Atto II

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Atto I Atto III

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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Camera.

Masotto e Livietta.

Livietta. Dica, signor fattor, con sua licenza:

Le vorrei dire una parola.
Masotto.   Due
Ancor ne ascolterò.
Livietta.   Scusi.
Masotto.   Fa grazia.
Livietta. Non vorrei...
Masotto.   Che serve?
Livietta. Se la sturbo, la prego perdonare.
Masotto. Voi mi fate penare. (Son curioso
Di saper cosa vuole).
Livietta. Dorina si marita.
Masotto.   E che per questo?
Livietta. Ed io fanciulla ed a servire io resto.
Masotto. Anche per voi verrà...
Livietta. Da marito ancor io sono in età.
Dorina non ha niente più di me;
Se si marita lei, io no? Perchè?
Masotto. Quando si vuol marito,
Un qualche buon partito
Che capiti s’aspetta.
Livietta. Se fossi una civetta,
Come Dorina, l’averei trovato.
Signor fattor garbato,
So tutto, e so che lei
S’è dichiarato amante di colei.
Masotto. Io? (Come l’ha saputo?)

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Livietta. In disparte ho sentito, ed ho veduto;

Ma sono una ragazza che ha prudenza.
Non lo dirò a nessun, ma con un patto,
Che mi facciate aver, perchè stia zitta,
In isposo colui che ha nome Titta.
Masotto. Vi prometto di farlo.
Livietta.   Ma non basta;
Vuò che mi fate poi la sigurtà,
Che sarà tutto mio con fedeltà.
Masotto. La cosa è un po’ difficile; per altro,
È Titta un buon ragazzo;
Credo sarà fedel1, ma in ogni caso,
Se fosse di cambiar volonteroso,
Non sarà poi con voi sì rigoroso.
Livietta. Almen che siano i patti
Reciprochi e discreti.
A voi mi raccomando;
M’impegno di tacer quello che so,
E se bisogna ancor, v’aiuterò.
Masotto. Chi sa che non mi valga
Di voi, Livietta mia?
Livietta.   Dice il proverbio,
Una man lava l’altra2
Onde ancora fra noi farem così.
  Son una ragazzina
  Sì docile e bonina;
  Di me più servizievole
  Al mondo non si dà.
  Ma vuol ragione poi,
  Che facciasi da voi
  Quel che da me si fa 3. (parte

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SCENA II.

Masotto e poi il Conte.

Masotto. Questo è un pochin d’imbroglio,

Regolarsi conviene con prudenza;
Non avrei mai creduto
Che Livietta sapesse i fatti miei.
Nascosta si sarà fra queste porte:
Oh, queste donne sono pure accorte!
Conte. Ebben, Masotto, ebbene4,
Che risposta mi date?
Masotto. Signor, non dubitate;
Vi prometto e vi giuro,
Mingone non l’avrà, state sicuro.
Conte. Sarà dunque di Titta.
Masotto.   Il suo rivale
Non l’avrà certo: a voi
Lascio tirar la conseguenza poi.
Conte. Che dirà la contessa?
Masotto.   Questa volta
Non la supera al certo.
Non fo per darmi merto,
Ma forse Titta5 l’averia sposata,
S’io Dorina non avessi sconsigliata6,
Conte. Masotto un dì vedrà
Quanto grato io gli sia.
Masotto.   Vostra bontà.

SCENA III.

La Contessa e detti.

Contessa. Masotto.

Masotto.   Mia signora.

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Conte. Ben; si è deciso ancora?

