Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini - Volume LXIX/Introduzione
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INTRODUZIONE.
I primi quattro capitoli Dei Doveri dell’Uomo furono pubblicati nell' Apostolato Popolare (nn. 3°, 4° 5° e 6°, rispettivamente dei 15 settembre 1841, 1° gennaio, 15 aprile e 15 agosto 1842), e furono ristampati in Pensiero ed Azione (nn. 2", 3°, 4° e 5°, rispettivamente dei 15 settembre, 1° e 15 ottobre e 1° novembre 1858), preceduto il primo da una nota, nella quale era avvertito: «Ripubblichiamo dall’Apostolato Popolare, nostro giornale di diciotto anni addietro, il seguente articolo indirizzato agli Operai Italiani; e ne ripubblicheremo altri tre. Sono pagine d’un lavoro interrotto che intendiamo condurre a termine; e noi possiamo senza ridarne il cominciamento. Pochi del resto serberanno quel giornale; e gli articoli riesciranno certo nuovi ai piú fra i lettori dell’oggi.» Ma già prima, quando a Genova fu iniziata la pubblicazione di quella Biblioteca Democratica, composta d’ opuscoletti diretti a far propaganda repubblicana, quei primi quattro capitoli Dei Doveri dell’Uomo vi furono compresi, esemplandoli integralmente dall’Apostolato Popolare.1Invece, quando il Mazzini provvide a ristamparli in Pensiero ed Azione, li sottopose a una generale revisione, non di forma soltanto, la quale non sarà inutile di indicare qui nelle varianti principali, avvertendo che le sigle EN, AP e PA, corrispondono rispettivamente all’edizione nazionale, all’Apostolato Popolare e a Pensiero ed Azione.
EN, p. 7, ll. 3-4: dell’Umanità, della Patria, della FAmiglia — in AP fu omesso della Patria.
EN, p. 7, l. 8: Cercherò: finch’io viva — in AP fu omesso finch’io viva.
EN, p. 9, ll. 24-25: piú frequenti. L’accrescimento — in AP si trova aggiunto: piú frequenti. Sul peggioramento della condizione economica del popolo, parleremo, con cifre e fatti, nei numeri successivi dell’Apostolato; ma l’accrescimento.
EN, p. 10, l. 28: le rivoluzioni conquistarono — in AP fu aggiunto: Le rivoluzioni proclamarono quei diritti; avevano predicato che il piú alto dei beni era la libertà: le rivoluzioni conquistarono.
EN, p. 12, ll. 3-6: tutto il periodo: ma egualmente rovinosa: guerra accanita nella quale i forti per mezzi schiacciano inesorabilmente i deboli o gl’inesperti, in AP è così modificato: ma egualmente rovinosa. Cos’è mai la libera concorrenza se non una guerra accanita nella quale i forti per mezzi schiacciano inesorabilmente i deboli o gl’inesperti?
EN, p. 13, ll. 22-23: invece di persone, e, a modo d’esempio, dei cadaveri dei vostri compagni di Francia, in AP si legge: persone e hanno fatto dei cadaveri dei vostri compagni di Francia.
EN, p. 14, ll. 18-19: in AP fu messo l’inciso: che non dovete dimenticare, mentre, piú sotto (l. 20) fu aggiunto, dopo nemico nostro, la frase seguente: nemico, per cagioni che abbiamo accennato nel num. 2° dell’Apostolato, d’ogni concetto rivoluzionario; si noti poi a questo proposito che il Lamennais morí nel 1854; e per questa ragione, mentre in AP (EN, p. 14, l. 32) era scritto: divenne ed è oggi il migliore, in PA si omise ed è oggi il migliore — e cosí pure (p. 14, ll. 31-32) in AP non è la frase: l’autore delle Parole d’un credente, che avete lette voi tutti.
EN, p. 18. 1. 10: in AP tra invadevano. In Francia era aggiunto: invadevano. Oggi, gli uomini dell’arciducato d’Austria, gli abitanti di Vienna, possiedono piú ben essere materiale che non gli uomini di tutti gli altri popoli: chi fra gl’Italiani vorrebbe essere simile a loro? chi vorrebbe com’essi perdere la coscienza d’uomini per diventare macchine inerti d’un dispotismo senza confini? In Francia.
EN. p. 30. l. 14: invece di avvilito d’un Papa e d’un Re tiranno, in AP sta scritto: avvilito di Carlo Alberto e del Duca di Modena.
EN. p. 31, l. 26: dopo Umanità, tanto in AP, quanto in PA fu aggiunto: E che credere nell’Eguaglianza degli uomini, conseguenza inevitabile dell’Unità del genere umano, in faccia a Dio, se tolleriamo impassibili che questa Eguaglianza sia scandalosamente violata in faccia alla società? E fu omesso nelle edizioni luganese e napoletana, delle quali si dirà in appresso.
EN, p. 32, l. 27: in AP, che è del 1841, invece di abbia nome Napoleone o Bonaparte, fu messo: sia che avesse nome Napoleone, sia che si mostri costituito in Luigi Filippo.
EN, p. 37, l. 1: in AP era scritto rettamente conoscenza; invece in PA coscienza, ed è strano che questa errata lezione sia stata seguita da tutti i susseguenti editori, fino al Saffi.
EN, p. 41, l. 8: in AP, invece di Napoletano, è scritto Piemontese; ed è variante degna di nota.
EN, p. 42, l. 5: tra non e quali, in AP fu aggiunto: non già qual è: basta sola a insegnarvi che voi avete Doveri, non quali; e fu soppresso dai successivi editori.
EN, p. 44, II. 32-33: tra vieta e saperli, in PA fu aggiunto: fratelli delle terre schiave.
EN, p. 45, l. 3: in AP: in Italia vietate, e in PA fu corretto: in quasi tutta Italia vietate.
EN, p. 47, II, 2-4: in AP fu omesso e perché senza intendere quelli non potete compiere se non imperfettamente gli altri.
EN, p. 48, ll. 4-8: tutto il periodo da Siete a Questi in AP è così cambiato: Siete uomini: cioè creature ragionevoli e capaci d’un progresso a cui nessuno può assegnar limiti. Questi.
EN, p. 48, l. 22: in AP voi — se Dio.
EN, p. 48, ll. 24-25: in AP: s’adempia sulla terra, negli nomini, fra.
EN, p. 51, ll. 24-25: in AP: diviso per corpi diversi.
EN, p. 54, ll. 2-6: tra fatiche e si tratta di promulgare, in AP fu omesso il seguente periodo: si tratta di dare sviluppo a quei germi: si tratta d’applicare quella verità, non solamente a cia8cun individuo, ma a tutto quell’insieme di facoltà e forze umane presenti e future che si chiama UMANITÀ.
EN, p. 56, l. 3: dopo miglioramento comune? in AP fu aggiunto: Qui in Inghilterra dove scriviamo, alla nuova tassa imposta sopra ogni rendita che oltrepassi le cento cinquanta lire sterline annue, i ricchi manufatturieri rispondono annunziando ai loro operai la dimiunzione d’uno scellino sull’ammontare giornaliero dei loro salarli.
