I mercatanti/Appendice/Atto III

Atto III

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Appendice - Atto II Nota storica

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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Camera di Monsieur Rainmur con burò, tavolino e baulli.

Monsieur Rainmur e due Servitori.

Rainmur. (Va levando dal burò vari sacchetti di monete, e li mette in un baullo, mentre due servitori ripongono in un altro baullo i di lui vestiti: tutto facendo senza parlare.)

SCENA II.

Madamigella Giannina e detto.

Madamigella. Signor zio, mi è permesso?

Rainmur. Cosa volete? (con un sacchetto in mano)

Madamigella. Vorrei, se mi permettete, dirvi il mio sentimento sulla risoluzione che siete per fare.

Rainmur. La risoluzione è fatta; andiamo a Livorno. (mette il sacchetto nel baullo)

Madamigella. Partir di Venezia così repentinamente, parmi che sia un affronto al padrone di questa casa.

Rainmur. Ne ho ricevuti di peggio. (va al burò per un sacchetto)

Madamigella. Avete parlato col signor Pantalone?

Rainmur. Non l’ho veduto. (porta il sacchetto nel baullo)

Madamigella. Vorrebbe la convenienza, che gli parlaste.

Rainmur. Andate nella vostra camera.

Madamigella. Ma.... Signore....

Rainmur. Andate a far della vostra roba quello che qui si fa della mia. (toma al burò)

Madamigella. Mentre vi parlo, le robe mie si ripongono ne’ baulli. Rispetto gli ordini vostri.

Rainmur. Bene. (ripone un sacchetto nel baullo) [p. 162 modifica]

Madamigella. Vorrei soltanto che vi compiaceste lasciarmi dir due parole.

Rainmur. Parlate. (si ferma ad ascoltarla)

Madamigella. Bramerei sapere prima di tutto per qual dispiacere volete allontanarvi da questa casa.

Rainmur. Mi hanno insultato.

Madamigella. Ma chi vi ha insultato? Il signor Pantalone?

Rainmur. No; il suo figliuolo.

Madamigella. Qual colpa ha il padre nelle debolezze del figlio?

Rainmur. Tutti due sono nella medesima casa. Non soffrirei altre ingiurie senza risentimento.

Madamigella. Finalmente il signor Pantaloncino è giovine; merita essere compatito.

Rainmur. Voi lo difendete, perchè l’amate. (va al burò)

Madamigella. Se anche l’amassi, non potreste di ciò riprendermi.

Rainmur. Egli è un pazzo. (voltandosi a lei)

Madamigella. Le pazzie della gioventù si correggono.

Rainmur. Con tutta la vostra filosofia diverreste pazza peggio di lui, se io non vi provvedessi. (va al burò)

Madamigella. Se amore si può dire pazzia, pochi saranno li savi, signor zio.

Rainmur. Non so compatirvi. (camminando con un sacchetto verso il baullo)

Madamigella. Eppure voi mi dovreste compatire più d’ogn’altro.

Rainmur. Perchè? (voltandosi col sacchetto in mano)

Madamigella. Signore, vi domando perdono.

Rainmur. Perchè? Parlate.

Madamigella. Perchè con tutta la vostra austerità so che amate anche voi.

Rainmur. Io?

Madamigella. Sì signore, perdonatemi. Voi amate.

Rainmur. Come potete... (corre a mettere il sacchetto nel baullo, poi torna) Come potete voi dirlo?

Madamigella. Amore non si può tenere nascosto.

Rainmur. Credete voi che io ami madamigella Beatrice?

Madamigella. Lo credo con fondamento. [p. 163 modifica]

Rainmur. Se io l’amassi, amerei una figliuola che merita essere amata. (va verso al burò)

Madamigella. Ed io...

Rainmur. E voi amereste un pazzo. (voltandosi, poi va al burò)

Madamigella. L’amor mio sarà sempre più virtuoso del vostro.

Rainmur. Perchè? (voltandosi stando al burò)

Madamigella. Perchè io amo con costanza uno che, secondo voi, non lo merita, e voi abbandonate per un pontiglio una persona degna dell’amor vostro.

Rainmur. Il mio abbandonamento non le fa alcuna ingiuria. (prende il sacchetto)

Madamigella. Ma la mortifica, e la fa piangere.

Rainmur. Piange madamigella Beatrice? (col sacchetto in mano si ferma)

Madamigella. Sì; fa compassione.

Rainmur. Perchè piange? (dolce)

Madamigella. Per quella ragione istessa per cui io piangerei, se lasciassi il di lei fratello.

Rainmur. Beatrice non ha per me quell’amore che voi avete per codesto discolo malcreato. (s’incammina verso il baullo)

Madamigella. Io non so che si pianga per una persona che non si ami.

Rainmur. Piange? (con tuono compassionevole)

Madamigella. Sì: per voi.

Rainmur. (Senza parlare va lentamente al baullo, poi si volta) Piangerà per le disgrazie della sua casa.

Madamigella. A me ha confidato il motivo delle sue lacrime.

Rainmur. Credete che ella le versi per me?

Madamigella. Certamente.

Rainmur. Voi mi adulate. (ripone il sacchetto nel baullo, risoluto)

Madamigella. Eccola. La vedete? (accenna di vederla da lontano)

Rainmur. Non mi pare che pianga.

Madamigella. Ha gli occhi rossi. Il timore suol trattenere le lacrime.

Rainmur. Osservate. Ella vi chiama.

Madamigella. Mi permettete, che io la faccia venir qui? [p. 164 modifica]

Rainmur. Cerca di voi, non cerca di me. (va al baullo, voltandosi dall’altra parte)

Madamigella. Mi fa cenno che vorrebbe parlarvi.

