«che gli operai non dovessero nei loro annuali congressi occuparsi di politica.» Piú grave ancora fu il dissenso quando fu discussa la nomina del nuovo Comitato Centrale che il Bellazzi sostenne essere di competenza dei Comitati di Provvedimento e non dell’Assemblea, alla quale erano intervenuti «elementi estranei.» Se non che «l’Assemblea, che aveva mostrato il suo gradimento per quanto aveva fatto il Comitato Centrale; che non faceva della rielezione una questione di fiducia, ma di esercizio dei propri diritti; che sentiva come il voto dei presenti avrebbe appunto e solennemente espresso quella sua testimonianza di nuova fiducia e di nuova stima verso il Comitato Centrale, non potè comprendere tanta insistenza e tanta diffidenza sul nuovo suffragio, e persistendo nel suo diritto, volle rinnovare l’elezione del Comitato Centrale, come aveva con entusiastica acclamazione rieletto il generale Garibaldi a suo presidente;»1 e a formarlo furono eletti F. Bellazzi, A. Mosto, G. B. Cuneo. F. Campanella, A. Burlando, F. B. Savi e A. Sacchi. Il Bellazzi, per quanto pregato a rimanervi, dichiarò nettamente di rinunciare a far parte del Comitato Centrale, e fu sostituito da A. Mario; ma sia per le polemiche sorte nei giornali che nell’Assemblea si fosse violata la volontà di Garibaldi, ciò che fu smentito da due dichiarazioni, rese pubbliche, di Saffi-Nicotera e A. Bertani,2 sia perché
- ↑ Ved. l’Unità Iraliana di Milano, del 28 dicembre 1861, in cui è inserito il «rapporto dei tre commissari dell’Associazione Unitaria Italiana incaricati di rappresentarla nell’assemblea del 15 dicembre 1861, convocata dal Comitato Centrale di Provvedimento.» È la relazione piú diffusa di quell’adunanza, come dichiarò il Diritto del 29 dicembre 1861.
- ↑ Date a luce nel Corriere Mercantile, nella Gazzetta di Torino e nell’Opinione che avevano in proposito fatte «maligne