Commedia (Buti)/Paradiso/Canto XXIV

Paradiso
Canto ventiquattresimo

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C A N T O     XXIV.





1O Sodalizio eletto a la gran Cena
     De l’Agnel benedetto, il qual vi ciba,
     Sicchè la vostra voglia è sempre piena;
4Se per grazia d’Iddio questi preliba1
     Di quel che cade da la nostra mensa,2
     Prima che morte tempo li prescriba,1
7Ponete mente a l’ affezion immensa,
     E roratelo alquanto: voi bevete
     Sempre nel fonte, onde vien quel ch’ei pensa.3
10Così Beatrice; e quelle anime liete
     Si fero spere sopra fermi poli,4
     Fiammando forte a guisa di comete.
13E, come cerchi in tempra d’oriuoli
     Si giran sì, che ’l primo a chi pon mente
     Quieto pare, e l’ultimo che voli;
16Così quelle carole, differente-
     Mente danzando, de la sua ricchezza
     Mi si facean stimar veloci e lente.5

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19Di quella, ch’ io notai di più bellezza,
     Vidd’io uscir un foco sì felice,
     Che nullo vi lasciò di più chiarezza;
22E tre fiate intorno di Beatrice
     Si volse con un canto tanto divo,
     Che la mia fantasia nol mi ridice:
25Però salta la penna, e non lo scrivo:
     Chè l’ imaginar nostro a cotai pieghe.
     Non che ’l parlar, è troppo color vivo.
28O santa suore mia, che sì ne preghe
     Devota, per lo tuo ardente affetto,
     Di quella santa spera mi disleghe;6
31Poscia, fermato ’l foco benedetto,
     A la mia donna dirizzò lo spiro,
     Che favellò così, com i’ò detto.
34Et ella: O luce eterna del gran viro,
     A cui Nostro Signor lasciò le chiavi,
     Che portò giù di questo gaudio miro,
37Tenta costui di punti levi e gravi,
     Come ti piace, intorno de la Fede,
     Per la qual tu su per lo mare andavi.
40S’elli ama ben, e bene spera, e crede,
     Non t’è occulto, per che ’l viso ài quivi,7
     Dove ogni cosa dipinta si vede.
43Ma, perchè questo regno à fatto civi8
     Per la verace Fede, a gloriarla
     Di lei parlar è buon ch’ a lui arrivi.
46Sì come il bacciellier s’arma, e non parla9
     Fin che ’l maestro la question propone,
     Per aiutarla, non per terminarla;10

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49Così m’ armava io d’ ogni ragione,
     Mentre ch’ella dicea, per esser presto
     A tal querente e a tal professione.
52Dì buon cristiano, facci manifesto:11
     Fede che è? Ond’io levai la fronte
     In quella luce, unde spirava questo.
55Poi mi volsi a Beatrice; et ella pronte12
     Sembianze femi, perch’io spandessi13
     L’acqua di fuor del mio interno fonte.
58La grazia, che mi dà ch’io mi confessi,
     Comincia’io, dell’alto primo pilo,14
     Faccia li miei concetti esser espressi;
61E seguitai: Come ’l verace stilo
     Ne scrisse, padre, del tuo caro frate,
     Che mise teco Roma nel buon filo,
64Fede è sustanzia di cose sperate,
     Et argomento de le non parventi;
     E questa pare a me sua quiditate.
67Allora udi’: Dirittamente senti,
     Se bene intendi, perch’ella si puose
     Tra le sustanzie, e poi tra li argomenti.
70Et io appresso: Le profonde cose,
     Che mi largiscon qui la lor parvenza,
     A li occhi di laggiù son sì nascose,15
73Che l’esser loro v’è in sola credenza,
     Sopra la qual si fonda l’alta spene;
     E però di sustanzia prende intenza.16

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76E da questa credenza ci convene
     Silocizzar senza aver altra vista;
     Però intensa d’argomento tene.17
79Allor udì: Se quantunche s acquista
     Giù per dottrina fusse così inteso,
     Nolli aria luogo ingegno di sofista.18
82Così spirò da quello amore acceso,
     Indi soggiunse: Assai ben è trascorsa
     D esta moneta già la lega e ’l peso;
85Ma dimmi se tu l’ài nella tua borsa;
     Ond io: Sì ò sì lucida e sì tonda,
     Che nel suo conio nulla mi s’inforsa.
88Appresso uscì de la luce profonda,
     Che lì splendea: Questa cara gioia,
     Sopra la qual ogni virtù si fonda,
91Onde ti venne? Et io: La larga ploia
     De lo Spirito Santo, che è diffusa
     E ’n su le vecchie e ’n su le nuove cuoia,
94È ’l silogismo che me l’à conchiusa19
     Acutamente sì, che ’n verso d’ella
     Ogni demostrazion mi pare ottusa.
97lo udi’ poi: L’antica e la novella
     Proposizion che così ti conchiude,
     Perchè l’ài tu per divina favella?
100Et io: La prova, che ’l ver mi dischiude,
     Son l’opere seguite, a che natura
     Non scalda ferro mai, non batte ancude.20
103Risposto fùmi: Dì, chi t’assigura,
     Che quell’opere fusser? Quel medesmo,
     Che vuol provarsi, non altri te l’ iura.21

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106Se ’l mondo si rivolse al Cristianesmo,22
     Diss’io, senza miraculi, questo uno
     E tal, che li altri non sono ’l centesmo:23
109Chè tu intrasti povero e digiuno
     In campo a seminar la buona pianta,
     Che fu già vite et or è fatta pruno.24
112Finito questo, l’alta Corte santa
     Risonò per le spere: Un Dio laudamo,25
     Ne la melode, che lassù si canta.
115E quel Baron, che sì di ramo in ramo,26
     Esaminando, già tratto m’avea,
     Che a l’ultime fronde appressavamo
118Ricominciò: La grazia, che donnea
     Co la tua mente, la bocca t’aperse
     Infin a qui, sì come aprir dovea,27
121Sicch’io approvo ciò, che fuori emerse;
     Ma or conviene esprimer quel che credi,28
     Et unde la credenza tua s’offerse.
124O santo padre, e spirito, che vedi29
     Ciò che credesti sì, che tu vincesti
     Ver lo sepulcro i più giovani piedi,
127Comincia’ io, tu vuoi ch’io manifesti
     La forma qui del pronto creder mio,
     Et anco la cagion di lui chiedesti.30
130Et io rispondo ch’ io credo in un Dio31
     Solo et eterno, che tutto ’l Ciel move,
     Non moto, con amore e con disio;

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133Et a tal creder non ò io pur prove
     Fisiche e metafisiche; ma dalmi32
     Anche la verità che quinci piove,
136Per Moise, per Profeti, e per Psalmi,
     Per l’Evangelio, e per voi che scriveste,
     Poi che l’ardente Spiro vi fece almi.33
139E credo in tre Persone eterne, e queste
     Credo una essenzia sì una e sì trina,
     Che sofferra congiunto sono et este.34
142De la profonda condizion divina,35
     Che io tocco mo, la mente mi sigilla
     Più volte l’evangelica dottrina.
145Quest’è ’l principio, quest’è la favilla
     Che si dilata in fiamma poi vivace,
     E, come stella in Cielo, in me scintilla.
148Come ’l signor ch’ascolta quel che i piace,
     Da indi abbraccia ’l servo, gratulando
     Per la novella, tosto ch’el si tace;
151Così benedicendomi cantando
     Tre volte cinse me, come io tacqui,
     L’apostolico lume, al cui comando36
154lo avea detto: sì nel dir li piacqui.

