Gli sposi promessi/Tomo IV/Capitolo I

Tomo IV - Cap. I

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Cap. I.



Dalla fine dell’anno 1628,1 alla quale siamo pervenuti con la narrazione,2 in sino alla metà del3 1630,4 i nostri personaggi, quale per elezione e quale per necessità, si rimasero a un dipresso nello stato, in cui gli abbiamo lasciati; e la loro vita non offre in questo tempo quasi un avvenimento, che ci sembri degno di menzione. Qualche5 fatto,6 benché molto grave per taluno dei nostri7 eroi, non produsse però mutazione nello stato degli altri.8 Pare9 quindi che noi dovremmo saltare a piè pari10 al punto, in cui la nostra storia11 ripiglia un movimento12 e un progresso generale.

13La storia publica però di quell’anno e mezzo è piena di14 successi; e noi non possiamo dispensarci dal riferirli:15 da essi e con essi16 nacquero gli eventi privati, che [p. 594 modifica]formeranno la materia ulteriore del nostro racconto. Quei successi varii e moltiplici, si riducono a tre principali: fame, guerra e peste: lo dichiariamo sul bel principio, affinché quei lettori che amano cose allegre, possano gettar tosto il libro, e non17 abbiano poi a lagnarsi di non essere stati avvisati in tempo.

Dopo la bella spedizione del giorno di San Martino, parve per qualche tempo che l’abbondanza invocata da una parte con tanti urli, promessa dall’altra con tanta sicurezza, fosse18 venuta davvero.19 Il pane a quel modico prezzo che abbiam detto,20 e questa volta non per una ipotesi violenta, ma21 per un compenso, che i Decurioni coi denari della città avevano stabilito ai fornaj; i forni sempre ben provveduti: tutto sarebbe andato bene, se le cose avessero potuto durare22 così fino al raccolto;23 vale a dire se l’impossibile fosse divenuto possibile. È cosa istruttiva e curiosa l’osservare24 per quali25 modi i disegni assurdi vadano a male, le volontà insipienti sieno frustrate, notare i principj, i progressi, la varietà26 degli inciampi e delle resistenze; gli effetti non27 premeditati nel disegno, e che nascono necessariamente ad impedire l’effetto voluto e promesso. Noi abbiamo fatte molte ricerche negli atti pubblici e nelle memorie28 degli scrittori, per tener dietro alla storia di quei provvedimenti annonari;29 ma il filo, che a gran fatica abbiam potuto30 prendere da quella matassa scompigliata, appena ci ha condotti per un breve tratto,31 ci ha fatti32 raccapezzare gli effetti più [p. 595 modifica] prossimi.33 Ed eccoli quali risultano da autentici documenti. Quelli, che avevano34 denari35 oltre il bisogno quotidiano, correvano in folla ai forni a comperar e ricomperare pane, ai mercati a comperar e a ricomperare farine, per farne provvigioni.36 Appariva quindi manifestamente che il ribasso del prezzo, fatto37 ad intendimento di dare38 pane ai poveri, tendeva invece a farlo tutto39 venire40 in potere dei facoltosi. Grida dei 15 novembre, che proibisce il comperar pane e farine per più che il bisogno di due giorni, sotto41 pene pecuniarie e corporali ad arbitrio di S. E.; ordine agli anziani,42 intimazione a tutti di denunziare i contravventori; ordine ai giudici di fare perquisizioni per le case.43 Come si facciano denunzie e perquisizioni, è cosa44 facile da capirsi; ma quello che nessuno potrà capire davvero, né immaginare, si è come con questi45 mezzi si potesse colpire tanti contravventori da46 impedire, o da47 diminuire sensibilmente,48 quella tendenza a fare scorta per l’avvenire.

Un49 consumo cosi straordinario in tempi di grande scarsezza doveva rendere difficile a rinvenirsi la materia prima sufficiente: quindi la grida del 23 di novembre,50 che sequestrava in mano degli affittuarj e di chi che altri fosse la metà del riso da essi posseduto (il riso allora entrava nella composizione del pane comune), e la riteneva agli ordini del Vicario e dei Dodeci di Provvisione per l’uso della città. Ma questa città che aveva assunto l’impegno di mantenere il pane al prezzo d’un soldo per otto once,51 pagando la differenza tra il prezzo reale dei grani,52 non53 possedeva tesori inesausti, era anzi imbrattata di debiti, e non sapeva dove darsi di capo per aver54 danari:55 perché [p. 596 modifica]dunque essa potesse mantenere l’impegno, Grida56 dei 7 dicembre, che obbliga i possessori del riso a venderlo, non brillato, al prezzo di L. 12, a chi avrà ordine dal Tribunale di provvisione. A chi57 ne vendesse a maggior prezzo, pena la perdita del riso, una multa58 di altrettanto valore e maggior pena pecuniaria ed anche corporale, sino alla galera all’arbitrio di S. E., secondo le qualità dei casi e delle persone. Cosi si era provveduto all’abbondanza della città. Ma i foresi sono essi pure soggetti alla legge di mangiare per vivere: e, giacché le gride tiravano per forza da tutte le parti tanto pane in città, era cosa troppo naturale che i foresi accorressero alla città a provvedersene. Questa cosa naturale, è chiamata un inconveniente dalla grida dei 15 di dicembre; la quale vieta il portar fuori della città pane pel valore di più di venti soldi per volta, sotto pena della perdita del pane, di scudi venticinque ed, in caso d’inabilità, di due tratti di corda in publico, e maggior pena ancora, all’arbitrio di S. E., per ogni volta. Ai ventidue dello stesso mese, la stessa proibizione fu estesa ai grani ed alle farine.

A questo punto, con nostro rammarico e forse con un maligno piacere dei lettori, ci mancano ad un tratto gli atti autentici; e tutte le memorie storiche, che ci è stato possibile di consultare, non59 hanno più nulla né sul prezzo del pane,60 né sugli altri regolamenti dell’annona. Fanno soltanto il quadro dello stato61 del paese in quell’anno 1629, fino al raccolto; ed ecco la copia di quel tristo quadro.

Chiuse o deserte le botteghe, e le officine; gli operaj62 vaganti per le vie, scarnati scarnati,63 tendendo la mano ad accattare, o64 esitando ancora tra il bisogno e la verecondia. Misti agli operaj i contadini65 venuti alla città,66 traendo i vecchj e le donne coi fanciulli in collo, e mostrandoli ai passaggeri, e chiedendo che si desse loro da vivere con67 una querimonia68 impaziente, con69 isguardi70 abbattuti e pur torvi. Misti agli operaj e ai contadini,71 molti di quei bravi, già rilucenti d’arme72 e spiranti una leziosaggine73 spavalda,74 [p. 597 modifica]ora abbandonati dai loro signori,75 erravano mezzo coperti76 d'un resto dei loro abiti sfarzosi,77 domandando supplichevolmente, e guardando con sospetto78 per non tendere79 inavvertitamente80 la mano disarmata e tremante a tale, su cui l’avessero altre volte levata81 repentina a ferire. Spettacolo che avrebbe rallegrate molte ire,82 se il sentimento83 di tutti non fosse stato assorto nella miseria e nel patimento comune.

