Historia della Sacra Real Maestà di Christina Alessandra Regina di Svetia/1

Libro Primo

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H I S T O R I A


Della Sacra Real Maestà di


CHRISTINA ALESSANDRA


Regina di Svetia &c.


LIBRO PRIMO.



SOMMARIO.


Si descrivono in questo libro le conditioni di Gustavo Adolfo Rè di Svetia. L’educatione della Principessa Christina unica figliola di lui. L’assontione di Questa alla Corona. Le forme del di Lei governo. I motivi, e vere cause della conversione della medesima alla Religione Cattolica Romana, e quanto è occorso nella rinuntia fatta da Sua Maestà de proprij Regni.


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ASCIAI scritto nelle mie Historie il fine, ch’hebbe la vita di Gustavo Adolfo Rè di Svetia, morto nell’auge delle sue fortune, tra i cimenti della sanguinosa battaglia di Lutzen. Con la fama del suo valore, e generosità, incatenò l’affetto de’ suoi, si tirò dietro il seguito di stranieri, si acquistò riverenza, e rispetto ne gli stessi nemici.

Vita e conditioni del Rè Gustavo Adolfo di SvetiaNon viddesi già mai Prencipe si teneramente amato, ne così fedelmente servito. Quelli che non potevano fruir coll’occhio là di lui presenza, ambivano il goderne almeno la imagine, per riverirla, come idea del valor militare.

Sua statura.Era di statura grande, e di aspetto si maestoso, ch’induceva ne’ cuori ammiratione, e riverenza, amore, e timore insieme. Era di carnagione bianca, e colorita. Il crine, e la barba bionda lo rendèvan così risplendente, che molti lo chiamavano il Rè d’oro. Nell’ultimo periodo della vita, non giongeva per anche alli 38 anni della sua età.

Portò le sue prime inclinationi all’armi, eccittato da un genio nobile, e generoso, che lo rendeva avido di gloria, ambitioso del grido di Grande.

In tutte le occasioni, hebbe per compagna la prudenza, Unì ne discorsi la facondia, e sagacità, ne tratti la vivezza, e l’affabilità, nell’imprese la risolutione, e’l coraggio. Ne gli affari grandi, non mancava di avvedimento, di prontezza, e di costanza. Nelle [p. 3 modifica]difficoltà faceva risplendere la virtù dell’ingegno, la fortezza dell’animo. La di lui generosità sprezzava quelle palme, e quegl’allori, che non eran inaffiati, e cresciuti a forza de sudori, e delle fatiche.

Quanto nelle battaglie appariva terribile, e spaventoso, così doppo l’acquistata vittoria, si mostrava benigno, mansueto, e pietoso. Intrepido ne’ pericoli, vigilante alle occasioni, saggio in ogni affare. Prencipe in somma, che sapeva tutto, che intendevasi di tutto.

Non s’è trovato Capitano con maggior affetto, et applauso seguito. Sodisfaceva ogn’uno con la lode, con le speranze, con la piacevolezza, e sopra tutto con la sincerità. Le azzioni virtuose erano in lui caratteri indelebili. Non dava mai alla oblivione i ricevuti servigij; grandi, o piccioli si fossero, li rimunerava, e li gradiva. Facetissimo ne’ discorsi, affabilissimo ne’ congressi. Trattava, e parlava senza fasto con tutti, e ben spesso, passando avanti al Popolo, & à Soldati, richiedeva loro, come stassero, che facessero, che volessero. Alla sua Mensa, e nelle sue stanze, mentre fu in campagna, ammetteva ogni gentilhuomo, e capitano privato. Soleva dire, esser la mensa il tormento del secreto, la rete con cui si pescano le amicitie, e affettioni. Sprezzò fuor di modo le cerimonie, e complimenti affettati, & à poco pratichi del suo genio, diceva, ò faceva dire, che riservassero quel corteggio per le Dame della Regina, ch’egli era in campagna per ammaestrare a combattere, non a regger danze.

[p. 4 modifica] Fù severissimo nel punire gl’eccessi della Soldatesca, & accuratissimo a proveder la sicurezza de Popoli.

Egli come vero Soldato, per dar inditio della grandezza dell’animo suo, non si pose mai ad impresa, che non portasse pericolo. Chi lo esortava ad haver cura della sua vita, l’offendeva. Gli pareva disdicevole che un Prencipe bellicoso, pensasse alla morte. Stimava esser consigli partoriti dal timore, le fantasie del guardarsi. Chiamava felice chi moriva nel suo mestiere. La Morte venturiera assoldarsi presso à chi più la teme. Eran gli di lui fini grandi; ma doppo la vittoria di Lipsia maggiori, aspirando più oltre dell’Imperio della Germania.

Sin la Forza Ottomanna cominciava à far riflesso sopra la fortuna, e valore di questo Rè. Soleva dire, che si maravigliava, come à gli Antichi fosse riuscito Il Turco era ingelosico della di lui fortuna.facile il perfettionar tante imprese, e che ne secoli presenti con tanto stento si operasse. A chi gli rappresentava, proceder ciò dall’uso diverso del guerreggiare, e dall’essere hora più difficili le espugnationi delle Città, e delle fortezze, rispondeva, non stimar la differenza delle armi, ne de tempi; mà ben sì quella del Sui detti rimarcabili.cuore. Esser lo stesso il Mondo, haver havuto ogni secolo le sue mine, e contromine, le proprie offese, e difese, e potersi far le imprese d’Alessandro, ottenere le vittorie d’Annibale, & uguagliare i progressi di Cesare, se si trovasse un animo d’Alessandro, una peritia di Annibale, un ardir di Cesare.

[p. 5 modifica]In due anni tirò al suo partito, o con la forza delle armi, o con motivi della sua potenza, e del suo credito, cento novanta sei tra Città, fortezze, e Terre murate. Hebbe molte vittorie in campagna, ma con quella di Lipsia, coronò il suo trionfo, havendo vinto Acquisti il più sperimentato, e fortunato Capitano del suo secolo, & un esercito invecchiato nelle battaglie.

Passò il Mare, & entrò in Germania con poca gente, ma come una palla picciola di neve, rotolando da un alto monte si converte in grandissimo globbo, così dall’una trapassando Egli in un’altra impresa, Co' qual gente passò il mare puoté numerar alla sua morte divisi in dieci eserciti, & altri corpi sotto alle sue insegne più di cento mila fanti, e più di ottanta mila cavalli.

Non con altro adombrò lo splendore delle preggiate sue qualità, che colle tenebre dell’heresia di Lutero, e se seguendo le orme de suoi Predecessori, non si fosse scostato dal sentiere della vera fede, sarebbe stato lo Eroe de i Re.

Non lasciò altra prole, che Christina unica sua figliuola, nata il dì 16 Decembre del 1626. Principessa Succede nel Regno Christina di lui unica figiuola. ripiena di talenti così rari, e di spirito così elevato, che non è da maravigliarsi, se ella, rappresentando in parte la viva imagine delle virtù del suo Gran Genitore, dia materia di credere, che Gustavo sia restato al Mondo nella spetie, se non vi si trova nell’individuo.

Hor come la buona educatione di quelli, che devono succedere ne’ Regni, e ne Principati è il [p. 6 modifica]fondamento primario della felicità de Popoli, applicossi questa Prencipessa ad una diligente coltura dell’animo Educazione di questa Principessa suo, dandosi all’esercitio delle virtù, per poter poscia precorrere con gli anni il debito dell’età. Si è però osservato, che quasi da’ primi momenti del suo vivere, & intendimento, cominciò ancor bambina a procaccia lume all’intelletto, imperio alla ragione, termini alla volontà, freno a gli affetti, regola alle attioni e gagliardezza al corpo.

Non era uscita per anche dalla infantia, che si trovò instrutta de primi erudimenti della lingua, e della cognitione Mirabil ingegno di lei] delle lettere latine, & havendo già scoperto, quanto poteva promettersi ne’ progressi de’ studj, con la vivezza del suo spirito, e col singolarissimo suo giuditio, si pose a coltivar l’animo con più alte scienze, come quelle, che somministrano i veri lumi, per non errare nel peregrinaggio del Mondo, e nell’acquisto del Cielo.

