Considerazioni sulla importanza militare e commerciale della ferrovia direttissima Bologna-Firenze/Capitolo 2
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CAP. II.
LA QUESTIONE MILITARE.
§ I. In guerra. — Se non vi fosse altra ragione per giustificare l’utilità, l’opportunità, anzi l’urgenza della direttissima Bologna-Firenze, dovrebbe bastare la sua importanza sotto l’aspetto militare; la quale si deve giudicare non solo dalla maggior facilità che ne consegue pei rapidi concentramenti di truppe da farsi nella valle del Po, in caso di guerra; ma anche rispetto ai movimenti da effettuarsi in senso inverso.
Conviene infatti supporre che allo scoppiare della guerra il nemico sia ancora assai lontano dalla bassa valle del Po e dalle spiaggie dei nostri mari, e che per il concentramento nell’Italia superiore delle forze sparse nella penisola possano servire, oltre alla linea Porrettana, anche le ferrovie Spezia-Parma e Firenze-Faenza, ora in costruzione.
Ma se le sorti della guerra ci sono avverse, qualunque sia il nemico calato dalle Alpi, il nostro esercito dovrà ripiegarsi verso Bologna per aver sempre libera, colla linea Porrettana, una via interna e sicura per ritirarsi nell’Italia centrale, non potendo in tal caso più contare sulla ferrovia Parma-Spezia e sulla Faentina esposte agli attacchi per via di mare, e che lo stesso nemico può intercettare o rendere impraticabili o mal sicure, nell’estesa tratta che corre da Parma a Faenza.
Come potrà in tal caso la ferrovia Porrettana bastare per rifornire di materiali, viveri ed uomini l’esercito accampato a Bologna?
§ II. Ritardi. — La risposta a questa domanda fu data anticipatamente, e praticamente, nel 1868, ed è molto significativa.
Allora, durante le feste pel matrimonio che doveva condurre sul trono d’Italia Margherita di Savoia, il primo treno di piacere partito da Torino impiegava nel tragitto da Bologna a Firenze circa il triplo del tempo previsto.
Eppure non eravamo in guerra, ma in pace perfetta ed allegra: da più settimane si prevedeva quel movimento eccezionale, di breve durata, provocato dalle stesse Società ferroviarie con ribassi eccezionali di prezzo sui trasporti: tutto quindi poteva e doveva, almeno per i primi treni, essere predisposto secondo i bisogni.
Inoltre il movimento era tutto in un solo senso, da Bologna verso Firenze, ossia nel senso più favorevole alla traversata dell’Appennino, essendo la salita da Porretta a Pracchia in condizioni migliori, per pendenze, curve e gallerie, delle ascese in senso inverso. Infine si trattava di soli viaggiatori, senza bagagli, senza provviste, senza cannoni, senza carri, senza cavalli: vi erano quindi tutte le circostanze favorevoli perchè il servizio dovesse procedere regolarmente. Invece non solo il treno indicato non arrivò nel termine prestabilito, ma il ritardo fu tale da superare ogni ragionevole aspettativa, e da far risentire le conseguenze anche sui treni successivi.
Di fronte a simile fatto, accaduto in una circostanza così solenne, si può domandare: che cosa potrebbe avvenire in caso di guerra, allorché si devono eseguire movimenti imprevisti ed improvvisi; allorché i treni carichi e pesanti s’ inseguono e devono lasciar il passo libero ad altri numerosi treni di ritorno; allorché le stazioni sono ingombre di vagoni il cui carico non procede colla velocità prevista, e le manovre si complicano e si moltiplicano con inevitabile ritardo nella partenza dei convogli; allorché il personale di servizio, nelle stazioni e sui treni, soggetto ad un lavoro straordinario, è stanco ed affranto dal caldo, dal sonno e dalla fatica; allorché il materiale mobile, non visitato, non ripulito, non riparato a tempo, si guasta in piena corsa; infine, allorché la stessa strada, per pioggie dirotte, frane e per quel complesso di circostanze che nelle grandi occasioni fanno sentire dovunque la loro influenza, non è in regolare assetto?
La risposta a questa domanda si può lasciare nella penna.
§ III. Pericoli. — Ma qui torna opportuno rammentare un’altra circostanza molto importante.
Il treno indicato non solo ebbe a subire un ritardo favoloso, ma, nonostante la minima velocità media con cui si effettuò il viaggio, la quale avrebbe dovuto essere una garanzia per la sicurezza del transito, ebbe anche a correre gravi pericoli; poiché nella discesa di S. Mommè da Pracchia verso Pistoia, i freni, malgrado la leggerezza del convoglio composto di sole carrozze viaggiatori, vennero meno al loro compito, e la velocità della corsa divenne rapidamente spaventosa.
Per buona ventura nei treni viaggiatori il carico risulta naturalmente ben distribuito, il centro di gravità dei veicoli trovasi in basso, e quindi nessun accidente si ebbe a deplorare durante la corsa sfrenata, che ebbe il suo termine sul binario di salvamento opportunamente aperto al giungere del treno alla stazione di Piteccio.
Durante la guerra non si potrà certamente contare su tante favorevoli circostanze; e possiamo chiedere: che cosa dobbiamo aspettarci sulle rampe appenniniche con treni pesanti, col carico mal distribuito, allorquando l’ansia, la confusione, il fermento dei cervelli e la spossatezza del corpo concorrono a preparare i disastri?
È vero, si può obiettare, che si vanno facendo continui progressi nei mezzi di frenare i convogli, quantunque non sempre applicati ed applicabili, e che ora si sono interposti sulla discesa di S. Mommè due altri binari di salvamento; ma chi ha fatto un po’ di esperienza negli accidenti ferroviari si trova poco rassicurato dai perfezionamenti introdotti nei freni, e dal sapere che il binario di salvamento trovasi a cinque piuttosto che a dieci chilometri di distanza dal punto in cui la corsa diventa irregolare. Un treno merci che, pochi mesi addietro, non potè neanche essere arrestato dal binario di salvamento, prova come i mezzi di frenare non sempre sono efficaci.
Si può quindi ritenere che, ora come in ogni tempo, il miglior sistema per evitare il male è uno solo: sopprimerlo.
Nel caso nostro, trattandosi dell’Appennino, la soppressione non è tanto facile, ma neanche difficile quanto può credersi; ad ogni modo è preferibile la cura dei nostri mali ferroviari col perfezionamento molto produttivo dei tracciati, con cui moltiplichiamo la nostra potenza, anziché col perfezionamento poco profìcuo dei freni e dei mezzi speciali di trazione con cui spesse volte si rende più complicata la macchina ferroviaria e si aumenta la nostra debolezza.
§ IV. Preoccupazioni. — E questa debolezza, in caso di guerra, sopra una linea a forti pendenze come la Porrettana, o la Parma-Spezia, o la Faentina, poiché anche queste sono affette dalla pendenza massima del 25 per mille, non è trascurabile; e torna opportuno fissarvi sopra l’attenzione, perchè si tratta di questioni che sfuggono ad un esame superficiale.
Ad esempio, devesi osservare che, nel caso indicato, i treni di piacere furono certamente composti nelle stazioni originarie di partenza col numero di veicoli a freno occorrente per il transito sulle rampe dell’Appennino, in modo da rendere facili, semplici c brevi le manovre da farsi nelle stazioni di Bologna e Porretta.
