Atto I

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Personaggi Atto II
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ATTO PRIMO.

SCENA PRIMA.

Piazza con la casa del Conte da un lato.


Vedesi arrivato il carrozzino a quattro cavalli di Madama Petronilla, ed un calesse di seguito per la Cameriera ed un Cameriere, e vari Servitori di dietro di ciascun legno.

Smontano dal calesse Giacinta, ed il Cameriere, ed i Servitori tutti, e s’accostano al carrozzino, di cui apresi l’uscita.

Escono Madama Petronilla, il Marchese del Toppo, il Barone di Montefresco e Carpofero.

Dal palazzo del Conte vengono altri Servitori a ricevere Madama, invitandola ad entrare per ordine del Padrone.

Discesi tutti, s’avanzano, servita Madama dal Marchese e dal Barone.

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Madama.
Carpofero.
Giacinta.
a tre

Bel piacer. quando s'arriva
    Dopo il viaggio alla città.

Marchese.
Barone.
a due

Compagnia che sia giuliva,
    Bello il viaggio sempre fa.

Madama.   Al Baron, che mi ha onorata,

  Marchesin, bene obbligata.

Marchese.
Barone.
a due

Vostro servo.

Madama.   È sua bontà.

Carpofero.   (Se n’andran questi milordi,
  Resteremo in libertà). (da sè
Giacinta.   (Madamina fa lo stesso
  Con chi viene e con chi va). (da sè
(I Servitori del Conte escono dal palazzo, e vengono ad invitare Madama.
Madama.   Ho capito. A me l’invito
  Manda il conte Ridolfino,
  E riceverlo destino,
  Se mi dan la libertà, (al Marchese ed al Barone

Marchese.
Barone.
a due

È padrona; puoi andare.
    Vi verremo a visitare.

Carpofero.   Non si stiano a incomodar.

Madama.   Ehi, venite, fratel mio. (a Carpofero
Giacinta.   (Suo fratel, come son io). (da sè
Carpofero.   Son da voi.
Madama.   La cameriera.
Giacinta.   Son da lei.
Madama.   Il cameriere.
Carpofero.   È qui pronto. (additando il Cameriere
Madama.   I miei staffieri.
Carpofero.   Sono qui. (additando i Staffieri
Madama.   Dov’è il lacchè?
Carpofero.   Son qua tutti.
Giacinta.   Così è.

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Madama.   Dal Baron prendo licenza;

  Marchesin, fo riverenza.

Marchese.
Barone.
a due

Vostro servo; tornerò

Madama.   Obbligata vi sarò.

  Tutti.
  Riverisco. Mi comandi.
  Con rispetto, con affetto1.
  È un onore che mi fa.
Carpofero.   Che dispetto che mi fa!
(Madama, Carpofero e Giacinta entrano in casa del Conte col seguito.

SCENA II.

Il Marchese ed il Barone.

Marchese. (La grazia di Madama

Solo per me vorrei). (da sè
Barone. (Vorrei sol, se potessi, andar da lei). (da sè
Marchese. (Il Baron mi disturba). (da sè
Barone.   (Io dal Marchese
Vuò, se posso, staccarmi). (da sè
Marchese. (Mi vuò sciorre da lui). (da sè
Barone.   (Vuò congedarmi), (da sè
Marchese. Dove andate, Barone,
Ad alloggiar?
Barone.   Nol so.
Luogo ritroverò da qualche amico.
Marchese. Io soglio andar all’Osteria del Fico.
Barone. Vi potete servir come vi aggrada.
Marchese. Non restate per me, ch’io so la strada.
Barone. Eh, servitevi pur.
Marchese.   Andate pure.
Barone. (Da Madama vorrei...) (da sè

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Marchese.   (Vorrei entrare...) (da sè

