La Zecca di Reggio Emilia/Capitolo V


Capitolo V

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CAPITOLO V.


Alfonso I dopo il 1523. — Pandolfo Cervi e Girolamo della Penna ferraresi assumono l'appalto della zecca. — G. Battista Cavalli eseguisce i nuovi conii. — Bontà della moneta reggiana.


Per avere altre notizie di qualche importanza sulla zecca reggiana, bisogna venire al 1531, sotto la seconda dominazione del duca Alfonso I, ritornato al governo degli antichi stati fin dal 1523.

In quell'anno la zecca era stata assunta da Pandolfo Cervi ferrarese che la tenne anche il successivo 1532, insieme, questa volta, a Girolamo della Penna, detto il Pennone, pure ferrarese.

I capitoli coi quali i due zecchieri promettevano di batter monete sono lunghi e particolareggiati. I punti più notevoli sono : Che i detti maestri [p. 196 modifica]dovrebbero fabbricare Giulii, mezzi Giulii, grossi da soldi tre che in allora si spendevano per dodici quattrini, sesini, quattrini, e soldi; che i giulii da coniarsi fossero di bontà di oncie 11 giuste e ne andassero 96 per libbra; che i grossi da soldi tre o colombine fossero di bontà di oncie 6 col rimedio di due denari per libbra e ne andassero 190 per libbra; che i sesini fossero di bontà di oncie 1 1/2 d. per libbra col rimedio di denari 2 per libbra; che il soldo fosse di bontà di oncie 3 con denari 2 di rimedio e ne andassero 300 per libbra; che i quattrini fossero di bontà di oncie 1 d.o per libbra col rimedio di due denari per libbra e ne andassero 448 per libbra, in peso. I due maestri di zecca avrebbero poi dovuto coniare ogni anno lire duecento di giulii, trecento di grossi, trecento di sesini, trecento di quattrini e avrebbero pagato alla Comunità due soldi e mezzo per libbra delle monete da cavarsi di zecca: essi poi per loro mercede avrebbero potuto avere denari quattro d’oro per ducato, per fattura di doppi giulii e giulii, soldi ventuno per libbra e dei grossi soldi ventisei e così dei quattrini, soldi e sesini. A saggiatore poi, a succedere a Marcantonio Catania che aveva servito nel 1531 ed ora era eletto soprastante, fu nominato maestro Pietro da Cremona, che avrebbe avuto in ricompensa un quattrino su ogni lira da cavarsi di zecca1.

Sulla fine dell’anno stesso di locazione sorsero però delle controversie tra le due parti a causa dell’onere del locale per la zecca. Sebbene nel contratto su ricordato il primo paragrafo addossasse la spesa pel locale stesso alla Comunità, questa poco dopo credette meglio non incaricarsene e volle [p. 197 modifica]obbligare i locatarii della zecca a provvedersene a loro spese. Allora il Cervi e il Penni, visto che il Comune veniva meno ad uno dei patti stipulati, si rifiutarono di proseguire oltre nella coniazione2. Le parti però vennero ad un accordo perchè qualche tempo dopo troviamo che il locale della zecca reggiana era la casa di messer Bartolomeo Zanelletti, in parrocchia di S. Silvestro, il cui affitto di ventidue scudi d’oro annui veniva pagato per meta dal Comune e per metà dai conduttori3.

Chi fosse l’incisore dei conii in questo tempo non rilevasi dai documenti. La considerazione pero della somiglianza del giulio colle monete contemporanee di Ferrara farebbe ritenere che, come pel passato, si fosse ricorso colà per la fabbricazione dei conii.

Da una lettera degli Anziani di Reggio in data 28 febbraio 1534 diretta a Nicolò Ariosto, fattore ducale a Ferrara, ci è dato conoscere che delle monete della valuta di soldi nove imperiali che si battevano allora, ne andavano centodiecinove alla libbra e che, fattone il saggio del peso, lo si trovò migliore di quelle di Ferrara di detta valuta. Per avere il giudizio di più saggiatori, la Comunità spedì all’Ariosto delle monete reggiane incaricandolo di farne fare il saggio per suo conto4.


Note

  1. V. Documento XVIII.
  2. Arch. cit. — Provvigioni, 1532, 23 sett.
  3. Arch. cit. — Carte di corredo alle Riformazioni, 1536. Mandate
  4. Arch. cit. — Registri delle lettere.