Notizie storiche intorno all'origine di Prato/Della Origine di Prato e della Chiesa Cattedrale

Cap. I - Della Origine di Prato e della Chiesa Cattedrale

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Cap. I - Della Origine di Prato e della Chiesa Cattedrale
Prefazione Del Territorio della Comune di Prato (Topografia)
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CAPITOLO I.


Della Origine di Prato e della Chiesa
Cattedrale.


È bene avvertire che le notizie istoriche della città di Prato con quelle della Chiesa Cattedrale vanno talmente unite tra loro, che non si può parlare delle une, senza parlare pure delle altre. —

Vi sono varie opinioni sulla sua origine; però da tutto quanto è stato detto dagli storici delle cose della Toscana, come sarebbero il Malaspini, il Villani, lo Scala e l’Ammirato, e secondo anche quanto si trova in antiche Memorie che si conservano sopra a carte-pecore ed altrove, si può stabilire che il principio e l’origine di Prato avvenisse intorno al decimo secolo; e ciò per la ragione che il nominato Malaspini nella sua istoria [p. 2 modifica]Fiorentina dice che i fiorentini nell’Anno 1107 coll’esercito loro assediarono Prato, lo presero e lo danneggiarono immensamente benchè egli affermi che i pratesi in quel tempo erano pochi, e di poco erano usciti da un poggio in prossimità a Monte Murlo chiamato Chiavello; non di meno essendo andati i fiorentini ad assediar Prato con un poderoso esercito, si deve argomentare che fosse pieno di abitanti buona parte dei quali, ricchi e potenti, e che fosse ancora talmente fortificato da essere necessario un’esercito per assaltarlo e prenderlo, come avvenne: e se egli era tale, come difatti era, non crebbe già subito ed in poco tempo, ma bisogna dargli almeno un secolo, di maniera che fino al mille ed anche più indietro, si vede chiaramente che ebbe il suo principio; talchè si può stabilire con certezza e senza ombra di dubbio che il suo principio lo ebbe intorno al decimo secolo. È bene fare osservare che l’esercito col quale i fiorentini lo assediarono fosse assai poderoso, ben lo dimostra l’essersi trovata in persona a questo assedio [p. 3 modifica]la Contessa Matilde, con Ildebrando vescovo di Pistoia, nel quale assedio questa gran Signora diede fuori un certo suo diploma in data di quel medesimo anno 1107, e riportato dall’Ughelli nell'Istoria Sacra; ma se i Pratesi ebbero la disavventura di esser vinti e superati dai Fiorentini, poteronobene in poco tempo riaversi e fortificar di nuovo la loro terra per poter conservare la propria libertà, e che tutto questo accadesse lo prova il fatto, che essi nell’anno 1141 e così dopo 34 anni mossero guerra ai Pistoiesi per causa del Castello di Carmignano, come leggesi nella istoria di quei tempi e come dice lo stesso Malaspini, aiutati però dai Fiorentini; e benché i Pratesi in questa azione militare rimanessero superati dai Pistoiesi nondimeno nei tempi successivi (che solevano fare le leghe militari i Comuni di Toscana) Pratesi e Pistoiesi fecero lega colle loro forze e guerreggiarono insieme — In tutte queste leghe vi entravano sempre i Pratesi, tanto più perchè si conosceva la loro libertà e la grande stima che comunemente se [p. 4 modifica]ne aveva. Ma perchè un luogo come Prato posto in mezzo a tanti popoli più potenti di esso difficilmente poteva libero mantenersi, e perciò i Pratesi nell'anno 1313 si messero sotto la protezione a Roberto Re di Napoli ed ai suoi successori, i quali tenevano in Prato i loro Vicari Regi ed in questa maniera per non pochi anni mantennero una libertà sapiente. Nell'anno poi 1350 Giovanna Regina di Napoli vendè tutte le sue ragioni su Prato a Niccola Acciajuoli gran Siniscalco o Maggiordomo del Regno, per ricompensa del danaro da lui dato ad imprestito alla medesima, dopo la qual cosa l’Acciajuoli, il mero e misto impero di Prato trasferì subito nella Repubblica Fiorentina; ed allora fu che i Fiorentini non avendo fatto saper nulla di questo trattato ai Pratesi, mandarono a Prato le loro soldatesche e così divennero Signori di Prato, e per acquietare le anime dei Pratesi gli accordarono onorificenze e privilegi.
Ora tornando a parlare dell’origine di Prato per poi passare a discorrere della [p. 5 modifica]Chiesa, io dico di nuovo, che ebbe il suo principio intorno al decimo secolo e lo ebbe in questa maniera. Abitavano da molto tempo avanti sul Poggio di Chiavello vicino a Monte Murlo alla distanza dal luogo, ove poi sorse Prato, circa a 5 miglia, alcuni popoli con molti Castelli e Villaggi; e considerando eglino alle ingiustizie ed alle gravezze che erano angariati ed oppressi dai vicini Signori e tiranni, si decisero concordemente di abbandonare le antiche loro dimore per calare al piano col comune danaro messo insieme; comprarono quello spazio di terreno e vi fabbricarono le loro case e lo cinsero di mura per garantirsi da molestie e assicurare la loro libertà, dandogli il nome di Prato come dice il Malaspini medesimo perchè vi era un bel prato e di quì ebbe origine quella città come raccontano tutti gli storici sopra rammentati.