Masotto. Dirò... (con sua licenza). 7
(Per questa parte non stia più dubbiosa,
Che Titta certo non l’avrà in isposa).
(piano alla Contessa
Contessa. (Dunque l’avrà Mingone). (a Masotto
Masotto.   (Non saprei,
Lascio tirar la conseguenza a lei). (alla Contessa
Contessa. (Come andò la faccenda?) (a Masotto
Masotto.   (In due parole
Dorina ho persuaso,
Ed è per Titta disperato il caso). (alla Contessa
Contessa. (Bravo davver!) (a Masotto
Masotto.   (Al certo
Uomini come me ve ne son pochi). (alla Contessa
(Ma la testa davver convien che giochi). (da sè
Conte. (Che dice?) (a Masotto
Masotto.   (È disperata). (al Conte
Conte. (Ho piacer ch’ella sia mortificata). (a Masotto
Masotto. (Ora non parla più). (al Conte
Contessa.   (Come l’intende?) (a Masotto
Masotto. (Fra se stesso delira). (alla Contessa
Contessa. (Gli si vede negli occhi il foco e l’ira). (a Masotto
Conte. Fattor.
Masotto.   La mi comandi.
Conte.   Come dissi,
D’ogni effetto dotale
Che portò la contessa in questa casa,
Preparatemi i conti.
Masotto. Quando comanderà, saranno pronti.
Contessa. Badate: nel contratto
Vi ha da essere un patto,
Per cui nel caso di restituzione,
S’han da considerare i frutti ancora.
Masotto. Baderò, sì signora.

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Conte. Poi penseremo a sciorre il matrimonio.

Contessa. Liberata sarò da un tal demonio.
Masotto. Perdonino, di grazia,
Perchè tanta rovina?
Contessa. Non mi può più veder.
Conte.   M’odia alla morte.
Contessa. Che marito gentil!
Conte.   Bella consorte!
Masotto. E pur parmi vedere,
Che lontani non son dal far la pace.
Conte. Con me sempre è sdegnosa.
Contessa. Compatibile io son, se son gelosa.
Masotto. Via, s’accostino un poco.
Contessa.   Oh questo no;
La prima non sarò.
Masotto. Da bravo, padron mio.
Conte. Non voglio essere il primo nemmen8 io.
Masotto. Un pochin alla volta;
Un pochino per uno.
Vi è un po’ di ritrosia;
Con licenza, signor, anderò via.
  Servo umilissimo,
  Ossequiosissimo,
  Quando mi chiamino
  Sarò prontissimo,
  Verrò a servir.
  Faccia un passino in là; (all'uno
  Volti quel viso in qua. (all’altro
  Ah, che contento amabile,
  Quando due sposi s amano,
  Il cuor che d’ira è torbido,
  In pace ritornar. (parte

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SCENA IV.

Il Conte e la Contessa.

Contessa. Se stesse9 a me, per certo,

La quiete ci saria.
Conte.   Non sono il primo
A promover le liti.
Contessa.   Queste10 liti
Han da esser eterne?
Conte.   Dal mio canto,
Sono finite adesso.
Contessa. E per me sono pronta a far lo stesso.
Conte. Dunque pace, consorte, e non più guerra.
Contessa. Pace, marito mio.
Conte.   Contento io sono.
Contessa. E son contenta anch’io.

SCENA V.

Dorina e detti.

Dorina. Signori, se comandano,

Il desinare è lesto.
Contessa. Dite al cuoco che aspetti.
Conte.   È ancora presto.
Contessa. Ma se comanda il conte...
Conte. Ah no, contessa mia.
Contessa. Quel che volete voi...
Conte. Quel che a voi piace.
Dorina. (Oh che prodigio! Son tornati in pace).
Contessa. Sentite, da qui innanzi,
Non istate a turbar la nostra quiete. (a Dorina
Conte. La cagione voi siete,

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Che si grida fra noi; ma in avvenire