Rainmur. Nipote, voi vi prendete spasso di me. (voltandosi)

Madamigella. Perdonatemi: non ardirei di farlo. Amica, volete me, o il signor zio?

Rainmur. (Sì volta, come per rossore.)

Madamigella. Desidererebbe parlar con voi.

Rainmur. Con me?

Madamigella. Sì signore; se non volete ascoltarla, unirà anche questo agli altri favori di uno che mostrava d’amarla.

Rainmur. Fatela venire. (va a chiudere il burò)

Madamigella. (Chi sa? S’egli avesse compassione della sorella, potrei anch’io aver tempo di guadagnare il fratello). (da sè, via)

Rainmur. (Chiuso il burò, va per chiudere il baullo) Ehi, partite. (alli servitori, che partono) L’amo, ma non le ho mai detto d’amarla. Queste donne conoscono troppo bene i movimenti degli occhi. (chiude il baullo) Eccola.

SCENA III.

Beatrice e Monsieur Rainmur.

Beatrice. Monsieur Rainmur. (inchinandosi

Rainmur. Madamigella. (con bocca ridente)

Beatrice. Perdonate l’ardire.

Rainmur. Mi fate onore.

Beatrice. Son qui venuta...

Rainmur. Perdonate. (va per due sedie)

Beatrice. (Madamigella Giannina mi ha bene instruita, ma non so se riuscirò). (da sè)

Rainmur. Accomodatevi.

Beatrice. Anche voi.

Rainmur. (Con un risetto s’inchina, e siede.)

Beatrice. Monsieur, sono venuta ad augurarvi il buon viaggio.

Rainmur. Ben obbligato. (con riverenza gioiale) [p. 165 modifica]

Beatrice. Possibile che ci vogliate abbandonare sì presto?

Rainmur. Vi ho dato un incomodo di quattro mesi.

Beatrice. Ma dunque, perchè partire?

Rainmur. Perdonate.

Beatrice. Forse per le leggerezze di mio fratello?

Rainmur. Le sue leggerezze pesano molto a chi sente l’onore.

Beatrice. Mio fratello sarà la rovina di questa casa.

Rainmur. Me ne dispiace infinitamente.

Beatrice. Mio padre è fuor di se stesso.

Rainmur. Il signor Pantalone è onest’omo.

Beatrice. Povero vecchio, piange amaramente.

Rainmur. Me ne dispiace infinitamente.

Beatrice. Mio fratello principia a conoscer i suoi disordini, e si vergogna di se medesimo, e piange unitamente a suo padre.

Rainmur. Padre buono di un figliuolo cattivo.

Beatrice. Io poi sono la più afflitta di tutti.

Rainmur. Voi? Perchè?

Beatrice. Ho troppe cose che mi tormentano.

Rainmur. E quali sono, madamigella?

Beatrice. Il padre.

Rainmur. Bene.

Beatrice. Il fratello.

Rainmur. Sì.

Beatrice. La casa.

Rainmur. Giustamente.

Beatrice. E un’altra cosa che non ardisco di dire.

Rainmur. Se non ardite dirla, crederò che non vi convenga, ne io vi importunerò per saperla.

Beatrice. Certamente sarete poco curioso di quelle cose che non vi premono.

Rainmur. Se si tratta del vostro bene, questo è quel che mi preme.

Beatrice. Eh monsieur Rainmur, voi sapete fare de’ complimenti.

Rainmur. No, madamigella, non ne so fare. Amo la verità.

Beatrice. Per questo, perchè amate la verità, capisco che non vi curate di persona alcuna di questa nostra famiglia. [p. 166 modifica]

Rainmur. Perchè pensate questo?

Beatrice. Perchè volete partire; perchè, partendo, non avete riguardo di rovinar una casa, di uccidere un vecchio, e di portar via il cuore di una... (si copre gli occhi col fazzoletto)

Rainmur. Seguitate. (dolce)

Beatrice. Perdonatemi.1(come sopra)

Rainmur. Ditemi. Qual è quel cuore, che io porto meco?

Beatrice. Il mio. (s’alza)

Rainmur. Madamigella.... Io non sono sì fortunato.

Beatrice. Così foste meno crudele.

Rainmur. Oh, voi mi adulate.

Beatrice. Mi conoscete poco.

Rainmur. Madamigella, perdonate; non vorrei che voi diceste di amarmi, perchè il vostro amore avesse da obbligarmi a rimettere la vostra casa.

Beatrice. Monsieur, mi meraviglio che abbiate coraggio di pensare sì malamente di me. Se non vi amassi, vi volterei le spalle per mai più rivedervi.

Rainmur. Perdonate, perdonate, madamigella. L’amor delle donne mi è sempre stato sospetto.

Beatrice. Voi non mi conoscete.

Rainmur. E come... E come posso fare a conoscervi?

Beatrice. Ponete l’amor mio alla prova.

Rainmur. Voi non verreste meco a Livorno?

Beatrice. Ci verrei subito, quando foste mio sposo.

Rainmur. Lasciareste il padre e il fratello?

Beatrice. Per voi? Tutti.

Rainmur. Senza obbligar me a far loro del bene?

Beatrice. Perchè obbligarvi? Non sarebbe poco, se vi degnaste di fare la mia fortuna.

Rainmur. Pretendereste che io vi facessi una dote?

Beatrice. Io non vi chiederei altro che il vostro cuore.

Rainmur. (Mi pare ch’ella mi ami senza interesse). (da sè) [p. 167 modifica]

Beatrice. (L’amica mi ha bene avvertita, che non lo tocchi nella sua borsa).

