L'educazione della donna ai tempi nostri/V
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V.
L’educazione della donna nell’ambiente sociale
Nell’ambiente sociale che comprende tutte le associazioni possibili, da quelle spontanee tra amici a quelle internazionali, tutti i luoghi di ritrovo e di divertimento, tutte le istituzioni d’un popolo, la letteratura, l’arte, ecc.; nell’ambiente sociale, dico, così vario ed esteso, la donna non trova tutti gli aiuti necessari alla sua sana educazione e neppure tutto quel rispetto indispensabile ad un essere debole e delicato come lei, che deve compiere anche la più nobile e difficile missione, quella di madre.
Si lamenta spesso dagli educatori il cattivo esempio che i fanciulli e i giovanetti ricevono nelle vie e nelle piazze, per le quali passano o in cui si divertono, da persone mal educate, che non hanno ritegno di pronunziare davanti ad essi parole scostumate e oscene o di fare atti indecenti e scandalosi, ed è facile vedere quanto tutto ciò possa corrompere specialmente l’animo delle ragazze. Perciò è molto riprovevole la trascuraggine di quelle madri, che, per levarsi le figliuole d’intorno, sol perchè fanno del chiasso in casa pel bisogno naturale di muoversi, saltare e divertirsi, le mandano a giocare nella via e nella piazza vicina, senza guida di sorta, e di quelle altre che mandano frequentemente le figliuole a far delle compere dal salumaio, dal droghiere, dal beccaio, dal fornaio, dal vinaio, ecc. E andando di qua e di là, ascoltando spesso discorsi salaci in un luogo o in un altro, vedendone delle brutte, l’animo delle ragazze si guasta, e le malizie prendono il posto delle virtù. Talvolta non è difficile che esse s’incontrino con giovinastri e zerbinotti insidiatori, che rivolgono loro parole offensive o scandalose o attentano diversamente al loro pudore.
Con ciò non voglio sostenere che le giovinette e le donne in generale debbano uscir di casa sempre accompagnate da uomini pronti a difenderle, come si costuma in qualche paese. No, non v’è nessun pericolo per le giovanette e le giovani serie, come per tutte le donne che pensano ai fatti propri, ad andar senza la compagnia di genitori o fratelli nelle vie del paesello o della città ove dimorano, per recarsi a scuola, al lavoro, a passeggio o a sbrigare fuori di casa faccende indispensabili. Chi oserebbe recar offesa, nella via, ad una giovine che va pei fatti suoi? Il contegno serio di lei, il suo silenzio sprezzante alle paroline dolci insidiose, oppure le sue risposte risolute metterebbero a posto l’impertinente che osasse mancarle di rispetto.
Ma vi sono ragazze che, o per la tenera età, o per la inesperienza della vita, o per il temperamento troppo debole, si trovano impacciate a andar sole per via, qualunque sia la necessità che le spinga fuori di casa, e, all’occorrenza, non sanno essere risolute e padrone di sè. E non sarebbe certamente cosa inutile, se queste ragazze avessero, quando sono costrette a uscir da casa senza i genitori, almeno la compagnia d’una governante, d’una amica o d’una domestica per bene.
Non bisogna mai dimenticare che anche la donna più seria e più forte, esposta a frequenti insidie, e vivendo in un ambiente corrotto e corruttore, finisce col guastarsi, per la semplice ragione che la forza suggestiva dell’esempio la spinge, anche non volendo, ad imitare le azioni riprovevoli. L’ambiente sociale, se è il fattore più potente dello sviluppo dell’attività intellettiva, emozionale e volitiva dell’individuo, è anche il mezzo con cui si comunicano più facilmente i sentimenti e le azioni altrui, e se non è sano, non può essere educativo.
Diciamolo francamente, il sesso forte non ha, in generale, tutto il rispetto che si deve avere pel sesso debole, ma gentile, perchè vi sono uomini (e non pochi!), che se possono insidiare la donna per sodisfare le loro basse passioni, lo fanno sfacciatamente e menano vanto delle proprie azioni come se fossero le più nobili. E quando la donna cade e si perde, è solamente lei la colpevole. Bella morale questa! Risente dei tempi barbari, in cui la donna era considerata schiava, non compagna dell’uomo, ed a lui era permesso di farne quello che voleva.