Si potranno predisporre le cose in tal modo durante la guerra, specialmente nel caso di movimenti imprevisti ed improvvisi da effettuarsi sulla Porrettana? Saranno sempre i veicoli a freno disponibili nelle stazioni di partenza, od in quelle di Bologna, di Pistoia o Firenze, dove affluiscono in grande maggioranza le linee di pianura, nelle volute proporzioni? E le manovre per scomporre e comporre i treni ed orientare i veicoli saranno sempre facili e possibili?
Quante volte i convogli che dovranno percorrere le rampe appenniniche saranno composti trascurando le norme di sicurezza, per guadagnare tempo, e quanti inconvenienti si verificheranno oltre quelli sperimentati nel servizio ordinario!
Vi è ancora un altro guaio non meno grave. Per l’esercizio delle linee a forti pendenze non solo la composizione dei treni deve farsi con prevalenza di carrozze a freno, ma occorrono speciali locomotive. Questo vincolo imposto al servizio lo rende difficile quando, per guasti od altro inconveniente, il materiale mobile diventi insufficiente, non potendosi sempre ottenere in prestito dalle linee vicine materiale idoneo.
Nel caso nostro basterebbe uno scontro che colpisca un «treno di locomotive di ritorno, od uno scoppio di dinamite nei depositi principali di locomotive speciali per disorganizzare tutto il servizio.
§ V. Forti rampe e miti pendenze. — Da ciò emerge la grande importanza che avrebbe una linea d’allacciamento fra la rete del Po e quella dell’Arno con pendenze non superiori alle massime (12 0/00) adottate per le nostre linee di pianura, cosicché l’esercizio possa effettuarsi collo stesso materiale, collo stesso personale, colle stesse norme dappertutto, e la nostra impotenza non possa ottenersi senza distruggere tutto il nostro materiale ferroviario.
In una parola l’obiettivo principale che sotto il punto di vista militare dobbiamo aver di mira è di permettere il transito inalterato da Bologna a Roma di qualunque treno proveniente dalle altre linee.
Quest’obiettivo è tanto più interessante in quanto che un solo ostacolo si oppone per raggiungerlo, la traversata dell’Appennino, essendo già le pendenze fra Firenze e Roma limitate al massimo del 12 per mille.
Un breve e semplice parallelo sulla potenzialità delle due linee in date eventualità, facili a verificarsi durante la guerra, ci permetterà di apprezzare meglio i vantaggi di una ferrovia militare colla pendenza del 12 per mille rispetto alle rampe Porrettane. Partiremo dall’ipotesi, per avere parità di condizioni, che la nuova linea sia ad un solo binario come la Porrettana, e suppliremo alla scarsità dei binari presupponendo una grande abbondanza di materiale mobile, di modo che il trasporto di un dato carico possa farsi con una serie di treni inseguentisi, sospendendo il movimento di ritorno. Ciò non è impossibile quando i treni che devono traversare l’Appennino giungano, regolarmente composti, dalle linee affluenti alla stazione di partenza, e quando nelle varie stazioni o linee a cui sono destinati i convogli vi sieno gli occorrenti sbarcatoi.
Questo sistema, data l’abbondanza del materiale mobile e lo sviluppo proporzionato dei mezzi di carico e scarico, giova alla sicurezza e regolarità della circolazione dei convogli, poiché colla soppressione del movimento di ritorno, sono eliminati gli incroci dei treni lungo la via, e quindi anche le manovre degli scambi e le relative segnalazioni telegrafiche che possono essere causa di disastri: inoltre si guadagna tutto il tempo occorrente per la restituzione del materiale vuoto.
L’ipotesi fatta è perciò quella che ci dà non solo la massima regolarità e sicurezza nella circolazione dei convogli, ma anche la massima potenzialità della linea, ossia che permette di effettuare un dato concentramento nel miglior modo e nel minor tempo possibile.
Ciò posto, osserveremo che sulle linee a forte pendenza, per misura prudenziale da osservarsi specialmente durante la guerra, i treni non dovrebbero inseguirsi che alla condizione di avere sempre interposto fra l’uno e l’altro un binario di salvamento; o, in altre parole, fra due stazioni successive non dovrebbe mai correre più di un convoglio.
Invece sulle ferrovie in pendenza del 12 per mille i treni possono inseguirsi, con moderata velocità e senza pericoli, anche alla distanza di due chilometri, limite certamente compatibile in pratica, essendo ammesso che lungo la linea i convogli possano avvicinarsi anche alla distanza di un chilometro1.
Questa diversa condizione di sicurezza delle due linee fornisce un primo e grande elemento per misurarne la potenzialità; imperocché questa è per la ferrovia Porrettana determinata dal numero dei treni che possono transitare nella tratta più lunga ed a maggior pendenza compresa fra due stazioni successive. Perciò nel caso di un movimento da Firenze verso Bologna la tratta regolatrice della corsa sarebbe quella compresa fra le stazioni di Corbezzi e Pracchia; e, nessun treno potendo partire da quella stazione verso Bologna finché il precedente non è arrivato a Pracchia, su tale tratta di strada lunga 8 chilometri correrà un sol treno alla volta; mentre su egual lunghezza della nuova linea potranno correre quattro treni alla distanza di due chilometri l’uno dall’altro. Per questo semplice fatto, dipendente unicamente dalle diverse condizioni di sicurezza del transito sulle due linee, la potenzialità della nuova rispetto all’attuale sarà quadrupla.
Supponendo che l’ipotesi fatta intorno alla distanza a cui devono correre i treni sulla linea in pendenza del 12 per mille sia esagerata, nessuno potrà certamente mettere in dubbio che sulla nuova linea i treni possano succedersi a 10 minuti d’intervallo a norma dei regolamenti2.
Ora i treni pesanti, colla minima velocità di 16 chilometri all’ora corrispondente al massimo carico, impiegano nel tragitto Corbezzi-Pracchia, computando nel tempo le aggiunte usuali per incamminamento, rallentamento ecc. 35 minuti3, i quali rappresentano l’intervallo fra le partenze dei treni successivi dalla stazione di Corbezzi.
Tale intervallo potendosi ridurre sulla nuova linea a soli 10 minuti, ne segue che la potenzialità di questa sarà 3 volte e mezza quella della Porrettana.
Per ultimo, facendo l’ipotesi più sfavorevole alla linea a mite pendenza, supporremo che sulla Porrettana, o moltiplicando i binari di salvamento o di scarto, o trascurando le norme prudenziali indicate, od accrescendo la velocità dei treni, si possa pei treni pesanti ottenere un servizio più celere di quello degli attuali convogli merci. Si dovrà in tal caso concedere che l’intervallo fra le partenze dei treni successivi debba sulla Porrettana essere almeno doppio di quello che si può stabilire su una linea con pendenza del 12 per mille, e che perciò la potenzialità di questa debba essere almeno due volte quella della prima.
Avremo adunque, nei tre casi considerati, per la nuova linea una potenzialità rispettivamente 4, 3,50 e 2 volte maggiore di quella della Porrettana.
E siccome, in via approssimativa, per effetto della forte pendenza del 26 per mille e del tracciato a curve del raggio di 300 metri, si può ritenere che sulle rampe Pistoiesi il carico di ogni treno sia la metà4 circa di quello corrispondente alla nuova linea in pendenza del 12 per mille, così si può ammettere che la potenzialità totale di questa, combinando le ragioni di sicurezza, di pendenza e di tracciato, sia equivalente al doppio delle quantità precedentemente ottenute nei tre casi considerati; cioè, sia 8, 7 e 4 volte maggiore di quella della Porrettana.
