L'educazione della donna ai tempi nostri/VI

VI. I doveri dello Stato nell'educazione della donna

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VI. I doveri dello Stato nell'educazione della donna
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VI.

I doveri dello Stato nell’educazione della donna


Le difficoltà per l’educazione della donna e l’opera dello Stato. — La scuola complementare femminile obbligatoria. — Il riordinamento dell’istruzione elementare e popolare e l’amministrazione scolastica provinciale. — La maestra rurale. — Le scuole secondarie speciali per le donne e le scuole di arti e mestieri femminili, di aziende rurali, industrie agrarie, ecc. — La riforma urgente dei programmi delle scuole complementari e normali femminili. — Lo studio eccessivo, la salute delle donne e la decadenza della razza. — La riforma dei convitti femminili normali. — L’ispezione dei convitti e degl’istituti femminili. — Garanzie necessarie per l’autorizzazione ad aprire convitti e istituti femminili. — La vigilanza dello Stato sull’istruzione ed educazione privata. — La tutela del buon costume. — Urgenza delle riforme scolastiche.


Da quello che si è detto nei capitoli precedenti appare chiaro quale e quanta importanza abbia l’educazione della donna.

Il Laboulaye dice: «Educare un uomo è formare «un individuo che nulla lascia di sè; educare una donna è formare le generazioni avvenire». Questa sentenza non mi pare interamente vera, perchè non è esatto che l’uomo non lasci nulla di sè. Non ha forse il padre di famiglia nessuna influenza sull’educazione [p. 141 modifica]dei figli? È vero che «i figli si formano sulle ginocchia. della madre», ma alla loro educazione contribuisce efficacemente anche il padre. L’educazione paterna è minima nei primi anni del fanciullo, ma cresce a misura che questi cresce in età, e diventa efficace al pari di quella materna nell’età dell’adolescenza, quando si forma la volontà e il carattere morale del giovinetto. Perciò, citando tale sentenza sul frontispizio di questo libro, ne ho omessa la prima parte.

Della verità contenuta nella seconda parte non v’è chi possa dubitare, perchè dall’educazione della donna dipende realmente quella delle generazioni avvenire. Solo bisogna ripetere che l’educazione della donna è molto difficile, e ciò appare anche chiaramente dalle cose di cui ho discorso finora. Victor Hugo disse che la donna è il problema del secolo XIX, e poichè questo problema aspetta ancora la sua soluzione, noi possiamo dire che l’educazione della donna è il problema più difficile dei tempi nostri.

Ma le grandi difficoltà esistenti per la retta, educazione della donna, dovrebbero rendere maggiori le cure delle persone e degli enti da cui essa dipende. Invece quello che si fa per questo nobile intento, nella scuola, nella famiglia; nei collegi, nell’ambiente sociale, non sembra sufficiente. Abbiamo indicato quello che sarebbe necessario; però senza la saggia opera direttiva dello Stato, l’educazione della donna non potrà avere un indirizzo conforme alla missione di lei nella famiglia e nella società.

Lo Stato, essendo l’ente che rappresenta la società legalmente costituita, ha, secondo me, non solo il dovere di tutelarne la sicurezza e la vita, ma anche quello [p. 142 modifica]di pensare seriamente all’avvenire di essa, il quale dipendendo in gran parte dall’educazione della donna ad essa deve rivolgere lo Stato le sue cure più diligenti. E questo suo grande dovere, che esige per l’adempimento l’opera più assidua e più oculata delle persone preposte alla pubblica istruzione ed educazione, apparirà maggiore quando si pensi che vi sono partiti politici molto interessati per traviare l’educazione della donna e farla servire ai loro fini.

Dall’esame fatto dell’ordinamento delle nostre scuole e istituti femminili appare che l’opera dello Stato italiano per l’educazione della donna non risponde interamente allo scopo da raggiungersi, nè ciò significa che il Governo si disinteressi dell’arduo problema. Quale era l’istruzione e l’educazione della donna alla costituzione della nostra unità nazionale, quando le scuole e i collegi femminili si potevano contare sulle dita, si rileva molto bene dalla chiara, ordinata e ben particolareggiata relazione, pubblicata dal Comm. Girolamo Nisio per l’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Ora, con la varietà delle scuole e degl’istituti esistenti, il Ministero dell’Istruzione ha aperto alle donne italiane la via degli studi in maniera che possono seguire liberamente quelli che preferiscono, secondo la propria inclinazione e le condizioni di famiglia. Basta accennare alla legge del 12 luglio 1896 sul riordinamento delle scuole normali e complementari, che avevano prima vita stentata e meschina, per vedere il gran cammino che l’Italia ha percorso finora riguardo all’istruzione e all’educazione femminile e per sperare in un avvenire migliore.

