La ritornata di Londra/Atto II

Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Camera nell’appartamento di Madama.

Giacinta ed il Conte.

Conte. Quella giovine bella?

Giacinta.   Obbligatissima
Del titol che mi dà, non meritato.
Conte. La padrona sta bene?
Giacinta.   Ha riposato.
Conte. Ancor nelle sue stanze
Non venni a esercitare i miei doveri,
Perchè il loco ho ceduto ai forestieri.
Giacinta. Ella è il padron di casa,
Può venir quando vuole.
Conte.   Io son contento
Di trattarla e servirla in casa mia;
Ma un po’ di gelosia
Mi rende, per cagion di mia sorella,
Quel giovin che Carpofero si appella.
Giacinta. Anch’io, per dir il vero,
Non lo posso vedere;
Se potessi parlar... ma vuò tacere.
Conte. È fratel di madama?
Giacinta.   Non so niente...
Basta... io sono una giovine prudente.
Conte. Voi mi ponete in capo
De’ sospetti non pochi.
Giacinta.   Oh per l’appunto!
Che sospettar volete?
Conte. Che non sia suo fratello.
Giacinta.   E che vorreste?

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Che il nome di fratello

Nascondesse l’amante? Io non saprei...
Ma quand’anche il sapessi, oh noi direi.
Conte. Ditemi in confidenza,
Qui non ci sente alcuno.
Ditelo a me, non lo saprà nessuno.
Giacinta. No, no, di queste cose
A me parlar non tocca,
E quel ch’io so, non mi trarran di bocca.
Conte. Eccovi un picciol segno
Di mia cordialità,
Se mi dite di lui la verità. (le offre una moneta
Giacinta. Siete così obbligante,
Che ricusar non so... (la prende
Qualche cosa dirò... ma non vorrei...
Che lo sapesser i padroni miei.
  Son segreta, sono amante
  Della bella fedeltà;
  Ma voi siete sì obbligante,
  Che tacer non si potrà.
  Suo fratello - non è quello...
  Ma, silenzio, in carità.
  È un amico, - c’è un intrico...
  Già sapete, come va.
  Lo confido solo a voi,
  Nessun altro lo saprà. (rientra in casa

SCENA 11.

Il Conte solo.

Spiaccionmi in casa mia cotali scene;

Ma tollerar conviene,
Finger di non saperlo, e darsi pace,
Perchè il volto di lei non mi dispiace.
S’è amante, e non fratello,

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Men periglio sarà per mia germana;

E poi saprò ben io
Correggerla, ammonirla e minacciarla...
Ma come un tal rigore
Usar seco potrei,
Se pazzo per amor son più di lei?
  Nel mio sen, da quel momento
  Ch’io mirai la bella in viso,
  Una fiamma al cor mi sento,
  Ch’è cagion del mio penar.
  E in altrui mal si condanna
  Quella forza che tiranna
  Ci costringe a delirar. (entra in casa

SCENA 111.

Camera di madama Petronilla, con vari tavolini occupati dalle argenterie, orologi, astucci, e cose simili da lei portate.

̆̆Madama Petronilla e Giacinta.

Madama. Hai le cose ordinate? All’altrui vista

Sono esposte con grazia
Tutte le cose mie,
Gioie, astucci, orologi, argenterie?
Giacinta. Sì signora, osservate:
Sono poste in maniera.
Che par la stanza una bottega in fiera.
Madama. Quando una virtuosa
Ritorna d’Inghilterra,
Per mostrar quanto piacque, e quanto vale,
Porta, per ordinario, un arsenale;
E suol mostrare i frutti
Del saper, del poter, della beltà,
Per destare l’invidia in chi non ha.