Barone. (Non parte ancor?) (ja sè
Marchese.   (Non se ne vuole andare), (da sè
Barone. Madama Petronilla
Stanca è dal viaggio ancora;
Visite io credo non vorrà per ora.
Marchese. Visitarla sì presto
Sarebbe inciviltà.
Barone. (Quando parte costui?) (da sè
Marchese.   (Quando sen va?) (da sè
Barone. Io penso di venire
Passato il mezzodì.
Marchese.   Venire io penso,
Dopo aver desinato, a questa parte.
Barone. (Ma quando se ne va?) (da sè
Marchese.   (Ma quando parte?) (da sè
Barone. (Andar io mostrerò;
Poscia, quando egli parte, io tornerò). (da sè
Marchese. (Se non va, non mi stacco). (da sè
Barone.   Amico, addio.
Marchese. Addio. (S’ei se va, men vado anch’io).
(da sè, e parte

SCENA III.

Il Barone solo.

È partito il rival; voglio provarmi

D’essere il primo a visitar Madama.
Già che la sorte a caso
Me l’ha fatta conoscere viaggiando,
Voglio in questo paese
Sia servita da me, non dal Marchese.
È ver che non conosco
Il padrone di casa, ma che importa?
Voglio avanzarmi, e battere alla porta.

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SCENA IV.

Giacinta e detto.

Giacinta. Serva, signor Barone.

Barone. Dove andate,
Graziosa giovinetta?
Giacinta. Vado a cercar in fretta
Un parrucchier per la padrona mia,
Con buona grazia di vossignoria.
Barone. Ma perchè una ragazza
Mandar per la città? Non ha staffieri?
Giacinta. Essi son forestieri,
Ed io son milanese.
Pratica ho più di lor del mio paese.
Barone. Un piacere vorrei.
Giacinta.   La mi comandi.
Barone. Trovato il parrucchiere
Più bravo e accreditato,
Vorrei che sol da me fosse pagato.
Giacinta. Sì, quand’altro non vuol, sarà servita.
La padrona è compita;
Le grazie, le finezze non ricusa,
E non sdegna di far quel che si usa.
Barone. Posso andar a vederla?
Giacinta.   È presto ancora.
La lasci un poco riposar per ora.
Barone. Mi raccomando a voi.
Giacinta.   La non ci pensi;
Farò il debito mio,
Ma...
Barone.   Che vorreste dir?
Giacinta.   Ma... m’intend’io.
Barone. Credo anch’io di capire. (mette la mano in tasca
Giacinta.   Un uom di mondo

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Sa come van queste faccende qui.

Barone. Ditemi: vi ho capito? (dandole una moneta
Giacinta.   Signor sì.
(prende la moneta ridendo
Barone. Questo non è che un segno
Di quel che farò poi.
Giacinta mia, mi raccomando a voi.
  Dite a Madama
  Che di buon core
  Suo servitore
  Sono e sarò;
  E che per lei farò
  Stupir questa città.
  Dite che l’amo,
  Che mi esibisco,
  Che le offerisco
  La servitù;
  Che l’oro del Perù
  Non si risparmierà.
  Son cavalier tedesco,
  Baron di Montefresco,
  Ed ho per mio costume
  La prodigalità. (parite

SCENA V.

Giacinta sola.

Oh povero tedesco,

Con la padrona mia tu starai fresco!
Ma se prodigo egli è,
Una buona occasione è ancor per me.
Servo senza salario,
Vivo solo d’incerti, e starei male,

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Se non venisser dal destin condotti

Alle mie mani i semplici merlotti.
     Venite, pollastrelli,
          Siamo a pelare in due;
          E sa le penne sue
          Ciascuna procurar.
     Per lei le grosse piume,
          Le picciole per me.
          Abbiamo per costume
          Gli amanti spennacchiar. (parte

SCENA VI.

Camera in casa del Conte.

Il Conte Ridolfino e la Contessa sua Sorella.