  1. 1,0 1,1 vv. 4, 6. Preliba, prescriba; voci latine di cui, come pure di altre, abbiamo non rari esempi in quella età che il volgar nostro non era ancora fermato. Innanzi di giudicare di parole siffatte, d’uopo è ricondursi alla stagione, in che vennero adoperate. E.
  2. v. 5. C. M. C. A. vostra
  3. v. 9. C. A. del fonte
  4. v. 11. C.A. sovra fissi poli,
  5. v. 18. C. A. Mi facieno
  6. v. 30. C. A. bella spera
  7. v. 41. C. A. à quivi,
  8. v. 43. Civi; cittadini, giusta il civis latino. E.
  9. v. 46. C. A. baccellier
  10. v. 48. C. A. Per approvarla,
  11. v. 52. C. A. fatti manifesto:
  12. v. 55. C. A. e quella pronte
  13. v. 56. C. A. femmi,
  14. v. 59. C. A. primipilo,
  15. v. 72. C. A. si ascose,
  16. vv. 75, 78. Intenza; intensa originate dall’entensa dei Provenzali, che lo avevano tolto dal latino intentio. E.
  17. v. 78. C.A. E però
  18. v. 81. C.A. Non gli avria loco
  19. v. 94. C.A. È sillogismo, che la mi à
  20. v. 102. C.A. Nè scaldò ferro mai, nè battè
  21. v. 105. C.A. il ti giura.
  22. v. 106. C. A. Cristianesimo,
  23. v. 108. C. A. Fu tal, . . . . . il centesimo:
  24. v. 111 . C. A. e ora è
  25. v. 113. C. A. lodiamo,
  26. v. 115. Barone; principe, signore, dal provenzale bar, baro, barone, e codesto
    dal latino vir. E.
  27. v. 120. C. A. si dovea,
  28. v. 122. C. A. spremer
  29. v. 124. C. A. padre, spirto che
  30. v. 129. C. M. lui credesti,
  31. v. 130. C. A. Ed io vi rispondo: Io credo in uno Iddio
  32. v. 134. C. A. Fisice
  33. v. 138. C. A. fe almi.
  34. v. 141. Est; è, dall’est latino acconciato alla forma della nostra favella. Grad. s. Geronimo 99 «Lo corpo este morto senza spirito». E.
  35. v. 142. C. A. congiunzion
  36. v. 153. C. M. alcun domando



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C O M M E N T O


O Sodalizio eletto ec. Questo è lo canto xxiv, nel quale lo nostro autore finge come egli fu esaminato da santo Piero ne la fede, dimandandolo che cosa è fede, e poi d’altre cose che dependevano da essa. E dividesi questo canto in due parti principali: imperò che prima finge come santo Piero l’esaminò, dimandando della fede alquante declarazioni; nella seconda finge come santo Piero commendò la sua risposta, e poi come lo dimandò anco di quelle cose che s’appartegnano a la fede, et incominciasi quine: Allora udi’: ec. La prima, che sarà la prima lezione, si divide in sei parti: imperò che prima finge che Beatrice pregasse quelli beati spiriti che dovesseno dichiarare et ammaestrare Dante, e com’elli a ciò s’apparecchiano; nella seconda finge come una beata anima, cioè quella di santo Piero rispuose al prego di Beatrice, et incominciasi quine: Di quella, ch’io notai ec.; nella terza parte finge come Beatrice pregò santo Piero che tentasse Dante de la fede, et incominciasi quine: Et ella: O luce ec.; nella quarta parte finge l’autore come elli nel suo pensieri s’apparecchiò a rispondere, e come santo Piero lo dimandò che cosa è fede, e come Beatrice l’accennò che rispondesse, et incominciasi quive: Sì come il bacciellier ec.: nella quinta parte finge com’elli rispuose ai dimandi di santo Piero, dichiarando che cosa è fede, et incominciasi quine: La grazia; ec.; nella sesta parte finge che poi anco rispuose ad una altra dimanda che aveva fatto san Piero, et incominciasi quine: Et io appresso: Le profonde ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo coll’esposizioni letterali, allegoriche e morali.

C. XXIV — v. 1-18. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Beatrice parlò a li beati spiriti, pregandoli che dichiarino lui dei suoi dubbi, e come ellino pregati feceno. Dice così: O Sodalizio; cioè o compagnia ad uno cibo, eletto a la gran Cena; cioè a quella di vita eterna, che è la beatitudine nostra, De l’Agnel benedetto; cioè di Cristo, che come agnello fu 1 menato a la morte de la croce, lo quale vedere è somma beatitudine, il qual vi ciba; cioè lo quale agnello vi pasce spiritualmente si debbe intendere, Sicchè la vostra voglia; cioè di voi beati, è sempre piena; cioè àe sempre suo contentamento. Se per grazia d’Iddio; senza la quale niuno bene si può operare, questi; cioè Dante, dice Beatrice, preliba; cioè innanti tempo assaggia, Di quel che cade da la nostra mensa; cioè de’ minuzzoli da la nostra piena e perfetta refezione: li santi in vita eterna ànno piena refezione di beatitudine; noi del mondo, [p. 663 modifica]se punto ne sentiamo, non è che ci sazi, Prima che morte tempo li prescriba; cioè inanti ch’elli muoia, cioè inanzi che morte li termini 2 lo tempo del vivere: prescrivere è terminare, Ponete mente; o voi beati, li quali àe chiamato Sodalizio; cioè compagnia ad una mensa; e questo è lo verbo principale, a l’affezion immensa; cioè al desiderio suo smisurato, cioè di Dante, E roratelo alquanto; cioè imbagnatelo et irrugiadatelo alquanto, voi; cioè beati, bevete Sempre nel fonte; cioè nella fontana indeficiente della Sapienzia Divina, onde vien quel ch’ei pensa; cioè da la qual fonte viene e procede lo pensieri suo: imperò che ogni nostro buono pensieri viene da Dio. Così Beatrice; disse, s’intende, come io òne scritto, dice l’autore, e quelle anime liete; cioè e quelli beati spiriti, Si fero; cioè si feceno, spere; cioè come cerchi, sopra fermi poli; cioè sopra fermi perni, cioè che come li cerchi girano in su li perni, che stanno saldi; così si giravano quelli beati spiriti sopra la beatitudine e felicità sua, che era ferma come perno, Fiammando; cioè fiammeggiando, forte; cioè fortemente, a guisa di comete 3: le comete sono vapori che si levano infine a la terza regione dell’aire, e quine s’accendono e fanno grandi code, et ànno a significare o morte 4, o avvenimento di signore. Et ora induce una similitudine, dicendo che quale girava piano e quale forte come fanno li cerchi delli uoriuoli; e però dice: E, come cerchi in tempra d’oriuoli; cioè per temperamento delli uoriuoli, Si giran sì; cioè per sì fatto modo, che ’l primo; cioè cerchio dell’oriuolo, a chi pon mente; cioè a colui, che ragguarda ad esso, Quieto pare; cioè pare riposato: sì va piano, e l’ultimo; cioè cerchio delli uoriuoli, par che voli: sì va ratto. Così; ora adatta la similitudine, quelle carole; cioè quelli beati spiriti, che seguitavano come fanno le persone nel ballo tondo: carole è ballo tondo, differente - Mente; cioè con differenzia: imperò che quale andavano piano e quale ratto, secondo la differenzia della beatitudine, danzando; cioè facendo festa, de la sua ricchezza; cioè della sua abundanzia de la beatitudine, che è la loro ricchezza, Mi si facean stimar; cioè facevano me Dante stimare loro, veloci e lente; secondo che io le vedeva muovere 5, dice l’autore. E questa velocità e tardità, come [p. 664 modifica]detto è, significava lo fervore della carità, che era in loro: imperò che quella che aveva più fervore, più velocemente si moveva; e quella che avea meno, più tarda si moveva.