Nella minorità di lei il governo del Regno restò appoggiato A chi restasse appoggiato il governo del Regno nella sua minorità a cinque de più cospicui Ministri, & Officiali della Corona, che furono. Il Grand’Ammiraglio, ch’era un fratello bastardo del Re Gustavo suo Padre, il Gran Cancelliere Axellio, Oxestern, il Gran Presidente Gabriel Oxestern, il Gran Contestabile Giacomo della Garda, & il Gran Tesoriere ch’era un altro Gabriel Oxestern.

Ella in tanto all’altre sudette applicazioni, aggionse quella di ammaestrarsi nella cognitione di varie lingue, per poter rendersi tanto più habile, e [p. 7 modifica]disinvolta a’ maneggi del Regno, e vi fece progressi rilevantissimi. E come i libri più degni sono consiglieri incorrotti Imparava diverse lingue , & Oracoli, che senza alcuna richiesta rispondon anche a i pensieri, così impiegando essa le hore migliori nel leggerli, procurò di apprendervi gl’insegnamenti del buon governo.

Avvanzandosi dunque questa Prencipessa con gli anni nelle virtù, e nelle scienze, misurava con la finezza del suo giuditio così bene l’habilità di ciascuno, ch’ancor fanciulla penetrò ne fini più reconditi de suoi principali Ministri, e se ne seppe valere, per tirar a sé la total diretione de gli affari della Corona; onde acquistando grandissima veneratione, si liberò dalla Fà gran progressi nelle lettere soggettione, in cui pretendevano alcuni di tenerla, e cominciando a governare, mostrò, che non haveva bisogno di appoggiar il peso de maneggi ad altri, che alla sua testa; quindi avenne, che nell’anno 17 della sua età cominciò ad assistere al consiglio di stato, e nel 18 uscita di minorità, prese il governo in quel giorno a punto, che la Corona di Svetia dichiarò la guerra al Re di Danimarca, non ostante, che fosse nel suo Comincia ad assistere a Cosiglio e poscia prende il governo maggior ardore quella di Germania contro l’Imperatore, & i di lui collegati.

Si serviva sempre di persone intendenti, e capaci, e se tal uno s’arrogava più auttorità, che non gli conveniva, trovava modo di moderare le di lui animosità. Essa sola amministrava tutti gli affari publici, e li terminava con molta facilità, e sodisfattione. Voleva, che gli Ambasciatori, e Ministri de’ Prencipi con [p. 8 modifica]lei sola trattassero, e dava loro le audienze, senza che vi Amministra da se stessa i maggiori affari Historia della Sacra Real Maestà di Christina Alessandra Regina di Svetia intervenissero i Secretarij di stato, né alcun altro de’ suoi Consiglieri. Rispondeva ella stessa alle propositioni, che gli venivan fatte tanto da suoi sudditi, quanto da’ Prencipi forastieri.

Questa Regina, ancor giovinetta, seppe in un medesimo tempo farsi amare, e temere da suoi, e da stranieri. Ella scandagliando perfettamente il genio, & i pensieri di tutti, gli soggettò così bene al freno dell’obedienza Si fa amare, e temere., e del rispetto, che vidde i suoi più formidabili Capitani, benché avezzi in testa de gli eserciti a spaventar il Mondo, nel cospetto della Maestà Sua, conservar sempre una riverenza vestita di timoroso ossequio.

All’incontro con la nobiltà dell’animo versava verso di loro con moto continuo officij ripieni di tanta amorevolezza, e benignità, ch’animando gli affetti, accresceva sempre verso di sé medesima più profittevoli il rispetto, e la obedienza, vero sostegno del Principato.

Vedeva ogni scrittura, che gli era presentata, e velocemente, e con chiarezza di voce la recitava in ciascuna di quelle lingue, ch’occorreva. Usava di scriver di proprio pugno gli ordini importanti, & era altre tanto scarsa, e guardinga nel conferire i secreti dell’animo suo, quanto curiosa, e scaltra nel penetrar ne gli arcani de gli altrui cuori.

Affettionava universalmente tutte le nationi, e la virtù sola era l’unico oggetto de’ suoi affetti. [p. 9 modifica]Cercava con la severità di far emendar i tristi, con le gratie, e con premij di migliorare i buoni; onde non è da stupirsi Ama grandemente le virtù., se nella Reggia di lei si sian veduti fiorire più che in alcun’altra Corte del Mondo la bontà, la honorevolezza, e le conditioni più rare, che si convengono a gli huomini illustri.

Non trovasi alcun Prencipe, che più di lei habbia favorito i soggetti virtuosi. Il sollievo maggiore dell’animo grande di Sua Maestà era il discorrere con huomini saputi. Procurò d’haver appresso di sé i più eruditi ingegni d’ogni natione, i quali tratteneva con rilevanti premij.

Manteneva le Dame nella sua Corte per decoro, e per servirsene ne’ proprij bisogni, e trattenimenti, gli quali però non la distraevano un momento da’ suoi virtuosi studj, & esercitij.

Non stimò mai né il rigore delle staggioni, né il calor del Sole, né il freddo delle nevi, non venti, non piogge, non tempeste, né altre ingiurie de tempi, o accidenti per rendersi flessibile a’ riguardi dovuti alla Sprezza ogni dilicatezza. sua Regia conditione. Credeva le azzioni grandi non caminar bene con le delitie, e l’anima non haver maggior impedimento all’acquisto delle virtù, ch’il proprio corpo allevato, e nodrito in quelle; il travaglio, l’esercitio, la sobrietà, e la vigilanza haveva per parti dell’animo suo forte, e vigoroso.

Le imprese gloriose, ch’hanno secondata la felicità delle armi invitte di Sua Maestà, già sono eterne nelle Historie. Doppo otto mesi di acerba guerra, e [p. 10 modifica]di gloriosi successi alle sue armi, fece pace col Re di Danimarca Fa guerra e poi pace con Danimarca e ne riportava vantaggi., riportandone molto profitto, e riputazione. Doppo questa stabilì quella di Germania non senza gran vantaggi della Svetia, & all’hora a punto, che la stimò conveniente a quei fini, a’ quali tendeva con l’animo suo.

Ha resa illustre, e famosa la Città di Stocholm, per la norma delle sue direttioni, e per la felice ricordanza del suo governo. Certo è, che non pensava mai ad altro, che all’arricchire il suo Regno di buone arti, e di opulenze.

Il di lei trono era il teatro della gloria, e della Giustitia; non viddesi già mai Principessa d’animo sì franco, e di cuore tanto intrepido, pensava però in tanto alla sua gran ritirata verso il Cielo, perché non voleva pentirsi d’esser stata al Mondo. Come i di lei virtuosi, e valorosi talenti affascinavano i cuori d’ogn’uno, che trattava seco, così la fama loro, trapassando ben presto alle nationi più remote, produsse in un subito i soliti effetti della curiosità, chiamando dall’Italia, e dalla Francia molti de più curiosi, & intendenti ad ammirarla. Non si può esprimere a bastanza la humanità, e gentilezza, con la quale accoglieva ogn’uno, e quale particolarmente la di lei liberalità nel riconoscere, nell’accarezzare, e nel premiare i Virtuosi.

Vien rivendicata da tutti i Principi del Mondo Non si trovò Prencipe d’Europa, che sorpreso dalle celebri prerogative di questa mostruosa Virtù, non procurasse ossequiarla, e riverirla, o di presenza, o [p. 11 modifica]almeno col mezo de suoi rappresentanti.

A Doti sì grandi, e cospicue, mancava solo il lume della vera Religione. Il Cielo, come non poteva sopportare Il Cielo gli è propitio., ch’un’anima sì bella, & una mente s’ buona, andasse errando nelle tenebre della falsità, così gli fu cortese de’ suoi influssi, per cagionar effetti grandi, e mirabili.