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Giacinta. È ver, ma quei che vengono,

Di regalar s’astengono,
Tante gemme veggendo, argenti ed ori.
Madama. Anzi i regali allor vengon maggiori.
Carpofero dov’è?
Giacinta.   Sarà l’amico...
Basta, non voglio dir.
Madama.   Parla, dov’è?
Giacinta. Sì, l’ho veduto io stessa
Far il bello.
Madama.   Con chi?
Giacinta.   Con la Contessa.
Madama. Ah briccon, disgraziato!
Giacinta.   Ma, signora,
S’ei fa quel che voi fate,
Condannarlo non so.
Madama. Io vuò far quel che voglio.
Giacinta.   Ed egli no?
Madama. No certo; ei non si deve
Pigliar tal libertà.
Cercalo, e digli che ritorni qua.
Giacinta. Eccolo ch’ei s’appressa.
Madama. Temerario! con seco è la Contessa.
Non so come frenar la gelosia.
Giacinta. (Eh, si sbrogli da sè, ch’io vado via).
(parte

SCENA IV.

Petronilla, poi Carpofero e la Contessa.

Madama. Eppur nello sdegnarmi

Mi è forza andar bel bello,
Per non svelare ch’ei non sia fratello.
carpofero. Sorella, ecco la dama
Della casa padrona, che vuol farvi
D’una visita degna, ed onorarvi.

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Madama. Serva sua. (sostenuta

Contessa.   La fortuna
M’offre il contento d’aver qui alloggiata
Donna vaga e gentil.
Madama.   Bene obbligata. (sostenuta
Carpofero. (Un po’ men di sussiego). (piano a Madama
Madama.   (Asino). (a Carpofero
Carpofero.   (Grazie).
(piano a Madama
Contessa. Come l’alloggio nostro
Riesce grato a Madama?
Madama.   Anzi.
Contessa.   Vorrei
Fossero queste stanze
Degne del merto suo più che non sono.
Madama. Da viaggio siam noi; l’albergo è buono.
Carpofero. (Gradite un poco più). (piano a Madama
Madama.   (Briccone!) (piano a Carpofero
Carpofero.   (A me?)
Contessa. (Che maniera incivil! che orgoglio strano!
Son costretta a soffrir per suo germano). (da sè
Madama. (Ci parleremo poi). (piano a Carpofero
Contessa.   Mi spiacerebbe
Di vedervi da noi stare in disaggio.
Compatite, Madama...
Madama.   Eh, siam da viaggio.
(So tutto). (a Carpofero
Carpofero.   (E di che mai?) (a Madama
Madama. (La Contessa ti piace). (a Carpofero
Carpofero.   (Oibò. Scherzai). (a Madama
Contessa. Madama, io non vorrei
Esser troppo importuna.
Madama.   Anzi.
Contessa.   Quest’anzi

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Vuol dir che vi annoiate;

Partirò, ma in tal guisa...
Madama.   Anzi restate.
Carpofero. (La vogliam finir male). (da sè
Contessa.   Un’insolenza
Sembrami in casa mia...
Madama.   Con sua licenza.
(in atto dì partire
Contessa. Mi lasciate così? Codesto è forse
Costume oltramontano?
Madama. Vi lascio in compagnia di mio germano.
Contessa. Per dir la verità,
Eli serba un altro stile,
Più discreto del vostro, e più civile.
Madama. Godo ch’egli vi piaccia:
Andar io deggio, e le mie parti ei faccia.
  Bel fratellino amabile,
  Seco restate ancor. (a Carpofero
  Padrona mia adorabile,
  Grazie di tanto onor. (alla Contessa
  Guardi quell’occhio tenero,
  Che fa cascare1 il cor.
  (alla Contessa, accennando Carpofero
  Mira quell’aria nobile,
  Che fa destare amor.
  (a Carpofero, accennando la Contessa
  Cari quei vezzi, - cari quei sguardi,
  Il Cielo vi guardi - da lancie e da dardi:
  Lo dico di cor.
  Cari, ma cari, carini d’amor. (a tutti e due

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SCENA V.

Carpofero e la Contessa.