Ma tutto quello che si fa presentemente dallo Stato, [p. 143 modifica]per l’educazione della donna, è ancora insufficiente per la risoluzione del grave problema. «Il governare — dice il Tommaseo — è una grande educazione»; e bisogna migliorare, perfezionare, completare le scuole e gl’istituti femminili, esistenti e curare che il loro indirizzo educativo corrisponda completamente alla missione che la donna deve compiere nella famiglia e nella società. E per esprimere su questo proposito chiaramente il mio pensiero, riassumerò in quest’ultimo capitolo molte cose dette in quelli precedenti e dirò tutto ciò che, a parer mio, dovrebbe fare tra noi lo Stato per compiere il suo dovere riguardo all’educazione della donna.

Prima di tutto è necessario indirizzare la scuola elementare femminile al fine di preparare per tempo buone donne per la famiglia e per la patria, con una savia riforma dei programmi d’insegnamento, della quale abbiamo già parlato e con l’accrescimento della durata dell’istruzione obbligatoria.

Questa cessa, come tutti sanno, al dodicesimo anno; e fino a quell’età quale educazione efficace per la vita può dare alle fanciulle del popolo la scuola elementare? È necessario quindi accrescerne la durata e farla seguire anche da una scuola complementare festiva per le giovanette, alla scopo, non solo di continuare e ampliare l’istruzione da esse ricevuta nel corso elementare diurna, insegnando loro, per esempio, l’igiene e l’economia domestica, l’arte di governare la casa e di dirigere le industrie casalinghe e rurali, la morale pratica e i doveri e i diritti particolari della donna, [p. 144 modifica]dipendenti dalla sua speciale missione di madre e educatrice della prole; ma anche per coltivare le buone letture, che rafforzino il sentimento patrio, quello religioso, ecc. E l’istituzione di questa scuola è necessaria in tutti i comuni, anche in quelli che hanno il corso elementare fino alla 6ª classe.

Con la legge dell’8 luglio 1904, n. 407, si istituirono le scuole serali e festive per gli adulti e le adulte analfabete, ma non si pensò alla scuola complementare popolare per rendere più efficace P istruzione obbligatoria diurna. Vi è, veramente, nelle disposizioni in vigore, una scuola complementare serale e festiva, prescritta dalla legge 15 luglio 1877, che fissava l’obbligo scolastico fino al nono anno d’età e fino alla 3ª classe elementare; ma esteso l’obbligo al 12° anno e a tutte le classi elementari esistenti nel comune, e impiantata dovunque la 4ª classe diurna, per effetto della suddetta legge dell’8 luglio 1904, tale scuola complementare non ha più ragione di esistere.

La scuola complementare a cui ho accennato dovrebbe completare l’istruzione pratica della scuola elementare, sia di quella che cessa dopo la 4ª classe, sia di quella che finisce alla 6ª; essere obbligatoria fino al 15° anno, serale per i maschi, festiva per le donne, ed essere affidata agli stessi insegnanti delle scuole diurne. Quella festiva per le donne dovrebbe poi essere istituita a preferenza nei comuni rurali e nelle frazioni che hanno una sola scuola mista. Vi sono campagne abitate da una popolazione sparsa considerevole, nelle quali funziona la scuola mista di Stato, per effetto della legge sul Mezzogiorno e altre province del Regno, e in quelle campagne la scuola complementare [p. 145 modifica]festiva per le donne, obbligatoria fino al 15° anno, sarebbe come un faro luminoso per l’educazione delle giovanette del popolo, ora abbandonate a sè stesse o in balìa di chi sa attirarle per fini partigiani.

Anche nelle campagne il bisogno dell’istruzione è entrato nella coscienza popolare, e i genitori mandano spontaneamente i figli a scuola, rinunziando al piccolo guadagno del loro lavoro nei campi e nelle officine, e, compiuto il corso obbligatorio del luogo, mandano i maschi a frequentare il corso popolare nel vicino comune, obbligandoli a percorrere, a piedi, ogni giorno, un non breve percorso di via. Non vi mandano però le femmine, per i pericoli a cui sarebbero esposte nella via da percorrere, ed esse rimangono, alla fine dell’età dell’obbligo scolastico, a lavorare o nei campi, dove dimenticano l’istruzione appresa a scuola e le buone abitudini acquistate.