84Né questi soli, ma di85 altra varia86 origine nuovi mendichi, confusi coi mendichi di mestiere, si87 aggiravano, o si strascinavano per la città; e nell’abito, e nei modi mostravano indizj dell’antica condizione e della professione, che altre volte88 procuravano loro un vitto certo e a molti agevole.89 Da per tutto cenci e lezzo; da per tutto un ronzio continuo90 di voci supplichevoli, come91 se si fosse camminato in mezzo ad una processione.92 Qua e là a canto ai muri, sotto le gronde, mucchj di foglia93 e di stoppie peste, trite, fetenti, miste d’immondo ciarpame,94 che avevano servito nella notte come di canile ai95 mendichi,96 cacciati dalla fame alla città, dove non avevano97 un asilo98 da posare il capo. Molti si vedevano rodere99 con uno sforzo ripugnante erbe, radici, cortecce, che avevano raccolte nei prati, nei boschi,100 come un viatico fino alla città, dove speravano di trovar pure101 un vitto più umano. Di tratto in tratto alcuno di quegli infelici si vedeva ristare, vacillare,102 tendere dinanzi a sé le mani aperte, come per cercare un appoggio, e cadere; ed erano talora madri103 coi bamboli in collo.104 Rari, costernati, in silenzio, raccogliendo gli sguardi [p. 598 modifica]a sé, quasi per non vedere, abbassando la fronte, come se provassero vergogna di tanta miseria, turandosi le narici, giravano fra105 quella turba coloro, che altre volte eran chiamati ricchi, ed ora pure davano invidia, perché avevano106 ancor tanto da preservarsi, se non dal disagio, almeno dalla penuria mortale. Altri107 di essi, che poco innanzi passeggiavano con un passo minaccioso, con un corteggio insolente di spadaccini, ora soletti, in abito108 negletto e come da corruccio, con gli109 sguardi depressi,110 coi vólti non avresti saputo dire se storditi o compunti, attraversavano in fretta le vie; e sparivano.111 Altri, esaurito già il contante che avevano destinato al soccorso dei poverelli, vinti dalla crescente misericordia, aprivano di nuovo lo scrigno, intaccavano le scorte riserbate ai loro bisogni, e uscivano;112 e, assaliti da richieste superiori alla liberalità ed alle facoltà loro, guatavano, per discernere, tra miseria e miseria, tra angoscia e angoscia, quelle,113 a cui114 era dovuto più pronto115 il sovvenimento. Appena116 il muovere della mano117 manifestava una intenzione di118 liberalità, una gara tumultuosa e incalzante di grida,119 di sospinte, di mani levate si faceva intorno a loro;120 gli estenuati e stupidi dall’inedia pigliavano come una forza istantanea dalla nuova speranza, e si pignevano innanzi con121 violenza; i più robusti gli rigettavano con furore; alle preghiere, alla invocazione dei nomi più santi si mescevano le bestemmie della disperazione; i vecchj, rispinti, tendevano da lontano le122 palme scarne; le madri alzavano i fanciulli123 scolorati,124 male ravvolti nelle fasce stracciate e ripiegati per languore nelle loro mani. Quei caritatèvoli125 dovevano lasciarsi rapire, più tosto che distribuire i soccorsi; e, spogliati in un momento di ciò che avevano portato con sé,126 fra le benedizioni, e le menzogne,127 rovesciando le tasche vuote, uscivano a stento dalla folla, più contristati128 del male irrimediabile, che soddisfatti del poco [p. 599 modifica] bene, che avevan potuto fare; e se ne tornavano, non129 avendo più altro da dare in risposta a nuove richieste che un aspetto di commiserazione, un cenno delle mani, che esprimeva130 una buona volontà inutile, una ripulsa dolente.

131In mezzo ad una tanta confusione di guaj, e ad una tanta132 insufficienza d’ajuti, si133 mostrava però134 a luogo a luogo135 un ajuto più136 generale e più ordinato, che annunziava una grande copia di mezzi137 e una mano avvezza a profondere138 con sapienza. Era la mano del nostro Federigo. Oltre le elemosine in vitto e in danaro, ch’egli139 distribuiva (il Tadino afferma che nel suo palazzo140 due mila poveri ricevevano ogni giorno una capace scodella di riso) aveva,141 l'ingegnoso compassionatore, deputati sei142 preti, che girassero a coppia, per pigliar cura dei poveri sfiniti per le vie.143 Ad ogni coppia aveva assegnato un quartiere della città tripartita; ogni coppia144 era seguita da facchini che portavano grandi corbe con pane, vino, minestra, uova fresche, brodi stillati, aceto145 medicato d’aromi. S’accostavano quei preti ai poverelli, che giacevano abbandonati sul pavimento, e146 soccorrevano ad essi secondo il bisogno: a questo,147 esinanito dal digiuno, il cibo era il più necessario ed efficace rimedio: quell'altro, svenuto148 per più antica149 inedia e già presso al morire, non avrebbe avuto vigore abbastanza per patire né per prendere il cibo; e faceva mestieri di più150 [p. 600 modifica]sottili e potenti151 ristorativi per richiamarlo alla vita, e rendergli a poco a poco le forze. Quando152 alcuno d’essi era rinvenuto o riconfortato,153uno dei preti gli amministrava154 i sacramenti e le consolazioni della religione; quindi guardava intorno a sé, per vedere in qual casa del vicinato avrebbe potuto procacciargli un ricovero: trovatolo, ve lo faceva portare.155 Se il padrone156 era dovizioso, il prete157 in nome del Cardinale lo supplicavano158 che volesse ricettare, collocare in qualche angolo della casa, nutrire quel derelitto, che Dio gli mandava;159 ma quando il languente era portato in una casa,160 dove non sembrasse che in un tale anno potessero sovrabbondare provvisioni per usi di carità, quivi il prete pregava il padrone a ricogliere e ospiziare per prezzo colui che vi era161 presentato; e sborsava il prezzo generoso anticipatamente.162

Notava poi il luogo, e tornava a rivisitare il raccomandato, a 163 curare che nulla gli mancasse;164 cosi mentre165 l'un prete166 soccorreva i giacenti nella via, l’altro percorreva le case, dove erano raccolti quegli altri.167 La riverenza dell'abito sacerdotale, l’autorità di Federigo, come presente a quegli uficj prestati per suo ordine, e la168 santità degli uficj stessi, contenevano la folla tumultuosa,169 in modo che quei preti potessero esercitarli tranquillamente e ordinatamente.170 Era questo per certo un alleggiamento171 ai publici mali, e grande, se si consideri che veniva da un solo avere e da una sola volontà; ma, rispetto ai bisogni,172 scarso e inadeguato. Intanto che in tre angoli della città alcuni pochi erano173 levati da terra, e ravvivati,174 in cento parti cadevano le centinaja, e molti per non175 esser più rialzati che176 sulle spalle dei sotterratori. Né le morti continue diradavano177 quella folla miserabile:178 la fame incalzava da tutte le parti del territorio nuova folla alla città; le vie che vi conducono,179 [p. 601 modifica]qua e là segnate di cadaveri, brulicavano sempre di nuovi pellegrini, che dal piano circostante,180 dai colli meno vicini, dai monti lontani venivano181 strascinandosi: diversi d’abito182 e di pronunzia,183 oggetto l’uno all’altro non più di pietà ma di orrore, luridi tutti,184 ognuno185 più sbigottito186 dal187 trovarsi in mezzo a tanti compagni di disperazione, a tanti rivali d’accatto. Attraverso costoro passavano pure altri non meno luridi pellegrini, che fuggivano dalla città, non già sperando di trovare in altra parte più facile sostentamento, ma per morire altrove, per mutare un cielo divenuto odioso, per non veder più quei luoghi, dove avevano tanto patito.188 Così, crescendo sempre il numero dei poveri a misura che la popolazione s’andava scemando, era trascorso l’inverno e già avanzava la primavera.189 E quei poveri si andavano sempre più condensando nella città;190 accorrevano la più parte negli alberghi;191 e avrebbe dovuto essere bene spietato, ma anche ben sicuro il padrone, che192 negasse loro quella ospitalità: quivi giacevano le notti ammucchiati su la paglia, sul letame: le case, le vie si riempivano di malati, di cadaveri, di cenci e di193 puzzo; dimodoché si cominciò a temere che alla fame tenesse dietro la contagione. Il tribunale della Sanità instava presso quello della Provvisione, perché194 si pensasse a stornare questa nuova sciagura; e proponeva che, seguendo l’esempio e195 dilatando l'opera di Federigo,196 raccolto tutto ciò che poteva esser [p. 602 modifica] destinato al pubblico soccorso,197 si distribuisse nutrimento198 a quelli che ne mancavano e gl’infermi si raccogliessero e si collocassero in diversi ospizj, per199 rendere più facile il servizio, e per evitare i pericoli di una troppo grande riunione. Ma nella Provvisione prevalse il partito di200 raccattare tutti gli accattoni validi e infermi nella fabbrica del Lazzaretto.201