Non solo gli abitanti di Chiavello vennero ad abitarvi, ma tutti gli altri ancora che abitavano nella vicina campagna, ne’ Borghi e ville perchè erano ricchi e [p. 6 modifica]potenti, chè uniti agli altri si credettero più forti, e così venne ad ingrandirsi la Giurisdizione di Prato medesimo in 48 fra Villaggi e Castelli che oggi giorno pure formano il suo territorio e contado.

Si crede inoltre che venissero ad abitarvi alcune nobili famiglie Fiesolane, allorquando nell’anno 1010 avendo i Fiorentini quasi disfatto la città di Fiesole molte delle famiglie scesero in Firenze altre per il Contado ad altre andarono altrove e fra queste ne vennero anche a Prato, come racconta il rammentato Storico Malaspini.

Se questa città nell’accennato tempo, e per quanto è stato detto, ebbe la sua origine, non fu già fabbricata allora la sua Cattedrale, ma molto tempo avanti bensì. Imperciocché la Chiesa e Pieve di S. Stefano che è quella stessa, che già fu Collegiata, ed ora è la sua Cattedrale, era prima che fosse Prato, la Pieve di Borgo al Cornio, ovvero al Corno, poiché intorno ad essa vi era posto un Borgo che si componeva di molte case che con tal nome si [p. 7 modifica]chiamò ed in prova di questa verità abbiamo la strada di Borgo al Cornio che resta dietro a detta chiesa.

È certo che i primi Pratesi fabbricando nel terreno chiamato Prato, vi fecero le mura e vennero a rinchiudere in esse l’antico Borgo al Cornio colla sua Pieve di S. Stefano, e fin d’allora fu giudicata e tenuta sempre per la Chiesa maggiore; dal chè addivenne che crescendo Prato di abitanti e di ricchezze procurarono i Pratesi che la Chiesa loro divenisse sempre più decorosa ed illustre; di maniera che, essendo già Collegiata, fu inoltre da molti Giureconsulti denominata Propositura per la ragguardevolissima Dignità del Proposto e per i privilegi, che gli furono conceduti per cui ella è stata delle più nobili ed illustre Collegiate e spesso citata a modello. — Certa cosa è, ne da mettersi in controversia, che questa Chiesa nella sua origine era situata nella Diogesi di Pistoia, ma essendo i Pratesi secondo lo stato loro divenuti potenti, e siccome gli altri Comuni dì Toscana facevano, (godendo la [p. 8 modifica]loro libertà) malvolentieri soffrivano, che il vescovo di Pistoia esercitasse autorità sopra i loro ecclesiastici, conseguentemente nella loro terra, tanto più che ad essi a cagione della Giurisdizione temporale assai volte conveniva contro i Pistoiesi medesimi con armate compagnie di soldati uscire in campagna, quindi è, che ottenendo privilegi, ed esenzioni per la loro chiesa, i Pratesi cominciarono a poco a pòco a sottrarsi dalla Giurisdizione Episcopale di Pistoia; sopra la qual cosa tra i vescovi di Pistoia ed i Proposti di Prato, nacquero controversie che cominciarono dal duodecimo secolo; e nei tempi di S. Atto vescovo di Pistoia esisteva una lite che non si terminò giammai, finché la detta chiesa fu eretta Cattedrale.

Lunga cosa sarebbe il raccontare minutamente tutto ciò che è accaduto in una grande controversia e che per tanti secoli si mantenne, perchè i Vescovi di Pistoia da una parte sostennero le loro ragioni, mentre i Proposti di Prato dal canto loro, non solo non cedettero mai in cosa alcuna, [p. 9 modifica]ma anzi pretesero ed ottennero nuovi privilegi ed esenzioni come tra gli altri fece il Proposto Cardinale De’ Medici figliuolo di Cosimo Padre della Patria a cui Papa Pio II concesse amplissimo privilegio. — E se i Proposti di Prato furono guardinghi ed attentissimi nel mantenere la loro Chiesa lontana e libera dalla soggezione del Vescovo di Pistoia, furono ancora molto solleciti, procurando che ella fosse servita ed ufiziata col maggiore ecclesiastico decoro che di tempo in tempo si è praticato: perciocché in questa Chiesa fino nei più antichi tempi un considerevole numero di Canonaci e molti Cappellani insieme hanno avuto l’obbligo d'intervenire ai sacri ufizi.
Per più distinto onore della Collegiata di Prato è da considerarsi che i Proposti sono stati sempre personaggi i più distinti, sia per dignità che per nobiltà di sangue e tenuti sempre in concetto di alta stima, i quali tenevano il loro Vicario Generale conforme si praticava in quei tempi. E siccome erano immediatamente soggetti alla S. Sede Apostolica, però aprirono un [p. 10 modifica]proprio Tribunale per rendere ragione ai loro sudditi, e così continuarono fino all’anno 1653 ad esercitare i Proposti di Prato la propria Giurisdizione, quando in detto Anno alle istanze del Gran-Duca Ferdinando II e del Principe Cardinale Carlo di Toscana, che fu l'ultimo Proposto, Papa Innocenzio X per togliere interamente tutte le controversie, ormai troppo invecchiate coi Vescovi di Pistoia, Soppresse la Propositura, e nominò in Cattedrale la Chiesa di Prato, e fu da esso aeque principaliter alla Chiesa Episcopale di Pistoia unita. —

Benché non prima del 1653 sia stata fatta Cattedrale la Collegiata di detta città, pure molto tempo avanti si pensò con questo pregiatissimo onore ad illustrarla; poiché fino nel 1409 la Repubblica Fiorentina supplicò Papa Alessandro V il quale volle onorar Prato di sua presenza per molti giorni e nello stesso tempo dichiarò voler Cattedrale la Chiesa medesima.

