al magnifico Cambio Cambiatore, ducal salinaro da Reggio, da fratello carissimo.

«Magnifico da fratello carissimo. — Ho hauto la vostra di 24 sopra la cosa delle monete per mezzo de quale son restato sodisfattissimo de voi et me ha molto piaciuto che le cose siano passate et stiano del modo che mi scriueti et in risposta non me occorre dirvi altro se non che mi pare che a Parma incaminati el cechiero o altra persona in proposito a chiarire quei di Parma circa la bontà delle monete di qua perchè quello Ill.mo signor duca si levi di quella sinistra impressione, datagli indebitamente et di quello sera successo et fatto poi mi darete auuiso et per questo mi vi raccomando et offero.

«Di Ferrara alli xxviii aprile del 1550.

«Essendo già gionto qui S. Ecc.tia le ne ho parlato et mi cornette che io vi scriva che non mandiate di fare ut supra.

«Come fratello

«Lanfranco del Gesso ducal fattore generale».28.

Come anche da questa lettera si rileva, lo stesso duca di Parma, Ottavio Farnese, aveva pure mostrato intenzione di imitar l’esempio della corte di Mantova e aveva fatto reclami al duca di Ferrara sulla moneta reggiana. Anche questa volta gli Anziani delegavano Gasparo Scaruffi a recarsi a Parma per giustificare le monete battute a Reggio. Lo Scaruffi vi si recò il 16 maggio e presentatosi al governatore Ottavio Ferro, innanzi a lui, ai saggiatori di quella zecca et altri professori di tale arte in Parma provò interamente la bontà dello scudo e del biancone reggiano con bonissima sodisfacion di esso s.or Governatore, delti sazatori, et astanti29.

[p. 211 modifica]Ritorniamo ad esporre le vicende della zecca e ricordiamo le altre battiture in essa eseguite, nell’ultimo periodo della sua vita, forse il più notevole.

Nel 1550, essendo come ricordammo, appaltatore Cambio Cambiatori, si erano fatte trattative per coniare mezzi scudi d’oro della stessa bontà e peso degli scudi, più colombine e mezzi giulii d’argento della stessa bontà e lega dei bianconi e colle condizioni medesime fissate precedentemente. Inoltre il Cambiatori s’impegnava a dare alla Comunità cinque soldi per ogni libra d’oro, oltre la somma fissata come corrispettivo della locazione, ammontante a cento scudi d’oro e le spese pei salariati30.

La coniazione dei mezzi scudi però non ebbe luogo; i certificati, sempre completi, dei saggiatori e le carte della zecca reggiana non ne fanno cenno: oltrechè non ne rimase traccia in alcuna tariffa.

Nel 1552 subentrava al Cambiatori Gasparo Scaruffi, che assunse la condotta pagando al Comune novanta scudi d’oro all’anno31. Egli però non fu mai direttore della zecca come asserì il Custodi e sulla fede di lui il Pecchio e tutti i biografi dello Scaruffi. Questi tenne la zecca fino al gennaio del 1553, in cui gli subentrò Giannatonio Signoretti.

Quest’artista, forse il primo medaglista di quel gruppo fiorito a Reggio dopo Pastorino da Siena e praticissimo, come da molte sue lettere si scorge, di quel labirinto ch’erano le zecche italiane in quel tempo, era fin dal 1540 al servizio della zecca reggiana.

Nel 1541, dopo averlo visto ricordato qualche tempo come saggiatore, lo troviamo maestro di zecca ed era mandato a Bologna ad iustificandum et defendendum [p. 212 modifica]valorem scutorum e finalmente nell’anno in cui siam giunti, 1553, assumeva la condotta impegnandosi a tenere aperta l’officina per tre anni, dietro compenso di centoquindici scudi d’oro.

E in quest’epoca che troviamo a Reggio, incisore dei conii, Pastorino da Siena, forse consigliato al Comune dal duca che, come risulta da diverse lettere, per quell’artista nutriva affezione ed approfittava volentieri dell’occasione per favorirlo.

