Gli sposi promessi/Tomo IV/Capitolo II
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Cap. II.
Le contingenze infelici della vita umana son tante, che non di rado l’uomo oppresso da una sventura, può consolarsi col pensiero d’altro male o di peggio, che, senza quella sventura, gli sarebbe capitato infallibilmente. Se1 la infame passione di D. Rodrigo non2 fosse venuta a turbare i placidi destini di Fermo e di Lucia, essi, dopo d’aver passato un anno3 d’inopia,4 contra la quale chi sa se5 le loro facoltà avrebbero bastato, si sarebbero ora trovati, probabilmente con un6 bambinello, esposti7 nel loro paese8 a quella orrenda furia militare, costretti a fuggire; e,9 quando avessero schivati tutti i pericoli della persona, tornando poi a casa,10 non v'avrebbero trovate che le muraglie, e quelle mezzo diroccate, e11 i segni perversi e luridi del sozzo torrente, che v’era passato. Questi guaj12 sembrano ora leggieri, al paragone di ciò che Lucia e Fermo hanno sofferto in quella vece; ma allora, non13 v’essendo il paragone e non potendo essi nemmen per sogno immaginare come possibili tutte le traversie, che abbiamo narrate,14 quel minor male sarebbe ad essi paruto il colmo della infelicità. Comunque sia, in mezzo a tanti mali fu una ventura per entrambi l'esser lontani da casa loro in quel brutto momento.15 E Agnese? Agnese si trovava mò proprio nell’intrigo «Vengono; hanno saccheggiata Cortenova, hanno dato il fuoco a Primaluna, disertato Introbbio, Pasturo, Barzio, si sono veduti a Ballabio, son qui, son qui»: cosi la fama andava di momento in momento crescendo e avvicinando il terrore. Alcuni di quei poveri valligiani,16 che invece di rintanarsi sui monti, dove forse non sarebbero stati sicuri, avevano stimata miglior via di fuga precorrere il nemico, giungevano ansanti, spaventati, in disordine, come reliquie d’un esercito disfatto e inseguito; e raccontavano cose orribili della crudeltà dei soldati, principalmente contra coloro che fossero o paressero17 opulenti. Agnese aveva18 ancora19 una ventina di quegli scudi d'oro, che il Conte del Sagrato le aveva20 donati cosi a proposito,21 e quasi per ispirito di profezia;22 ché in quell’anno, senza quell'ajuto di costa,23 la poveretta sarebbe stata24 a morire di stento,25 o a pitoccare disperatamente come tanti altri.26 Ma, dopo d’aver sentiti i vantaggi della ricchezza, Agnese ne provava ora tutte le cure e i terrori.27 E ben vero ch’ella28 aveva sempre dissimulata prudentemente quella ricchezza, e il solo che fosse del segreto era D. Abbondio29 che era stato testimonio del dono, ed al quale essa ricorreva per fargli di tempo in tempo cambiare uno scudo in picciola moneta. Ma una indiscrezione30 poteva avere tradito il segreto, o un sospetto averlo indovinato, e allora31 il pericolo32 sarebbe stato terribile, e la fuga mal sicura. Poiché33 era cosa nota che nei luoghi, dove la soldatesca era già passata, uomini, ai quali in verità non si saprebbe trovare un epiteto,34 o per invidia,
o per isperanza di premio, avevano35 guidati quei masnadieri al nascondiglio di qualche36 lor paesano denaroso, segnandolo cosi allo spoglio, ed ai tormenti.37 Per queste ragioni Agnese fluttuava in un dubbio tempestoso: più volte, vedendo passare qualche frotta de’ suoi paesani che tiravano verso i monti, s’era mossa per mettersi in loro compagnia; e poi ristava,38 pensando con raccapriccio ai pericoli, che l’asilo stesso poteva avere per lei. Ma dove trovare quello che le desse la sicurezza particolare, di ch'ella aveva bisogno? Maneggiando e rimaneggiando quegli scudi d’oro, svolgendoli, e rincartocciandoli, togliendoli di seno per riporveli meglio, le sovvenne di colui che glieli aveva dati, delle sue proferte, del suo castello,39 posto al confine e40 in alto come il nido dell’aquila; e41 si fermò tosto nel pensiero di cercarsi l’asilo colà. Aveva già sotterrate, nascoste sul solajo, riposte alla meglio le masserizie più grosse: sbarrò come potè le finestre, tolse un fardello, dove aveva ragunato42 ciò che le sue forze bastavano a portare, ravvolse per l’ultima volta quegli scudi d’oro, e li cacciò sotto il busto tra la camicia e la pelle:43 uscì di casa, chiuse la porta,44 più per non trascurare una formalità che per fiducia che avesse in quei gangheri e in quelle imposte, si mise la chiave in tasca, e s’avviò. Trovandosi così soletta in istrada, pensò quanto le sarebbe stato prezioso un compagno in quel tragitto. Ma voleva esser galantuomo,45 galantuomo a tutte prove, superiore ad ogni sospetto, e più forte d’ogni tentazione. — Dove trovarlo anche questo?46 Il curato? Perché no? la casa parrocchiale è a pochi passi: tentiamo. —
Chi non ha veduto D. Abbondio in quel giorno,47 non ha una idea vera dell’impaccio.48 I nemici, che si avvicinavano, erano i più terribili, che egli avesse mai avuti a fronte, e quelli, contra cui erano più inutili tutte le sue armi, tutti i suoi stratagemmi. Non era gente da ammansarsi colla pieghevolezza, e colla sommessione; molto meno da contenersi coll’autorità. Non v’era salute che nella fuga; ma, primo di tutti a49 risolverla, D. Abbondio era poi rimasto indietro di molti per le difficoltà, che trovava nella fuga stessa, e per le condizioni, ch’egli vi50 aveva voluto porre. L’ertezza del cammino lo spaventava, e questo spavento gii aveva fatto perder51 qualche tempo a52 voler persuadere or l’uno or l’altro dei suoi parrocchiani che lo portassero in lettiga; ma in verità quello non era momento da trovar lettighieri.53
Era pure andato pregando54 tutti quelli, che avevano buone spalle, che per amore del loro curato si caricassero delle sue masserizie, delle sue provvigioni, anche dei suoi mobili, per portarli in alto e riporli in salvo; ma55 si era indirizzato ad uomini occupati a scegliere56 tra i pochi loro averi quello che57 si poteva58 trafugare, lasciando con dolore il resto alle voglie dei ladri: e nessuno aveva spalle da allogare59 a D. Abbondio. Pensava finalmente60 a nascondere il tutto sul luogo; ma la cosa era per sé difficile, e il tempo stringeva. Di più non aveva ancora saputo scegliere un asilo, e senza61 farne mostra, era tormentato62 dallo stesso timore che Agnese.63
