Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Giardino.

Violante e Riccardo.

Violante. V’ingannate, Riccardo,

Supererò il rossore.
Vi dirò che il mio cuore
Prova per voi un amoroso duolo.
Giuro sull’onor mio, che amo voi solo.
Riccardo. Se creder lo potessi,
Felice me!
Violante.   Ma quando poi lo giuro,
Credere lo dovete.
Se dubitate ancor, voi m’offendete.
Riccardo. Perdonate, mia cara,
Ai dubbi del mio cuore;
Chi ben ama, ha timore.
Violante.   A questi bagni
Son venuta per voi.
Riccardo.   Per voi venuto
Parimenti son io.
Caro bell’idol mio,
Non partiamo di qui, pria che d’amore
Non si stringa fra noi perpetuo nodo.
Violante. A voi tocca pensare al tempo e al modo.

SCENA II.

Monsieur la Flour con alcuni fiori in mano, e detti.

La Flour. (Ecco i gelosi amanti.

io vuò con questi fiori
Dar un poco di pena ai loro amori).

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Riccardo. Pria che giunga mio padre

A penetrar il genio mio... (a Violante
La Flour.   Madama.
Riccardo. Maledetto costui.
La Flour.   A voi presento
In questi vaghi fiori
Misto gentil dei più soavi odori.
Violante. Obbligata, signor. (li ricusa
Riccardo.   Non ha bisogno
D’altro odor peregrino;
De’ fiori, se ne vuol, pieno è il giardino.
La Flour. Favorisca odorarli in cortesia.
Odorati che li ha, li getti via.
Violante. (Lo farò per spicciarmi). (piano a Riccardo
Hanno un odor sì raro? (prende i fiori e li odora
La Flour. Ogn’altro odor vi riuscirà men caro.
Riccardo. Oh via, basta così.
Violante.   Dolce fragranza,
Che mi penetra il core!
La Flour.   Or, se volete,
Li potete gettar.
Violante.   Cari mi sono.
Gradisco ed amo il donatore e il dono.
Riccardo. Come!
Violante.   Oimè! qual dolcezza,
Caro monsieur la Flour, voi m’inspirate?
La Flour.   Perdonate, madama... (vuol partire
Violante. Ah no, restate.
Riccardo. Che stravaganza è questa?
Come, Violante mia?
Violante. Oh Dio! Non so che sia quel che mi sento.
Provo un novel tormento,
Provo un novello ardore,
Per quegli occhi vezzosi ardo d’amore.
Riccardo. Ah traditrice, ingrata!

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La Flour. (L’han di me questi fiori innamorata).

Riccardo. Queste son le proteste?
È questo il giuramento?
Violante. Un novello portento
M’accende per costui la fiamma in seno.
Non posso far a meno,
Il volto suo mi piace.
Riccardo... (oh mio rossor!) soffrite in pace.
  Forza d’amor mi lega
  A una beltà novella,
  Nè infedeltà s’appella
  Quel che comanda amor.
  A te pietà non nega
  Questo mio core amante,
  Ma deggio a quel sembiante.
  Esser pietosa ancor. (parte

SCENA III.

Riccardo e Monsieur la Flour.

Riccardo. Femmina traditrice! E voi che siete

Mio rivale in amor, che seduceste
Ad amarvi colei ch’era il mio bene,
Voi pagherete il fio delle mie pene,
La Flour. Che vorreste da me?
Riccardo.   Rendimi conto
Colla spada, fellon, de’ torti miei. (impugna la spada
La Flour. Cimentarti con me? Pazzo tu sei.
Riccardo. Vieni, o ti svenerò.
La Flour.   Non ho timore.
Riccardo. Perfido!
La Flour.   Meco è vano il tuo furore.
Riccardo. Lo vedremo.

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La Flour.   (Con l’arte

Io lo deluderò).
Riccardo.   Vieni al cimento.
La Flour. Vengo, ma ne averai scorno e spavento.
(Riccardo spaventato fugge

SCENA IV.

Monsieur la Flour solo.

Oh che piacer grazioso!