Quell’artista, forse il più grande medaglista del cinquecento, aveva lavorato in Ferrara nel 1547, quando ritrasse Alfonso II d’Este, allora principe ereditario: dopo un intervallo di cinque anni egli vi ricompare nel 1552 per eseguirvi le due stupende medaglie di Lucrezia ed Eleonora d’Este, ancor giovinette. Da Ferrara quindi sembra venisse direttamente a Reggio, verso la metà del 1553 e vi rimase un anno solo. In quell’anno pero la sua attività fu grandissima e fu oggetto di studio interessante. Oltre i conii per la zecca eseguì in quel tempo parecchie pregevolissime medaglie per incarico di ricchi privati, che sono quasi tutte note agli studiosi. L’Armand ci descrive quelle di Gasparo Scaruffi, Baldassare Vigarani, Ippolito Malaguzzi, Alessandro Bonzagni colla moglie Cecilia, Laura Sessi Boiardi32; altre pure son note come quelle di Paolo Vitelli, del governatore di Reggio Alfonso Estense Tassoni, della Girolama Sacrati, ecc., cui è da aggiungersi quella di Francesco Parolari alias Sforzani, orefice reggiano famoso ai suoi tempi e addetto alla zecca in qualità di saggiatore dal 1545 al 154833.


[p. 213 modifica]Da una lettera 26 giugno 1553 del governatore Ferrante Trotti, da Modena, parrebbe che il duca avesse mostrato desiderio di dare la zecca modenese al Pastorino, ma però, essendo i Modenesi contenti dell’opera del locatario della loro zecca di cui non volevano disfarsi, non se ne fece nulla34.

Il grande artista senese venne così a Reggio, al servizio di Giannantonio Signorotti, che gli commise tosto la fabbricazione dei nuovi conii per la battitura dei bianconi e delle colombine.

L’artista ebbe aiuto nell’opera sua da Jacopo, suo nipote e del lavoro che stava eseguendo e della sua speranza di poter ottenere l’appalto della zecca di Modena parla questa sua lettera al duca, che riportiamo:

Eccell.mo Signor & patron mio

«Questa per Escusation con Vostra Eccel.a la qual si deue meravigliar de mio tanto tardar al venir di ciò non dubiti che col mio tardar non o perso tempo quando Vostra Ecc.a vedrà quello che io aro fatto si de li polzoni et si de li stermenti (sic) da stampar le medaglie et sono stato qui arrezo (sic) parecchi giorni aspettar Vostra Ecc.a e lavoro intanto et per venir a modana quando ci sa Vostra Ecc.a per terminar quel negotio accio possi attendare più animosamente e mj rendo certo che ancho che jo fusse in assentia quella si ricordara dun suo seruitore e so certissimo che non si lassara persuadere ala lor volontà perche guastaremo , e nostri disegni e ragonamenti (sic). E parte innopara et di ciò non dubbito niente. Ne altro per non tediar Vostra Ecc.a E baciando le mani meli meliracomando (sic), E Dio la feliciti, di rezo. El di diecj d’ottobre 1553.

«Di Vostra Ecc.aTesto in apice

Seruo

» El pasturino.


(di fuori): «Allo Eccell.mo Signor Il Duca

» Di ferrara patron mio Osser.mo» 35.

[p. 214 modifica]Poco però potè il grande artista senese continuare nel lavoro delle stampe per la zecca reggiana, perchè sui primi d’ottobre dovette fuggire, colpito dalla gravissima imputazione d’aver fabbricati scudi d’oro falsi e si rifugiò nella vicina Parma, presso Ottavio Farnese, coli’ intenzione di restarvi finchè la cosa fosse messa in chiaro, fidando nella sua innocenza. Tuttavia il governatore di Reggio, Alfonso Estense Tassoni raccomandava, con lettera 16 ottobre, al duca di Parma che Pastorino fosse imprigionato e tenuto colà sino che da S. Ecc.tia a quella sia scritto altro36.