Carpofero. E un demonio costei. (da sè

Contessa.   Non la capisco;
Non so s’ella pretenda
Prendersi di me gioco; in caso tale,
Madama, affé, la passerebbe male.
Carpofero. No, non credete mica...
Ella ha per voi rispetto,
E gode che per me proviate affetto.
Contessa. Ditele, ch’ella cambi
Un sistema sì rozzo e poco inteso.
Voi meritate assai;
L’ardire, in grazia vostra, a lei perdono.
Ma si rammenti alfin, ch’io son chi sono.
Carpofero. Posso sperar io dunque
D’essere ben veduto?
Contessa. Ah, mai non foste in casa mia venuto!
Carpofero. Perchè?
Contessa.   Perchè, il confesso,
Amabile voi siete...
Ma una germana avete
Di tai rozzi costumi,
Che fa torto al seren di quei bei lumi.
Carpofero. Se a lei fratel non fossi,
Se avessi il nascer mio
Tratto con un po’ più di civiltà,
Mi vorreste voi ben?
Contessa.   Forse... chi sa?
  Dolce cosa è amor nel seno,
  Ma ragion comanda al core,

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  E frenar si dee I’ amore,

  Quando offende l’onestà.
  Il mio sangue, il grado mio,
  Fan contrasto alla mia brama.
  Bel piacere allor che s’ama
  Senza macchia di viltà! (parte

SCENA VI.

Carpofero, poi il Marchese.

Carpofero. Quasi, quasi davvero...

Quasi mi scoprirei,
E Madama graziosa io pianterei.
Ma... non so poi se farlo
Potrò sì facilmente.
Cento volte l’ho detto
Di non amarla più,
Ma poi, quando mi parla, io casco giù.
Marchese. Amico adoratissimo,
Venite alle mie braccia.
Carpofero. (Io gli darei uno sgrugnone in faccia). (da sè
Marchese. Ov’è Madama?
Carpofero.   Non lo so.
Marchese.   Vedete
S’ella mi fa l’onore...
Carpofero. Io non son di Madama il servitore.
Marchese. Compatite; io stesso
A riceverla andrò. (in aito di partire
Carpofero.   Eh! non la troverete. (lo trattiene
Marchese. E perchè no?
Carpofero. Perchè è fuori di casa,
E non ritornerà per tutto il dì.
Marchese. Dov’è andata Madama?

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SCENA VII.

Madama Petronilla e detti.

Madama.   Eccomi qui.

Carpofero. (Il diavol l’ha portata).
Marchese. Ho piacer che tornata
Siate, Madama. Mi dicea il fratello,
Che per tutt’oggi non vi avrei veduta.
Madama. Sì; per voi son venuta.
(Vuò accrescere a colui la gelosia). (da sè
Carpofero. (Ah, non posso più star; voglio andar via).
(da sè, in atto di partire
Madama. Dove andate? (a Carpofero
Carpofero.   Vuò andar per un affare.
Marchese. (Eh, lasciatelo andare). (piano a Madama
Madama. Vuò dirvi una parola. (a Carpofero
Marchese. (Io vi vorrei parlar da solo a sola).
(a Madama
Carpofero. Che comanda da me? (a Madama, ironico
Madama.   Seder vorrei.
Carpofero. Non c’è nessun? (guardando se vede i Servi
Madama.   Mi favorisca lei.
(a Carpofero, con ironia
Carpofero. Ho a farvi il servitore? Oh, questa è bella!
Marchese. Lo può fare il fratello alla sorella.
Madama. Via, da bravo. (a Carpofero
Carpofero. Cospetto! (va a prendere la sedia
Madama.   (Egli va, poveretto!)
Carpofero. Ecco, la sedia è qui.
Madama. Quando che si vuol ben, si fa così.
Ma pel signor Marchese
Una sedia non c’è?
Carpofero.   Ma questo poi...
Marchese. La prenderò da me. (va a pigliar la sedia

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Carpofero. (Barbara!)