Oh a quante insidie debbono saper resistere continuamente le donne che sono costrette ad esercitare la propria professione in mezzo ad uomini o alla loro immediata dipendenza! È raro il caso che trovino in essi dei protettori, e se volessi citare degli esempi, dovrei dirne delle brutte; ma mi contento di ricordare il poco rispetto che si ha, generalmente parlando, della giovine maestra, che si è avventurata sola ad andar a insegnare in un comune dove non ha nè parenti nè amiche. Di quale fortezza d’animo ella non deve armarsi per tutelare la sua dignità, il suo decoro, la sua onestà? E spesso non trova protezione, ma insidie, anche nei suoi superiori locali, che dovrebbero essere i suoi naturali difensori, vigili custodi del suo onore!
Se tutti gli uomini ricordassero bene la missione di madre e di educatrice che la donna deve compiere nella famiglia e nella società, la circonderebbero di maggior rispetto e non la obbligherebbero, come spesso avviene, a lavori che sciupano la salute e le fanno perdere la dignità. Non è difficile, viaggiando nella provincia romana, incontrarsi con contadine, giovani, adulte e anche vecchie, che portano in testa un fascio enorme di legna o di fieno o di biade mietute, che gli uomini delle loro famiglie non portano giammai. Oh! che le donne debbono considerarsi come bestie da soma?
Pensate al triste spettacolo che sono costrette a dar di sè, in pubblico, le donne dei giocolieri e dei saltimbanchi; pensate a ciò che si obbliga a fare alle piccole canzonettiste, che si producono (adopero la parola significante dell’uso) nei pubblici ritrovi per imitare le gesta delle più anziane del mestiere; pensate alle civetterie obbligatorie delle giovani o giovanette che si tengono nei negozi privati non per bisogno di servizio, ma per attrarre, adescare gli avventori e accrescere lo smercio delle mercanzie che si hanno in vendita, e ditemi se tutte queste cose provano il rispetto e la protezione che si deve alla donna e se giovano alla sana educazione di essa. Oggi vi sono uomini che adoperano le donne perfino nella distribuzione delle schede dei candidati politici o amministrativi davanti alle porte delle sale elettorali, affinchè influiscano coi loro sorrisi e colle loro moine sull’animo degli elettori.
Comprendo che questo non è che un espediente dei partiti, che ricorrono a tutti i mezzi per vincere gli avversarî. Ma è corretto, è onesto l’incaricare la donna di certi ufficî che, se non producono altro male, la distraggono dalle sue occupazioni e le guastano l’animo, facendole perdere il fiore soavissimo che dovrebbe adornarla sempre, il pudore, quel pudore che rende cara ogni donna, sia nubile o maritata, sia giovane o vecchia?
Bisogna pur aggiungere che anche le donne, generalmente parlando, fanno spesso delle cose che non conciliano loro il rispetto e la considerazione del sesso forte. Avete mai pensato a quella bramosìa di lusso (piaga della società e rovina di molte famiglie) che si nota anche in molte donne appartenenti alle classi operaie, e che le spinge ad imitare nella foggia del vestire le ricche signore? Avete pensato all amore intenso agli abbigliamenti e allo sfarzo che preoccupa l’animo di tante donne?...
Ponetevi, la domenica, vicino a una chiesa centrale all’ora di mezzodì, e guardate le signore che ne escono dopo aver ascoltata l’ultima messa. Molte hanno il libro delle orazioni in una mano e nell’altra relegante ventaglio, addosso la più ricca veste e in testa il cappellino più capriccioso, e si guardano di sottecchi l’un l’altra, per vedere se la propria persona possa emergere, distinguersi e attrarre gli sguardi altrui.
A quali riflessioni poco benevoli si presta questo difetto comune a tante donne, che fanno a gara per sfoggiare nel vestire e nell’abbligliarsi! A quanti commenti si presta la leggerezza femminile! La donna deve primeggiare non con lo sfoggio degli abiti, ma con le virtù dell’animo.