La perspicacia dell’ingegno di lei fu svegliata dalla gratia Divina. Le inspirationi del Cielo cominciaron a destargli nell’animo il riconoscimento delle dissonanze, fallacie, e menzogne della setta, ch’Ella professava. L’affare era però delicato, né stimava bene di confidare i suoi motivi al credito di quei Ministri, il sapere de quali misurava già con miglior accuratezza, & avvedimento. Andava tra sé stessa considerando, che si come Dio fu sempre il medesimo, così la Fede di lui era la stessa, e’l fondamento di tutta la verità; onde non potevasi con ragione sopportare cosa alcuna alterata, e dissonante nella cognitione di quell’individuo, che deve esser un solo, & a sé medesimo sempre uniforme. Cominciò per tanto a scoprire la debolezza delle ragioni, con le quali i Luterani, & altri Cominciano nell'animo suo divine inspirazione. sostentano le loro novità, e fallacie, cominciò pure avedersi, che la Sacra scrittura intesa, e riverita con quella purità, e candore, col quale viene ricevuta, & insegnata nella Catedra di Pietro, somministrava argomenti troppo chiari, per convincere le menzogne. Si accorse che da’ seguaci di Lutero eran riprovati alcuni libri Sacri, non con altro fondamento, che del [p. 12 modifica] Comincia a scoprir gli Errori della fede di Lutero proprio proprio capriccio, e solo perché condannano i loro errori. Che in quelli, che ritengono, e tanto stimano, alterano, adulterano, e falsificano la miglior parte di loro, e così variamente gli interpretano, che non è poi maraviglia, se tra tante discordie, e confusioni (essendo come tanti capi d’Hidra) siano moltiplicate, e risorte sette innumerabili, tutte però tra di loro differenti, e contrarie, anzi hormai era così avvilita la parola di Dio, ch’ogni sciocco Arteggiano, o Donnicciola sfacciatamente ardiva d’interpretare gli altissimi Misterij della Fede, mentre a pena s’intendono da i più saputi, e sublimi intelletti. Che le sette si facevano maggiori, o minori secondo le assistenze, e fomenti, ch’havevano in Terra, e pure esser la Fede un dono preggiatissimo del Cielo. Sì che trovandosi i seguaci delle novità senza certezza, né probabilità alcuna del vero senso, era più accertato il confirmarsi alla interpretatione uniforme, e concorde di tanti Santi, li quali in tutti i secoli haveva la Chiesa Cattolica havuto per dottrina, e per integrità di vita sì riguardevoli, & eminenti. Però esser pazzia troppo evidente, il voler appartarsi dal commune consentimento di questi, per adherire a coloro, che senza credito di bontà, e di virtù hanno per passione, & interessi privati procurato di ottennebrar il Mondo, confonderlo, e mascherarlo con mille chimere, e malignità.

Ragioni che danno motivo alla vera cognitione Aggiongeva questa saggia Regina a tali riflessi divers’altre relevantissime considerationi, e tra queste parevagli di somma importanza, che per continuata [p. 13 modifica]successione de Sommi Pontefici, & uniformità di riti, e dottrine la Chiesa Romana, benché fosse stata agitata da fiere procelle, combattuta da armi nemiche, e travagliata da contrarie dottrine, a guisa di Palma, sempre più si era inalzata, e sempre più divenuta risplendente, e gloriosa.

Osservava Sua Maestà, che quelle stesse nazioni, ch’hoggi dì vivono fuori del grembo della Chiesa Romana, e particolarmente le Settentrionali, eran state quelle, che per molti secoli havevano venerata più delle altre la Fede Cattolica, & erano state fecondissime genetrici di que’ soggetti, che con la santità della vita havevano illustrato il Mondo, e con le loro anime abbellito il Cielo. Che gli scritti stimati Osservazioni importanti più dotti, le azzioni più celebri, le Virtù più cospicue, e gl’ingegni più elevati eran stati quelli, che s’erano fermati nella credenza insegnata nella Catedra di Pietro, onde come gli esempi hanno maggior forza, per persuadere, che non hanno i precetti, gli pareva impossibile, che tanti huomini da bene, sì intelligenti, e sì eruditi fossero stati ciechi nel seguitare sì tenacemente, e sì a lungo que’ dogmi, & insegnamenti, che da’ ministri Heretici vengono a gli Idioti, e semplici dipinti per falsità, & errori.

Considerava in oltre, come gli stessi protestanti confessavano esser le nationi di Spagna, di Francia e d’Italia dotate di spirito più elevato, d’animo più composto, di sapere più profondo, e de costumi più civili, e più sobrij di tutti gli altri Popoli del Mondo, e tra i [p. 14 modifica]Settentrionali medesimi esser più stimato colui, che de gli usi, e dettami delle sudette nazioni fosse meglio imbevuto, di modo che quantunque Ario havesse sparso nelle Spagne il veleno dell’Heresia; e la Francia havesse aperto il seno, e le braccia a gli errori de vicini paesi, nondimeno havevano quei Gran Re, e la maggior parte de Grandi senza cambiar mai opinione fra tanti accidenti continuato nella obedienza di Santa Chiesa, e del Vicario di Christo, quindi risultava argomento efficace, che questa fosse la buona, e la vera Fede.

Con a propria virtù si rende capace della verità. Accresceva notabilmente la forza nell’animo di Sua Maestà, che gli Heresiarchi non hanno mai saputo mostrare, quando, come, o perché la Chiesa Cattolica prevaricasse nella Fede, né dove, o in chi questa si perpetuasse, e si conservi, essendo pur necessario, che sia sempre durata in qualche parte la vera Chiesa.

Ma nel cuore di questa gran Principessa faceva breccia gagliardissima, il considerare le qualità di coloro, ch’erano stati gli Auttori dell’Heresie. Era già la Maestà sua a bastanza informata, che il solo interesse, e le lusinghe del senso, non il beneficio publico, non la integrità di mente, erano stati i consiglieri, & i promotori di queste novità. Esaminava le conditioni di Martin Lutero, e de gli altri ribelli della Chiesa Cattolica, e trovavali esser stati huomini di vita impura Esamina la vita, e la qualità di Lutero., di sensi sfrenati, e di smoderata ambitione, per lo che a guisa di que’ seditiosi, che nel governo d’un stato ammantano i loro pretesti col zelo del ben [p. 15 modifica]publico, e del servitio del medesimo Prencipe, contro il quale combattono, non hebbero mai altro intento costoro, che di destrugger lo stato, e la Monarchia della Chiesa, per vendicarsi del torto, che nell’animo loro pretendevano ricevere, per non esser a’ Pontefici Romani in quella consideratione, ch’era dalla sfrenata loro cupidigia ambita. Onde si avvide finalmente, che se Lutero cominciò ad impugnare il valore delle Indulgenze, con atterrare l’auttorità del Papa, lo fece per invidia, e per sdegno, che la cura di predicarle fossa stata commessa ad altri, e non a lui, come desiderava. Che se egli dannava il Purgatorio, non volendo ammettere, che rimanesse alcuna pena all’anime, che morivano in gratia di Dio, era inventione, o per maggiormente screditare dette Indulgenze, o per allargare la briglia a’ sensi, mentre maggiore si fa la contumacia, quando minore si rappresenta il castigo. Che se negava i digiuni, le penitenze, la confessione S'avvede delle falsità e delle menzonie sparse da lui., il celibato de Sacerdoti, l’intercessione de Santi, la Messa, gli ornamenti, e le imagini delle Chiese, & altre cose simili, non procedeva da altro, che dall’interno disegno di rendersi seguaci i Popoli, facili a credere le cose, ch’allettano i sensi, & incontrano le appetenze della natura, come pure prendeva anche i principali motivi di promovere le sue sceleratezze dall’odio implacabile contro il Sommo Pontefice, come quello che dannava gli errori di lui.