Che libro portentoso
È quel che ho ritrovato!
Come presto mi sono ammaestrato!
Ho trovata la via
D’innamorar le donne,
Ed essere a lor caro
Senza la servitù, senza il denaro.
  Chi una donna vuol pretendere,
  Chi da lei vuol farsi amar1,
  Il denar bisogna spendere,
  E servire, e sopportar.
  Di quei fiori
  Portentosi
  Agli amanti vuò donar.
  Quando vedo donne a piangere,
  Io mi sento consolar. (parte

SCENA V.

Stanza interna del Bagno, con quel che è necessario.

Luciano e Pirotto.

Luciano. Pirotto.

Pirotto.   Eccomi qui.
Luciano.   Sei tu?
Pirotto.   Son io.

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Luciano. Ed io chi son?

Pirotto.   Voi siete il mio padrone.
Luciano. Luciano?
Pirotto.   Sì, Luciano. Oh questa è bella!
Luciano. Non ho più la gonnella?
Pirotto.   Non signore.
Luciano. La scuffia?
Pirotto.   Molto meno.
Luciano.   E qui dinanzi
Avevo un so che.
Pirotto. Non v’è più niente.
Tutto sparì a drittura.
Luciano. Sai cosa mi restò?
Pirotto.   Che?
Luciano.   La paura.
Pirotto. Anch’io, per il dir il vero,
Ne ho avuta la mia parte.
È stato un caso bello
Vedermi trasformato in un Coviello.
Luciano. Ah, vicino al morire io già mi sento.
Voglio far testamento.
Pirotto. Eh no, padron mio caro.
Luciano. Della villa a chiamar vammi il notaro.
Pirotto. Volete intanto restar solo?
Luciano.   Intanto
A letto me n’andrò bello e vestito.
Aiutami.
Pirotto.   Son qui.
Luciano.   Piano. Non voglio
Più nessuno veder.
Pirotto.   Nemmen le donne?
Luciano. Donne? donne? No, no, le donne sono
Le maghe incantatrici.
Esse saranno state
Che m’hanno le fattezze trasformate.

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Mai più donne, mai più. Sia maledetto

Quando mai le ho vedute... Andiamo a letto.
(Aiutato da Pirotto, va nel suo letticciuolo serrato dalla trabacca.
Pirotto. Starete meglio assai,
Più caldo e riposato.
Bisogna contentarlo;
Egli vuole il notaro, andrò a cercarlo.

SCENA VI.

Marubbio e detti.

Marubbio. Pirotto, che fai qui?

Pirotto.   Zitto. il padrone
È in letto, che riposa.
Marubbio.   Ha forse male?
Pirotto. Quest’è il suo naturale.
Quando ha un po’ di timore,
Crede morir perchè gli batte il core.
Marubbio. Il cor, per dirla schietta.
Batte un poco anche a me.
Mi parve cosa garba
Il vedermi venir tanto di barba.
Pirotto. Codesta stravaganza
Cosa crediam che sia?
Marubbio. Io senz’altro la credo una magia.
Pirotto. Che sia tornato al mondo
Pietro d’Abano ancor dopo tant’anni?
Dai bagni, se è così, voglio andar via,
Che col diavol non voglio compagnia.
  Farfarello, Gambastorta,
  Va lontan da’ miei confini.
  Ma se porti dei quattrini,
  Vieni pur, li prenderò.

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  Fammi pure bru bru bru,

  Fammi andar col capo in giù.
  Fammi andar coi piedi in su.
  Per avere dell’argento,
Mi contento - di tremar. (parte

SCENA VII.

Marubbio e Luciano nel letto, poi Rosina.

Marubbio. In tant’anni ch’io sono in questi bagni,

Non ho mai più veduto
Caso simile a questo.
Rosina.   Aiuto, aiuto. (corre spaventata2
Marubbio. Cos’è stato?
Rosina.   Colà...
Marubbio.   Dove?
Rosina.   Ho veduto...
Marubbio. Che?
Rosina.   Una brutta cosa.
Marubbio. Che cosa?
Rosina.   Brutta, brutta.
Marubbio. Ma come?
Rosina.   Si moveva...
Marubbio. Davvero?
Rosina.   Oimè! (con timore
Marubbio. Dite, cos’era?
Rosina. Un gatto nero.
Marubbio. E per un gatto si fa tanto chiasso?
Rosina. Mi guardava cogli occhi.
Marubbio.   E bene?
Rosina.   Oimè!
Tremo dalla paura.
Marubbio. Paura d’un gattino?