Contessa. Che diavolo faceste

A ricevere in casa un tal imbroglio?
Conte. Il Conte dell’Orsoglio
Me l’ha raccomandata.
Di Londra ritornata,
Continuerà sino a Bologna il viaggio.
Qui in Milano non è che di passaggio.
Contessa. Ha tanta roba seco,
Ha tanti servitori;
Averà guadagnato dei tesori.
Conte. Certamente: mi scrivono
Che in virtù, che in bravura,
Madama Petronilla
È un portento e un incanto.
Contessa. Ma tal fortuna ha fatto poi col canto?
Conte. Come pensate dunque
L’abbia potuta far?
Contessa.   Come tant’altre
Che fatte ricche in Inghilterra intesi

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Colla conversazione degl’Inglesi.

Conte. Possibil che voi donne,
Quasi per un costume universale,
Non vogliate cessar di pensar male?
Contessa. E voi col pensar bene,
E voi sempre volete
Essere quel babbeo che stato siete?
Conte. Più rispetto, Contessa, ad un germano.
Dentro di queste porte
Il padrone son io,
Nè si parla così con un par mio.
     Dell’amor non vi abusate
          Che per voi nutrisco in seno;
          Quell’orgoglio almen frenate,
          Che può farvi disamar.
     Imputar non mi potete
          Poco amor, poco rispetto,
          Ma indiscreta allor che siete,
          Son costretto a minacciar. (parte

SCENA VII.

La Contessa, poi Carpofero.

Contessa. Pretende farsi un merito

Col rispettar discreta suora e nobile,
Come di farlo non avesse il debito.
Ma se cangierà stil su tal proposito,
Son donna, e farò anch’io qualche sproposito.
Carpofero. Servitore umilissimo
Di lei padrona mia riveritissima.
Contessa. Serva sua divotissima.
Chi siete voi, se è lecito?
Carpofero. Il mio nome è Carpofero,
Fratel di quella giovane,

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Che riceve le sue grazie pregievoli.

Contessa. (Ha maniere costui grate e piacevoli). (da sè
Carpofero. Sono venuto subito
A far seco il mio debito
Per me e per la sorella, che desidera
Di veder, di conoscere,
E d’inchinarsi alla padrona amabile.
Contessa. (Questo fratello suo parmi adorabile). (da sè
Signor, tanto non merito,
Ma se vuol favorir, l’avrò per grazia.
(Per cagion del fratel, voglio esser docile). (da sè
Carpofero. Se degna di ricevere
L’ossequio della femmina,
La prego ancora il mio rispetto accogliere.
Contessa. Tutto quel che poss’io, saprò concedere.
Carpofero. (La fratellanza mia le ho fatto credere). (da sè
Vado, se mi permette,
A dire alla sorella,
Che venga il suo dovere a far con lei.
Contessa. (Volentier col fratello io resterei). (da sè
Carpofero. Con sua licenza.
Contessa.   Avete sì gran fretta?
Carpofero. La sorella mi aspetta.
Vado, e torno di volo.
Contessa. Venir potete a favorir voi solo.
Carpofero. Verrò, signora. (La padrona anch’ella
Vuol più bene al fratel, che alla sorella). (da sè
     Tornerò, verrò, signora.
          Quando vuol, sarò da lei.
          (Oh, davver la goderei
          Di poterla innamorar!) (da sè
          Mi permetta con rispetto
          Che le dica un mio pensier:
          Fortunato il cavalier
          Possessor di tal beltà!

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  Ho viaggiato qua e là,

  Come lei non se ne dà.
  Londra, Parigi, Madrid, Barcellona,
  Vienna, Varsavia, Lione, Lisbona,
  Parma, Venezia, Firenze, Milano,
  Mestre, Malghera, Campalto Moiano2,
  No, che una dama sì bella non ha;
  Son servitore di tanta beltà. (parte

SCENA VIII.

La Contessa sola.

È gentile davvero; in grazia sua

Soffrirò la sorella, e sarò seco
Sofferente assai più che non sarei.
Per finezza maggior, vuò andar da lei.
S’ella è cortese tanto
Quanto il fratello suo, sì, mi contento,
E dei giudizi miei quasi mi pento.
  Vidi appena il vago aspetto,
  Sciolse appena il dolce labbro,
  Mi sentii ferir il petto
  Dallo stral della beltà.
  Ma son dama, e saggia sono,
  Terrò in guardia il cor nel seno;
  Al piacer non abbandono
  La preziosa libertà. (parte

SCENA IX.