C. XXIV — v. 19— 33. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che, poi che Beatrice ebbe detto le parole dette di sopra, e quelli beati ebbono fatto quelle circulari revoluzioni che dette sono di sopra, una beata anima uscitte dell’altre e venne a Beatrice dicendo così: Di quella; cioè carola, ch’era quella delli Apostoli e discepoli di Cristo, ch’io; cioè la quale carola io Dante, notai di più bellezza; che l’altre carole, Vidd’io; cioè viddi io Dante, uscir un foco sì felice; cioè 6 uno beato spirito sì avventuroso e sì splendiente 7, Che nullo; cioè spirito, vi lasciò; cioè nella detta carola, di più chiarezza; che fusse elli, anco avanzava tutti gli altri in chiarezza e splendore. E tre fiate; cioè tre volte, intorno di Beatrice; cioè intorno a Beatrice, che aveva fatto la preghiera per Dante; e questo dà ad intendere l’autore che la dottrina di san Piero nella santa Scrittura informa et ammaestra li fideli cristiani della santa Trinità; Padre, Figliuolo e Spirito Santo; ammaestra e regula ancora la ragione, la concupiscenzia e l’irascibilità, che sono le potenzio dell’anima umana; et anco si può intendere che ammaestri delle tre virtudi teologiche, cioè fede, speranza e carità; e per questo finge che li beati girasseno tre volte, a dimostrare che avevano perfettamente le dette tre virtudi, e san Piero tre volte intorno a Beatrice per le dette cagioni; e però dice: Si volse; cioè lo detto beato spirito, cioè san Piero, con un canto tanto divo; cioè tanto dilettevole et alto, Che la mia fantasia; cioè la virtù fantastica di me Dante, nol mi ridice; cioè non me lo riduce a memoria, sicch’io lo possa scrivere. Però salta la penna; cioè di me Dante e non lo scrivo; cioè lo detto canto. Chè; cioè imperò che, l’imaginar nostro; cioè di noi uomini, a cotai pieghe; cioè a dimostrare siffatte distinzioni, che sono come pieghe nelle dipinture nostre, Non che ’l parlar è troppo color vivo; cioè è troppo chiaro et insufficiente, e farebbe più tosto non parere le pieghe che apparere 8; e così l’mmaginare, che è più che ’l parlare, non è sofficiente a dimostrare tali distinzioni. Et ad intendere questo, debbiamo sapere che lo dipintore quando dipinge alcuna figura vestita, per mostrare le pieghe del vestimento, usa colore oscuro e non chiaro: imperò che ’l vivo e chiaro colore non farebbe apparere le pieghe, anco più tosto sparere; e così vuol dire che lo imaginare. non che il parlare, sarebbe [p. 665 modifica]appiattamento, non manifestamento di questo canto, che detto è che fece santo Piero, che è adornamehto del poema come la piega ad adornamento della figura: imperò che fa parere la figura vestita et ornata; e, benchè meglio s’imagini la cosa che non si manifesta col parlare, dice che lo imaginare non mosterrebbe questa piega; e però dice che è troppo colore vivo. O santa suore mia; parla santo Piero a Beatrice, e chiamala santa suore: imperò che quelle anime, che scrissono la santa Teologia, furono sante e sono suore per carità; e però finge l’autore che san Piero la chiami suore — , che sì ne preghe Devota; cioè che sì devota mi preghi, per lo tuo ardente affetto; lo, quale io veggo essere in te, mi disleghe; cioè tu mi disleghi, cioè mi sciogli e separi, Di quella santa spera; ne la quale io era 9. Poscia; fermato ’l foco benedetto; cioè poi che si fu girato tre volte intorno a Beatrice, fermato che si fu, come è detto di sopra, A la mia donna; cioè a Beatrice, drizzò lo spiro; cioè lo spirare, che cagionò lo parlare, Che; cioè lo quale spiro, favellò cosi, com’i’ò detto; cioè dinanzi quando dissi: O santa suore mia ec.

C. XXIV — v. 34-45. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Beatrice rispuose a santo Piero, e pregollo che tentasse Dante de la fede, dicendo così: Et ella; cioè Beatrice disse a santo Piero, s’intende: O luce eterna del gran viro 10; cioè o anima, santa luce di san Piero apostolo di Cristo: imperò che l’anima di santo Piero era fatto luce perpetua: imperò che in lui riluceva la grazia di Cristo; e ponsi eterna per perpetua, secondo san Piero ben fu grande omo, anco grandissimo di tutti, che fu papa; sicchè non vuole dire altro se non: O anima i san Piero, che fu grande omo, la quale se’ fatta luce perpetua, A cui; cioè al quale omo, Nostro Signor; cioè Cristo, lasciò le chiavi; cioè di vita eterna 11; e però dice: Che; cioè le quali chiavi, portò giù; cioè Cristo di cielo in terra, di questo gaudio miro; cioè di questa meravigliosa allegrezza. Cristo portò di cielo in terra, in quanto Iddio, le chiavi del cielo, cioè l’abilità e ’l modo come a l’umana generazione fusse aperto il cielo che prima era chiuso ad ognuno, e poi per là grazia d’Iddio s’aperse, Tenta costui; cioè Dante, di punti; cioè di fede, levi e gravi; cioè che siano leggieri e gravi, Come ti piace; cioè come piace a te beato spirito, intorno de la Fede; cioè intorno a quello, che s’appartiene a a fede, Per la qual; cioè fede, tu; cioè san Piero, su per lo mare andavi; come si contiene ne l’Evangelio che san Piero disse: Domine, si tu es, iube me ad te venire; e Cristo liel comandò, et eli andò [p. 666 modifica]per la sua fede su per l’acqua del mare, come andrebbe l’omo su per la via; e quando la fede li venne meno, elli incominciò ad andare sotto, et allora Cristo lo prese per la mano, et allora disse: Modicae fidei 12, quare dubitasti? e tirollo suso. S’elli ama ben; cioè se Dante ama bene Iddio e lo prossimo, e questo è la virtù teologica che si chiama carità, e bene spera; e questa la virtù teologica, che si chiama speranza, e crede; e questa è la virtù, che si chiama fede; e così tocca le tre virtù; fede, speranza e carità, Non t’è occulto; cioè non è occulto a te san Piero; et assegna la cagione: per che ’l viso ài quivi; cioè perchè tu ài lo tuo vedere in quello luogo, cioè in Dio, Dove ogni cosa dipinta si vede: imperò che li beati, ragguardando in Dio, ogni cosa vedono. Ma, perchè questo regno; cioè di vita eterna, à fatto civi 13; cioè àe fatto i fideli cristiani cittadini suoi, Per la verace Fede; cioè per questa cagione, cioè per la vera fede, è buon; cioè ben fatto, ch’a lui arrivi; cioè che tu, san Piero, arrivi a Dante, parlar Di Lei; cioè a parlare di lei, cioè della fede, a gloriarla; cioè a darli gloria e laude, com’ella merita: imperò che, quando le virtù si manifestano e dichiarano, allora si gloriano.