La pubblicazione dei Doveri dell’Uomo fu dunque continuata in Pensiero ed Azione; e vi furono dati a luce i capitoli dal V al IX per tutto il tempo in cui quel periodico esci a Londra,2 il X quando la redazione fu trasferita a Lugano,3 infine l’XI quando la stessa passò a Genova,4 dove nel frattempo si era provveduto a fondare l’Unità Italiana, che secondo i propositi del Mazzini e le promesse dei suoi amici genovesi, avrebbe dovuto pubblicarsi ad un tempo con Pensiero ed Azione. Sono invece note le ragioni per le quali i due periodici non vennero a luce contemporaneamente;5 e fu argomento di lamentele da parte del Mazzini la constatazione che l’XI capitolo dei Doveri dell’Uomo fosse inserito nell’Unità Italiana invece che nell’altro periodico, attorno al quale egli aveva speso tante cure e che, non potendolo sorvegliare di persona, vedeva gradatamente andare in malora. «Quanto alla composizione» — scriveva infatti a J. W. Mario il 6 aprile 1860 — «anche Quadrio non ha fatto le cose per bene. Perché pubblica nell’Unità, nlcuni giorni prima un articolo ’Doveri’ che sa di dover pubblicare in Pensiero ed Azione per non interrompere la serie? Avrebbe potuto farlo uscire nella Unità di lunedí, dopo Pensiero ed Azione.»6 Furono tuttavia lamentele inutili, perché M. Quadrio, che era succeduto ad Alberto Mario, rimasto con la consorte imbronciato a Lugano, nella direzione di Pensiero ed Azione, non provvide a riparare in parte all’errore, inserendo almeno nel primo numero escito a Genova di quel periodico la continuazione dei Doveri dell’Uomo; e invece ne ritardò la pubblicazione al numero successivo, del 14 maggio 1860, quattro giorni dopo che il Mazzini era entrato nascostamente nella sua città natale, continuandola nel numero successivo del 23 dello stesso mese, che fu l’ultimo di quel periodico, in cui non fu inserito né meno integralmente; infatti, l’ultima parte comparve nel numero del 6 giugno dell’Unità Italiana: e nello stesso periodico vi fu pure pubblicato (nn. dei 10 e 11 giugno) il XII capitolo, che era la conchiusione d’uno dei più nobili scritti dell’apostolo dell’unità nazionale.
Era probabilmente intendimento del Mazzini di riunire e dare a luce in un libretto i Doveri dell’Uomo, dedicandoli agli operai italiani. Accolse quindi volentieri l’offerta, che gli venne da Giovanni Grilenzoni, al quale già dal 27 marzo 1860 aveva scritto: «Ho ricominciato, come vedi, i Doveri per gli Operai. Tre o quattro articoli ancora ed ho finito. Allora, potrai pubblicare in volume. Ben inteso, appena finiti gli articoli, manderò la dedica agli Operai.»7 Se non che, la pubblicazione degli ultimi capitoli dei Doveri dell’Uomo non procedeva con sollecitudine nei due periodici genovesi; e il 22 aprile il Mazzini avvertiva il suo amico: «Gli ultimi articoli sono nelle mani di Maurizio, in Genova. Uno o due apparvero nell’Unità. Ora resta una cosa. Vi sono correzioni e piccoli mutamenti da farsi che sto facendo sugli articoli stampati. Ma come mandarteli? In tre lettere ai diversi indirizzi? o come? Vedi di dirmelo subito.» E riguardo alla composizione dell’opuscolo, raccomandava: «Tieni a mente intanto che naturalmente, nello stampare, non ripetano sempre per obblio: Morale — Doveri degli Uomini [sic]; ma solamente ciò che viene dopo il numero romano. Il libretto dovrebb’essere nitido, non di stampa troppo piccola; e a buon prezzo. Si venderà sempre e il numero compenserà il prezzo tenue. Sulla coperta o in qualche luogo dovrebb’esservi: Biblioteca del Popolo — e in un angolo qualunque con piccoli tipi: Dio e il Popolo come epigrafe. Se muoio, farà la Biblioteca chi saprà. xVe non muoio, seguirò io con altre pubblicazioni dello stesso genere.»8
Nel frattempo il Grilenzoni, presago dei «tempi nuovi,» si era trasferito a Reggio Umilia, che era la sua città natale; e poiché temeva che il volumetto non potesse facilmente stamparsi in Italia, dove qualunque pubblicazione di scritti mazziniani era riguardata con sospetto, iniziò e concluse trattative con una tipografia di Lugano. Se non che il provvedimento non persuase il Mazzini: «Abbi pazienza;» — scriveva all’amico nello stesso mese d’aprile — «ma è stato un grande errore, secondo me, stampare a Lugano. Se v’è divario di spesa, è equilibrato dalle spese di trasporto dentro. Se salta in testa — ciò che non credo — al Governo di sequestrare, lo fa senza chiasso sulla frontiera; mentre all’interno non può, senza processo. Del resto, il fatto è fatto.»9 E piú dopo: «Non divido i tuoi timori. Non si può sequestrare una pubblicazione isolata a libro per frasi come quelle. E anche in giornale, abbiamo detto cento volte ‘progresso repubblicano,’ etc, senz’essere sequestrato. È teoria; e come tale, non cade sotto la legge. Nella seconda frase, non è pericolo. Soltanto, se vuoi, puoi mettere, ‘né dalla Monarchia che s’insinuò, nel XVI secolo, sull’orme dello straniero e senza missione propria, fra noi.’ Il dalla invece di una e la menzione del XVI secolo dà alla frase un valore storico che nessuno può contradire. Perché preferisci di stampare a Lugano, invece di Parma o Milano? Era infinitamente meglio per la circolazione. E, come ti dissi, v’è tanto poca difficoltà che Stampa10 mi chiedeva giorni sono permesso di pubblicare a Milano. Bada che, come una nota chiarirà, gli ultimi due articoli furono, nell’Unità, stampati a rovescio, l’ultimo invece del penultimo e viceversa.»11 Tornava però a raccomandare: «Ma ciò che assolutamente dovresti fare, è mettere basso prezzo. Bada. Il libriccino è per gli operai. È tra loro che deve avere il suo smercio. Vivi sicuro che il buon mercato accrescerà la vendita e il risultato per te sarà lo stesso. Inoltre, io non posso impedir che un ignoto a me ristampi. Ma il tuo prezzo basso escluderà la ristampa. Vedi dunque.»12
La stampa dell’edizione luganese dei Doveri dell’Uomo si protrasse per piú di due mesi. L’ 11 maggio il Mazzini scriveva ai Grilenzoni: «Non dimenticare il libriccino Doveri. Ci tengo.»13 Alla fine d’aprile aveva inviata la prefazione che ha la data del 23 di quel mese; e il 21 maggio chiedeva al Grilenzoni: «Avesti la prefazioncella? Gli articoli che ti mancano, li hai o avrai nell’Unità o nel Pensiero ed Azione.»14 Per parte sua, il Grilenzoni aveva accettata la proposta del Mazzini di mettere in vendita il volumetto a prezzo mite. «Cinquanta centesimi di prezzo va bene,» gli scriveva il Mazzini verso la fine di giugno; non era però d’accordo con lui nel concetto di mettere sul frontispizio una falsa data di pubblicazione, perché dichiarava: «Dovresti, credo, mettere la stamperia addirittura. È meglio che aver l’aria di stampare alla macchia.»15 Ma la sua proposta non fu accolta, e il libretto ebbe Londra, 1860 per luogo e anno di pubblicazione.16
Andato a Napoli nel settembre del 1860, il Mazzini riprese il disegno di una Biblioteca Popolare, iniziandola appunto con una nuova edizione dei Doveri dell’Uomonota per la quale fu riprodotta fedelmente, financo nell’impaginazione, quella precedente di Lugano, e la continuò con l’opuscolo Ai Giovani d’Italia, al quale premise un’introduzione che reca appunto la data di Napoli, 12 ottobre 1860, infine con l’altro: La Questione Italiana e i Repubblicani. Infatti, la Biblioteca Popolare s’arrestò qui, quando cioè il Mazzini riprese la via dell’esilio. Ma i Doveri dell’Uomo ebbero negli anni successivi numerose ristampe, spezialmente per cura della «Commissione editrice degli Scritti di Giuseppe Mazzini,» formatasi subito dopo la morte del grande esule, la quale provvide pure a dare nuove ristampe dei su accennati opuscoli.