I medici conservatori del Tribunale della Sanità202 protestarono contra questo disegno,203 allegando che in una tanta turba ammassata in un luogo e204 costretta in picciole stanze205 l’epidemia sarebbe stata inevitabile;206 ma alle proteste non si diede retta, come afferma il Tadino, uno di quei medici. E, se vogliamo credergli in tutto,207 la cagione principale di far prevalere quel partito fu208 il desiderio di servire ad un interesse privato, o a quello, che alcuni privati credevano il loro interesse.209 Erano nel Lazzaretto deposte molte merci venute da paesi sospetti di peste, e si ritenevano quivi per le purghe e per le prove:210 coloro, a cui quelle merci appartenevano, brigarono, perché il Lazzaretto fosse destinato ad un altro uso, e con questo pretesto le merci fossero loro rilasciate: e furono esauditi.

Il Lazzaretto (se mai questa storia venisse alle mani di chi non211 sia mai stato a Milano) è una fabbrica quasi quadrata:212 i due lati maggiori tirano a un di presso cinquecento passi andanti; gli altri due poco meno; un fossato scorre e volta intorno all’edificio; ogni lato ha nel mezzo una porta e un ponte sul fossato;213 tutti i lati214 dell’edificio, [p. 603 modifica]nella parte rivolta al di fuori, sono divisi in camerette,215 che sono in tutto 296; nell'interno gira216 per tre lati un porticato;217 lo spazio interiore è sgombro; fuorché nel mezzo, dove sorge un218 tempietto ottangolare. All'aprirsi dell estate, il Lazzaretto fu sgombro219 dalle merci, disposto pel220 nuovo uso ed aperto ai mendicanti. Da principio vi accorsero volonterosi i più famelici e desolati; ma altri, che dal trovarsi in più picciol numero ad accattare speravano più frequenti soccorsi, e ai quali ad ogni modo221 era meno amaro222 lo stentare in libertà che223 campicchiare rinchiusi, non risposero all’invito. Dall’invito, come224 è l'uso, si venne alla forza;225 si mandarono birri che agguantassero chi mendicava, e chi dall’aspetto appariva un pezzente,226 lo legassero pel suo migliore, e lo trasportassero a forza al Lazzaretto: e per ognuna di queste prede era stato assegnato al predatore una ricompensa di dieci soldi: tanto è vero che anche nelle più grandi strettezze227 non mancano mai danari per fare delle minchionerie. In poco tempo il Lazzaretto tra volontarj e sforzati rinchiuse poco meno di dieci mila poverelli228 d'ogni età e d’ogni sesso, della città, del contado, di più lontane regioni:229 uomini, che avevano passata la loro vita in una operosa230 semplicità, e scherani231 pasciuti in una scioperaggine232 facinorosa;233 donne, fanciulle, giovanetti nutriti nella verecondia e nella inesperienza del tugurio, dei campi, della officina domestica,234 nelle235 consuetudini della pietà;236 altri fino dall’infanzia disciplinati nella scola del trivio, all'accatto, alla ruba, alla buffoneria, alla truffa, al dileggio,237 non sapendo né ricordandosi di Dio, se non quel tanto ch'era [p. 604 modifica]necessario per bestemmiarne il suo nome.238 Si trattava di allogare, di alimentare, e di contenere con una eguale disciplina un raccozzamento così numeroso di tali e d’altri più diversi e moltiplici elementi;239 e la cosa sarebbe riuscita ottimamente se la buona intenzione, lo zelo e l’affaccendamento240 di alcuni potessero bastare ad ogni impresa.

241Il numero dei ragunati nel Lazzaretto fece che fossero stivati a242 venti a trenta243 per ogni cella, ove si giacevano prostrati come bestie, dice il Tadino, sovra una paglia imputridita. Il pane, che si distribuiva ad essi, avrebbe dovuto, secondo gli ordini della Provvisione, esser buono: perché quale amministrazione ha244 mai ordinato che si faccia e si distribuisca pane cattivo? Ma245 si tenne da tutti che quel pane fosse adulterato con sostanze insalubri, non nutritive: cosa più che probabile in tanta scarsezza, e con tanta difficoltà d’invigilare.

Quanto al governo di quella brigata, v’erano ordini, perché ognuno si246 contenesse con modestia, si247 lasciassero i vizj, e l’ozio che ne è il padre; perché,248 quegli che potevano, esercitassero quivi l’arte loro, e gli altri almeno249 non mettessero scompiglio. A malgrado però degli ordini, mirabil cosa! coloro che erano stati vagabondi prima d’entrare nel Lazzaretto,250 vagabondavano quivi come potevano,251 e attendevano a molestare gli occupati; quegli che v’erano stati cacciati a forza, riempivano tutto di querele, di bestemmie, di tumulto. In somma l’angustia, la sporcizia,252 la caldura, il cibo malsano, le acque stagnanti,253 la noja, l’accoramento, il furore, la sfrenatezza d’ogni genere fecero ivi tanto254 sperpero; che,255 in poco tempo,256 la mortalità si [p. 605 modifica]manifestò più grande fra quei poveri, a cui si era cosi provveduto, che non fosse stata nei dispersi e abbandonati. In alcuni giorni il numero dei morti, in257 alcune camerette, oltrepassò la decina.

Il Tribunale della Sanità258 rimostrava indefessamente, tutta la città mormorava, la confusione e la strage cresceva ogni giorno,259 la cosa era divenuta insopportabile a quelli che la facevano, a quelli per cui era fatta, i deputati non avevan più testa: si tenne260 consulta, e il partito il più savio, il più ovvio, il261 partito indeclinabile parve a tutti di disfare ciò che s’era fatto con tanta fiducia e con tanto apparato:262 il Lazzaretto fu aperto, e i poveri263 lasciati all’antica licenza di errare mendicando. S’affoltarono ai cancelli con un tripudio iracondo: una gioja furente e spensierata264 si dipingeva come a forza265 in quegli sguardi foschi e mezzo estinti, su quei266 tratti indurati nella267 espressione del dolore; il sentimento della libertà racquistata268 suppliva in quel primo momento a tutte le speranze, a tutti i bisogni.269

La città270 tornò a risuonare dell’antico clamore,271 ma più interrotto e più fievole; rivide quella turba più rada, ma più272 ancora miserevole, più sformata, più orrenda per la diminuzione stessa;273 la quale faceva risovvenire ad ogni pensiero che, dei274 tanti scomparsi, nessuno era uscito da quella gramezza che per la morte. Questo fu nell’estate: il raccolto275 venne finalmente a salvare coloro, nei quali l’inedia non era degenerata in morbo incurabile; la mortalità si andò a poco a poco scemando; quegli, che erano stati sospinti dalle necessità al mendicare, ritornarono alle antiche loro occupazioni.276

Si cominciava a respirare,277 e i mali già consumati nel [p. 606 modifica]passato divenivano un soggetto di commemorazione e di trattenimento, grave sì ma non senza qualche dolcezza pel pensiero di averli278 varcati, non senza qualche fiducia di279 miglior tempo, parendo agli uomini di avere280 esauriti jn breve spazio i patimenti281 che avrebbero dovuto diffondersi in una lunga durata, di aver quasi pagata una gran parte di tributo anticipato alla sventura; quando nuovi mali282 richiamarono sul283 presente l’attenzione e il terrore di tutti.284

285Non la guerra propriamente detta, ma un passaggio di truppe,286 più funesto agli abitanti che nessuna guerra287 più accanita, desolò una parte del Milanese; e condusse la peste288 dalla quale nessun angolo di quel paese fu salvo.