Non si griderà più, certo, sicuro.
Dorina. Io le risse, signore, io non procuro.
Contessa. Preparatevi dunque,
Senza addurre altra scusa, altra ragione,
La man di sposa a porgere a Mingone.
Conte. Oh no, cara consorte:
La cosa non va bene;
Che sposi il giardiniero non conviene.
Dorina. (Affé, tornan da capo).
Contessa.   Il vostro Titta
Certo non sposerà.
Conte. Nè anche il vostro Mingone in verità.
Contessa. Chi può star saldo, stia;
Sì, la ragione mia dee prevalere.
Conte. Con questa bestia chi si può tenere?
Dorina. Signore. (al Conte
Conte.   M’hai capito.
Dorina. La prego. (alla Contessa
Contessa.   M’ho spiegato.
Conte. Titta dovrai sposar. Non vuò schiamazzi.
Contessa. Hai da sposar Mingon.
Dorina.   (O che bei pazzi!)
Conte. Ecco, signora sposa,
Dove il piacer, dove l’amore è ito!
Contessa. Dove il mandò l’indocile marito.
  Non v’è amor, non v’è più pace,
  Dove regna il fiero orgoglio;
  Tollerar, no, più non voglio
  Tanti affanni nel mio cuor.
  A voler non sono audace
  Quel ch’è giusto, quel che giova;
  E il negarmelo è una prova
  Di viltà, di poco amor.
  Non ecc. (parte

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SCENA VI.

Dorina ed il Conte.

Conte. Ecco, per cagion vostra...

Dorina. Se si grida, signor, per cagion mia,
Datemi la licenza, anderò via.
Conte. Per me v’ho licenziata:
Andatevene pur, però sposata.
Dorina. Ma perchè mi volete
Obbligare a sposarmi? Se volessi
Vivere sempre sola?
Conte. Ho data la parola;
Voi avete promesso di accordarla;
È disposta la cosa, e convien farla.
Dorina. Ma io... signor mio caro...
Vi dico... ad ogni patto...
Un di no tanto fatto.
Conte.   Impertinente!
Così meco si parla?
Ora son nell’impegno, e vuò spuntarla.
Titta, ehi Titta. (chiama

SCENA VII.

Titta e detti.

Titta.   Signor.

Conte.   Sei tu disposto
Ora qui a maritarti?
Titta. Sì, signore.
Dorina.   Ma io non vuò sposarti.
Titta. Pronte ha sempre il mio cor le voglie sue,
Ma questa cosa s’ha da fare in due.
Conte. Dorina, in mia presenza
Porgi a Titta la man.

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Dorina.   Con sua licenza. (vuol partire

Conte. Di qui non partirai, se non lo sposi.
Dorina. Senti, se ti pigliassi
A forza per marito,
Vorrei dopo tre dì farti pentito. (a Titta
Titta. Davver?
Conte.   Non le badate.
Titta. Non vorrei che m’avesse a spennacchiare.

SCENA VIII.

La Contessa, Mingone e detti.

Contessa. Su, presto; in mia presenza

Dà la mano a colei. (a Mingone
Dorina. Orsù, padroni miei,
Sapete cosa c’è?
La festa non si fa senza di me.
Vi dico apertamente,
Che per or non ne voglio saper niente.
Conte. Come c’entrate voi? (alla Contessa
Contessa.   Voi, chi v’insegna
A violentar le figlie in tal maniera?
Conte. Quel briccon di Mingone invan la spera.
Mingone. Io non parlo, signore.
Titta.   Anch’io sto zitto.
Dorina. Così foste uno lesso, e l’altro fritto.
L’ho detto, Io ridico, e lo dirò
Fino che fiato avrò:
Con alcun di costor non vuò legarmi;
E se di maritarmi avrò desio,
Voglio farlo, signori, a modo mio.
  Oh questa è bella,
  Se son zitella,
  M’hanno per questo

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  Da comandar?

  Io di nessuno
  Ci penso un cavolo,
  Nemmeno il diavolo
  Mi fa tremar.
  Io non li voglio,
  Quest’è finita,
  Ciascun le dita
  Si può leccar11. (parte

SCENA IX.

Il Conte, la Contessa, Titta e Mingone.

