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Invece non solo il treno indicato non arrivò nel termine prestabilito, ma il ritardo fu tale da superare ogni ragionevole aspettativa, e da far risentire le conseguenze anche sui treni successivi.

Di fronte a simile fatto, accaduto in una circostanza così solenne, si può domandare: che cosa potrebbe avvenire in caso di guerra, allorché si devono eseguire movimenti imprevisti ed improvvisi; allorché i treni carichi e pesanti s’ inseguono e devono lasciar il passo libero ad altri numerosi treni di ritorno; allorché le stazioni sono ingombre di vagoni il cui carico non procede colla velocità prevista, e le manovre si complicano e si moltiplicano con inevitabile ritardo nella partenza dei convogli; allorché il personale di servizio, nelle stazioni e sui treni, soggetto ad un lavoro straordinario, è stanco ed affranto dal caldo, dal sonno e dalla fatica; allorché il materiale mobile, non visitato, non ripulito, non riparato a tempo, si guasta in piena corsa; infine, allorché la stessa strada, per pioggie dirotte, frane e per quel complesso di circostanze che nelle grandi occasioni fanno sentire dovunque la loro influenza, non è in regolare assetto?

La risposta a questa domanda si può lasciare nella penna.

§ III. Pericoli. — Ma qui torna opportuno rammentare un’altra circostanza molto importante.

Il treno indicato non solo ebbe a subire un ritardo favoloso, ma, nonostante la minima velocità media con cui si effettuò il viaggio, la quale avrebbe dovuto essere una garanzia per la sicurezza del transito, ebbe anche a correre gravi pericoli; poiché nella discesa di S. Mommè da Pracchia verso Pistoia, i freni, malgrado la leggerezza del convoglio composto di sole carrozze viaggiatori, vennero meno al loro compito, e la velocità della corsa divenne rapidamente spaventosa.

Per buona ventura nei treni viaggiatori il carico risulta naturalmente ben distribuito, il centro di gravità dei veicoli trovasi in basso, e quindi nessun accidente si ebbe a deplorare durante la corsa sfrenata, che ebbe il suo termine sul binario di salvamento opportunamente aperto al giungere del treno alla stazione di Piteccio.

Durante la guerra non si potrà certamente contare su tante favorevoli circostanze; e possiamo chiedere: che cosa dobbiamo aspettarci sulle rampe appenniniche con treni pesanti, col carico mal distribuito, allorquando l’ansia, la confusione, il fermento dei cervelli e la spossatezza del corpo concorrono a preparare i disastri?

È vero, si può obiettare, che si vanno facendo continui progressi nei mezzi di frenare i convogli, quantunque non sempre applicati ed applicabili, e che ora si sono interposti sulla discesa di S. Mommè due altri binari di salvamento; ma chi ha fatto un po’ di esperienza negli accidenti ferroviari si trova poco rassicurato dai perfezionamenti introdotti nei freni, e dal sapere che il binario di salvamento trovasi a cinque piuttosto che a dieci chilometri di distanza dal punto in cui la corsa diventa irregolare. Un treno merci che, pochi mesi addietro, non potè neanche essere arrestato dal binario di salvamento, prova come i mezzi di frenare non sempre sono efficaci.

Si può quindi ritenere che, ora come in ogni tempo, il miglior sistema per evitare il male è uno solo: sopprimerlo.

Nel caso nostro, trattandosi dell’Appennino, la soppressione non è tanto facile, ma neanche difficile quanto può credersi; ad ogni modo è preferibile la cura dei