Che dire poi della vanità comune a quasi tutte le donne di seguire i capricci e le stranezze della moda? Il vestito più goffo si indossa, senza pensare se offende o no la decenza, quando la moda lo ha inventato, e con la stessa facilità s’indossano, in occasione di certe feste, perfino dalle signorine più giovani, abiti scollacciati, che mettono a nudo gran parte del seno e delle spalle, sol perchè la moda e l’etichetta lo permettono o lo prescrivono, siccome dicono gli eleganti.
Oh la moda e l’etichetta! Non sempre sono in armonia con la decenza e la morale, e rendono frivola e capricciosa la toletta delle signore. Non è la moda che consiglia le donne a incipriarsi o imbellettarsi il viso, a tingersi i capelli e a uscir di casa, recandosi pure a far visite, mascherate in tal modo? Non è la moda che ha inventato per le donne i giacchettini di stoffa trasparente, dei quali è comune l’uso nell’estate? E allora nella città s’incontrano facilmente per via e nei tram delle signorine che fanno mostra della nudità e rotondità delle braccia.
A che serve questa moda impudente? A mettere in mostra la persona che la segue, ad attrarre gli sguardi sopra di sè, a piacere, con la speranza di trovare l’uomo, il marito. Ma in questo modo un buon marito non si troverà mai, perchè un giovine serio non si avvicina ad una signorina sfacciata, e se, attratto dai suoi vezzi, le gira per poco intorno, non è per farla sua.
Insomma la donna deve saper tutelare maggiormente il suo decoro, la sua dignità, non cercando di parere quella che non è, ma di essere più buona che è possibile per le virtù dell’animo, e di accrescere le grazie della persona con la semplicità e la modestia nel modo di vestirsi e abbigliarsi, nel portamento, in tutto. Così, preferendo l’onore agli onori, il conforto della coscienza al favore della fortuna, rispettando maggiormente sè stessa, la donna sarà maggiormente rispettata dagli altri e piacerà di più.
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Diamo ora uno sguardo al teatro, il ritrovo più gradito a tutti, e amato e ricercato anche dalle donne.
Il teatro, mostrando in azione fatti veri o immaginati dalla fantasia dell’autore dell’opera che si rappresenta, ha quasi la stessa forma suggestiva dell’esempio, e può quindi, come questo, comunicare idee e sentimenti. Non è forse l’esempio che ci spinge nell’ambiente ad imitare dagli altri, anche senza riflettere, molte azioni buone e cattive e perfino la foggia del vestire? Avete mai notato che, vedendo piangere una persona, vi siete commosso anche voi, e le lacrime vi sono spuntate agli occhi, prima di apprendere il motivo del suo dolore? Mai v’è capitato che, assistendo ad uno spettacolo, e vedendo fuggire qualcuno, siete fuggito anche voi, senza assicurarvi se realmente un pericolo vi minacciasse?...
Grande è la forza suggestiva dell’esempio e tanto maggiore quanto pii grande è la simpatia che abbiamo, sia per ragioni d’età o per relazioni di parentela e d’amicizia, sia per sentimenti di rispetto o d’ammirazione, verso la persona da cui ci proviene. E si noti che le idee e i sentimenti, eccitati per mezzo degli esempi, spingono all’imitazione e all’azione più di qualunque discorso.
Perciò se lo spettacolo teatrale, rispettando il buon costume, mette sotto gli occhi esempi di grandi virtù, riesce certo molto educativo, perchè desta sentimenti nobili ed è una scuola di morale in azione. Ma se ha scene fosche e disgustevoli, se mette in mostra il vizio co’ suoi dolci allettamenti, diventa senza dubbio una scuola d’immoralità, perchè, come ho detto in altro capitolo precedente, tutto ciò che desta sentimenti e emozioni cattivi è uno stimolo ad azioni corrispondenti e risveglia cattive tendenze atavitiche. A dir poco, tali spettacoli disturbano i pensieri e i sentimenti buoni e generano nell’animo un’agitazione morbosa e pericolosa, che può spingere a imitare i tristi esempî veduti sulla scena, se gli spettatori sono persone che non hanno ancora una norma di condotta ferma e costante.