Girava il poveruomo per la casa tutto affannato e stralunato, non sapendo che farsi:64 se la prendeva quando col duca di Nivers, come diceva egli, che avrebbe potuto rimanersi in Francia, e voleva a forza esser65 duca di Mantova;66 quando col duca di Savoja, che voleva ingrandirsi;67 quando coll’imperatore, che stava su certi puntigli;68 e quando con D. Gonzalo di Cordova, che non aveva69 saputo mandare quei diavoli per un’altra strada.70 Bestemmiava ancor più la durezza dei suoi parrocchiani, che non volevano dargli ajuto. — Oh che gente! — 71 sclamava — che gente72! ognuno pensa a sé! non c’è carità! — Si faceva alla finestra, e chiamava quelli che passavano con una certa voce, mezzo73 piagnolente e mezzo rimbrottevole.74 « Venite a dare una mano al vostro curato, se avete viscere di misericordia: non siate così cani.75 Ajutatemi a portar via76 quei pochi stracci, quei pochi stracci» ripeteva, perché nessuno sospettasse ch’egli avesse cose preziose da salvare. «Aspettatemi,77 ché venga anch’io con voi:78 aspettate almeno che siate79 quindici o venti, tanto da potermi guardare, ch’io non sia abbandonato. Volete80 voi lasciarmi solo in man dei cani? Meritereste che il vostro parroco fosse spogliato ammazzato. Misericordia! Fermatevi dunque.» Eh! tiran di lungo. Oh che gente! —
Bisogna dire che Don Abbondio fosse ben accecato dalla paura, per parlare a quel modo. Quegli, a cui egli faceva quelle preghiere e quei rimproveri, passavano dinanzi alla sua casa curvi sotto il peso delle robe loro: quale trascinandosi dietro la sua vaccherella; quale81 traendosi dietro82 i figli, che83 a stento lo seguivano, e la donna, che portava quelli che non potevano camminare;84 quale reggendo un vecchio o un infermo. Altri tornavano scarichi dal monte85 a raccogliere altre masserìzie, finché reggessero le forze, e lo permettesse il pericolo. Alcuni di loro non rispondevano a D. Abbondio, altri diceva: «eh sì! s’ingegni anch’ella signor curato.»86 — Oh povero me! oh che gente! — ripeteva egli. — Ognuno pensa a sé; ognuno pensa a sé; e a me nessuno vuol pensare. —
87Per buona sorte Perpetua aveva conservato88 assai più sangue freddo,89 e operava e dava consigli, come Catterina90 prima91 aveva fatto nel campo alle rive del Pruth,92 quando Pietro,93 stretto tra i Turchi e i Tartari, non trovando uscita né consiglio,94 era caduto d’animo, non sapeva a che partito appigliarsi, e non aveva più energia che per95 isfogarsi in querele e in rimproveri. Perpetua, ben convinta che non era da fare assegnamento96 sopra altri, aveva fatto due fardelli, uno per sé, uno per D. Abbondio; e poi in fretta e in furia sparpagliava il resto97 delle masserizie nei bugigatti più nascosti della casa, sul solajo, sotto il pagliajo, dietro i tini. Quando questa faccenda fosse terminata alla meglio,98 ella aveva proposto99 di presentare a D. Abbondio il fardelletto destinato per lui, e di intimargli di partire; giacché in quel momento era cosa evidente che ii padrone non era in caso di governarsi, e pel suo meglio bisognava comandargli.100 È però vero che Perpetua101 aveva creduto di riconoscere una simile necessità in mille altri casi, che102 a gran pezza non erano urgenti come il presente.
In questo frattempo sopravvenne Agnese; e,103 comunicata la sua risoluzione,104 fece intendere a D. Abbondio ch’ella poteva essere opportuna anche per lui.
«Dite davvero, Agnese?» disse Don Abbondio.
105«È un buon parere, signor padrone,» disse Perpetua: «andiamo senza perder tempo.»
106«Senza perder tempo,» disse Don Abbondio, «perché costoro possono giungere da un momento all'altro. Ma saremo sicuri in casa di quel signore? Eh!»
«Andiamo,» disse Perpetua, «sicuri come in chiesa: gli parlerò107 io: siamo amici: è stato nella mia cucina quieto come un agnello: è diventato un uomo del Signore.» «Male non me ne vorrà fare: che dite eh? sarebbe un peccato senza costrutto:108 quelle poche volte che ho dovuto trovarmi con lui, sono sempre stato cosi compito! Andiamo, ma la mia povera roba!»
109«Anch’io ho dovuto lasciar quasi110 tutto il poco fatto mio, ché sono una povera vedova,» disse Agnese.
«Sia fatta la volontà di Dio,» disse D. Abbondio: e intanto Perpetua gli diede il fardello dicendo: «porti questo, ch’io111 porto quest’altro.»
«Oh poveretto me!» disse Don Abbondio,112 «Che ci avete messo?»
« Camicie e abiti, » rispose Perpetua; indi, fattasi all’ orecchio di D. Abbondio, domandò sotto voce: «i danari li ha in tasca?»
«Sì, zitto zitto per amor del cielo,» rispose D. Abbondio; e prese il fardello. «Sentite, Perpetua» riprese poi tosto al momento di partire:113 «tirate fuori qualche altro abito, che Agnese114 farà questo servizio al suo curato di115 portarlo.»
«Ma non vede che ho preso con me tutto quello di mio, che poteva portare?» disse Agnese.
«Oh me poveretto!» mormorò D. Abbondio: ognuno pensa a sé. Andiamo, andiamo. Perpetua, chiudete bene la porta: alla116 custodia di Dio. Aspettate... ma no no, peggio: sono117 la metà Luterani! misericordia!»
D. Abbondio rispondeva cosi ad una proposizione, che s’era fatta e che118 alla prima gli era119 paruta un bel trovato, per preservare la casa. Voleva staccare dalla chiesa il quadro del Santo protettore, e affiggerlo al di fuori su la porta, per indicare che la casa era sacra,120 e per fare in modo che non potesse essere intaccata che per mezzo d’una profanazione; ma s’avvide tosto che121 quel mezzo di difesa,122 molto debole per sé contra soldati avidi di rapina,123 poteva in questo caso divenire una provocazione a far peggio; giacché fra quei soldati v’era di molti124,ai quali uno sberleffo fatto coll’alabarda125 all’immagine d’un Santo, sarebbe sembrato un’opera meritoria, una espiazione anticipata del saccheggio.
Data una occhiata lacrimosa alla casa, D. Abbondio126 s’incamminò colle due vecchie amazoni;127 e per tutta la via non fece altro che sospirare, lagnarsi128 dell’abbandono, in cui l’avevano lasciato i suoi parrocchiani,129 domandare a Perpetua dove avesse riposta la tal cosa e la tal altra,130 e se
credeva che131 non le avrebbero trovate:132 enumerare tutte le ragioni, per le quali il Conte sarebbe stato peggiore d’un cane se gli avesse fatto male,133 e divisare dove si sarebbe potuto cercare un asilo, se quello a cui si andava fosse stato134 mal sicuro.
Giunti presso al castello, videro un gran movimento: gente che andava, gente che veniva,135 uomini in arme appostati,136 altri che giravano in ronda a tre, a quattro, tanto che D. Abbondio cominciò a scrollare il capo e a dire: «Che è questa faccenda?» Ma Perpetua gli spiegò tosto che quegli137 erano evidentemente uomini, che vegliavano alla sicurezza del castello, e di quelli che, come si vedeva, andavano ivi a rifuggiarsi.
«Ohimè! ohimè!» disse D. Abbondio: «vedo che138 qui si voglion fare delle pazzie;139 appunto quando più si vorrebbe140 stare zitti, rannicchiati senza né141 meno fiatare, farsi scorgere.142 Basta: vedremo: se fanno pazzie, per tirarsi addosso la burrasca, dei monti ce n’è, e i143 precipizi non mi fanno paura: quando si tratti di salvare la pelle, ho coraggio anch’io quanto chi che sia; andrei in mezzo al fuoco.»