Pareva a questa pia Regina troppo sacrilega, & empia la risolutione di Henrico Ottavo Re d’ [p. 16 modifica] Le fortifica con acuni essepij importanti Inghilterra, mentre haveva sottratto dalla obedienza della Chiesa santa un Regno tanto Cattolico, e ben composto, non per altro, che per servire a’ suoi capricci, e per abbandonarsi, & avilirsi affatto ne ciechi amori con Anna Bolena. Rendevangli nausea le indegne azzioni di quei Prencipi di Germania, i quali havevano spogliate le Chiese, & appropriatesi l’entrate di tanti Religiosi, che in honore del Redentor del Mondo, e della Corte celeste le impiegavano ad esaltarlo, e glorificarlo ne sagri Tempij. Ma sopra tutto s’avvanzava alla cognitione della verità col pensar, quanto fosse disdicevole il credere, che lo Spirito santo havesse voluto servirsi d’huomini così vitiosi, & indegni per riformare la sua Chiesa, mentre non mancavano tant’altri, e per dottrina, e per santità riguardevoli.

Da questi sentimenti, e dalla scorta de Santi Padri da essa accuratamente ruminati, gli fu acceso un gran lume avanti a gli occhi, onde sicome nella strada da lei già presa scoprì grand’intoppi, & imbarazzi, così fra questi nuovi splendori, incaminandosi ella per sentieri più spediti, e migliori, cominciò ad esaminar minutamente la sostanza, e’l fondamento delle più vere cognitioni. Chiamò a sé con grossi premij gli huomini più celebri nella professione del Luteranismo, e sotto colore di voler imparare ciò che sapevano, con mirabil destrezza, andò cavando tutto ciò, Abborisce l'heresia che credevano, & intendevano. La verità, ch’è la sola Cattolica Religione Romana, tra le oscure [p. 17 modifica]tenebre di tanti Dogmi, e dottrine contrarie, cominciò a sparger le sue chiarezze, e generar nel di lei spirito un aborrimento grande alle manifeste falsità, & alle smoderate disconvenienze solite esser dalla malitia de Ministri heretici con molta industria instillate ne gli animi delle persone semplici, e poco avvedute.

Intanto gionse in Svetia Don Giuseppe Pinto Parera Ambasciatore di Portogallo, e fece la sua entrata Risolse di farsi cattolica in Stocholm sul fine di Luglio. Con questi trovossi in carica di confessore il Padre Antonio Macedo Portughese, con un compagno chiamato il Padre Giovanni Andrada ambi Gesuiti. La Regina informata del tutto, restò molto contenta di tal incontro, da sé medesima grandemente desiderato. Sì che covando nell’animo suo una risoluta inclinazione alla fede Cattolica, cominciò ne’ suoi discorsi, e ne buoni trattamenti a mostrare al detto Padre Macedo qualche stima, & affetto. Il Padre all’incontro, osservando che la Regina, quando occorreva parlar del Papa, lo faceva con molto rispetto, e veneratione, scoprì che Sua Maestà non mancava di buona dispositione verso i Cattolici, e però, destreggiando col dargli ogni adito, & apertura, operò che ogni dì più crescessero le soddisfattioni, e le confidenze di lei verso di sé medesimo.

Finita l’Ambasciata, & apparecchiandosi il Parera alla partenza di Settembre del 1651 allhora Sua Maestà, cominciò a chiamare a sé più spesso di prima il sudetto Padre. Finalmente a’ 12 Agosto, [p. 18 modifica]ritirandolo nelle sue stanze più remote, e professando di volergli scoprire un affare di grandissima importanza, accostatasegli Manda a Roma un Padre Gesuita all’orecchio gli disse: Padre Macedo voi sete il primo Gesuita, ch’io habbia conosciuto, e come per la prattica, & informatione, ch’ho della vostra bontà, stimo di potermi confidar su la fedeltà, e prudenza vostra, così già che bisogna, che partiate, vorrei ch’operaste in ogni modo, che per mezo vostro mi fossero mandati qua due della vostra compagnia Italiani esperti in ogni scienza, i quali sotto colore di esser Gentilhuomini curiosi di veder il Mondo Con sue lettere al P. Generae di quella Compagnia, si fermassero nella mia Corte, acciò senza dar sospetto, potessi valermi di loro, al qual effetto vi darò anche lettere per il vostro Generale. A ciò corrispose il Padre con espressioni, e sentimenti propri di sì grande, e sì importante novità; gli rese le dovute gratie della confidenza, e si offerse di servirla fedelmente, e gli giurò esser secreto.

Tornato a casa Macedo tutto giubilante, e consolato, cominciando a pensar al modo di essequir sollecitamente la volontà della Regina, risolse chieder, come fece, licenza all’Ambasciatore di andar per sua curiosità a veder la bella, e gran Città d’Ambourg, ma non l’ottenne; tornò dunque alla Regina, e gli significò le difficoltà incontrate. Sua Maestà sentitolo con una risolutione fermissima di servirla, gli rispose, potete andar senza dir altro. Il Padre avvisato ch’il Vascello, che lo doveva condurre, stava già al porto di Balen 35 miglia lontano in pronto di [p. 19 modifica]spiegar le vele verso Lubecca, andò a pigliar l’ultimo comiato dalla Regina, che gli consegnò una lettera Domanda che siano inviati due Padri di essa Compagnia. di credenza scritta, e sottoscritta di propria mano diretta al Generale della compagnia di Giesù, ch’era all’hora il Padre Francesco Piccolomini.

Terminò il Padre Macedo le sue espressioni, col supplicarla humilmente a dar effetto alle sue sante inspirationi. A questo punto ella rispose, che se havesse conosciuto esser la Religione Romana la buona, l’havrebbe abbracciata, che facesse pur venir i due Padri richiestigli, con i quali potesse liberamente trattare senza sospetto, che nel resto gli raccommandava di nuovo il secreto, e la prestezza.

Licentiatosi il Padre uscì dalla porta per di dietro al Palazzo, che riguarda il Mare, e sopra una felluca passò ad un scoglio, dove stette la notte, poiché non poteva arrivare al vascello di giorno. Il dì seguente trovossi a Balem, dove era già capitato uno spedito dalla Regina ad instanza dell’Ambasciatore sopradetto, per farlo arrestare prigione; ma come questi teneva secreto ordine da Sua Maestà di lasciarlo andare se lo trovasse, dissimulò di non haverlo trovato, onde egli montò a cavallo, e ritornò a Stocholm, e l’altro entrò in nave, e s’aviò a Lubecca il secondo Settembre, dove gionse dodici giorni doppo la sua partenza.

L’Ambasciatore publicò subito il Padre per un tristo nell’esser fuggito con tanta infedeltà, & altri divolgarono, che s’era fatto Luterano, col prender [p. 20 modifica]moglie. Di là gionto in Ambourg, tirò verso Nurimberg, e finalmente doppo haver scorsi molti pericoli, pervenne a Roma a’ 28 Ottobre dello stesso 1651.

Era morto poco prima il Padre Piccolomini Generale della Religione, onde consignò la lettera della Regina al Padre Gosuino Nikel Vicario Generale, che poi fu promosso al Generalato, soggetto di eminenti conditioni, e la di cui patria è Colonia Agrippina. Il Padre Generale riceve le lettere con gran gusto. Abbracciò questi con gran zelo un negotio tanto importante, e come è particolar professione di detta Compagnia, il cercar ogni parte del Mondo, per convertir alla santa Fede gli heretici, & infedeli, nel che impiegano con ogni larghezza tutto ciò che ricevano dalla altrui carità, fece subito scielta del Padre Francesco Malines, che leggeva Teologia in Torino sua Patria, e del Padre Paolo Casati Piacentino, Spedisce due Padri in Svetia ch’insegnava Matematica nel Collegio Romano in Roma, soggetti oltre alla integrità della vita, di soprafino intendimento, e di gran sapere, acciò come curiosi di caminar, e veder il Mondo, senza indugio si conducessero in Svetia.

Si trovarono questi alli 2 di Decembre 1651 in Venetia, l’uno giongendovi da Piamonte, e l’altro da Roma. Alli 12 dello stesso mese partirono per il loro viaggio, non ostante il rigor della stagione, e gionsero a Stocholm nel principio solo di Marzo, ritardati per essersi il Padre Malines, nella caduta che Loro viaggio gli fè sotto il cavallo, guasto un piede; che lo tenne obligato al letto diversi giorni.

Era in tanto stato portato per borasca di mare da [p. 21 modifica]Danimarca in Svetia il Padre Gadefredo Franchenio pur Gesuita huomo veramente Apostolico, e di parti riguardevoli, & haveva anche trattato alcune volte con la Regina non senza profitto; ma non vi si potendo fermare senz’esser conosciuto, già se n’era partito, e passato in Fiandra.