Questi risultati si ottengono facendo per questa linea l’ipotesi favorevole che le locomotive speciali addette al servizio delle rampe siano in numero sufficiente da poter mantenere la continuità del movimento in un solo senso finchè sia compiuta l’operazione di concentramento. Ora questa supposizione è ammessibile per la nuova linea su cui, a causa della mite pendenza, si può utilizzare la maggioranza delle locomotive e dei veicoli delle linee di pianura affluenti alla stazione di partenza, e sulla quale perciò si può avviare successivamente nello stesso verso una serie di treni sterminata, ossia proporzionale alla quantità di materiale mobile che potranno fornire le reti ferroviarie poste al di quà o al di là dell’Appennino.
Invece la serie dei treni che si possono inseguire sulle rampe Porrettane è strettamente legata alla quantità dei veicoli a freno e delle locomotive speciali disponibili, il numero delle quali è limitatissimo, cioè proporzionale ai bisogni del servizio ordinario. Si può quindi ritenere che tali locomotive saranno insufficienti per effettuare sulla Porrettana un concentramento di qualche importanza nelle condizioni supposte. Questo dovrà perciò subire un notevole ritardo dipendente dalla sospensione del movimento di andata, per attendere il ritorno delle locomotive che dovranno fare il turno.
La perdita di tempo corrispondente a tale nuovo vincolo del servizio, ammesso che le locomotive facciano ritorno a sei per volta, si può ritenere equivalente alla settima parte del tempo impiegato pel concentramento, e costituisce un nuovo ostacolo alla circolazione utile, il quale accresce di un settimo la potenzialità della nuova linea rispetto alla Porrettana.
Aumentando perciò in tal misura le quantità precedentemente ottenute, la potenzialità di una ferrovia con pendenza del 12 per mille risulterebbe, in cifre tonde nei tre casi considerati, 9, 8 e 5 volte circa quella della Porrettana.
Con queste cifre non abbiamo però ancora interamente rappresentata tutta la differenza di potenzialità che corre fra le due linee sotto l’aspetto militare: poichè la lunghezza di una nuova linea colla pendenza del 12 per mille fra Bologna e Firenze può ridursi a misurare poco più di due terzi dello sviluppo della linea attuale (fig. 3); e questo importante vantaggio combinato colla soppressione delle fermate obbligatorie, dipendenti dalle forti rampe, e colla maggior velocità dei treni, rende possibile il transito Firenze-Bologna nella metà del tempo occorrente sulla Porrettana.
Vale a dire che nel medesimo tempo occorrente per compiere l’operazione di concentramento da Firenze a Bologna per mezzo della ferrovia attuale, colla nuova linea, rimanendo inalterati i rapporti di potenzialità suespressi, lo stesso concentramento si può estendere a 200 chilometri al di là di Bologna (avuto riguardo alla velocità quasi doppia, che collo stesso carico possono avere i treni sulle linee della valle del Po), ossia fino a Stradella, a Brescia e a Treviso.
Il vantaggio, come ognuno vede, è immenso; poichè si tratta di poter portare addirittura sul teatro della guerra ciò che nello stesso tempo colla Porrettana non giungerebbe che a Bologna.
Volendo tradurre in potenzialità anche questo elemento, supporremo che l’operazione di concentramento, dall’istante in cui il primo treno lascia la stazione di partenza a quello in cui l’ultimo giunge alla stazione di arrivo, debba compiersi in 20 ore. In tal caso l’ultimo convoglio in partenza per la via Porrettana dovrà lasciare Firenze allo scoccare della quattordicesima ora per potersi trovare a Bologna nel termine prefisso, dovendo impiegare sei ore nel viaggio (treni omnibus).
Per la nuova linea invece l’ultimo treno potrà lasciare Firenze alla diciassettesima ora, occorrendo tre sole ore per il transito fino a Bologna.
Perciò il tempo utile per la partenza dei convogli succedentisi sarà di 14 ore per la linea Porrettana, e di ore 17 per la nuova linea; ossia per questa sarà maggiore di un quinto circa.
In base a questo nuovo elemento la potenzialità finale della nuova linea nei tre casi considerati sarà quella sopra indicata, accresciuta di un quinto, ossia sarà rappresentata in numeri tondi dalle cifre 11, 10 e 6.
In altre parole: nell’ipotesi di un movimento in un solo senso fra le stazioni estreme senza la contemporanea restituzione del materiale vuoto, tenuto conto delle diverse condizioni di sicurezza del transito, di pendenza della via, di mezzi di trazione, di lunghezza delle linee e di velocità dei treni, la potenzialità della nuova linea rispetto alla Porrettana può ritenersi in via approssimativa:
a) 11 volte maggiore, ammettendo il transito di un treno alla volta sulla tratta Corbezzi-Pracchia lunga 8 chilometri e la distanza minima di 2 chilometri fra i treni successivi sulla nuova linea;
b) decupla, supponendo di minuti 35 la durata media del transito fra Corbezzi e Pracchia e di minuti 10 l’intervallo fra i treni successivi sulla nuova linea;
c) sestupla, ammettendo sulla Porrettana la trascuranza delle norme prudenziali fino al punto di ridurre l’intervallo fra le partenze dei treni successivi ad essere doppio di quello ammesso per la nuova linea.
Per un’analisi più minuta converrebbe anche tener conto della distribuzione del carico, essendo molto diversa la resistenza che presentano le ristrette e continue curve della Porrettana rispetto al tracciato di una nuova linea ad ampie curve con prevalenza di rettilinei, quando uno stesso carico debba essere distribuito sopra un gran numero di veicoli, come accade allorchè si tratta di cavalli, carri da trasporto, ecc. ecc.
Infine dobbiamo osservare che sulle linee a mite pendenza, quando non s’incontrino lunghe gallerie a foro cieco o mal ventilate, si può colla doppia o tripla trazione quasi duplicare o triplicare il carico di ogni treno, ciò che non potrà ottenersi sulla Porrettana e forse neanche sulla Faentina, per il maggior calore e fumo sviluppato dalle locomotive speciali, senza esporre i macchinisti ed i frenatori, e quindi anche la sicurezza dei treni, a gravi pericoli.
Qualunque sia la riduzione che una più esatta valutazione delle cose esposte possa introdurre nei rapporti indicati sulla potenzialità delle due linee, non si potrà negare che sulla nuova linea a mite pendenza, durante un’operazione di concentramento che possa effettuarsi con una serie di treni successivi o durante i varii periodi in cui questa può dividersi, in base a tale ipotesi, abbiamo continuità di moto, regolarità nel transito e la massima potenzialità. E tutto ciò senza gravi vincoli per l’uso dei vagoni a freno5, senza dover ricorrere all’impiego di locomotive speciali, senza gli incroci obbligatorii e con minori pericoli di accidenti.
Perciò, combinando le condizioni di velocità, carico e distanza dei treni, possiamo sulla linea a mite pendenza raggiungere, nei varii periodi in cui dura la continuità del transito in un solo verso, l’ideale del movimento costituito da una serie di treni inseguentisi, quasi a contatto, che procedono, con moto uniforme, di conserva colle operazioni di carico e scarico.
Colle rampe Porrettane quest’ideale non potrà mai raggiungersi. Alla stazione di Corbezzi assisteremo sempre alla partenza di un piccolo treno ogni 35 minuti, ed i miglioramenti possibili consisteranno unicamente nel combinare gli elementi di velocità e carico dei convogli per ottenere una qualche diminuzione nell’intervallo suindicato, diminuzione che sarà poco sensibile, e non scevra d’inconvenienti per la regolarità del servizio. Ad ogni modo, la distanza dei treni successivi sarà quella che corre fra le stazioni indicate, col vincolo delle locomotive speciali e della prevalenza dei veicoli a freno, colle inevitabili segnalazioni telegrafiche ad ogni partenza di treno, cogli incroci obbligatorii per il turno delle locomotive e con continui pericoli di accidenti. In una parola, noi abbiamo nella Porrettana due negatività compenetrate: la minima potenzialità, e la minima utilizzazione del materiale mobile.