Dette sotto voce queste parole, D. Abbondio proseguiva lentamente, guardando con attenzione a quegli armati, e cercando di comporre il vólto alla indifferenza, e di non lasciar trasparire il suo pensiero che diceva dentro: — Scommetterei che questo144 gradasso ha caro che sia venuto145 un flagello cosi orribile, per avere il pretesto di fare un po' di rimescolamento. Oh che gente! Oh che gente! —
Del resto le cose erano quivi, come146 Perpetua le aveva immaginate. Al castello del Conte era rimasta147 unita una antica opinione di sicurezza e di potenza; e i nuovi costumi del signore ne avevano cancellata affatto l’idea di oppressione e di terrore; dimodoché la gente del contorno, dalla148 banda del Milanese, vi accorreva, come ad149 un asilo150 forte e pietoso nello stesso tempo. Il Conte, lieto151 di esser un oggetto di fiducia a quei deboli, che aveva tanto spaventati ed oppressi, raccolse tosto i primi che si presentarono.152 Ma un tal uomo153 non avrebbe potuto considerare la sua casa, come un asilo154 disarmato, un nascondiglio di paura; né starsi con le mani in mano, quando155 ad ogni momento156 poteva presentarsi un’occasione di menarle santamente. Fece addirittura tirar giù dal solajo le armi irrugginite, le fece ripulire in fretta,157 ne distribuì ai servitori.158 Quindi, a misura che159 accorrevano fuggiaschi, egli trasceglieva gli160 uomini capaci di portare le armi, dava loro moschetti e partigiane: quando la provvigione fu esaurita, ne fece raccogliere all’intorno; e scompartiva gli ufizj a quei nuovi soldati: altri mandava in ronda, altri più lontano per esplorare, altri stavano raccolti, per porsi in difesa. Quando uno era entrato nel castello,161 ed era passato in rivista dal162 signore, diveniva verso lui come un soldato col suo antico ufiziale:163 tanto il Conte164 possedeva quella forte risolutezza, che piega le volontà, e quella parola, che toglie il pensiero di fare diversamente da quello ch’ella suona. Aveva allogate le donne e i fanciulli nelle stanze più riposte:165 i letti erano pei vecchj e per gl’infermi;166 una gran sala serviva di magazzino per le robe, che erano portate167 su dai rifuggiti: tutto era collocato in ordine, con numeri, dei quali il corrispondente era dato ai padroni; ed alla porta della sala168 era posto come un corpo di guàrdia; chi aveva portate provvigioni, viveva di quelle; e169 i poveri erano nutriti dal Conte con razioni, che si distribuivano regolarmente come in un campo. Egli, come l’Ariosto sognò di Carlo in Parigi,170 di qua di là non istava mai fermo: dava ordini, visitava posti, metteva a luogo quelli che arrivavano, governava ogni cosa; e,171 dove nascesse qualche garbuglio, qualche contesa, si mostrava; e tutto era finito.
Era appunto su la porta, quando giunsero i nostri pellegrini: gli riconobbe tutti e tre, gli accolse tutti con pronta cordialità;172 ma alia madre di Lucia fece una accoglienza particolare, nella quale traspariva come una gratitudine, perché ella gli desse ora una occasione di compensare alquanto in quello stesso castello la terribite ospitalità, che vi aveva trovato la figlia. «Bene avete fatto, brava donna,» disse il Conte, «di cercare qui un ricovero. Bene avete fatto di ricordarvi di me: fate stima di esser in casa vostra. Voi ci portate la benenedizione.»
«Oh173 appunto!» rispose Agnese: «sono venuta a darle incomodo.»
Il Conte le chiese con premura novelle di Lucia; e,174 udite che le ebbe, si rivolse a D. Abbondio, e disse: «La ringrazio, Sig.r curato, ch’ella si degni scegliere un asilo in questa casa.»
— Manco male che conosce i suoi meriti — pensò D. Abbondio, e cominciò per rispondere: «In questi frangenti... in queste circostanze ... non si... tutto è ...»175 Ma, vedendo che la frase cosi cominciata, non poteva venire a bene, la converti in un inchino profondo.
«Son già arrivati alla sua parrocchia coloro?» domandò il Conte.
«Dio liberi!» rispose D. Abbondio: «Dio liberi! Non sarei qui176 vivo e sano ad implorare la protezione del Signor Conte.» «Si faccia cuore,» ripigliò177 questi: qua su non verranno; ma se volessero tentar la prova, siamo pronti a riceverli. In ogni caso la sua presenza è preziosa, Sigr. curato: ella potrà178 animare questa buona gente179 alla difesa della vita di tanti deboli,180 della pudicizia di tante donne, che181 confidano in noi.»182
— Un corno, — disse fra sé Don Abbondio.
«Ella potrà,» prosegui il Conte, «assistere quelli183 fra noi, che lasciassero la vita in questa impresa di misericordia.»
«Signor Conte,» disse Don Abbondio, «sarà quel che Dio vorrà.» E, cosi dicendo,184 girava la testa a guardare qual fosse la più vicina e la più alta delle cime, che dominavano il promontorio su cui era posto il castello,185 per fissarsi uno scampo, dove in quel caso poter benedire186 i combattenti.
Non rimaneva nel castello più che un letto libero; e fu dato, com’era giusto, a D. Abbondio, prete e vecchio. Ma il Conte, memore della notte che Lucia aveva quivi passata, non avrebbe potuto sofferire che la madre di lei dormisse su la paglia.187 Fece quindi portare il suo letto188 nel dormitorio delle donne, e disporlo quivi per Agnese, intimando ai servi che si guardassero bene dal dire che quello era il letto del padrone; e nella sua stanza fece in quella vece portare una bracciata di paglia.
Quindici giorni circa passarono i nostri rifuggiti nel castello:189 quindici giorni di batticuore e di sospetto,190 di spauracchi subitanei, e191 di rincoranti non è vero, di vigilie, di allarmi, di pericoli, che grazie al cielo192 tutti svanirono senza danno. Il castello era fuor di strada, e quei pochi demonj di lanzichenecchi sbandati, che193 capitavano alle falde del promontorio, veggendo su per la via uomini in armi, e non sapendo quanti più ve ne fosse in alto, più curiosi allora di preda che di battaglia,194 se ne tornavano pel loro meglio195 Oltracciò la parte dell’esercito che nella marcia196 si distendeva lungo l’estremo confine, aveva un interesse urgente di tenersi raccolta, e all’erta, e di non disperdersi197 troppo a buscare.198 Sull'altro confine era raccolta una forza di Veneziani la quale sotto il comando di Marco Giustiniani, provveditore all’armi in Bergamo,199 era destinata a costeggiare l’esercito alemanno per tutto quel tratto del suo passaggio che toccasse i confini della Repubblica; e a questa forza avevano dato nome di squadrone volante. Alla presenza di questi, che certo non erano amici e che,200 vedendo un bel tratto, potevano far da nemici, bisognava201 camminare con giudizio; e questa fu principalmente202 la cagione, per cui il203 castello non fu molestato. Ma anche questa, che in fatto era salute, fu204 pel volgo inerme, che vi era ricoverato, e per D. Abbondio principalmente,205 un aumento d’inquietudine. Poiché, se il confine veneto fosse stato sguernito, D. Abbondio certamente l’avrebbe varcato, e sarebbe andato innanzi fino a che non avesse più inteso parlare di lanzichenecchi.206 Ma ora il poveretto non aveva più rifugio: l’accesso ai monti, oltre la fatica, era pieno di pericoli, pei predoni che potevano trovarsi su la via;207 e attraversare lo squadrone volante sarebbe stato lo stesso che correre in bocca al lupo: giacché quella era una marmaglia ragunaticcia d’uomini tagliati a un dipresso alla misura dei lanzichenecchi; e nel paese, che le era dato a proteggere faceva il peggio che poteva.