Per queste giovanette la scuola complementare festiva obbligatoria potrebbe fare un gran bene. Dovrebbe far applicare ai bisogni della vita, secondo le esigenze locali e le occupazioni delle alunne, il leggere, lo scrivere e il far di conti appreso a scuola, insegnare specialmente l’igiene personale, generalmente trascurata nelle campagne, e curare con le buone letture, l’istruzione morale e civile e l’educazione patriottica, in modo che la voce del dovere parli ai loro cuori, ecciti i sentimenti gentili e stimoli le buone e generose azioni. La maestra rurale sarebbe per queste future madri di famiglia popolane la sorella maggiore, l’amica sincera, la consigliera disinteressata, l’educatrice esemplare per il loro bene e per quello della società e della patria. [p. 146 modifica]

Un nuovo ordinamento è stato dato all’istruzione primaria e popolare per effetto della legge del 4 giugno 1911, n. 487, con la quale tutte le scuole elementari dei comuni che non sono capiluoghi di provincia o capiluoghi di circondari sono passate, salvo alcune eccezioni, alla dipendenza dell’Amministrazione scolastica provinciale. Si è così fatto un gran passo per l’avocazione completa della scuola elementare allo Stato, vagheggiata da tutti coloro cui sta a cuore il benessere della patria e delle libere istituzioni; ma l’istruzione e l’educazione del popolo potrà progredire soltanto quando si sarà istituita una scuola popolare che sia fine a sè stessa.

Con l’ordinamento presente si può dare un assetto definitivo alla scuola elementare fino alla 4ª classe, obbligatoria in tutti i comuni, qualora la macchina dell’Amministrazione scolastica sia resa meno pesante e più spedita ed efficace, e si trovi modo per obbligare i comuni a non negare i locali e l’arredamento scolastico.

I membri elettivi dell’Amministrazione scolastica provinciale sono troppi, e spesso avviene che agl’interessi generali si sovrappongono quelli particolari degli enti e delle persone che essi rappresentano; la disciplina degl’insegnanti ha bisogno di essere mantenuta con efficaci disposizioni, le attribuzioni del capo dell’Amministrazione devono essere aumentate, affinchè egli sia più libero e indipendente e i provvedimenti necessari più pronti ed efficaci; questi ed altri ritocchi sono necessari alla legge del 4 giugno 1911. [p. 147 modifica]

Per l’edilizia scolastica poi occorrono pronti provvedimenti, perchè in molte province, specialmente meridionali, la risoluzione di questo importante problema della scuola è appena iniziata, e i comuni si oppongono spesso all’apertura di nuove scuole per non sopportare la spesa necessaria dei locali e dell’arredamento. Perciò non di rado avviene che due insegnanti facciano la lezione giornaliera, con orario ridotto, nella medesima aula scolastica, e quale sia l’efficacia educativa di questa scuola a scartamento ridotto è facile immaginare. Una scuola senza casa e senza arredamento non è possibile, e la necessità dei provvedimenti d’ufficio per l’una cosa o per l’altra, anche contro la volontà dei comuni negligenti, è indiscutibile e urgente.

Ma, migliorata la funzione della scuola elementare fino alla 4ª classe, rimane sempre da sistemare quella delle classi 5 e 6ª, che, pur formando il corso popolare, non sono tuttavia la vera scuola popolare, fine a sè stessa, atta a formare la coscienza del futuro cittadino italiano. L’istituzione di essa, che speriamo sia presto un fatto compiuto, non esclude però la scuola complementare popolare serale par i maschi, festiva per le femmine da noi vagheggiata, anzi questa scuola, di facile attuazione, si può istituire indipendentemente dall’altra.

Dopo l’obbligo della scuola diurna è necessario per i figli del popolo che l’istruzione non sia del tutto abbandonata, specialmente dal lato educativo, ed è bene che essi frequentino nelle ore libere dal lavoro, la scuola complementare popolare, in cui il pubblico educatore continua la loro istruzione morale e civile, cura la loro educazione patriottica, li impratichisce delle scritture più comuni e dei calcoli più utili e im[p. 148 modifica]partisce loro altri insegnamenti importanti per la vita.