Pensiamo perciò quanto noccia alla sana educazione della donna il farla assistere, specialmente se nubile, alla rappresentazione di certe commedie galanti, in cui, fra il sarcasmo mordace e i detti triviali e salaci, si beffeggiano i buoni costumi e si getta il ridicolo sulla vita semplice e modesta per dar l’esempio di azioni basse e di ributtanti oscenità.
Che dire poi dell’abitudine biasimevole che v’è in molte città di condurre a teatro le ragazze, quando si rappresentano le famose operette francesi, la Donna Juanita, il Boccaccio, le Campane di Corneville, i Moschettieri in convento, ecc., le quali pare siano state scritte apposta per corrompere i costumi, unendo insieme l’oscenità dell’azione e l’allettamento della musica piacevole e • civettuola? L’arte teatrale, per essere apprezzata deve mirare al miglioramento morale della società.
E si lamenta talvolta che le donne moderne siano meno pudiche e meno oneste di quelle dell’antichità! Ma se oggi molti padri di famiglia compiacenti conducono le loro mogli e le loro figliuole ad assistere a qualunque spettacolo teatrale e, nelle serate di gala, a far anche mostra degli abiti scollacciati e degli abbigliamenti più attraenti? Essi non comprendono che il grado di moralità dell’ambiente in cui si vive ha una grande influenza sul nostro modo di pensare e sentire, e quindi anche sulle nostre azioni e sulla bontà di esse.
Anche gli spettacoli cinematografici non contribuiscono al miglioramento dei costumi, perchè, generalmente parlando, si proiettano per lo più scene che mostrano in azione vizî, delitti, drammi foschi, che turbano la serenità dell’animo e destano cattivi sentimenti. Eppure il cinematografo, essendo diventato popolale per la tenuità della spesa dello spettacolo, può diventare anche una scuola di morale, se fosse reso educativo, come è nei voti delle persone dabbene, e specialmente dei genitori, che desiderano far divertire onestamente i loro figliuoli con poca spesa.
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Ma parliamo d’altro, e dal teatro passiamo alla chiesa, alla quale accorrono frequentemente le donne per pregare e per compiere i loro doveri di religione.
A me pare che le pratiche religiose, qualunque sia la chiesa che le prescriva, abbiano di mira principalmente la preparazione alla vita futura. La speranza di una vita d’oltretomba senza dolori, senza pene, con la gioia della giustizia e del bene eterno, non è senza effetti educativi, perchè solleva l’animo dalle miserie della vita terrena e lo conforta nelle avversità. Ma questo è insufficiente per ben vivere a questo mondo, specialmente per la donna, che deve compiere i suoi doveri di madre nella famiglia e nella società.
Forse m’inganno, ma mi sembra che un fine egoistico preoccupi tutte le chiese, quello di accrescere il proprio potere per il dominio terreno, e lo veggo dallo spirito d’intolleranza che le anima. Ogni associazione di carattere religioso non pensa che al benessere della chiesa cui appartiene, e ad esso dirige la sua propaganda, dando spesso prova di tale partigianeria da considerare come propri nemici le persone che non accettano completamente le stesse credenze.
Ora io credo che le varie chiese dei culti dominanti potrebbero contribuire efficacemente all’educazione morale delle popolazioni, e specialmente delle donne, se si proponessero uno scopo più disinteressato, se mirassero, oltrechè al fine religioso, anche a quello umanitario, nel suo completo significato, senza intransigenze di sorta, tenendo conto delle condizioni della vita moderna e del progresso dei tempi.