Il Papa benignamente condiscese alle [p. 11 modifica]domande della Fiorentina Repubblica, graziando le sue istanze; ma per grande disavventura dei Pratesi, prima che le bolle fossero spedite, passò all’altra vita Papa Alessandro in Bologna, e poi, a cagione dello Scisma, che vi era in quei tempi e delle guerre, che i Fiorentini fecero, e di altri difficili avvenimenti che tenevano sollevata Firenze medesima, non solo non si riprese coi successori d’Alessandro il trattato che era rimasto sospeso, ma non si pensò più affatto ad esso, e l’affare se ne andò interamente in dimenticanza. — La memoria del trattato, che la Repubblica Fiorentina ebbe col Papa, di far Prato città nel 1409 e dargli il suo Vescovo, si legge in Firenze nell’Archivio delle Riformagioni, dove è descritta ancora una più ampla Diogesi che allora si pensava di assegnargli: e questa memoria leggesi altresì distesamente nella Istoria della Chiesa di Prato, inserita nel terzo Tomo dell’ Italia Sacra dell’Ughelli della nuova edizione di Venezia. — Dopo che è stato narrato, come la [p. 12 modifica]Chiesa Collegiata di Prato divenne Cattedrale, conviene adesso scrivere dello stato in cui ella si trova presentemente: ed in primo luogo si parlerà delle sue entrate. — Fu già da Leone X per opera di Baldo Magini canonico Pratese, familiare di esso Pontefice, e Castellano di Ostia, unita al Capitolo di questa Chiesa, la Badia di S. Fabiano posta in Prato, della quale lo stesso Magini era commendatario. E unita al medesimo Capitolo fu ancora la Pieve di S. Leonardo a Cerreto Guidi nella Diogesi di S. Miniato per l'accortezza e per l'amore alla Patria di Pier Francesco Ricci di Prato Proposto, Segretario, e Maggior Domo del Granduca Cosimo Primo. E se molto considerabili sono le rendite, che da queste due Chiese ritrae il Capitolo di Prato, non poca entrata portano altresì al medesimo altri effetti e possessioni lasciategli in vari e diversi tempi dall’altrui pietà, della quali cose tutte ne dispongono come padronanza loro, non solamente i Canonici, ma i Cappellani ancora per la ragione che essi sono pre[p. 13 modifica]bendati, e non già amovibili. — Egli è ben vero che ai Canonici soltanto e non ad altri, spetta la giurisdizione della Chiesa Cattedrale: e gli stessi Canonici ancora per adempimento di Legati a loro lasciati, conferiscono ogni anno alcune Doti di scudi cento per ciascheduna a Donzelle che debbono maritarsi. E finalmente il Capitolo di questa Cattedrale gode il patronato di alcuni Canonicati e di molti altri Benefizi, così curati, come semplici che in Prato ed altrove si ritrovano: concorre all’elezione di alcuni giovani che debbono attendere agli studi nella città di Roma; e per conferire premi ai Cherici, che alla Chiesa servono, come pure farne promuovere col titolo di patrimonio al Sacerdozio; ed eleggere insieme coi Consoli dell’arte della Lana di Prato due Cherici Pratesi per servire nella Chiesa Cattedrale di Pistoia. — I Canonici di questa Cattedrale sono venti, e cinque le Dignità, cioè quella di Primicerio, d’Arciprete, d’Arcidiacono, di Decano, e di Tesoriere: i Cappellani sono 33: l’abito [p. 14 modifica]dei Cappellani è un Batulo nero abbottonato sopra la Cotta, ed i Canonici portano nell’inverno il Roccetto colla cappa Magna di colore paonazzo, e nel tempo d’estate portano la Cotta sopra il Roccetto all’usanza delle Basiliche di Roma. In quanto poi all’ufiziare la Chiesa, ella resta servita come le altre Cattedrali, e come ancora quando era collegiata e prima che fosse dichiarata Cattedrale conforme è stato sempre costumato: e per maggior comodo è facilità del servizio della medesima Chiesa, evvi un Collegio di 20 Cherici, i quali giornalmente assistono alla medesima, alla quale pure concorrono i giorni festivi anche i Cherici del Seminario Vescovile.

Passeremo adesso a dare una breve notizia di tutti coloro che hanno governata la Chiesa di Prato sia come Proposti che come Vescovi. Nell’Italia Sacra dell'Ughelli della nuova edizione di Venezia, leggesi il catalogo dei proposti di Prato, ma per me in questo luogo si daranno maggiori notizie. — Io non ho trovato antiche [p. 15 modifica]scritture nelle quali si faccia menzione dei Proposti di Prato prima del 1070, nella quale epoca trovasi nominato il proposto della Pieve Collegiata di Prato col solo nome, come

Ranieri di Pietro era proposto l’anno 1080.

Bernardo di Tenzo nel 1099. —

Gherardo dal 1102 fino al 1125.

Ildebrando dal 1126 fino al 1145 e forse più oltre ancora nel 1133 dal Papa Innocenzio II fu egli medesimo colla sua Chiesa ricevuto sotto la protezione della Santa Sede Apostolica. Essendo Ildebrando proposto, fu da Michele nell'anno 1141 portata a Prato la sacratissima Cintola.