Questa scuola è necessaria specialmente nei comuni rurali e nelle frazioni, nelle quali non è possibile l’istituzione di un corso completo elementare e popolare; e poichè in tali comuni e frazioni non vi è, generalmente parlando, che un’unica maestra, spetta ad essa dar vita alla scuola complementare popolare festiva. Bisogna però farle un trattamento speciale per la missione che deve compiere; concederle gratuitamente l’abitazione, che spesso essa non trova a qualunque prezzo, e un’indennità di residenza conveniente, anche perchè non può vivere senza la compagnia di qualche persona della propria famiglia.

La maestra rurale può compiere nei piccoli comuni e nelle campagne una vera opera rigeneratrice per le figlie dei contadini e degli operai in genere, con grande benefizio della patria e della società; e se viene ben trattata e ben pagata può dedicarsi all’adempimento del suo dovere con vaco amore, con quello spirito di abnegazione, che è una delle migliori qualità dell’animo della donna.

Parliamo ora di quello che lo Stato dovrebbe fare per la riforma dell’istruzione secondaria femminile, la quale si può compiere facilmente, perchè non ha bisogno nè di nuove leggi nè di nuove scuole.

Vi sono però alcuni che credono necessaria l’istituzione di una speciale scuola secondaria per le donne, e qualche Deputato ne ha anche parlato, sebbene senza un pratico risultato, nel Parlamento Nazionale. Sarebbe, secondo me, una spesa inutile. Se i genitori vo[p. 149 modifica]avviare le loro figliuole ad una parte delle professioni esercitate finora solamente dagli uomini, vi sono i ginnasi, i licei, le scuole tecniche e gl’istituti tecnici, nei quali si compiono gli studî necessarî e le giovanette che vi s’iscrivono sono trattate coi riguardi dovuti al loro sesso. Se i genitori desiderano per le loro figliuole una coltura superiore a quella che di dà dalle scuole elementari possono far frequentare le scuole complementari e le scuole normali femminili, le quali esistono in tutte le provincie del Regno, sono scuole secondarie speciali per le donne e dànno una coltura estesa e, in molte parti, anche superflua tanto alle signorine che si dedicheranno all’insegnamento elementare, quanto a quelle che, diventando madri di famiglia, penseranno al governo della casa e all’educazione dei figliuoli.

Vi sono altri poi che pretenderebbero una più larga diffusione delle scuole complementari, che dànno alle giovanette una sufficiente coltura generale senza carattere professionale. Sono questi i padri di famiglia agiati, i quali pur desiderando per le loro figliuole un’istruzione più completa di quella che possono avere nelle scuole elementari, non vogliono sopportare la spesa di mandarle a studiare nella città ove trovasi la scuola complementare, o non sanno persuadersi a tenerle lontane di casa.

A parte che questi genitori potrebbero provvedere ad una completa istruzione delle loro figlie con le lezioni private, che le maestre elementari stesse potrebbero efficacemente dare, l’istruzione di una scuola secondaria femminile, qual è quella complementare di cui parliamo, nei piccoli centri, senza un assoluto bi[p. 150 modifica]sogno, senza un vero interesse generale, sarebbe causa degli stessi inconvenienti che si lamentano a proposito della larga diffusione data all’istruzione secondaria classica e tecnica.

In certe province ogni piccola città, ogni grosso comune ha il suo ginnasio, la sua scuola tecnica o tutt’e due questi istituti, che sono frequentati tanto dai figli delle famiglie agiate, i quali seguiteranno gli studi per esercitar poi una professione liberale, quanto dai figli degli operai benestanti, che vogliono dar loro una migliore posizione sociale della propria, per nobilitare, come dicono, la famiglia. Questi giovanetti prendono facilmente la licenza tecnica o la ginnasiale, avendo la scuola secondaria nel proprio paese, ma raramente possono seguitare gli studi, e dopo essere stati allontanati inutilmente dalle arti, dalle industrie e dalle officine (per le quali dovremmo avere scuole speciali molto diffuse in luogo delle scuole tecniche), si trovano senza avvenire. Allora cercano un impiego di qua e di là e, se non l’ottengono, come spesso avviene, si trovano senza avvenire, sono spostati, imprecano contro l’ingiustizia della società e vanno ad ingrossar le file dei partiti che vorrebbero distruggere gli ordinamenti sociali presenti.