208Ognuno può immaginarsi come il povero Don Abbondio passasse quei quindici giorni.209 Stavasi colle donne, coi vecchj e coi fanciulli nel luogo più riposto del castello: di tempo in tempo la paura lo cacciava fuori a domandar novelle; e rare erano quelle che non gli acrescessero lo spavento.210 L’aspetto dell’armi, dei preparativi di difesa da una parte lo rincorava alquanto, dall’altra gli era intolerabile, facendogli immaginare tutte quelle bagattelle in movimento a far carne. Si211 percoteva il petto e le guance, pensando alla minchioneria che aveva fatta. — Mi son messo in gabbia da me stesso, diceva tra sé sospirando.212 — Oh che bestia! mi sono lasciato condurre da213 due pettegole. E in questo pensiero s’infuriava: tanto che più d’una volta tirò da parte Perpetua, per isfogarsi in improperi contra di essa. Ma quando Perpetua, giustificandosi, alzava la voce, D. Abbondio la faceva tacere; e cessava di garrire anch’egli, tutto214 impaurito che non nascesse qualche scandalo, e il Conte, tornando all’antica natura, non facesse il diavolo.215
D. Abbondio sedeva216 alla tavola del Conte, che in quell’accampamento era come la tavola dello stato maggiore: v’erano i signori del contorno, che facevano da ufiziali, le signore, e qualche prete.217 La tavola era lieta:218 il Conte, da buon generale, metteva in campo e intratteneva discorsi atti ad ispirare risoluzione,219 a ravvicinare gli animi, a mettere i pensieri in comune, perché i pensieri220 solitari sono più vicini allo scoraggiamento. Bisognava dunque parlare, e ridere, e si rideva; ma per D. Abbondio era un supplizio; e quando il Conte gli221 rivolgeva in particolare il discorso per animarlo un pochetto,222 egli allora, sforzandosi223 di mangiare e di ridere, faceva in una volta due smorfie,224 che gli225 davano una figura veramente compassionevole. Ma tutte le cose hanno226 finalmente un termine: passano i cavalli di Wallenstein, passano i fanti di Merode, passano i cavalli d’Anhalt,227 passano i fanti di Brandeburgo, e poi i cavalli di Montecuccoli, e poi quelli di Ferrari, passa Altringer, passa Nurstenberg, passa Colloredo, passano i Croati; quando piacque al cielo, passò anche Galasso, che fu l’ultimo. Lo squadrone volante dei Veneziani si mosse anch'esso,228 per tener dietro al movimento dell’esercito alemanno su la riva opposta dell’Adda,229 fin dove ella era confine fra i due Stati, e portarsi sull’Oglio a fare la stessa processione.230 Quando le due retroguardie furono distanti una giornata dal castello gli ospiti ne uscirono, come uno stormo di passere si sparpaglia all’intorno dai palchi aerei e fronzati d’una gran quercia, dove erano accorse a ricoverarsi dalla tempesta. D. Abbondio avrebbe voluto gittarsi d’un volo al suo nido, per231 mirar tosto cogli occhj proprj il suo dolore, e il guastò che v’era stato fatto, e nello stesso tempo232 perché i barberini, vedendo la casa233 abbandonata, non venissero a portar via quello che i barbari avevan potuto lasciare.234 E poi, per quanto il Conte avesse dato segni e prove d’esser divenuto un galantuomo, D. Abbondio non l’aveva potuto guardar mai in vólto senza ricordarsi dell’uomo brusco, che era stato altre volte; e non235 istava con lui di buon animo, massime in picciola brigata. Ma dall’altra parte lo riteneva la paura di abbattersi in qualche lanzichenecco sbandato, rimasto addietro236 alla busca: e di affogare in porto. Era quindi sempre su le mosse, e sempre s’indugiava,237 domandando novelle dei contorni a tutti coloro che giungevano al castello: e le novelle erano dolorose. Quei pochi rimasti colla speranza di guardar le case, o discesi troppo presto238 [si] erano trovati sbigottiti, storditi dalle percosse e dallo spavento;239 ogni arredo, ogni masserizia sparita, e in quella vece, nelle case, un impatto di strame,240 tizzoni di mobili arsi, greppi di stoviglie, 241 sfracellate per istrazio dopo avervi bevuto il vino rubato, schifezze d’ogni genere, un tanfo che toglieva il respiro; dimodoché ognuno, tornando con ansia alla casa derelitta, 242 ne usciva alla prima con fastidio; e doveva farsi forza a poco a poco, per rientrarvi a renderla di nuovo abitabile.
243 In qualche luogo il padrone, avanzando 244 così per la casa sua, udiva un gemito: guardava con sospetto che fosse: era un soldato, 245 che languiva infermo, 246 che spirava; e il padrone 247 ristava a quello spettacolo con un senso misto di ribrezzo e di pietà, di rancore e di spavento, 248 scorgendo nel vólto livido, nelle membra macchiate del giacente l’immagine 249 confusa ma terribile della peste; 250 che fino allora forse egli aveva sprezzata, come un sogno lontano.
Il Conte, argomentando da queste relazioni che Agnese, 251 se si fosse affrettata di tornare, non avrebbe però trovato nulla da 252 guardare, la ritenne per due o tre giorni; e intanto raccolse, di quello che gli rimaneva, un po’ di provvigione, 253 fece mettere insieme un po’ di biancheria, qualche mobile, qualche attrezzo di cucina, e, caricatone un baroccio, volle che Agnese partisse su quello con quella poca scorta: e la fece accompagnare da due suoi tarchiati servi, ordinando loro che 254 ajutassero la povera donna a ripulire la sua casa. Agnese partì dopo molte ripulse cerimoniose e mille rendimenti di grazie; e Don Abbondio e Perpetua le andarono in compagnia.255
La strada fu trista per lo spettacolo 256 continuo della distruzione, e della disperazione; ma la giunta fu più trista ancora 257. Alla esclamazione cento volte ripetuta di «povera gente» succedette il «povero me» : parola che, generalmente parlando, esce da una parte più profonda.
Cogli ajuti del Conte, Agnese potè quel primo giorno258 spazzare il suo povero abituro,259 ricogliere qualche masserizia sparsa260 qua e là nell’orto e nel campo, scavare ciò che aveva deposto sotterra;261 e tra con questi rimasugli e con262 quel di più, che il Conte263 le aveva dato appresso, allogarsi264 in casa, se non come prima, almeno in modo da poterci stare passabilmente, anzi da eccitare l’invidia dei suoi paesani.265 Ma il povero D. Abbondio questa volta ebbe campo e ragione più che mai di sclamare: «oh che gente! oh che gente!»266 La sua casa era la più mal trattata del villaggio, perché era la più apparente;267 e gli ospiti eroi, sospettando che ci dovesse esser più che altrove ricchezza nascosta, vi avevano268 impiegato più ostinate cure a metter tutto sossopra.269 Il sospetto non era mal fondato,270 né le271 cure erano state inutili; e Perpetua, mettendo il piede su la soglia272 tra mezzo i mobili spezzati,273 i fogli lacerati, e le piume delle sue galline, scorse tosto con raccapriccio frantumi e brani di quelle cose, ch’ella pensava aver meglio appiattate: e dovette confessare che i lanzichenecchi avevan più ingegno a scovare, ch'ella non avesse a nascondere. Don Abbondio, spinto innanzi dall’ansia di vedere i fatti suoi, e rispinto dal ribrezzo e274 dall’orrore, metteva il capo alla porta d’una stanza, e lo ritraeva; dava275 tre passi, e ristava.276 Quale spettacolo! Ogni stanza, oltre il guasto che presentava,277 dava tosto l’idea del guasto
generale:278 i segni d’un vasto saccheggio erano ristretti279 in un280 picciolo angolo, come idee sottintese in un281 periodo scritto da un uomo di garbo. Sul focolare della cucina per esempio si vedevano282 più tizzoni spenti, i quali283 accennavano ancora d'essere stati un bracciuolo di seggiola, il piede d’un trespolo, un’imposta d’armadio, una doga del botticino, dove D. Abbondio teneva il vino, che per una lunga esperienza aveva ricosciuto il migliore amico del suo stomaco.284 Di questi285 e di tanti altri mobili non restavano che rottami, un po’ di cenere, e di carboni spenti; e286 con quei carboni, come per compenso,287 e per un complimento ai padrone, i guastatori avevano schiccherate288 le pareti di289 visacci, ingegnandosi290 con beretti quadri e altre divise291 di raffigurarne dei preti, e studiandosi di farli orribili e ridicolosi:292 intento che per verità non poteva fallire a tali artisti.