⁂
Anche nel 1861 il Mazzini fu da Londra assiduo collaboratore dell’Unità Italiana e del Popolo d’Italia. A quest’ultimo egli inviò ai primi di febbraio un articolo di notevole importanza, poiché ribatteva la strana pretesa di tre uomini politici tedeschi, uno dei quali, L. Bucher, aveva conosciuto a Londra, riuscito poi a ripatriare, ripudiando quei principii di nazionalità, che lo avevano costretto all’esilio. Costoro avevano firmato una dichiarazione nella quale sostenevano essere utile alla Germania che Venezia fosse ancora in possesso dell’Austria, contrari quindi a quanto aveva affermato il deputato Vinche, il quale, discutendosi alla Camera prussiana la risposta al discorso della Corona, aveva eloquentemente sostenuto la 17 necessità che l’Italia sorgesse a unità di nazione.18 Al suo amico Karl Blind il Mazzini aveva già scritto il 17 gennaio: «Qui diable sont ces deux messieurs qui signent avec Bucher? Ils me sont parfaitement inconnus.19 Le document est mauvais, plus encore que je ne prévoyais. J’admis la discussion sur tel ou tel point controverse. Mais nier radicalement le principe national, décider qu’il est utile à l’Allemagne que l’Autriche domine sur Venise, donner pour base à nos rapports la conquête d’il y a 400 ans, n’est ni patriotique, ni démocratique, ni allemand.»20 Nello stesso tempo si proponeva di ribattere pubblicamente queW assurda pretesa, e lo fece pochi giorni dopo, inviando il 3 febbraio un articolo in forma di lettera a Karl Blind, il quale, evidentemente rispondendo alla lettera del 17 gennaio, aveva spronato l’amico a scrivere in proposito, offrendosi come traduttore e indicando il modo perché l’articolo si potesse pubblicare in Germania. «Pouvez-vous réaliser votre offre fraternelle» — scriveva infatti il Mazzini, inviando al Blind il suo articolo — «et croyez-vous devoir le faire? Je voudrais bien que quelques mots de moi paraissent sur la question actuelle, en Allemagne.»21
K. Blind fu pronto a corrispondere al desiderio dell’amico, e dello scritto di lui eseguì egli stesso una traduzione, che però il Rodhertus, nella sua replica al Mazzini, giudicò «eine nicht ganz treue deutsche Uebersetzung;» e la fece stampare a Londra con la falsa data di Berlino.22 Ma nel frattempo il Mazzini provvedeva che quel suo scritto fosse dato a luce nel testo originale italiano, e il 3 febbraio, inviandone al patriota tedesco una redazione francese, avvertiva: «L’Italien paraîtra en Naples dans une semaine. Vous pouvez publier en allemand, si cela peut être inséré quelque part, avant ou après comme il vous plaira;» ed infatti, indirizzato a K. Blind, U articolo comparve nel Popolo d’Italia del 14 febbraio 1861, e di là, come «lettera ad un tedesco,» nell’Unità Italiana di Milano, del 28 dello stesso mese.
Lo scritto mazziniano, nella traduzione tedesca, ebbe ampia diffusione in Germania. In una corrispondenza da Stuttgart, in data 25 marzo 1861, all’Unità Italiana, che l’inserì nel n. di tre giorni dopo, era avvertito: «La stupenda lettera sull’Italia e Germania, cíte Mazzini indirizzò a Carlo Blind, ebbe eco da un capo all’altro dell’Allemagna. Non havvi forse giornale a Berlino, Amburgo, Colonia, Francoforte, Lipsia, Monaco, Stoccarda, od anche Vienna, che non abbia parlato di quest’importante documento della nostra storia contemporanea. Soltanto il fatto che in Austria anco i giornali abbiano osato riprodurre gran parte di un manifesto cosí rivoluzionario, è un segno notevolissimo della situazione nella quale si trova attualmente la Germania. Molti periodici che rappresentano le idee di Carlo Blind, giunsero perfino a pubblicare la lettera di Mazzini per intero, esprimendo la loro simpatia pei generosi principii ivi esposti. Ultimamente gli organi della democrazia non mancarono di dar relazione di ogni scritto che veniva dall’esule tedesco residente in Londra, per quanto pungente e sanguinoso sia stato il linguaggio da lui usato verso i Governi attuali della Confederazione.... In seguito il coraggio della stampa democratica s’è ancora accresciuto. La lettera di Mazzini serví ad essa di testo onde potere apertamente dichiarare che la Germania del popolo simpatizza nel modo il piú vivo e sincero pel partito d’azione democratica in Italia, il cui devoto e infaticabile capo è l' ex triumviro di Roma.» È naturale quindi che dovette facilmente pervenire nelle mani del Rodbertus, il quale, sempre in collaborazione con gli altri due, fu pronto a replicare al Mazzini;23 ma ebbe il torto di farlo in una forma che dovette urtare la suscettibilità di chi era da tempo preoccupato del modo con cui in Germania era considerato il principio delle nazionalità.24 Quella replica giunse tardi a conoscenza del Mazzini; e non appena n’ebbe cognizione, si affrettò a ribattere le accuse che gli erano state mosse, con una lettera «Ai signori Rodbertus, von Berg e L. Bucher,» che fu inserita nell’Unità Italiana del 21, quindi nel Popolo d’Italia del 27 aprile; e nel primo di quei periodici era preceduto dalla seguente avvertenza: «Allo scritto di Giuseppe Mazzini l’Italia e la Germania, da noi pubblicato, è già qualche tempo, nell’Unità Italiana, fu risposto con una lettera firmata da tre tedeschi, a noi ancora ignota. Sappiamo però che in quella lettera oltre al propugnarsi la necessità ohe la Germania si opponga al riscatto di Venezia per conto nostro, finché il Governo Sardo (alleato di Bonaparte) rimarrà alla testa del movimento italiano, si difendono in essa dottrine contrarie al principio di Nazionalità, e si accusa Mazzini d’avere a danno della Germania una debolezza per i Croati, e di nascondere il suo vero fine. A confutazione di queste accuse e di quelle dottrine, comparve ora lo scritto che qui pubblichiamo tradotto dal tedesco, e sul quale invochiamo, attesa la grande importanza del subbietto, la speciale attenzione dei nostri lettori.»
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Dell’articolo Ricapitolazione, con cui il Mazzini continuava la sua collaborazione al Popolo d’Italia di Napoli e all’Unità Italiana di Milano,25 si conserva l' autografo nella Biblioteca Labronica di Livorno; ed è stato posto a base di questa nuova edizione dello scritto mazziniano, il quale, nel raffronto tra l’autografo e la prima stampa, offre notevoli varianti di lezione. Subito dopo l’articolo era dato a luce in opuscolo, senz’alcuna indicazione di data e di luogo di stampa, col titolo: Giuseppe Mazzini | agl'Italiani | Ricapitolazione}} (in-8° di pp. 16).26
Altri articoli che il Mazzini inviò ai due periodici furono: La Sardegna (Unità Italiana, dei 1°, 5 e 11, e Popolo d’Italia dei 9 e 10 giugno 1861): La Concordia (Unità Italiana del 16 e Popolo d’Italia del 18 giugno 1861); Una Circolare ministeriale (Unità Italiana del 30 luglio 1861 e Popolo d’Italia, id., id.), La Russia (Popolo d’Italia dell’11 e Unità Italiana del 20 settembre 1861); Ai Giovani di Sicilia (Unità Italiana del 29 settembre 1861); Ai Redatttori dell’Unità italiana (Unità Italiana del 3 e Popolo d'Italia del 7 ottobre 1861);27 Associazione Universitaria di Pavia (Unità Italiana del 9 e Popolo d’Italia del 14 febbraio 1862); Ai membri del Comitato della associazione Unitaria di Genova (Unità Italiana del 13 e Popolo d’ Italia dei 13 e 14 marzo 1862); La Russia. Alla redazione dell’Unità Italiana (Unità Italiana del 25 e Popolo d’Italia del 30 marzo 1862); All’Associazione Universitaria di Napoli (Popolo d’Italia del 24 maggio 1862 e Unità Italiana del 2 giugno 1862); Dichiarazione (Popolo d’Italia del 6 e Unità Italiana del 17 giugno 1862);28 Al Circolo Democratico di Pavia (Unità Italiana dell’8 e Popolo d’Italia del 13 luglio 1862); La occupazione francese di Roma (Unità Italiana e Popolo d’Italia del 21 luglio 1862); Alla Società Emancipatrice di Scicli (Unità Italiana del 4 e Popolo d’Italia del 15 agosto 1862).