Gionti questi due Padri a Stocholm, furono introdotti subito alla Regina come gentilhuomini Italiani Lor arrivo. passaggieri; E benché Sua Maestà nel principio dissimulasse, si avvidero così ben presto della di lei ottima dispositione, e ammirarono insieme in detta Principessa all’hora di anni 25 un’anima sciolta, e disingannata della vanità, e grandezze humane, e ripiena d’una cognitione così aggiustata, di tutte le cose, che pareva nodrita col solo midollo della morale Filosofia. Non andò molto, che finalmente si dichiarò risoluta per una santa inspiratione, d’abbracciare Vengono cortesemente accolti. la Fede Cattolica, e per essa rinunciare i Regni, & ogni humana grandezza, benché vi fosse non dirò stimata; ma adorata con auttorità più piena, & assoluta, di quella di qualunque de suoi presenti.

Non vi è dubio, ch’ella più che volentieri havrebbe rimessa la Fede Cattolica in Svetia, se havesse conosciute per superabili le difficoltà che pur troppo gravi, e rilevanti vi si framettevono. Era troppo evidente il pericolo di guastar il concerto delle sue risolutioni, se un minimo sentore si fusse di ciò subodorato. Oltre l’incertezza dell’esito, richiedevasi ancora molta lunghezza di tempo, e risico della conscienza, nel [p. 22 modifica]qual sentivasi impatiente di star senza professar la Religione Cattolica, né poteva per ragione insuperabile professarla occultamente.

Doppo haver con li sopradetti Padri lungamente Tratta occultamente, come fui, e di disparte della sua risolutione al Papa discussi i mezi più adattati alla consecutione de suoi intenti, determinò di far sapere al Sommo Pontefice questa risolutione, & inviarli con sue lettere il Padre Casati sopranarrato, il quale dovesse anche minutamente informarsi di quant’era necessario per fermar poi la sua dimora in Roma, come all’hora disegnava di fare, stimando che la detta Città fosse la stanza più propria per il suo soggiorno, non tanto per riputatione della sua persona, quanto perché mantenendosi in essa nel posto d’indipendente da qualsivoglia altro Potentato della Christianità, havrebbe potuto impiegar i suoi talenti nel servitio di Dio, e di Santa Chiesa, con interporsi in molti affari della Christianità, per li quali non mancava certo al di lei spirito ogni maggiore habilità.

Mandò dunque il Padre nel mese di Maggio dell’anno stesso a Roma; ma si tralasciò per all’hora di far motivo alcuno al Papa, perché non potevasi venir così presto alla rinuntia del Regno, & in tanto non si haveva sentor alcuno delle risolutioni, con le quali la Santità d’Innocentio havesse assistito al negotio. Il Padre Malines restò però in Svetia trattenuto dalla Regina, mentre che Sua Maestà andava disponendo, & ordinando le cose in modo, che da gli Stati di Svetia fosse ammessa la rinuncia del Regno al Prencipe [p. 23 modifica]Carlo Palatino, già sostituto della Corona doppo di sé, & ella potesse poi con sicurezza partire.

Finalmente sopravenendo il tempo di palesare l’animo suo, e dar effetto alle sue risolutioni, vi diede principio con aprire i suoi sentimenti al Sig. Bordolot hora Abbate di Massaij di nation Francese, che era suo medico confidente, acciò si portasse alla Corte di Francia, e senza scoprir in conto alcuno l’affare della Religione, trattasse solo, se ella rinunciando il Regno, potrebbe far il suo soggiorno in Francia; così pure entrò Sua Maestà in pensiero, ch’anche il Padre Malines passasse a Roma con sue lettere al Pontefice.

Mentre l’uno, e l’altro di questi soggetti, si disponeva Don Antonio Pimentel in Svetia per Sua Maestà Cattolica. alla partenza, havendo la Regina fatta scoperta della gran prudenza, & isquisito giuditio del Sig. Don Antonio Pimentel, che con titolo di Gentilhuomo inviatogli dal Re Cattolico, per semplici complimenti, e per attaccar buona corrispondenza insieme, si tratteneva alcuni mesi prima a quella Corte, e vi si era con le sue riguardevoli conditioni acquistato grandissimo credito, e molt’aura, risolse di confidar anche ad esso Pimentel i suoi pensieri, e valersi dell’opere, e consiglio di lui in negotio tanto importante. Questo Cavaliere ascoltò attentamente la Regina, rimanendo altre tanto consolato, quanto ammirato di sì gran novità; E doppo haver considerato, qual merito appresso il Cielo, e qual applauso presso al Mondo tutto La Regina gli comunica i pensieri. renderebbe alla Christianità un’attione sì gloriosa, rappresentò alla Regina il bisogno, che vi era di [p. 24 modifica]appoggiarla ad un Prencipe non meno potente che pio, accioché accompagnando co’ suoi dispacci la lettera ch’ella mandava al Papa, autenticasse il credito d’un fatto sì grande, e riguardevole. Però parve assai a proposito il Re Cattolico. Diede per tanto la Regina E risolse di appoggiarsi al Re Cattolico. al Padre Malines lettere per Sua Santità, per il Signor Cardinal Chigi all’hora Secretario di Stato di Sua Beatitudine, e per il Padre Nickel Generale de Gesuiti, & insieme gli ordinò, che quanto più Secretamente potesse, passasse in Ispagna per procurare i dispacci di Sua Maestà Cattolica al Papa, in ordine a che diede al medesimo Padre lettere per il Re Cattolico, e per Don Luigi d’Aro, supponendo anche, che Don Antonio Pimentel gionto a Madrid, ove era chiamato, potesse aggionger credito alle sue lettere, e sollicitarne l’effetto. E come le maggiori premure di Sua Maestà eran nel secreto per toglier ogni ombra di sospetto, volse che il Padre senza imbarcarsi con Pimentel, prendesse altro camino. Per la stessa ragione Padre Malines Gesuita spedito alla Corte di Spagna per tal effetto. non parve bene alla Regina, ch’il Padre Casati ritornato da Roma in Ambourg ripassasse in Svetia, per non rinovare i sospetti, e l’ombre havutesi già di loro, sapendosi massime esser state intercette alcune lettere, ch’esso Casati scriveva al Malines, dalle quali si comprendeva esser ambi due impegnati in un istesso negotio; & haver interessi communi. Si tolse il Padre Malines da Stocholm a 3 di Maggio 1653 doppo esservi stato poco più di 14 mesi; la lunghezza della navigatione per i venti contrarij al viaggio [p. 25 modifica]di Svetia a Lubecca, et il non haver incontrato così subito l’imbarco in Inghilterra, dove da Fiandra era passato a questo effetto, furono causa che non arrivò a Madrid prima delli due di Agosto, dove stette alcuni mesi senza haver nuova di Pimentel, e senza entrar nel negotiato, mentre teneva ordine di non cominciarlo, se prima non riceveva lettere di Sua Maestà, che gli le havrebbe spedite dietro. Era Don Antonio sopradetto partito da Stocholm l’Agosto sussequente, et imbarcatosi a Gottembourg, non andò molto, che facendo grand’acqua la nave, fu costretto a ritornarvi. Mentre si risarciva il vascello trascorso alla Corte, ch’all’hora era trasferita a Vesten, ivi ritrovò ordine di Spagna di fermarsi ancora qualche poco.