Rainmur. Madamigella, voi non mi avete mai detto nulla...

Beatrice. A me non conveniva di farlo.

Rainmur. Perchè ora lo fate?

Beatrice. Perchè, se voi partite, ogni speranza è perduta,

Rainmur. (Ha ragione). (da sè)

Beatrice. (Fortuna, aiutami).

SCENA IV.

Brighella e detti.

Brighella. Se pol vegnir? (di dentro

Rainmur. Cosa vuoi?

Brighella. La perdoni; el me padron... La padroncina? la compatissa. (avvedendosi di Beatrice)

Beatrice. Cosa vorresti dire?

Brighella. Niente, signora...

Rainmur. Cosa vuoi?

Brighella. El me padron desidera darghe un poco d’incomodo, se se pol.... (guardando Beatrice)

Rainmur. Dove vi è la figliuola, può venire il padre liberamente.

Brighella. Benissimo. (Questo saria un matrimonio utile per el mio padron. Se monsù se contentasse de barattar la so tela d’Olanda in tanta tela carnizza2). (da sè, e parte)

Beatrice. Signore, io partirò.

Rainmur. Potete restare.

Beatrice. Non ho per mio padre così poco rispetto.

Rainmur. (Buona figliuola). (da sè)

Beatrice. Vi prego non formare di me sinistro concetto.

Rainmur. Perchè questo?

Beatrice. Perchè vi ho spiegato liberamente il mio cuore.

Rainmur. Io non penso male di chi dice d’amarmi. [p. 168 modifica]

Beatrice. Ma siete però un ingrato.

Rainmur. No, madamigella, non lo sono.

Beatrice. Lo vedremo.

Rainmur. Lo vedrete.

Beatrice. Ecco mio padre. Vi son serva.

Rainmur. Vostro servitore, madamigella.

Beatrice. (Ah fortuna, non mi ingannare). (da sè)

Rainmur. In questa casa tutti non somigliano a madamigella Beatrice. Ella ha delle massime...

SCENA V.

Pantalone e detti.

Rainmur. Monsieur Pantalone, vostro servitore obbligato.

Pantalone. Monsù Rainmur, compatime se vegno a desturbarve.

Rainmur. Mi fate onore.

Pantalone. Me deu licenza che me senta?

Rainmur. Sì, comodatevi, lo farò ancor io. (siedono)

Pantalone. (No so da che cao prencipiar...). (da sè)

Rainmur. Volete fumare una pipa?

Pantalone. Ve ringrazio. Avanti disnar no fumo, e po no son qua, caro amigo, per conversazion, ma per discorrer3 con serietà. Oh Dio! Se tratta de assae, doneme un quarto de ora per carità.

Rainmur. Parlate quanto vi piace. Voi meritate bene di essere ascoltato.

Pantalone. Monsù Rainmur, bisogna levarse la maschera, e parlar schietto. Stamattina m’avè promesso diese mille ducati. M’ave promesso vegnirmeli a scriver in banco; v’ho aspettà fina squasi a mezzodì de Rialto, e no v’ho visto a vegnir. Capisso dalla vostra tardanza, da quel che avè dito a Brighella, e da altre cosse seguide, che se pentìo de darmeli, e no so se siè in caso de effettuar la promessa. Mi certo no v’ho dà motivo de pentimento, onde pareria che un omo onesto della vostra sorte [p. 169 modifica] me dovesse mantegnir la parola; e se qualcun de casa mia v’ha offeso, gh’avè ben rason de pretender soddisfazion, ma no ve poderessi esimer per questo da quella fede che tra i marcanti se osserva, quando uno all’altro promette. No credè però che vegna per rimproverarve de una mancanza, nè per obbligarve a mantegnir la parola. I diese mille ducati, che m’ave promesso fidarme al sie per cento, ve li ho domandai in una maniera ganzante, senza mostrar de averghene gran bisogno, e voggio creder, che no pensando che una tal mancanza me possa pregiudicar, abbiè sorà in una materia dell’ultima delicatezza. Caro amigo, ve parlo adesso con un altro linguazo, ve mostro le mie piaghe, ve averzo el cuor, e me butto in ti vostri brazzi. Dei diese mille ducati ghe n’ho bisogno: tre lettere de cambio, che scade in ancuo, mette in pericolo la mia fede, el mio credito, l’esser mio; e vu solo me podè agiutar. Sì, vu me podè agiutar, senza vostro pericolo e senza paura de perderli, anzi con tutta la sicurezza de recuperar in manco de un anno el pro e el capital. Vederè el mio bilanzo. Gh’ho dei crediti boni, gh’ho dei capi vivi in negozio. Son piuttosto soran, ma savè che no se fallisse tante volte per trovarse al de sotto, ma per causa de un creditor indiscreto, che senza carità e senza legge, volendo i bezzi sul momento che el li domanda, precipita un omo d’onor. Mi son in sto caso; ve esebisso i mi libri, el mio negozio, le chiave dei mi magazzeni, e ve domando sti diese mille ducati per salvezza della mia povera casa, per la reputazion del mio povero nome. Caro monsù Rainmur, mio fio, quel desgrazià de mio fio, v’ha desgustà, v’ha offeso, e se podesse scancellar col mio sangue le vostre offese, ghe n’ho poco, ma tutto ve lo daria per moverve a compassion. Un fio traditor, dopo averme consumà tanto, dopo averme squasi precipità, me priverà anca de quell’unico amigo, che me restava per conforto delle mie estreme necessità? L’averia scannà colle mie man, se dopo i flagelli de sta vita, no me spaventasse quelli dell’altra. Ma caro amigo, separé el padre dal fio. Odiè chi merita; amè chi ve ama. [p. 170 modifica] Lasseme castigar a mi quell’ingrato, e vu moveve a pietà de sto povero vecchio, che colle lagrime ai occhi ve prega de agiuto, de soccorso, de carità.

