I bagni d'Abano/Atto II
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ATTO SECONDO.
SCENA PRIMA.
Giardino.
Violante e Riccardo.
Supererò il rossore.
Vi dirò che il mio cuore
Prova per voi un amoroso duolo.
Giuro sull’onor mio, che amo voi solo.
Riccardo. Se creder lo potessi,
Felice me!
Violante. Ma quando poi lo giuro,
Credere lo dovete.
Se dubitate ancor, voi m’offendete.
Riccardo. Perdonate, mia cara,
Ai dubbi del mio cuore;
Chi ben ama, ha timore.
Violante. A questi bagni
Son venuta per voi.
Riccardo. Per voi venuto
Parimenti son io.
Caro bell’idol mio,
Non partiamo di qui, pria che d’amore
Non si stringa fra noi perpetuo nodo.
Violante. A voi tocca pensare al tempo e al modo.
SCENA II.
Monsieur la Flour con alcuni fiori in mano, e detti.
io vuò con questi fiori
Dar un poco di pena ai loro amori).
A penetrar il genio mio... (a Violante
La Flour. Madama.
Riccardo. Maledetto costui.
La Flour. A voi presento
In questi vaghi fiori
Misto gentil dei più soavi odori.
Violante. Obbligata, signor. (li ricusa
Riccardo. Non ha bisogno
D’altro odor peregrino;
De’ fiori, se ne vuol, pieno è il giardino.
La Flour. Favorisca odorarli in cortesia.
Odorati che li ha, li getti via.
Violante. (Lo farò per spicciarmi). (piano a Riccardo
Hanno un odor sì raro? (prende i fiori e li odora
La Flour. Ogn’altro odor vi riuscirà men caro.
Riccardo. Oh via, basta così.
Violante. Dolce fragranza,
Che mi penetra il core!
La Flour. Or, se volete,
Li potete gettar.
Violante. Cari mi sono.
Gradisco ed amo il donatore e il dono.
Riccardo. Come!
Violante. Oimè! qual dolcezza,
Caro monsieur la Flour, voi m’inspirate?
La Flour. Perdonate, madama... (vuol partire
Violante. Ah no, restate.
Riccardo. Che stravaganza è questa?
Come, Violante mia?
Violante. Oh Dio! Non so che sia quel che mi sento.
Provo un novel tormento,
Provo un novello ardore,
Per quegli occhi vezzosi ardo d’amore.
Riccardo. Ah traditrice, ingrata!
Riccardo. Queste son le proteste?
È questo il giuramento?
Violante. Un novello portento
M’accende per costui la fiamma in seno.
Non posso far a meno,
Il volto suo mi piace.
Riccardo... (oh mio rossor!) soffrite in pace.
Forza d’amor mi lega
A una beltà novella,
Nè infedeltà s’appella
Quel che comanda amor.
A te pietà non nega
Questo mio core amante,
Ma deggio a quel sembiante.
Esser pietosa ancor. (parte
SCENA III.
Riccardo e Monsieur la Flour.
Mio rivale in amor, che seduceste
Ad amarvi colei ch’era il mio bene,
Voi pagherete il fio delle mie pene,
La Flour. Che vorreste da me?
Riccardo. Rendimi conto
Colla spada, fellon, de’ torti miei. (impugna la spada
La Flour. Cimentarti con me? Pazzo tu sei.
Riccardo. Vieni, o ti svenerò.
La Flour. Non ho timore.
Riccardo. Perfido!
La Flour. Meco è vano il tuo furore.
Riccardo. Lo vedremo.
Io lo deluderò).
Riccardo. Vieni al cimento.
La Flour. Vengo, ma ne averai scorno e spavento.
(Riccardo spaventato fugge
SCENA IV.
Monsieur la Flour solo.
Che libro portentoso
È quel che ho ritrovato!
Come presto mi sono ammaestrato!
Ho trovata la via
D’innamorar le donne,
Ed essere a lor caro
Senza la servitù, senza il denaro.
Chi una donna vuol pretendere,
Chi da lei vuol farsi amar1,
Il denar bisogna spendere,
E servire, e sopportar.