Contessa. S’io non giungeva in tempo,

La povera Dorina
Era sagrificata.
Conte. Voi l’avreste per poco assassinata.
Contessa. Vedo quel che sperare,
Quel che temer conviene,
Questa faccenda non finirà bene. (parte

SCENA X.

Il Conte, Titta e Mingone.

Titta. Signor, per quel ch’io vedo,

Non ne faremo niente.
Conte.   Sta pur sodo,
E di sposarla troverassi il modo.
Mingone. (Senti: se tu la sposi,
lo ti voglio scannar). (piano a Titta
Titta.   Mi vuol scannare
Costui, quand’io la sposi. (al Conte

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Conte. Temerario! tant’osi, me presente?

Se ardirai di parlar...
Mingone.   Non dico niente.
Conte. Ascoltami, può darsi
Che l’interesse vaglia
A vincere Dorina.
Le darò cento doppie. (a Titta
Titta.   Buono, buono!
Conte. E dopo saran tue.
Titta.   Contento io sono.
Mingone. (Se vedessi la forca,
Ti vuò ammazzar). (piano a Titta
Titta. Mi vuol mazzar, mi dice 12. (al Conte
Conte. Temerario13, sotto un baston, se parli,
Morirai prima tu.
Mingone. Non temete, signor, non parlo più.
Titta. Chi sa? le cento doppie
Potrebbero allettarla;
Io son pronto a sposarla,
Ognor che il comandiate14.
Mingone. (Giuro a Bacco, saranno schioppettate).
Titta. Schioppettate? (verso Mingone
Conte.   Che dici? (a Mingone
Mingone.   Io non parlai.
Titta. Maledetto costui: non tace mai.
  La sposerò, signore,
  La prenderò di core,
  Se voi la date a me. (al Conte
  (E ben, che cosa c’è?) (a Mingone
  Le cento doppie care...
  (Ei dice mi vuol dare).
(al Conte, accennando Mingone

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  Saranno roba mia;

  E in pace e in allegria...
  (Sta zitto, maledetto). (a Mingone
  Me le potrò goder...
  Costui non vuol tacer. (parte

SCENA XI.

Il Conte e Mingone.

Conte. Briccon, vattene tosto

Da casa mia. Ma no,
Licenziar non ti vuò.
Restane a me soggetto,
E fremi, ed obbedisci a tuo dispetto.
Sposa sarà di Titta
Dorina cameriera;
E tu, se di fiatar solo ardirai,
Tutto lo sdegno mio tu proverai.
  Anche il leon sdegnato
  Confonde i suoi nemici;
  Vibra le zanne ultrici
  All’agna ed al pastor.
  All’ira provocato
  Io pur da vari oggetti,
  Uno per tutti aspetti
  Provare il mio rigor.
  Anche ecc.

SCENA XII.

Mingone solo.

Ed io dovrò esser quello,

Che proverà il leon, benchè un agnello?
E per chi? Per colui ch’è mio rivale?
Sarebbe manco male

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Dunque levar di vita quel birbone,

E finita sarebbe la tenzone.
Cospetto, cospettaccio!
Lo voglio sbudellare,
Se fosse in mezzo alle più forti squadre,
Se fosse ancora in braccio di sua madre.
  Mi par di ridere
  Con quel ragazzo15,
  Lo voglio uccidere
  Colle mie man.
  Poi per il mondo
  Da pellegrino
  Miglior destino
  Cercando andrò16:
  Monsieur, donè
  La charitè.
  E se ritrovo
  La pellegrina
  Che sia bellina.
  Non può mancarmi
  La carità.
  Monsieur, donè
  Monsieur, gardè
  Ce famme là17. (parte

SCENA XIII.

Giardino in tempo di notte.

Masotto e Dorina, poi Livietta.

Masotto. Dorina mia, s’imbrogliano le cose

E per voi, e per me. Sarebbe meglio,
Per terminare ogni difficoltà,
Che tutti due fuggissimo di qua.