Ci conviene ora289 accennare brevemente le origini di tanta rovina. Vincenzo I Gonzaga Duca di Mantova era morto nel 1612, lasciando tre figli. Il primo, Francesco, morì nello stesso anno, e non rimase di lui che una figlia per nome Maria; Ferdinando, che290 dopo di lui tenne lo stato, morì senza prole legittima nel 1626; Vincenzo II,291 l'ultimo dei fratelli, gli succedette292 in età di 32 anni già consumato dagli stravizzi, senza speranza di prole, e manifestamente vicino al sepolcro.293 Già molte ambizioni,294 molte cupidigie, molti sospetti stavano all’erta, aspettando ch’egli vi scendesse. Ma egli aveva instituito erede per testamento Carlo Gonzaga Duca di Nevers, del resto suo parente il più prossimo.295 E per assicurare l’effetto di questa disposizione,296 aveva segretamente297 fatto scrivere al Nevers che mandasse a Mantova [p. 607 modifica]il figlio, pur [egli] Carlo, Duca di Rhetel,298 affinché al momento che il Ducato verrebbe a vacare, potesse pigliarne il possesso in nome del padre. Ma oltre il Ducato di Mantova,299 dalla successione del quale erano per investitura escluse le femine,300 Vincenzo301 lasciava pur quello del Monferrato; al quale,302 pel complicato, confuso, incerto, variamente applicabile diritto publico d’allora, Maria,303 nipote di Vincenzo, poteva aver qualche ragione. Per togliere ogni soggetto304 ed ogni pretesto di dissensioni, pensò il Duca Vincenzo, o chi pensava per lui,305 a dare quella Maria in moglie al Duca di Rethel, che aveva fatto chiamare. L’aspettato giovane arrivò che il Duca Vincenzo era agli estremi:306 le nozze, che questi aveva proposto,307 si fecero nella notte, dopo il 25 Dicembre 1628, mentre egli moriva.

La morte e il matrimonio terminano per lo più le tragedie e le commedie del teatro; ma308 danno sovente principio309 alle tragedie310 e alle commedie della vita reale.311 Al mattino lo sposo comparve312 in grande abito da lutto, assunse il titolo di Principe di Mantova, e, padrone delle armi e della Cittadella, fu313 senza difficoltà314 riconosciuto dagli abitanti.315 Ma v’era altri a questo mondo, che316 avevano qualche cosa da dire in quella faccenda.

Luigi XIII, re di Francia, o per dir meglio il Cardinale di Richelieu, sosteneva il Nevers,317 uomo d’origine italiana, ma nato francese; anzi aveva egli, il cardinale, per mezzo di legati, avuta gran parte318 nel testamento del Duca Vincenzo.

Don Filippo IV, o, per dir meglio, il Duca d’Olivares,319 non poteva patire che un principe francese venisse a stabilirsi in Italia; e sosteneva le pretensioni di320 D. Ferrante Gonzaga, parente più lontano del Duca Vincenzo.

Carlo Emmanuele Duca di Savoja aveva pure antiche [p. 608 modifica]pretensioni sul Monferrato;321 i Veneziani, ai quali dava ombra la grande potenza spagnuola in Italia, favorivano il Duca di Rethel, ma con trattati, con promesse e con minacce; e Urbano VIII,322 inclinato a quel Duca323 e sopra tutto alla pace ajutava come poteva queste due cause, con raccomandazioni, e con proposte di accomodamenti.

Finalmente l’imperatore Ferdinando II324 pretendeva che il Duca325 di Nevers,326 erede trasversale, non aveva potuto327 senza il suo328 consenso329 impossessarsi di330 feudi dell’impero,331 la successione ai quali era rivendicata da altri.332 Richiedeva quindi che333 il possesso degli stati fosse depositato presso di lui, finch’egli334 gli aggiudicasse per sentenza, e citò il Duca di Nevers con tutte le formalità allora in uso.335 V’erano poi altre pretensioni336 secondarie e più intralciate, che passiamo sotto silenzio, per non annojare il lettore; il quale337 comincia forse a mormorare; e certamente non saprà abbastanza apprezzare la fatica, che facciamo, per ristringere in brevi parole tutta questa parte di storia.338

Il Duca d’Olivares, istigato continuamente dal Cordova governatore di Milano, strinse un trattato col Duca di Savoja contra il novello Duca di Mantova. Questi si pose sulla difesa, si venne alle mani: Carlo Emmanuele invase il Monferrato, e Cordova pose l’assedio a Casale. Il Duca di Mantova, stretto da due nemici potenti, invocava339 gli amici; ma i Veneziani non volevano muoversi, se340 il341 re di Francia non mandava un esercito in Italia, e il re di Francia, o il Card. di Richelieu, era impegnato nell’assedio della Rocella. Presa questa, parati o vinti certi intrighi imbrogliatissimi di Corte, il re e il cardinale342 s’affacciarono all’Italia con un esercito,343 chiesero il passo al Duca di Savoja: si trattò, non si conchiuse, si venne alle mani: i Francesi superarono, e acquistarono terreno; si trattò di nuovo, il passo fu accordato, [p. 609 modifica]il re e il Cardinale s'avanzarono: trassero agli accordi il Cordova spaventato, gli fecero levare l’assedio di Casale, vi posero guernigione francese; e tornarono a casa trionfanti, e accompagnati da due sonetti dell'Achillini. Il primo quello, che comincia col famoso verso:

Sudate, o fochi a preparar metalli,

è tutto di lode; l’altro è di consiglio; perché la poesia ha sempre avuto questo nobile privilegio di344 ravvolgere avvisi sapientissimi, e insegnamenti reconditi,345 negli idoli lusinghieri della fantasia, e nella magica armonia dei numeri. L’Achillini consigliava346 il re di Francia, vincitore della Rocella e liberatore di Casale, di tentare l’impresa del Santo Sepolcro,347 né più né meno. Però il Cardinale di Richelieu non ne fece nulla:348 convien dire che avesse altro in testa.

Ma i Veneziani, che allo scendere dei Francesi, s’erano dichiarati e mossi, istavano,349 per legati e per lettere presso il Cardinale, perché350 l’esercito da lui condotto non tornasse indietro; e adducevano mille ragioni, per provare che non era da far conto su quei trattati:351 ma il Cardinale352 badò alla prosa dei Veneziani, come ai versi dell’Achillini. La guerra continuò infatti contra il Duca di Mantova. Questi aveva fatte, e andava facendo tutte le sommessioni immaginabili all’imperatore,353 affine di placarlo, e di piegarlo ad accordargli l’investitura. Ma Ferdinando stava fermo in esigere che i Ducati fossero a lui ceduti in deposito; e, irritato dalle ripulse del Duca,354 più che ammansato dalle sue riverenze, irritato di più355 dell’aver questi domandato il soccorso356 francese, stimolato dalla corte di357 Madrid, si dichiarò anch’egli nemico del Duca di358 Mantova.359 [p. 610 modifica]

L’esercito Alemanno di circa trentasei mila uomini, ragunato sotto il comando del Conte di Colalto, ebbe ordine di portarsi all’impresa di Mantova: la vanguardia, che già da qualche tempo aveva occupato ostilmente il paese de’ Grigioni,360 si diffuse per la Valtellina; e ai 20 di settembre361 entrò nello Stato di Milano.