Don Abbondio, mettendosi le mani in que’ due suoi ciuffetti grigj su le tempie,293 balzò di casa, come un forsennato, e andò di porta in porta a gagnolare,294 a scongiurare quelli che tornati da qualche giorno avevano295 assestate alla meglio le case loro, che296 venissero a dare un po’ di governo alla sua;297 e nello stesso viaggio guardava anche298 chi fosse più fornito di roba salvata dalla rapina, e accattava in prestito da chi una panca, da chi una coltre, da chi un piatto, da chi una pentola; tanto che cogli ajuti e con le prestanze299 potè accamparsi300 quel giorno in casa, per rinconquistarla301 e riordinarla poi tutta a poco a poco.302 Passati quei primi giorni, e nel tempo appunto delle brighe e delle spese, D. Abbondio ebbe con se stesso e con Perpetua una guerra assai fastidiosa. Perpetua,303 parte con la sua vista acuta come il fiuto d’un bracco, parte con la sua abilità a far ciarlare la gente, scoperse che molte masserizie del suo padrone non erano già state sciupate dai barbari, ma erano sane e salve in paese304 nelle mani dei barberini:305 ne fece tosto avvertito D. Abbondio,306 perché si facesse rendere il suo.307 Ma D. Abbondio non voleva sentir toccare questa corda: non già che non gli spiacesse assai308 vedersi cosi309 rubato a man salva e sapere310 il fatto suo in mano d’altri; ma quegli, che se lo311 tenevano, erano312 i più terribili e bizzarri arieti del suo gregge:313 quegli, dai quali D. Abbondio aveva sempre sofferto ogni cosa piuttosto che provocarli al cozzo, che aveva sempre accarezzati, e lodati come i più savj ed esemplari.314 Sicché sopra il rovello e il danno aveva egli a tollerare anche le baruffe con Perpetua; e di queste baruffe315 ve n’era una tutte le volte che D. Abbondio316 si lagnava di qualche mancanza,317 domandava qualcheduno di quegli utensili, che altri aveva fatti suoi.
«Vada a cercarlo al tale che lo ha,» diceva Perpetua, «e che318 non lo avrebbe tenuto fino a quest’ora se non avesse che fare con un... buon uomo.»
«Zitto, zitto Perpetua;319 zitto.»
«Zitto, zitto,» rispondeva Perpetua: «e320 così ella si lascerebbe mangiar gli occhi del capo. Rubare agli altri è peccato, ma a lei è peccato non rubare.»
«Oh che spropositi! oh che spropositi! sclamava D. Abbondio. «Ma sapete pure... Col nome del cielo... volete la mia morte!... » La baruffa andava talvolta in lungo, ma D. Abbondio rimaneva sempre vincitore, perché quando si trattava di paura egli mostrava una risoluzione e una virtù tale che Perpetua321 sentiva di non poter competere; e taceva la prima. Tutto quello che fece D. Abbondio, fu di322 gittare in predica qualche motto sul dovere di restituire323 e su la trista sorte di chi va all'altro mondo carico dell’altrui; ma lo324 diceva con certe perifrasi, con un riserbo,325 con una delicatezza da fare onore ad un predicatore di corte. E pure, appena quelle parole erano uscite, gli pareva che fossero state troppe e troppo ardite; e, per326 riparare un qualche brutto effetto che ne potesse venire, passava tosto a parlare dell’ira, e della mansuetudine, e del gran male che è l’infierire contra quelli che non vogliono né posson far difesa.
327Ma fra mezzo alle cure del passato cominciava a nascer[n]e una che doveva tutte sommergerle: si cominciava a sentire che i328 disastri329 manifesti e soli fino allora deplorati di quel passaggio non erano i soli né i più terribili.330 In tutta quella striscia del Milanese, che la soldatesca aveva attraversata, si videro tutt’ad un tratto uomini d’ogni età e d’ogni sesso infermarsi e cadere, come mosche dopo una pioggia autunnale. I segni, che accompagnavano quella infermità, erano sconosciuti a quasi tutta la generazione vivente: solo alcuni vecchioni, con parole ravvolte e sospettose, accennavano di aver veduti quei segni altra volta. Erano i pochi, i quali331 potessero ricordarsi d’essere vissuti nella peste, che cinquantatré anni prima aveva desolata una parte d'Italia, e specialmente il Milanese; dove a332 distinguerla da altre simili calamità fu poi chiamata, e lo è tuttavia: la peste di San Carlo. Tanto è forte la carità religiosa! Fra le memorie così varie e così solenni d’un disastro universale, ella può far primeggiare quella d’un uomo, perché a quest’uomo ha ispirato sentimenti ed azioni più memorabili ancora dei mali: può riunire e subordinare alla memoria di lui tutti gli avvenimenti, perché in tutti lo ha spinto ed intromesso333 a parte dei patimenti, in capo dei soccorsi, esempio, consiglio, vittima volontaria; di ciò, che per tutti è una sventura, fare per lui come un’impresa;334 far ch’essa prenda il nome da lui, come una provincia335 da un suo conquistatore.336
Il tribunale della sanità in Milano era composto d’un presidente e di sei conservatori, quattro dei quali337 tolti da magistrature diverse, e due medici: questi ultimi erano allora Lodovico Settala, e quell’Alessandro Tadino,338 già da noi citato, e che lo sarà ancor più in seguito. Il primo, quasi ottuagenario,339 era340 uno dei pochi testimonj viventi341 della peste di San Carlo; né testimonio342 puramente passivo;343 ma, fisico fin d’allora molto riputato, benché giovanissimo, ne era stato uno dei più affaccendati e intrepidi curatori.344 Questi, che stava all’erta, e richiedeva avvisi345 dalle terre, che l’esercito aveva toccate, ebbe in fatti346 i primi della mortalità;347 e fu il primo a riferire nel tribunale che la peste s’era manifestata nel territorio di Lecco. Sopraggiunsero poi altri avvisi:348 il tribunale spedì un commissario, perché osservasse e facesse relazione: questi in compagnia d’un medico di Como, visitò alcuni dei luoghi indicati;349 raccolse informazioni350 superficiali e contradditorie; credette a quelle, che attribuivano la mortalità ad un solito effetto,351 dell’autunno352 in quei luoghi, e rassicurò il tribunale. Ma ecco giungere avvisi da altri luoghi al tribunale, il quale finalmente delegò due commissarj ad una visita generale dei paesi sospetti: Alessandro Tadino, e Giovanni Visconti Auditore. Quando questi arrivarono, il male353 s’era già tanto dilatato, che354 le prove si355 offerivano senza ch’essi le