V’è un mezzo facile per poterlo fare, volendo. In tutte le chiese, per accrescere il fervore religioso dei seguaci, si usa frequentemente di fare delle prediche o delle conferenze, come alcuni dicono oggi, le quali sono un efficace mezzo di propaganda. Pensate all’efficacia educativa che può avere la parola autorevole d’un degno ministro di religione, sulle anime credenti, raccolte nel luogo consacrato alla Divinità, e tutte intente ad ascoltarlo e a metterne in pratica i consigli; pensate alla grande virtù educativa che avrebbero le prediche, se oltre al fine di far conoscere e praticare le verità d’ordine religioso, mirassero a far conoscere e praticare le verità d’ordine morale, secondo gli ammaestramenti di Gesù Cristo, consacrati nel suo vangelo, messi in relazione coi costumi della vita moderna, e vedrete di quanta utilità possa essere l’opera disinteressata delle varie chiese nell’educazione della donna.
Ma, ripeto, un fine egoistico domina i diversi culti. Le prediche religiose riguardano per lo più soggetti di fede, e quando si riferiscono a soggetti morali e mondani, non rimangono in una sfera serena. Ho ascoltato, nelle chiese cattoliche, oratori sacri che deridevano il progresso scientifico moderno e profetizzavano la prossima bancarotta della scienza, la quale, al contrario, ci regala continuamente nuove invenzioni e scoperte, che ci empiono l’animo di maraviglia e di stupore; oratori sacri che gettavano il discredito sulle pubbliche scuole ed eccitavano! genitori a non mandarvi i figli, oratori sacri che parlavano con disprezzo dell’Italia e dei fattori della sua unità politica; e ricordo sempre le parole con cui un sacerdote finì la sua predica sul trionfo del cattolicismo: «Fa’, o Signore, che al tuo santo Vicario sia restituito l’antico potere e che tutta l’Italia si ricoveri sotto le sue grandi ali».
Nientemeno si invocava pubblicamente la grazia divina pel ritorno del potere temporale del papa e per la distruzione dell’unità nazionale! Quest’intransigenza religiosa non è in armonia col sentimento patriottico che deve riscaldare il cuore di ogni cittadino. Se la religione non riconosce il progresso dei tempi e l’integrità della patria, se non rispetta la libertà di coscienza e di pensiero, che sono le maggiori conquiste morali della società moderna, se si appassiona pel dominio di questa terra, non può contribuire efficacemente all’educazione popolare, non può contribuire specialmente a quella, delicata e difficile, della donna, da cui molto dipende l’avvenire della patria e della società.
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Molto nociva è poi all’educazione della donna la propaganda partigiana, che, illudendo le menti col miraggio di un’uguaglianza sociale irrealizzabile, propugna la così detta emancipazione della donna, quasi che questa fosse schiava dell’uomo, come una volta. Ma quali diritti civili e politici ha oggi tra noi la donna meno dell’uomo?
Riguardo ai diritti civili si può ora affermare che siano eguali a quelli dell’uomo, essendo stata riconosciuta alla donna maritata la facoltà giuridica con 1 abolizione dell’autorizzazione maritale. Riguardo ai diritti politici tutto si riduce alla mancanza del diritto elettorale e alla partecipazione della donna alla vita pubblica.
E vi sono molte donne che reclamano per sè questi diritti, o si tratta piuttosto dell’interesse di qualche partito politico? Quando penso che molti uomini sono talmente disgustati della vita pubblica, che si mettono in disparte e rifiutano qualunque carica elettiva, ho ragioni per dubitare che siano molte le donne che aspirino a diventare elettrici e ad entrare nella vita pubblica.
Oh! lasciamole in pace le donne nella famiglia, dove hanno tanto da fare, e negli ufficî atti per esse; non le distogliamo dalla missione che la natura ha loro affidata, non mettiamo nella loro mente delle idee strane, che le eccitano a fantasticare ed a nutrire desiderî che non si potranno realizzare, e teniamocele con noi uomini le amarezze, i dolori e le brutture della vita pubblica. Pensiamo che mal s’addicono alla tempra molto delicata ed eccitabile della donna, l’agitazione ed i clamori della vita pubblica, che darebbero il più vasto campo d’illusione alla sua fantasia ed aumenterebbero la sua naturale eccitabilità nervosa, la quale, avendo bisogno di freno e non di stimolo, diventerebbe proprio morbosa. E coloro che, in buona fede, parlano e scrivono di emancipazione della donna e vogliono per lei il diritto elettorale e quello di ascendere alle pubbliche cariche, si ricordino della fine del femminismo romano.