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Rosina. Ho paura ch’ei fosse un diavolino.

Marubbio. Ma sei pur una donna spiritosa.
Rosina. Ora son paurosa.
Dopo che mi ho veduta
Diventar una vecchia colle rappe,
Le budelle mi fanno lippe lappe.
Marubbio. Ora ti compatisco.
È stata veramente
La peggior burla che si possa mai
Fare a una donna. Sì, ti compatisco.
Tutt’altro si potrebbe sopportare,
Ma non la malattia dell’invecchiare.
  Voi altre femmine,
  Se gli anni3^) passano,
  Perdete il merito
  Della beltà.
  Non così gli uomini,
  Che quando invecchiano 4,
  Maggior acquistano
  La venustà.
  Belletti e polvere
  Non ci abbisognano;
  Siamo i medesimi
  In ogni età. (parte

SCENA VIII.

Rosina e Luciano nel letto.

Rosina. Questa bella ragione io non l’approvo.

Anche nell’uom la differenza io trovo.
Ma di già che son sola,
Voglio un poco bagnarmi.
Col bagno ristorarmi 5

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Voglio della paura che ho provata.

Voglio nell’acqua entrar ch’è preparata.
(mostra di volersi spogliare
Luciano. (Caccia fuori la lesta dalle cortine del letto.
Rosina. Non vorrei che venisse qualcheduno.
Voglio chiuder la porta.
Luciano.   Andate via.
Rosina. Aiuto. (non vedendo Luciano
Luciano.   Cos’è?
Rosina.   Il diavolo... Va via6.
Luciano. Meschino me. (ritira la testa
Rosina.   Oimè! sono imbrogliata.
Questa voce non so da dove uscì.
Luciano. Il diavolo dov’è? (uscendo dal7 da letto
Rosina.   Eccolo qui. (si spaventa di lui medesimo
Luciano. Dove?
Rosina.   Brutto demonio8.
Da me che cosa vuoi?...
Luciano.   Da me che chiedi?
Rosina. Da te non voglio niente.
Luciano.   Nemmen io 9.
Rosina. Vattene.
Luciano.   Via di qua. Rosina, addio.
Rosina. Il diavol mi saluta.
Luciano.   No, carina,
Il diavolo non è.
Rosina.   Ma chi?
Luciano.   Luciano.
Rosina. Che vi venga la rabbia;
Che cosa fate qui?
Luciano.   Venni, meschino,
Un poco a riposare.

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Rosina. M’avete fatto quasi spiritare.

Luciano. Sentite...
Rosina.   Oimè.
Luciano. Che cosa è stato?10 U)
Rosina. L’avete voi veduto?
Luciano.   Chi?
Rosina.   L’amico
Dalle calzette nere.11
Luciano. Io no. Ma voi mi avete impaurito 12.
Rosina. Là... vedete... là dentro io l’ho sentito.
Luciano. Là dentro v’ero io steso13 nel letto.
Rosina. Là dentro voi? Che siate maledetto.
Luciano. Ahi! perchè maledirmi?
Rosina.   Perchè voi
Mi faceste paura,
Ed io son paurosa di natura.
Luciano. Finalmente son io...
Rosina.   Mi trema il core.
Luciano. Compatite l’amore...
Rosina.   Da fanciulla
Ho avuto uno spavento brutto, brutto.
Luciano. E adesso...
Rosina.   E adesso ancor tremo di tutto.
Luciano. Ma via...
Rosina.   Quando ci penso
Al spavento d’allora.
Freddo mi viene ancora.
Luciano. Ma questa è un’opinione.
Rosina. Un opinion? Sentite se ho ragione.
  Una piccola bambinella
  Ero ancora di tenera età.