C. XXIV — v. 46-57. In questi quattro ternari lo nostro autore finge com’elli s’apparecchiò a rispondere, e com’elli fu dimandato, e come Beatrice lo confortò che rispondesse, dicendo così, proponendo una similitudine: Sì come il bacciellier; cioè lo rispondente nelle questioni teologiche, che si chiama in vulgare bacciellieri; in Grammatica bacalarius, che tanto viene a dire quanto contadino inetto, perchè tale debbe essere forte a le fatiche della scenzia, come lo contadino all’opere rusticane, s’arma; cioè arma sè di risposte, e non parla; anco sta cheto, Fin che ’l Maestro; cioè in Teologia, propone la question; cioè in mentre che lo maestro, che tiene la catedra, propone la questione, a che debbe rispondere, Per aiutarla; cioè per aiutare la questione proposta, non per terminarla; cioè ma non per terminare la questione; e questo dice, perchè mai non ne terminano alcuna; ma aiutano la questione, proponendo gli argomenti pro e contra, e così aiutano la questione; ma non la decidono; e questo determina lo verbo propone. Così m’armava io; cioè Dante; ecco che adatta la similitudine, dicendo che così s’armava elli a la questione che si doveva proponere a solvere da lui, come s’arma lo bacciellieri, d’ogni ragione; cioè in ogni facultà di scenzia de le dette tre virtù, Mentre ch’ella dicea; cioè mentre che diceva Beatrice, per esser presto; cioè apparecchiato a rispondere, A tal querente; quale era san Piero, e a tal professione 14; chente è la santa [p. 667 modifica]Teologia. Et ora induce a parlare san Piero: Dì, buon cristiano; dice san Piero a Dante: Dì a noi tu, Dante, che se’ buono cristiano, facci manifesto; cioè a noi questo, che io ti dimando, cioè: Fede Che è; ecco proposta la questione, cioè che cosa è fede? Ond’io; cioè per la quale cosa io Dante, levai la fronte; cioè levai alto lo capo verso colui che m’addimandava, che prima lo teneva basso, come fa chi pensa, In quella luce; cioè in quella anima, che era fasciata di luce intorno, unde; cioè da la qual luce, spirava questo; cioè usciva questo che dimandò, che è detto di sopra. Poi; cioè che io ebbi levato la fronte, mi volsi a Beatrice; cioè volsi me Dante a la mia guida, per avere licenzia di rispondere; e questo finge, per mostrare che nessuno debbe rispondere a la question de la fede, se non col consiglio della santa Scrittura, et ella; cioè Beatrice, pronte; cioè manifeste e toste, Sembianze; cioè viste e cenni, femi; cioè fece a me Dante 15, perch! io; cioè perchè io Dante, Spandessi; cioè spargesse e manifestasse, L’acqua; cioè l’abbondanzia del mio sapere, di fuor del mio interno fonte; cioè della mia scenzia, che io aveva d’entro 16, da la quale deriva quello che proferiamo co le parole.

C. XXIV — v. 58-69. In questi quattro ternari lo nostro autore finge com’elli, invocata prima la grazia divina, rispuose a la questione propostali da san Piero, dicendo così: La grazia dell’alto primo pilo; cioè dell’alto campione, che portò primo la lancia co la quale fu vinto lo dimonio, o vero gonfalonieri nostro, cioè Iesu Cristo che primo portò la lancia, co la quale fu vinto lo nostro inimico, e prima sallitte in cielo col gonfalone de la vittoria, che; cioè la quale grazia, mi dà; cioè dà a me Dante, ch’io; cioè che io, mi confessi; cioè manifesti me a san Piero come sono informato de la fede, Comincia’io; cioè io Dante cominciai a parlare, come io òne detto, Faccia li miei concetti; cioè li miei pensieri di me Dante, esser espressi; cioè essere manifesti. Et, invocata la grazia d’Iddio, adiunge come procede poi oltra; e però dice: E seguitai; cioè io Dante nel mio parlare. Come ’l verace stilo; cioè come lo vero modo del parlare, del tuo caro frate; cioè di san Paulo, che fu a san Piero caro come fratello, padre; ecco che chiama san Piero padre, perchè fu primo pastore della Chiesa, Ne scrisse; cioè nelle sue Epistole, Che; cioè lo quale tuo fratello, cioè san Paulo, mise teco: imperò che insieme con teco convertitte li Romani, Roma nel buon filo; cioè della fede cristiana. Fede è sustanzia di cose sperate; cioè fede è quello, in che sta e fondasi la speranza: come l’accidente sta [p. 668 modifica]nel subietto; così la speranza sta nella fede; e però dice che fede non è altro che sustanzia di cose sperate, Et argomento de le non parventi 17; cioè delle cose che non appaiano: imperò che co la fede s’argomenta che sia vita eterna, e così l’altre cose che non appaiano. E questa pare a me; cioè a me Dante, sua quiditate; cioè sua diffinizione: imperò che la diffinizione è quella, che manifesta che cosa è lo diffinito. Allora udi’; cioè parlare san Piero: Dirittamente senti; cioè tu, Dante, de la fede, Se bene intendi, perch’ella si puose; cioè la fede, Tra le sustanzie; cioè quando la diffinizione dice: Fede è sustanzia ec., e poi tra li argomenti; quando disse: Et argomento de le non parventi; cioè come àe detto la diffinizione posta di sopra: argomento è ragione che fa fede della cosa dubbiosa.