Rainmur. Monsieur Pantalone, andiamo a Rialto. (s’alza)

Pantalone. A Rialto? A che far? Xe passa l’ora: no ghe xe più nissun.

Rainmur. Fatemi vedere li vostri conti.

Pantalone. Subito. Andemo in mezza.

Rainmur. Datemi la vostra mano.

Pantalone. Eccola. (sì prendono per la mano)

Rainmur. Giuratemi sul vostro onore di non celarmi la verità.

Pantalone. Ve lo zuro sull’onor mio...

Rainmur. Andiamo. Io vi voglio aiutare. (via)

Pantalone. Sieu benedetto. Omo veramente d’onor. Bon amigo, vero amigo. Cauto sì, ma sincero. Vero mercante, specchio dei galantomeni. Semenza bona dei nostri vecchi, boni per se stessi, boni per i so amici, che unisse perfettamente all’onesto interesse la giustizia, la moderazion e la carità. (via)

SCENA VI.

Altra camera.

Pantaloncino finto e Brighella.

Pantaloncino. (Con uno stile alla mano, che vuole uccidersi...)

Brighella. La se ferma, signor... No la fazza... Sior Pantaloncin, per amor del cielo... Cossa fala de sto stilo?... No la daga in desperazion... (lo va trattenendo, coprendogli il viso in maniera che il popolo non lo veda bene, e lo creda, il vero Pantaloncino, il quale va rinculando fin dentro la scena da dove esce Pantaloncino col medesimo stile alla mano, trattenuto similmente da Brighella.

Pantaloncino. Lasseme andar, ve digo.

Brighella. Mo cossa vorla far?

Pantaloncino. Me vôi cazzar sto ferro in tel cuor.

Brighella. La se ferma... Perchè sta desperazion? [p. 171 modifica]

Pantaloncino. Sì, son desperà. (si libera da Brighella)

Brighella. Agiuto, zente.

Pantaloncino. Va da mio pare. Dighe che el sarà contento. (in atto di volersi ferire)

Brighella. Aiuto.

SCENA VII.

Madamigella Giannina e detti.

Madamigella. Cos’è questo?

Pantaloncino. Ah madamigella, andè via, per carità.

Madamigella. Oh Dio! Quel ferro...

Brighella. Signora, el se vol mazzar.

Madamigella. Come! Un giovane della vostra sorte...

Pantaloncino. Cara fia, no me tormentè.

Madamigella. Datemi quel ferro. (con autorità)

Pantaloncino. Ve prego...

Madamigella. Indiscreto, incivile. Voglio quel ferro.

Pantaloncino. Ah! (getta il ferro in terra, e vuol partire)

Madamigella. Fermatevi. (con autorità)

Pantaloncino. (Si getta a sedere senza parlare, e si copre il volto col fazzoletto)

Brighella. (Gran forza che gh’ha le donne! Le arma e le disarma co le vol ele). (da sè; prende lo stile di terra, via)

Madamigella. Vergogna! La disperazione è un effetto dell’ignoranza. Ora principio a credere che siate pazzo davvero.

Pantaloncino. Mo lassème star. Le vostre parole le ponze più de quel ferro che m’avè fatto lassar.

Madamigella. Ascoltatemi.

Pantaloncino. Son qua. No posso star in piè.

Madamigella. Sederò anch’io.

Pantaloncino. Son tutto in t’un’acqua, (si asciuga col fazzoletto)

Madamigella. Via. Piangete?

Pantaloncino. No pianzo. Sudo.

Madamigella. Posso sapere la causa della vostra disperazione? [p. 172 modifica]

Pantaloncino. Mio padre m’ha dito cosse che m’ha fatto terror. No credeva mai che la casa fusse in sto stato. No credeva che i mi desordini fusse arrivai a sto segno. Ho visto le nostre piaghe, e ho visto un povero vecchio, che m’ha dà l’essere, per causa mia in precipizio, ruvinà, desperà; e mi ho da veder coi mi occhi el mio povero pare fallio, despoggià, in preson per causa mia? No gh’ho cuor de soffrirlo. Son desperà, me voggio mazzar; me strangolerò co le mie proprie man. (s’alza furiosamente)

Madamigella. Fermatevi. Aspettate ch’io parta; e fate poi tutto quel che volete.

Pantaloncino. Via; la vaga.

Madamigella. Voglio prima parlare.

Pantaloncino. La parla.

Madamigella. Sedete.

Pantaloncino. Tutto quel che la vol. (siede)

Madamigella. Ascoltatemi.

Pantaloncino. Son qua.

Madamigella. Appressatevi.

Pantaloncino. Le parole le se sente in distanza. La me l’ha dito ela.

Madamigella. Volesse il cielo, che s’imprimessero nel vostro cuore tutte le mie parole.

Pantaloncino. Ala fenìo?

Madamigella. Non ho ancor principiato.

Pantaloncino. Adesso me vien freddo.