andassero cercando.356 Trovarono le ville,357 quale sbarrata per timore del contagio vicino, quale mezzo abbandonata;358 famiglie accampate o disperse, già piangenti la morte di qualche congiunto, e tremanti per la propria salute:359 s’inchiesero del numero di morti, ed era terribile; visitarono gl’infermi e i360 cadaveri, e361 rinvennero i segni, che tremavano di362 rinvenire; assunsero informazioni:363 riseppero che ivi più presto s’era manifestato il male, dove i soldati avevano stanziato più a lungo, o in più gran numero; che i primi percossi erano stati quelli che avevano spogliati i morti, per appropriarsi le vestimenta, o che avevan comperata dai rimasti indietro qualche roba tolta ai loro paesani, o che in qualunque modo avevano avuto contatto con quegli ospiti. Riscrissero364 quindi al tribunale che i sospetti erano divenuti una dolorosa certezza; e nello stesso tempo365 diedero quegli ordini, che seppero, per366 curare gl’infermi, e preservare i367 non tocchi, facendo tagliare strade, rinchiudere altri368 nelle case, altri attendare alla campagna,369 fissando provvigioni ad un paese, lasciando istruzioni in un altro, piantando in un altro la forca370 pei disobbedienti: il tutto in fretta e in furia come371 si poteva in quei tempi, in quelle circostanze, da quegli uomini sopra quegli uomini.372 La nuova si diffuse tosto nella città, e373 vi fu accolta con beffe incredule e con374 disprezzo iracondo, e dal popolo e dalla maggior parte375 di coloro, che376 avrebbero potuto e dovuto377 dare provvedimenti in tanto pericolo. Bisogna però eccettuare espressamente il378 Cardinal Federigo, il quale ai primi romori di peste, prescrisse al clero regolamenti di preservazione e di carità, e ingiunse ai parrochi specialmente che ammonissero i fedeli379 del grave peccato, che avrebbe commesso chi per tema di danno o d’incomodo occultasse il suo o l’altrui morbo contagioso, o per insensata avarizia380 trafugasse vestimenta,381 o cose di qualunque genere infette, o sospette.
Note
- ↑ Fermo e Lucia
- ↑ avesse cagionate
- ↑ di stenti
- ↑ contra
- ↑ [avrebbero] avrebbero bastato
- ↑ primo
- ↑ all
- ↑ alla
- ↑ ben contenti se avessero potuto farlo in tempo
- ↑ l’avrebbero trovata spoglia e mezzo diroccata
- ↑ con [i vestigi] i segnali struggitori
- ↑ paj
- ↑ ci
- ↑ il
- ↑ [Ma] Ma Agnese
- ↑ ai quali era [stato] sembrato miglior consiglio fuggire da mesi al nemico
- ↑ danarosi
- ↑ tuttavia
- ↑ quasi la metà di quei
- ↑ lasciati
- ↑ e che in quell’anno l’avevano
- ↑ perché se Agnese non avesse in quell’anno
- ↑ avreb
- ↑ [condannata ❘ all’accattare disper | all] ridotta allo stremo e all’accattare disperato
- ↑ o ad accattare
- ↑ che al pari di lei fino a quel tempo non avevano mai conosciuto penuria. Quel resto di ricchezza accresceva ora i suoi terrori.
- ↑ È vero
- ↑ l'
- ↑ che aveva veduti darli
- ↑ un sospetto
- ↑ il pericolo sarebbe stato grave, e la fuga
- ↑ [era] sarebbe stato
- ↑ si risapeva
- ↑ o per
- ↑ manifestato ai
- ↑ denaroso,
- ↑ La povera Agnese provava
- ↑ pentita,
- ↑ posto
- ↑ all'
- ↑ posò
- ↑ le cose che poteva
- ↑ uscì di
- ↑ si mise la chiave in tasca,
- ↑ sicuro
- ↑ Don Abbondio?
- ↑ ha [l’immagine conosc] l’immagine dell*impiccio e
- ↑ [Primo a risolve,] Era questo il frangente più terribile di quanti [gli] ne avesse mai passato, e quello contra il quale erano inutili tutti i suoi ripieghi tutti i suoi provvedimenti. Qui non
- ↑ risolvere la fuga, egli
- ↑ richiedeva. Avrebbe
- ↑ molto
- ↑ tent
- ↑ Era pure andato
- ↑ i più
- ↑ egli aveva avuto che fare con [gente] uomini che occupati
- ↑ fra i pochi loro
- ↑ [pot] meglio
- ↑ portare in salvo
- ↑ al curato. Non aveva quindi ancora nas
- ↑ a cercare in casa
- ↑ lasciarlo
- ↑ dai timori
- ↑ All’ultimo decise
- ↑ bestemmiando [il Duca] il duca di Nevers
- ↑ Duca
- ↑ e il Duca
- ↑ e l'
- ↑ e il governo
- ↑ trovato
- ↑ Si faceva alla finestra
- ↑ diceva
- ↑ [senza] senza carità
- ↑ piangolente
- ↑ : ma non v
- ↑ : e poi? se il vostro parroco sarà spogliato, o ammazzato? voialtri ne renderete conto
- ↑ questi pochi
- ↑ aspettate
- ↑ e almeno stat
- ↑ una ventina
- ↑ lasciarmi solo in mano dei cani? Meritereste che il vostro curato fosse rest ❘ Oh! tiran di lungo. Oh che gente!
- ↑ [le] la donna che [aveva] non aveva allora potuto portare, traendo per mano
- ↑ un
- ↑ pote
- ↑ [M. | D. Abbondio.] Altri
- ↑ [dove a prender nuovi carichi] a prender nuovi carichi, a rico
- ↑ Oh che
- ↑ Ma
- ↑ pi
- ↑ [e dava] e si portava in quel giorno nella casa
- ↑ Sic. seconda
- ↑ [era] era stata
- ↑ dove
- ↑ circondato
- ↑ si sarebbe abbandonato ad una
- ↑ per esalar
- ↑ che
- ↑ negli angoli più
- ↑ intende
- ↑ di intim
- ↑ È però
- ↑ non aveva ricono
- ↑ a un gran
- ↑ [fece] dichiarata la sua
- ↑ fece
- ↑ Per la
- ↑ Andiamo, andiamo, disse D. Abbondio [fa bel dire andiam] è presto detto andiamo
- ↑ io che
- ↑ quando sono stato dal car ❘ sono
- ↑ La vita, signor curato, la vita, disse Perpetua
- ↑ tutta la mia roba
- ↑ con
- ↑ Indi rivolto ad Agnese: [Se si potesse prendere qualche] Ecco, disse, giacché io vi accompagno, fate questo servizio al vostro curato di prendere [port | portatemi] qualche cosa per
- ↑ quand
- ↑ mi
- ↑ portarmelo
- ↑ guardia di Dio
- ↑ mezzo
- ↑ da principio
- ↑ sembrato
- ↑ e da rispettarsi, ma pensò molto bene che [la precauzione, | inutile quella precauzione, già molte | ma | ma s’avvide tosto che] la precauzione. | la quale con soldati avidi di rapina
- ↑ quella
- ↑ già probabilmente inutile contra
- ↑ diveniva poi in questo caso una provocazione a far peggio per quei soldati ai quali [la profanazione] la profanazione sarebbe sembrata una [espiazione | autorizzata del] opera santa, e non espiazione
- ↑ [la] uno sfregio
- ↑ alabarda
- ↑ si pose in via
- ↑ e le
- ↑ della
- ↑ pensare al
- ↑ divisar la probabilità
- ↑ se
- ↑ [anno] anno
- ↑ e divisar do
- ↑ minacciato
- ↑ rond
- ↑ ron
- ↑ avanti
- ↑ si [vo] vo
- ↑ Basta vediamo
- ↑ quando non c’è altro | quando si | da fare che [starsi] star zitti, rannicchiarsi, [non f] non fiatare
- ↑ pure
- ↑ invece di stare zitti e rannicchiati, | In questi casi non bisogn | e non fiatare.