Madama.   (Vostro danno).
Carpofero. (Posso soffrir di peggio in questo dì?)
Madama. (Fin che sarai geloso, andrà così).
Marchese. Ecco, se il permettete... (vuol sedere
Madama. Un poco più vicino. (s’accosta
Carpofero. (Non lo posso soffrir). (da sè
Madama.   (Smania, il meschino), (da sè
Marchese. Madama, con licenza, (guardando Carpofero
Vorrei dirvi una cosa in confidenza.
Madama. Partite. (a Carpofero
Carpofero.   Ah! mi scacciate?
Madama. Non volevate andar?
Carpofero.   Vado.
Madama.   Aspettate.
Marchese. (Eh, lasciatelo andar). (piano a Madama
Madama.   Portate qui
La tabacchiera mia.
Carpofero.   Signora sì.
(va a prenderla dal tavolino
Marchese. Vorrei darvi una prova
Dell’amor mio sincera. (a Madama
Carpofero. Ecco, signora mia, la tabacchiera.
Madama. Questo vi piacerà. (dà tabacco al Marchese
Marchese.   Certo, è prezioso.
Carpofero. Favorisca. (le chiede tabacco
Madama.   (Va via, pazzo geloso). (piano a Carpofero
Carpofero. (Vuò provarmi, se posso
Fingere almeno di non esser tale,
Giacchè con lei la gelosia non vale). (da sè
Marchese. (Ma quando se ne va?) (piano a Madama
Madama.   Che fate qui? (a Carpofero
Carpofero. Vado, signora sì.
Vi lascio in libertà
Con il signor Marchese;

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Siate sorella mia, con lui cortese.

Madama. (Ora finge). (da sè
Marchese.   Obbligato
Dell’amor che per me voi dimostrate, (a Carpofero
Carpofero. Via, le sedie accostate un poco ancora.
(Ah, sento che la rabbia mi divora). (da sè
  Con il signor Marchese
  Mostratevi cortese. (a Madama
  Colla sorella mia
  Scherzate in compagnia, (al Marchese
  Ch’io pur ne goderò.
  (Ah, non resisterò).
  Che! mi guardate? Accomodatevi.
  (Oh maledetti!) Bravi, accostatevi.
  (Oh che rabbia! oh che dispetto!)
  Niente, niente; con diletto
  Io vi vedo vezzeggiar.
  (Resister non posso,
  Mi sento crepar). (parte

SCENA VIII.

Madama ed il Marchese.

Madama. (Pena, freme, lo veggo, eppur io gioco

Che discreto lo rendo a poco a poco). (da sè
Marchese. Ora che soli siamo,
Tutto, o bella, il mio cuor spiegarvi io bramo.
Madama. Dica il signor Marchese
Quello che dir mi vuole,
Ma con poche parole, all’uso mio.
Marchese. Il laconico stile amo ancor io.
Madama. Bene.
Marchese.   V’adoro.
Madama.   Ho inteso.
Marchese. Un amante più fido unqua non fu...

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Madama. Queste parole qui sono di più.

Marchese. Alle brevi: sospiro il vostro affetto.
Madama. Tutto a voi lo prometto.
Marchese. E se posso sperar da voi costanza...
Madama. Quando promisi amor, dissi abbastanza,
Marchese. È ver. Ma un’altra cosa
Vorrei...
Madama.   Franco chiedete,
Franca risponderò.
Marchese. Ditemi, sarò solo?
Madama.   Signor no.
Marchese. Madama, addio. (s'alza
Madama.   Dove?
Marchese. L’ora è avanzata 2. (osserva l'orologio
Con vostra permissione.
Madama. È una ripetizione3?
Marchese. Sì, certo; d’Inghilterra.
Stamane io la comprai.
Madama. Bella, bella davver, mi piace assai.
Marchese. Ve l’offrirei; ma a dirla...
Madama. Spiegatevi di volo.
Marchese. Presto mi spiegherò: voglio esser solo.
Madama. Non vedrete nessuno a venir qui.
Marchese. Ditemi: sarò solo?
Madama.   Signor sì.
Marchese. Eccola dunque...
Madama.   Grazie...
Marchese.   Adagio un poco,
Esser certo vorrei della mia pace.
Madama. Il laconico stil so che vi piace.
Marchese. Amerete me sol?
Madama.   Sì, ve l’ho detto.