Di quei fiori
Portentosi
Agli amanti vuò donar.
Quando vedo donne a piangere,
Io mi sento consolar. (parte
SCENA V.
Stanza interna del Bagno, con quel che è necessario.
Luciano e Pirotto.
Pirotto. Eccomi qui.
Luciano. Sei tu?
Pirotto. Son io.
Pirotto. Voi siete il mio padrone.
Luciano. Luciano?
Pirotto. Sì, Luciano. Oh questa è bella!
Luciano. Non ho più la gonnella?
Pirotto. Non signore.
Luciano. La scuffia?
Pirotto. Molto meno.
Luciano. E qui dinanzi
Avevo un so che.
Pirotto. Non v’è più niente.
Tutto sparì a drittura.
Luciano. Sai cosa mi restò?
Pirotto. Che?
Luciano. La paura.
Pirotto. Anch’io, per il dir il vero,
Ne ho avuta la mia parte.
È stato un caso bello
Vedermi trasformato in un Coviello.
Luciano. Ah, vicino al morire io già mi sento.
Voglio far testamento.
Pirotto. Eh no, padron mio caro.
Luciano. Della villa a chiamar vammi il notaro.
Pirotto. Volete intanto restar solo?
Luciano. Intanto
A letto me n’andrò bello e vestito.
Aiutami.
Pirotto. Son qui.
Luciano. Piano. Non voglio
Più nessuno veder.
Pirotto. Nemmen le donne?
Luciano. Donne? donne? No, no, le donne sono
Le maghe incantatrici.
Esse saranno state
Che m’hanno le fattezze trasformate.
Quando mai le ho vedute... Andiamo a letto.
(Aiutato da Pirotto, va nel suo letticciuolo serrato dalla trabacca.
Pirotto. Starete meglio assai,
Più caldo e riposato.
Bisogna contentarlo;
Egli vuole il notaro, andrò a cercarlo.
SCENA VI.
Marubbio e detti.
Pirotto. Zitto. il padrone
È in letto, che riposa.
Marubbio. Ha forse male?
Pirotto. Quest’è il suo naturale.
Quando ha un po’ di timore,
Crede morir perchè gli batte il core.
Marubbio. Il cor, per dirla schietta.
Batte un poco anche a me.
Mi parve cosa garba
Il vedermi venir tanto di barba.
Pirotto. Codesta stravaganza
Cosa crediam che sia?
Marubbio. Io senz’altro la credo una magia.
Pirotto. Che sia tornato al mondo
Pietro d’Abano ancor dopo tant’anni?
Dai bagni, se è così, voglio andar via,
Che col diavol non voglio compagnia.
Farfarello, Gambastorta,
Va lontan da’ miei confini.
Ma se porti dei quattrini,
Vieni pur, li prenderò.
Fammi andar col capo in giù.
Fammi andar coi piedi in su.
Per avere dell’argento,
Mi contento - di tremar. (parte
SCENA VII.
Marubbio e Luciano nel letto, poi Rosina.
Non ho mai più veduto
Caso simile a questo.
Rosina. Aiuto, aiuto. (corre spaventata2
Marubbio. Cos’è stato?
Rosina. Colà...
Marubbio. Dove?
Rosina. Ho veduto...
Marubbio. Che?
Rosina. Una brutta cosa.
Marubbio. Che cosa?
Rosina. Brutta, brutta.
Marubbio. Ma come?
Rosina. Si moveva...
Marubbio. Davvero?
Rosina. Oimè! (con timore
Marubbio. Dite, cos’era?
Rosina. Un gatto nero.
Marubbio. E per un gatto si fa tanto chiasso?
Rosina. Mi guardava cogli occhi.
Marubbio. E bene?
Rosina. Oimè!
Tremo dalla paura.
Marubbio. Paura d’un gattino?
Marubbio. Ma sei pur una donna spiritosa.
Rosina. Ora son paurosa.
Dopo che mi ho veduta
Diventar una vecchia colle rappe,
Le budelle mi fanno lippe lappe.
Marubbio. Ora ti compatisco.