C. XXIV — v. 70-78. In questi tre ternari lo nostro autore finge come, addimandato di sopra da san Piero, perchè fede si dice spene di sustanzia e d’argomento, elli lo dichiarò dicendo così: Et io; cioè Dante rispuosi così, s’intende, appresso; cioè dopo la detta dimanda senza indugio. Le profonde cose; cioè l’alte cose, che sono sopra li cieli, Che; cioè le quali cose alte e celestiali, mi largiscon; cioè donano a me Dante, qui; cioè in questo luogo, cioè in cielo dove io ora sono, cioè mentalmente, si debbe intendere, la lor parvenza; cioè la loro apparenzia, cioè che le veggo qui, A li occhi di laggiù; cioè a li occhi dei mortali, che sono giù nel mondo, son sì nascose; cioè sì occulte et appiattate, Che l’esser loro; cioè de le cose celesti, v’è in sola credenza; cioè in solo credere: imperò che li mondani non ànno altro de le cose celesti, se non che le credeno; dunqua le cose celesti appresso li mondani sono solo nel credere. Sopra la qual; cioè credenza, si fonda l’alta spene; cioè l’alta speranza: imperò che la speranza è de le cose che l’omo crede 18, e la fede non è altro che credere fermamente; dunqua quando le cose celesti si credeno fermamente questo è fede, e quinci nasce la speranza che l’uomo àe d’avere quello che crede essere fermamente; dunqua ben dice la diffiìnizione che fede è sustanzia de le cose che si sperano e debbonsi sperare; e così si vede che la fede è lo fondamento della speranza e conviene andare innanzi a la speranza; e quinde conchiude l’autore, quando dice: E però di sustanzia prende intenza; cioè piglia la fede intenzione di sustanzia, cioè d’esser chiamata sustanzia. E, dichiarato perchè la fede si dice sustanzia, ora dichiara perchè si dice argomento, dicendo: E da questa credenza; che è la [p. 669 modifica]fede, ci convene Silocizzar; cioè conviene a noi Teologi formare le nostre ragioni et argomenti: silocizzare è fare silocismo, e silocismo è argomento, et argomento è orazione che fa fede della cosa dubbiosa; e però, quando lo Teologo vuole mostrare le sue ragioni, conviene formare li argomenti suoi sopra le cose credute e presupponere le cose credute, e quinde poi arguire e provare ogni sua conclusione, senza aver altra vista; cioè senza avere altra veduta, se non la fede. Però intensa d’argomento tene; cioè tiene intenzione 19 d’argomento: imperò che, postolo fondamento della fede, possiamo argomentare e provare ogni conclusione teologica; e così appare che la diffinizione data di sopra de la fede dall’autore è verissima. E qui finisce la prima lezione del canto xxiv, et incominciasi la seconda.

Allor udi’: Se quantunche s’acquista ec. Questa è la seconda lezione del canto xxiv, nella quale lo nostro autore finge come santo Piero esaminò poi lui nelli articuli della fede; e come è venuto a tale fede; e prima s’elli aveva questa fede, e quale era stato lo principio d’essa. E dividesi tutta in parti sei: imperò che prima finge l’autore come san Piero commendò la sua risposta, et appresso lo dimandò s’elli avea fede; nella seconda parte dimanda unde ebbe principio questa sua fede, et è la seconda: Appresso uscì ec.; nella terza parte finge com’elli rispuose ad uno dubbio mosso di sopra da san Piero a lui, et incominciasi quine: Et io: La prova ec.; nella quarta parte finge come nella corte di paradiso cantasi da tutti li beati spiriti: Te Deum laudamus ec., e come santo Piero lo induce a manifestare li articuli della fede, et incominciasi quine: Finito questo ec.; nella quinta parte finge l’autore com’elli rispuose de li articuli della fede, et incominciasi quine: O santo padre ec.; nella sesta parte finge come san Piero, udito questo, lo girò intorno benedicendolo, et incominciasi quine: De la profonda condizion ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo colla sua esposizione allegorica e morale.

C. XXIV — v. 79-87. In questi tre ternari lo nostro autore finge come san Piero commendò la sua risposta; e come lo dimandò s’elli aveva questa fede; e com’elli rispuose che sì, dicendo così: Allor; cioè allotta, quando io ebbi 20 detto le parole dette di sopra, udi’; cioè io Dante dire quello spirito che m’avea dimandato, Se quantunche s’acquista Giù; cioè nel mondo, per dottrina; cioè se ciò che s’impara, fusse così inteso; cioè come tu intendi la diffinizione [p. 670 modifica]della fede. Nolli aria luogo; cioè non vi sarebbe per alcuno, ingegno di sofista; cioè di colui che argomenta scientificamente, o vero non vi potrebbe avere luogo ingegno d’ingannatore con argomenti apparenti: imperò che sofista è vocabulo greco che si interpreta savio o vero ingannatore. Così spirò; cioè così uscitte fuora lo parlare che non si può fare senza spirare, da quello amore acceso; cioè dallo spirito beato di san Piero, che era dentro dalla luce e da la fiamma, che detto fu di sopra. Indi; cioè dipoi, soggiunse; cioè al suo parlare di prima. Assai ben è trascorsa D’esta moneta; cioè della fede, già la lega; cioè la diffinizione, e ’l peso; cioè lo intelletto e la sentenzia della diffinizione; et usa qui lo colore 21, replicato molte volte di sopra, che si chiama permutazione, ponendo la moneta per la cosa diffinita, e per la lega la diffinizione, e per lo peso la intenzione della diffinizione. Ma dimmi; cioè ma dì, a me tu, Dante, se tu l’ài; cioè tu, Dante, nella tua borsa; cioè nella tua anima questa moneta, cioè questa fede. Ond’io; cioè per la qual cosa io Dante rispuosi, s’intende, Sì ò; cioè sì io òne la fede nell’animo, sì lucida; cioè sì chiara, senza dubbio alcuno, e sì tonda; cioè e sì perfetta: tondo è perfetto, perchè la figura tonda è la più perfetta che sia 22, Che nel suo conio; cioè nella sua forma: conio è forma della moneta, nulla mi s’inforsa; cioè nulla cosa m’è in dubbio; questo è verbo derivato da forsi, che è avverbio che significa dubitazione; unde inforsare si pone per dubitare 23.