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Marchese. Lo promettete voi?

Madama.   Ve lo prometto.
Marchese. Se dell’affetto mio
Questo picciolo segno ora aggradite...
Madama. Son parole di più queste che dite.
Marchese. Deh, permettete almeno,
Che possa con il mezzo
Di questo don, che vi offerisce il cuore,
La graziosa spiegar forza d’amore.
  Quest’orologio con me s’accorda:
  Mi dà la corda - quel viso bello.
  Con un martello - mi batte in seno.
  D’affetto pieno - ribatte ognor.
  Del mio cordoglio vi mostra l’ore,
  Mostra i minuti del mio dolore;
  Se il tempo tarda, sollecitatelo,
  Voi caricatelo - col vostro amor.
(le dà l’orologio, e parte

SCENA IX.

Madama, poi Carpofero.

Madama. Dica pur quel che vuole;

Ma senza allegoria,
Questa ripetizione adesso è mia.
Carpofero. (Non mi posso staccare).
Madama.   Oh, ben tornato.
È ver che risanato
Siete dalla gelosa malattia?
Carpofero. Ho scacciata dal sen la gelosia.
Madama. Bravo. Lo so il rimedio
Che ritrovato avete:
Perchè della Contessa amante siete.
Carpofero. Non è ver, ve lo dissi, e ve lo giuro.

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Madama. Giuramenti non curo.

Mi persuado e credo.
Quando cogli4 occhi io vedo.
Nè creder mi farian col giuramento
Che questa mostra d’oro fosse argento.
Carpofero. Che è quello?
Madama.   Un orologio
Che mi ha dato il Marchese.
Carpofero.   (Impertinente!)
Madama. (Lo faccio per dispetto).

SCENA X.

Il Barone e detti.

Barone. Madama, vi son servo.

Carpofero.   (Oh maladetto!)
Madama. Al Barone protesto il mio rispetto.
Barone. Con Madama vorrei, con sua licenza,
Prendermi una leggiera confidenza.
Carpofero. (Che diavolo vorrà?) (da sè
Madama. Dite pure, signor, ma brevità.
Carpofero. (Che si spicci una volta). (da sè
Barone. In segno della stima,
In segno dell’amor che vi professo...
Madama. Via, la stima e l’amor vuol dir lo stesso.
Barone. Vorrei questo giojello
Offrirvi in segno di sincero affetto.
Carpofero. (L’accetterà?) (da sè
Madama.   Le vostre grazie accetto.
Carpofero. (Brava!) (da sè, sdegnato
Barone.   Ma una finezza
Esigere vorrei, se aver si puole.
Madama. Vi potete spiegar con due parole.

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Carpofero. (Sentiamo).

Barone.   Esser con voi,
Madama, io mi consolo;
Ma vorrei...
Madama.   V’ho capito: esser voi solo.
Carpofero. (Ora mi manda via). (da sè
Barone.   Che rispondete?
Madama. Sì, vi contenterò, solo sarete.
Carpofero. (Bravissima!) (da sè, con sdegno
Barone.   Il Marchese
Temo che mi contrasti.
Madama. La parola vi do; tanto vi basti.
Carpofero. (Resistere chi può?) (da sè, agitato
Madama.   (Mi par furente).
(da sè, osservando Carpofero
Fratellino, che avete? (a Carpofero
Carpofero.   Niente, niente.
Madama. (Siete geloso ancor?) (piano a Carpofero
Carpofero.   (Geloso? Oibò!)
(piano a Madama
Madama. Son per me quelle gioje? (al Barone
Barone. A voi le do.
Ma...
Madama.   So quello, signor, che mi conviene. (al Barone
(Se geloso non sei, ti vorrò bene). (a Carpofero
  Mi fa torto chi non crede
(dirige il discorso con arte a Carpofero ancora
  Alla mia sincerità.
  Ch’io mancar possa di fede,
  Dubbio mai non vi sarà.
  Questa man tenete in pegno
  D’una bella fedeltà.
(finge di dar la mano ad uno, e la dà all’altro, e parte