La milizia a quei tempi era ancora in molte parti d'Europa composta in gran parte di venturieri,362 che si ponevano al soldo di condottieri di professione; i quali363 andavano poi364 coi loro drappelli al servizio di questo o di quel principe. Oltre le paghe, sulle quali non era da fare assegnamento certo, quello che determinava gli uomini ad arruolarsi era365 la speranza del saccheggio e tutte le vaghezze della licenza. Disciplina generale non v’era in un esercito, né366 avrebbe potuto conciliarsi con le367 varie autorità private dei condottieri; e questi, prima di tutto, non si curavano di mantenere una disciplina particolare nei loro368 reggimenti, perché non avevano per questa parte369 responsabilità verso nessuno; e, quand’anche alcuno di essi370 a cose pari avesse pur desiderato di contenere i suoi soldati in un qualche371 rispetto372 per le proprietà e per le persone degli abitanti,373 questo disegno sarebbe stato per lo più o contrario ai suoi interessi, o superiore alle sue forze. Perché soldati di quella sorte, o si sarebbero rivoltati, o avrebbero tosto deserte le bandiere di un comandante,374 nemico della violenza e del saccheggio. Oltre di che, siccome i principi375 nel comperare i soldati pensavano più ad averne in gran numero, per assicurare le imprese, che a proporzionare il numero alla loro facoltà di pagare, la quale era ordinariamente molto scarsa; cosi le paghe376 erano per lo più ritardate e mancanti: e le spoglie377 dei paesi, dove passava l’esercito, divenivano come un supplemento tacitamente convenuto degli stipendj.378 Quindi i soldati di quel [p. 611 modifica] tempo, e per le tendenze che gli avevano tratti a scegliere quella professione, e379 per le abitudini di380 essa,381 erano382 come una collezione383 di tutte le nequizie, che può dare la natura umana nel suo maggior grado di pervertimento. Ma quelli, che allora scendevano nel Milanese, erano poi il più bel fiore di quella farina: erano in gran parte gli stessi, che,384 guidati dall’atroce Wallenstein, avevano poco prima desolata la Germania, in quelle guerre,385 tanto impropriamente chiamate di religione; poiché386 queste stesse masnade, che avevano combattuto per la parte che protestava di387 sostenere la religione cattolica, erano composte in parte di Luterani...

L’annunzio della venuta di costoro portò il terrore388 nei distretti per dove avevano a passare:389 nelle altre parti si diceva: «povera gente! stanno freschi:390 chi sa come gli acconciano coloro!391 vedrete che non lasceranno loro altro che gli occhi per piangere: sia lodato Dio ché non passeranno per di qua.» Ma chi sapeva che392 quell’esercito portava la peste con sé, e l’aveva già disseminata nei luoghi, dove aveva stanziato, sentiva qualche cosa di più che una fredda pietà per altrui. La maggior parte però degli abitanti del Milanese, o non lo voleva credere, o non se ne curava, o393 con quella fiducia, senza394 motivi cosi strana e cosi comune, diceva: «Poh! che ha da venire la peste da noi?»

395Colico,396 sulle rive del lago di Como presso alla foce dell’Adda, fu la prima terra che toccarono quei demonj; e, dopo d’averla messa a sacco, l’arsero addirittura:397 se per398 rabbia di non avervi trovato abbastanza bottino, o pel diletto di fare una baldoria, non si sa.399 Di là, senza curarsi [p. 612 modifica]d’itinerario né di poste assegnate, ma, guardando solo dove fosse più da sperarsi bottino, si gettarono sopra Bellano lieto paese sulle falde d’un monte e alla riva del lago. Gli abitanti, ammoniti dall’esempio recente e dalla prossima ruina, avevano o nascoste sotterra, o trasportate in fretta sui monti le cose più preziose, e le più facili a trasportarsi; e molti di essi400 s’erano appiattati lassù, abbandonando le case. Con tanto più di furore401 v’entrarono402 quelle masnade;403 e delle cose404 lasciate, presero tutto ciò che poteva loro servire, e sperperarono ed arsero il resto:405 mobili, botti, travi. Quegli che erano rimasti406 colla speranza di preservare i loro averi,407 ne videro la distruzione;408 videro l’abominevole sfrenatezza, e per sopra più soggiacquero agli strapazzi, alle percosse e alle ferite. Né i campi all’intorno furono risparmiati: la vendemmia,409 somma speranza dei terrazzani in quell’anno calamitoso, sparve in un momento;410 coll’uve furono sterpate le viti, gli alberi abbattuti col frutto, molti casali incendiati.411 Appena cessavano di farsi udire le trombe, che avevan sonata la partenza d’un reggimento, un nuovo squillo dall’altra parte annunziava terribilmente l’arrivo412 di altra simile, anzi peggiore brigata. I sopravvegnenti, trovando la distruzione dove avrebbero voluto portarla,413 si vendicavano su414 le cose e su le persone, che capitavano loro alle mani, come di un furto che fosse stato loro fatto: e415 tanta cupidigia frustrata tornava tutta in furore. Qualche memoria del guasto di quel paese ci rimane in alcune lettere di Sigismondo Boldoni,416 scrittore riputatissimo ai suoi tempi, e che forse avrebbe acquistato un nome più esteso e più417 auto¬revole anche presso ai posteri, se non fosse418 morto all’uscire delia giovinezza, e sopra tutto se419 quei pochi anni gli avesse [p. 613 modifica]vissuti in un secolo, in cui fosse stato possibile concepire nuove idee d una precisione e d’una importanza perpetua,420 e, per esporle, trovare quello stile che vive. Questi sulle prime non aveva voluto fuggire, e,421 parte cercando422 di avere ad alloggio ufiziali, parte chiamando soccorso di soldati italiani ivi stanziati, era venuto a capo di preservare la sua casa, e di difenderla poi quando fu minacciata: e racconta agli amici i suoi pericoli,423 e gli altrui disastri. V’è pure in una di quelle sue lettere un tratto singolare, che merita d’esser424 ricordato. Il tenente del colonnello Merode, il cui reggimento era venuto pel primo, entrato425 nel giardino di Sigismondo, accennò un boschetto, e domandò che razza di piante fossero quelle, e che frutto portassero. — Ahi barbaro! - 426 pensò il Boldoni: — non conosce l’alloro. — 427 E conchiuse fra sé428 che da tal gente non era da sperarsi misericordia. Desolato quel territorio, le feroci locuste si429 gettarono nella Valsassina. È un gruppo di montagne e di valli,430 paese poco visitato dal sole, intersecato da torrenti, petroso e selvatico negli accessi, ma per entro rivestito in gran parte di ricchi pascoli, e più431 fertile che non l’annunzi il suo nome:432 ha varie terre,433 quale sul pendio, quale nel fondo,434 a luogo a luogo assai vasto perché si possa435 chiamarlo pianura; e sur alcuni monti436 più erbosi sono sparse437 bianche438 e picciole casette, che da lontano, raffigurano quasi un gregge sbandato al pascolo. Non vi mancavano possessori agiati, ma la più parte degli abitanti erano e sono tuttavia mandriani, i quali vi439 dimorano nelle stagioni più miti, e passano al piano i mesi più rigidi. La fama spaventosa della sorte di Bellano precedeva le truppe, e i valligiani s’erano presso che tutti rifuggiti sulle440 somme alture,441 lasciando deposte sotterra presso le case le loro ricchezze, e cacciando dinanzi a sé le mandrie, che sono la principale. Ma i saccheggiatori, ai quali non [p. 614 modifica]bastava quello che era stato loro abbandonato442 e a cui le arti di preservazione degli abitanti avevano suggerite nuove arti di offesa e di depredazione, si diedero443 a rintracciarli. Quelli che erano stati più lenti a fuggire, o che furono sorpresi nei loro nascondigli, strascinati giù pei greppi444 a minacce, a percosse,445 ricondotti nei villaggi, erano quivi sottoposti alle torture, che può inventare la cupidigia più crudele, perché rivelassero i tesori nascosti. Due passioni ben diverse, ma egualmente potenti, l'avidità e il terrore supplivano alle convenzioni446 del linguaggio, e si spiegavano fra di loro in un rapido e terribile dialogo. I gemiti, le voci supplichevoli, le mani giunte al petto, o stese al cielo447 non impetravano che nuovi strazj: l’infelice, che si prostrava ad abbracciare le ginocchia dei suoi oppressori, era rialzato a forza di percosse. Colui che aveva riposto sotterra o danaro o suppellettile, o a cui il vicino per far pompa di previdenza e di sicurezza nei suoi ripieghi aveva confidato il luogo del suo deposito, si stimava felice di avere con che acchetare quella perversità: accennava premurosamente, e448 con aria di sommessa449 e quasi amichevole intelligenza ai soldati che lo seguissero, e mostrava loro la terra di recente smossa, o l’armadio murato di fresco; e cercava di sguizzare fra mezzo i450 saccheggiatori,451 che, ciechi per ingordigia, si gettavano a gara su la preda.