Madamigella. Ma caro Pantaloncino... (s’accosta a lui)

Pantaloncino. (Adesso me vien caldo). (da sè)

Madamigella. Questa vostra disperazione è affatto irragionevole. S’ella dipende dai dispiaceri, che conoscete aver dati al vostro povero padre, volete aggiungere alle sue disgrazie la più dolorosa di tutte, col sagrificio di voi medesimo? Se amate il genitore, cercate di consolarlo; se siete pentito d’averlo oltraggiato, fate che il vostro pentimento medichi le sue piaghe, e non le inasprite coi vostri pazzi trasporti. Un reo che si vuol [p. 173 modifica] privare di vita, mostra non esser capace di pentimento, ma più tosto fa credere che, amando le colpe, voglia morire anzi che abbandonarle. Tutti i mali hanno il loro rimedio, fuorchè la morte. Le disgrazie di vostro padre non saranno poi irremediabili; l’ho veduto andar con mio zio nel suo studio, dopo essere stati per qualche tempo seduti insieme. Il signor Pantalone è uomo d’onore, è un mercante di credito; mio zio è buon amico; vedrete che le cose di casa vostra prenderanno miglior sistema. Rimediato a questa parte del vostro rammarico, vi resterà il rossore di essere un figlio ingrato; ma finalmente non sarete voi il solo figliuolo discolo, che abbia dissipato, speso, scialacquato e malmenati a capriccio i giorni bellissimi della gioventù. Chi invecchia nei vizi è detestabile, ma chi cade nell’età vostra, fervida troppo e troppo solleticata dalle occasioni, è compatibile. Il momento in cui vi pentite, scancella tutte le colpe andate, e due lacrime di tenerezza, che voi versiate ai piedi di vostro padre, compensano tutte quelle ch’egli ha versato per voi. Fatevi animo dunque; lasciate a noi la cura degl’interessi; pensate solo a voi stesso, e dalla cognizione del male prendete regola in avvenire, e ringraziate il cielo che una misera donna di poca età, di poco spirito e di poco sapere, sia quella che v’illumina, che vi anima e vi consola.

Pantaloncino. Cara madamigella... (si getta a’ suoi piedi)

Madamigella. Alzatevi, che non ho finito di ragionare.

Pantaloncino. Cossa mai me podeu dir de più?

Madamigella. Ditemi prima qual impressione abbia fatto nel vostro animo il mio ragionamento.

Pantaloncino. Cossa voleu che ve diga? Me sento intenerir, son coppà, son convinto.

Madamigella. Chiederete perdono a vostro padre?

Pantaloncino. Sì, magari.

Madamigella. Parlerete più di morire? (con dolcezza)

Pantaloncino. No, cara. (con dolcezza)

Madamigella. Cara mi dite?

Pantaloncino. No voleu? Se me dè la vita? [p. 174 modifica]

Madamigella. Promettetemi di far buon uso de’ miei consigli.

Pantaloncino. Sì, ve lo prometto.

Madamigella. Così mi basta.

Pantaloncino. Ve basta?

Madamigella. Sì, mi basta così.

Pantaloncino. E no me domandè gnente altro?

Madamigella. Cossa poss’io domandarvi di più?

Pantaloncino. No me domandè che ve daga el cuor?

Madamigella. Questo non conviene a me ricercarlo.

Pantaloncino. È vero; tocca a mi a darvelo. El xe tutto vostro.

Madamigella. Non lo accetto per ora.

Pantaloncino. Mo perchè?

Madamigella. Sul punto ch’io vi fo un beneficio, non esigo la ricompensa. Il dono del vostro cuore potrebbe ora essere una mercede involontaria. Pensateci. Vi lascio in libertà di disporre di voi medesimo. (via)

Pantaloncino4. Saria un can, saria un barbaro, se no ghe volesse ben. Poverazza! Che massime! Che discorso! Che bon amor! Ma mi no son degno d’averla. So barba no me la vorrà dar. Mio pare no vorrà che la toga, e ela, siben che par che la gh’abbia per mi dell’amor, no la se fiderà, no la me crederà, no la me vorrà.

SCENA VIII5.

Corallina e Pantaloncino.

Corallina. (Oh quanti imbrogli!) (da sè) Signor padrone.

Pantaloncino. Cossa gh’è?6

Corallina. Datemi subito subito li miei denari.

Pantaloncino. Abbiè pazenzia, che i gh’averè.7

Corallina. Non voglio aver pazienza. Li voglio adesso.

Pantaloncino. Adesso no ve li posso dar8. [p. 175 modifica]

Corallina. Dov’è la borsa?

Pantaloncino. No so de borsa. Adesso lassème star9.

Corallina. Oh poter del mondo! Sto a vedere che sia vero quello che mi ha detto il padrone vecchio.

Pantaloncino. Cossa v’alo dito?10

Corallina. Che i miei poveri denari me li averete mangiati.

Pantaloncino. Ghe l’ave dito donca a mio pare, che m’avè impresta sti bezzi?11 Corallina. Io non gliel’ho12 detto; gliel’ha detto Brighella!

Pantaloncino. Brighella come l’alo savesto?13

Corallina. Io non so altro. Trovatemi li miei denari. Sono una povera donna; ne ho bisogno, e li voglio.

Pantaloncino. Za che mio pare lo sa, andè da elo, e se sarà pagadi i altri, sarè pagada anca vu.14

Corallina. Come? Se saranno pagati gli altri? Voglio li miei denari: cento e cinquanta ducati di capitale, e trenta dei pro,15 e di più due zecchini.

Pantaloncino. Do zecchini de cossa?16

Corallina. Sì; non vi ricordate? I due zecchini del dito piccolo.17

Pantaloncino. Sia maledetto co ho messo quei do zecchini in te la borsa, i xe stai causa che ho perso tutti anca i altri.18

Corallina. Come? Perchè?

Pantaloncino. Perchè tutti i bezzi mal vadagnai, come avè fatto vu quei do zecchini, i gh’ha el fogo con lori, i brusa dove che i tocca, e i porta la maledizion. E che sia la verità, ghe xe delle donne che vadagna tesori, e per el più le mor sulla paggia.19 (via)

Corallina. Ehi, ehi, signorino, li miei denari. [p. 176 modifica]

SCENA IX20.