Madama Petronilla, poi Carpofero.

Madama.   Londra mia, dove sei tu?

  In Italia oibò, oibò, 3

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  Non mi posso veder più.

  Dove son quegl’Inglesini?
  Dove son quei Parigini?
  Che la mano mi baciavano,
  Che veniano, e regalavano,
  E facean chi può far più?
  Londra mia, dove sei tu?
Carpofero. Cara signora Londra,
Ora siamo in Italia. Avrò finito
Di soffrire da voi sì gran martello.
Madama. Eh, lasciatemi star, caro fratello.
Carpofero. E questa fratellanza
Quando avrà da finir?
Madama.   Finirà allora
Che mi avrete a sposar, ma non ancora.
Carpofero. Ci possiamo sposar quando volete.
Madama. Geloso ancora siete.
Allor vi sposerò,
Che in voi la gelosia più non vedrò.
Carpofero. Ma come si può fare?
Come si puoi amare,
Senza aver gelosia?
Madama. Questa malinconia
Se voi non discacciate,
D’essere sposo mio, no, non sperate.
Carpofero. Ho sofferto due anni in Inghilterra.
Credea d’essere in cielo, e son per terra.

SCENA X.

Giacinta e detti.

Giacinta. Madama, a lei vorrebbe

Inchinarsi il Marchese.
Carpofero.   Eh, vada via.
Madama. Eccoci in campo colla gelosia. (a Carpofero

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Digli che venga pur. (a Giacinta

Giacinta.   Sì poverino.
(Mi ha donato egli pure uno zecchino). (da sè
Madama. Via, badate che facciano
I servitore il suo dover; che espongano
L’argenteria, le gioje,
Gli orologi, gli astucci.
La libreria da viaggio.
La musica più scelta e più perfetta,
La scimia, il papagallo e la spinetta.
Carpofero. Ed io dovrò...
Madama.   Dovrete
La guardia far, perchè non sia rubato.
Carpofero. E voi frattanto...
Madama.   Ed io
Far con i cavalieri il dover mio.
Carpofero. Se mi credono fratello,
Non sarà vostro onore,
Che mi vedano a far da servitore.
Madama. Non sarebbe gran cosa,
Che d’una virtuosa
Si vedesse il fratel far da staffiere...
Presto andate, che viene il cavaliere.
Carpofero. Ma quando avrò finito?
Quando sarete mia?
Madama. Quando vi passerà la gelosia.
Carpofero. (Ah, vuò far quanto posso,
Per divenirle sposo.
Vuò studiar di non essere geloso). (parte

SCENA XI.

Madama, indi Marchese.

Madama. Certo gli voglio bene;

Lo sposerei, s’ei fosse più corrente:

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Ma colla gelosia non farà niente.

Il cavalier sen viene.
Sostenermi vogl’io, seder conviene. (siede
Marchese. Servitore di lei.
Madama.   Serva, Marchese. (s’alza un poco
Marchese. Permette? (le chiede la mano
Madama.   Anzi. (gli4 dà la mano da baciare
Marchese.   Sta bene?
Madama. Poco.
Marchese.   È stanca dal viaggio?
Madama. Anzi.
Marchese.   Come le aggrada
L’alloggio che ha trovato?
Madama. Poco.
Marchese.   È incomodo?
Madama.   Anzi.
Marchese. Si potrà migliorar.
Madama.   Certo.
Marchese.   Se il brama,
Un alloggio migliore avrà Madama.
Madama. Anzi.
Marchese.   Ma non intendo
Questo tronco parlar; non so se voglia
Dirmi di no o di sì.
Madama. Ho appreso in Londra a ragionar così.
Marchese. Dunque vuol che si cerchi?
Madama.   Si vedrà.
Marchese. Si vedrà di cercar?
Madama.   Di restar qua.
Marchese. Se contenta è Madama,
Sono contento anch’io. (Vorrei sedere).
(guarda intorno
Madama. Ehi. Si porti una sedia al cavaliere, (ad un Servitore

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Marchese. Obbligato, Madama.