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SCENA XI.

Carpofero ed il Barone.

Barone. È un bellissimo cuore

Quel di vostra sorella;
Ah, la sincerità quant’è mai bella!
Carpofero. (Sì! stai fresco anche tu). Con sua licenza.
Barone. No, non andate via.
Carpofero. (Crepo di gelosia: vedere un poco
Vuò, quand’io non ci son, quel che sa fare).
(da sè
Barone. Amico, cosa avete,
Che turbato parete?
Carpofero.   Niente, niente.
(Or mi è venuto in mente un’invenzione,
Per meglio rilevar la sua intenzione). (da sè
Barone. Ma questa, compatite,
Pare un po’ d’increanza.
Carpofero.   E che volete?
Barone. Ditemi se l’avete
Con me, con la sorella, o col Marchese
Che qui poc’anzi fu.
Carpofero. L’ho con chi l’ho; non mi seccate più. (parte

SCENA XII.

Il Barone solo.

Che manieraccia è quella?

Petronilla non par di lui sorella.
Ella è gentil, graziosa,
Piena di compitezza e leggiadria.
Essere mi ha promesso tutta mia.
Ma mi posso fidare? È un po’ difficile,

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Per dir la verità,

In donna, come lei, la fedeltà.
Prima di più inoltrarmi,
Vuò meglio assicurarmi. In questa casa
Vuò venir sconosciuto: proverò
Quel che dal di lei cuor sperar si può.
  Delle donne so che il core
  È più instabile del mar.
  Come l’onda sale e scende,
  Della donna il cor s‘ arrende,
  Con il vento suol cangiar.
  Dell’affetto - che ha nel petto,
  Io mi voglio assicurar. (parte

SCENA XIII.

Camera.

Il Marchese travestito, poi Giacinta.

Marchese. Con questi baffi, e col straniero arnese

Di capitano inglese,
Alterando la voce e la favella,
Non sarò conosciuto da Madama,
E vedrò s’è fedel, vedrò se mi ama.
Giacinta. Che vuol vossignoria?
Marchese. (La saluta.
Giacinta. Vuol la padrona mia?
Marchese.   Sì, vol Madama.
Giacinta. Ma la persona sua come si chiama?
Marchese. Capitano Chirichì.
Ie star venute qui
Per Madama, veduta in Inghilterra.
Genua star nave, e qua venir per terra.
Giacinta. (Sarà ricco l’Inglese). Favorisca...
(Non so se mi capisca...
Gl’Inglesi son persone generose).

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Avrà portato delle belle cose.

Marchese. Portar casse orologi;
Botte scatole piene argento e oro.
Fatto viaggio nell’Indie, aver tesoro.
Giacinta. Dunque, se così è,
Vi sarà qualche cosa anche per me.
Marchese. Star cameriera di Madama?
Giacinta.   Certo,
E d’avervi introdotto io sola ho il merto.
Marchese. Bene, è giusto, aspettate.
Voler donar... donar io roba molta.
(finge guardar nelle tasche
Ma non star; non aver: un’altra volta.
Giacinta. Un’altra volta, se tornar vorrà,
Si ricordi, signor, come si fa. (parte

SCENA XIV.

Il Marchese, poi Madama.