Arlecchino e Corallina.

Arlecchino. Con chi l’at21, Corallina?

Corallina. Povera me!

Arlecchino. Coss’è sta?22

Corallina. La dote è andata.

Arlecchino. Ela andada?23

Corallina. Ah! Pur troppo.

Arlecchino. Che auguro el bon viazzo.24

Corallina. Arlecchino, mi sposerai senza dote?

Arlecchino. Me conseggierò, e te saverò dir.25

Corallina. Finalmente sono una fanciulla che se ne può guadagnare.26

Arlecchino. Séntime, cara ti, Brighella l’è un amigo che me vol ben. Posso dirghelo a Brighella, che no ti gh’ha dota?

Corallina. Oh, Brighella lo sa meglio di te.

Arlecchino. Basta, parleremo.

Corallina. Caro il mio Arlecchino.

Arlecchino. Discorreremo.

Corallina. Sai che ti voglio bene.

Arlecchino. Che27 penseremo.

Corallina. Non mi tener in pene.

Arlecchino. Se vederemo.28

Corallina. E poi...

Arlecchino. Qualche cossa faremo. (via)

Corallina. Quando manca la dote, bisogna metter in opera le carezze. Colla dote si comprano gli uomini accorti, e colle belle parole si comprano i merlotti. (via) [p. 177 modifica]

SCENA X.

Altra camera.

Pantalone e Brighella.

Pantalone. No me parlar de mio fio, el xe un desgrazià.

Brighella. La me creda che l’è pentido.

Pantalone. No sarà vero. El finzerà, el xe un furbazzo.

Brighella. Cossa vorla de più? El se voleva mazzar.

Pantalone. El se voleva mazzar?

Brighella. Sior sì, mi l’ho trova con un ferro alla man...

Pantalone. Oh sangue mio... Dove xelo?... (vuol partire)

Brighella. La se ferma: xe arriva madamigella Giannina, la gh’ha fatto buttar via el ferro, e no sarà altro. Ma ghe assicuro mi, che l’è pentido de cuor.

Pantalone. Oh, el cielo lo voggia. Caro Brighella, dove xelo? Perchè no vienlo da so povero pare, che ghe vol tanto ben? Ma mi anderò a trovarlo...

Brighella. La se ferma un momento, perchè gh’è delle altre novità.

Pantalone. Cossa gh’è? Bone o cattive?

Brighella. Da basso in intrada ghe son sette o otto persone che aspetta. Gh’è quei do giovani de stamattina colle lettere de cambio; gh’è el medego dei do mille ducati...

Pantalone. Anca colù? Gh’ho pur dito che el vegna doman.

Brighella. L’averà inteso qualche mormorazion in piazza, e l’ha anticipà. Gh’è dell’altra zente. Certi musi duri che no conosso; no so cossa dir: ho paura de qualche desgrazia.

Pantalone. Che ghe sia zaffi?

Brighella. No crederia.

Pantalone. Qualche fante?

Brighella. Pol esser. Tegno serrada la porta della scaletta, e digo a tutti che l’è a disnar.

Pantalone. In casa mia no s’ha più sentìo de ste cosse.

Brighella. Ma cossa ha dito monsù Rainmur.

Pantalone. Semo stai in mezzà; gh’ho mostrà i conti, gh’ho [p. 178 modifica] mostrà tutto; ha parso che el sia contento, e po l’è andà via senza dirme gnente.

Brighella. Passibile che el lo abbandona?

Pantalone. No so cossa dir; me raccomando al cielo, e lasso operar a lu.

Brighella. Vorla che vaga mi da monsù?

Pantalone. Sì, caro Brighella, contighe chi ghe xe in intrada; intanto mi anderò da mio fio.

Brighella. La se ferma, che vien l’Olandese. (in atto di partire)

Pantalone. Va via, va via.

Brighella. Vado a dar delle chiaccole a quei che aspetta. (via)

Pantalone. El gh’ha un omo con elo. Chi mai xelo?

SCENA XI.

Monsieur Rainmur con un Uomo che porta un sacchetto in spalla, e Pantalone.


Pantalone. Caro amigo, co ve vedo, me consolo.

Rainmur. Metti lì. (all'uomo, il quale mette il sacchetto sul tavolino)

Pantalone. Cossa xeli? (con allegrezza)

Rainmur. Vattene. (l’uomo parte)

Pantalone. Com’èla, monsù Rainmur? (con allegrezza)

Rainmur. Quelli sono sei mille ducati.

Pantalone. Sie mille?...

Rainmur. E quattro mille vai questa lettera. (mostra un foglio)

Pantalone. E cussì...

Rainmur. Disponetene.

Pantalone. Oh, sieu benedetto! Lassème almanco che ve daga un baso.

Rainmur. Ben obbligato. (si danno li due baci al solito)

Pantalone. Vu me de la vita, me de el spirito, me rinnovè el sangue, che dalle mie disgrazie se me scomenzava a guastar.

Rainmur. Fatemi la lettera di cambio, tempo due anni, coll’interesse ad uso di piazza.

Pantalone. Subito ve la fazzo. [p. 179 modifica]

Rainmur. L’ho fatta io, sottoscrivetela. (gli dà una carta)

Pantalone. Subito. (vuol sottoscriverla)

Rainmur. Leggetela: non si negozia così.

Pantalone. De vu me fido.

Rainmur. Tutti gli uomini possono far errore.

Pantalone. Va benissimo, e la sottoscrivo. (sottoscrive) Tolè, caro. Un’altra volta sieu benedetto.