Madama.   Anzi.
Marchese.   Vorrei
Che la sorte m’offrisse
La fortuna, l’onor dei cenni vostri.
Madama. Tabacco.
Marchese.   Sì, Madama,
Eccolo immantinente.
Spagna vero. Vi piace?
Madama.   Non vai niente.
Marchese. E pure è del migliore.
Madama. Tenete. (gli dà del suo
Marchese.   È perfettissimo.
Madama. Anzi.
Marchese.   Questo tabacco,
Questa Siviglia vera
Merita una più ricca tabacchiera.
Madama. Io ne ho sedici d’oro e sei gemmate.
Marchese. Quand’è così, non parlo.
Madama. Che volevate dir?
Marchese.   Volea il coraggio
Prendermi d’offerire
Questa scatola5 mia, ma non ardisco.
Madama. E d’oro?
Marchese.   Anzi.
Madama.   Gradisco.
Nel picciolo favore
Non il dono leggier, ma il donatore.
Marchese. Dirò, non è gemmata,
Ma nel genere suo so ch’è stimata.
Madama. Ehi: vieni qui. Recala a mio fratello, (al Servitore
Che se ne serva per portar per viaggio.
Marchese. Non l’aggradite?

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Madama.   Anzi.

Marchese.   Mi par di no. (s’alza
Madama. L’aggradimento mio vi mostrerò. (s’alza
Marchese. So che son ragazzate
Per una che ha le scatole gemmate.
Madama. (Perderlo non vorrei, ch’è generoso). (da sè
Marchese. Se fui ardimentoso,
Vi domando perdono. (sostenuto
Madama. No, tenuta vi sono.
L’accetto per favore,
Ed in voi riconosco un protettore.
Marchese. (Trovato ha le parole). (da sè
Madama. (Secondo il vento navigar si suole). (da sè
Marchese. Se l’onor di servirvi io deggio avere,
Madama, il mio piacere
Suol esser l’allegria,
E all’inglese non vuò malinconia.
Madama. Veramente avvezzata
Sono alla serietà, ma per piacervi,
Caro signor Marchese,
Italiana sarò, non sarò inglese.
  Cogli amanti in Inghilterra
  Si sostien la gravità.
  Ma fra noi, all’italiana,
  So ancor io come si fa.
  Vien in Londra un milordino,
  Fa un risetto, fa un inchino,
  Un regalo, e se ne va.
  L’Italiano vuol parlare,
  Vuol cantare, vuol ballare,
  Vuol goder la società.
  So far l’amore con serietà,
  So far la pazza se occorrerà. (parte

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SCENA XII.

Il Marchese, poi Carpofero.

Marchese. Veramente mi aveva

Un pocolin seccato
Quell’anzi sussiegato,
Quel patetico vezzo,
E i regali accettar con quel disprezzo.
Se sarà all’italiana un po’ indulgente,
Io sarò, fin che posso, il suo servente.
Carpofero. (Eccolo ancora qui. Voglia mi viene,
S’egli non se ne va di questo loco,
Di pettinargli la parrucca un poco). (da sèsi
Marchese. Oh amico dilettissimo,
Vi saluto di cuor.
Carpofero.   Schiavo umilissimo.
Marchese. Dov’è andata Madama?
Carpofero. Io non lo so.
Marchese. Di qua non partirò senza inchinarla.
Carpofero. L’ha inchinata anche troppo.
Marchese.   Ella è partita
Senza darmi un addio;
Vuole il debito mio,
Che da lei non mi veda andar lontano,
Senza prima baciarle ancor la mano.
Carpofero. Colla sorella mia
Non si usa così.
Marchese.   Gliel’ho baciata
Quando a lei son venuto.
Carpofero. Fortuna vostra che non vi ho veduto.
Marchese. Perchè? Sì rigoroso
Colla sorella vostra?
Carpofero.   Io son chi sono.
Marchese. Via, caro, siate buono.
Il mio dover lo so.