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  E la mamma, la poverella,

  Se ne stava lontana da me.
  Viene un gatto nero nero
  Con i baffi... (mi vien freddo).
  Mi guardava... (tremo tutta).
  Oh che bestia brutta, bruttai
  Mi voleva graffignar,
  Io gridai: Frusta via.
  Fece gnao, e se n’andò.
  Ma saltò
  Su e giù.
  Parea matto,
  Ruppe un piatto.
  Poi tornò,
  Mi graffiò;
  E ha lasciato al mio povero core
  Un timore - che mai se n’andò. (parte

SCENA IX.

Luciano, poi Lisetta.

Luciano. Oh! causa la paura,

Che costei se n’andò. Pareami allora
Di star bene vicino a quel visetto.
Ora mi torna mal; ritorno a letto.
(va nel letto, come era prima
Lisetta. Che diavol di vergogna!
Tutti son spaventati
Per paura del diavolo. Ma io
Di lui non ho paura: affè, se torna,
Vuò spennacchiarlo, e rompergli le corna.
Luciano. Lisetta. (caccia fuori la lesta dalle cortine, e la ritira
Lisetta. Chi mi chiama? (guardando qua e là
Luciano. (Voglio farle paura).
Lisetta. (come sopra

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Lisetta.   Chi mi vuole?

Luciano. Bu, bu, bu, bu. (fa il cane, nascosto14 nel letto
Lisetta.   Cagnaccio,
Dove sei? vien fuori15.
Certo non mi spaventi,
Se avesti16 cento diavoli nei denti.
Ma dove mai sarà? (cercandolo
Luciano.   Lisetta.
(mette fuori la testa, e la ritira
Lisetta.   Zitto.
La voce vien di qui; che sia17 nascosto
Sotto quel letto? Vuò veder. (guarda sotto il letto
Luciano.   Lisetta, (come sopra
Lisetta. Zitto, la voce è qui.
S’è qualche diavolone,
Io lo farò andar via con un bastone.
(prende un bastone che trovasi nella stanza
Luciano. È andata via? (caccia fuori la testa 18
Lisetta.   Se torna!
Luciano. Eccola. (ritira il capo
Lisetta.   Vuò vedere...
Luciano.   Bu, bu, bu.
Lisetta. T’ho inteso. Or son da te.
Prendi, brutto cagnaccio.
(dà delle bastonate a Luciano, coperto dalle cortine
Luciano.   Oimè, oimè.
Lisetta. Questa è voce d’un uom. Chi mai sarà?
Voglio veder chi è. (scopre il letto
Luciano.   Per carità! (si raccomanda
Lisetta. Bravo, signor Luciano,
Dovevate tacere ancora un poco,
Se goder volevate un più bel gioco.

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Luciano. Vi son bene obbligato. (s’alza dal letto, e scende

Lisetta. Non siete più ammalato?
Mi rallegro con voi.
Luciano.   Ah, che pur troppo
Son pieno di malanni. Oh dei! non so
Se per19 sin questa sera io viverò.
Vado, ma no; vorrei
Restar con voi... ma sento...
Voi mi date contento. Oimè, non so...
Fra il restare e il partir ci penserò.
  Quel dolce visetto,
  Quell’occhio furbetto,
  Il core nel petto
  Mi fa intenerir.
  La medica tu sei
  Di tutti i mali miei.
  Vorrei, e non vorrei,
  Partir, e non partir.
  Mio caro tesoro,
  Vi bramo, v’adoro;
  Porgete ristoro
  A tanto languir.
  Con te giubilerei,
  Con te risanerei.
  Vorrei, e non vorrei,
  Partir, e non partir. (parte

SCENA X.

Lisetta, poi Riccardo.

Lisetta. Povero pazzo! Sai cosa ti dico?

Muori, non muori, non m’importa un fico.

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Riccardo. Ah Lisetta, pietà!