Al tempo dei costumi severi e delle virtù cittadine, la donna, benchè non godesse per legge la stessa libertà dell’uomo, era circondata di rispetto e di ossequio La madre e la sposa avevano nella famiglia quasi la stessa autorità che hanno oggidì, e l’influenza morale della donna nello svolgersi della civiltà e della potenza romana fu grande, perchè grande era la forza educativa delle sue virtù di madre, sposa, figlia, le quali esercitavano un fascino potente sugli uomini, che dalla famiglia ricevevano l’impulso maggiore ad amar fortemente la patria.
Al tempo dei costumi corrotti e dello sfruttamento delle cariche pubbliche, la donna ebbe le leggi protettrici per la propria libertà personale; ma il suo ideale non era più nella famiglia: l’ambizione della vita pubblica e degli uffici civili s’era impadronita di lei, e l’uomo la considerò come una rivale e non ebbe più per lei rispetto, ossequio e venerazione. La promiscuità dei due sessi nella trattazione degli affari pubblici contribuì a corrompere maggiormente i costumi, l’amore e l’onore della famiglia vennero meno e qtfesta si dissolvette.
A nulla valsero le leggi moralizzatrici degl’imperatori: la fiera matrona romana d’una volta, la cui austerità di vita e severità di costumi ci empiono l’animo d’ammirazione, era scomparsa. La donna nuova superava per l’impudicizia perfino l’uomo, dava prova del più ributtante cinismo decidendo nei pubblici spettacoli, col pollice verso, la sorte del gladiatore atterrato dal proprio rivale, e si abbandonava ad ogni sorta di licenza. L’ambizione la dominava e ricorreva a qualunque intrigo, a qualunque delitto per sodisfarla. Così acquistò una potenza senza limiti, fece e disfece imperatori e portò alle più alte cariche dello Stato gli uomini più volgari e abietti, da lei ben visti e protetti per basse passioni; ma così fu pure distrutta la grande organizzazione politica del più potente impero antico e con esso ebbe fine il femminismo romano.
Per me, se un’emancipazione della donna esiste, non significa altro che emancipazione dall’ignoranza, dal pregiudizio, dalla superstizione, dal male e dalla miseria. Ma v’è pure una insana propaganda che tende a spingere la donna a far la concorrenza all’uomo in tutto, negli ufficî pubblici, come nelle professioni. E che avverrà da questa concorrenza? Prima di tutto un maggior disagio economico sociale per effetto della diminuzione dei guadagni, derivante dell’accresciuta concorrenza; poi un dualismo disastroso, perchè i due sessi, contrapposti l’uno all’altro, si odieranno e si faranno guerra, con grave danno degli ordinamenti sociali, che andranno a rovina; infine la dissoluzione della famiglia.
Distolta ed allontanata la donna dall’ambiente domestico, dalla casa, dal suo regno modesto, ma importante, i matrimonî diventeranno molto più rari. «E perchè un uomo dovrebbe affrettarsi a legare la propria libertà per conquistare la donna amata?» — si domandava melanconicamente la signora Miranda, che s’occupava spesso, con articoli assennati, dell’educazione femminile. E proseguiva: «Egli si dà bel tempo; ora le donne non si conquistano più; sono per lui buone camerate; cominciano sui banchi della scuola e continuano a vivere insieme con la massima libertà... Una volta, per ottenere uno sguardo, un sorriso, un fiore dalla donna amata, bisognava sfidare le onde del mare, dare la scalata ai muri d’un giardino, affrontare la collera d’un babbo severo... Ora tutto questo sarebbe ridicolo, anzi inutile: la donna non è ella emancipata?...»
Nè solamente i matrimoni diventeranno più rari con l’allontanamento della donna dalla vita casalinga, ma la famiglia stessa si dissolverà, perchè verrà a mancare la necessaria armonia d’intenti e di volontà tra marito e moglie. È forse alla distruzione della famiglia che mirano coloro che vogliono spingere la donna fuori di essa?