- ↑ greppi
- ↑ tagliacantoni ha
- ↑ tutto [questo [son] questo flagello
- ↑ aveva immaginato
- ↑ affida
- ↑ parte
- ↑ asilo
- ↑ forte, e ospitale, nello stesso tempo
- ↑ [che] di potere impiegare pei deboli [quell] quel vigore e quella risoluzione che [gli aveva tanto oppressi e spaventati altre volte era] gli aveva oppressi, spaventati [aveva] di vedersi
- ↑ e gli rassicurò. E vedendo che la brigata cresceva, e che v’erano uomini | Vedendo poi (lacuna) Ma un uomo com’egli non (lacuna) E vedendo poi che la brigata cresceva e che v’erano uomini capaci alla difesa | Ma egli non era uomo da starsi colle mani in mano inutilmente quando il pericolo era vicino, né da (lacuna) Ma un uomo com’egli non poteva starsi colle mani in mano in tanta vicinanza di pericolo [e in una occasione santa di menarle] quando [poteva] avrebbe potuto venire una occasione santa di menarle: (lacuna)
- ↑ com’egli non poteva
- ↑ di paura, un
- ↑ [poteva] avrebbe potuto
- ↑ presentarsi una occasione santa di menarle [trascelse] fece immantinente
- ↑ armò i [servi] servitori le
- ↑ e quindi
- ↑ i rifuggiati
- ↑ uomini atti a portarle, e gli faceva soldati
- ↑ e av
- ↑ Conte [diveniva] si [pieg | diventava] piegh
- ↑ [tanta era | tanto aveva] tanto quell’uomo [aveva di] ancora aveva di quella [franca risolutezza] pronta risolutezza che piega la volontà [e fa parere | la | gli ordini presi | e toglie il pensiero di fare altrimenti] tanto la sua parola era di quelle che tolgono il pensiero di fare [altrimenti] diversamente da quello ch’ella suona
- ↑ aveva
- ↑ tutti
- ↑ le robe faceva
- ↑ quivi in salvo
- ↑ una guardia
- ↑ [gli | per gli sprovveduto si conosceva] ai poveri il Conte (lacuna)
- ↑ non stava mai
- ↑ qua
- ↑ ma non potè a meno ma
- ↑ giusto
- ↑ Variante quelle udite
- ↑ ma vedendo
- ↑ sano e salvo
- ↑ D. Abbondio
- ↑ assistere confortare
- ↑ a spender la vita per difendere
- ↑ l'onore
- ↑ si sono
- ↑ ; ella potrà assistere quelli che (lacuna)
- ↑ che
- ↑ guardava intorno a sé
- ↑ per fissarsi uno scampo
- ↑ i combattenti
- ↑ Ordinò quindi
- ↑ nella
- ↑ [quindici giorni di] e furono quindici giorni di allarme, di veglia vigilanza di | in cambiare spavento, ma senza
- ↑ di allarme, di terribili annunzi
- ↑ rincoranti
- ↑ non si
- ↑ [erano arrivati] giungevano
- ↑ se ne tornavano brontolando
- ↑ [Oltracciò non avevano essi un interesse urgente di stare all'erta e raccolti, in su | in su quell’estremo] Oltracciò quella parte dell’esercito che si distendeva su l’estremo (lacuna)
- ↑ si disten
- ↑ quindi
- ↑ I Veneziani avevano dato ordine a Marco Giustiniani provveditore all'armi in Bergamo di raccogliere uno
- ↑ aveva ❘ av
- ↑ potevano far da nemici
- ↑ ai predo
- ↑ la salute del castello; o almeno questo
- ↑ castello rimase intatto, senza
- ↑ pel povero D. Abbondio, per
- ↑ una ragione
- ↑ [Ma] E invece si trovava ora tra due fuochi; non poteva più far conto che sul laborioso e incerto rifugio dei monti: laborioso e pieno di pericoli, pei predoni che [si] potevano trovarsi su la via (lacuna)
- ↑ poiché attraversare lo squadrone volante sarebbe stato un correre incontro allo stesso pericolo da cui egli era [fuggito final] scappato: [giacché quella era una | marmaglia | gentaglia ragunaticcia, ❘ da gente tagliat | d’uomini tagliati a | tagliati in un di presso | a un di presso alla natura dei lanzichenecchi e nel paese ❘ che difendevano ❘ protetto da questi | facevano dal canto loro jl peggio che potevano] (lacuna) giacché quella era (una] come i lanzi¬chenecchi una gentaglia [ragunatizz] ragunaticcia e
- ↑ Quei quindici giorni furono un secolo per D. Abbondio (lacuna)
- ↑ [Chiuso] Si stava chiuso nel luogo più centrale del castello, coi vecchi colle donne coi fanciulli la paura ne lo [cacciava pu] cacciava pure ad ogni momento per domandar novelle: e quando ne
- ↑ la vista
- ↑ percoteva sub
- ↑ A margine, non cancellalo (aggiunta, o variante forse) Son venuto a fuggir l’acqua sotto una bella grondaja
- ↑ una
- ↑ spaventato
- ↑ Invano il Conte | La tavola
- ↑ come era ragione,
- ↑ Il padrone [voleva che da buon generale] rallegrava la mensa con discorsi atti ad ispirare coraggio e (lacuna)
- ↑ il
- ↑ e [ad allontanare dai pensieri l’idea] a dissipare quella [gravità] gravità pensosa che
- ↑ dello scoraggia
- ↑ diceva
- ↑ e
- ↑ [in un] in una volta
- ↑ da far compassione
- ↑ Finalmente
- ↑ termine:
- ↑ e poi
- ↑ per seguire il movimento dell’esercito alemanno per tut
- ↑ per tutto quel tratto fin dove
- ↑ Quando dall’una parte e dall’altra, tutti questi buoni amici e difensori d'una parte
- ↑ veder
- ↑ per non lasciar campo ai barberini del paese di
- ↑ non guardata
- ↑ [E poi] App
- ↑ vedeva
- ↑ buscare
- ↑ raccogliendo sempre [le] le novelle dei contorni; le quali venivano tutte dolorose
- ↑ s | straziati | si vedeva
- ↑ le case spogliate d’ogni arredo;
- ↑ greppi di reliquie
- ↑ frantumate
- ↑ era costretto uscirne [tosto all | ne] alla prima
- ↑ In alcuni luoghi (lacuna)
- ↑ così con ribrezzo
- ↑ infermo [che] che moriva
- ↑ o che
- ↑ si ritraeva
- ↑ [perché] perché [quella terribile parola - peste - gli ricorreva | idea | peste derisa forse o non creduta fino allora] la terribile immagine della (lacuna) vedendo
- ↑ terribile
- ↑ che forse
- ↑ aspett
- ↑ conser
- ↑ [qual] mise insieme
- ↑ ripulisse
- ↑ la strada fu trista, [e la] per lo spettacolo della distruzione; [ma la giunta fu più trista che la via, di quanto ! e tanto più lo fu la giunta, quanto generalmente il | il danno ma ben più trist] ma più trista fu la giunta, [di quanto | il proprio danno | punge generalmente | è più dolorosa parola - povero me! - che - povera gente! - [di quanto un] povero me - è [parola che viene | esce da] una parola più profonda che non - povera gente