Quello intitolato: Una Circolare ministeriale riguardava la Protesta del Popolo Italiano contro l’occupazione francese di Roma che era stata pubblicata nel Diritto del 23 luglio 1861 e prestamente data a luce in altri periodici (Unità Italiana del 27, che ne aveva procurato pure íin estratto in foglio volante, e Nuova Europa del 31 luglio 1861). Contro la diffusione di essa il Minghetti, Ministro dell’Interno, aveva diramato la circolare «segretissima» del 28 giugno, pervenuta, non si sa come, nelle mani del Mazzini che la rese pubblica inserendola e illustrandola nell’articolo su indicato. Ma già prima, cioè il 23 luglio, l’Unità Italiana aveva dato a luce una circolare, inviata il 1° dello stesso mese dal vice governatore di Bergamo a tutti i sindaci di quella provincia, perché la «pubblica opinione» fosse «illuminata in proposito» e impedire che potesse «essere travolta con mezzi che uscissero da quelli ammessi dalla legge.»
Della Protesta esistono due autografi del Mazzini, uno nel Museo del Risorgimento di Milano, l’altro in quello di Roma. Quest’ultimo fu steso dal Mazzini per essere inviato a Federico Bellazzi, allora il factotum dei Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia; e l'accompagnò con una lettera che ha la data del 13 giugno, non ostante la Protesta rechi la data di «Italia, luglio 1861;» lettera in cui il Mazzini avvertiva: «Eccovi la Protesta. Ora, badate. È necessario, prima di pubblicarla, pensare seriamente ai modi di farla firmare. Non ho bisogno di indicare a voi e ai nostri l’importanza dell’atto. Se ottenesse un mezzo milione di firme otterrebbe la sanzione di tutta l’opinione Europea, un’eco potente in Inghilterra, e porrebbe Luigi Napoleone nella posizione d’andarsene o dichiararsi in faccia all’Europa conquistatore. Bisogna decidersi. Bisogna organizzare una radunanza pubblica, alla quale, se i nostri vogliono, concorrerà il popolo in massa: preparare discorsi in proposito, e far firmare. Questo moto avrebbe anche il vantaggio di affermare in faccia al nuovo Ministero29 il diritto di riunione, etc. Fatene, vi prego, oggetto di seria discussione tra voi. Se il popolo non prende in mano le proprie faccende, nulla avete a sperare. È questo un eccellente motivo per cominciare l’agitazione.... Se potete far firmare la Protesta da Garibaldi sarà bene assai.»30
Si conservano anche gli autografi, nel Museo del Risorgimento di Roma, del primo dei due articoli sulla Russia, e degli altri: Ai Membri del Comitato dirigente dell’Associazione Unitaria di Genova31 e La occupazione di Roma: e nello stesso Museo si conservano gli autografi degli articoli: Statuto per i Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia, Statuto della Fratellanza Universale Artigiana di Italia, Dichiarazione per Roma e Venezia, A’ miei Amici, il primo sino ad ora inedito, il secondo dato a luce da A. Codignola,32 il terzo inserito da A. Saffi nei Cenni biografici e storici a proemio del testo del vol. XIII dell’ediz. degli S. E. I.,33 infine il quarto divulgato in foglio volante a due colonne, s. a. n. l. di stampa, con la data fittizia di «Berna, 25 luglio 1862» e controfirmato «per copia conforme» da Maurizio Quadrio.
Il primo di quegli articoli riguardava i Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia, intorno ai quali il Mazzini aveva dato a luce un articolo che il Popolo d’Italia aveva accolto nel n. dell’8 novembre 1860, quando chi lo scriveva era ancora a Napoli.34 In esso il Mazzini aveva proposto che «trentacinque o quaranta Comitati di Provvedimento» che si erano istituiti «spontanei nelle diverse città della Italia centrale e settentrionale, un anno addietro, per rispondere alla grande parola di Garibaldi,» che avevano reso cosí eminenti servigi a preparare le varie spedizioni d’armi e di volontari in Sicilia, annunziassero al Popolo d’Italia» che ricominciavano «in nome di Venezia e di Roma l’opera» che avevano impresa e compita «per Sicilia e per Napoli.» Quell’articolo era stato scritto dopo il colloquio che il Mazzini aveva avuto il 5 novembre a Caserta con Garibaldi, nel quale erano state gettate le basi per un accordo riguardante un’opera comune di agitazione per Venezia e Roma;35 e anzi il giorno successivo al colloquio, quasi a suggello dell’accordo, Garibaldi cosí avvertiva i Comitati di Provvedimento: «Non vi sciogliete. Non abbandonate l’impresa a mezzo la via. Quello che faceste in nome di Sicilia e di Napoli, voi dovete farlo per Roma e Venezia.»36
La trasformazione dei Comitati di soccorso a Garibaldi per Sicilia e Napoli nei Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia avvenne nella solenne adunanza che fu tenuta a Genova il 4 gennaio 1861,37 nella quale, sotto la presidenza di Vincenzo Ricci, intervennero «i rappresentanti dei Comitati e collaboratori delle principali provincie.» In essa, dopo che A. Bertani diede lettura di una sua «relazione del suo operato politico, amministrativo, come capo della Cassa Centrale» per i soccorsi a Garibaldi, che fu approvata all’unanimità, si lesse una proposta di Mauro Macchi, cosí concepita: «I Comitati di soccorso a Garibaldi per Sicilia e Napoli si costituiscono in Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia.: e nell’aspettativa dell’azione, si costituiscono intanto in associazione permanente allo scopo: 1° Di promuovere la elezione dei Deputati indipendenti che abbiano dato prova di voler sicuramente la libertà e l’integrità dell’Italia, coll’attuazione del programma Garibaldi e Vittorio Emanuele: 2" Diffondere nel popolo la coscienza delle proprie forze e il sentimento del dovere, di valersene per conseguire l’unità e la libertà d’Italia; 3° Di raccogliere tutte le volontà e tutte le forze operose d’Italia, acciocché si trovino ordinate e pronte per il giorno dell’azione.» Il Guerrazzi, che era presente all’adunanza, osservò che dubitava della convenienza «di designare come scopo dell’attività dei Comitati Roma e Venezia, sembrandogli che ciò poteva generare cause molte e gravi di opposizione dirimpetto al Governo, il quale con atti e con parole aveva dimostrato abborrimento di ogni sussidio da parte della democrazia;» ma dopo le repliche di M. Macchi e del Brofferio accettò la «proposta designazione,» raccomandando però che si instituisse «una consulta legale, la quale avesse per iscopo di suggerire pronti rimedi di tutela e di difesa contro tutto ciò che fosse il Governo per adoperare d’illegale e di violento a danno dell’esercizio dei Comitati e dei cittadini allo scopo di conseguire il fine proposto nella deliberazione,» Anche nella discussione del primo articolo intervenne il Guerrazzi, il quale propose «che si indicasse in esso il debito di escludere dalle future elezioni i 229 deputati che votarono per la cessione di Nizza e Savoia;» ma l’aggiunta fu modificata, su proposta di M. Macchi, nel modo seguente: «colla esclusione di quei deputati che votarono lo smembramento d’Italia col trattato 24 marzo 1860.»38