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Dorina. Fuggir? non mi par cosa

Onesta e prudenziale.
Masotto. L’affare, se stiam qui, finirà male.
Livietta. (Sento gente. Al mio solito
Voglio un poco ascoltar). (da sè, in disparte
Dorina.   Dove pensate
Di volermi condurre?
Masotto.   A casa mia.
Troverete una zia,
Sorella di mio padre,
Che bisognando vi farà da madre.
Dorina. Quand’è così... Son quasi
Risolta di venire.
Masotto.   Andiamo subito,
Prima che se n’accorgano.
Livietta.   (Bravissimi!
Senza dir nulla a me voglion fuggire?
Questo torto mi fan? S’han da pentire).
(da sè, e parte

SCENA XIV.

Masotto e Dorina, poi Mingone.

Masotto. Ho già messo da parte

Tutto quel che bisogna.
Dorina.   E la mia roba?
Masotto. Pazienza; l’averem, se si potrà.
Andiamo.
Dorina.   Andiamo pure.
Mingone.   Chi va là?
(bravando colla spada
Dorina. Oimè!
Masotto.   Niente paura. (a Dorina
Lasciate andar la gente
Per la sua strada. (cambiando voce

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Mingone.   Vuò saper chi siete.

Masotto. (Questo è Mingone; non lo conoscete?)
(piano a Dorina
Dorina. (Me ne anderò). (a Masotto
Masotto.   (Fermatevi). (a Dorina
Chi siete voi? (a Mingone
Mingone.   Un uomo disperato.
Ho Dorina cercato, e non la trovo,
E vuò saper che cosa v’è di nuovo.
Dorina. (Ah, lasciatemi andar). (a Masotto
Masotto.   (Zitto, vi dico). (a Dorina
Dorina. (Noi siamo in un intrico). (a Masotto
Mingone. Una donna mi par che là vi sia;
Voglio sapere s’è la donna mia. (a Masotto
Masotto. Di voi mi maraviglio,
E partir vi consiglio. (come sopra, a Mingone
Mingone. Non parto insino a dì.

SCENA XV.

Livietta, Titta e detti.

Titta. Dove saranno andati? (a Mingone

Livietta.7 (Eccoli qui). (a Titta
Dorina. (Sento dell’altra gente). (a Masotto
Masotto.   (State zitta). (a Dorina
Titta. (V’ho trovata sul fatto).
(a Dorina, prendendola per un braccio
Masotto.   (Questi è Titta.
Affé, mi vien in mente
Di far un colpo bello da prudente). (parte

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SCENA XVI.

Dorina, Titta, Mingone e Livietta.

Dorina. (Masotto m’abbandona). (da sè, tentando fuggire

Titta. Non mi fuggite, affé. (trattenendola
Mingone. Non mi spaventa quanta gente c’è.
Livietta. (Gli ho bene imbarazzati:
Così del loro ardir li ho castigati). (da sè

SCENA XVII.

Masotto con lume, il Conte, la Contessa e detti.

Masotto. Vengano i miei padroni,

E vedan due bricconi,
Che a gara, in questa sera,
Volevano rapir la cameriera.
Conte. Tu, scellerato, me la pagherai. (a Mingone
Contessa. Tu esente dal castigo non andrai. (a Titta
Conte. Ne parlerem domani; e voi frattanto
Fate che sieno ben chiuse le porte. (a Masotto
Mingone. Io, signor, non so niente. (al Conte
Titta. Per me sono innocente. (alla Contessa
Conte. Che facevi tu qui? (a Titta
Contessa.   Tu, che facevi? (a Mingone
Mingone. Per difender Dorina io son venuto.
Titta. Ed io venni per te solo in aiuto.
Masotto. Son bricconi ambidue; lor non credete.
Conte. Lo vedrete doman. (parte
Contessa.   Doman vedrete. (parte
Mingone.   Son restato un insensato,
  Che difendersi non sa.
Titta.   Per far bene ho fatto male;
  Non so dir cosa sarà.