Rainmur. Voi mi dovete settecento ducati.

Pantalone. Xe la verità.

Rainmur. E vostro figliuolo mi deve cento zecchini.

Pantalone. Verissimo.

Rainmur. Per queste due partite, mi dovete considerare un creditore come gl’altri.

Pantalone. E ve pagherò prima de tutti.

Rainmur. Io poi so il mio dovere per l’incomodo di quattro mesi.

Pantalone. Me maraveggio. Un servizio de sta sorte merita ben altro che un piccolo trattamento de quattro mesi.

Rainmur. No, amico. Il sei per cento è mio utile. Per questa ragione non voglio niente di più.

Pantalone. Basta, in questo disconeremo. V’ho da dar una bona nova.

Rainmur. Consolatemi.

Pantalone. Mio fio xe pentìo de tutto. El pianze, el sospira, el me domanda perdon.

Rainmur. Gli credete?

Pantalone. El se voleva fina mazzar.

Rainmur. Voglia il cielo, che il suo pentimento non sia una disperazione.

Pantalone. Caro monsù Rainmur, ve prego de un’altra grazia. Adesso lo manderò da vu a domandarve scusa, a far ve un atto de dover. Accettèlo, ascoltèlo, perdoneghe per amor mio.

Rainmur. Se sarà pentito davvero, l’amerò come amo suo padre.

Pantalone. Adesso lo sentire; se ve contentè, togo suso sti bezzi, e vago a pagar quei creditori insolentissimi che me tormenta.

Rainmur. Voi siete il padrone. [p. 180 modifica]

Pantalone. E ve porterò el vostro aver.

Rainmur. Non ne dubito.

Pantalone. Mi no li posso portar. Oe, gh’è nissun de là?

SCENA XII.

Brighella e detti.

Brighella. Signor.

Pantalone. Agiuteme.

Brighella. Coss’è?

Pantalone. Bezzi.

Brighella. Bezzi?

Pantalone. Sì, caro Brighella. Bezzi. Andemo a pagar.

Brighella. Sia ringrazià el cielo. Gh’ho tanto gusto, come se se trattasse de mi.

Pantalone. Andemo, andemo. No so dove star dalla consolazion. (via)

Brighella. I pesa. I denari pesa, ma i debiti pesa più. (via)

Rainmur. Non si può fare servizio di minor peso, quanto quello di prestar il denaro quando è sicuro, e molto più quando vi sia l’onesto profitto.

SCENA XIII.

Madamigella Giannina, Beatrice e monsieur Rainmur.


Madamigella. Signor zio.

Rainmur. Nipote.... madamigella. (a Beatrice, salutandola gentilmente)

Beatrice. Vi son serva.

Madamigella. Sento che non partirete più così presto.

Rainmur. No. L’andata è sospesa.

Beatrice. Ed io ho sentito con giubilo, che la vostra buona amicizia abbia consolato mio padre.

Rainmur. Sì, l’ho fatto per lui, e l’ho fatto ancora per voi. (ridente)

Beatrice. Per me, signore? [p. 181 modifica]

Madamigella. Cara amica, non ve l’ho detto che mio zio vi ama?

Beatrice. Sentite, signore, cosa dice madamigella Giannina?

Rainmur. Mia nipote non suole dire delle bugie.

Beatrice. Eppure non posso crederle, se voi volete partire...

Rainmur. Io non parto per ora.

Madamigella. Prima di partire potrebbe ancora sposarvi.

Beatrice. Cara amica, voi mi adulate.

Rainmur. Nipote, ascoltate. Mi lodereste voi se prendessi moglie?

Madamigella. Signore, vi parlerò con sincerità. Vi loderei più, se non la prendeste. Ma avendovi sentito dire più volte che volete farlo per dare un maschio alla casa, amerei che lo faceste più tosto con Beatrice che con un’altra.

Beatrice. Oh cara amica, che siate benedetta. (le dà un bacio)

Rainmur. L’amate molto questa vostra amica? (a madamigella)

Madamigella. Sì, l’amo assai.

Rainmur. Senza interesse?

Madamigella. Che interesse posso avere con lei?

Rainmur. Non l’amareste per ragione di suo fratello?

Madamigella. Può anche darsi.

Rainmur. Eh donne, vi conosco.

Beatrice. Siete furbo la vostra parte. (a Rainmur)

Rainmur. Siete adorabile. (a Beatrice)

SCENA XIV.

Pantaloncino e detti.

Pantaloncino. Monsù Rainmur, son qua, ve domando perdon...

Rainmur. Basta così. Arrossisco per parte vostra.

Pantaloncino. Ma se v’ho offeso, lassè che ve diga el mio pentimento...

Rainmur. Lo voglio credere senza più...

Pantaloncino. Ve domando scusa...

Rainmur. Non altro. Tenete. (gli dà un bacio)

Pantaloncino. Mo che omo de bon cor. Mo che omo da ben. [p. 182 modifica]

Madamigella. Signor Pantaloncino, mi rallegro con voi.

Pantaloncino. Cara ela, con tutte le mie allegrezze no son gnancora contento.

Madamigella. Cosa vi manca?

Pantaloncino. El meggio.

Madamigella. Che vuol dire?

Beatrice. Non lo capite? Gli manca una sposa.

Madamigella. Che se la trovi.

Pantaloncino. Per mi l’averia trovada, ma ela no la vol el mio cuor.

Madamigella. Ci avete bene pensato?

Pantalone. Siora sì, e più che penso, più la desidero.

Madamigella. Che dite, signor zio?

Rainmur. Aspettate. Questo giovine finora è stato cattivo. Ora si dice che sia diventato buono. Avete voi coraggio di fidarvi di lui?