Lisetta.   Che cosa è stato?
Riccardo. M’ha la vostra padrona assassinato.
Lisetta. Come? vi ha preso forse
i denari, la roba?
Riccardo.   Eh schioccherie!
Peggio mi ha fatto assai.
Lisetta.   Non crederei
Vi potesse levar la sanità.
Riccardo. Ha trattato il cuor mio con crudeltà.
Lisetta. Via, via, non vi è gran male.
Riccardo.   Ah, che soffrirlo
Certamente non posso.
Lisetta. Eppur convien soffrire.
Riccardo. No.
Lisetta.   Che volete far?
Riccardo.   Voglio morire.
Lisetta. Questa, signore, è l’ultima pazzia.
Quando altro dir non sanno,
Tutti dicon così, ma non lo fanno.
Riccardo. D’alme vili codesto è facil dono.
Troppo costante io sono,
Quando prometto affetto,
E son fedel di crudeltà a dispetto.
Traditrice Violante! E come mai
Fino sugli occhi miei
Far finezze al rival per mio martello?
Dirmi ch’è più di me vezzoso e bello?
Intenderla non so. Parmi che un sogno.
Che una larva sia questa; ed ho rossore
Di pensar che il suo cor sia traditore.
  Mi sento ancora impressa
  L’immagine nel petto
  Di quel primiero affetto,
  Che fu giurato a me.

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  Non è per me la stessa;

  Pur troppo, oh Dio! lo vedo.
  Eppure ancor non credo
  Che priva sia di fè. (parte

SCENA XI.

Lisetta, poi Violante.

Lisetta. Quest’altro ganimede

Ha anch’egli i grilli sui:
Una donna vorria tutta per lui.
Eccola. Oh, se veniva un poco prima,
Si volevan sentir le belle cose!
Violante. Cento fiamme amorose
Arder mi sento in petto,
E non so la cagion del nuovo affetto.
Lisetta. Oh signora padrona,
Che mai avete fatto?
Il povero Riccardo è mezzo matto.
Violante. Mi fa pietà.
Lisetta.   Bisogna consolarlo.
Violante. Vorrei poter amarlo,
Ma un certo non so che, non ben inteso,
Rese il cor mio d’un altro foco acceso.
Lisetta. Quel certo non so che,
Che voi non intendete,
Io ve lo spiegherò, se lo volete.
Violante. Ma come?
Lisetta.   Vi dirò: noi altre donne...
V’è nessun che mi senta? No, siam sole.
Abbiamo un difettino,
Che è una cosa galante:
Ci piace per lo più cambiar amante.

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Violante. Ma io non son di quelle,

E tu bene lo sai.
Lisetta.   Sì, lo confesso,
Tutt’amor, tutta fede ognor vi vedo;
Ma, signora padrona, io non vi credo.
Violante. Lisetta, mi fai torto.
Lisetta.   Eh, questi torti
Si ponno sopportar. Che mal sarebbe,
Che aveste quattro o cinque innamorati?
Si esamina, si pesa questo e quello,
Poi si sceglie il più buono ed il più bello.
  Se si compra un bel vestito,
  Non si va da un sol mercante;
  E chi vuol trovar marito,
  Non si lasci infinocchiar.
  Nasi schizzi20? signor no.
  Nasi lunghi? oibò, oibò.
  Occhi loschi.
  Gambe storte,
  Teste lunghe,
  Braccia corte,
  Sono tutti da scartar.
  Bel visino,
  Bel bocchino,
  Bel nasino
  Piccinino,
  Sono cose da comprar;
  Perchè fanno innamorar.

SCENA XII.

Violante sola.

Pazza, pazza è costei;

E chi l’ascolta, è pazzo più di lei.
Non è in arbitrio nostro

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Sceglier l’amante, scegliere lo sposo.

Se questo fosse, anch’io
Solo a Riccardo mio darei il mio cuore;
Ma altrimenti di me dispone amore.
  Forza d’amor mi lega
  A una beltà novella,
  Nè infedeltà21 s’appella
  Quel che comanda amor.
  Manco di fè con pena,
  Amante di costanza,
  E soffro una catena
  Più non intesa al cor. (parte

SCENA XIII.

Luogo delizioso con fontane ed una ringhiera con due scalinate laterali praticabili e varie trasformazioni operate da Monsieur La Flour.