§ VI. Materiale mobile. — Rispetto alla seconda negatività, la quale in certi dati eventi diventa un elemento di potenzialità della linea, vi sono gravi considerazioni da esporre.
Per quanto riguarda l’uso dei veicoli, il lettore che abbia presente come siano scarsi sulle linee di pianura i veicoli a freno, aventi generalmente per distintivo la garetta del frenatore, e consideri che per la regolare composizione di un treno destinato a correre sulla linea a mite pendenza basta un quinto di tali veicoli, mentre ne occorre la metà sulle rampe del 25 per mille, avrà tosto un’idea esatta dei gravi inconvenienti che sotto tale aspetto s’incontreranno durante la guerra per la composizione dei convogli che devono passare l’Appennino centrale sulle ferrovie esistenti ed in costruzione.
Più grave è ancora la questione rispetto ai mezzi di trazione. Sulla linea a mite pendenza l’operazione di concentramento si potrà compiere impiegando tante locomotive quanti sono i treni che devono inseguirsi. Sulla Porrettana invece occorreranno tre gruppi di locomotive, uno pel servizio di pianura fra Firenze e Pistoia, un secondo (di locomotive speciali) doppio del precedente pel transito sulle rampe Porrettane, ed un terzo eguale al primo pel tratto a mite pendenza in discesa verso Bologna; ossia in totale si dovrà impiegare un numero di locomotive quadruplo di quello occorrente per effettuare lo stesso movimento sulla nuova linea, dato e non concesso che le locomotive speciali del secondo gruppo siano in numero sufficiente per mantenere la continuità del movimento di andata fino al termine della operazione di concentramento.
Di più quest’ultimo gruppo, che dovrebbe essere il più numeroso, è appunto costituito da locomotive speciali di cui le nostre ferrovie hanno una dotazione limitatissima6, e le quali non si possono facilmente provvedere o riparare, specialmente in caso di guerra, per supplire alle deficienze ed ai guasti possibili.
Nè qui sta tutto il male. Il triplice gruppo di locomotive occorrente sulla Porrettana è distribuito in modo che l’uno non può recar sussidio all’altro; quindi, allorché l’operazione di concentramento debba farsi in un periodo durante il quale le locomotive della rete del Po siano tutte impegnate sul teatro della guerra, non vi sarà modo di provvedere al servizio nel tratto Porretta-Bologna senza sconvolgere tutte le ipotesi fatte, e rendere insignificante la potenzialità della Porrettana.
Colla nuova linea invece non solo non è necessario il sussidio del materiale della valle del Po, ma lo stesso materiale delle linee peninsulari può, effettuando trasporti utili, proseguire fino a Bologna ed oltre, e sussidiare il servizio da effettuarsi sul teatro della guerra, evitando l’ingombro che produrrebbe il ritorno immediato del materiale vuoto sulla stessa linea di andata.
La differenza come ognun vede nelle condizioni del servizio sulle due linee, tanto nel caso di un concentramento da Firenze a Bologna, come nel caso inverso di una ritirata, è immensa; ed avuto riguardo alle difficoltà che possono manifestarsi nelle stazioni intermedie delle rampe Porrettane, all’insufficienza dei binari nei luoghi d’incrocio, a tutti gli inconvenienti annessi e connessi alla manovra di tanti scambi ed alle molteplici segnalazioni telegrafiche occorrenti, si può conchiudere che colla Porrettana può essere impossibile, in un determinato tempo richiesto per l’efficacia del movimento, ciò che risulterebbe facile e semplice sulla nuova linea.
Nè vale il contare sul sussidio della Faentina; perchè anche in questa vi sono le forti pendenze prolungate per 62 chilometri da Firenze a Marradi ed aggravate da una contropendenza notevole, per cui il servizio delle locomotive speciali non è meno complicato, e la discontinuità del movimento esiste sempre, indipendentemente dalla probabilità accennata, di non poter utilizzare tale linea nei momenti supremi della guerra.
Quindi, appena il nemico sarà riuscito ad interrompere il servizio sulle nostre linee littoranee, il materiale mobile delle nostre ferrovie rimarrà diviso dall’Appennino centrale in due grandi gruppi che non si possono sussidiare, che non possono seguire i movimenti dell’esercito, le cui operazioni sono frattanto interamente dipendenti dalla potenza, efficacia e prontezza del sussidio che può ricevere dall’abbondanza delle locomotive.
§ VII. Difesa delle coste. — Su questo proposito torna opportuno riportare dalla Revue des Deux Mondes (fascicolo del 15 Settembre 1882, pag. 338) un interessante brano di Étienne Lamy sopra Les marines de Guerre, avvertendo che le idee da questi espresse acquistano maggior valore sapendo che i nostri vicini di Ponente contano sulla superiorità numerica della loro flotta per correre, appena dichiarata la guerra, a distruggere la nostra, e fare man bassa sulle nostre coste:
«Il y a souvent sur le littoral des positions stratégiques, des places fortes, des ports militaires; leur investissement, leur capture offre aux troupes que peut convoyer une escadre un objectif proportionné à leur importance, le moyen d’affaiblir considérablement l’ennemi, et la possession de gages qui servent à traiter plus avantageusement de la paix. Même sans troupes, même incapable de s’établir sur le rivage, même ne disposant pour les jeter à terre que de quelques hommes d’équipage, des navires isolés influent puissamment sur le sort d’une campagne, s’ils savent atteindre et couper les voies de communication. Les plus parfaites, les chemins de fer, sont aussi les plus faciles à mettre hors de service. Il suffit d’un paquet de cartouches pour faire sauter un rail; que la voie soit rendue impraticable au moment d’une concentration importante, les trains s’amassent; sans quais, les chevaux ni le matériel ne peuvent être débarqués et par suite les troupes ne peuvent continuer leur route: tous les calculs sont trompés, il faut plusieurs jours pour rétablir la circulation et l’ordre, sans parler de ce qui, perdu, ne se retrouve pas, l’occasion. Il suffit de quelques kilogrammes de dinamite pour faire sauter un pont ou boucher un tunnel: la destruction d’un ouvrage d’art rend la voie inutile pour la durée de la guerre. Dans certains pays, l’on a pourvu à la sûreté des communications, et nulle part mieux qu’en Angleterre. Tout port de quelque importance est tête de ligne; mais cette ligne, du rivage se dirige droit vers l’intérieur, et c’est à distance qu’elle va se confondre dans le réseau général des chemins. Grâce à cette disposition, nul point ne peut être occupé facilement et son occupation ne séparerait qu’un tronçon excentrique, sans porter le trouble dans l’ensemble des communications. Pour atteindre celles-ci, il faudrait occuper les lieux des croisements, positions inaccessibles sinon par la conquête du pays: même sagesse dans les plans des chemins exécutés dans l’Inde. Sur toutes les côtes du nord de l’Europe, des précautions analogues font obstacle à toute entreprise tentée de la mer; les lignes ferrées à Dantzig seulement touchent la côte; les couper à cet endroit serait n’isoler qu’une extrémité de l’empire et ne porterait aucune atteinte aux mouvements des hommes et du matériel sur les grandes voies d’invasion ou de retraite. Au contraire, sur la Méditerranée, les voies ferrées touchent le rivage; leur lignes sans défense bordent en maints endroits la frontière méridionale de la France. Leur rupture ne causerait pas un mal sans remède, parce qu’en arrière d’autres lignes supplécraient; mais des villes importantes, et surtout l’arsenal de Toulon, ne pourraient recevoir de gros matériel. En Espagne, le danger serait plus grand parce que, si la ligne vulnérable de Barcelone à Valence est coupée, toute communication rapide avec le centre du pays disparait; il ne reste que des chemins peu praticables à travers les plateaux rocheux qui s’élèvent du littoral et l’isolent. Que dire de l’Italie? Deux lignes bordent ses longues côtes et courent, sans quitter le rivage, l’une de la frontière au Tibre, l’autre de Ravenne à Otrante. Qu’au moment d’une guerre, quelques embarcations jettent sur plusieurs points des côtes le petit nombre d’hommes nécessaires pour mettre les lignes hors de service, toute la défense du littoral sera compromise, et surtout s’il faut du fond de l’Italie amener toutes les forces sur les Alpes, leur transport ne pourra emprunter qu’une ligne, Rome-Florence-Bologne. L’on peut calculer quels retards amènerait une pareille accumulation: ce que l’on ne saurait prévoir, ce sont leurs suites, et peut-être quelques obscurs matelots, sur les rives de la Ligurie ou de l’Adriatique, auront décidé par une destruction ignorée le succès qui donnera, au soleil du champ de bataille, la gloire aux hommes de guerre et la supériorité à un peuple. Cette faculté de faire avec de faibles moyens beaucoup de mal est un des caractères de la guerre des côtes. Pour les attaquer, il n’est même pas besoin d’y prendre pied. Du large, l’incendie peut être-allumé sur le littoral par un navire que l’obscurité de la nuit rend inattaquable ou l’éloignement presque invisible; le plus faible bâtiment est assez fort pour promener la terreur de plage en plage et imposer aux villes ouvertes qu’il épargne de fortes rançons.»