L’adunanza si sciolse dopo che fu acclamato a presidente dei Comitati di Provvedimento il generale Garibaldi, e dopo che a formare il Comitato Centrale di essi furono scelti F. Bellazzi, M. Macchi. A. Mosto ed E. Brusco. Il generale accettò la presidenza dei Comitati, e con lettera da Caprera del 13 gennaio inviò le norme seguenti che essi si dovevano proporre: «Il Comitato Centrale, invocando il patriotismo degli Italiani, insisterà tenacemente presso tutti i Comitati di Provvedimento, eccitandoli a promuovere nuove oblazioni tra i nostri concittadini, e a riunire tutti i mezzi necessari ad agevolare a Vittorio Emanuele la liberazione della rimanente Italia. Altra delle precipue cure del Comitato Centrale dovrà essere quella di instituire Comitati in tutti i punti della Penisola, ove non esigessero ancora, onde al piú presto da un capo all’altro d’Italia, non esclusa la Venezia né Roma, si trovi l’associazione organizzata, ed operi simultanea, concorde e rapidamente, obbedendo ad un medesimo impulso. Il Comitato Centrale dovrà come parola d’ordine di tutti i giorni, d’ogni momento, ripetere incessantemente a tutti i Comitati e cercare per ogni altra via di farlo penetrare nell’animo di tutti gl’Italiani: che nella prossima primavera di quest’anno 1861 l’Italia deve irremissibilmente porre sotto le armi un milione di patrioti; unico mezzo a mostrarci potenti e a farci veramente padroni delle nostre sorti e degni del rispetto del mondo che ci contempla. Credo mio debito avvertire i volontari che nessuno arruolamento è stato da me promosso né consigliato per ora.»39
Se non che, fino dai primi mesi della loro costituzione, i Comitati di Provvedimento procedettero con grande fiacchezza, adoprandosi quasi esclusivamente a redigere statistiche dei volontari dell’esercito meridionale, a soccorrere i garibaldini piú indigenti, anche quando, nell’aprile del 1861, il Comitato Centrale di Genova, per volere di Garibaldi, fu rafforzato da due nuovi membri, A. Sacchi e G. B. Cuneo;40 e non ostante questa loro azione cosí limitata, furono invisi al Governo. Anzi il 3 aprile 1861 la polizia genovese opera una perquisizione negli uffici del Comitato Centrale, al fine di «riconoscere se si facessero illeciti arruolamenti.»41. Al Mazzini premeva invece che i Comitati di Provvedimento fossero piú attivi, promuovessero la sottoscrizione di protesta per l’occupazione francese in Roma, si ponessero in contatto con gli esuli veneti, infine si avvicinassero all’elemento operaio. A questo fine nel giugno aveva redatto uno statuto col proposito di organizzare e di disciplinare in tal senso l’opera dei Comitati di Provvedimento, inviandolo l’11 giugno a F. Bellazzi, al quale scriveva: «Eccovi abbozzo di Statuto. Potete aggiungervi ciò che volete, ma è meglio piantare le basi generali e fare il resto con Circolari successive. È chiaro che bisogna condurli ad una affiliazione regolare di membri come in tutte le associazioni propriamente dette, ma forse è meglio farne oggetto di una Circolare apposita tra non molto.»42
Di questo schema di statuto il Bellazzi fece eseguire numerose copie in litografia, che distribuí ai varii Comitati di Provvedimento esistenti nella penisola, avvertendo in fronte alla circolare, della quale si conserva copia in uno dei copialettere dei quali si è fatto cenno: «Vi si dà comunicazione degli articoli qui sotto indicati, perché vi saranno di norma nell’esercizio della vostra azione, onde sia tradotto in fatto il Programma di Garibaldi: Italia Una e Vittorio Emanuele.» Non fu però divulgato nella stampa periodica, alla quale il Bellazzi si affrettava sempre di inviare ogni benché lieve atto dei Comitati; e probabilmente egli non lo ritenne utile per l’accenno che vi era stato fatto dal Mazzini dell’elemento operaio come opportuno ad essere immesso nei Comitati stessi; ed è noto che questo fu argomento di discussioni e di dissapori, quando nel IX Congresso delle Società operaie che si tenne a Firenze nel settembre successivo, fu proposto e accettato dall’Assemblea, dopo un elegante discorso del Montanelli, che «le questioni politiche» non dovessero essere «estranee ai suoi instituti quante volte le avesse riconosciate utili al suo incremento e consolidamento.»43
Appunto per queste ragioni il Mazzini, in quello stesso mese di settembre persuase A. Bertani a promuovere quell’Associazione Unitaria Italiana che fin da principio apparve in contrasto con i Comitati di Provvedimento. Associazioni consimili, intitolate Società Unitarie, erano state già fondate in precedenza a Napoli e a Palermo e fu facile aggregarle ad una che fosse d’intonazione italiana, e che avesse la sede centrale in Genova.44 Un’adunanza preparatoria si tenne appunto colà il 5 settembre e in quell’occasione fu eletta una commissione provvisoria incaricata «di redigere un progetto di statuto, unitamente a un indirizzo alle associazioni unitarie ed operaie liberali.» L’Unità Italiana di Milano, nel n. del 26 settembre, informava che l’associazione tre giorni prima aveva appunto tenuto «un’adunanza numerosissima,» in cui era stato discusso e approvato lo statuto,45 e dichiarandosi costituita, aveva eletto nel suo seno un Comitato dirigente composto di A. Bertoni, F. Campanella, B. F. Savi, A. Mosto e G. Carcassi, tutti ferventi mazziniani.
Il contrasto fra le due Associazioni apparve sempre piú manifesto quando il 15 dicembre fu indetta un’adunanza dei Comitati di Provvedimento. Nei giorni precedenti il Bellazzi, che oramai aveva preso posizione contro la nuova associazione, era andato ad audiendam verbum a Caprera, informando Garibaldi del pericolo di qualche eventuale competizione; e il generale aveva deciso di non presiedere l’adunanza, incaricando l’Avezzana di sostituirlo.46 Aveva però inviato al Comitato Ventrale una lettera che era uno squillo di guerra, come tutte quelle sue di quei giorni, nella quale accennava agli «ostacoli frapposti dai nostri nemici, dai finti amici,» spronando a stringersi «ancor piú al Vessillo del Re Galantuomo» e incitando «mutuamente e solennemente al santissimo convegno dell’ultimo campo di battaglia.»47
L’adunanza fu assai numerosa e vi fu chi la considerò un’assemblea parlamentare, poiché v’intervennero «molti deputati dell’opposizione e molte persone, conosciute e distinte per fede e per servizi prestati alla causa della libertà.» Se non che, fino dalle prime discussioni apparve evidente il contrasto fra le due associazioni, poiché l’Unitaria Italiana aveva inviato tre suoi membri a rappresentarla; e l’opposta tendenza fu palese quando M. Macchi ribadí il suo concetto «che gli operai non dovessero nei loro annuali congressi occuparsi di politica.» Piú grave ancora fu il dissenso quando fu discussa la nomina del nuovo Comitato Centrale che il Bellazzi sostenne essere di competenza dei Comitati di Provvedimento e non dell’Assemblea, alla quale erano intervenuti «elementi estranei.» Se non che «l’Assemblea, che aveva mostrato il suo gradimento per quanto aveva fatto il Comitato Centrale; che non faceva della rielezione una questione di fiducia, ma di esercizio dei propri diritti; che sentiva come il voto dei presenti avrebbe appunto e solennemente espresso quella sua testimonianza di nuova fiducia e di nuova stima verso il Comitato Centrale, non potè comprendere tanta insistenza e tanta diffidenza sul nuovo suffragio, e persistendo nel suo diritto, volle rinnovare l’elezione del Comitato Centrale, come aveva con entusiastica acclamazione rieletto il generale Garibaldi a suo presidente;»48 e a formarlo furono eletti F. Bellazzi, A. Mosto, G. B. Cuneo. F. Campanella, A. Burlando, F. B. Savi e A. Sacchi. Il Bellazzi, per quanto pregato a rimanervi, dichiarò nettamente di rinunciare a far parte del Comitato Centrale, e fu sostituito da A. Mario; ma sia per le polemiche sorte nei giornali che nell’Assemblea si fosse violata la volontà di Garibaldi, ciò che fu smentito da due dichiarazioni, rese pubbliche, di Saffi-Nicotera e A. Bertani,49 sia perché il Bellazzi avesse mostrato il suo risentimento a Garibaldi per quella specie di «presa di possesso» dei Comitati di Provvedimento da parte della mazziniana Associazione Unitaria Italiana, il 10 gennaio 1862, giunse al Comitato Centrale, indirizzata «ai signori del nuovo Comitato di Provvedimento,» una fiera lettera di Garibaldi, che dichiarando di non accettare la presidenza del nuovo Comitato,» aggiungeva: «Aspetterò l’elezione della nuova Assemblea — e se gl’individui che comporranno il Comitato eletto da essa mi sembreranno i piú idonei alla meta, che ci prefiggiamo tutti, io ne accetterò la presidenza (se mi verrà offerta) — diversamente no.»50
