La Zecca di Reggio Emilia/Capitolo VII


Capitolo VII

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CAPITOLO VII.


Alfonso II. — Riapertura della zecca. — Battiture del 1566, 1567, 1568, 1569 e l’ultima del 1571-72. — Bernardino e Giannantonio Signoretti. — Capitoli del 1571, con quest’ultimo che eseguì i conii. — Ragioni che fanno ritenere che la chiusura definitiva della zecca reggiana sia avvenuta nel 1572 o 1573. — Ultime notizie e tentativo di riapertura nel 1597.


Alla morte di Ercole II (3 ottobre 1559) succedeva nel governo Alfonso II.

Nel 1562 aveva luogo a Reggio una battitura di bagattini in numero di trecento scudi e in ragione di tre per ogni quattrino1. Gli esemplari di queste monete vanno probabilmente ricercati tra i bagattini anonimi che si conoscono nelle collezioni e dei quali parleremo più avanti.

Dopo qualche tempo sembrò ai Reggiani giunto il momento di chiedere al novello principe il permesso di riaprire la zecca dell’oro e dell’argento e nella seduta del 17 novembre 1565 il Consiglio degli Anziani deliberava di fare un’istanza al duca in questo senso2.

La risposta di Alfonso si fece attendere fino al 17 giugno del susseguente anno, ma fu favorevole.

Il duca permetteva si riaprisse la zecca, a condizione che si osservassero gli ordini della zecca di Ferrara e altre prescrizioni3.

Modena non ottenne lo stesso permesso che due anni dopo4.

[p. 221 modifica]A Reggio si approfittò tosto della facoltà concessa ed è questo di cui esporremo ora le vicende, l’ultimo e breve periodo di vita della zecca reggiana.

Del 1566 ci rimane un documento da cui s’apprende che nel novembre si stavano coniando degli scudi d’oro e che per ordine ducale dovevano spendersi a lire sei e soldi dieciotto. Il Massaro però non voleva accettarli che pel valore per cui correvano , cioè per sole lire sei e soldi diecisette. Gli Anziani ne scrivevano in proposito al duca5.

Del 1567, 14 febbraio, abbiamo una petizione di molti mercanti reggiani che chiedono al Comune che, per le esigenze delle contrattazioni e dei mercati, si battano mille ducati di bagattini. Gli Anziani prendono in considerazione la cosa e nominano una commissione che riferisca6.

Il 23 maggio dell’anno stesso gli Anziani esaminavano i capitoli presentati da Bernardino Signorotti, che probabilmente assunse la condotta della zecca per un anno7. I capitoli non sono però riportati nella provvigione che ci dà quella notizia. Certamente nel 1567 vi fu una battitura numerosa di quadruple doppie col conio dei quarti scudi d’oro, quarti, cavallotti e sesini e a Giannantonio Signoretti debbonsi senza dubbio le fabbricazioni dei conii. A queste battiture appartengono i quarti da soldi 30 colla leggenda pace belloque fidelis, ben noti.

Scaduto il termine della locazione, Bernardino Signoretti cedeva il posto a Giannantonio, dopo la decisione presa dagli Anziani nella seduta del 17 dicembre 1568. Fu stabilito che il nuovo locatario pagherebbe tre soldi imperiali per ogni libbra [p. 222 modifica]d’argento da coniarsi e che si assumerebbe le spese pei salariati addetti all’officina: spese che furon calcolate in venti scudi8.

Nel febbraio del 1569 Giannantonio, avendo acquistato da alcuni forestieri una certa quantità d’oro da lavorare, chiedeva ed otteneva dal Comune di potersene servire nella fabbricazione di tanti scudi9.

L’8 agosto del 1569 subentrava di nuovo nell’appalto Bernardino Signoretti che prometteva di lavorare, secondo i capitoli e la lega di Ferrara, dietro compenso di soldi cinque per libbra d’oro e di tre per libbra d’argento, dando per ciò buona cauzione10.

Nel 1571 i Reggiani pregavano il duca che per vantaggio del commercio che si aveva colle città vicine permettesse che si coniassero quarti, bianchi, giulii e una certa quantità di monete più basse. 11 19 marzo dell’anno stesso il duca rispondeva favorevolmente al governatore di Reggio, ed al Comune non rimase che trovare un nuovo locatario dell’officina delle monete11.

Questi fu di nuovo Giannantonio Signoretti, l’ultimo appaltatore della zecca reggiana, che il 9 luglio 1571 assumeva per un triennio la fabbricazione delle monete.

Ecco i patti principali stabiliti tra l’artista reggiano ed il Comune a tal uopo.

Il Signoretti doveva battere alla lega di Ferrara ogni e qualunque sorta di monete d’argento che tiene once 11, d. 8 de fino e battere monete da L. 3 [p. 223 modifica]l’una et da sol. 10 et da 20 et da sol. 15 a suo beneplacito et de cavalotti e colombine a beneplacito dei soprastanti;

per ogni libbra d’argento doveva pagare alla Comunità soldi due;

battendo scudi d’oro, questi dovevano essere della bontà e peso di Modena e il locatario doveva pagare alla Comunità soldi venti, per ogni libbra d’oro;

gli ufficiali e soprastanti dovevano essere al solito pagati dal locatario che doveva dare pure buona e idonea sicurtà, ecc.