Presso a poco la stessa cosa avverrebbe, se la scuola complementare secondaria femminile esistesse in ogni grosso comune. Sarebbe frequentata da giovanette appartenenti a famiglie agiate e da giovanette appartenenti a famiglie operaie. La scuola c’è in paese — direbbero queste — e perchè la devono frequentare solo le figlie dei signori? Son esse migliori delle figlie del popolo? — E per la tendenza notevole fra queste [p. 151 modifica]ragazze di parere quelle che non sono e di elevarsi all’altezza delle signore, si verificherebbe, a poco a poco, il caso che tale scuola complementare sarebbe frequentata, in massima parte, dalle figlie degli operai, le quali verrebbero così distratte dalla famiglia e dal lavoro adatto per esse e sarebbero spinte a fantasticare appresso agli studî, sognando un avvenire difficile a realizzarsi.

Queste ragazze sarebbero anch’esse spostate e, pigliando marito, si troverebbero a disagio nel governo della casa, perchè ricorderebbero magari quanti mariti ebbe Giovanna I d’Angiò, o come si estrae la radice cubica, ma non saprebbero come si prepara una buona ed economica minestra e quello che una donna savia deve fare per far amare sempre più la casa al marito e per risolvere con lui il problema della vita, del benessere della famiglia e dell’educazione dei figli.

Alle ragazze del popolo basta il minimo di coltura che può dare una scuola elementare popolare femminile ben ordinata, con la scuola complementare obbligatoria, e se nuove scuole per le giovanette si dovessero impiantare nei grossi comuni, esse dovrebbero essere scuole speciali per ii governo della casa1 e scuole d’arti e mestieri femminili, le quali potrebbero apportare grandi benefizi alle classi operaie, come ne apporterebbero alle popolazioni agricole le scuole [p. 152 modifica]femminili di aziende rurali e industrie agrarie, delle quali si sente dappertutto il bisogno, affinchè le donne possano giovarsene pel benessere delle famiglie.

Per me, una riforma urgente dell’istruzione secondaria femminile sarebbe quella dei vigenti programmi delle scuole complementari e nodali, della quale ho parlato in altro capitolo precedente.

I programmi delle scuole complementari hanno bisogno, come ho già detto, di essere sfrondati per restringere la coltura generale a ciò che è necessario a completare l’istruzione delle classi elementari femminili superiori, e per aggiungere ciò che può giovare alla donna per il governo della casa e per adempiere la sua missione speciale di madre di famiglia e educatrice della prole. Quelli della scuola normale femminile hanno bisogno di essere modificati in maniera da essere in perfetta armonia col fine che si deve raggiungere.

Accennando ad argomenti già trattati, è necessario ribadire qui alcune cose.

Se il fine della scuola normale femminile è quello di preparare buone maestre e nello stesso tempo buone madri di famiglia, perchè l’una cosa non esclude l’altra, a cui è strettamente connessa, tutto ciò che mira direttamente a questo fine deve avere nei programmi la parte più importante; il resto deve’ stare come parte accessoria, specie se non può servire neppure indirettamente di aiuto al fine medesimo. Mi pare quindi che la scuola normale debba prendere nell’ultimo biennio di essa uno spiccato carattere professionale, lasciando quello di una scuola secondaria di coltura generale, e che i programmi debbano corrispondere a questo [p. 153 modifica]scopo. Una maggiore coltura generale di quella data dalla scuola complementare può giovare certamente alla maestra elementare, ma una coltura giusta, che aiuti a raggiungere il fine suddetto e serva al buon governo della scuola e della casa. Ora, invece, pare che i programmi vigenti obblighino l’intelligenza delle giovanette a Un lavoro opprimente, danneggiandone anche la salute, proprio nell’età più difficile per il loro sviluppo fisico.

Non occorre ripetere tutto quello che s’è detto precedentemente, ma è bene aggiungere che non sembrano esagerate le preoccupazioni dei padri di famiglia per il grave lavoro mentale che la scuola moderna esige dalle ragazze, ciò che le rende anemiche, clorotiche, isteriche, nevrasteniche. Non sembrano neppure esagerate le preoccupazioni degli igienisti sul decadimento della nostra razza. Che figli daranno alla patria e alla società le donne a cui lo studio ha già rovinato la salute? «Nè pura in gradi petto alma si chiude» affermò anche il Leopardi.