C. XXIV — v. 88-99. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come san Piero lo dimandò ancora unde elli ebbe questa nostra fede; e com’elli manifesta unde elli l’ebbe, dicendo così: Appresso; cioè incontenente dopo le dette parole, uscì de la luce profonda; cioè dell’anima di san Piero, che era in quella luce grandissima, di che fu detto di sopra, Che; cioè la quale, lì; cioè quive, splendea; cioè perchè la luce in che era risplendeva, che significa lo splendore della virtù e della carità che era nell’anima. Questa cara gioia; cioè la fede, ch’era gioia dei cristiani, Sopra la qual; cioè fede, ogni virtù si fonda; cioè ogni virtù teologica e cardinale àe per fondamento la fede, come detto fu, Onde ti venne; cioè unde ebbe principio in te Dante? et io; cioè et io Dante rispuosi. La larga ploia 24 De lo Spirito Santo; cioè la larga abundanzia della [p. 671 modifica]grazia dello Spirito Santo, che discende abondevilmente come la pioggia sopra chi la dimanda 25. che è diffusa; cioè che è abondevilmente sparta, E ’n su le vecchie e ’n su le nuove cuoia; cioè et in su le vecchie et in su le nuove carte: imperò che le carte membrane sono di cuoia e di pelle d’animali, come di pecore, montoni, agnelli e cavretti; et intende qui del vecchio Testamento e del nuovo: imperò che la santa Scrittura è discesa da la grazia abondante dello Spirito Santo ine le menti umane, che l’ànno poi scritta co le loro mani in su le carte, È ’l silogismo; cioè è l’argomento, che me l’à conchiusa; cioè che m’à conchiuso questa conclusione, cioè che si debbe credere che vero è ciò, che crede la santa madre Chiesa: imperò che, se li Profeti nei quali parlava lo Spirito Santo, predicevano le cose che poi avvenneno di Cristo; e se Iddio promisse al suo populo di mandare o Salvatore del mondo, dunqua vero è quello, che la santa Chiesa crede e ciascuno catolico, sicchè bene dice l’autore che è lo silogismo che li à conchiusa la fede, Acutamente; cioè sottilmente, sì; cioè per sì fatto modo, che ’n verso d’ella; cioè che inverso quella demostrazione, che n’à fatto lo Spirito Santo, Ogni demostrazion; cioè ogni argomento più manifesto, mi pare ottusa; cioè grossa et oscura, Io; cioè Dante, udi’ poi; cioè che io ebbi detto questo di sopra, dice san Piero. L’antica; cioè lo Vecchio Testamento, che è come la proposizione antecedente, e la novella Proposizion; cioè lo Nuovo Testamento, che è la proposizione sequente, che così ti conchiude; cioè ti fa conclusione della fede, Perchè l’ài tu; cioè tu, Dante, san Piero dice dimandandolo: Che dici tu quella essere? Et adiunge anco dimandandolo, per divina favella; cioè ài tu questa per divina favella, cioè che sia detta da Dio? Sì mi pare: imperò che sopra mostrasti che così sia: e però di sotto afferma l’autore questo, e dimostra la prova di ciò.

C. XXIV — v. 100-111. In questi quattro ternari lo nostro autore risponde, secondo ch’elli finge, che l’opere seguitate ànno fatto pruova della sua reputazione, dicendo così: Et io; cioè Dante rispuosi così al dimando fatto di sopra a me da san Piero. La prova; cioè voi dimandate quello che io tengo della santa Scrittura vecchia e nuova, e dimandatemi se io l’òne che sia stata detta da Dio; et io vi dico che io tengo che sì, e così dissi di sopra, e la prova sono li effetti miraculosi seguitati quinde; e però dice: La prova che ’l ver mi dischiude; cioè la quale mi manifesta et apremi la verità di questa reputazione, Son l’opere seguite; cioè sono l’opere seguitate: benchè le parole divine siano bastevile prova; niente di meno fanno maggiore prova a li omini mondani le prove dell’opere 26 che sono [p. 672 modifica]seguitate, le quali sono state sopra natura; e però dice, a che; cioè a le quali opere, natura; cioè natura naturata, Non scalda ferro mai; cioè non opera artificio, come fa lo fabbro che, per vincere la durezza del ferro, lo mette nel fuoco e scaldalo, e vince la natura del ferro coll’arte, non batte ancude: imperò che lo fabbro, battendo lo ferro in su l’ancudine tra per lo fuoco che l’addolca 27 e contiello 28 che non crepi, e tra ’l martello che lo stringe in su l’ancudine, lo reca a la sua intenzione; e così vuole dire che l’opere seguite dopo l’avvenimento di Cristo sono opere che avanzano la natura e l’arte, e così sono cose miraculose. Ecco coloro, che dissono innanzi le cose che doveano venire, che le dicesseno in forma come poi vennono, questo fu miraculosa cosa, e che così evenissono 29 anco è miraculosa cosa. E questo fa prova che la santa Scrittura nuova e vecchia conchiude essere necessaria la fede: però che questo è stato cosa sopra natura. E poi che Dante à risposto al dimando di san Piero, che lo dimandò s’elli teneva la santa Scrittura detta dallo Spirito Santo, assegnando la prova che li miraculi seguitati di quinde ne fanno prova, finge che lo dimandasse che sigurtà avea che quelle opere avessono quello che vuole provare, cioè che l’opere seguitate delle parole della santa Scrittura nuova e vecchia, che conchiudono la fede, fussono divine come è divina la santa Scrittura; e però dice: Risposto fumi; cioè a me Dante da san Piero a quello che io aveva detto, che l’opere miraculose seguitate dalla santa Scrittura fusseno prova che la santa Scrittura fu dettata dallo Spirito Santo. Dì; cioè tu, Dante, chi t’assigura; cioè chi ti fa sicuro, Che quell opere; cioè miraculose seguitate, fusser; cioè fussono? Quel medesmo Che vuol provarsi; cioè fussono opere divine che avessono effetto per virtù 30 della santa Scrittura, siccome tu vuoi provare per l’opere che la santa Scrittura fusse dettata da Dio, non altri te l’iura; cioè non te lo afferma altri questo: imperò che iurare è affermare; et a questo risponde ora l’autore, dicendo unde questa fermezza è ora venuta, cioè dall’opere che siano divine come è divina la santa Scrittura. Lo dubbio mosso sta in questa fornai; cioè: Tu dici che l’opere miraculose sono prova che da Dio è produtta la santa Scrittura; ma chi figura 31 che l’opere seguitate siano quel medesmo che la santa Scrittura, cioè siano opera divina come è la santa Scrittura? Altri non te l’afferma; dì tu quel che ne sai. Et a questo risponde ora l’autore, dicendo così: Se ’l mondo si rivolse al Cristianesmo; cioè se lo mondo, che prima era pagano, si [p. 673 modifica]rivolse ad essere cristiano, Diss’io; cioè io Dante dissi, come detto è, senza miraculi; cioè ponendo che non siano stati miraculi e che ne sia dubbio, questo uno; cioè che ’l mondo sia convertito 32, È tal; cioè è sì fatto argomento e sì fatta prova, che li altri; cioè miraculi fatti, non sono ’l centesmo; cioè non sono la centesima parte di questo solo miraculo. e questo pur fu che Iddio fece molti miraculi, e tra questi miraculi fece questo grande che indusse lo mondo a la fede che è sopra natura, et a questo non si può negare; adunqua seguita che sia vero che l’opere seguite sono divine, come è divina la santa Scrittura. E che questo sia vero lo prova, dicendo: Che tu; cioè imperò che tu, san Piero, intrasti povero: imperò che con povertà, avendo abbandonato ogni cosa, e digiuno; cioè essendo con astinenzia da tutte le cose mondane, a seminar la buona pianta; cioè 33 la Chiesa, che fu come buona pianta che dovesse fare buono frutto, In campo; cioè nel campo della cristianità e di tutta la congregazione delli omini, Che; cioè la qual pianta, fu già vite; cioè abbondante, come vite a fare frutto a Dio e convertire l’anime umane a la fede, et or; cioè et al presente, cioè al tempo dell’autore, è fatta pruno; cioè è insalvatichita e diventata sterile, come è lo pruno: imperò che non fa più frutto. Seguita.