L’autore ha perfettamente ragione, per quanto riguarda l’Italia; poichè la nostra debolezza non consiste nell’avere le due linee littoranee, ma nella deficienza di linee interne che suppliscano a tutti i bisogni, nelle forti pendenze che impediscono di ottenere il libero scambio del materiale ferroviario attraverso l’Appennino centrale, e nella scarsità di linee trasversali potenti che colleghino le linee interne ai porti principali.
Noi non potevamo fare a meno delle linee littoranee, ma potevamo e possiamo ancora provvedere le linee interne e le trasversali occorrenti per costituire una potente rete indipendente dalle linee littoranee, con tutte le condizioni necessarie per avere unità, continuità, semplicità e sicurezza nel servizio.
Questa rete nella sua parte più interessante ed urgente si ottiene per l’appunto colla direttissima Bologna-Firenze, la quale colle accorciatoie in costruzione fra Bologna e Ravenna e colla linea Livorno-Firenze (fig. 4) viene a costituire una trasversale assai più celere della Faentina ed atta a conseguire una grande potenzialità e celerità nel movimento fra i due mari.
Questa singolare particolarità della nuova linea che realizza, nel modo più semplice ed utile, l’ideale del padre Antonelli di ottenere con una sola ferrovia una doppia arteria longitudinale e trasversale nel ganglio della Penisola, ha una grande importanza strategica. Imperocchè un nemico potente per mare, avuto riguardo alla difficoltà di portare nella valle del Po tutte le sue forze, potrebbe cogliere il momento opportuno per effettuare grandi sbarchi di truppe sulle spiaggie Tirrene e Adriatiche, e correre a tagliare le nostre ferrovie longitudinali interne per isolare il nostro esercito nella valle del Po.
Un simile piano di guerra è pieno di lusinghiere attrattive quando non si costruisca la Direttissima, perchè la Porrettana e la Faentina presentano i fianchi aperti al nemico nel piano Pistoiese e nella pianura Adriatica e colle forti rampe rendono lento e difficile qualsiasi improvviso concentramento di truppe per la difesa dei punti minacciati.
Di più, a peggio andare, se il nemico non raggiunge lo scopo indicato, è sempre sicuro d’ottenere una parziale diversione delle nostre forze, e di incagliare il servizio dei trasporti sulla linea Bologna-Roma danneggiando indirettamente le operazioni militari.
Quando invece Bologna e Firenze siano unite da una linea a mite pendenza che non presenti alcun punto debole, nè verso l’Adriatico, nè verso il Tirreno, e sulla quale i treni possano correre velocemente ed inalterati fra Ravenna e Livorno e fra Bologna e Roma, l’obiettivo vagheggiato dal nemico sarà assai meno seducente, ed i piani architettati si potranno con facilità e prontezza sventare.
§ VIII. Doppio binario. — Ma per conseguire la grande potenzialità occorrente sulla rete radiale che ha il suo centro a Firenze, e che deve unire i due mari e la Capitale alla valle del Po, non bastano le condizioni accennate di ubicazione e pendenza per la nuova linea, ma è indispensabile che essa sia costruita a doppio binario.
Questo requisito, che è il più importante per una linea militare, devesi ancora esaminare, e fu disgraziatamente più trascurato in questi ultimi tempi, e trascurato appunto là dove maggiore ne era il bisogno, e dove è più difficile il ripararvi, vale a dire sulle ferrovie eminentemente strategiche che attraversano l’Appennino, quali sono la Parma-Spezia e la Firenze-Faenza.
Infatti queste due linee, come la Porrettana, non solo sono affette dalle forti pendenze, ma sono previste ad un solo binario.
È questo per una linea militare un difetto capitale; ed è appunto questa eccezionale condizione di cose, generalmente inosservata, che induce a credere come l’importanza del doppio binario nelle linee strategiche non sia ancora abbastanza apprezzata, e come non possa essere superfluo il richiamarvi sopra l’attenzione delle persone competenti; poichè anche su tal riguardo un esame superficiale lascia nell’ombra molte questioni importantissime, che è bene mettere in luce, e che diventano più gravi perchè combinate colle forti pendenze.
La prima differenza che passa fra le linee ad un solo e quelle a doppio binario sta nell’organizzazione del servizio per la circolazione dei treni, facile e semplice in queste, complicatissima in quelle.
Sulle linee ad un solo binario la circolazione dei treni non può effettuarsi che per mezzo di orari prestabiliti e col sussidio del telegrafo. Gli orari prestabiliti impediscono di utilizzare durante la guerra tutto il tempo e le combinazioni favorevoli per accelerare il transito, dovendo essere tali orari piuttosto larghi per prevedere i ritardi possibili nelle coincidenze. Il sussidio indispensabile del telegrafo, per dare la via libera quando s’inverte il movimento fra due stazioni, è un vincolo non meno grave per le interruzioni a cui il telegrafo può essere soggetto, e per gli errori a cui può dar luogo.
Sulle linee a doppio binario, invece, l’orario prestabilito non è necessario, e neanche il sussidio delle segnalazioni telegrafiche, poichè non vi è inversione di movimento, ed i treni possono inseguirsi continuamente sullo stesso binario; perciò basta che i macchinisti ed i guardiani abbiano la cura di mantenere i successivi convogli alla distanza conveniente per evitare urti, ciò che potrebbe anche ottenersi, senza il sussidio dei guardiani, con apparecchi automatici disposti lungo la via. Inoltre la continuità della circolazione nei due sensi, allorquando trattasi di un concentramento di truppe da farsi con un numero limitato di veicoli o di locomotive, od in condizioni speciali per cui si debba ottenere il movimento di andata continuando quello di ritorno, dà alla linea a doppio binario una potenzialità assai maggiore di quella apparente, poichè su di essa non vi è alcuna perdita di tempo per le discontinuità dipendenti dalle inversioni di movimento indispensabili, a periodi più o meno lunghi, sul binario semplice.