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Livietta.   Mi dà spasso, mi diletta

  Questa bella novità.

Dorina.
Masotto.
a due

Il timore dal mio seno
    A bel bello se ne va.

Mingone.   Cospetton, cospettonaccio!
Masotto.
Titta.
a due

Ehi, non fate qui il bravaccio,
    Che risposto vi sarà.

Dorina.
Livietta.
a due

Deh, non fate, - non bravate,
    Che il bravar tremar mi fa.

Mingone. Chi era quel che con Dorina?...

Chi T avea per la manina?...
Masotto. Un di voi.

Mingone.
Titta.
a due

No, non è vero18.

Livietta. Io lo so, ma noi vuò dire.

Dorina. Non lo dite, in carità.
Mingone. Se non si dice, ah cospettone!
Titta. Se non si parla, ah sanguenone!

Dorina.
Livietta.
a due

Ah, mi vien male.

(Tutte due mostrano di svenire. Mingone e Titta vogliono soccorrere le donne, e Masotto li scaccia.

Masotto.   Animalacci,
  Brutti mostacci, - fatevi in là.
Mingone.   Tutto per voi? (a Masotto
Titta.   Niente pel noi? (a Masotto
Masotto.   Così si fa. (le Donne rinvengono

Dorina.
Livietta.
a due

Il Cielo vi rimeriti
    La vostra carità. (a Masotto

Masotto. Con donne sono pratico,

E so come si fa19.

Mingone.
Titta.
a due

Cospetto!

[p. 394 modifica]
Dorina.
Livietta.
a due

Ahi!

Masotto.   Villanacci,

  Andate via di qua.

Masotto.
Dorina.
Livietta.
a tre

Un certo non so che
    Mi par sentire in me,
    Che giubilar mi fa.

Mingone.
Titta.
a due

Che rabbia, che dispetto
    Che sentomi nel petto,
    Che delirar mi fa.


Fine dell’Atto Secondo.


Note

  1. Nelle edd. Guibert-Orgeag e Zatta si salta alle parole di Livietta: A voi mi raccomando.
  2. Nell’ed. Fenzo (1757) segue: “e tutte due — Lavano il signor sì, — Onde ecc. — Se poi Titta non mi curasse, allora — Cercherò un altro amante, — E manderò colui alla buon’ora
  3. Nell’ed. Fenzo, in luogo di quest’aria, Livietta canta quella che si legge nella sc. 11, atto II, dei Bagni d’Abano: “Se si compra un bel vestito ecc. . V. p. 50.
  4. Nelle edd. Sassi, Fenzo, Guibert: E ben, Masotto, e bene.
  5. Guibert: Ma forse Mingone; e Zatta: Forse Mingone.
  6. Così in tutte le edizioni.
  7. (al Conte
  8. Sassi, Fenzo, Guibert: nè men.
  9. In tutte le stampe: stasse.
  10. Guibert e Zatta: E queste.
  11. Nelle edd. Guibert-Orgeas e Zatta leggesi un’aria diversa: v. Appendice.
  12. Così corregge l’ed. Zatta. Nelle edd. Sassi e Fenzo: Mi vuò ammazzar; nell’ed. Guibert e Orgeas: Mi vuol ammazzar.
  13. Nelle edd. Guibert e Zatta è soppressa questa parola.
  14. Sassi, Fenzo e Guibert: comandate.
  15. Ed. Fenzo: birbante.
  16. Il resto dell’aria è soppresso nell’ed. Fenzo.
  17. Nelle edd. Guibert e Zatta si legge un’aria diversa: v. Appendice.
  18. Nelle edd. Sassi e fenzo c’è solo: Non è vero.
  19. Nelle edd. Guibert-Orgeas e Zatta mancano questi due versi.