Ubaldo governava la Chiesa di Prato nel 1148.

Uberto fù Proposto dal 1153 al 1174. — Ad esso fu da Michele consegnata la sacratissima Cintola e dal Papa Adriano IV fu ancora egli ricevuto sotto la protezione della Santa Sede Apostolica.

Pietro Diacono nel 1175.

Piovano; nel 1182 a cui Lucio III, [p. 16 modifica]oltre alla sopra nominata protezione gli concedette altri privilegi sopra il Piovanato.

Piovanello nel 1204.

Iacopo nel 1206.

Enrico nel 1208.

Zonchello nel 1227 in cui Gregorio IX confermò i privilegi dei suoi antecessori.

Rainaldo nel 1248.

Benaldo nel 1250.

Alcampo nel 1255, e continuò per molto tempo ad essere Proposto: era egli della famiglia degli Abbadinghi di Firenze, e fu ancora Canonico Fiorentino; ebbe come Proposto di Prato lite coi padri Agostiniani nel 1271 a cagione della fabbrica della lor Chiesa, e del loro Convento di Prato; e la lite poi restò terminata, perchè i padri Agostiniani domandarono ad esso la necessaria licenza.

Giovanni nel 1299.

Bartolommeo nel 1317.

Giovanni Colonna Cardinale nel 1341.

Giovanni da Parma nel 1348. Era questi Medico Commensale del Papa, e fu [p. 17 modifica]quegli che mediante Filippo De’Rossi di Parma, Cappellano del Papa, Canonico di Lucca, Piovano di S. Cresci a Valcava, e suo Vicario in Prato fece nel 1350 la transazione, e l’aggiustamento colla Comunità di Prato, per le difficoltà insorte intorno alla sacratissima Cintola di M. V.

Giovanni di Vincenzio Fiorentino nel 1370 questi fu fatto Vescovo di Pistoia, e poi passò al Vescovato di Cervia.

Bartolommeo Franchi di Pistoia, fu fatto Proposto nel 1373 e continuò ad essere oltre al 1400. Egli era uomo di molto merito, fu Segretario di Urbano VI e di Bonifacio IX. Nel suo governo della Chiesa di Prato fu trasferita la Cintola nella Cappella dove ora si conserva. Fondò egli la Badìa dei Monaci Olivetani in Pistoia, e quella ancora de’ medesimi Ulivetani vicino a Prato, detta delle Sacca, e un Benefizio altresì sotto il titolo di S. Bartolommeo nella sua Collegiata di Prato e sull'altare, dove prima si teneva la Cintola, e questo Benefizio è di padronato degli operai del Sacro Cingolo. — Questo [p. 18 modifica]Proposto fu Sepolto nella Chiesa degli Ulivetani di Pistoia in arca di travertino.

La famiglia dei Franchi di Pistoia si è ultimamente estinta nel Balì Andrea Franchi Proposto di Livorno.

Andrea Viviani-Franchi di Firenze governò la Chiesa di Prato in qualità di Proposto dal 1407 fino al 1424. — Nei protocolli di Ser Ranieri di Pietro da Volterra, esistenti nell’Archivio Generale Fiorentino, trovasi un’istrumento rogato il 9 ottobre 1415 in cui questo Proposto costituisce alcuni Procuratori a comparire in nome suo al Concilio Generale di Costanza. — Nell’anno 1416 l’8 di novembre il medesimo Proposto per rogito dello stesso Notaio nomina un Procuratore a comparire avanti il Vescovo di Pistoia per le differenze giurisdizionali che esistevano tra loro.

Niccolozzo, ovvero Niccolao dei Milanesi di Prato fu Proposto dal 1425 fino al 1448. Ebbe egli alcune controversie coi Canonici della sua Collegiata, per lo più, intorno al modo di convivere insieme nel [p. 19 modifica]Palazzo della propositura come si praticava in quell’epoca, e ancora intorno alla collazione dei Canonicati e d’altri Benefizi pretendendo di privarne i Canonici, ma ne ebbe sentenza contraria.

Gimignano Inghirami di Prato succedè nella propositura e continuò fino al 1460. Nel quale anno morì. Questi fu comunemente giudicato per uno dei maggiori Dottori del suo Secolo: fu auditore della Sacra Rota Romana, Canonico Fiorentino, Priore di S. Frediano di Firenze, e da più sommi Pontefici gli furono affidati gravissimi affari. Arrecò molto giovamento alla sua Chiesa di Prato e del suo merito amplissimamente ne discorre l’eruditissimo Canonico Salvino Salvini nell'Istoria Cronologica dei Canonici Fiorentini, che tuttavia è manoscritta. Fu sepolto l'Inghirami ne’ Chiostri di S. Francesco de’ Conventuali di Prato, in un’Arca di trevertino, sopra la quale posa la figura di esso giacente, in marmo bianco.

Carlo de’ Medici figliuolo di Cosimo Padre della Patria, fu Proposto dal 1460 [p. 20 modifica]al 1492. — Questi amò grandemente Prato e la Chiesa sua medesima: egli era ancora Canonico Fiorentino, e cherico della Camera Apostolica, ottenne dal Papa Pio II che la Chiesa di Prato, egli medesimo, ed i suoi successori fossero liberi interamente dalla Giurisdizione del Vescovo di Pistoia. Fece un Collegio di 20 cherici, i quali dovessero servire alla Chiesa, e diede loro con molta prudenza le proprie Costituzioni. Il Gran Duca Cosimo primo nella stessa Collegiata di Prato gli fece inalzare un bello e magnifico Sepolcro.