Quando s’incontrino lunghe gallerie, inseparabili dalle traversate appenniniche, l’importanza del doppio binario cresce grandemente; poichè colla ristretta sezione che presentano i sotterranei a semplice binario è quasi un sogno la continuità del movimento e la doppia o la tripla trazione.
Invece nelle gallerie a doppio binario, quando esse non presentino lunghi nuclei a foro cieco, e trovinsi in ottime condizioni di ventilazione, ossia in pendenza continuata non minore del 4 o 5 per mille7, la potenzialità pratica della linea si avvicina grandemente a quella teorica, e può quasi raggiungerla quando si adotti una sagoma razionale per il rivestimento delle gallerie.
Quindi la massima potenzialità, indicata precedentemente, che col binario semplice può ottenersi solamente nel caso speciale di un concentramento da farsi con treni inseguentisi, sospendendo il movimento inverso, col doppio binario a mite pendenza può ottenersi costantemente; e si raddoppia quando si vogliano utilizzare i due binari pel movimento tutto in un solo senso; si triplica coll’uso di locomotive potenti, e si quadruplica applicando la doppia trazione, quando si sappiano disporre convenientemente le gallerie.
Nè si può obiettare che questa sia una eventualità o possibilità teorica e non pratica; poichè quando si sa che le locomotive ordinarie delle nostre ferrovie peninsulari sono più di settecento ed oltre dodicimila i veicoli, non è impossibile, dirigendo verso l’Appennino tutto il materiale mobile peninsulare, far correre da Firenze e Bologna in sole 24 ore tanti treni quanti ne possono transitare in parecchie settimane sulle rampe Porrettane.
Lo stesso ragionamento vale nel caso di una ritirata da Bologna a Firenze, quando si sappia e si possa avere all’atto della partenza il materiale necessario.
Qui sorge spontanea l’obiezione, valida apparentemente, che la Porrettana e la Faentina, allorchè questa sarà compiuta, possano riunite presentare, nelle urgenze della guerra, i vantaggi di una linea doppia destinando l’una al movimento di andata e l’altra a quello di ritorno; la qual cosa non è vera rispetto al binario a mite pendenza, perchè sulle rampe dell’Appennino, determinanti la potenzialità delle linee indicate, bisognerà sempre alternare il movimento nei due sensi per lasciare libero il passo alle locomotive speciali che devono fare il turno.
Tutto ciò nelle condizioni normali del servizio.
I vantaggi del doppio binario sono assai più rilevanti quando il servizio presenti delle anormalità.
L’interruzione del telegrafo sulle rampe Porrettane, ove le segnalazioni telegrafiche sono indispensabili, anche colle favorevoli supposizioni fatte, per dar la via libera ai treni successivi e regolare il turno delle locomotive speciali, basta a sconvolgere tutto il servizio, poichè ne viene a mancare la base. Lo stesso inconveniente si verifica sulle linee di pianura ad un sol binario, quando l’interruzione telegrafica coincide con un guasto lungo la linea, o quando il movimento deve effettuarsi nei due sensi con incroci obbligatori.
Sul doppio binario invece, occorrendo, si può anche fare a meno del telegrafo. Un guasto di locomotiva, uno sviamento, o qualunque accidente avvenga ad un treno in corsa sulla linea doppia, se anche coincide coll’interruzione del telegrafo, non interrompe la circolazione che su di un solo binario; ed i treni che passano sull’altro non solamente possono recare pronto soccorso al primo, e metterlo in grado di proseguire la corsa; ma, ove ciò non sia possibile, recando tosto notizie dell’accidente alla prossima stazione, affrettano le disposizioni da prendersi, sia per i soccorsi, sia per continuare il servizio con un solo binario.
In analoghe emergenze, data anche l’ipotesi favorevole che non siano rotte le comunicazioni telegrafiche, sul binario semplice l’interruzione dura di più, e produce l’intera sospensione del servizio.
Anche in questo caso può sorgere l’obiezione che gl’inconvenienti derivanti da un’interruzione sulla Porrettana possano eliminarsi, come sulla linea a doppio binario, deviando il movimento sulla Faentina; ciò non è interamente vero; in primo luogo, perchè non si possono prontamente deviare su questa i treni che già trovansi avviati su quella senza grave perdita di tempo e senza il sussidio del telegrafo, e, secondariamente, perchè la circolazione sopra un solo binario limitata al tratto compreso fra due stazioni successive, e con due soli incroci obbligatori, come avverrebbe nel caso di una parziale interruzione sopra una ferrovia a due binari, è cosa molto diversa da quella che risulta su una lunga linea interamente a semplice binario ove gli incroci si succedono a tutte le stazioni, e sono inevitabili quando il movimento iniziato debba continuarsi nei due sensi opposti.
Avvertasi ancora che quando l’interruzione di una linea doppia è localizzata sopra uno solo dei binari, e deve durare qualche tempo, si può colla pronta applicazione di appositi scambi limitare il transito sul binario semplice alla breve tratta corrispondente al guasto, e mantenere alla linea quasi inalterata la sua potenzialità. Tuttociò non si può neanche pensare per la linea semplice, a meno che il guasto cada in terreno favorevole per l’impianto d’una deviazione, caso difficile a verificarsi sull’Appennino.
Devesi ancora osservare che i disastri più temibili nei momenti supremi della guerra, dovuti ad attentati di mano nemica, sono assai più difficili a verificarsi sul doppio binario per la continua sorveglianza che il personale dei treni inseguentisi ed incrociantisi ad ogni istante, esercita su tutta la linea; laddove sulle linee ad un sol binario, durante il non breve intervallo che deve intercedere fra il passaggio di due treni in senso inverso, il malfattore può avere tutto il tempo per compiere con sicurezza i suoi pravi disegni.
E ciò non basta. In caso di guerra il movimento dei treni continuo può richiedere di sottoporre il personale delle stazioni ad un servizio prolungato e complicato, per cui anche le false manovre degli scambi, per l’incrocio dei treni inevitabile sulle linee ad un solo binario e le erronee segnalazioni telegrafiche possono essere causa di disastri.
Col doppio binario, quando il movimento avviene fra le stazioni estreme, il personale delle stazioni intermedie non ha più alcuna preoccupazione per le segnalazioni telegrafiche e per la manovra degli scambi, che può chiudere a chiave, bastando il personale di guardia per regolare la circolazione dei treni.
Ma anche a questo conviene rendere facile e semplice il suo compito, ed in una nuova linea, come quella proposta, si può fare agevolmente provvedendo con efficacia alla chiusura della via, e sopprimendo le traversate a livello che sono gli inciampi più gravi e pericolosi per la circolazione dei convogli.
Vi è pure la questione del personale viaggiante, il quale, sulle linee a forte pendenza, deve essere più numeroso e deve aver coraggio, avvedutezza ed intelligenza per disimpegnare bene il còmpito affidatogli, dal quale può dipendere la salvezza di un treno ed il risultato di un grande concentramento.
Ora non sempre tutto il personale viaggiante possiede tali qualità e la pratica necessaria per sapersene opportunamente valere sulle forti rampe.