Madamigella. Sì, mi fiderò di lui, ma con una indispensabile condizione.

Pantaloncino. Che xe mo?

Madamigella. Che veniate a Livorno e poscia in Olanda con noi, e che abbandonando le pratiche e le amicizie e le occasioni funeste che qui vi circondano, possiate più facilmente diventar uomo nuovo, e cambiando di cielo, possiate ancora cambiar il cuore.

Pantaloncino. Per mi vegno anca in te l’Indie, con una compagnia de sta sorte, con un barba de sto buon cuor! Me despiaserà de lassar mio pare, ma co se tratta della mia fortuna, anca mio pare sarà contento, e parto in sto momento, se occorre.

Madamigella. Che dite, signor zio?

Rainmur. Il pensier vostro non mi dispiace. Venga con noi. Se non riescirà bene, lo rimanderò in Italia.

Madamigella. E se sarà mio sposo?

Rainmur. Vi caccierò in Italia con lui.

Pantaloncino. No ghe sarà sto pericolo. Son qua: vegno via [p. 183 modifica] con vu, co sior barba, colla novizza. Vago a despoggiarme; me vesto da campagna. A Venezia no vôi più veder nissun. Donne, amici, ve lasso, vago via, vago in Olanda: vago per el mondo. Vago in Olanda, vago in Olanda. (via)

Beatrice. Ed io resterò qui sconsolata?

Rainmur. No, madamigella. (ridente)

Beatrice. Ma... dunque...

Rainmur. Voi verrete in Olanda con noi.

Beatrice. Davvero?

Rainmur. Se vorrete...

Madamigella. Oh verrà, verrà.

Beatrice. Oh verrò, verrò.

SCENA ULTIMA.

Pantalone e detti.

Pantalone. Sì, fio mio, tutto quel che ti vol. (verso la scena)

Rainmur. Monsieur Pantalone...

Pantalone. Mio fio m’ha dito tutto.

Beatrice. Ma non vi averà detto, signor padre, che io pure anderò in Olanda con lui.

Pantalone. Ti? Come?

Beatrice. Colle nozze di monsieur Rainmur.

Pantalone. Distu da senno?

Rainmur. Se vi contentate. (a Pantalone)

Pantalone. Perchè no m’oggio da contentar? Una fortuna de sta sorte, no volè che la loda?

Rainmur. A vostra figlia quanto darete di dote?

Pantalone. La dota che ha vù so mare, la xe stada sedese mille ducati. Ghe li darò anca a ela, ma con un poco de tempo.

Rainmur. Il denaro di mia nipote lo tengo io. S’ella è contenta dei sedici mille ducati, faremo un giro e due contratti.

Pantalone. E mi a ella ghe li assicurerò sui mi effetti. [p. 184 modifica]

Madamigella. Le disposizioni di due uomini, quali voi siete, non ponno essere da me che approvate.

Pantalone. Tutto xe giustà. Andemo a trovar mio fio. Lasso che el vaga via, me lo destacco dal cuor, ma el ciel volesse, che lo avesse manda molto prima de adesso. Co i fioli no butta ben in tel so paese, bisogna farghe muar cielo. Le pratiche li ruvina; le occasion i precipita, e el comodin del pare che remedia, ghe dà adito a far del mal. Pari, specchieve in mi. Invigilè sulla condotta dei vostri fioli; no ghe dè bon in man; perchè el troppo amor li ruvina, e chi sa tegnir i so fioli in dover, in suggizion, in bona regola, xe felice, xe fortunà, e gode in so vecchiezza el mazor ben, el mazor contento che se possa dar a sto mondo.

Fine della Commedia.



Note

  1. Vedasi a pag. 80, n. 2.
  2. Traliccio: v. Boerio.
  3. Nel testo si legge: ma discorrer.
  4. Comincia la sc. IX nell’ed. Paperini.
  5. Questa scena, voltata in toscano, leggesi anche nell’ed. Pap. (A. III. sc. IX).
  6. Pap.: «Giacinto. Che c’è?»
  7. Pap.: Abbiate pazienza, che li averete.
  8. Pap.: non ve li posso dare.
  9. Pap.: Lasciatemi stare.
  10. Pap.: Che cosa v’ha detto?
  11. Pap.: Glielo avete detto dunque a mio padre, che mi avete prestati i ducati?
  12. Nel testo: ghe l’ho.
  13. Pap.: Faccenda come l’ha saputo?
  14. Pap.: Quando mio padre lo sa, andate da lui, e se saranno pagati gli altri, sarete pagata anche voi.
  15. Pap.: e trenta per i frutti.
  16. Pap.: Due zecchini? Di che?
  17. Pap.: mignolo.
  18. Pap.: Sia maladetto quando ho posto quei due zecchini nella borsa, sono stati cagione che ho perduto anche gli altri.
  19. Pap.: Perchè tutto il denaro mal guadagnato, come avete fatto voi que’ due zecchini, ha il foco con sè, abbrucia dove tocca, e porta la maledizione. E che sia il vero, vi sono delle donne che guadagnano tesori, e per il più muoiono su la paglia».
  20. Sc. X nell’ed. Paperini.
  21. Pap.: l’hai.
  22. Pap.: Che cosa c’è?
  23. Pap.: È andata?
  24. Pap.: Le auguro buon viaggio.
  25. Pap.: Mi consiglierò, e te lo saprò dire.
  26. Pap.: «una fanciulla che so lavorare e posso guadagnar molto. Caro il mio Pasquino. Pasq. La discorreremo. Cor. Sai che ti ecc.».
  27. Pap.: Ci.
  28. Pap.: Ci rivedremo.