C. XXIV — v. 112-123. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che, poi ch’ebbe così risposto; tutta la corte di paradiso rendè 34 grazie a Dio; e come poi san Piero l’esaminò, più oltre addimandandolo che dicesse li articuli de la fede, la quale credeva, dicendo così: Finito questo; cioè poi che io ebbi finito questo, che è detto di sopra, l’alta Corte santa; cioè dei beati che alta è, in quanto sono in cielo et in più alto stato che possa essere, e perfetti perchè sono confirmati in grazia, Risonò per le spere; cioè.cantò per li circuli, ne’ quali erano, Un Dio laudamo 35; cioè quel canto, che incomincia: Te Deum laudamus ec., lo quale compuose santo Ambruogio e santo Augustino ne la conversione di santo Augustino, Ne la melode; cioè ne la dolcezza di canto, che; cioè lo quale, sì di ramo in ramo; cioè per sì fatto modo di parte in parte, Esaminando; cioè me Dante, già tratto m’avea; cioè m’avea tirato tuttavia più su: come chi salglie 36 in su l’arbore di ramo in ramo; così me avea tirato di questione in questione; che l’una richiedeva l’altra: imperò che prima lo dimandò che cosa è fede, poi l’esposizione de le parolede la diffinizione della fede, poi se egli l’aveva nell’anima, poi unde li era venuta, poi s’egli teneva che la santa [p. 674 modifica]Scrittura fusse parola d’Iddio; et adiunge la prova che si, et ultimo 37 s’egli credeva li miraculi, che si diceno, essere veri: et a tutte queste cose l’autore aveva pienamente risposto. Et ora finge che lo esaminasse delli articuli della fede, che è l’ultima cosa che s’appartenga a la fede; e però dice: Che a l’ultime fronde; cioè a l’ultimo adornamento della fede che sono li suoi articuli, come le frondi delli arbori, appressavamo; cioè eravamo tanto montati, che eravamo a l’ultimo della fede, Ricominciò; cioè a parlare da capo et esaminarmi. La grazia; cioè d’Iddio, che donnea; cioè che come donna 38 accompagna l’anima tua; e però dice: Co la tua mente: imperò che la mente dell’autore signoreggiava lo corpo suo operante, cioè la grazia d’Iddio, la bocca t’aperse; cioè di te Dante, Infin a qui; cioè in fine a questo luogo, sì, come aprir dovea; cioè la detta grazia la tua bocca aperse, convella si doveva aprire, Sicch’io; cioè san Piero, approvo ciò, che fuori emerse; cioè approvo ciò, che uscitte de la tua bocca. Ma or conviene esprimer quel che credi; cioè manifestare li articuli della fede, Et unde la credenza tua s’offerse; cioè 39 offeritte sè, cioè unde incominciò.

C. XXIV — v. 124-141. In questi sei ternari lo nostro autore finge come elli rispuose al dimando di santo Piero, dicendo cosi: O santo padre; finge l’autore che dicesse Dante a san Piero: imperò che gli papa si chiamano padri, e spirito: imperò che nel mondo fu padre, e quine spirito, che; cioè lo quale, vedi; cioè ora, che se’ in paradiso, Ciò che credesti; giuso quando eri nel mondo, sì; cioè per sì fatto modo, che tu vincesti; cioè tu, san Piero, essendo vecchio, Ver lo sepulcro; cioè di Cristo, i più giovani piedi; cioè li piedi di santo Ioanni, che era più giovano di te, e dovea correre prima che tu nel sepulcro di Cristo, e tu vi corresti innanzi tu, sicchè tu prima vedesti la resurrezione di Cristo, che elli, per la tua eccessiva fede, Comincia’io; cioè incominciai io Dante a parlare, come detto è, tu vuoi; cioè tu, san Piero, ch’io; cioè che io Dante, manifesti; cioè a te, La forma del pronto creder mio; cioè 40 del manifesto mio credere, qui; cioè in questo luogo, Et anco la cagion di lui; cioè del mio credere, chiedesti; cioè dimandasti tu, san Piero, ne la tua dimanda. Et io; cioè Dante, rispondo; cioè a te, ch’io credo in un Dio; cioè che io Dante credo in uno Iddio, Solo: imperò che non à compagnia: imperò che, non è, se non uno Iddio, et eterno; cioè senza principio e senza fine, che; cioè lo quale Iddio, Non moto: imperò che è stabile et immutabile, move tutto ’l Ciel: imperò [p. 675 modifica]ch’elli muove li motori che muoveno li cieli, stando immobile; e però dice Boezio della Filosofica Consolazione nel terzo libro: Stabilisque manens das cuncta moveri. — con amore e con disio; ecco che dichiara come Iddio muove, cioè come amato e desiderato, e però dice che muove con amore e desiderio. Et a tal creder; come io òne detto di sopra, non ò io; cioè Dante, pur prove Fisiche; cioè solamente naturali, e matafisiche; cioè solamente trascendenti la natura, che tutte conchiude essere uno principio, che è Iddio, ma dalmi; cioè ma dammele, cioè a me Dante, Anche la verità; cioè ancora me le dà la verità, cioè le prove del mio credere, che; cioè la quale verità, quinci; cioè di cielo, piove; cioè giuso discende, Per Moise; siccome nella Bibbia, che fu duttore 41 del popolo in terra di promissione, che arrecò nelle tavole la legge che disse: Cole unum Deum— , per Profeti; che profetarono l’avvenimento di Cristo e tutto ciò che dovea fare, e per Psalmi; cioè e per lo psalmista David, che anco ne suoi Psalmi predisse quel che dovea venire, Per l’Evangelio; che scrissono li quattro Evangelisti, che ci mostrorno la fede, e per voi; cioè e per voi Apostoli di Cristo, che scriveste; le Pistole canoniche e li Atti de li Apostoli, Poi che l’ardente Spiro; lo quale discese in voi, vi fece almi; cioè santi e venerabili. E credo in tre persone eterne; cioè nel Padre, nel Figliuolo e nello Spirito Santo, che tutti sono eterni: sono tre persone et una sustanzia, e così uno Iddio, e queste; cioè tre persone, che dette sono, Credo una essenzia; essere 42 io Dante, sì una; quanto a l’essere et a la deità, e sì trina; cioè questa una essenzia, quanto a la personalità, Che sofferra; cioè essa essenzia, congiunto sono: imperò che si può dire queste tre persone sono una essenzia et una deità, e questa essenzia e deità è tre persone; e però dice: e sofferra coniunto et este; cioè è, quanto a vulgare; ma dice este per la rima: imperò che in Grammatica si. dice e scrive est, et este è de lo imperativo in numero plurali nel tempo presente.