A questi capitoli fanno seguito queste altre disposizioni d’ordine generale e importanti perciò a conoscersi: I soprastanti alla zecca dovevano avere una cassa con due chiavi ben fatte, delle quali una doveva restare presso di loro e l’altra presso il zecchiere. La cassa era destinata a contenere i punzoni e le stampe di qualunque sorta: durante le battiture uno dei soprastanti doveva restar presente; ma quando si volesse fare il saggio di qualche moneta d’oro o d’argento, allora uno de li Depositarli trovi uno o due de li Soprastanti pro tempore et li conduca alla Cecha, quale alhora pigliara de la cassa preditta la monetta battuta di quella che si vora fare saggio tanto d’oro quanto d’argento et postagli sopra una tavola mischiandola bene li soprastanti pigliarono in diversi loghi tre quattro del cumulo et tanto quanto alhora parrà houesto et le durano al Depositario, di poi darà al saggiatore quella per numero fui di bisogno pigliando de le dette mollette la ratta per ciascuna, il quale fatto chaverà il saggio, darà di sua mano una polke dove si contenera la bontà e la qualità di esse manette dandole al Depositario col saggio fatto, il qual saggio il Depositario lo [p. 224 modifica]debba governare sotto bona custodia in un paco di carta scrivendoli suso il giorno qual fu fatto il saggio e riponerlo; la nota del saggio doveva esser rinchiusa nella cassa, quando le monete fossero trovate buone e i soprastanti dovevano firmarla;

i soprastanti dovevano essere almeno tre quando si levava di zecca oro e argento;

i depositarii dovevano pesare le monete d’oro e d’argento a libbra poi notare detto peso in un libro a partita per partita secondo la qualità delle monette, e il libro doveva rinchiudersi nella cassa;

le monete non buone per bontà intrinseca o per peso dovevano guastarsi, presente almeno uno dei soprastanti12.

In questo tempo il Signorotti rappresentava probabilmente l’uomo che pel Comune riuniva tutte le garanzie per la delicata carica di appaltatore della zecca. Oltre essere già stato più volte, come vedemmo, locatario della stessa officina reggiana, nel 1559 aveva tenuta quella di Novellara e dal 1569 al 1575 anche quella di Correggio: e della pratica grandissima ch’egli aveva fatto di quel labirinto che erano allora gli affari delle zecche d’Italia ne rimane la prova in una serie di importanti sue lettere al governatore ducale, conte Alfonso Estense Tassoni13.

La considerazione che in questo tempo il Signoretti , valente orefice e ricordato spesso nei documenti reggiani per notevoli lavori, era benissimo in grado di fabbricarsi da sè i conii e la somiglianza di stile tra le monete reggiane delle ultime battiture e le medaglie che gli si attribuiscono ci fanno [p. 225 modifica]ritenere, sebbene documenti espliciti non confermino l’asserto, che egli fabbricasse gli ultimi conii.

Esso dovette usufruire di parte dei conii già fabbricati per la precedente battitura del 1567, cosichè solo alcuni furono intagliati nell’ultimo biennio di vita della zecca reggiana.

I bellissimi conii e punzoni dell’ultima battitura furono ritirati dalla Comunità, che, per ordine ducale, li deposito nell’Archivio Comunale da cui furono trasportati nel Museo Civico di Reggio, dove ora conservatisi accanto ai calchi da quelli ricavati e ad altri oggetti, già della zecca stessa.

Sulla chiusura della zecca reggiana non abbiamo documenti diretti che servano ad avvalorare l’ipotesi che ci par la giusta, che dessa sia avvenuta nel 1572 o nel 1573.

La cosa del resto era probabilmente attesa dai reggiani che più d’una volta avevano veduto gli Estensi tentare di chiuderla e riuscirvi anche per qualche tempo. Il desiderio d’Alfonso li di concentrare in Ferrara le zecche del ducato e la temporanea chiusura dal 1559 al 1566, che costituiva un precedente, lasciavano supporre che la soppressione delle due zecche vicine di Reggio e Modena non fosse lontana. Soltanto Reggio invece subì la misura attesa, mentre Modena continuò ancora, in grazia di altri avvenimenti, a batter moneta per lungo tempo14.