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Tutto quel che potrò, son pronto a fare.

Chiedere voi potete, e comandare.
Carpofero. (Se non fosse per lei,
Ora l’ammazzerei. Mi vuò tenere). (da sè
Marchese. Vostra è la borsa mia, so il mio dovere.
  Caro, non vi sdegnate,
  Che vi regalerò.
  Via, non vi vergognate,
  Giuro ch’io tacerò.
  Veggo in quel volto amabile,
  Veggo che siete docile,
  Siete di buone viscere,
  Tutto per voi farò.
  La sorellina è bella,
  Il fratellino è caro.
  Zitto: non sono avaro;
  Tutto vi donerò. (parte

SCENA XIII.

Carpofero solo, poi Madama.

Carpofero. Oimè, che sullo stomaco

Mi sento un peso tale,
Che soffrirlo non posso, e mi vien male.
Ho da sentir di più? Bel complimento
Da fare ad un villano!
Mi tratta da birbante e da mezzano!
Madama.   Dov’è andato il Marchese?
Carpofero. Ei va cercando
La cara Madamina,
Per baciarle umilmente una manina.
Madama. E per questo? Non si usa
Quest’atto rispettoso?
Che? sareste per questo ancor geloso?

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Carpofero. Oibò; non dico niente.

Spiacemi solamente
Che fanno a voi un bell’onor costoro,
Offerendo al fratel le borse d’oro.
Madama. A gente forastiera
È lecito offerir quel che bisogna.
Carpofero. E accettar il favor...
Madama.   Non è vergogna.
Carpofero. A simili finezze io non son uso,
E se torna a offerir, gli rompo il muso.
Madama. Ed io, se seguirete
Ad esser qual voi siete,
Pazzo per ambizione e gelosia,
Ve lo giuro, davver, vi mando via.

SCENA XIV.

Giacinta e detti, poi il Barone.

Giacinta. Signora, è qui che brama

Riverirla il Barone.
Madama. Venga pure, è padrone.
Carpofero. Maladetta ancor tu colle imbasciate.
Giacinta. In verità, da ridere mi fate. (parte
Madama. Volete andar? (a Carpofero
Carpofero.   Vorrei star qui, signora.
Madama. Restateci in buon’ora.
Ma affé, che la sorella
Si vedrà, se mancasse di cervello,
Dar delle bastonate a suo fratello.
Carpofero. Questa ci mancherebbe...
Madama. Silenzio, e civiltà.
E mettiamoci un poco in gravità.
Barone. Riverisco, Madama.
Madama.   Serva.
Barone.   Amico.

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Carpofero. Servo.

Barone.   Come si sta? (a Madama
Madama.   Così e così.
Barone. Siete in buona salute? (a Carpofero
Carpofero.   Signor sì.
Barone. Avete riposato? Madama
Madama.   Anzi.
Barone.   Vi siete
Dalla stanchezza ristorato? (a Carpofero
Carpofero.   Anzi.
Barone. (Che maniera gentil poco loquace). (da sè
Carpofero. Fin che si fa così, non mi dispiace.

SCENA XV.

Giacinta e detti, poi il Marchese.

Giacinta. (Senta. Il signor Marchese

Vuol ritornar da lei). (piano a Madama
Madama. (L’incontro non vorrei... c’è qui il Barone).
(piano a Giacinta
Giacinta. (Certo son due rivali). (piano a Madama
Madama. (Non vorrei che nascesser criminali.
Fallo aspettare un poco,
Fin che celo il Barone in altro loco).
(piano a Giacinta
Carpofero. Che si dice fra voi saper vorrei.
Giacinta. Quel che si dice, non importa a lei. (parte
Madama. Signor Baron, vi prego...
Il padrone di casa
Vorrebbe visitarmi.
Barone. E Madama perciò vuol licenziarmi?
Carpofero. Sì, signor, licenziarvi.
Madama.   Non signore,

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Ma fatemi il favore.