E la questione del personale per l’esercizio delle ferrovie, in caso di guerra, diventa più grave ancora; perchè il servizio, che ora in gran parte si compie di giorno alla luce del sole, dovrà effettuarsi, con non minore intensità, anche di notte al fosco lume di una lanterna, quando gli equivoci, la disattenzione ed i pericoli si moltiplicano; perchè l’organizzazione del servizio e del personale può richiedere variazioni dannose all’armonia generale; ed infine perchè eventi impreveduti spesse volte mandano a monte i criteri che servono a regolare il servizio ordinario.
Lo stesso conflitto, latente o palese, che nasce malgrado la buona volontà, fra le autorità militari che hanno un obiettivo da raggiungere e le autorità ferroviarie che devono pensare ai mezzi di trasporto ed alla sicurezza del transito, diventa più grave sul binario semplice.
A questo proposito torna opportuno rammentare come Vittorio Emanuele volesse una volta recarsi improvvisamente da Torino a Genova in un determinato tempo compatibile colla velocità dei treni su quella linea, e come il comm. Bona, allora direttore delle ferrovie, si opponesse quantunque la linea essendo a doppio binano, le disposizioni da darsi fossero facili e semplici. Ma egli non poteva permettere che la vita del gran Re potesse essere compromessa da una falsa segnalazione telegrafica, o da una sbagliata manovra degli scambi. Nelle grandi occasioni bisogna procedere con piedi di piombo, aver il tempo di predisporre le cose, e bisogna anche che le ferrovie si prestino ad un esercizio celere, potente, sicuro e facile, qualità che si ottengono solamente colle miti pendenze e col doppio binario, con cui si agevola alle autorità militari e ferroviarie, il rispettivo compito durante i momenti supremi della guerra.
§ IX. Rete militare. — Riassumendo le cose esposte ed applicandole al riordinamento della nostra rete strategica nella sua parte più difettosa e più importante, da Napoli e Roma a Bologna, e da Livorno all’Adriatico, cominceremo ad osservare che la direttissima Firenze-Bologna, quando sia costruita a due binari indipendenti dalle linee attuali e da quelle in costruzione, avrà l’inestimabile pregio, sotto l’aspetto militare, di servire al celere transito dei treni pesanti, e di avere nella Porrettana e nella Faentina altri due binari efficacissimi per la restituzione del materiale vuoto.
I quattro binari che in tal modo si ottengono fra la valle dell’Arno e quella del Po, non si possono ritenere esuberanti, nè per numero, nè per potenzialità, se si considerano le interruzioni a cui possono andare soggetti i due ultimi, e se si osserva che devono servire non solo al movimento longitudinale Roma-Bologna, ma anche a quello trasversale, pel collegamento dei due mari, in corrispondenza alla fitta radiale che si va formando attorno a Bologna ed alle numerose ed importanti linee che fanno capo nella valle dell’Arno.
A questo scopo giova avvertire che essendo già la linea Firenze-Livorno a due binari, colla Direttissima si ottiene anche fra il mare Tirreno ed il Po una via di comunicazione interamente a doppio binario ossia completa e perfetta, la quale, colle nuove linee in costruzione a levante di Bologna, si prolunga con parecchie ramificazioni fino a Ravenna e Rimini. Anche questa grande arteria trasversale trova, per la restituzione del materiale vuoto, un potente sussidio nel terzo binario costituito dalla linea Livorno-Bologna per Lucca.
Abbiamo così, non solamente per le comunicazioni longitudinali, ma anche per quelle trasversali, nel ganglio strategico della penisola, una grande linea a doppio binario ed a mite pendenza, col sussidio efficace di altre linee minori, e quindi una immensa potenzialità ferroviaria, sia per la difesa delle spiaggie più minacciate e più deboli, sia pel collegamento della Capitale alla valle del Po.
Non rimane, per avere uniformità, continuità e regolarità di servizio anche in quest’ultimo senso, da Napoli e da Roma a Bologna, che a provvedere alla sistemazione delle ferrovie esistenti fra Firenze e Roma, poiché da questa città a Napoli, colla costruzione della Direttissima già approvata, saranno soddisfatte tutte le esigenze militari.
Ora, indipendentemente dalle nuove linee od accorciatoie, determinate dagli interessi commerciali, colle quali si potrà perfezionare la viabilità ferroviaria fra le valli dell’Arno e del Tevere, osserveremo che si possono soddisfare i bisogni militari più urgenti con semplici mezzi, che possono essere coordinati ad una definitiva sistemazione della via indicata determinata con più vasti intendimenti.
Infatti, essendovi già dall’Arno al Tevere, fino ad Orte, due linee interne, l’una a levante per Perugia, l’altra a ponente per Empoli-Siena, basterà raddoppiare il binario sul tronco Orte-Roma per avere due binari distinti da Firenze alla Capitale. Vi è però un inconveniente: la via di levante per Perugia, presenta la pendenza massima del 22 per mille, fra Spoleto e Terni; e su quella di ponente, per Siena, incontrasi la salita del 14 per mille fra Empoli e Chiusi.
Essendo però l’attuale linea Firenze-Roma, per Arezzo-Orvieto (costituita dai due tronchi di minor pendenza delle linee accennate e dall’allacciamento Terontola-Chiusi), come già si avvertì, interamente a mite pendenza, si potrà egualmente ottenere un servizio celere e potente fra gli estremi indicati disponendo ad X il movimento nei due sensi; ossia conservando il transito sull’attuale linea diretta, e rendendo indipendente quella indiretta che risulta passando per Siena e Perugia; ciò che può ottenersi con poca spesa, o raddoppiando il binario fra Terontola e Chiusi, o colla costruzione di un breve tronco di ferrovia in quei pressi.
Con simile disposizione l’attuale linea Firenze-Roma, grazie alle sue miti pendenze, potrà servire al transito dei treni pesanti, e la secondaria per Siena e Perugia, alla restituzione del materiale vuoto, pel quale servizio, malgrado le sentite pendenze, potrà avere una potenzialità sufficiente a mantenere la continuità del movimento nei due sensi.
In altre parole, col raddoppiamento del binario su circa 100 chilometri di linea, si possono ottenere, fra Firenze e Roma, pei bisogni militari, gli effetti di due linee distinte a mite pendenza, ogni qualvolta la via indiretta per Siena e Perugia sia destinata alla restituzione del materiale vuoto, e l’attuale linea diretta al transito dei treni carichi.
Cosicchè, in ultima analisi, colla Direttissima Napoli-Roma già approvata, col raddoppiamento del binario su cento chilometri della linea Roma-Firenze e con altri cento chilometri di nuova linea a doppio binario fra Firenze e Bologna, si possono ottenere, dal Sebeto al Po e dal mare Tirreno all’Adriatico, gli effetti equivalenti di due linee a mite pendenza, colle quali rimane assicurata l’unità, la regolarità, la continuità e, per conseguenza, una grande potenzialità nel servizio ferroviario militare, anche quando, per interruzioni o per deficienza di materiale mobile idoneo, venga meno il sussidio delle forti rampe Porrettane o Faentine. Tali requisiti mancano interamente alle ferrovie esistenti e progettate fra gli estremi indicati.
Ora si può domandare: la spesa per simile riordinamento della nostra rete militare centrale interna, che è la più importante anche sotto l’aspetto commerciale, come si vedrà, è sproporzionata ai mezzi di cui dispone l’Italia, ai sacrifizi fatti e da sostenere per tante altre opere pubbliche di minore importanza, ed ai vantaggi che risentirà la difesa del paese?
La risposta, se verrà data, servirà anche a confutare le giuste osservazioni della Revue des deux mondes riportate precedentemente.