È stata veramente
La peggior burla che si possa mai
Fare a una donna. Sì, ti compatisco.
Tutt’altro si potrebbe sopportare,
Ma non la malattia dell’invecchiare.
Voi altre femmine,
Se gli anni3^) passano,
Perdete il merito
Della beltà.
Non così gli uomini,
Che quando invecchiano 4,
Maggior acquistano
La venustà.
Belletti e polvere
Non ci abbisognano;
Siamo i medesimi
In ogni età. (parte
SCENA VIII.
Rosina e Luciano nel letto.
Anche nell’uom la differenza io trovo.
Ma di già che son sola,
Voglio un poco bagnarmi.
Col bagno ristorarmi 5
Voglio nell’acqua entrar ch’è preparata.
(mostra di volersi spogliare
Luciano. (Caccia fuori la lesta dalle cortine del letto.
Rosina. Non vorrei che venisse qualcheduno.
Voglio chiuder la porta.
Luciano. Andate via.
Rosina. Aiuto. (non vedendo Luciano
Luciano. Cos’è?
Rosina. Il diavolo... Va via6.
Luciano. Meschino me. (ritira la testa
Rosina. Oimè! sono imbrogliata.
Questa voce non so da dove uscì.
Luciano. Il diavolo dov’è? (uscendo dal7 da letto
Rosina. Eccolo qui. (si spaventa di lui medesimo
Luciano. Dove?
Rosina. Brutto demonio8.
Da me che cosa vuoi?...
Luciano. Da me che chiedi?
Rosina. Da te non voglio niente.
Luciano. Nemmen io 9.
Rosina. Vattene.
Luciano. Via di qua. Rosina, addio.
Rosina. Il diavol mi saluta.
Luciano. No, carina,
Il diavolo non è.
Rosina. Ma chi?
Luciano. Luciano.
Rosina. Che vi venga la rabbia;
Che cosa fate qui?
Luciano. Venni, meschino,
Un poco a riposare.
Luciano. Sentite...
Rosina. Oimè.
Luciano. Che cosa è stato?10 U)
Rosina. L’avete voi veduto?
Luciano. Chi?
Rosina. L’amico
Dalle calzette nere.11
Luciano. Io no. Ma voi mi avete impaurito 12.
Rosina. Là... vedete... là dentro io l’ho sentito.
Luciano. Là dentro v’ero io steso13 nel letto.
Rosina. Là dentro voi? Che siate maledetto.
Luciano. Ahi! perchè maledirmi?
Rosina. Perchè voi
Mi faceste paura,
Ed io son paurosa di natura.
Luciano. Finalmente son io...
Rosina. Mi trema il core.
Luciano. Compatite l’amore...
Rosina. Da fanciulla
Ho avuto uno spavento brutto, brutto.
Luciano. E adesso...
Rosina. E adesso ancor tremo di tutto.
Luciano. Ma via...
Rosina. Quando ci penso
Al spavento d’allora.
Freddo mi viene ancora.
Luciano. Ma questa è un’opinione.
Rosina. Un opinion? Sentite se ho ragione.
Una piccola bambinella
Ero ancora di tenera età.
Se ne stava lontana da me.
Viene un gatto nero nero
Con i baffi... (mi vien freddo).
Mi guardava... (tremo tutta).
Oh che bestia brutta, bruttai
Mi voleva graffignar,
Io gridai: Frusta via.
Fece gnao, e se n’andò.
Ma saltò
Su e giù.
Parea matto,
Ruppe un piatto.
Poi tornò,
Mi graffiò;
E ha lasciato al mio povero core
Un timore - che mai se n’andò. (parte
SCENA IX.
Luciano, poi Lisetta.
Che costei se n’andò. Pareami allora
Di star bene vicino a quel visetto.
Ora mi torna mal; ritorno a letto.
(va nel letto, come era prima
Lisetta. Che diavol di vergogna!
Tutti son spaventati
Per paura del diavolo. Ma io
Di lui non ho paura: affè, se torna,
Vuò spennacchiarlo, e rompergli le corna.
Luciano. Lisetta. (caccia fuori la lesta dalle cortine, e la ritira
Lisetta. Chi mi chiama? (guardando qua e là
Luciano. (Voglio farle paura).
