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detto è, significava lo fervore della carità, che era in loro: imperò che quella che aveva più fervore, più velocemente si moveva; e quella che avea meno, più tarda si moveva.
C. XXIV — v. 19— 33. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che, poi che Beatrice ebbe detto le parole dette di sopra, e quelli beati ebbono fatto quelle circulari revoluzioni che dette sono di sopra, una beata anima uscitte dell’altre e venne a Beatrice dicendo così: Di quella; cioè carola, ch’era quella delli Apostoli e discepoli di Cristo, ch’io; cioè la quale carola io Dante, notai di più bellezza; che l’altre carole, Vidd’io; cioè viddi io Dante, uscir un foco sì felice; cioè 1 uno beato spirito sì avventuroso e sì splendiente 2, Che nullo; cioè spirito, vi lasciò; cioè nella detta carola, di più chiarezza; che fusse elli, anco avanzava tutti gli altri in chiarezza e splendore. E tre fiate; cioè tre volte, intorno di Beatrice; cioè intorno a Beatrice, che aveva fatto la preghiera per Dante; e questo dà ad intendere l’autore che la dottrina di san Piero nella santa Scrittura informa et ammaestra li fideli cristiani della santa Trinità; Padre, Figliuolo e Spirito Santo; ammaestra e regula ancora la ragione, la concupiscenzia e l’irascibilità, che sono le potenzio dell’anima umana; et anco si può intendere che ammaestri delle tre virtudi teologiche, cioè fede, speranza e carità; e per questo finge che li beati girasseno tre volte, a dimostrare che avevano perfettamente le dette tre virtudi, e san Piero tre volte intorno a Beatrice per le dette cagioni; e però dice: Si volse; cioè lo detto beato spirito, cioè san Piero, con un canto tanto divo; cioè tanto dilettevole et alto, Che la mia fantasia; cioè la virtù fantastica di me Dante, nol mi ridice; cioè non me lo riduce a memoria, sicch’io lo possa scrivere. Però salta la penna; cioè di me Dante e non lo scrivo; cioè lo detto canto. Chè; cioè imperò che, l’imaginar nostro; cioè di noi uomini, a cotai pieghe; cioè a dimostrare siffatte distinzioni, che sono come pieghe nelle dipinture nostre, Non che ’l parlar è troppo color vivo; cioè è troppo chiaro et insufficiente, e farebbe più tosto non parere le pieghe che apparere 3; e così l’mmaginare, che è più che ’l parlare, non è sofficiente a dimostrare tali distinzioni. Et ad intendere questo, debbiamo sapere che lo dipintore quando dipinge alcuna figura vestita, per mostrare le pieghe del vestimento, usa colore oscuro e non chiaro: imperò che ’l vivo e chiaro colore non farebbe apparere le pieghe, anco più tosto sparere; e così vuol dire che lo imaginare. non che il parlare, sarebbe