Dalla Valsassina il temporale discese nel territorio di Lecco.452

Note

  1. f
  2. fino
  3. susseguente
  4. [non si trova) la storia dei nostri personaggi non presenta quasi avvenimento [degno d’esser che s] che ci sembri degno [d’essere r] di menzione ; [giacché per esempio] Noi non poniamo per esempio tra gli avvenimenti memorabili la vestizione di Silietta [come] come [nella] non si considera [come n] per una epoca importante nella storia astronomica, una picciola eclissi preveduta e [calcol] calcolata e non visibile in Europa
  5. altro
  6. men preveduto, e più straordinario, accaduto a taluno dei nostri personaggi
  7. personaggi
  8. né progresso
  9. dunque
  10. [al tempo in cui] tutto questo tratto di tempo, [per giunger | e giunger] e portarci
  11. privata
  12. generale
  13. Quell’anno e mezzo però fu pieno di successi
  14. successi
  15. non tanto per la loro importanza [e per loro] e pel loro carattere [loro] singolare, quanto perché [la cognizione di essi è necessaria alla] furono la cagione [dei successi privati] degli eventi [particolari] privati che formano la materia
  16. Variante vennero
  17. aversi a lagnare
  18. Variante comparsa
  19. A margine, senza segno di richiamo: « 1628, 15 9bre : Grida che proibisce di comparar pane più del bisogno p. due giorni. | 26 9bre: Grida che proibisce lo schiamazzare ai forni ecc. 7 xbre 1828 (sic): Grida che (st) tassa il prezzo del risone a L. 12 per mantenere il pane misto di segale e di riso [al pr) ad un soldo p. 8 once. Pena a chi vende risone a maggior prezzo, la perdita del genere, più il valore di esso, e maggior pena pecuniaria [e] ed ancora corporale sino alla galera all’arbitrio di S. E. secondo la qualità dei casi e delle persone. Costretto chi ha risone più del bisogno a venderlo al sud.o prezzo pel servizio pubblico, ed anco ai particolari. 15, xbre: Grida che proibisce portar pane fuori di Milano per più del valore di soldi venti.»
  20. [i forni sempre ben prov¬veduti] i forni sempre ben provveduti
  21. [compensati] compensando
  22. se non fosse stato un tentativo insensato d’un effetto impossibile
  23. ma questo era impossibile
  24. come
  25. mezzi vadano a male i disegni assurdi
  26. degli ostacoli, e degli inciampi, le consegu
  27. Variante antiveduti
  28. di quell’epoca per
  29. ma meglio | la rotta non
  30. avere
  31. Ecco intanto quello che [abbiamo] risulta da autentici documenti | Ecco intanto
  32. trovare
  33. Ecco
  34. più
  35. che | oltre
  36. Grida [del] dei 15 di novembre che proibisce il fare
  37. fu | ad intendimento di sollevare i poveri, tendeva invece a lasciarli senza sostentamento
  38. nutrimento
  39. colare
  40. invece a
  41. le soli
  42. ed ai giudici di fare perquisizioni per le case
  43. Le denunzie
  44. che ogn
  45. mezzi si potesse né impedire né diminuire
  46. diminuire
  47. impedire
  48. quel fare
  49. Segnate fuori di colonna, come per ricordo sottrazione | sparire
  50. he [sequ] sequestrava [presso tutti gli affittuari | che teneva in seque | che sequestrava tutt | la metà del riso in mano | presso tutti gli affittuarj, e i possidenti ❘ e dei possi | la metà del riso in mano di chiunque lo possedesse] la metà del riso in mano degli affittuari, e di chi che fosse il riso da essi posseduto
  51. non
  52. e questo
  53. aveva
  54. quattrini
  55. quindi perché ella potesse | e d’altra parte i possessori del riso
  56. del 7 dicembre
  57. domanderà | ne vend maggior prezzo
  58. del
  59. dicon
  60. né sulla legge annonaria | sulle altre providenze publiclie. Noi in materia di annona
  61. della [popolazione) città in quell’anno 1629;
  62. vagolanti
  63. ad accattare, o
  64. combattendo
  65. che accorrevano da ogni parte
  66. uomini, donne, vecchj e le donne coi fanciulli in collo,
  67. un lamento
  68. minacciosa
  69. uno
  70. mancanti
  71. quei bravi
  72. e attillati con una leziosaggine
  73. insultatrice
  74. Variantiardimentosa, tracotante,
  75. ma coperti appena di cuoi
  76. appena del resto
  77. tendendo chi
  78. se colui
  79. la mano inavverte
  80. la mano scarna ed inerme a taluno sul quale
  81. minacciosa
  82. se tutti
  83. non
  84. Da questo solo
  85. una
  86. e multiforme
  87. aggiravano la
  88. davano loro da vivere
  89. : tutti finiti conformi nel pallore, [nella] nella sparutezza e nell’abbattimento
  90. suppli | domande e di lagni
  91. può sentirsi per
  92. [Quindi] Di tratto in tratto si vedeva
  93. non
  94. su che
  95. pov
  96. pellegrini, che venendo alla città dove non
  97. un amico consorte, né
  98. dove
  99. a stento
  100. per ingannare la fame
  101. misericordia e soccorso
  102. porre
  103. [coi loro bam] con un bambo
  104. Rari, costernati, silenziosi, giravano fra questa turba quelli che altre volte [erano] avevano dovizia delle cose necessarie al vitto, ed ora come i più ricchi ancora, [potevano | i più ❘ i doviziosi; ❘ questi i ricchi, | quegli che] avevano provvisioni e danaro [da non pres | da preservare] da esser preservati se non dal disagio, almeno dalla penuria mortale
  105. questa turba
  106. di che
  107. fra loro
  108. dimesso
  109. occhi depressi
  110. col vólto
  111. Altri usciti dalle case loro [per] con [una intenzione] un senso di misericordia, per
  112. un po’ e vedendo sempre [la necessità una domanda da] una necessità superiore
  113. che
  114. si doveva
  115. il soccor
  116. col
  117. avevano essi manifestata una
  118. soccorso
  119. di moti
  120. anche
  121. crudeltà
  122. mani
  123. pallidi
  124. Variante scialbi
  125. erano costretti a lasciarsi rapire più tosto
  126. per soccorso | torlo
  127. mostrando
  128. del dolore
  129. vi
  130. una buona volontà, un desiderio
  131. In mezzo ad una tanta confusione di guaj, e ad una tanta scarsezza d’ajuti
  132. scarsezza
  133. vedeva
  134. di tempo in tempo
  135. apparire
  136. largo
  137. una carità sovrabbondante, e [la sollecitudine] una sollecitudine ragionata e ingegnosa. [Due sacerdoti] Il nostro Federigo oltre i soccorsi le elemosine in vitto e in danaro chc faceva distribuire alla sua casa e alle case dei poverelli (il Tadino afferma che vi si dava [una] a due mila poveri [una scodella grande | di ri | di riso] una capace scodella di riso) aveva pensato a mandare attorno sacerdoti che [dessero ❘ manifestassero ai poveri sfiniti per le] pigliassero cura dei poveri sfiniti per le vie. [I sacerdoti dai lui deputati a questo erano sei, e giravano a coppia.] Aveva deputate tre coppie di sacerdoti, [e] ad ognuna delle quali [era] aveva assegnato un quartiere della città tripartita.