Le considerazioni principali che ci fanno ritenere che la chiusura definitiva della officina monetaria di Reggio si debba ascrivere al 1572 o al principio del susseguente 1573 sono due. L’una è che non si conoscono affatto monete posteriori a quelle date; [p. 226 modifica]l’altra è la mancanza assoluta di successivi documenti sulla zecca propriamente detta. Le carte della zecca, presso l’Archivio di Stato di Reggio, si arrestano appunto a quell’anno, per quanto riguarda le coniazioni; le posteriori sono gride e carteggi relativi al corso delle monete nella città o a questioni analoghe. Le ricerche fatte negli Archivi vicini e sopratutto quelle diligenti eseguite nella Sezione Comunale dell’Archivio ricordato, non ci lasciano alcun dubbio sul tempo della definitiva chiusura. Nè i carteggi pel solito completi tra il Comune e il duca e tra questi e il Reggimento, nè le Riformazioni o Provvigioni del Consiglio, una serie preziosissima di volumi diligentemente redatti, nè i mandati di pagamenti della Tesoreria che per l’addietro registravano le spese più minute per la zecca, fanno alcun cenno di coniazioni ulteriori. I certificati dei saggiatori tenuti ordinatamente e ancora in filze fino a poco tempo fa, si arrestano appunto al 1573. Inoltre un registrino, ove sono diligentemente notate tutte le monete che sortivano di zecca, si arresta anch’esso a quell’anno; tutte le carte che seguono e formano i tre quarti del codicetto sono del tutto bianche.

Dopo il 1573 rimasero in Reggio i presidenti della zecca e i superstites cichae, ai quali spettava la sorveglianza sul corso delle monete e che stavano in relazione colla corte ducale per tutto ciò che si riferiva alle gride e al valore delle monete in corso a Reggio e nel ducato.

Alla chiusura della zecca di Reggio si giunse quando il duca ebbe trovato un espediente che rispondeva al suo scopo, nel rendere responsabile la Comunità dei mancamenti degli zecchieri, tutt’altro che rari, in quel tempo. È probabile che la sorveglianza che il Comune esercitava o avrebbe dovuto esercitare sull’andamento della zecca, per mezzo dei [p. 227 modifica]superstites cichae, non fosse sufficiente a far sempre mantenere ai locatarii gli obblighi stabiliti nei capitoli. Una prova di tal cattiva sorveglianza la vedemmo nell’accusa di falso, probabilmente infondata, fatta a Pastorino da Siena nel 1553. E al primo mancamento del zecchiere, il duca, prendendo la palla al balzo, avrà ordinata la definitiva chiusura dell’officina.

Accenneremo per ultimo a un tentativo fatto dai Reggiani nel 1597 di riaprire la zecca. Da due lettere di Enea Pio di Savoia, governatore di Reggio in quel tempo, risulta che il Comune aveva già avuta qualche speranza dal duca su tal proposito e che si erano iniziate trattative con maestro Andrea Caselino di Piacenza, in quel tempo al servizio del duca di Parma, per la fabbricazione dei conii. Ma la cosa cadde quasi subito, essendosi considerato che l’aprire di nuovo la zecca era negozio di molta considerazione et difficultà, si per mancamento di capitale come di huomini... intelligenti in simile professione15.

Se altri tentativi dopo questo siano stati fatti per riaprire la zecca l’ignoro: negli Archivi consultati però non se ne conserva ricordo. Gli Estensi ad ogni modo, che nel 1598, perduta Ferrara, scelsero a loro sede Modena, avrebbero consigliato ai Reggiani di servirsi della zecca della città vicina, se il caso di nuove richieste si fosse presentato.

Del resto i tempi eran mutati, nelle condizioni politiche, da quando bastava ai Reggiani, per rimuovere il duca da un ordine di chiusura della zecca, fargli considerare il vantaggio che ne veniva alla [p. 228 modifica]città dal batter moneta e l’onore che su lui stesso ne ricadeva. Non eran più i tempi in cui le stesse ragioni di stato spingevano i principi a concedere qualche cosa alle città soggette. Dopo che il ducato fu ridotto in ben più ristretti contini e le vicende politiche consigliavano ai piccoli principi di restringere e riunire a sè tutte le prerogative della sovranità, Reggio non ebbe quindi più a sperare di godere ancora del vantaggio di coniar monete. E quel privilegio che da Federico li in poi con tante fatiche aveva saputo conservare, meno poche interruzioni, fino allora, fu perduto per sempre.

Così si chiude la serie delle inedite notizie sulla zecca di Reggio, per le vicende sue e pel valore degli artisti che vi furono addetti, una certamente tra le più notevoli d’Italia.


(Continua).



Note

  1. Arch. cit. — Provvigioni, 1562, 18 sett.
  2. Ibid.
  3. Arch. cit. — Carteggio del Reggimento, 1566, 17 giugno.
  4. A. Crespellani, Op. cit., pag. 53
  5. Arch. cit. — Provvigioni, 1566, 2 novembre.
  6. Arch. cit. — Provvigioni, 1567, 14 febbraio.
  7. Ibid.
  8. V. Documento XXVIII.
  9. Arch. cit. — Provvigioni, 1569, 7 febbraio.
  10. V. Documento XXIX.
  11. R. Arch. di Stato di Modena. - Zecca di Reggio. - Documenti e lettere relative dal 1556 al 1603.
  12. V. la Biografia di Antonio Signoretti in Appendice.
  13. Francesco Malaguzzi Valeri, Notizie di artisti reggiani (1300-1600). Reggio-Emilia, Tip. Degani, 1892. — V. i Documenti.
  14. A. Crespellani, Op. cit.
  15. R. Archivio di Stato di Modena. Cancelleria ducale. — Carteggio e documenti di Rettori. Reggio. — Lettere 16 febb. e 5 agosto 1597 da Reggio, del governatore al duca.