Lisetta. (come sopra
Luciano. Bu, bu, bu, bu. (fa il cane, nascosto14 nel letto
Lisetta. Cagnaccio,
Dove sei? vien fuori15.
Certo non mi spaventi,
Se avesti16 cento diavoli nei denti.
Ma dove mai sarà? (cercandolo
Luciano. Lisetta.
(mette fuori la testa, e la ritira
Lisetta. Zitto.
La voce vien di qui; che sia17 nascosto
Sotto quel letto? Vuò veder. (guarda sotto il letto
Luciano. Lisetta, (come sopra
Lisetta. Zitto, la voce è qui.
S’è qualche diavolone,
Io lo farò andar via con un bastone.
(prende un bastone che trovasi nella stanza
Luciano. È andata via? (caccia fuori la testa 18
Lisetta. Se torna!
Luciano. Eccola. (ritira il capo
Lisetta. Vuò vedere...
Luciano. Bu, bu, bu.
Lisetta. T’ho inteso. Or son da te.
Prendi, brutto cagnaccio.
(dà delle bastonate a Luciano, coperto dalle cortine
Luciano. Oimè, oimè.
Lisetta. Questa è voce d’un uom. Chi mai sarà?
Voglio veder chi è. (scopre il letto
Luciano. Per carità! (si raccomanda
Lisetta. Bravo, signor Luciano,
Dovevate tacere ancora un poco,
Se goder volevate un più bel gioco.
Lisetta. Non siete più ammalato?
Mi rallegro con voi.
Luciano. Ah, che pur troppo
Son pieno di malanni. Oh dei! non so
Se per19 sin questa sera io viverò.
Vado, ma no; vorrei
Restar con voi... ma sento...
Voi mi date contento. Oimè, non so...
Fra il restare e il partir ci penserò.
Quel dolce visetto,
Quell’occhio furbetto,
Il core nel petto
Mi fa intenerir.
La medica tu sei
Di tutti i mali miei.
Vorrei, e non vorrei,
Partir, e non partir.
Mio caro tesoro,
Vi bramo, v’adoro;
Porgete ristoro
A tanto languir.
Con te giubilerei,
Con te risanerei.
Vorrei, e non vorrei,
Partir, e non partir. (parte
SCENA X.
Lisetta, poi Riccardo.
Muori, non muori, non m’importa un fico.
Lisetta. Che cosa è stato?
Riccardo. M’ha la vostra padrona assassinato.
Lisetta. Come? vi ha preso forse
i denari, la roba?
Riccardo. Eh schioccherie!
Peggio mi ha fatto assai.
Lisetta. Non crederei
Vi potesse levar la sanità.
Riccardo. Ha trattato il cuor mio con crudeltà.
Lisetta. Via, via, non vi è gran male.
Riccardo. Ah, che soffrirlo
Certamente non posso.
Lisetta. Eppur convien soffrire.
Riccardo. No.
Lisetta. Che volete far?
Riccardo. Voglio morire.
Lisetta. Questa, signore, è l’ultima pazzia.
Quando altro dir non sanno,
Tutti dicon così, ma non lo fanno.
Riccardo. D’alme vili codesto è facil dono.
Troppo costante io sono,
Quando prometto affetto,
E son fedel di crudeltà a dispetto.
Traditrice Violante! E come mai
Fino sugli occhi miei
Far finezze al rival per mio martello?
Dirmi ch’è più di me vezzoso e bello?
Intenderla non so. Parmi che un sogno.
Che una larva sia questa; ed ho rossore
Di pensar che il suo cor sia traditore.
Mi sento ancora impressa
L’immagine nel petto
Di quel primiero affetto,
Che fu giurato a me.
Pur troppo, oh Dio! lo vedo.
Eppure ancor non credo
Che priva sia di fè. (parte
SCENA XI.
Lisetta, poi Violante.
Ha anch’egli i grilli sui:
Una donna vorria tutta per lui.
Eccola. Oh, se veniva un poco prima,
Si volevan sentir le belle cose!