Giovanni de’ Medici Cardinale fu Proposto dal 1492 al 1501: egli era figliuolo del Magnanimo Lorenzo, ne’ tempi suoi arbitrò prudentissimo dell’Italia; fu promosso al Cardinalato da Innocenzio VIII. Quando egli avea tredici anni, venne personalmente a prendere il possesso della sua Propositura, essendo anche Legato a Latere nel Dominio Fiorentino, e nel patrimonio di S. Pietro, e si fecero in Prato, in tale occasione, grandi feste. Finalmente fu questi promosso al Pontificato col nome di Leone [p. 21 modifica]X di cui sarà sempre immortale la memoria per essere stato generosissimo promotore di tutte le belle Arti e largo premiatore.

Oddo Altoviti, Patrizio e canooico Fiorentino, e Priore della Chiesa de’ Santi Apostoli di Firenze, ad esso rinunziò la Propositura di Prato nel 1501 il Cardinale Giovanni de’ Medici.

Al tempo di questo Proposto fu fondato il Monastero delle Monache della SS. Trinità dell’Ordine di S. Agostino.

Niccolò Ridolfi Cardinale e Arcivescovo di Firenze fu il successore dell’Altoviti, e fu Proposto di Prato fino al 1550. Egli fece ridurre a miglior forma le Costituzioni Capitolari della Chiesa di Prato.

Pier Francesco Ricci Pratese, Canonico Fiorentino, Segretario e Maggiordomo del Duca Cosimo per rinunzia del Cardinal Ridolfi, fu Proposto 13 anni, dal 1550 fino al 1563.

Lodovico Beccatelli Bolognese Arcivescovo di Ragusa; e prima Nunzio Apostolico alla Repubblica di Venezia, governò come Proposto la Chiesa di Prato per 12 [p. 22 modifica]anni dal 1564 al 1572. Questi fu uno dei maggiori uomini, che in dottrina e in bontà avesse quel Secolo; e nel Concilio di Trento fu grandemente ammirato il suo valore. — Morì in Prato, e fu sepolto nella Collegiata. —

Onofrio Camajani Nobile Aretino fu Proposto Due anni dal 1572 al 1574. — Fu ancora Presidente della Reverenda Camera Apostolica.

Ferdinando de’ Principi di Toscana, Cardinale, godè la Propositura di Prato dal 1574 al 1588. — Essendo morto il Gran Duca Francesco suo fratello senza figli maschi, passò ad essere Gran Duca di Toscana, e fu uno de’ più grandi Principi dei suoi tempi.

Alessandro de’ Medici Cardinale e Arcivescovo di Firenze succeduto nella Propositura al Gran Duca Ferdinando nel 1588 continuò per 17 anni fino al 1605, cioè fino a quel tempo appunto in cui egli fu creato Sommo Pontefice col nome di Leone XI. Mostrò segni di singolare amore per [p. 23 modifica]la sua Chiesa di Prato, corredandola di sacri preziosi parati.

Filippo Salviati succedette ad Alessandro; poi Leone XI di cui egli era nipote, e nel 1619 fu promosso al Vescovado del Borgo S. Sepolcro. Ottenne egli da Paolo la confermazione dell’uso dei Pontificali per i Proposti di Prato, e da esso l'anno 1617 fu aperta e benedetta la Chiesa della miracolosa Vergine della Pietà.

Carlo de’ Principi di Toscana, Cardinale, e poi Decano del Sacro Collegio, fu Proposto di Prato per anni 34 dal 1619 fino al 1652, e in quest’anno medesimo fu da Innocenzio X dichiarata Cattedrale la Chiesa di Prato, e alla Chiesa di Pistoia principalmente unita, talché un Vescovo solo con eguale onorificenza e dignità ad ambedue le Chiese presiedesse, ed il primo Vescovo di Pistoia e Prato fu adunque

Giovanni Gerini Fiorentino. Questi era stato Vescovo di Volterra e morì Vescovo di Pistoia e Prato l’anno 1656.

Francesco Rinuccini Fiorentino [p. 24 modifica]Presidente del Gran Duca a Venezia, poi Arciprete della Metropolitana di Firenze, succedè al Gerini nel Vescovado di Pistoia e Prato, e morì l’anno 1678.

Gherardo Gherardi Canonico Fiorentino, fu promosso dopo il Rinuccini. Questi fu uomo di gran bontà e di zelo apostolico, fondò ed apri in Prato il Seminario Vescovile, e con opinione di santità morì l’anno 1688.

Leone Strozzi Monaco e Abate Valombrosano venne ai Vescovadi di Pistoia e Prato dopo il Gherardi nel 1700 passò all’Arcivescovado di Firenze ed ivi mori nel 1703. — Aveva egli una mente e uno spirito degno di sua gran famiglia.

Francesco Frosini Pistoiese, per poco tempo fu Vescovo della sua Patria e di Prato, poiché nel 1702 passò all’Arcivescovado di Pisa, egli visse lungamente, e fu uno dei primi lumi della Prelatura.

Michel Carlo Visdomini Cortigiani d’antica e nobilissima famiglia Fiorentina, dal Vescovado di S. Miniato, passò [p. 25 modifica]nel 1703 a governare le Chiese di Pistoia e Prato, e quivi morì nel 1713.