La donna, per le ragioni che ho detto, si dedica con impegno agli studî e vi si appassiona, e non avendo, come l’uomo, un organismo resistente e il benefizio di frequenti esercizi corporali di moto e di svago, avviene che la sua naturale irritabilità nervosa s’accresce per effetto dell’eccessivo lavoro mentale, specie nella difficile età dell’adolescenza, e genera spesso le suddette malattie, oggi così diffuse da far temere giustamente l’indebolimento della nostra razza. Confrontate le giovanette della città, accasciate dagli studi, con quelle delle campagne, occupate nei lavori casalinghi, dopo un’istruzione, rudimentale, e vedrete come fiorisce rigo[p. 154 modifica]gliosa la salute di quest’ultime, la quale accrescerà poi il vigore della stirpe.

Ma oggi una giusta coltura generale è necessaria alla donna, sia per aspirare alle professioni liberali adatte per lei, sia per compiere bene, la sua missione naturale, e non le si può impedire di coltivare il proprio intelletto. È necessario però proporzionare i programmi d’insegnamento, oltrechè al fine di ciascuna scuola, come ho detto, anche alla natura della donna e all’età delle scolare, e non dimenticare mai che alla società e alla patria sono più necessarie le madri forti e intelligenti, anzichè quelle colte e di salute cagionevole.

D’altronde l’eccessivo lavoro mentale potrebbe essere in qualche modo giustificato, se la maggiore e più estesa coltura generale delle scuole normali femminili giovasse realmente a preparare le buone maestre: ma essa rende lo studio di ogni disciplina meno profondo e meno proficuo, perchè le cognizioni si affastellano nella mente e diventano roba indigesta, mancando il tempo per rifletterci sopra e per assimilarle, e, superati gli esami, si dimenticano facilissimamente.

Buona maestra non è chi più sa, ma chi sa bene ciò che le è necessario per l’insegnamento e per la vita, e chi ama, nello stesso tempo, con vero affetto la scuola e ha pratica della difficile arte insegnativa e educativa.

Perciò ritengo urgente la riforma dei programmi delle scuole normali femminili, secondo le idee che ho espresse più innanzi e in maniera che ogni materia d insegnamento sia in relazione col fine della scuola e abbia l’importanza e l’estensione che merita. Se, così facendo, avverrà che le discipline secondarie sa[p. 155 modifica]ranno ristrette in angusti limiti, ciò gioverà a rendere più intenso, lo studio in quelle principali e permetterà di affidare più materie allo stesso professore, il che, oltre a produrre dei vantaggi economici, renderà più educativo l’insegnamento, secondo ho già dimostrato.

Alla riforma dei programmi delle scuole complementari e normali femminili deve essere congiunto il riordinamento dei convitti annessi alle medesime scuole.

Già ho parlato della necessità che tali convitti siano resi obbligatorî pei Comuni o per le Province, dove hanno sede le scuole normali femminili, e tale necessità è sentita da tutt’i padri di famiglia che non credono conveniente affidare le loro figliuole ai convitti privati. Perciò molti di essi lamentano la mancanza dei convitti nazionali femminili, dei quali, data l’importanza dell’educazione della donna, ogni provincia dovrebbe avere il suo, e i convitti normali potrebbero farne le veci.

Ma, resi obbligatori i convitti normali, bisognerà ordinarli pure in maniera da non temere la concorrenza di quelli privati. Che cosa desiderano i genitori per i convitti femminili? Che siano diretti da donne che abbiano specchiata moralità e vero amore per 1 educazione delle fanciulle. E preferiscono talvolta i convitti religiosi a quelli laici soltanto perchè credono che le persone che li dirigono diano maggior garanzia di moralità e possano aver maggior cura per 1 istruzione e l’educazione delle loro figlie.

Ebbene, noi avremo dato a questo riguardo le maggiori garanzie possibili stabilendo che la direzione [p. 156 modifica]dei convitti normali femminili dovrà essere affidata, come ho già detto, alla direttrice o ad una delle migliori insegnanti della scuola normale, di condotta morale e civile irreprensibile, e che anche per l’ufficio di istitutrice dovranno preferirsi le migliori insegnanti della scuola medesima. Queste distinte signore, queste educatrici possono avere per le giovanette affidate alle loro cure l’affetto più vivo e possono usar loro tutte le attenzioni e i riguardi possibili, da no far desiderare alle famiglie per nessuna ragione i convitti religiosi. Talvolta sono proprio certe piccole attenzioni usate pei bisogni delle convittrici che rendono più accetti ai genitori i collegi privati. In essi, per esempio, anche le alunne più dure d’ingegno sono accudite, aiutate e spinte avanti negli studi, a differenza di quello che si fa in molte scuole secondarie pubbliche, dove non s’ha alcuna cura per le scolare che non hanno ingegno pronto e svegliato.