L’accusa dovette essere dichiarata falsa perchè ai primi di novembre troviamo di nuovo Pastorino a Reggio. Non fu però tosto rimesso in libertà, come ne fa fede questa lettera sua, pure inedita, al duca di Ferrara:

«Ecc.mo patrone mio

«Questo per dire a Vostra Ecc.a la qual si degni o parar un po dela sua pacientia col legger questi pochi versi per i quali si prega, e suplico a vostra Ecc.a che se pur quella si contenta che io stia in prigione so e sarò sempre contento a quanto uorra Vostra Ecc.a Ma la prego che la prigione sia chosta in luogo e modo che io possi dar fine ale opare chomincie per Vostra Ecc.a le qual sono abhuon termine, e chome sonno fenite. E sempre che li piace facci di me quel che le pare e se quella si contenta che io venga quela ne facci dare auiso e uerro secreto, o palese chome piacerà a quella se io douesse venir inudo e scalzo. E uevendo io quella facci che qua le nostre e mie chose che a el Podestà mi sieno restituite che si portino che sor (sic) tutte chose dallauorare, e di tanto la prego di nuovo. E de la breuità perche perdo tempo.

[p. 215 modifica]Ne altro se non quella mi perdoni e me li racchomando di continuo e li bacio le manj. Di rezo. El di 8 di novembre 1553.

«Di Vostra Ecc.a

„ seruo „
El pasturino.


(di fuori): „ Allo Ill. mo Ecc. mo Signor jl Ducha

„ Di ferrara padron mio».37.

Pochi giorni dopo scritta questa lettera, l’artista riceveva piena libertà, per intercessione del duca di Parma. A questi, il 13 dello stesso novembre, scriveva infatti ringraziando di tanta umanità usata verso di lui in quella circostanza. Da questa lettera rilevasi inoltre che Pastorino, durante la sua permanenza a Reggio, lavorò pel Farnese e per la zecca di Parma. Tra le monete per lui coniate eravene una da tre giulii, che raffigurava Muzio Scevola simbolicamente ricordante il duca Ottavio che, assediato in Palina da Ferrante Gonzaga aveva saputo animosamente tenergli testa tino alla levata del campo nemico e pur mostravasi pronto ai più duri cimenti per conservare il suo ducato: dalla lettera stessa si rileva inoltre che appunto in quel tempo intagliò la medaglia in onore di Paolo Vitelli, ducal luogotenente che nella guerra accennata si distinse moltissimo38.

11 30 marzo del successivo 1554 Pastorino scriveva di nuovo al duca Ottavio inviandogli, per mezzo del nipote Jacopo, le stampe per quella zecca raccomandandogli che s’interponesse perchè i patti convenuti fossero mantenuti e mandandogli una medaglia di stucco che aveva fatto per passato tempo39.

[p. 216 modifica]Giannantonio Signorotti scadeva dall’ufficio di appaltatore della zecca reggiana nel 1557 e gli subentrava suo fratello Bernardino, coll’annuo affitto di 110 ducati d’oro40.

Ma ecco che il duca, forse pel desiderio, che già trovammo in altri principi, di voler incise sulle impronte delle monete segni più palesi della sua sovranità, o fors’anche perchè i conii eseguiti da Pastorino da Siena erano già logori, mostrò il desiderio che la Comunità reggiana facesse rifare i punzoni, e anche questa volta dal Pastorino.

La Comunità di Reggio, o che ne avesse avuto abbastanza dell’incisore senese che sembra fosse stato pagato con molta larghezza o che realmente i conii fossero ancora in buono stato, spediva a Ferrara due lettere in proposito. Siccome le due lettere ripetono le stesse cose, riportiamo qui la prima, che, come l’altra, è senza intestazione e di cui conservasi nell’Archivio di Stato di Reggio la minuta:

« Ill.mo Signor honorandissimo,

«Hauendo inteso si per Relatione de Hippolito Malaguzzi nostro concive si anco per lettere de Messer Annibal brami quanto sia di mente Sua Excellentia che si rifacciano li ponzoni di questa ceccha per maestro Pastorino in megliore refformatione di quello che sono, mandiamo questi bianchi che di presente si battino in detta nostra ceccha in mano del brami nostro agente, acciò col mezo di Vostra Signoria si facia vedere a Sua Excellentia che l’impronto de le presente monete non e tale come forse vien biasmato da qualche uno per suo particolar intento.

«E ben uero che si ni battirno a li anni passati certi bianchi con uno improntto di Sua Excellentia non ben figurato ma quello si guasto et non si usa più et in loco d’esso si fece fare il presente per il suddetto maestro Pastorino, il quale non ha causa biasmarlo più essendo sua opera. Però si desiderarla che Sua Excellentia [p. 217 modifica]non permettesse che questo nostro ceccherro (sic) a quale spetta tal spexa non fusse gravato di nuovo spendendo in riffa re detti ponzoni poichè è stato necessitato comprare questi medesmi fatti per esso Pastorino che sono buoni come si può vedere per l’impronto.