Da tal accidente impedita la Regina di valersi d’esso Capita in Svetia il Padre Guemes Dominicano, e di lui il serve Sua Maestà. Pimentel, surrogò in questo impiego il Padre Maestro Gio. Battista Guemes Domenicano. Stava questi in Danimarca col Conte di Rebogliedo Ambasciator Cattolico a quel Re, havendo da trattare nella Corte di Madrid alcuni affari appartinenti al detto Conte, s’era per godere, & aspettare la commodità dell’imbarco con Pimentel, trasferito nel mese di Luglio 1653 a Gottembourg, ma ritornata, come s’è detto, la nave indietro, e commandato a Pimentel di fermarsi andossene con lui a Vesten. La Regina havendolo conosciuto per soggetto di molta prudenza, & di altre ottime qualità, e considerando che non poteva dar sospetto con la sua andata in Spagna, perché [p. 26 modifica]già sapevasi andarsene per negotij di Rebogliedo, non perdé la congiontura di servirsi di lui, per far trattar in Madrid ciò ch’ella haveva disegnato dovesse operar Pimentel. Gli comunica l'affare, e lo spedisce in Ispagna. Gli communicò per tanto l’affare, e scrisse al Padre Malines, a cui haveva già dato ordine di non far alcun tentativo senza nuovi avvisi, che senza promover altro dovesse aspettarlo.

Partì dunque il Padre Guemes con dispacci della Regina, e di Pimentel a 9 Ottobre, e doppo molti disaggi, e ritardamenti, giongendo nel mese di Marzo 1654 alla Corte Cattolica, quivi con gran calore sollecitò le lettere Regie al Papa in accompagnamento di quella della Regina, & oprò sì honoratamente, e con tanta fede in questo importantissimo affare, che dichiarandosi poi Sua Maestà al maggior segno sodisfatta aprì seco ogni più stretta confidenza, dichiarandolo suo confessore, e servendosi di lui nelle risolutioni più difficili, e scrupolose. Ancorché non solo dalla voce delli sudetti due Padri Gesuiti, e Domenicano, e dalle lettere dello stesso Pimentel, fosse Suoi negotiati. il Re pienamente informato, & assicurato di tutto, ad ogni modo non puoté far di meno, di non restar qualche poco sorpreso nel sentir una risolutione sì grande, e mirabile, sembrandogli cosa malagevole, ch’una Principessa sì spiritosa, e di senno così sublime potesse abbandonare i Regni, la Patria, e que’ sudditi, Concetti del Re Cattolico à tal avviso. che sì teneramente amava, e proteggeva, per ridursi privatamente fuori di sì gran comando, col solo oggetto di vivere quietamente nella Religione [p. 27 modifica]Cattolica, discorrendo seco stesso, che se detta Regina non poteva in publico, poteva almen secretamente esercitare la vera Fede nel proprio Regno, e forse con maggiori vantaggi del Catolichismo, massime ch’il cedere lo scettro ad un nuovo Re, che poteva haver spiriti inquieti, e bellicosi, era un aprir forse la strada ad alcuna di quelle intraprese, che nelle afflittioni della Christianità poteva danneggiar assi più gli interessi de Cattolici, ch’acquistar tra gli applausi mondani gloria, e riposo alla Regina. Considerava anche saviamente, che le cose del Mondo non hanno altro di costante, che la incostanza, e che le donne particolarmente, benché di cuore, e di spirito erano soggette alla volubilità, onde non poteva col suo sodo intendimento, far sicuro giuditio sopra una semplice apparenza, né gli pareva convenisse alla propria gravità, e decoro di mettersi in impegno alcuno senza penetrar più avanti, e toccar il fondo di que’ motivi, da Perplessità del Re di Spagna. quali derivasse una risolutione sì grande, e poco costumata; ma poi certificatosi, che nella Regina abbondavano virtù heroiche, e talenti sublimi, col motivo de quali conosceva esser il Mondo uno di que’ nemici, che si vince fuggendo, e che se bene era Donna haveva però fortezza da calpestar le di lui potenze, lusinghe, affascinamenti, e vincer sé stessa. Si affettionò il Re Con gran pietà intraprende l'affare, e scrive al Papa. tanto ad una attione sì magnanima, che col pijssimo suo zelo verso l’honor di Dio, e della Sante Fede, non solo accompagnò, con ogni calore la lettera della Regina al Papa; ma esibì tutta la sua [p. 28 modifica]protettione, per l’incaminamento, e per l’effetto intiero alle sodisfattioni di sì degna, e virtuosa Prencipessa.

Gli stati di Svetia doppo la pace di Germania havendo rivolti subito i pensieri allo stabilimento del Regno, havevano anche appreso necessario il proveder, che mancando nel sangue Reale la successione mascolina, vi fosse alcuno ch’ascendesse quietamente, e senza strepito alla Corona; e già che il richiamar i suffragi delle antiche elettioni, non sembrava bene, essendosi conosciuto per prova che quelle spetie di Dominio, come poco durabile, e mal sicura era stata ben spesso ripiena di tumulti, e di calamità. Sì che concordava ogn’uno, che la Regina prendendo a sua sodisfattione Instanze de gli stati di Svetia alla Regina un sposo della stessa Religione, e non sospetto a gli stati, si dovesse stabilire nella prole di lei la sicurezza della successione. Fecero per tanto a Sua Maestà diverse instanze, e non mancarono di sollecitarne l’effetto.

La Regina che covava nell’animo disegni assai maggiori, valendosi del pretesto di non voler col prender marito soggettar la propria libertà ad alcuno, Risposte di Sua Maestà. si dichiarava, ch’essendo nata libera, libera anche voleva vivere, e morire. Ostentò di stimare, che tutti i Regni del Mondo fossero prezzo inferiore al preggio della libertà, esser questa sola la gemma più pretiosa nella sua Corona. Saper essa, che gli ingegni casti eran i più svegliati, spiritosi, e più atti a tutte le cose, che hanno bisogno d’intendimento, di spirito, e di prudenza. [p. 29 modifica]Gli stati scorgendola stabile nella risolutione di non maritarsi, pretesero almeno di destinargli un successore, a fine che mancando essa, non restasse alcuna difficoltà nella elettione d’un nuovo Re. E perché tutto ciò ch’è più desiderabile in un Prencipe, consiste, ch’egli sia valoroso, prudente, e buono; essamintesi nell’Assemblee di tutti quattro gli ordini del Regno maturamente le conditioni, e talenti de soggetti più cospicui, si rivolsero gli applausi, & i voti di tutti alla persona del sopradetto Prencipe Carlo Gustavo Palatino, Carlo Gustavo Palatino è dichiarato sostituto nel Regno dopo la morte della Regina. come quello che discendendo per nascita da Re, & Imperatori, & havendo sin allhora commandato a gli eserciti Svezzesi, haveva in tutte le occasioni dato gran prove del suo valore, e della sua prudenza, oltre che venendo straordinariamente affettionato da’ Popoli, e da’ soldati, non poteva desiderar argomenti più chiari della sua benemerenza, per esser sollevato al commando della Corona stabilita nella persona di lui, la sostitutione nel Regno per quando mancasse Cristina.

Divolgarono alcuni Politici, per entrar anch’essi a parte con loro discorsi d’un affare sì grande, non esser piaciuto alla Regina, che si fosse spalancata al desiderio di questo Prencipe la porta di dominare, ch’essendo questi gli più vivi, e sensibili tra gli affetti de gli huomini, potevano vedersi rinovati i scandali di que’ tempi, ne’ quali molti per gionger ben presto a’ loro intenti, niente stimando per empio, e scelerato, si gettarono sotto a’ piedi il rispetto, gli oblighi, l’ [p. 30 modifica]honore, e la propria conscienza. Ma s’ingannavano assai detti Politici nell’apprensione, che forse credevano di cagionare con loro discorsi, mentre misuravano i pensieri, e risolutioni di lei con la propria regola ordinaria dell’interesse di Stato. I pensieri di Sua Maestà havevano motivi, e fondamenti più sodi, e profondi. Ella ambiva di acquistar il Regno dove habitano gli Angeli, e però perdeva volentieri quello in cui stantiano gli huomini. Non poteva errare nella Tutta si confida in Dio. ragion di stato, chi si assicurava in quella di Dio. Cercava di conoscere Dio nelle vere grandezze, e felicità, e Dio se gli fece conoscere col darle senno, e vigore in cercar quello, che pochi bramano, e di sprezzar ciò che tutti desiderano. Per quello poi toccava alla riputazione & alla gloria humana, apprese di non poter neglio prolungare nella prosperità i brevissimi periodi della sua vita, che colla fama d’una delle più gloriose risolutioni, che si fossero mai sentite. Con molta carità, e franchezza, accordando dunque la sopravivenza del suo Scettro al medesimo Prencipe Palatino, andava indagando anche le forme, con le quali, senza iscoprire quali fossero i suoi interni pensieri, potesse liberamente rinunciargli il possesso di quei Stati, che non eran più suoi, perché gli haveva cambiati con quelli del Cielo. Gli pareva di non haver il lustro d’alcuna virtù, sedendo su quel trono, che non era illustrato da’ splendori della vera fede. Ella amava Dio, e però non poteva più affettionar il Mondo. Per salire alle grandezze del Cielo, bisognava [p. 31 modifica]che cadesse dalla altezza delle felicità terrene.