Dell’ordinamento interno dei convitti normali, per la sana educazione domestica, morale, religiosa, ecc. della donna, avendo già parlato, non dico altro in questo capitolo. Aggiungo soltanto che, riordinati seriamente nel modo indicato, i convitti normali potrebbero prosperare, perchè i padri e le madri di famiglia manderebbero le loro figlie a preferenza in essi, che sono continuamente sotto gli occhi e il controllo delle autorità governative, anzichè in quelli privati.

È necessario però che tutti i convitti femminili siano ogni anno regolarmente visitati e ispezionati. Quale educazione patriottica e civile dà nei convitti [p. 157 modifica]femminili alle future madri italiane? Quali sentimenti si infondono nel loro animo riguardo alla patria e alle istituzioni?... Non credo che il Governo sia in grado di dare risposte precise a queste domande.

Talvolta però avvengono dei fatti che commuovono la pubblica opinione, e allora il Governo si move, ordina ispezioni a questo e a quel collegio privato per sapere come in essi s’educano le giovanette, e poi tutto rimane nello stato di prima. Gl’istituti d’educazione femminile (educandati, orfanotrofi, ricoveri, ecc.) hanno bisogno di vigilanza da parte dello Stato.

Una volta vi erano le ispettrici regionali per gli educandati e i convitti femminili in genere, ma furono abolite, e si sostituirono le ispettrici scolastiche di circoscrizione, con le medesime attribuzioni degl’ispettori, ed ora è sentita la necessità di una speciale ispettrice in ogni provincia, perchè è indispensabile dare un assetto stabile alle ispezioni dei convitti e degli istituti femminili, affinchè lo Stato possa esercitare efficacemente il suo ufficio di vigilanza. Pensiamo che in essi si educano tante future madri di famiglia, che avranno la più grande influenza sulle generazioni avvenire, e quindi sulle sorti della patria e della società. Perciò le ispezioni dovrebbero farsi periodicamente a tutti gl’istituti d’educazione femminile ed essere diligenti, oculate, affinchè chi le compie possa formarsi un concetto esatto dell’indirizzo didattico-educativo di ciascun convitto e delle scuole private annesse.

Nè basta: le proposte fatte dalle ispettrici o dagli ispettori nelle loro relazioni, dovrebbero essere attuate. A che gioverebbe obbligare questi funzionari a riferire intorno alla visita compiuta a ciascun istituto fem[p. 158 modifica]minile, se non si dovesse prendere alcun provvedimento per migliorarne, quando è necessario, le condizioni? E se talvolta vien proposta la chiusura di qualche scuola o convitto privato, bisogna deliberarla senza riguardi a persone o ad enti interessati, essendo l’educazione della donna un fatto di grande interesse nazionale.

Oltre a ciò è necessario esigere maggiori garanzie nelle persone che debbono essere autorizzate ad aprire un convitto femminile. Il vigente regolamento per l’istruzione elementare, stabilisce che chi desidera aprire una scuola privata deve unire alla domanda d’autorizzazione «i documenti richiesti nei concorsi ai posti di maestri elementari, fra cui il diploma di maestra, un’attestazione dell’ufficiale sanitario sulla convenienza e salubrità del locale e un elenco dei libri di testo che s’intendono adottare». Quando trattisi dell’apertura di un convitto, oltre a tali documenti dovranno pure presentarsi: «la pianta dell’edificio, il regolamento interno del convitto, il programma degli studi, l’indicazione dei mezzi finanziari destinati al funzionamento dell’istituto, e l’attestazione sulla convenienza e salubrità del locale, rilasciata dal medico provinciale».

E non occorrerebbe assicurarsi, prima di concedere l’apertura d’un convitto femminile, che chi lo deve dirigere abbia una specchiata condotta morale e che, per la sua vita presente e passata, possa educare seriamente, ai bene delle famiglie e della patria, l’animo delle giovanette affidate alle sue cure? Tutti sappiamo come è facile avere un certificato di moralità, ma nè esso, nè quello di non aver mai avuto condanne pe[p. 159 modifica]nali, possono garantire che chi li ha ottenuti sia o possa divenire un educatore, o, ciò che è più difficile e più importante, un’educatrice atta a dare un sano indirizzo all’animo delle fanciulle raccolte in un collegio.