Non ostante, il Comitato Centrale continuò i suoi lavori; e poiché nell’adunanza del 15 dicembre ne aveva ricevuto mandato, preparò uno schema di «Regolamento delle Associazioni democratiche italiane,» che avrebbero dovuto riunire in un solo fascio i Comitati di Provvedimento e le varie associazioni democratiche d’Italia, comprese le società operaie. Quello schema di regolamento fu approvato nella riunione che il Comitato Centrale tenne in Genova il 24 gennaio 1862, nella quale fu deciso di presentarlo «in una grande adunanza che si sarebbe fatta il 9 marzo col concorso dei Comitati di Provvedimento, di tutte le associazioni liberali patriotiche d’Italia, infine, dei deputati «democratici.»51 Nel frattempo erano giunte numerose esortazioni a Caprera da parte di società operaie e associazioni politiche d’ogni parte d’Italia, scongiurando Garibaldi a ritirare le dimissioni dalla presidenza dei Comitati di Provvedimento, e allo stesso fine il 14 febbraio erano andati colà il Grispi, il Mordini e G. Dolfi,52 i quali dovettero essere ben persuasivi nel compire il loro mandato, poiché il 17 febbraio Garibaldi informò i Comitati di Provvedimento e tutte le associazioni patriotiche italiane che se «particolari circostanze» non glie l’avessero impedito, sarebbe andato egli «stesso, pel 9 marzo, a Genova;» e aggiungeva: «l’adunanza del 9 marzo prossimo può riuscire feconda di ottimi risultati, se vi siano rappresentate tutte le Associazioni liberali italiane,» esortando che tutte mandassero i loro delegati.53
Garibaldi arrivò improvvisamente a Genova il 2 marzo e subito dopo proseguí per Torino, dove giunse in piena crisi ministeriale per le dimissioni del Ricasoli e dove ebbe un cordiale colloquio col Re e col Rattazzi, succeduto al Ricasoli. Il 6 marzo era di nuovo a Genova e tre giorni dopo presiedette Radunanza dei Comitati di Provvedimento e delle Associazioni liberali, patriotiche ed operaie d’Italia; e fu decisa la fusione di tutte le associazioni democratiche, creandone una col nome di Associazione emancipatrice Italiana. Nella adunanza del giorno successivo, su proposta di F. Campanella, fu approvato che a Garibaldi, il quale diessi premura di dichiarare che ben volentieri si incaricava di quella missione,» fosse affidato il mandato di chiedere al Governo il «richiamo dell’esule;»54 e fu infine discussa la proposta di L. Pianciani di «sciogliere i Comitati di Provvedimento, non sorti dal voto popolare, onde si fondessero in altrettante diramazioni dell’Associazione emancipatrice, sendo che potrebbero egualmente procedere al loro scopo;» e la proposta fu approvata, anche con l’adesione di Garibaldi, nel senso che quei Comitati continuassero ad esistere dove non avrebbero potuto e avesse convenuto di trasformarsi, purché dipendessero dal consiglio o rappresentanza dell’Associazione Emancipatrice Italiana.»
⁂
Già dal 1860 aveva avuto grande diffusione in Italia la fondazione di società operaie; e fin d’allora il Mazzini aveva pensato di incanalarle nella corrente delle aspirazioni unitarie, contrastato in questo suo concetto da quanti si opponevano a che nelle adunanze di quelle società fossero discussi argomenti politici.55 Insieme con esse il Mazzini promosse la istituzione di associazioni politiche, dettandone talvolta gli statuti fondamentali, come per l’Associazione Unitaria di Napoli, per l’Associazione di Mutuo Soccorso degli operai di Napoli, per la Fratellanza Universale Artigiana d’Italia e probabilmente per altre. Quasi tutte quelle associazioni si fecero un pregio di comprendere il nome del Mazzini nell’albo dei soci, sia pure, come fecero molte di esse, a titolo onorario, e l’esule rispose sempre all’invito, accettando con lettere che furono divulgate nella stampa periodica e alcune pubblicate in foglio volante. La R. Commissione ha creduto opportuno di inserirle nella serie politica dell’edizione nazionale e non già in quella dell’epistolario, ponendole a luce per entro i volumi distribuite in ordine cronologico;56 e ora sono qui pubblicate le lettere del 1861, delle quali si dà appresso l’indicazione bibliografica, con riferimento ai periodici in cui furono inserite.
I. Alla Società di Mutuo Soccorso fra gli Operai di Livorno. — L’Italia degli Italiani del 12 maggio 1861. Pubbl. pure in foglio volante col titolo: Lettera di un padre ai suoi figli; Milano, 1861, Tip. Címinago, che era quella dell’Unità Italiana.
II. Alla Società operaia di Napoli. — Popolo d’Italia del 20; Unità Italiana del 25 settembre 1861. Nel primo di quei periodici era preceduta dalle seguenti parole: «Siamo lietissimi di potere pubblicare una lettera di Giuseppe Mazzini alla Società Operaia Napoletana, che spiega vivissimo ardore nelle cose cittadine, alleandolo alle cure economiche ed ai proprio materiale benessere. Crediamo che tutte la associazioui operaie, le quali, indicando la vita e l’intelligenza del popolo, si moltiplicano dappertutto, possano utilmente leggere questo saluto d’amore al popolo operaio di Napoli.»
III. Alla Società Operaia di Bologna. — Unità Italiana del 31 agosto; Popolo d’Italia del 2 settembre 1861.57
IV. All’Associazione degli Operai di Parma. — Unità Italiana del 3; Popolo d’Italia del 10 novembre 1861.
V. Alla Consociazione degli Operai di Genova. — Unità Italiana del 10 novembre 1861.
VI. Alla Società degli Operai di Reggio. — Unità Italiana del 1°; Popolo d’Italia del 7 dicembre 1861.58
VII. Alla Società degli Operai di Cagliari. — Unità Italiana del 4 dicembre 1861.
VIII. All’Associazione Unitaria di Genova. — Inedita. Se ne ha una copia nel Museo del Risorgimento di Roma, con la firma autografa del Mazzini.
IX. Alla Commissione Permanente del Club Democratico in Milano. — Unità Italiana del 14; Popolo d’Italia del 19 dicembre 1861. Fu pubbl. a parte in foglio volante, per cura della Tipografia Ciminago; Milano, 1861, avvertendo che era estratto dal n. 339 dell’Unità, Italiana.»59
X. Alla Società Operaia di Biidrio. — Unità Italiana del 29 dicembre 1861.
XI. Alla Società Operaia di Belgioioso. — Unità Italiana del 31 dicembre 1861; Popolo d’Italia del 4 gennaio 1862.
XII. All’Associazione Giovanile Abruzzese in Napoli. — Popolo d’Italia del 7; Unità Italiana dell’11 gennaio 1862.
Note
- ↑ Dei | Doveri dell’Uomo | di | GIUSEPPE MAZZINI ‖ Genova | Tipografia Dagnino}} | 1851. — In 16° di pp. 64.
- ↑ Così distribuiti: V. Doveri verso la Patria, n. 11° del 1° febbraio 1859; VI. Doveri verso la Famiglia, n. 12° del 15 febbraio 1859; VII. Doveri verso se stessi — preliminari, n. 13° del 1° marzo 1859; VIII. Libertà, n. 14° dal 15 marzo 1859; IX. Educazione, n. 17° dei 2-16 maggio 1859.