Palesata questa resolutione ad alcuni suoi confidenti, parve loro strano, ch’ella si volesse spontaneamente privare del Dominio d’un Regno, di cui non è la più desiderata cosa in terra: e come nelle mutazioni del Principe ben spesso ricevono alterazioni dannose anche le Città, et i Cittadini; così nell’apprensione de gli eventi futuri, e nella privatione d’un Risolve di cedere i Regni sì gran bene, che godevano, sentirono particolar passione, e discontento, affaticandosi in oltre di rimoverla da tali sentimenti con ragioni forti, e molto adequate alla qualità della materia di cui si tratta. Conoscevano qual era il genio del nuovo Re, quali le inclinationi martiali de’ Capitani di lui;onde dubitavano, che ciò potesse esser uno di quei castighi, che con apparenza di bene, si gettano sopra quelli, che Dio vuole punir di qualche male. Sospettavano, che Viene dissuasa; ma senza frutto. se la Regina amava la pace, e la buona corrispondenza con un’uno de’ Principi vicini, non fosse per esser simile il genio, e l’interesse del successore, che ambirebbe facilmente nell’ingresso del suo Principato di far pompa del suo valore, e di dar fomento a’ desiderij de’ suoi Capitani.

Per convincere l’intendimento di lei, e divertirla da sì gran deliberazione, molti de’ più intendenti, e zelanti ministri, a’ quali fece Sua Maestà l’honore di confidare il pensiero di rinonciare il Regno, ma non quello di mutar Religione, s’avanzavano sino a predirgli cattivi avvenimenti; ma non vi fu cosa, [p. 32 modifica]che potesse rattenerla nella mossa, che prendeva a tutto volo.

Si erano di già aggiustate tutte le cose spettanti a tal rinuntia, né altro mancava, che sollennizarla con quelle publiche funtioni, che si richiedono a casi simili. Segue la renuncia. Essendosi per tanto fatte già varie feste, e giostre in augurio fortunato della Incoronatione del nuovo Re; finalmente a’ 17 di Gennaro 1654 si venne alla conclusione. Havrebbe voluto il Principe Palatino differirla sino a Luglio seguente, mentre gli habiti, e le altre cose necessarie alla magnificenza di questo insolito spettacolo si preparassero. Ma la Regina, sprezzando ogni dimora, prevenne questi indugi con ogni sollecitudine, mentre ogni lieve momento, pareva troppo lungo soggiorno all’impatienza, che teneva Sua Maestà di ultimar i suoi secreti intenti.

Uscì per tanto il dì sudetto tre hore avanti mezo giorno dalle sue stanze, e comparve nel gran portico del Real Palazzo, accompagnata dal Senato, e da tutti i Grandi della Corte. Portava intorno una pomposa veste di porpora ricamata a corone d’oro, e con leggiadra gravità, caminando tra il numeroso stuolo di Gentilhuomini, et altre persone chiamate dalla curiosità a vedere una funtione sì celebre, et inusitata, Cerimonie di quest'attione. si pose in una sedia sotto ad un baldacchino d’argento nobilmente, e con pretiosi fregi lavorato. Qui allhora il Sig. Schering Rosemhain Senator del Regno, lesse ad alta voce lo stromento di donatione, che Sua [p. 33 modifica]Maestà faceva al sudetto Principe Carlo Gustavo Palatino, et una patente, nella quale il nuovo Re obligava ad essa Regina tre Isole, e diverse entrate provenienti dalla Pomerania, con altri regali, che stimossi ascender a 200 mila scudi l’anno. Havendo Sua Maestà accettate le lettere, si levò in piede, e toltasi da sé la Corona di testa, la diede in mano al Conte Pietro Braech Gran Prefetto del Regno, e primo Senatore. Lo Scettro, la spada, il globbo d’oro, e la chiave furono da lei pur consignati a’ quattro Gran personaggi, e Ministri del Regno, cioè al Conte Gustavo Horn Generale della militia, al Conte Gabriel Oxestern, al Conte d’Oxestern Gran Cancelliere, et al Conte Magno Gabriel della Garda Gran Tesoriere. Non restava alla Regina altro da spogliarsi, che la veste Reale, e vedendo essa, che coloro, a quali spettava, tardavano a scioglierla, ella medesima se la sciolse, e nel gettarla giù, scherzando con le sue Dame, rise piacevolmente Atto generoso di Sua Maestà. con esse, non vi essendo in tanto numero de circostanti, che potesse contener le lagrime in veder un’attione sì generosa d’un cuore, ch’haveva tributarij d’ossequio, e d’affetto gli animi d’ogn’uno. Deposto il manto Reale restò cinta d’una candidissima veste; e qui con affabilità maestosa, rivoltatasi verso la Nobiltà, e’l Popolo, con voce alta, e sonora, e con prodigiosa franchezza d’animo, orò per un quarto d’hora, con tanta energia, e soavità, che rimasero egualmente tutti abbagliati dallo splendore di tanta virtù, et inteneriti dalla soavità di maniere sì dolci, [p. 34 modifica]traboccarono in quel dispiacere, che non ammette conforto, né riceve moderatione.

Doppo di questo con un longo, e prudentissimo discorso, avvertì il nuovo Re di molte cose appartenenti al buon governo del Regno, et affettuosamente Dà alcuni avvertimenti al Re di lei successore. gli raccomandò la Regina sua Madre, gli amici, e tutti i sudditi da essa tenacemente amati; e con questo se ne ritornò nella medesima stanza, di dove era uscita, lasciando tutto il Popolo fra le tenebre della confusione, e del ramarico, mentre perdeva quel sole, che con benefici suoi splendori l’haveva tanto tempo governato.

Due hore doppo fu condotto il Principe Palatino nella Catedrale dell’Arcivescovo d’Upsalia, ove fu onto Re, e ricevette le insegne Reali, e’l giorno seguente gli fu prestato il giuramento solenne da tutti quattro gli ordini del Regno.

Vien il Principe Palatino onto Re di Svevia In queste funtioni furono sparse diverse monete d’oro, d’argento, tanto dalla Regina, quanto dal Re. Quelle del Re eran con l’effigie di lui, e lettere Carolus Gustavus, da una parte, e dall’altra una Corona Reale con lettere, che dicevano A Deo, et Christina. Quelle della Regina havevano la di lei imagine da una parte, e dall’altra una Corona con lettere, Et sine Te.

Il giorno doppo prestato al Re da gli stati il solito giuramento di fedeltà, la Regina visitata, e riverita da tutti partì da Upsalia verso Stocholm. Il Re l’accompagnò sin al Casale di Merstad, che sta a meza strada; [p. 35 modifica]e tutti i Senatori, Cavalieri, e Dame principali della Corte la servirono sin a Stocholm, ove si fermò tre giorni. Qui non vi fu alcuno che non volesse vedere, Ricorso della Regia in Stocholma, e sua partenza. e farsi vedere da lei. Ella accolse tutti con tanta cortesia, et humanità, che ben vi si scorgeva il gusto, ch’haveva di lasciargli ricordevoli delle sue virtù, e del suo dominio.

Haveva fatto credere di voler ridursi a vivere nell’Isola d’Oland Fà credere d'andarsene nell'Isola d'Oland lontana da Stocholm 50. leghe dentro il bellissimo Castello, che vi si trova fabricato, con un grandissimo parco per la caccia, ove solevano ritirarsi i Re a’ loro divertimenti.

