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xxxiv | introduzione |
tazioni a Caprera da parte di società operaie e associazioni politiche d’ogni parte d’Italia, scongiurando Garibaldi a ritirare le dimissioni dalla presidenza dei Comitati di Provvedimento, e allo stesso fine il 14 febbraio erano andati colà il Grispi, il Mordini e G. Dolfi,1 i quali dovettero essere ben persuasivi nel compire il loro mandato, poiché il 17 febbraio Garibaldi informò i Comitati di Provvedimento e tutte le associazioni patriotiche italiane che se «particolari circostanze» non glie l’avessero impedito, sarebbe andato egli «stesso, pel 9 marzo, a Genova;» e aggiungeva: «l’adunanza del 9 marzo prossimo può riuscire feconda di ottimi risultati, se vi siano rappresentate tutte le Associazioni liberali italiane,» esortando che tutte mandassero i loro delegati.2
Garibaldi arrivò improvvisamente a Genova il 2 marzo e subito dopo proseguí per Torino, dove giunse in piena crisi ministeriale per le dimissioni del Ricasoli e dove ebbe un cordiale colloquio col Re e col Rattazzi, succeduto al Ricasoli. Il 6 marzo era di nuovo a Genova e tre giorni dopo presiedette Radunanza dei Comitati di Provvedimento e delle Associazioni liberali, patriotiche ed operaie d’Italia; e fu decisa la fusione di tutte le associazioni democratiche, creandone una col nome di Associazione emancipatrice Italiana. Nella adunanza del giorno successivo, su proposta di F. Campanella, fu approvato che a Garibaldi, il quale diessi premura di dichiarare che ben volentieri si incaricava di quella missione,» fosse affidato il mandato di chiedere al Governo il «richiamo dell’esule;»3