- ↑ Associazione — Progresso, n. 33° del 2 marzo 1860.
- ↑ Questione Economica, nn. 38° e 39° dei 14 e 23 maggio 1860.
- ↑ Ved. l’introduzione al voi. LXVI dell’ediz. nazionale.
- ↑ Ved. l’ediz. nazionale, vol. LXVII, p. 224.
- ↑ Ved. l'ediz. nazionale, vol. LXTII, p. 199.
- ↑ Id., vol. LXVII, pp. 243-244.
- ↑ Ved. l’ediz. nazionale, vol. LXVII, p. 253.
- ↑ Infatti, poco prima egli aveva scritto al Grilenzoni: «Cosa pensi dí fare pel libretto agli operai? L’hai ora tutto. Te ne chiedo, perché altri mi chiede stamparlo da Milano; poi, vorrei non pensarci piú e avere la cosa fatta sema induyi indefiniti» (ediz. nazionale, vol. LXVIII, p. 50).
- ↑ Id., vol. LXVIII, pp. 114-115.
- ↑ Ved. l'ediz. nazionale, vol. LXVII, pp. 353-354.
- ↑ Id., vol. LXVII, p. 280.
- ↑ Id., vol. LXVII, p. 316.
- ↑ Id, vol. LXVIII, p. 116.
- ↑ Doveri dell’Uomo | di | GIUSEPPE MAZZINI || Londra | 1860. — In-16° di pp. viii 144, piú 2 nn. in fondo, sulla prima delle quali s’ adagia l'indice e l'errata-corrige. Sulla prima p., con numerazione romana, sta scritto: Biblioteca Popolare; il frontispizio è sulla terza.
- ↑ Doveri dell’Uomo . — In-16° di pp. viii-144. Sull’ultima sta l’errata-corrige.
- ↑ Il discorso del Vincke alla Camera prussiana fu integralmente tradotto dal Popolo d’Italia (n. del 17 febbraio 1861). La dichiarazione (Erklärung) fu publ. a Berlino e recava le firme di J. Karl Rodbertus, von Berg e L. Bucher; ma fu redatta dal primo di essi, e fu accolta da M. Wirth che riunì le Kleine Schriften del Rodberlus (Berlino. Puttkamer u. Mühlbrecht. 1890. pp. 269-278). Poco dopo, sempre in collaborazione con v. Berg e L. Bucher, il Rodbertus ribadì le sue idee nello scritto: Seid Deutsch! Ein Mahnwort, pure inserito nelle Kleine Schriften, pp. 273-278. Il discorso del Vinche ebbe larga ripercussione in Italia. Il Diritto propose che fosse coniata in suo onore una medaglia; ma con una nobile lettera il Vincke dichiarava poi di non poterla accettare.
- ↑ Veramente, se così poteva dirsi per Philip von Berg (1815-1866), che pure fu deputato all’Assemblea Nazionale, non altrettanto si poteva affermare per Johann Karl Bodbertus (1805-1875), anch’egli deputato all’Assemblea Nazionale del 1848, rieletto alla seconda Camera del 1849, dalla quale si era dimesso come protesta contro il Governo prussiano per i suoi sistemi di politica reazionaria; infine, da considerarsi già dal 1860 come il fondatore del socialismo scientifico tedesco. Ved. su di lui l’Allgemeine deutsche Biographie.
- ↑ Ediz. nazionale, vol. LXX, p. 302.
- ↑ Ediz. nazionale, vol. LXX, p. 49.
- ↑ Il Wirth eseguì una nuova traduzione del testo italiano, e la inserí nelle Kleine Schriften (pp. 297-307), da lui raccolti.
- ↑ La replica recava il titolo: An Mazzini. Offner Brief, Berlin, 1861, in-8°, di pp. 16. Il Wirth la inseri nelle Kleine Schriften, pp. 288-297.
- ↑ Già dal 12 gennaio 1861 egli aveva scritto a K. Blind: Je sais que les Allemands patriotes se préoccupent beaucoup de notre guerre future pour la Vénétie. Il y a des points sans doute sur lesquels il est possible que la fatalité historique nous pousse à nous quereller entre nous. Mais, si méme on croyait cela inévitable, on devrait se taire aujourd’hui par tactique. Toutea les ménacea prussiennes ou germaniques fortifient l’ennemi commun dont on a peur.... Le seul language qu’on devrait, selon moi, tenir en Allemagne est celui que nous tons tenons aux Italiens. Ce language serait utile à vous comme à nous, à la liberté. Je crains bien qu’on se prépare en Prusse, à aller au delà. Si cela se vérifiait, je crois que j’écrirai quelque chose moi-méme aux Allemands.» Ediz. nazionale, voi. LXX, pp. 284-285.
- ↑ Nel primo di quei periodici fu pubbl. nel n. del 18 febbraio 1861, nel secondo in quelli dei 21. 22 e 23 dello stesso lese. Nel Popolo d’Italia fu diviso in quattro paragrafi, ma non si sa se questa ripartizione fosse dovuta al Mazzini, o ad A. Saffi, il quale dovette senza dubbio ricevere l’autografo dell’art., che tuttavia riprodusse negli S. E. I., vol. XI, pp. 240-237, ricavandolo non già dal periodico che egli aveva diretto a Napoli, ma dalla ristampa dell’Unità Italiana, la quale v’appose la data del 22 gennaio, che è quella che si legge nell’autografo.
- ↑ Anche nell’opuscolo lo scritto mazziniano era diviso in quattro paragrafi.
- ↑ Nel periodico milanese era preceduto dalla seguente avvertenza: «Siamo lieti che quanto scrivemmo piú volte nel nostro giornale intorno alle diserzioni, trovi la venerata sanzione dell’uomo il più virtuoso che noi abbiamo mai conosciuto.»
- ↑ Dal primo di quei due periodici fu fatto estratto pubbl. in foglio volante. Fau pure dato a luce in opuscolo di pp. 16, e sul frontispizio fu apposta, dopo il titolo, solamente la data: «Genova, Giugno 1862.»
- ↑ Il Minisiero Ricasoli, che era succeduto a quello del Cavour.
- ↑ Lett. inedita. Il generale Garibaldi firmò la Protesta. Nell’Unità Italiana del 2 agosto 1861 si leggeva infatli. «Il generale Garibaldi ha firmato la Protesta contro l’occupazione francese di Roma, e fu uno dei primi. Nell’Italia centrale e nella Sicilia, quella Protesta è accolta con immenso favore. A Genova sono già raccolte numerosissime firme.»
- ↑ Questo indirizzo fa pure pubbl. a parte, come estratto dall’Unità Italiana: Ai Membri | del Comitato dirigente | dell’Associazione Unitaria | in Genova | Lettera di Giuseppe Mazzini Il Milano \ Tip. dell’Unità Italiana, diretta da G. Gaja \ 1862. — In 16° piccolo, di pp. 10. Sul frontispizio era avvertito: Questo scritto doveva esser letto all’Assemblea del 9 corrente [marzo] in Genova: ma la lettura non fu permessa, perché ’non era all’ordine del giorno,’ come osservò il signor Crispi. che teneva la presidenza.»
- ↑ Nel numero unico: X marzo a cura del Comitato Genovese per le onoranze a Giuseppe Mazzini nel cinquantesimo anniversario della sua morte; Genova, Tip. del Lavoro, 1922.
- ↑ pp. xxx-xxxiv.
- ↑ Ediz. nazionale, vol. LXVI, pp. 315-318. Da piú giorni il Mazzini pensava a questa trasformazione dei Comitati di Provvedimento. Ved. infatti la sua lett. a G. Dolfi del 28 ottobre 1860, nell’ediz. nazionale, vol. LXXX, p. 168.
