La ritornata di Londra/Atto III

Atto III

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Atto II Nota storica
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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Camera.

La Contessa, il Marchese il Barone.

Contessa. Tutto, tutto capisco;

Maraviglio, stupisco,
Che cavalieri, come voi gentili,
Si perdan dietro a femmine incivili.
Marchese. Questa è la prima volta,
Che il mio cor da una donna acceso fu,
E certamente non mi accendo più.
Barone. Faccio un’egual protesta:
Anche per me l’ultima volta è questa.
Contessa. Per un sì tristo esempio,
Della donna pensar mal non conviene.
Quando il merta, si dee volerle bene.
Io son libera ancora,
Non mi piacque gran cosa il far l’amore;
Ma niun si può doler di questo core.
Marchese. Se degnaste, signora,
Forse mi esibirei...
Barone. Per voi forse ad amar ritornerei.
Marchese. Ma questa poi, barone,
Voler per tutto, ove son io, cacciarvi...
Stanco è lo sdegno mio di tollerarvi.
Barone. Compatitemi, amico, io son così;
Quando vedo una donna,
Sia signora o plebea, sia brutta o bella,
Mi sento ardere il seno,
E son costretto a vezzeggiarla almeno.
  Suonar voglio il tamburo,
  Vuò batter la raccolta,

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  E tutte, una alla volta,

  Le donne han da venir.
  Mi voglio divertir;
  Ma voglio seguitar
  L’usanza militar,
  E come fa il cornetta,
  Al tocco di trombetta
  Le femmine lasciar. (porte

SCENA II.

La Contessa, il Marchese, poi il Conte.

Marchese. Il barone è indiscreto,

È volubile amante;
Io son più nell’amar fido e costante.
Contessa. Infatti, a dir il vero,
Non merta un cavaliere, come voi,
Così male impiegar gli affetti suoi.
Marchese. Se la fortuna amica,
Che conoscer mi fe sì nobil dama,
Volesse alla mia brama esser seconda...
Contessa. Che volete, signor, che vi risponda?
Conte. Che si fa qui, signora?
E chi è quel forestiere?
Marchese. Io sono un cavaliere
Che il suo cuore ha donato a questa bella.
Contessa. Lo sapete, signor, ch’è mia sorella?
Marchese. Vi domando perdono,
Libero il campo, e servitor vi sono.
  Per donna non voglio
  Nè pena, nè imbroglio.
  Mi piace - la pace,
  Vo’ libero il cor.

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  Vi bacio la mano. (allo Contessa

  Vi son servitor. (al Conte
  Fratello gentile,
  Sorella graziosa,
  Di farvi la sposa
  Si vede l’ardor.
  Miratela in viso
  Che crepa d’amor. (parte

SCENA III.

Il Conte e la Contessa.

Conte. Orsù, già vi ho capito.

Si cercherà un partito,
Per vedervi alla fin ben collocata,
Ma intanto vuò che stiate ritirata.
Contessa. E voi, che fate caso
Delle picciole cose,
Vi divertite colle virtuose.
Conte. Madama se ne va; non vuò soffrire
Che celi nel mio tetto
Col nome di fratello il suo diletto.
Contessa. Vostro danno: si bada,
Pria d’alloggiar in casa le persone.
Conte. E voi con più ragione
Regolate gli affetti in avvenire,
O vel protesto, vi farò pentire.
  No, tollerar non voglio
  Vedervi a delirar.
  Frenate quell’orgoglio:
  È vano il minacciar.
  Ad un german rispetto.
  Si desta il mio dispetto.
  Ah, sento dal furore
  Il core ad agitar. (partono

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SCENA IV.

Madama Petronilla e Giacinta.

Madama. Tant’è, voglio andar via,

Tutta la roba mia sia pronta e lesta.
Giacinta. Signora sì. (Ma una gran vita è questa).
Madama. Voglio andar a Bologna.
Giacinta.   E perchè mai
Non aspettar domani?
Madama.   Vuò partire
Subito, in questo giorno. Ho già ordinato
La carrozza, i cavalli, e quanto occorre.
L’impegno vuol così.
Giacinta. E Carpofero vien?
Madama.   Lo lascio qui.
Giacinta. Povero disgraziato!
Madama. Suo danno; mi ha stancato
Colla sua gelosia. Campanellino
Vada altrove a cercar miglior destino.
Giacinta. E avrete core in petto
Di lasciarlo capace?
Madama.   A dir il vero,
L’amo, non so negarlo.
Ma voglio per sua pena abbandonarlo.
Giacinta. Non so che dire. Avete,
Compatitemi, un cuor crudo nel petto.
Mi muove a compassione il poveretto.
  Anch’io son coll’amante
  Sdegnosa come voi,
  Ma abbandonarlo poi
  Non ho sì crudo il cor.
  Quando lo vedo piangere,
  Non posso più resistere,
  Se mi domanda amor. (parte

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SCENA V.

Madama, poi Carpofero.