Intanto, a confermare maggiormente le idee espresse, osserveremo che le nostre estese coste si difendono non solo dal mare colla flotta, ma anche dalla terraferma trasportando i nostri soldati prontamente là dove si manifesta un pericolo. A tale scopo è necessario accorciare la nostra penisola, troppo lunga, ed abbassare gli Appennini, troppo elevati, per potere con poche forze vigilanti in un osservatorio strategico correre e giungere a tempo dovunque il nemico tenti uno sbarco.
E siccome l’ultima prova per la salvezza della patria, se le sorti della guerra ci sono avverse, malgrado l’aiuto d’una flotta potente, è sempre un duello in terraferma, ed in tal caso sono inefficaci tutti i mezzi di difesa se non abbiamo mezzi proporzionati di trasporto per condurre prontamente ed a tempo il nostro esercito sul campo di battaglia, è evidente che tutti i nostri sforzi devono essere diretti ad ottenere una potente rete ferroviaria interna dalle Alpi al mare Ionio.
Più che alle corazze, che ai cannoni, che alle fortezze, l’avvenire della patria è affidato alle nostre locomotive ed ai nostri vagoni, che sono le fortezze ambulanti destinate a portare l’esercito là dove il suo petto deve fare argine al nemico.
Sono adunque le ferrovie strategiche che potranno salvare il paese, ma ad una condizione: che abbiano mite pendenza, e permettano la circolazione continua nei due sensi. Allora solamente tutti gli italiani validi, tutti i quarantamila veicoli e le duemila locomotive che avremo fra pochi anni sulle nostre ferrovie, potranno concorrere alla difesa del paese, la quale invece, collo stato di cose previsto sinora, dipende massimamente dalla frazione delle 120 locomotive speciali8, destinate al servizio delle forti rampe, che si troveranno disponibili su quel passo dell’Appennino che avrà la chiave della vittoria.
In una parola noi dobbiamo raggiungere nell’organizzazione delle nostre ferrovie strategiche, e per la difesa delle coste, e per la grande guerra, l’alto grado di potenzialità e di perfezione introdotto nelle nostre più formidabili corazzate; senza di ciò nei momenti supremi avremo tutto, ma potrebbero venir meno le gambe.
Note
- ↑ Art. 23 del regolamento sulla circolazione dei convogli per le Ferrovie Meridionali.
- ↑ Art. 29 del regolamento approvato con Decreto Reale 31 Ottobre 1873 sulla pulizia, sicurezza e regolarità dell’esercizio delle strade ferrate.
- ↑ Vedi l’Orario delle ferrovie pel treno merci 1084.
- ↑ Questo rapporto, trascurando l’influenza delle migliori condizioni del tracciato della nuova linea rispetto alla Porrettana, si può desumere dal seguente prospetto, supponendo che sulla nuova linea si faccia il servizio con locomotive a tre assi accoppiati, e che sulle rampe Porrettane si impieghino esclusivamente, come ora avviene, le locomotive a quattro assi accoppiati.
Prospetto indicante il peso lordo dei treni espresso in tonnellate che le locomotive dei diversi gruppi possono rimorchiare a differente velocità sulle tratte Pistoia-Pracchia e Bologna-Porretta in salita rispettivamente 26 del e del 12 per mille secondo le tabelle di carico delle ferrovie dell’Alta Italia.Pressione normaledi lavoro in atmosfereeffettivePendenza della stradaper mille
CARICHI NORMALI ESPRESSI IN TONNELLATE GRUPPI che le controindicate locomotive possono rimorchiare alle sottoindicate DI LOCOMOTIVE Velocità di chilometri all'ora Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. Chil. 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 I. Locomotive Metri Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. Tonn. ad assi indipendenti 7 N.° 31-9012 — — — — — — — 71 65 61 53 46 7 » 91-11012 — — — — — — — — 77 67 57 49 II. Locomotive a due assi accoppiati. 8 N.° 210-249 e 271-27612 — — — 128 121 116 111 110 106 104 — — 7 » 259-264 e 277-28112 — — — 101 98 90 85 81 76 71 — — 8 » 250-258 e 265-27012 — — 144 131 122 115 109 107 102 — — — 9 » 301-31112 — — — — 120 117 108 104 96 90 79 70 7 » 318-35312 — — — 84 78 73 69 66 61 57 49 — 7 » 357-372 e 1461-146212 — — — 74 69 64 61 58 54 50 — — 8 » 381-388 e 208-20912 — — — 134 125 123 119 108 101 — — — 7 » 389-400 (a carrello)12 — 140 118 99 80 69 — — — — — — 8 » 401-47212 — — — 111 107 104 100 90 82 78 — — 7 » 473-542 e 379-43812 — — — 111 107 106 92 83 73 71 — — 9 » 473-54212 — — — 123 115 110 108 100 94 90 — — 10 » 543-660 (a carrello)12 — — — — 148 140 134 132 126 123 110 99 9 » 661-705 (a G. V.)12 — — — — 134 127 121 120 114 111 99 88 »— — — — — — — — — — — — III. Locomotive a tre assi accoppiati 8 N.° 728-757 e 767-79112 227 196 169 148 132 117 103 — — — — — » 758-76612 245 208 179 164 148 141 135 — — — — — 10 » 1181-1200 (a carrello)12 — — 202 188 176 165 157 146 136 133 — — 26 — 87 76 61 53 41 36 — — — — — 8 » 800-118012 265 227 196 168 142 125 — — — — — — 26 — 98 89 76 63 55 — — — — — — 9 » » »12 294 252 220 192 164 146 — — — — — — 26 — 108 98 81 70 61 — — — — — — IV. Locomotive a quattro assi accoppiati 8 N.° 1201-122012 401 342 303 266 233 205 — — — — — — 26 — 146 134 116 99 86 — — — — — — 9 » 1221-135012 417 376 329 281 253 225 — — — — — — 25 — 159 146 131 119 95 — — — — — — Osservazioni. — Sulle forti rampe prestano servizio le sole locomotive del gruppo IV, ed in via eccezionale anche le più potenti del gruppo III. — Le carrozze pei viaggiatori pesano circa 7 tonnellate a vuoto e 10 tonnellate cariche. I carri merci della portata di 8 a 10 tonnellate, pesano circa 6 tonnellate a vuoto e 10 tonnellate con carico di bestiame. I bagagliai pesano circa 8 tonnellate a vuoto e 12 col carico. - ↑ L’articolo 57 del Regolamento per la circolazione dei convogli nelle ferrovie meridionali prevede che ogni treno debba avere una metà dei veicoli a freno sulle pendenze superiori al 25 per mille, ed un quinto solamente sulle pendenze del 12.
- ↑ Ved. nota a pag. 25.
- ↑ Perchè i treni possano discendere per effetto della sola gravità, ed il fumo sia emesso dalle sole locomotive ascendenti.
- ↑
Materiale mobile in servizio nel 1883 sulle ferrovie italiane.
(Dall'ultima relazione del Comm. Vaisecchi, Direttore Generale delle ferrovie al Ministero dei Lavori Pubblici, pag. 398).
INDICAZIONE LOCOMOTIVE VEICOLI delle ad assi a 2 assi a 3 assi a 4 assi RETI FERROVIARIE indipendenti accoppiati accoppiati accoppiati Totali Vetture Vagoni Totali Num Num. Num. Num. Num. Num Num. Num. Alta Italia60 389 353 114 916 2,486 17,806 20,292 Romane8 179 109 — 296 1,108 4,638 5,746 Meridionali34 134 120 8 296 764 4,651 5,415 Calabro-Sicule, Sarde, ecc.— 153 146 — 299 1,402 3,360 4,402 Totali 102 855 728 122 1807 5400 30,455 35,855