- ↑ Nella lett. dell’8 novembre 1860 a Carolina Siansfeld, il Mazzini scriveva: «Ho avuto l’altra sera con quest’ultimo [Garibaldi] una lunga intervista a Caserta: è stata molto amichevole.... Siamo venuti a un accordo per l’avvenire: il compito piú difficile viene a ricadere, naturalmente, su di me.... Io devo dirigere, standone a capo, un’agitazione per Venezia e Roma senza e contro Luigi Napoleone, e tentare di rovesciare Cavour durante l’inverno: poi debbo cercare di non far scoppiare un moto in primavera, e dato che riuscissimo come riuscimmo in Sicilia, Garibaldi ci raggiungerebbe con una spedizione simile a quella di Marsala.» Ediz. nazionale, vol. LXX, pp. 183-184.
- ↑ Ved. il Popolo d’Italia del 10 novembre 1860. Ved. pure la lett. del 29 novembre 1860, probabilmente indirizzata a F. Bellazzi, nell’ediz. nazionale, vol. LXX, p. 206. Per Roma e Venezia, oltre alla «scheda di sottoscrizione» che è inserita in facsimile in questo vol., il Mazzini il 17 marzo 1861 stese una circolare, che fu divulgata in foglio volante (ved. lo scritto indicato al n. IV).
- ↑ Una relazione di quell’adunanza fu pubbl. nel supplemento dell’Unità Italiana di Milano, dell’8 gennaio 1861.
- ↑ Questa proposta del Guerrazzi corrispondeva ai desiderii del Mazzini, che scrivendo ad A. Saffi nel gennaio del 1861 osservava: «Pubblicherei, se fossi in voi [nel Popolo d’Italia], la lista dei 229 votanti la cessione di Nizza, per mettere gli elettori in guardia.» Ved. l’ediz. nazionale, vol. LXX, p. 277. Non era però stata approvata da Garibaldi, poiché F. Bellazzi, che aveva recato a Caprera la relazione dell’adunanza del 4 gennaio, in una lett. all’Unità Italiana, che l’inseriva nel n. del 12 di quello stesso mese, dichiarava: «che il generale Garibaldi nell’approvare le dichiarazioni dell’Assemblea, aggiungeva a voce ch’egli, condannando il voto dei 229, non si pronunciava esplicitamente per la loro esclusione dal Parlamento, ricordando alcuni fra di essi, nella cui fede patriottica spera tuttora per l’avvenire.»
- ↑ Unità Italiana di Milano, del 21 gennaio 1861.
- ↑ Nel Museo del Risorgimento di Roma si conservano ventidue copialettere che contengono la numerosa corrispondenza che F. Bellazzi ebbe nella sua qualità di segretario del Comitato Centrale di Genova dei Comitati di Provvedimento per Roma e Venezia.
- ↑ Ved. la protesta di F. Bellazzi. nell’Unità Italiana di Milano, del 6 aprile 1861.
- ↑ Lett. inedita.
- ↑ Tenacemente contrario al concetto che le Società Operaie dovessero occuparsi di questioni politiche era stato, e lo fu anche dopo, M. Macchi. Ved. la lett. di lui a F. Bellazzi,del 18 agosto, in La Nuova Europa del 24 dicembre 1861.
- ↑ Nella lettera-circolare inviata dal Bertani il 20 settembre 1861 ai «deputati di sinistra.» era data cosí notizia della fondazione dell’Associazione Unitaria Italiana: «Non ho bisogno di dirvi quali pericoli di dissoluzione e servitú a Napoleone ci minacciano, né di persuadervi del bisogno che la Nazione si affretti a fare quello che il Governo non ha voluto e saputo fare per salvarla. Per questo scopo si pensò assai opportunamente da alcuni liberali di Genova a fondare qui pure una Società Unitaria, che aggiunga il proprio lavoro a quello delle società sorelle, infondendo in loro nuova alacrità col calore che sempre anima i primi atti. Io, con Campanella, Mosto, Savi e Celesia, sono membro della Commissione eletta nella prima adunanza, tenuta a fine di redigere lo Statuto e stendere un indirizzo alle Società liberali d’Italia, sottoponendo alla loro discussione i provvedimenti che avremo creduti piú efficaci e praticabili. Onde concludere ed attuare misure generali, noi proporremo che ogni Società, discusso nel proprio seno l’importantissimo tema, deleghi rappresentanti per una generale adunanza delle Società liberali d’Italia.» Unità Italiana di Milano, del 9 ottobre 1861
- ↑ Fu pubbl. nell’Unità. Italiana di Milano, del 28 ottobre 1861.
- ↑ È notevole una corrispondenza da Genova il 30 ottobre 1861 all'Unità Italiana di Milano, del 3 novembre successivo: «Mi dicono che sullo stesso vapore [su cui a’ era imbarcato S. Türr] è partito Bellazzi, membro del Comitato Centrale, per assicurare forse la vita ai Comitati di Provvedimento, che altri troppo leggermente si era ripromesso di far sciogliere nell’interesse della quiete e dell’ordine. Se parte per un tale oggetto, auguriamo prospera riuscita al suo viaggio.»
- ↑ Fu pubbl. nel Movimento del 16 dicembre 1861.
- ↑ Ved. l’Unità Iraliana di Milano, del 28 dicembre 1861, in cui è inserito il «rapporto dei tre commissari dell’Associazione Unitaria Italiana incaricati di rappresentarla nell’assemblea del 15 dicembre 1861, convocata dal Comitato Centrale di Provvedimento.» È la relazione piú diffusa di quell’adunanza, come dichiarò il Diritto del 29 dicembre 1861.
- ↑ Date a luce nel Corriere Mercantile, nella Gazzetta di Torino e nell’Opinione che avevano in proposito fatte «maligne insinuazioni e false accuse.» Ved. il Diritto dei 21 e 24 dicembre 1861.
- ↑ La lett. di Garibaldi fu pubbl. nell’Unità Italiana di Milano, del 19 gennaio 1862, insieme con le considerazioni in proposito dei membri del Comitato Centrale. La «nuova Assemblea» era stata convocata per il 9 marzo 1862.
- ↑ Ved. l’Unità Italiana di Milano, del 3 febbraio 1862.
- ↑ Unità Italiana di Milano, del 16 febbraio 1862.
- ↑ Id. del 22 febbraio 1862.
- ↑ Vero è che quando nella seduta del 17 marzo 1862 della Camera dei deputati il Gallenga svolse una sua interrogazione al Governo per sapere quale risposta avesse dato o intendesse di dare al generale Garibaldi che aveva avuto «missione dall’Associazione di Genova di sollecitare il ritorno dí G. Mazzini,» il Rattazzi dichiarò: «Quanto alla risposta che intendo di dare a Garibaldi, sul rimpatrio di Mazzini, rispondo che essendomi abboccato col generale Garibaldi, dopo l’Assemblea di Genova, Garibaldi non me ne fece parola, e che perciò non gli devo risposta.»
- ↑ Per le acerbe polemiche che sorsero in proposito, ved. N. Rosselli, Mazzini e Bakounine; Torino, Bocca, 1927.
- ↑ Quasi tutte queste lett. furono riunite nel volumetto: «Lettere di Giuseppe Mazzini alle Società Operaie Italiane; Roma, 1873, per cura degli Editori. Faceva parte della Pubblicazione Nazionale delle opere di Giuseppe Mazzini.
- ↑ Fa pubbl. in faglio volante dalla tip. Ciminago di Milano. Anche dal lato tipografico, era un estratto dall’Unità Italiana.
- ↑ Se ne fece un estratto in foglio volante per i tipi del Ciminago.
- ↑ Notevole è la lettera con la quale la Commissione Permanente del Club Democratico offriva la presidenza onoraria a Mazzini e a Garibaldi, pubbl. nello stesso n. della Unità Italiana.
DOVERI DELL'UOMO
di
GIUSEPPE MAZZINI
pensiero ed azione | dio e il popolo |
NAPOLI
1860
I.
DEI DOVERI DELL’UOMO.