Monsieur LA Flour, travestito da Giardiniere, con fiori in mano.

Questa è la miglior prova,

Che far poss’io del libro che ho trovato.
Ecco un luogo formato
Con magica apparenza,
Costrutto in eccellenza,
In ordine e figura,
In cui spicca il poter d’arte e natura.
Ora con questi fiori
Voglio l’opra compire... Eccoli tutti:
Voglio farli restar stupidi e brutti.

SCENA XIV.

Luciano, Rosina, Lisetta, Pirotto, Marubbio ed il suddetto.

Luciano. Oh la gran bella cosa!

Lisetta.   È bella assai.

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Pirotto. Un giardino più bel non vidi mai.

Marubbio. Cosa dite, Rosina?
Rosina. Questa gran novità non so che sia.
Marubbio. Io la crede senz’altro una magia.
Rosina. Vado, quand’è così... (vuol partire
La Flour.   Bella, restate.
Rosina. Chi siete voi? parlate.
La Flour. 11 giardiniere io sono,
E reco a voi di questi fiori il22 dono.
(presenta un mazzo di fiori a Rosina, l’altro a Lisetta
Lisetta. Grazie. Che buon odor!
Rosina.   Non me ne fido.
Lisetta. Di che avete timore? Io me ne rido.
Sentite che fragranza. (a Rosina, odorando i fiori
Rosina. È vero, è un grato odor che ogn’altro avanza.
(a Lisetta, odorando i fiori
Senta, signor Luciano.
Lisetta.   Senta, senta.
Luciano. Oh che soave odore!
Ma qual fiamma d’amor mi sento al core?
Lisetta. Marubbio, senti un po’.
Rosina.   Pirotto, odora.
Marubbio. Quest’odore m’incanta.
Pirotto.   Ei m’innamora.
La Flour. (I colpi son già fatti.
Or mi voglio goder quei cinque matti). (si ritira23

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a tre

Oimè, cosa sento!
     Mi brucia di drento
     Le viscere e il cor.

Rosina.
Lisetta.

a due

Che avete? che fate?
     Smaniate? perchè!

[p. 53 modifica]

j-j (Non posso star saldo,

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a tre

Non posso star saldo,
son caldo d'amor.

Rosina.
Lisetta.

a due

Andate, baggiano,
Lontano da me.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a tre Mia cara, per pietà.

Rosina.
Lisetta.

a due Andate via di qua.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a tre Non posso più star.

Rosina.
Lisetta.

a due Lasciatemi star.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a tre Perchè no?

Rosina.
Lisetta.

a due Fuggirò.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a tre Per pietà.

Rosina.
Lisetta.

a due Via di qua.
(Le due Donne fuggono, e vanno sulle scalinate, una di qua e una di là. Pirotto e Marubbio vogliono loro correr dietro, e nell’ atto che vogliono salir le scale, due mostri impediscono il passo.

Luciano.   Correr non posso,
  Son troppo grosso;
  Forza non ho.

Pirotto.
Marubbio.

a due Oimè!
Luciano.   Cosa c’è?
[p. 54 modifica]

Pirotto.
Marubbio.

a due Non si ponno seguitar.

Rosina.
Lisetta.

a due

Malcreati, - disgraziati,
     Imparate - le zitelle,
     Poverelle, - a rispettar.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.

a due

Ah nel petto, - dall' affetto,
     Io mi sento divorar.

  Tutti.

  Che prodigi! - che prestigi!
  Tanti diavoli qui stanno.
  Che mi fanno disperar.

Pirotto.
Marubbio.
(a due

Non posso più star saldo,
     Mi cresce ognora il caldo.
     Mi voglio rinfrescar. (saltano sulla fontana

Luciano.   Cosa fate?
Pirotto.
Marubbio.
a due

Osservate:
     Io mi vado a sollazzar.

(si gettano nella fontana, e non si vedono più

Rosina.
Lisetta.

a due

O che pazzi! - Dentro i guazzi
     Vanno il foco ad ammorzar.

Luciano.   Dove son? più non li vedo.

