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xii | introduzione |
derò la dedica agli Operai.»1 Se non che, la pubblicazione degli ultimi capitoli dei Doveri dell’Uomo non procedeva con sollecitudine nei due periodici genovesi; e il 22 aprile il Mazzini avvertiva il suo amico: «Gli ultimi articoli sono nelle mani di Maurizio, in Genova. Uno o due apparvero nell’Unità. Ora resta una cosa. Vi sono correzioni e piccoli mutamenti da farsi che sto facendo sugli articoli stampati. Ma come mandarteli? In tre lettere ai diversi indirizzi? o come? Vedi di dirmelo subito.» E riguardo alla composizione dell’opuscolo, raccomandava: «Tieni a mente intanto che naturalmente, nello stampare, non ripetano sempre per obblio: Morale — Doveri degli Uomini [sic]; ma solamente ciò che viene dopo il numero romano. Il libretto dovrebb’essere nitido, non di stampa troppo piccola; e a buon prezzo. Si venderà sempre e il numero compenserà il prezzo tenue. Sulla coperta o in qualche luogo dovrebb’esservi: Biblioteca del Popolo — e in un angolo qualunque con piccoli tipi: Dio e il Popolo come epigrafe. Se muoio, farà la Biblioteca chi saprà. xVe non muoio, seguirò io con altre pubblicazioni dello stesso genere.»2
Nel frattempo il Grilenzoni, presago dei «tempi nuovi,» si era trasferito a Reggio Umilia, che era la sua città natale; e poiché temeva che il volumetto non potesse facilmente stamparsi in Italia, dove qualunque pubblicazione di scritti mazziniani era riguardata con sospetto, iniziò e concluse trattative con una tipografia di Lugano. Se non che il provvedimento non persuase il Mazzini: «Abbi pazienza;» — scriveva all’amico nello stesso mese d’aprile — «ma è stato un grande errore, secondo me, stampare a Lugano. Se v’è divario