  138. a profondere
  139. faceva
  140. si dava a due mila poveri una
  141. il sollecito
  142. sacerdoti
  143. Per quanto e detto qui e nel periodo seguente, si veda la nota 12a a pagina 397.
  144. aveva
  145. potente tutto ciò [che potesse confortare e nutrir | ed all | tutto ciò] che può [servire] dare ristoro ai languenti d’inedia. Erano pure questi provveduti per
  146. distribuivano
  147. abbattuto dall’inedia
  148. dall'inedia
  149. Variante inveterata
  150. leggieri
  151. ristori
  152. erano
  153. [il] uno di quei preti
  154. loro
  155. e [se ilpa] se la casa era
  156. era ricco
  157. per
  158. Sic.
  159. se [la casa] il padrone era tale che in [quei tempi] quell’anno vi potesse essere un [superflu] po’ di superfluo per | se la casa non era tale
  160. [la quale non sen] dove non si potesse credere
  161. stat
  162. Teneva nota
  163. vedere
  164. e mentre uno
  165. un
  166. assisteva
  167. La venerazione
  168. manifesta
  169. dei mendicanti,
  170. E [non] non può usarsi
  171. alla
  172. scarso
  173. sollevati, e rich
  174. per
  175. più rialzarsi
  176. dai beccamorti
  177. la folla dei nuovi
  178. perché
  179. [erano] brulicavano di sopravvenuti, erano
  180. dalle
  181. diversi
  182. e di aspet
  183. tutti, e incontro a questi andava pure qualche
  184. tutti
  185. [più] sempre più scorato e disperato alla
  186. e scorato dal numero dei suoi compagni di miseria, rivali di disperazione e di accatto. [Incontro a questi] Per mezzo a questi passavano altri che sapevano della | Attraverso
  187. Variante vedersi intorno ;
  188. ; [alcuni per uscire | da quel | torsi a quel doloroso e disonesto spettacolo di miseria | per scttrarsi | a quel | al disonesto spettacolo di miseria, al quale] nonché per torsi a quel disonesto e clamoroso spettacolo di miseria e di morte. [Così crescendo sempre il numero dei poveri] Così a misura che la po
  189. [E i poveri | si | andavano sempre più ammucchiandosi e condensandosi alla città | sempre più condensandosi nella città,] E condensandosi i poveri sempre più nella città, [concorrendo a] giacendo ammucchiati nelle osterie [donde | non] donde giacendo quivi ammucchiati
  190. giacevano
  191. donde sarebbe pei padroni stata crudeltà non senza pericolo il respingerli ; giacevano quivi le notti
  192. avesse voluto
  193. lezzo
  194. andasse incontro a questa Variante antivenisse
  195. Variante propagando
  196. si distribuissero
  197. dei poveri
  198. ai più bisogn
  199. [evit] arginare
  200. destina
  201. fuori di Porta orientale
  202. come si
  203. ma inutilmente, come afferma
  204. [stipata] costretta
  205. [il] il contagio sarebbe stato
  206. ma le proteste non furono esaudi
  207. quel partito prevalse, [il motivo] la cagione [di] fu
  208. [di] per favorire [all’interesse ed alle premure] ad un interesse privato
  209. Era il lazzeretto ingombro
  210. i (mercanti] padroni delle merci [desid] sospiravano di ricuperarle, e per riaverle
  211. fosse mai sta
  212. i due lati maggiori della lunghezza di braccia 665 e [i due minori] gli altri due di venti meno; un fossato [gira all’intorno] corre [circo] all'intorno: ogni lato ha [una porta nel mezzo ❘ ha] un ponte e una porta nel mezzo: [nell’interno un ❘ gira ❘ per tutti i lati un portico dal quale i lati sono fabbricati] il fabbricato è doppio, nell’interno gira un porticato perpetuo; [le parti che guardano sul fossato] i lati esterni sono divisi in piccole camerette eguali, in numero 296. (Sic.) L’area interiore è campo, e nel mezzo sorge [una chiesa ott] un tempio ottangolare
  213. [tre di quelli] nell'interno gira per tre lati un porticato
  214. esterni [che guardan] rivolti al
  215. di almeno
  216. per tre lati un altro
  217. perpetuo [o ❘ a ❘ tanto da una seconda | che ripara a passeggio] l'area interiore è vuota
  218. tempio di f
  219. di merci
  220. ricovero dei mendicanti su
  221. più
  222. il patire in libertà che
  223. vivacchiare racciusi
  224. si usa
  225. [i birri] giravano i birri agguantando chi domandasse o chi apparisse dall'aspetto un pezzente, e lo traevano a forza al
  226. e lo traessero a forza al (lacuna)
  227. I dan | si trovano sempre danari [per fare | quando si vuol farne delle ❘ degli | qualche minchioneria] per fare delle
  228. uomini, donne, vecchj, fanciulli,
  229. altri
  230. [innocenza ❘ nutriti] semplicità nella verecondia e nella esperienza della casa domestica, del tugurio, dei campi o della officina domestica altri fino dall
  231. avvezzi a vivere di
  232. violenta
  233. donne, fanciulle nutrite | giovinetti
  234. altri dell
  235. abitudini
  236. e del tim
  237. che non conoscevano Dio, né se ne ricordavano che per bestemmiare avevano altra notizia, né ricordanza
  238. Si trattava (lacuna)
  239. e la cosa sarebbe riuscita se la buona intenzione avesse potuto bastare. Gli scrittori che ci hanno trasmesse le memorie di quel guazzabuglio, lodano la buona intenzione, e ammirano lo zelo, e l’affaccendamento di quegli che erano deputati a governarlo.
  240. di [quelli] coloro che erano deputati a go¬vernare quel guazzabuglio avessero [potuto superare una difficoltà insuperabile] potuto bastare
  241. I ragunati nel Lazzeretto erano stivati
  242. trenta
  243. quaranta fino
  244. detto
  245. in fatto si credeva
  246. Variante portasse
  247. evitassero
  248. ognuno esercitasse come poteva
  249. disturbassero gli occupati
  250. continuava
  251. ognuno aveva portato i suoi vizj
  252. [il nutrimento] l’alimento
  253. la trist
  254. [carnefici] strage
  255. apparve
  256. che la mortalità era più grande in quell
  257. una camerett
  258. correva
  259. lo spettacolo [era divenuto del lazze] era divenuto
  260. consiglio
  261. consiglio
  262. e i poveri
  263. lasciati sbandarsi di nuovo
  264. [animava] si dipingeva
  265. su quei vólti squallidi
  266. vólti
  267. Variante piega
  268. bastava
  269. [rivide] rivide una parte di quello spettacolo che [che] per breve tempo le era stato tolto di mezzo (lacuna)
  270. ritornò
  271. [che per qualche breve tempo] dal quale per breve tempo aveva riposato, rivi
  272. miserevole, più
  273. perché
  274. più che erano
  275. [cessò finalmente] pose fine alla [fame] carestia, e col cessare della carestia (lacuna)
  276. [e tutto] tutto riprese l’aspetto di prima. Ma appena si cominciava a respirare un pochino, appena la gente
  277. [e la gente] e i mali, già [perduti | respinti] registrati (a margine collocati | respinti | perduti), [e il passato, divenivano un argomento
  278. Variante superati,
  279. un