Marchese. Questa è una cameriera impertinente,

Ma la burla non vuò mi costi niente.
Madama. Che mi vuole?
Marchese.   Madama. (inchinandosi
Madama.   Riverisco. (sostenuta
Marchese. Venuto riverir. (sostenuto
Madama.   Sì, l’aggradisco.
Marchese. Sta bene?
Madama.   Bene.
Marchese.   Star Milan?
Madama.   Milano.
Marchese. Io voi pregar.
Madama.   Di che?
Marchese.   La man.
Madama.   La mano.
(gli dà da baciar la mano

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Marchese. Bella mano!

Madama.   Arrossisco.
Marchese. Aggradite amor mio?
Madama.   Sì, l’aggradisco.
Marchese. (Madama con ciascun fa la cortese). (da sè
Madama. (Quanto mi piace la maniera inglese!) (da sèé

SCENA XV.

Il Barone, travestito con caricatura da Parigino5, e detti.

Barone. Madam, votre valè. (spiritoso

Madama. Votre servan, monsieur. (brillante
Barone.   Bien oblisè.
Coman ve porte vu?
Madama. Ie me porte troebien6, mon cher monsieur.
Marchese. (Fa lo stesso con tutti). (da sè
Barone.   (È qui un Inglese), (da sè
Madama. (Piacemi assai lo spirto del Francese). (da sè
Barone. Son venuto, Madama,
Portato dall’amore.
Madama. Troppo gentile. (inchinandosi
Barone.   Vostro servitore. (inchinandosi
Marchese. Madama.
Madama.   Son da voi.
Marchese.   Bella. (con gravità
Madama.   Cortese. (con gravità
Barone. Madame, allegramant 7. (allegro
Madama.   Viva il Francese, (allegra

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SCENA XVI.

Giacinta e detti, poi Carpofero contrafatto in figura di Musico.

Giacinta. Signora, un virtuoso

Che vi vuol riverir. (a Madama
Madama. Non voglio musici8;
Non ne ho voluto mai.
Giacinta. Ha dei denari assai;
E credo ch’egli venga a queste porte,
Per volervi accordar per una Corte.
Madama. Venga dunque; sentiamo.
Giacinta.   Favorisca, (verso la scena
Madama. Puoi esser che costui ci divertisca.
Carpofero. Servo di lor signori.
Addio, ragazza mia. (a Madama
Madama. Serva divota di vossignoria. (scherzando
Carpofero. Sempre gente novella.
Madama. Signor, come s’appella?
Carpofero. Mi chiamo Simoncello,
Detto per soprannome 9 il Campanello.
Giacinta. Con quel suo bel pancione
Si dovrebbe chiamare il Campanone.
Carpofero. Questa pancia badial non impedisce
La virtù che mi rende al mondo solo.
Supero il canarino e il rusignuolo.
Marchese. Far piacer di cantare. (a Carpofero
Barone.   Si vu piè,
Monsieur trippon, chantè. (a Carpofero
Madama. Appagate, signor, la nostra brama.
Carpofero. Sì, canterò per compiacer Madama.
(portano la spinetta ecc.
  La rondinella al prato
  Volando in libertà,

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  Colla compagna allato

  Contenta se ne va.
  Ma quando la compagna
  Le invola il cacciatore,
  Col suo cantar si lagna,
  Chiedendogli pietà.
Madama. Bravo...
Barone.   Viva.
Marchese.   Tenete (lo vuoi regalare
Carpofero. Voi non mi conoscete.
Non canto per denar, ma per diletto;
Bastami di Madama il dolce affetto.
Giacinta. La mia padrona non disgusta alcuno;
Donerà del suo core un po’ per uno.
Madama. Sì, dice ben Giacinta;
Il capitano inglese,
li cavalier francese,
E il virtuoso ancora: tutti tre
Ponno la grazia mia sperar da me.
Marchese. (Ho capito che basta) (da sè
Barone.   (Sono a segno). (da sè
Carpofero. (Questa franchezza sua mi move a sdegno), (da sè
Madama.   È il mio cor di buona pasta,
  Può servir per tutti tre...
Giacinta.   Troveran, se quel non basta,
  Un bel cuore ancor da me.
Marchese.   Ie non volle compania.
Barone.   Vol madama tutta mia.
Carpofero.   Per me tutto sia l’amor.
(a tre   Tutto intero - più sincero
  Di Madama voglio il cor.