«E pur quando anco a Sua Excellentia non piacesse il presente il che non crediamo questo nostro cecchero allegha avere qua uno cremonese molto ex:ellente in simile exercitio il quale ha promesso di fare tutto quello sera necessario a satisfaccione di Sua Excellentia et a benefitio di esso cecchero ne la spexa che i andana il quale Cremonese e quello che presentò un retratto a Sua Excellentia quando era qua in Reggio et già ha la parola del Cecchero et anco da questi nostri soprastanti a la Ceccha, occorendo che si habbino a riffare, per tanto preghiamo Vostra Signoria a voler esser con Sua Excellentia et narrargli il tutto in nome nostro et del successo darci aviso. Et ci perdoni se gli diamo faticha, et a lui si raccomandemo»41.

Il Cremonese molto excellente in simile esercitio era Giambattista Cambi detto il Bombarda in quel tempo abitante in Reggio. Non è noto per qual ragione, detto artista, per ordine ducale, avrebbe dovuto essere bandito da Reggio e allora gli Anziani scrivevano al duca perchè non si attuasse tal misura a danno del Cambi cognoscentes sufficentiam et utilitatem huic civitati provenientem42». L’ordine ducale fu revocato perchè poco dopo troviamo il Cambi al servizio della zecca reggiana. Nello stesso 1557 l’artista cremonese era già addetto alla fabbrica dei conii e riceveva in mercede dal Comune novanta lire43. Questo artista è il medaglista dall’Armand erroneamente chiamato Andrea, e che a Reggio fece le medaglie di Giulio Vedriani e di Eleonora Cambi sua moglie.

[p. 218 modifica]In questo tempo Reggio sentiva tutto il danno delle guerre che andavansi combattendo tra i varii stati vicini. La città era in continuo piede di guerra.

Quindici mila francesi e mille cinquecento cavalli ai comandi del duca di Guisa eran venuti a Reggio, dove il duca Ercole, che s’era loro alleato contro gli Spagnuoli, li passò in rivista. Poco dopo i Correggeschi e i Guastallesi saccheggiavano crudelmente le ville dei Reggiani, i lavori campestri erano abbandonati e i contadini spaventati fuggivano44.

Per tal ragione, il conduttore della zecca reggiana, lamentandosi che per essere interrotte le strade, i mercanti forastieri che davano il massimo guadagno alla zecca non potevano recarsi a Reggio a portarvi oro e argento, nel novembre 1557, chiedeva agli Anziani che si annullasse l’affitto, finchè la guerra durasse e che il Comune si contentasse dei venti soldi per ogni libbra d’argento da coniarsi in zecca45.

Gli Anziani presero in considerazione la domanda, ma non è dato conoscerne l’esito. Dai mandati di pagamento al Signoretti risulta ad ogni modo ch’egli tenne la condotta fino al termine stabilito46. Allo scadere del quale chiedeva ed otteneva che gli fossero restituiti i ferri del suo mestiere, che aveva ripetutamente domandati.

A questo punto dobbiamo ricordare un breve periodo di chiusura della zecca reggiana da tanto tempo attiva.

A Modena la piazza era riboccante di sesini e di monete di bassa lega e nel 3 febbraio 1559 quei [p. 219 modifica]Conservatori ne scrivevano al duca. Questi ordinava allora di sospendere l’esercizio di quella zecca. Il 14 dello stesso mese si pubblicava una grida colla quale, limitato il valore delle monete correnti in Modena, toglievansi di corso tutti i sesini tranne i reggiani e i ferraresi.

Conosciutasi a Reggio tale disposizione, lo zecchiere si mise a riconiare i sesini con sette martelli. Allora i Conservatori modenesi presentaronsi al Governatore ed esponendogli come in Reggio battevansi sesini, scudi e quattrini calanti dalla bontà prescritta e che la quantità stragrande di sesini battutivi contribuiva ad aumentare il valore dello scudo, domandavano provvedimenti a tal uopo. Scrissero inoltre al duca pregandolo di por rimedio all’inconveniente e di permettere al loro zecchiere di battere monete d’argento fino o d’oro secondo il prescritto, abolendo poi i sesini di Reggio per non essere alla liga ne al valore di ottanta dui bolognini per Scudo.