Questa antica e santa istituzione ha resistito, attraverso i secoli, ad ogni rivolgimento sociale, ad ogni trasformazione politica degli Stati. Anche gli Ebrei, dispersi dal mondo, in cerca di patria e di leggi, sognando sempre la venuta d’un nuovo messia, che aspettano invano da diciannove secoli, conservano vivo il culto per gli affetti domestici.
E che cosa vorrebbero sostituire alla famiglia i sognatori di una perfetta ugualmente sociale? Ahimè! — sento dire — l’amore naturale, cioè l’unione governata solo dagli istinti inferiori, che non può essere duratura, perchè vien presto la sazietà di ogni piacere, e l’abbandono dei figli, da allevarsi, come i trovatelli di oggidì, per cura dello Stato, accentratore di ogni ricchezza e curatore di ogni bisogno sociale.
Non sono idee sane queste, ed è doloroso constatare che la propaganda interessata per la così detta emancipazione della donna mira in fondo alla distruzione della famiglia. Questa santa istituzione, che ispira i più puri affetti e i più nobili ideali, che tramanda da padre in figlio costumi, tradizioni e aspirazioni, e tien salda la compagine sociale, è l’ostacolo più grave all’attuazione del sogno dell’uguaglianza economica del cittadini, perchè da essa dipende il diritto dì proprietà. Scomparsa la famiglia, scompare pure il diritto di proprietà, si distrugge ogni savia garanzia di benessere individuale e sociale; ed è dovere di ogni cittadino, amante del bene della patria e della società, di difendere la famiglia dalle mene dei sognatori di ordinamenti sociali impossibili, che condurrebbero alla morte di ogni nobile iniziativa Individuale e di ogni alto ideale.
Non si facciano illudere le donne da chi parla loro di rivendicazione dì diritti muliebri conculcati e di uguaglianza morale e sociale dei due sessi: l’argomento di moda è l’avvenire della donna, e spesso sotto di esso si cela un fine partigiano, quello di aggiungere alla lotta.di classe la lotta del due sessi. L’ideale della donna dev’essere di conquistare la propria indipendenza economica, mediante l’istruzione e il lavoro adatto per lei, senza abbandonare la famiglia, e lo raggiungerà facilmente scegliendo «quelle sole vie che il pudore e il decoro le consigliano e nelle quali può sodisfare tutte le sue aspirazioni, senza cessare di essere donna».1 L’esercizio d’una professione non le impedisce di unirsi in matrimonio con l’uomo da essa amato e da cui è riamata, e di fondare con lui una famiglia, aprendo il suo cuore ai santi affetti di sposa e di madre.
Ma dalla lotta dei due sessi nella vita pubblica, a meno che non si sopprima l’uomo, la donna ha tutto da perdere e nulla da guadagnare. In tutti i tempi, anche quando la donna non aveva, come oggi, la sua libertà personale, l’uomo ebbe per lei rispetto e protezione, riconobbe le virtù dell’animo di lei e ne subì l’influenza; ma quando egli, che è disposto a farsi vincere più dall’amore che dalla violenza, vedrà in lei la sua competitrice, sentirà rinascere in sè gl’istinti brutali dal maschio e combatterà per non farsi sopraffare. E nella lotta apparirà la debolezza fisica, l’inferiorità materiale e le squilibrio morale della donna, perchè, per quanti sforzi essa possa fare, non potrà giammai cambiare la sua costituzione organica, dipendente da leggi naturali immutabili. Sicchè se la donna si dedicasse a uffici e cariche essenzialmente maschili, la sua influenza sull’uomo, che è stata sempre grandissima, anzichè crescere, diminuirebbe e finirebbe. E allora in che cosa ella troverebbe più la sua forza, che ora dipende dalla virtù onesta e pura, che forma il suo giusto orgoglio?
Ecco a che cosa può condurre la propaganda partigiana per l’emancipazione della donna e per il suo avvenire chimerico di una completa uguaglianza materiale e morale rispetto all’uomo; ma una giusta partecipazione di lei alla vita pubblica con il diritto elettorale non sarebbe senza utilità per il bene sociale.