Madama.
Giacinta.
a due

Tutto, tutto chi desia,
Sempre sia - fedele ancor.

Marchese.
Barone.
a due

Altro amante aver Madama.

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Madama.   Signor no, ve lo prometto.

Carpofero.   Altro amore avrà nel petto.
Madama.   Non signor, ve l’assicuro.
Giacinta.   Ancor io per lei lo giuro.
(a cinque   Viva ognor la fedeltà.
Marchese.   Un Marchese non avete?
Barone.   Un Baron non conoscete?
Carpofero.   Col fratel come si sta?

Madama.
Giacinta.
a due

Non so niente in verità.

Marchese.   Madama garbata,

  Vi siete spiegata
  Fedele con me. (si scopre
Madama.   Vi avea conosciuto,
  Credetelo a me.
Barone.   Madama, ho capito: (si scopre
  Mi avete chiarito,
  Mi basta così.
Madama.   Vi avea ravvisato
  Da prima così.
Carpofero.   Ed io vi ho scoperto; (si scopre
  Madama, son certo
  Del vostro buon cor.
Madama.   Seguii la finzione.

Marchese.
Barone.
Carpofero.
a tre

Mai più non vi credo.
     L’usanza già vedo:
     Conosco l’amor.

Madama.
Giacinta.
a due

Codesto - è un pretesto.
     Voi siete in error.
     Placatevi.

a tre   No.

Madama.   Se placarvi ricusate,
  Che mi prema non pensate,
  Che di voi non so che far.

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Giacinta.   L’è così, signori miei,

  Qui non mancan cicisbei.
(a due   Chi non vuole, vada via,
  Che nessun si suol pregar.
 Tutti.
  Oh che rabbia, oh che dispetto!
  Ricordarmela prometto:
  Sì, mi voglio vendicar.
Marchese.   Madama. L’Inglese
  S’inchina di cor.
Madama.   Signor capitano.
  Vi mando di cor.
Barone.   Madame et il Françè,
  Troesumble serviteur.
Madama.   Monsieur, non me n’importa.
  Gli 10 dico ben di cor.
Carpofero.   Campanellino
  Vi fa un inchino.
Madama.   Col canarino
  Si parlerà.

Marchese.
Barone.
Carpofero.
a tre

Andiam fuori11
     Di questa porta.

Madama.
Giacinta.
a due

Non ce n’importa,
     No, in verità.

(a tre   Belle graziose.

(a due   Cari sguaiati.
(a tre   Povere sciocche!
(a due   Poveri pazzi!

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  Tutti

  Chi troppo vuole,
  Niente non ha.
  Troppo pretendere
  Fa poi discendere.
  Con quei che fingono
  Così si fa.


Fine dell’Atto Secondo.


Note

  1. Così Zatta. Ed. Geremìa: cascar.
  2. Manca in questo verso, o nel precedente, qualche parola.
  3. Ed. Geremia: repetizione.
  4. Zatta: con gli.
  5. Vedasi La Pelarina, vol. XXVI, p. 27 e Il Mondo della Luna, vol. XXVII, p. 532. Un finto parigino incontrasi già nel Tigrane (1715) del Lalli o Biancardi.
  6. Zatta: trebien.
  7. Zatta: allegraman.
  8. Manca forse una parola.
  9. Nelle stampe del settecento: sopranome.
  10. Nel testo: Li.
  11. Nel testo: fuor.