Madama. Anche nel petto mio l’amor contrasta,

Ma non son poi sì tenera di pasta.
Ho detto non volerlo
Fin che geloso il veggio,
E il briccone con me fa sempre il peggio.
Eccolo, ch’egli viene;
S’inganna, affé, s’egli mi crede stolta,
Non l’accomoda più, no, questa volta.
Carpofero. Madama riverita,
Devo farle un inchino,
Per parte del signor Campanellino.
Madama. Riporti al virtuoso
Un inchino, signor, per parte mia;
E gli dica, che or ora io vado via.
Carpofero. Egli averà il vantaggio
Di servirla per viaggio.
Madama.   Oh, questo no.
Sola me ne anderò,
Dove andare la sorte mi destini,
Ch’io bisogno non ho di canarini.
Carpofero.   Voi scherzate.
Madama. Ho ordinati
  I cavalli alla posta.
Carpofero. Ed io meschino?
Madama. Voi resterete col Campanellino.
Carpofero. Possibile che siate
Così cruda con me?
Madama.   Son sì pietosa
Del mio caro frateli, grato e sincero,
Che vorrei foste musico davvero.
Carpofero. Perdonatemi, o cara; alfin l’ho fatto

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Per eccesso d’amor.

Madama.   Fu un’insolenza.
Meco più non vi voglio.
Carpofero.   No? Pazienza. (piange
Madama. (Piange quel disgraziato, e si dispera).
Carpofero. Sì, voglio andarmi a vendere in galera.
Madama. (È capace di farlo).
Carpofero.   Traditora,
Del povero cor mio...
Basta... sì, morirò... pazienza... addio.
Madama. Fermatevi.
Carpofero.   Volete
Vedermi cascar morto?
Madama. Fare a me un simil torto?
Carpofero.   Son pentito.
Madama. Sarei, se vi credessi,
Debole troppo, e stolta;
Vi pentiste così più d’una volta.
Carpofero. Giuro, e se il giuramento io faccio invano,
Possa per sempre diventar soprano.
Madama. Dal capo non potete
Trarvi la gelosia.
Carpofero.   Ve lo prometto,
Abborrisco, detesto il mio difetto.
  Se mai più sarò geloso,
  Mi punisca il dolce nume.
  Che dei vino è protettor.
Madama.   Se più turbi il mio riposo,
  Se ritorni al tuo costume,
  Vuò strapparti in seno il cor.
(a due   Ah crudel! non ingannarmi.
  Sento il core palpitarmi.
  Oh che pena! oh che dolor!
Madama.   Che dirai, - se mi vedrai
  A girar per la città,

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  Con due bei - cicisbei,

  L’un di qua, - l’altro di là?
Carpofero.   Soffrirò, - tacerò.
  Gelosia più non avrò.
Madama.   Se regali mi daranno?
Carpofero.   Ti prometto non parlar.
Madama.   Se la man mi bacieranno?
Carpofero.   Si potrebbe risparmiar.
Madama.   Sei geloso?
Carpofero.   Oibò, oibò.
  Che venghino, che donino,
  Che faccino, che brighino,
  Ch’io più non parlerò.
Madama.   Così mi piad.
Carpofero.   Così va bene.
(a due   Soffrir conviene
  Chi vuol goder.
Carpofero.   Sarò marito?
Madama.   Sei tu pentito?
Carpofero.   Sì, che lo sono, lo dico di cor.
Madama.   Sì, che ti sposo, carino d’amor.
(a due  Viva la pace, viva il contento.
  Più non mi sento - l’affanno nel cor.
partono

SCENA VI.

Piazza come nella Scena prima dell’Atto primo, col carrozzino di Madama ecc.

Il Marchese ed il Barone.

Marchese. Sì, sì, partir conviene, e darsi pace.

Barone. Quello che mi dispiace,
£ che qui siam venuti
In buona compagnia,
E soli ci convien ritornar via.

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Marchese. Ecco lì la carrozza

Con cui venuti siamo.
Barone. Madama, a quel ch’io vedo,
Vuol partir ancor essa.
Marchese. Eccola per l’appunto, ella s’appressa.

SCENA ULTIMA.

Dalla casa del Conte escono Madama Petronilla da viaggio, Carpofero, Giacinta, e tutto il seguito di Madama col bagaglio ecc.

Madama.
Carpofero.
Giacinta.
a tre

Fu breve il soggiorno
     Di questa citta.
     Di Londra il ritorno
     Pit presto si fa.

Marchese.
Barone.
a due

Madama sen va.
     Se si potesse...
     Se ci volesse...
     Tentiamo; chi sa?

Madama.
Carpofero.
Giacinta.
a tre

Presto, cocchieri,
     Presto, staffieri,
     Legate, attaccate,
     Che tosto si va.

Marchese.
Barone.
a due

Buon viaggio, signori,
     Gli usati favori
     Si ponno sperar?

Madama.   A vostro bell’agio

  Potete montar.

Marchese.
Barone.
a due

Che dice il fratello?

Madama.
Giacinta.
a due

Fratello non è.

Carpofero.   Io sono lo sposo.
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Madama.
Giacinta.
a due

Non è più geloso.

Madama.   Venite con me.
Marchese.
Barone.
a due

S’accetta il favore.

Carpofero.   (Pazienza, mio core).

  Tutti.
  Mai più del passato
  Non si ha da parlar.
  Si accomodi, andiamo;
  Si serva, mi scusi.
(facendo le solite cerimonie
  Lasciamo gli abusi,
  Ch’è tempo d’andar.
  Con vera letizia,
  Con buona amicizia,
  Torniamo a viaggiar.
(s'incamminano verso la carrozza


Fine del Dramma Giocoso.


Note