(osserva nella fontana
  Affogati già li credo.
  Non li voglio seguitar.
(Pirotto e Marubbio compariscono sulla ringhiera

Rosina.
Lisetta.

a due Oimè!

Pirotto.
Marubbio.

a due Siamo qui.
Luciano.   Ma come?

Pirotto.
Marubbio.

a due Sta lì. (a Luciano
[p. 55 modifica]
  Tutti.

  Che cosa portentosa
  Che tutti fa tremar!

Pierotto.
Marubbio.
(a due

Mia cara!(vogliono abbracciar le Donne

Lisetta.
Rosina.
a due Briccone!
(Mentre li due Uomini insolentano le Donne, queste spariscono
Pierotto.
Marubbio.
a due Pietà!
Lisetta.
Rosina.
a due Via di qua.
Luciano.   Sono ite, son sparite

  Io ne godo in verità.

Pirotto.
Marubbio.
a due

Le ha portate per dispetto
     Il demonio via di qua.

Luciano.
Pirotto.
Marubbio.
a due

Eppur sento che nel petto
     L'amor mio crescendo va.

Luciano.   Eccole qua.

(le Donne escono da due cespugli laterali

Marubbio.
Pirotto.
a due Eccole qua.
Rosina.
Lisetta.
a due Dove sono, poverina?
Luciano.   Mia Lisetta, mia Rosina,

  Tutte due venite qua,
  E voi altri state là. (a Pirotto e Marubbio
(Li due della ringhiera fondano24 nelle colonne, e non si vedono più.

Rosina.
Lisetta.
a due

Dove son? più non li vedo.
     All’inferno già li credo.

Luciano.   Via, carine, per pietà.
[p. 56 modifica]
Rosina.
Lisetta.
a due Signor no. State là.
(li due compariscono dalla fontana
Luciano.
Rosina.
Lisetta.
a tre Eccoli qua, eccoli qua.
Li tre Uomini.   Bel visetto, per pietà.

Le due Donne.   Maledetto, via di qua.
Li tre Uomini.   Tant’amore - m’arde il core.
Le due Donne.   Di furore - m’arde il sen.
(Esce Monsieur la Flour, e li tocca tutti con una verga, e parte.
  Tutti.
Ah, ah, ah, ah. (si guardano25 ridendo
  La bella Girometta 26 è bella come un fior.
  È tanto graziosetta, che mi consola il cor.


Fine dell’Atto Secondo.


Note

  1. Zatta, per errore: amare.
  2. Questa didascalia c’è solo nelle edd. Fenzo e Tevernin.
  3. Nell’ed. Fenzo: gl’anni; e più sotto: gl’uomini.
  4. Fenzo: invecchino.
  5. Fenzo e Tevernin: ristornarmi.
  6. Queste ultime parole nell’ed. Zatta si trovano, per errore, non nel dialogo, ma nella didascalia.
  7. Fenzo e Tev.: escindo.
  8. Nell’ed. Zatta il verso è alterato così: Brutto demon... va via.
  9. In tutte le edd. è stampato: Ne men’io.
  10. Forse è da leggere: Che è stato? Queste parole di Luciano furono soppresse nell’ed. Zatta.
  11. Nell’ed. Zatta è stampato: "Luc. Chi? Ros. L’amico dalle calzette nere". Ma il verso non corre.
  12. Nell’ed. Zatta: "Luc. Io nò. Ma voi m’avete impaurito".
  13. Zatta: Stesso.
  14. Guibert e Zatta: nascondendosi.
  15. Così il testo.
  16. Così per avessi.
  17. Guibert e Zatta: chi è mai.
  18. Manca questa didascalia nelle edd. Guibert e Zatta.
  19. Guibert e Zatta: pur.
  20. Schiacciati. Forma dialettale.
  21. Zatta. per errore: fedeltà.
  22. Guibert e Zatta: in.
  23. Questa didascalia in tutte le edizioni si trova, per errore, dopo il verso: Le viscere e il cor.
  24. Così il testo.
  25. Guibert e Zatta: guardando.
  26. Si ricordi l’antica canzone popolare: v. anche vol. XXVIII. p. 480.