Occorrebbe quindi assumere accurate e riservate informazioni sulla vita delle persone che aspirano a dirigere un convitto femminile prima di concedere loro l’autorizzazione di aprirlo, la quale si dovrebbe assolutamente negare a chi non dà serie garanzie di moralità e di rispetto alle patrie istituzioni.

Nè, facendo ciò, si viene a limitare nessuna libertà civile o politica. V’è forse in qualcuno il diritto di educare la gioventù a proprio talento, ispirando, per esempio, il disprezzo delle leggi dello Stato e delle autorità che le fanno eseguire e sentimenti contrarii al benessere e alla grandezza della patria? Se questo diritto non esiste in nessuno, neppure nei genitori, che sono gli educatori naturali della prole, si può dare la libertà di educare a chi professa notoriamente opinioni contrarie alle istituzioni che reggono lo Stato? Sarebbe lo stesso che dare in mano ad un nemico l’arma per farsi ammazzare; e un’arma terribile è l’educazione, sia per la vita, sia per la morte di una nazione.

Nè lo Stato può disinteressarsi dell’educazione dei futuri cittadini, perchè è l’ente che rappresenta la società legalmente costituita e deve, come ho già detto, pensare alla sicurezza e all’avvenire di essa. Perciò ha il dovere di vigilare seriamente sull’istruzione e educazione privata e di assicurarsi delle qualità morali di chi deve dirigere un istituto d’educazione, e specialmente un convitto femminile. [p. 160 modifica]

Ora converrebbe far parola di un altro dovere dello Stato per l’educazione morale della donna; bisognerebbe parlare cioè della necessità di una legge che tuteli maggiormente il buon costume e ponga un freno alla facile corruzione e seduzione delle giovanette, colpendo più severamente il corruttore o seduttore, che spesso rimane impunito. Ma credo che basti questo solo accenno a tale necessità, trattandosi di una questione che tutti riconoscono giustissima e che uomini eminenti studiano, affinchè possa avere un’attuazione pratica. Passo quindi alla conclusione di quest’ultimo capitolo, la quale è anche la conclusione del libro.

Da quello che ho detto appare chiaro che grandi sono i doveri dello Stato nell’educazione della donna, che è, ripeto, il problema più difficile e più importante dei tempi nostri, e spetta a lui, che deve provvedere al benessere e all’avvenire della patria, di ordinare specialmente le scuole femminili in maniera che giovino davvero a preparare la donna alla grande missione che deve compiere come madre di famiglia e educatrice della prole. Così facendo, lo Stato potrà combattere anche vittoriosamente quei partiti che cercano di volgere ai loro fini politici l’educazione de la donna, predicando una fantastica emancipazione di lei e attentando così all’esistenza della famiglia, la più forte e seria istituzione, base degli ordinamenti sociali. Spetta pure a lui di vigilare assiduamente affinchè nelle scuole e nei collegi femminili non si trascuri l’educazione patriottica nazionale. [p. 161 modifica]

Una seria organizzazione dell’istruzione e dell’educazione pubblica e privata, specialmente popolare, e ritenuta necessaria, affinchè si possa preparare una generazione piena di senno, la quale ritenga suo principale dovere il conservare l’integrità e la libertà della patria, e suo ideale più alto la grandezza di essa, e la riforma più urgente è il riordinamento delle scuole femminili, dalle popolari alle normali, nel modo che diffusamente si è detto. Bisogna curare soprattutto che il loro indirizzo didattico-educativo sia tale da contribuire efficacemente a preparare buone e savie madri di famiglia, le quali sentano fortemente l’amor di patria e possano poi ispirare questo nobile sentimento nell’animo dei figli.



Note

  1. Credo di far cosa utile trascrivendo qui una parte del programma d’insegnamento della scuola professionale per le massaie, esistente a Ginevra (Bâtiment scolaire de la rue d’Italie). «Economia domestica: Doveri della giovinetta verso sè stessa, in famiglia e a scuola. — Principî da cui si deve far dirigere una padrona di casa. — Abitazione. — Scelta d’un appartamento. — Cura di esso, pulizia, ventilazione. — Masserizie, scelta dei mobili e loro cura. — Vestiti, guardaroba. — Tessuti diversi. — Illuminazione e riscaldamento della casa. — Alimenti. — Lavori pratici: Taglio e formazione della biancheria. — Taglio e formazione dei vestiti. — Rammendo. — Ricamo. — Bucato, smacchiatura, stiratura. — Cucina».