Colombino Bassi. Monaco e Generale della Congregazione di Vallombrosa, nel 1715 fu il successore del Visdomini Cortigiani. Ricusò egli per molto tempo di accettare il Vescovado: ma come disse S. Girolamo di Nevoziano, quanto più ei ripugnava, e se ne giudicava per umiltà indegno, tanta più ogniuno lo desiderava e se ne fece conoscere degnissimo. Visse lungamente.

Per discorrere compiutamente della Chiesa di Prato resta adesso in ultimo luogo da parlare del suo materiale, cioè della fabbrica di essa e di ciò che la rende ornata. — Questa Chiesa è fabbricata in maniera, che il suo principale ingresso è voltato verso occidente, talché coloro che vi entrano, rimangono rivolti verso Oriente, come sono collocate appunto tutte le antiche Chiese. Ella è da una parte laterale col palazzo della Propositura congiunta; dall’altra parte laterale la medesima piazza ricorre e dietro poi evvi una [p. 26 modifica]strada, che colla nominata piazza, la Chiesa ed il palazzo della Propositura la circondano. - Fa di mestieri adesso ricordarsi che questo Tempio come sta presentemente fu in due volte fabbricato; della prima per la molta antichità non vi è memoria alcuna, della seconda poi, sappiamo che l'anno 1312 l’attentato di colui che rubar volle la Sacratissima Cintola, diede motivo ai Pratesi d’ingrandir la loro Chiesa, la Crociera e tutte le Cappelle nella parte superiore sul disegno di Giovanni Pisano: Premesso tutto ciò diremo che la Cattedrale di Prato è tutta di macigno esteriormente incrostata di marmi neri di Prato, che si cavano da una vicina montagna alla città; e perchè la più antica parte di essa fu condotta al di fuori alla Gotica, anche nell’ingrandimento si seguitò l'istesso ordine e la facciata ancora colla porta principale, come presentemente si vede, fu nel 1457 con la stessa Gotica maniera perfezionata, nella quale facciata sopra la porta si vede in basso rilievo Maria Vergine col suo figliuolo in braccio [p. 27 modifica]in mezzo a S. Stefano Patrono della Chiesa, ed a S. Lorenzo Contitolare, opera bellissima di Luca della Robbia. — Il campanile poi è da una parte laterale unito alla Chiesa, ed essendo ancora esso di macigno e di marmi neri incrostato, forma una bella ed alta torre, avvertendo che nell’ingrandimento sopra il vecchio campanile fu fabbricato, la parte inferiore è di maniera gotica, e la superiore Toscana, ma tutto però congiunto e unito maestrevolmente. E per non lasciare alcuna cosa che rende onorata questa Chiesa al di fuori, rammenterò ancora il maraviglioso pulpito di marmo bianco situato sull'angolo della facciata a sinistra, opera di Donatello, di sopra il quale si mostra la preziosissima Cintola al popolo che sulla piazza si suole radunare.

Passando adesso alla descrizione delle cose interne della Chiesa, devesi riflettere in primo luogo che ella è divisa in tre navate, e resta terminata nella parte superiore da un’ampia crociera: le colonne che sostengono gli archi onde formansi le [p. 28 modifica]navate sono di marmo nero di Prato detto serpertivo ed alla gotica lavorate, ma le volte sono ridotte all'uso moderno; la crociata con tutte le cappelle e la volta ancora della medesima sono fabbricate con ordine gotico, eccettuando però due grosse colonne poste in cima alla navata di mezzo, e sul cominciamento della crociata, le quali d’ordine Toscano e coi capitelli Jonici furono formate. Quanto lunga è per lo traverso la Crociata, tanto ancora è lungo il Presbiterio, il quale con alta e maestosa comparsa fu fabbricato modernamente cioè nell’anno 1638: egli è opera di Bernardo Buontalenti celebre architetto, il quale con finissimi marmi di vari colori, seppe condurlo maestrevolmente a perfezione insieme coll’altare maggiore per cui cagiona non poca ammirazione.

Sopra l’altare maggiore si vede un grande e bello Crocifisso di metallo, opera di Pietro Tacca, e dietro al medesimo altare evvi il coro in cui i canonici ed i cappellani si radunano a celebrare i Divini Uffici. — Nelle pareti di questo coro, il [p. 29 modifica]quale altro non è se non la cappella maggiore, ovvero di mezzo della nominata crociera, Fra Filippo celebratissimo pittore vi dipinse le istorie della morte di S. Stefano e di S. Giov. Battista, con tanta maestria che sono giudicate per una maraviglia dell’arte; e di questa opera, tra le altre molte cose così scrisse ancora il famoso Giorgio Vasari nelle vite dei pittori. — «Mostrò tanto del valor suo in quest'opera, che oltre la bontà, e l'artificio di essa, vi sono panni e teste mirabilissime. Fece in questo lavoro le figure maggiori del vivo, dove introdusse poi negli altri artefici moderni il modo di dar grandezza alla maniera d’oggi». — Accanto al coro dalla parte Settentrionale vi è la Cappella di S. Lorenzo che già era dei Manassei famiglia spenta, ed ora è degli Orgagni; e la tavola è lavoro di Mario Baiassi. Dalla parte poi meridionale, e accanto pure al coro evvi la cappella dell’Angelo Custode, che è d’una Congregazione di secolari, che porta lo stesso titolo; e vi [p. 30 modifica]si vede una tavola rappresentante l’Angelo Custode, fattura maravigliosa di Carlino Dolci. — Dopo questa cappella un’altra ne seguita, che dicesi comunemente del Crocifisso dalla porticciola, perchè serve di tavola una deposizione di Cristo dalla Croce, e per ciascheduna messa che si celebra all’altare di questa cappella, evvi Indulgenza Plenaria nella più ampla, singolare e straordinaria forma, che da’ sommi Pontefici conceder si possa. — Qui presso è quella tanto lodata tavola di Fra Filippo, data a lui a dipingere da Monsignore Gimignano Inghirami Proposto, nella quale si rappresenta la morte di S. Bernardo: e di questa opera tra gli altri scrittori, così lasciò scritto Raffaello Borghini nel suo riposo; «In toccando la bara di quello molti storpiati son fatti sani, e alcuni frati piangono il morto, cosa invero mirabile». Dall’altra parte poi, accanto alla sagrestia evvi la Cappella degl’Inghirami, sull’altare di cui vedesi una bella tavola di Livio Meus, dove è dipinto S. Pietro d’Alcantara in [p. 31 modifica]atto di comunicare S. Teresa. In questa Cappella vi è posta un'arca di marmo, bianco, alta da terra tre braccia in circa, nella quale si legge la seguente inscrizione:

D. S.
Filippo Inghiramio Praten. Mercatori Integerr.
Ac in Floren, Re. P. Honoribns Functo Deque Patria Benemerito. Nepotes Grati
Vix. An. LXII
Ob. Id. Ma. An. Sal. MCCCCLXXX.


Vi sono ancora altre inscrizioni spettanti alla stessa famiglia degl’Inghirami, nelle quali tra gli altri uomini illustri della medesima, si fa menzione di Monsignor Gimignano, auditore della Rota Romana, e Proposto di Prato nel decimo quinto secolo, e di Giovanni altresì, che nel Pontificato di Innocenzo X fu Senatore di Roma.

Non essendo nella crociata più cappelle da osservare, passerò a dire, che presso l'ultima Cappella Rammentata evvi la porta che serve d’ingresso alla sacrestia comune e a quella dei canonici, e sopra a questa [p. 32 modifica]porta vedesi il sepolcro del Proposto Carlo de’ Medicì, fattogli alzare dal Duca Cosimo consistente in un arca di marmo con alcune figure ottimamente condotte, e tutto fu lavoro di Vincenzo Danti Perugino.

Discendendo adesso dalle cappelle e dal presbiterio, giù nella parte inferiore della più volte rammentata crociera, vedesi nella estremità di essa e dalla parte meridionale un altare inalzato in onore della Madre di Dio; dall’altra parte poi opposta, e dirimpetto al detto altare, evvi aperto un arco ben grande per cui entrasi in una non piccola, e ben lavorata cappella d’ordine Corintio, nella quale evvi una tavola del distinto Giorgio Vasari rappresentante il Salvatore del mondo colla Croce in braccio, ed il Santissimo Sacramento dell’ Eucaristia, decentemente si costudisce e si adora.

Tempo è oramai di passare alle navate di questa Basilica, nelle quali parmi degno di osservazione un Organo di molta perfezione per quanto ne ho udito anco dagli intendenti capaci di giudicarne. — Nella [p. 33 modifica]navata di mezzo, o dove risiedono i magistrati quando intervengono ai divini uffizi, si vede una gran lapida Sepolcrale ove sono incise le seguenti parole.

D. D. M.
Praepositorum
Capituliq;
Sepulchrum
M. D. LXVIII.


Quasi a mezzo la Chiesa è inalzato un Pulpito di marmo bianco, staccato da ogni parte, e tutto adorno di figure bellissime di basso rilievo contenenti le storie di M.V. e di S. Stefano, ed è opera di Mino da Fiesole. — Di sopra a questo Pulpito si costuma predicare la divina parola al popolo dopo si scendono tre scalini di marmo che per traverso dividono interamente le navate della Chiesa; ed il restante della Chiesa fu di marmi di vari colori e con bello, e ordinato spartimento tutto modernamente incrostato — conducendosi più oltre verso la fine di questa [p. 34 modifica]Basilica, nella parte laterale verso mezzogiorno si vede un altare dedicato a Maria Vergine delle Grazie, accanto al quale evvi di marmo il Busto di Monsignor Lodovico Beccatelli Arcivescovo di Ragusa, e morto Proposto di Prato uomo di rarissimi pregi.

Nella parte opposta al Deposito di Monsignor Beccatelli si pensa di porre la memoria di quando Papa Alessandro V con Luigi d’Angiò Re di Napoli, ed il Gran Maestro di Rodi si trattennero per più giorni in Prato all'oggetto di andare a venerare come fecero il Sacro Cingolo di M.V.