Violante. Cento fiamme amorose
Arder mi sento in petto,
E non so la cagion del nuovo affetto.
Lisetta. Oh signora padrona,
Che mai avete fatto?
Il povero Riccardo è mezzo matto.
Violante. Mi fa pietà.
Lisetta. Bisogna consolarlo.
Violante. Vorrei poter amarlo,
Ma un certo non so che, non ben inteso,
Rese il cor mio d’un altro foco acceso.
Lisetta. Quel certo non so che,
Che voi non intendete,
Io ve lo spiegherò, se lo volete.
Violante. Ma come?
Lisetta. Vi dirò: noi altre donne...
V’è nessun che mi senta? No, siam sole.
Abbiamo un difettino,
Che è una cosa galante:
Ci piace per lo più cambiar amante.
E tu bene lo sai.
Lisetta. Sì, lo confesso,
Tutt’amor, tutta fede ognor vi vedo;
Ma, signora padrona, io non vi credo.
Violante. Lisetta, mi fai torto.
Lisetta. Eh, questi torti
Si ponno sopportar. Che mal sarebbe,
Che aveste quattro o cinque innamorati?
Si esamina, si pesa questo e quello,
Poi si sceglie il più buono ed il più bello.
Se si compra un bel vestito,
Non si va da un sol mercante;
E chi vuol trovar marito,
Non si lasci infinocchiar.
Nasi schizzi20? signor no.
Nasi lunghi? oibò, oibò.
Occhi loschi.
Gambe storte,
Teste lunghe,
Braccia corte,
Sono tutti da scartar.
Bel visino,
Bel bocchino,
Bel nasino
Piccinino,
Sono cose da comprar;
Perchè fanno innamorar.
SCENA XII.
Violante sola.
E chi l’ascolta, è pazzo più di lei.
Non è in arbitrio nostro
Se questo fosse, anch’io
Solo a Riccardo mio darei il mio cuore;
Ma altrimenti di me dispone amore.
Forza d’amor mi lega
A una beltà novella,
Nè infedeltà21 s’appella
Quel che comanda amor.
Manco di fè con pena,
Amante di costanza,
E soffro una catena
Più non intesa al cor. (parte
SCENA XIII.
Luogo delizioso con fontane ed una ringhiera con due scalinate laterali praticabili e varie trasformazioni operate da Monsieur La Flour.
Monsieur LA Flour, travestito da Giardiniere, con fiori in mano.
Che far poss’io del libro che ho trovato.
Ecco un luogo formato
Con magica apparenza,
Costrutto in eccellenza,
In ordine e figura,
In cui spicca il poter d’arte e natura.
Ora con questi fiori
Voglio l’opra compire... Eccoli tutti:
Voglio farli restar stupidi e brutti.
SCENA XIV.
Luciano, Rosina, Lisetta, Pirotto, Marubbio ed il suddetto.
Lisetta. È bella assai.
Marubbio. Cosa dite, Rosina?
Rosina. Questa gran novità non so che sia.
Marubbio. Io la crede senz’altro una magia.
Rosina. Vado, quand’è così... (vuol partire
La Flour. Bella, restate.
Rosina. Chi siete voi? parlate.
La Flour. 11 giardiniere io sono,
E reco a voi di questi fiori il22 dono.
(presenta un mazzo di fiori a Rosina, l’altro a Lisetta
Lisetta. Grazie. Che buon odor!
Rosina. Non me ne fido.
Lisetta. Di che avete timore? Io me ne rido.
Sentite che fragranza. (a Rosina, odorando i fiori
Rosina. È vero, è un grato odor che ogn’altro avanza.
(a Lisetta, odorando i fiori
Senta, signor Luciano.
Lisetta. Senta, senta.
Luciano. Oh che soave odore!
Ma qual fiamma d’amor mi sento al core?
Lisetta. Marubbio, senti un po’.
Rosina. Pirotto, odora.
Marubbio. Quest’odore m’incanta.
Pirotto. Ei m’innamora.
La Flour. (I colpi son già fatti.