  280. [conseguito] tollerato [in] patito in
  281. d’una durata
  282. riportarono
  283. tempo
  284. [La guerra desolò una parte del Milanese, | la guerra venne a desolare una parte del Milanese, | e condusse la peste | Un passaggio di soldatesca più funesto agli abitanti che] (lacuna) La guerra, e per meglio dire un p
  285. [La guerra desolò una parte del Milanese, | La guerra venne a desolare una parte del Milanese, e condusse la peste | Un passaggio di soldatesca più funesto agli abitanti che] (lacuna) La guerra, e per meglio dire un pa
  286. del quale nessuna guerra
  287. la
  288. la
  289. toccare
  290. gli succedette dop
  291. che
  292. in età di 32 anni
  293. Carlo Gonzaga Duca di Nevers cugino [e parente il più prossimo di costoro] e parente il più prossimo di costoro spedì a Mantova Carlo Duca di Rethel suo figlio (lacuna) Già | e già
  294. mo
  295. E perché nessuna pratica né sorpresa potesse impedire l'effetto di questa sua volontà, aveva chiesto a Carlo
  296. gli
  297. scritto al Duca di Nevers
  298. Sic, anche più avanti, [al quale] affinché egli si trovasse present | alla sua morte | al momento che [vacasse il ducato potesse pigliar possesso dello stato] vacherebbe il Ducato potesse pigliarne il possesso in nome del padre;
  299. dalla success
  300. veniva pure
  301. aveva
  302. [secondo la complicata] per il complicato
  303. figli
  304. di dispute
  305. a conchiuder
  306. il matrimonio
  307. [fu contratto] furono fatte
  308. cominciano
  309. le
  310. e le
  311. Al mattino Carlo | il duca Carlo | lo sposo, padr] il duca Carlo padrone
  312. lo sposo
  313. riconosciuto
  314. dagli abitanti [Prin] come
  315. come Principe di Mantova
  316. intendevano
  317. naturalizzato Francese
  318. [nell] nella
  319. geloso
  320. Cesare
  321. e
  322. [pur favorevole] pure
  323. [cercava di mantenere] lo andava ajutando come poteva colle
  324. pret
  325. non aveva
  326. erede trasversale non aveva potuto impossessarsi di Feudi (la cui | ai quali altri] sui quali altri
  327. Sic.
  328. consens
  329. impad
  330. Feudi
  331. ai quali altri si
  332. Citò quindi per allora il Duca, e fece tutti gli altri passi che erano di consuetudine. Domandava q
  333. gli
  334. desse
  335. Intanto
  336. e rag
  337. certamente non ci sarà abbastanza grato per l'
  338. In somma
  339. i Veneziani, e il [R] re di Francia
  340. non
  341. il re di Francia non
  342. scesero
  343. il quale
  344. [rinchiudere | dare] ravvolgere
  345. [sotto] nelle forme lusinghiere | so
  346. né più né meno
  347. Ma
  348. probabilmente perché aveva altro in testa
  349. n prosa, cosi in voce come in iscritto
  350. egli non
  351. le quali furono tutte indarno. La guerra
  352. non
  353. per placar
  354. ancorché n
  355. perché questi
  356. dei Francesi
  357. Spagna
  358. Mantova
  359. [L' | La vanguardia dell'esercito alemanno di circa trentasei mila uomini che stava da qualche tempo acquartierato sul lago di Costanza nei Grigioni (lacuna) L’esercito alemanno ricevette l’ordine di scendere in (lacuna) L’esercito alemanno di circa (parola illeggibile) ragunato sotto il comando del Conte di Colalto (sic, anche, più avanti, nel testo e in nota) ebbe l’ordine di calare in Italia: la vanguardia già da qualche tempo acquartierata in Lindau dopo] (lacuna) La vanguardia dell'esercito alemanno ragunato sotto il comando del
  360. attraversò la Valtellina
  361. calò
  362. che si ponevano al soldo non | di una priva | di un condott | levati
  363. [servivano ad un principe | dovevano] mettevano poi se e i lo
  364. con p
  365. la paga, e più ancora
  366. vi poteva [stare] essere
  367. molte
  368. corpi
  369. nessuna
  370. avesse pur | a cose
  371. ordine
  372. degli abitanti
  373. per lo più non l'avrebbe
  374. severo
  375. [domandando ❘ comperan] nel comperare i soldati
  376. [erano per lo più] venivano per lo più tarde, mancanti
  377. degli abitanti
  378. I soldati
  379. sul diabolic
  380. qu
  381. Variante formavano
  382. un
  383. di tutto quello che la natura umana
  384. [sotto l] levati e
  385. così
  386. in
  387. dife
  388. nel Milanese, non solo nei paesi
  389. ma in tutto il Milanese e più lontan | nelle altre parti d’Italia quelli che | chi
  390. ma
  391. certo non lasce
  392. in
  393. per
  394. un ragionamento
  395. La prima terra che toccarono quei demonj fu
  396. posta
  397. non [si sa se] si sa
  398. vendicarsi di
  399. [Di là internatesi in quej gruppo di monti che si chiama Valsassina trovarono i villaggi vuoti di gente che s’era tutta rifuggita sulle sommità | somme alture; portarono via tutto quello che trovarono a loro uso, diroccando e abbruciando il rimanente.] Procedettero quindi a Bellano sempre da per tutto lasciando gli stessi segni; e giunti a Bellano lieto paese sulle falde d'un monte alla riva del lago lo trovarono vuoto d’abitanti che s’erano tutti rifuggiti su le somme alture: posarono quivi, presero tutto ciò che la gente per fretta aveva lasciato, e partendo dieder fuoco alla terra (Gli] I poveri fuggiaschi
  400. erano rimasti
  401. entrò in questa la solda
  402. in questa
  403. di quello che v’era rimasto
  404. rimaste
  405. travi, botti
  406. per
  407. ne videro
  408. ed ab
  409. estre
  410. e viti, gli alberi
  411. Appena,[si | cessa] cessava | cessavano di rim | di farsi udire il suono delle trombe che avevano
  412. d’un altro
  413. convertivano in furore tutto
  414. quello e su quelli che rimanevano
  415. la cupidigia
  416. giovane letterato
  417. impor¬tante riverito
  418. quasi ancora nella
  419. avesse vissuto anche quei pochi anni in [tempi] un secolo dove si potessero concepire e [dettare] scrivere idee di una
  420. e tanto per esporle, trovare e raccomandarle a quello stile che vive
  421. parte
  422. di alleg
  423. e i disastri altrui
  424. raccontato
  425. nell’orto del
  426. dice il
  427. E in tanto | E
  428. che (da tal gente) non era da sperarsi che [nulla] da tal gente nulla fosse risparmiato
  429. internarono
  430. ricop
  431. florid
  432. La varia terra
  433. sparse
  434. [assa | piano ed] e abbastanza
  435. chiamare
  436. dei più
  437. capanne
  438. casette
  439. stanno
  440. alture
  441. [cacciand | portando coi | lasciando nascoste sotto | sottraendo prima] deponendo sotterra, o
  442. [e a cui] e a cui i trovati de
  443. ad
  444. a percosse e [a mi] a minacce
  445. ricondotti
  446. dell
  447. per
  448. quasi
  449. e ami
  450. predatori occulti
  451. che acciecati per avidità
  452. Per maggiori notizie sui governatori spagnuoli, si veda l’appendice H.