C. XXIV — v. 142-154. In questi quattro ternari et uno versetto lo nostro autore finge com’elli dichiarò la seconda parte del dimando fatto da san Piero; cioè unde li era venuta la notizia de la fede, dicendo così: De la profonda condizion divina; cioè della condizione d’Iddio, che è sì alta, che non vi si può adiuugere dallo intelletto umano, Che io; cioè la quale condizione divina io Dante, tocco mo; cioè tocco e comprendo a vale, che sono in questo luogo, Più volte l’evangelica dottrina; che è scritta ne li Evangeli, mi [p. 676 modifica]sigilla la mente; cioè suggella et impronta la mia mente la dottrina delli Evangelisti. Quest’è ’l principio; cioè la dottrina evangelica è lo principio 43 della fede, quest’è la favilla; cioè questo è l’origine 44 incenditivo a la fede, che cresce poi in grande ardore; e però dice: Che; cioè la quale favilla, si dilata; cioè si stende, in fiamma; cioè in ardente fervore, poi; cioè poi che è incominciata ad intrare et accendersi nella mente, vivace: imperò che sempre vive. E come stella in Cielo; cioè risplende e sfavilla, così in me scintilla; cioè sfavilla. Et ora finge ’l autore come san Piero, congratulandosi de la sua risposta, l’abbracciò; e però dice: Come ’l signor ch’ascolta quel che i 45 piace; cioè quando lo servo li arreca l’ambasciata, Da indi; cioè di poi, abbraccia ’l servo, gratulando; cioè rallegrandosi con 46 lui, Per la novella; ecco la cagione, cioè per la novella ch’elli àe udita, tosto ch’el si tace; cioè altresì tosto com’elli sta cheto, che àe detto la novella. Così; ecco che adatta la similitudine, benedicendomi cantando; cioè quel canto, che fu detto di sopra: Te Deum laudamus, o vero quello che cantano li prelati, cioè: Sit nomen Domini benedictum ec. — , Tre volte cinse me; cioè girò intorno a me Dante, L’apostolico lume; cioè lo splendore nel quale era san Piero, o per denotare le tre virtù teologiche 47, o per mostrare essere ben disposte le virtù dell’anima di Dante, come io tacqui; cioè come io ebbi finito, al cui comando; cioè al comando del quale, Io avea detto; cioè io Dante aveva parlato e risposto a le sue questioni, sì nel dir li piacqui; cioè sì prese compiacenzia di quello che io avea detto, rispondendo a le sue dubitazioni 48 che m’avea mosso. E qui finisce lo canto xxiv, et incominciasi lo xxv.

Note

  1. C. M. fu immolato per li peccati dei peccatori, lo quale
  2. Terminare, attivo. E.
  3. C. M. comete; cioè al modo che fiammeggiano le comete: le comete
  4. Un tempo le comete furono tenute come apportatrici di pubbliche sciagure; ma al presente per l’avanzamento delle scienze fisiche siffatto errore si va dileguando: elleno sono corpi sottoposti all’attrazione del Sole, ed obbedienti, come i pianeti, alle leggi fisse e costanti della gravitazione universale. Rimane finora ignoto di che sostanza sieno composte. E.
  5. C. M. muovere o tardi o velloci: imperocchè la velocità significava lo fervore della carità grande; e la lentezza, meno fervore. E così figura che ’l moto rispondesse al fervore della carità. Seguita l’altra parte.
  6. C. M. cioè uscire dal cerchio delli altri uno
  7. C. M. splendiente a modo di un fuoco, Che
  8. Apparere, sparere, della seconda congiugazione, come appresso i Latini. E.
  9. C. M. era; e però dice ch’è quella beata spera, dove sono gli Apostoli e discepoli di Cristo. Poscia;
  10. Viro; personaggio, secondo il vir latino. E.
  11. C. M. eterna; al quale san Pietro lo nostro signore Iesu Cristo lassò, sì come suo incarico, le chiavi di vita eterna, le quali portò seco dal padre; e però
  12. fidei, cur timuisti?
  13. Civi; cittadini, dal civis latino. E.
  14. C. M. professione; quale era la santa
  15. C. M. Dante manifesti et apparecchiali cenni e viste, perch’io;
  16. C. M. d’entro, di fuora la spargesse del mio intelletto quel che avea dentro da me, dal quale
  17. S. Paolo Epist. ad Hebraeos xi-i. Est autem fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium. - Ed Albertano da Brescia - Della Dilezione di Dio - cap. iv - Fede è sostanza di cose da sperare, ed argomento e prova di cose non appariscenti. E.
  18. C. M. crede le cose certamente, che l’omo non vede e di che l’omo non à contezza; dunqua
  19. C. M. intenzione e denominazione d’argomento; cioè s’intende essere e nominasi argomento. E così à dimostrato l’autore quel ch’elli intende per sustanzia et argomento. E qui
  20. C. M. ebbi risposto, come ditto è di sopra, io Dante
  21. C. M. colore permutazione, del quale più volte è stato detto di sopra, ponendo
  22. A questo proposito mi ricorda aver detto s. Tommaso, commentando il secondo libro d’Aristotele - De Coelo - lez. iv, Linea continens circulum est perfetta, quia ei non potest fieri additio: finis enim ejus coniungitur principio. E.
  23. C. M. dubitare, e così s’intende: Nulla cosa m’occorse dubbiosa nella forma della fede.
  24. Ploia; pioggia, dal provenzale ploja o ploya. E.
  25. C. M. dimanda: ploia in lingua francesca è a dire pioggia in lingua nostra, che è
  26. C. M. mondani l’opere che sono seguite, le quali
  27. Addolcare e dolco vive ancor oggi nel popolo toscano. E.
  28. Contiello; contienlo, come si è più volte notato. E.
  29. Evenissono. Evenire, seguire. E.
  30. C. M. virtù dello Spirito Santo, come tu
  31. Figura; sigura? E.
  32. C. M. convertito senza .miraculo, È tal;
  33. C. M. cioè la fede, che fu come buona pianta a fare lo frutto di vita eterna. In campo;
  34. Rendè, cadenza primitiva dall’infinito rendere. E.
  35. Laudamo, naturale piegatura di laudare. E.
  36. C. M. chi sale in
  37. Ultimo, per negozio ultimo, ultimamente. E.
  38. C. M. donna signoreggiante accompagna
  39. C. M. unde cominciò la tua credenza e la tua fede.
  40. C. M. cioè la mia esistenza del mio manifesto credere,
  41. Duttore; conduttore, guida. Siffatte voci dal latino, usate con parsimonia, aggiungono al discorso tale una maestà, che altrimenti mal saprebbesi insegnare. E.
  42. C. M. essere, s’intende, perchè sono una sustanzia, sì una;
  43. C. M. lo principio del mio credere e della mia fede,
  44. C. M. questo è lo incentivo principio e l’origine ardente della fede,
  45. I; gli, li, a lui. E.
  46. C. M. rallegrandosi col servo, che li à arrecato buone novelle, l’abbraccia, Per la novella
  47. C. M. teologiche e per tre persone che sono una deità, o per mostrare
  48. C. M. rispondendo alli suoi dubbi che mi avea mosso, esaminandomi nella fede. E qui
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