Or mi voglio goder quei cinque matti). (si ritira23
Luciano. |
a tre | Oimè, cosa sento! |
Rosina. |
a due | Che avete? che fate? |
j-j (Non posso star saldo,
Luciano. Correr non posso,
Son troppo grosso;
Forza non ho.
Pirotto. |
a due | Oimè! |
Che prodigi! - che prestigi!
Tanti diavoli qui stanno.
Che mi fanno disperar.
Pirotto. Marubbio. |
(a due | Non posso più star saldo, |
Rosina. |
a due | O che pazzi! - Dentro i guazzi |
(osserva nella fontana
Affogati già li credo.
Non li voglio seguitar.
(Pirotto e Marubbio compariscono sulla ringhiera
Rosina. |
a due | Oimè! | |
Pirotto. |
a due | Siamo qui. |
Pirotto. |
a due | Sta lì. (a Luciano |
Che cosa portentosa
Che tutti fa tremar!
Lisetta. Rosina. |
a due | Briccone! |
Pierotto. Marubbio. |
a due | Pietà! | |
Lisetta. Rosina. |
a due | Via di qua. |
Io ne godo in verità.
Pirotto. Marubbio. |
a due | Le ha portate per dispetto | |
Luciano. Pirotto. Marubbio. |
a due | Eppur sento che nel petto |
(le Donne escono da due cespugli laterali
Marubbio. Pirotto. |
a due | Eccole qua. | |
Rosina. Lisetta. |
a due | Dove sono, poverina? |
Tutte due venite qua,
E voi altri state là. (a Pirotto e Marubbio
(Li due della ringhiera fondano24 nelle colonne, e non si vedono più.
Rosina. Lisetta. |
a due | Dove son? più non li vedo. |
Rosina. Lisetta. |
a due | Signor no. State là. |
Luciano. Rosina. Lisetta. |
a tre | Eccoli qua, eccoli qua. |
Le due Donne. Maledetto, via di qua.
Li tre Uomini. Tant’amore - m’arde il core.
Le due Donne. Di furore - m’arde il sen.
(Esce Monsieur la Flour, e li tocca tutti con una verga, e parte.
Tutti.
Ah, ah, ah, ah. (si guardano25 ridendo
La bella Girometta 26 è bella come un fior.
È tanto graziosetta, che mi consola il cor.
Fine dell’Atto Secondo.
Note
- ↑ Zatta, per errore: amare.
- ↑ Questa didascalia c’è solo nelle edd. Fenzo e Tevernin.
- ↑ Nell’ed. Fenzo: gl’anni; e più sotto: gl’uomini.
- ↑ Fenzo: invecchino.
- ↑ Fenzo e Tevernin: ristornarmi.
- ↑ Queste ultime parole nell’ed. Zatta si trovano, per errore, non nel dialogo, ma nella didascalia.
- ↑ Fenzo e Tev.: escindo.
- ↑ Nell’ed. Zatta il verso è alterato così: Brutto demon... va via.
- ↑ In tutte le edd. è stampato: Ne men’io.
- ↑ Forse è da leggere: Che è stato? Queste parole di Luciano furono soppresse nell’ed. Zatta.
- ↑ Nell’ed. Zatta è stampato: "Luc. Chi? Ros. L’amico dalle calzette nere". Ma il verso non corre.
- ↑ Nell’ed. Zatta: "Luc. Io nò. Ma voi m’avete impaurito".
- ↑ Zatta: Stesso.
- ↑ Guibert e Zatta: nascondendosi.
- ↑ Così il testo.
- ↑ Così per avessi.
- ↑ Guibert e Zatta: chi è mai.
- ↑ Manca questa didascalia nelle edd. Guibert e Zatta.
- ↑ Guibert e Zatta: pur.
- ↑ Schiacciati. Forma dialettale.
- ↑ Zatta. per errore: fedeltà.
- ↑ Guibert e Zatta: in.
- ↑ Questa didascalia in tutte le edizioni si trova, per errore, dopo il verso: Le viscere e il cor.
- ↑ Così il testo.
- ↑ Guibert e Zatta: guardando.
- ↑ Si ricordi l’antica canzone popolare: v. anche vol. XXVIII. p. 480.