Nel fondo della Chiesa e dalla parte di mezzogiorno vi è da osservare l’altare in cui prima che trasferita fosse nella Cappella, dove ora si custodisce, fu tenuta per molti anni la preziosissima Cintola, e adesso vi si conserva un Miracoloso Crocifisso. Quasi accanto a questo altare evvi il Fonte Battesimale: e più oltre è posta la porta principale, sopra la quale interiormente vi è un terrazzino, da cui si [p. 35 modifica]mostra al popolo, che è in Chiesa, la Sacratissima Cintola; e dietro a questo terrazzino vedasi ancora una Tavola di Domenico Del Ghirlandaio rappresentante la Madre di Dio assunta al Cielo. — Non ci resta ora da parlare d’altro, se non della Cappella ove si costodisce e si venera la detta Cintola. Questa Cappella è in fondo alla navata dalla parte di settentrione, ma avendone parlato a lungo passerò a rammentare che sull’altare di questa Cappella vedesi una Immagine di marmo bianco di M.V. col divino figliuolo in braccio, verso la quale il popolo conserva molta devozione; e che dietro lo stesso altare, benché non vi si legga memoria alcuna, fu sepolto nell’anno 1424 Matteo Diamanti, Vescovo di Pistoia come Esso aveva ordinato, e furono ad esso fatte dal Comune di Prato solenni pompose esequie per il raro suo merito, il quale nel Concilio Generale di Costanza, diede chiaramente a conoscere il suo gran sapere secondo quanto raccontarono gli storici. Ne deve tralasciarsi di far menzione, come [p. 36 modifica]per ossequio, verso la Sacra Cintola, il magistrato della città, prende in questa Cappella il possesso di suo ufizio ogni due mesi. E finalmente in questa medesima Cappella, dentro ad un Tabernacolo di per se, ed a questo solo effetto fabbricato, molte singolari, ed insigni Reliquie decentemente si conservano, della maggior parte delle quali si crede bene di darne qui appresso un ristretto catalogo.

1° Due pezzetti di legno della SS: Croce di Gesù Cristo Salvator nostro, grossi quanto un dito, i quali formano un crocetta alta 4 dita almeno. Questa gran Reliquia fu nell’anno 1405 donata alla Comunità di Prato da Paolo di Giovanni Chellini Pratese mercante in Venezia e cittadino Veneziano; ed Egli affermò, che sicuramente era della Croce del Figliuolo di Dio, poiché colui che ad esso la diede, era persona degna di fede, e gli affermò di averla portata di Costantinopoli, e che prima era di un principe della casa Imperiale, il quale era solito portarla al collo, entro una piccola custodia d oro sulla quale [p. 37 modifica]in idioma e carattere Greco si leggeva; — inchinati al legno del Salvatore del mondo; e in questa medesima custodia colle stesse lettere greche fu dal Chellini portata a Prato come si legge in alcune memorie di quei tempi. Quando fu condotta da Venezia questa Reliquia fu portata fuori di Prato al Monastero di S. Anna: Il Clero secolare e regolare con grandissima devozione andò a prenderla, e presentemente si conserva dentro un Reliquiario d’argento con una spina della Corona di Gesù Cristo.

2° Un Sasso, con cui fa lapidato S. Stefano Protomartire, e patrono della Chiesa di Prato, macchiato di sangue, con un pezzetto d’osso del medesimo.

3° Un pezzo d’osso di S. Stefano donato al Capitolo in un bel Reliquiario d’argento da Monsignore Francesco Frosini Arcivescovo di Pisa.

4° Un pezzetto d’osso di S. Lorenzo Martire contitolare della Chiesa.

5° Tre pezzetti d’osso di S. Andrea Apostolo. [p. 38 modifica]6° Il cranio di S. Anna Madre di Maria sempre Vergine dentro un busto d’argento.

7° Il Cranio di S. Corbolina Martire dentro un busto similmente d’argento.

8° Un pezzo d’Osso di S. Luca Evangelista.

9 Una Cassetta colla Testa di S. Giosuè Martire con altri pezzi d’Osso di altri Martiri.

10° Una mano di S. Margherita Vergine e Martire.

11° Un Piede di S. Alardo Abate.

12° Un pezzo d’Osso di S. Leonardo Confessore.

13° Un pezzo d’Osso di S. Filippo Neri Confessore, donato alla Congrega de’ Sacerdoti, sotto l’invocazione dei Santi Angioli Custodi, e di esso S. Filippo Neri, da Monsignore Michele Carlo Visdominii Cortigiani. Tutte queste reliquie finora rammentate sono in ricche Custodie d’Argento rinchiuse.

14° Una Cassettina d’Argento dorata con alcuni puttini intorno d’avorio di [p. 39 modifica]basso rilievo, fattura di mano antica, nella quale, prima che fosse messa nei cristalli, per molto tempo si è conservata la preziosissima Cintola.

15° Entro una Scatola di piombo, nella quale sono scolpite alcune parole ebraiche, si conserva una piccola particella del Legno della S. Croce con molte altre rarissime Reliquie.

16° In un’altra Scatola di legno, coperta di seta, si conservano le Reliquie descritte in una cartapecora riposta nella medesima, di carattere del secolo XIII nella maniera appunto come segue:

Reliqui Sancte tutte rechate dal Sancto Sepolcro, le cui nomora sono scritte q. di sotto per ordine.

1° Pietra del monte Calvario, e del Presepio di Xpo.

2° Pietra di Sancto Sepolcro di Xpo.

3° Pietra della Colonna di Xpo. dove fu frustato.

4° Pietra del Tempio di Salomone.

5° Verga di S. Caterina. [p. 40 modifica]

6° Pietra dove Sancto Giorgio fu martoriato.
7° Pietra dove Sancto Giovanni Battista fu dichollato.
8° Pietra dove gli Apostoli fecero il Credo.
9° Pietra della Casa di Nostra Donna, dovella morii!
10° Pietra dove S. Stefano fu lapidato.
11° Pietra della Grotta di Sancto Iacopo e di Sancto Filippo.




Porrò adesso fine a discorrere della Chiesa di Prato, con dire in ultimo luogo, che in essa per quattro Porte si entra, tre laterali ed una di fronte, e che ella nelle feste solenni è sempre parata di Domasco cremisi ornato di ricco gallone d’oro.