La risposta del duca fu ben diversa e sembrandogli giunto il momento di attuare un suo desiderio lungamente vagheggiato, Ercole II, con lettera 3 aprile 1559 al Governatore di Modena, proibiva di battere monete di sorta alcuna in Modena et in Reggio47.

Così le due città vicine dovettero chiudere le loro officine delle monete, senza molta speranza questa volta di poterla tosto riaprire.

In tal modo stavano le cose quando mori il duca Ercole.


Note

  1. Panciroli, Op. cit., lib. VIII.
  2. Umberto Rossi, Gian Marco e Gian Battista Cavalli, nella Riv. Ital. di Num. Anno V, fase. IV, 1892.
  3. Arch. cit. — Carte di corredo alle Riformagioni.
  4. Arch. cit. — Registri delle lettere, 15 febbraio e 6 marzo 1536.
  5. Arch. cit. — Provvigioni, 1538, c. 63, 642.
  6. Arch. cit. — Carte di corredo alle Provvigioni, 1543.
  7. V. Documento XIX.
  8. Umberto Rossi, Gian Marco e Gian Battista Cavalli, nella Riv. Ital. di Num., Anno V, fase. IV, 1892.
  9. V. Documento XX.
  10. V. Documento XXI.
  11. Arch. cit. — Provvigioni, 1543, 16 maggio.
  12. V. Documento XXII.
  13. V. Documento XXIII.
  14. V. Documento XXIV.
  15. Arch. cit. — Carte di corredo alle Provvigioni.
  16. Arch. cit. — Registri delle lettere, 1543, 22. gennaio.
  17. Ibid., 1543, 18 aprile.
  18. A. Crespellani, Op. cit., pag. 43.
  19. Arch. cit. — Registri delle lettere, 1543, 25 maggio.
  20. Ibid.
  21. Ibid.
  22. ibid.
  23. V. Documento XXV.
  24. Arch. cit. — Provvigioni.
  25. Arch. cit. — Provvigioni, 1549, 19 Luglio.
  26. Ibid.
  27. Andrea Balletti, Gasparo Scaruffi e la questione monetaria nel secolo XVI, negli Atti e Mem. della R. Deputa;, di Storia Patria per le Prov. Modenesi. Serie III, vol. I, parte II.
  28. Arch. cit. — Registri delle lettere, 28 aprile 1550.
  29. A. Balletti, Op. cit.
  30. V. Documento XXVI.
  31. A. Balletti, Op. cit.
  32. Armand. Mèdailleurs italiens de XV et XVI siecles. Vol. 2°.
  33. Francesco Malaguzzi, I Parolari da Reggio e una medaglia di Pastorino da Siena, nell’Archivio Storico dell’Arte. Anno V, fasC. I. Roma.
  34. R. Archivio di Stato di Modena. — Cancelleria Ducale. Carteggio e documenti di Rettori. Modena.
  35. R. Archivio di Stato di Modena. - Arti belle: Scultori.
  36. V. Umberto Rossi, Pastorino a Reggio Emilia, in Archivio Storico dell’Arte. Anno I, fasc. VI: Nuovi documenti.
  37. R. Archivio di Stato di Modena. — Arti belle: Scultori.
  38. A. Ronchini, Il Pastorino da Siena, negli Atti e Mem. delle RR. Deput. di Storia Patria per le Prov. Modenesi e Parmensi. Serie I, vol. V, fasc. I, 1869.
  39. Op. cit.
  40. Arch. di Reggio cit. — Riformagioni.
  41. Arch. cit. — Carteggio degli Anziani, 1556.
  42. Archivio di Reggio. Riformagioni, 11 sett. 1557
  43. Arch. cit. — Carte di corredo alle Rif., 1560.
  44. G. Panciroli, Op. cit., lib. VIII, 1557, e seg.
  45. V. Documento XXVII.
  46. Arch. cit. — Carte di corredo alle Provv., 1558, 1559, 1560.
  47. A. Crespellani, Op. cit., pag. 47 e 48.