⁂
Indipendentemente dalle agitazioni dei partiti politici per la concessione del voto elettorale alle donne, i quali hanno il fine di aumentare con esse le file dei loro seguaci, esistono serie organizzazioni di donne evolute e indipendenti, le quali reclamano il diritto elettorale, avvalorando la loro richiesta con ragioni inoppugnabili.
Si è concesso il voto anche al più umile operaio analfabeta, e non si deve concedere alle donne che hanno una certa istruzione e esercitano una professione o un’arte che dà loro da vivere o hanno beni di fortuna sufficienti ai bisogni della vita? Il voto di queste donne non varrebbe più di quello di tanti operai ignoranti? E non sarebbe più libero e indipendente?...
Queste donne, che hanno in generale buon senso e giudizio, porterebbero il loro contributo efficace alla scelta di buoni, candidati, e non è giusto negar loro il diritto del voto per la nomina degli amministratori del proprio Comune e della propria Provincia e dei rappresentanti al Parlamento Nazionale. Ma se il diritto elettorale si dovesse concedere a tutte le donne maggiorenni, anche alle analfabete, come si è fatto per gli uomini, anche a quelle che non lavorano neppure in casa e vivono a carico degli altri, anche a quelle che vivono nell’ignoranza e nella superstizione, per le quali sono sfruttate da chi ha interesse a non illuminarle e a non farle pensare con la propria testa, allora vi sarebbe un grave pericolo sociale, perchè il loro voto, non potrebbe essere libero e indipendente e andrebbe a benefizio di quei partiti politici che saprebbero più abilmente sollecitarlo. E poichè tutte queste donne sono forse la grande maggioranza del sesso femminile, il quale, secondo le statistiche, è più numeroso dal sesso maschile, non sarebbe difficile ai nemici delle istituzioni attentare alla vita di esse con il suffragio elettorale femminile.
Riguardo all’eleggibilità io credo che ben poche cariche pubbliche potrebbero essere efficacemente disimpegnate dalle donne, che, per le ragioni già dette, non debbono essere distratte dalle cure della famiglia. La vita pubblica appassiona, distrae dalle proprie occupazioni, ed è necessario che la donna non si allontani dalla sua casa, affinchè possa compiere la missione che la natura le ha assegnata. Del resto certi uffici pubblici, come quello di Deputato al Parlamento, sono assolutamente inadatti per lo donna. Perciò si dovrebbe consentire che occupasse soltanto quelle cariche che sono adatte alla sua natura e alla sua missione nella vita, come sono gli uffici elettivi a cui è stata chiamata per effetto della legge 4 giugno 1911 sull’Amministrazione scolastica Provinciale.
Intanto che cosa si fa per illuminare la donna e per metterla in guardia contro il pericolo a cui vogliono spingerla gl’interessati difensori dei voluti suoi diritti politici conculcati? Che cosa si contrappone all’opera insana di questi falsi apostoli del femminismo esagerato?
Nelle nostre grandi città vi sono associazioni che promuovono, in certi periodi dell’anno, delle dotte conferenze per l’istruzione e l’educazione della donna, le quali hanno alle volte il difetto di essere troppo elevate. Si promuovano anche conferenze, più utili, per l’igiene domestica, per l’allevamento dei bambini e per altri argomenti utili al governo della casa; e sa ne potrebbero far pure, da persone autorevoli, intorno alle famose rivendicazioni della donna per illuminarla, affinchè non sia traviata e spinta per una via pericolosa, che mena alla distruzione del suo prestigio morale e ad oscurare tutta l’aureola di poesia con cui è stata finora circondata.
Ma tutte le conferenze del mondo sarebbero insufficienti a preservare la donna dal pericolo di farsi illudere dalle idee abbaglianti di propagandisti interessati del suo avvenire. Occorre ben altro: bisogna pensare seriamente all’educazione femminile, senza della quale non è possibile il vero progresso sociale.
Note
- ↑ Marco Tabarrini, Letture per le giovinette.