- ↑ dell
- ↑ Dopo avere detto
- ↑ vantare
- ↑ raccorre
- ↑ e lasciata
- ↑ [e con questo e coi den | colle privazioni | con quest] e tra quest
- ↑ quello che
- ↑ le aveva dato
- ↑ se n
- ↑ [Ma il pove | Ma il tri | Ma D. Abbondio, all’aspetto del] (lacuna) Ma le sventure di D. Abbondio fanno più
- ↑ Il guasto dato alla sua casa e
- ↑ e quella dove gli [eroi] ospiti eroi
- ↑ messo
- ↑ Né avevano gettata | E il so
- ↑ e le ricerche non furono vane
- ↑ ricerche furono
- ↑ vide tosto con [orrore] raccapriccio frantumi e brani [del] di cose ch’ella aveva [nascoste] riposte con la maggior cura, e col maggiore studio, e [comprese] dovette confessare che i lanzichenecchi erano più [destri] abili [a trovare ch’ella non] a scovare ch’ella non fosse a riporre | tra mezzo [a] in
- ↑ [le | i libri] i fogli dei libri lacerati
- ↑ dal terrore
- ↑ un passo e traeva
- ↑ [Da per tutto ❘ Il guasto che app | si vedeva in un angolo bastava a dare] Ma la vista d'una stanza oltre il guasto che vi appariva, [da | faceva] rappresentava il guasto generale. Ma
- ↑ [faceva pensare ❘ tosto pensare ad altro] mo- strava pure i segni del
- ↑ un piccolo angolo talvolta
- ↑ Variante ragunati
- ↑ pi ❘ angol
- ↑ buon
- ↑ la
- ↑ mostra
- ↑ [Oltre] Tutto era ridotto
- ↑ e d’
- ↑ coi
- ↑ i guastatori avevano
- ↑ sul muro certe figuracce [le pareti | di figuracce alle quali avevano adattate alla meglio o alla peggio le divise ecclesiastiche, | alle quali avevano cercato di] che avevano voluto fare risibili e ridicolose [e se v’erano riusci | e certo dovev | e anche riu (disegno che in verità non poteva fallire a tali artisti)] e alle quali [s’erano studiat] avevano adattate alla meglio o alla peggio le [insegne] divise di preti | le pareti (lacuna)
- ↑ Variante fantocciacci
- ↑ di far
- ↑ di fare indovinare
- ↑ [disegno] intendimento che per verità non poteva fallire a tali artisti (lacuna)
- ↑ uscì
- ↑ a | scongiurando
- ↑ dato un po' di sesto alle case
- ↑ lo aiutassero
- ↑ accettando in prestito da quelli che avevano salvate le robe loro
- ↑ dove
- ↑ che potè [av] ottenere
- ↑ in una
- ↑ a poco a poco
- ↑ Ma in quel suo giro D. Abbondio fece una scoperta dolorosa, [vide molte sue masserizie | che disgustosa | che | ma | i suoi sospetti ! i barberini infatti non erano stati in ozio nel tempo in cui la sua casa | avevano visitato con agio la sua casa nel tempo che non v’era né i barbari né il padrone, vide certe cose che gli diedero una gran guerra ! fece senza volerlo molte scoperte che gli diedero una gran guerra. | (Vide) vide in più d’una casa tra le masserizie ammucchiate alcune delle sue mal nascoste (lacuna)
- ↑ che aveva gli occhi del capo
- ↑ in mano
- ↑ e l
- ↑ , e con | perché se le facesse
- ↑ ; parte minaccian
- ↑ di
- ↑ [derubato, e di sapere] derubato
- ↑ dove
- ↑ avevano pigliato
- ↑ i più [facinorosi] temibili uomini del paese
- ↑ : e D. Abbondio
- ↑ Sicché oltre il [martello] rovello
- ↑ [tornavano] ricomin
- ↑ ricercava
- ↑ cercava
- ↑ lo avrebbe
- ↑ zitto per amor di
- ↑ intanto
- ↑ disperava
- ↑ gitt
- ↑ l’altrui
- ↑ faceva con u
- ↑ con una
- ↑ medicarle
- ↑ Ma tutte queste cure furono ben presto sommerse da una più (parola illeggibile) tremenda (lacuna) Ma ben presto (lacuna) Ma di mezzo (lacuna)
- ↑ mali apparen
- ↑ appar
- ↑ In tutta
- ↑ A margine, in penna, del Manzoni: «erano vissuti dalla»
- ↑ distinguer
- ↑ in
- ↑ e [allacciare] associare a questa il suo nome, come il nome d’un conquistatore ad una provincia. Ma la probabilità terribile della peste era respinta da tutti gli animi: (lacuna)
- ↑ dal suo
- ↑ A margine, in penna, del Manzoni: «e nominarla da lui, come una pro¬vincia dal suo conquistatore».
- ↑ erano
- ↑ che scrisse la storia della peste che abbiamo avuto già occasione di citare, e che citeremo ancor più in progresso
- ↑ aveva non solo veduta quella del 1576, ma medico già riputato fin d’allora benché giovanissimo (lacuna)
- ↑ non solo
- ↑ di quella
- ↑ ozioso
- ↑ [poiché in] benché [in allora giov] medico fin d'allora
- ↑ Fra
- ↑ [dei luoghi del passaggio] sulla salute dei paesi dove gli alemanni erano pass | e se
- ↑ in
- ↑ e riferi il primo
- ↑ se | furono smentiti, e poi confermati tanto che il tribunale delegò due commissarj alla visita dei luoghi, e furono quel Tadino, e Giovanni Visconti Auditore
- ↑ assa
- ↑ contradditorie
- ↑ della sta
- ↑ nei luoghi paludosi
- ↑ aveva già
- ↑ non
- ↑ [offerivano ai buoni] vedevano da sé
- ↑ Trovarono
- ↑ quale mezzo abbandonata
- ↑ da pertutto infermi e cadaveri | videro nelle strade gli uomini che | gl | molti accampati | le famiglie
- ↑ chiesero del numero dei morti, e
- ↑ cadaveri, e [sorpresero] videro i segni funesti
- ↑ trovarono in
- ↑ trovare
- ↑ e
- ↑ dunque
- ↑ [diedero ordini per] diedero ordini per separare
- ↑ arrestare il contagio, facendo
- ↑ Variante sani
- ↑ in casa, nel
- ↑ [distribuen] distri
- ↑ (parola illeggibile) come la permettevano le circostanze
- ↑ lo permettevano
- ↑ Queste nuove si diffusero
- ↑ l’aveva
- ↑ dispetto contra chi
- ↑ [dei magistrati | di coloro che per uficio avrebbero dovuto avvisare i mezzi di | opporsi | opporsi) di coloro che avrebbero dovuto avvisare i mezzi [che | per] d'opporsi a degli uomini
- ↑ dovevano
- ↑ fare
- ↑ Cardinal
- ↑ di
- ↑ scovasse
- ↑ o cose di qualunque genere alle quali il contagio