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giardino, affrontare la collera d’un babbo severo... Ora tutto questo sarebbe ridicolo, anzi inutile: la donna non è ella emancipata?...»

Nè solamente i matrimoni diventeranno più rari con l’allontanamento della donna dalla vita casalinga, ma la famiglia stessa si dissolverà, perchè verrà a mancare la necessaria armonia d’intenti e di volontà tra marito e moglie. È forse alla distruzione della famiglia che mirano coloro che vogliono spingere la donna fuori di essa?

Questa antica e santa istituzione ha resistito, attraverso i secoli, ad ogni rivolgimento sociale, ad ogni trasformazione politica degli Stati. Anche gli Ebrei, dispersi dal mondo, in cerca di patria e di leggi, sognando sempre la venuta d’un nuovo messia, che aspettano invano da diciannove secoli, conservano vivo il culto per gli affetti domestici.

E che cosa vorrebbero sostituire alla famiglia i sognatori di una perfetta ugualmente sociale? Ahimè! — sento dire — l’amore naturale, cioè l’unione governata solo dagli istinti inferiori, che non può essere duratura, perchè vien presto la sazietà di ogni piacere, e l’abbandono dei figli, da allevarsi, come i trovatelli di oggidì, per cura dello Stato, accentratore di ogni ricchezza e curatore di ogni bisogno sociale.

Non sono idee sane queste, ed è doloroso constatare che la propaganda interessata per la così detta emancipazione della donna mira in fondo alla distruzione della famiglia. Questa santa istituzione, che ispira i più puri affetti e i più nobili ideali, che tramanda da padre in figlio costumi, tradizioni e aspirazioni, e tien salda la compagine sociale, è l’ostacolo