Scusate l’increanza,
Ritiratevi un poco in quella stanza.
Barone. Volentieri, Madama, io vi obbedisco.
(va nella stanza
Carpofero. Questa, confesso il ver, non la capisco.
Madama. La capirete poi.
Marchese. Pria ch’io parta da voi,
Voglio far, o Madama, il dover mio.
(le bacia la mano
Carpofero. (Il padrone di casa!)
Marchese.   Amico, addio.
  Con amore e con rispetto
  Di Madama servitor.
  All’amico mio diletto
  Mi esibisco di buon cor.
Carpofero.   Vada pur, vada, signore,
  Ch’io la mando di buon cor.
Madama.   Obbligata del favore,
  Obbligata dell’onor.
Marchese.   Permettete. (le vuol baciar la mano
Carpofero.   (Un’altra volta!)
Madama.   Grazie a lei.
Carpofero.   (Non posso più.
  Del Barone - ha soggezione.
  Or la voglio corbellar). (tn allo di partire
Madama.   Dove andate? (a Carpofero
Marchese.   Vada pure.
Carpofero.   Con licenza. Tornerò. (parte
Marchese.   Con Madama io resterò.

Madama.
Marchese.
a due

Bell’incontro fortunato,
    Che la sorte mi concede!

  Il bel core in lei si vede,

  Si conosce la bontà.

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Giacinta.   (Con il padrone - torna il Barone).

(piano a Madama
Madama.   (Oh che briccone! - cosa sarà?) (da sè
Marchese.   Qualche scompiglio parmi vedere.
Madama.   Caro Marchese, bramo un piacere.
Marchese.   Chieda, Madama, tutto si fa.
Madama.   Viene il padrone di questa casa.
  Deh, ritiratevi.
Giacinta.   Venga con me.
Marchese.   Come? Perchè?
Madama.   Deh, ritiratevi. (spingendolo
Giacinta.   Venga con me.
(tirandolo, e lo fanno passare in altra camera

Madama.
Giacinta.
a due

Il Marchese è ritirato,
    E quell’altro corbellato

  Questa volta resterà.

Carpofero.   Venga, signore,
  Venga di qua. (al Barone
Barone.   Del favor ben obbligato. (a Carpofero
Carpofero.   (Il Marchese dov’è andato?) (da sè
Barone.   Mi ha condotto da Madama
  Il fratel per sua bontà.
Carpofero.   (Maledetto!) (da sè

Madama.
Giacinta.
a due

Se il fratello
    L’ha condotto, poverello,

  È dovere - il cavaliere

  Di trattar con civiltà.
(fanno finezze intorno al Barone
Carpofero.   Dove diavolo sarà? (va cercando
Barone.   La padrona generosa,
  E la serva ch’è pietosa,
  Il mio cor consolerà.

Madama.
Giacinta.
a due

Sì, signore, di buon core
    Per voi tutto si farà.

Carpofero.   (L’ho veduto). Venga qua. (chiama il Marchese
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Marchese.   Quest’è un inganno,

  Che a me si fa.
Barone.   Quest’è un insulto.
Carpofero.   Così si fa.
  Tutti.
  Questa sorpresa
  Non era attesa:
  Qualche scompiglio
  Cagionerà.

Marchese.
Barone.
a due

Signor Barone,
    Signor Marchese,

  Siete venuto

  Con preferenza,
  Ma l’insolenza
  Si pagherà.

Madama.
Giacinta.
a due

Zitto, signori,
    Meno rumori,

  Vada ciascuno

  Fuori di qua.
Carpofero.   Questa la godo,
  Questa mi piace.
  Tutti.
  Una fornace
  Sento nel core,
  Sdegno, livore,
  Fremer mi fa.


Fine dell’Atto Primo.


Note

  1. Zatta: Riverisco, mi comandi — Con rispetto, con affetto.
  2. Piccole terre, al tempo del Goldoni, quasi sul margine delle lagune.
  3. Mogliano, lungo il Terraglio, in provincia di Treviso.
  4. Nel testo: le
  5. Nel testo: scottola. Così dopo.