Con questa voce uscì da Stocholm tre hore doppo il tramontar del Sole. Volse partir di notte, per non mirare le afflittioni, e lagrime di coloro, che apprendevano di restar privi di sì gran Regina, e di sì buona madre.

Con tutto ciò dal Palazzo Regio sin alla porta era Afflizioni del Popolo per questa partenza. grandissima la folla del popolo; ma era assai maggiore la pena, che opprimeva i loro sentimenti, ogn’uno come immobile, e muto con gli occhi fissi a terra, dava a conoscere, che un gran dolore non ha né pianti, né sospiri bastevoli ad esplicarlo.

Il Re haveva mandato la maggior parte della Corte ad accompagnarla, e servirla; erano tra questi il Senatore Carlo Soop con carica di Maggiordhuomo soggetto di gran qualità; il Sig. Fersen Gentilhuomo della Camera Cavalier di virtuosi talenti con altri sei Gentilhuomini del Re, tutti chiari di sangue, e di [p. 36 modifica]meriti, il Sig. di Ulefeldt Gran Maestro di Danimarca, già ritiratosi in Svetia sotto la protettione di Sua Maestà, i Senatori Conte Todt, e Baron Lind, il Conte Donoau Tenente Colonnello, tutti tre personaggi d’alta portata, e di tratti riguardevoli, con molti altri.

Nell’uscire dalla Città fu salutata dall’artiglieria delle mura, e de vascelli, e per dove passò fu assistita da Governatori delle Piazze e Provincie con soldatesca. Viaggio di Sua Maestà. Viaggiò tutta la notte, e la sera del giorno seguente si trovò a Nikopin residenza della Regina Maria Eleonora sua Madre, Principessa dotata di rare prerogative, dove non si fermò se non tanto che puote Visita la Regina sua Madre. abbracciar la sua cara Genetrice, e dargli l’ultimo a Dio. Non so se questa separatione gli fosse più sensibile, che quella del Regno. Io so bene, che se in questa s’allontanò volontariamente dal godimento d’un gran bene, in quella si divise da quella, che gl’era stata dispensatrice del proprio sangue.

La medesima notte, senza prender altro riposo, continuò il viaggio verso Norkopin Città, e porto di mare distante otto leghe da Nikopin. Era questa piazza una di quelle, che Sua Maestà s’era riservata per i suoi appanaggi. Qui fermossi un giorno per riposarsi, mentre doppo la sua partenza da Stocholm non haveva ancora dormito. Si portò l’altro giorno a Linkopin cinque leghe più avanti, dove pure si trattenne un giorno, di là s’incaminò a Iunkopin fortezza lontana quatordici leghe, ove dormì la notte. Avanzossi il dì seguente alla casa d’un Gentilhuomo Svezzese [p. 37 modifica]chiamato Giornonotte otto leghe distante, e qui sorpresa da una pleusitidie, o sia puntura di petto, fu necessitata fermarsi otto giorni. Guarita che fu dichiarossi di voler Si dichiara di mutar viaggio. mutar viaggio, et in vece d’incaminarsi verso l’Isola sudetta d’Oland, prese la strada di Almstat Terra situata nella Alandia, Provincia dieci anni prima occupata da gli Svezzesi al Re di Danimarca.

Questa Città è assai bella, cinta da mura forti, e distante dalla casa antedetta circa quindeci leghe. Quivi dimorò due giorni, e vi licentiò non solo gli officiali Licenzia diversi della Corte. del Re, che dovevano servirla sin al castello antedetto d’Oland; ma anche il Brodino Predicante Luterano, che l’haveva accompagnata da Stocholm, ritenendo però seco il Senatore Soop, e’l Conte di Donoau.

Avvanzatasi a Laolm castello nella medesima Provincia cinque miglia d’Almstat, ivi la stessa notte si fece tagliare i capelli, e vestitasi da Huomo prese la mattina Si veste da huomo per andar incognita. seguente il camino d’Ingelholm Terra piccola della Provincia di Blekingem spettante al Re di Danimarca, non conducendo seco altri, che li sudetti Signori Soop, e Dononau, il Conte di Stemberg Cavalier di gran valore Svezzese suo Cavallerizzo maggiore, il Sig. Wolf Gentilhuomo della Camera, il Sig. Apelman suo Segretario, e tre aiutanti di camera, fra tutti in numero di nove; fingendosi esser il Conte di Donau Svezzese, ch’andava a veder il Mondo, ciò fece per passar per la Danimarca senza suggettione d’inviti, e ricevimenti. Da Ingelholm gionse la medesima notte a Helsingbourg porto del Sunt, ch’è un braccio di mare [p. 38 modifica] Passa lo stretto del Sund. largo una lega in circa, per il quale passano necessariamente tutte le navi, che dal mar Baltico navigano verso Ponente, dove sogliono i Danesi visitar i vascelli, e riscuoter certa gabella. Lo traghettò in picciole barche, et entrata in Helsenor a 7 di Luglio, doppo havervi preso un poco di rinfresco, continuò diligentemente il suo viaggio, non trascurando però di dar un’occhiata a Fedricsbourg castello nobile, situato in vaga prospettiva, tre leghe sole lontano da Helsenor, che come luogo di delizie dei Re di Danimarca era sontuosamente parato. Giunse alle tre hore di notte a Rotschilt piccola Città situata a canto d’un certo lago, di là andò a Korsor porto sul Baltico, traghettò la medesima notte il Belt ramo di mare largo quattro leghe in circa, che divide la Provincia di Zeland da quella di Fünen, tutte della Dania. A 9 Luglio nello spuntar del sole trovossi a Nibork dirimpetto a Korsor pur porto di mare. Qui si trattenne sin che furono preparati i carri per viaggiare (sono questi tutti coperti, e molto comodi, e servono come i cocchi in Francia, e le carrozze in Italia). Si portò poi a Odensee Metropoli della medesima Provincia di Fünen, Città cinta da mura, e torri all’antica, assai vaga, e civile, per esser qualche mese dell’anno stanza della Corte di Danimarca, due leghe vicina al detto porto. Ivi stette la notte, e passando il giorno seguente per Kolding terra sopra un braccio di mare assai stretto, che gli serve di porto, benché sia fra terra, dove pure suole talhora soggiornar il Re, andò a [p. 39 modifica]Hadersleue luogo piccolo, e cinto da mura antiche.

Di qui continuò il suo viaggio, e la notte seguente arrivò a Flensbourg Città principale, e Porto di mare della Provincia di Iutland, famosa per il gran comercio, che tiene col Settentrione, e col Ponente.

Alli 10. passò per Rensbourg Terra murata, e la notte alloggiò a Ietzcho luogo aperto; nello spuntar dell’alba seguente, s’incaminò alla volta di Altennau, Città spettante al Conte di Oldembourg, tra il quale, e la Città di Hambourg verte non so che antica contesa, Arriva in Hambourg. pretendendo quel Conte maggior giurisdittione sopra un ponte di Hambourg, dove riscuote anche un picciolo tributo. Da Altennau vicino due picciole leghe pervenne la Regina in Hambourg il giorno stesso assai avanti al declinar del Sole, entrandovi però, e restandovi incognita sin al giorno seguente, e qui vestitasi da Donna, si fè vedere, e conoscere da qualcheduno.

Fermatasi quivi un giorno, si trasferì a Keummunster Città distante una giornata, per vedere il Principe S'abbocca col Principe Holfstein e conclude il matrimonio della di lui figliola col Re di Svetia. Federico d’Holstein, col quale si tratenne un giorno, trattando, e concludendo il matrimonio del Re di Svetia con la Principessa Heduyk Eleonora figlia del medesimo Principe Federico.

Haveva il Re di Svetia confidato alla Regina la sua inclinazione a questo parentado, e l’haveva pregata di favorirlo della sua interpositione, mentre, ch’ella vi consentisse. La Regina, che non poteva se non godere di dargli doppo il Regno anche la sposa, lo [p. 40 modifica]concluse subito con uguale obligazione delle parti verso l’opera sua. Ritornata poi in Hambourg vi stette sino alli 30. di Luglio.

Cinque giorni doppo l’arrivo di Sua Maestà vi sopragionse pur anche la Corte di lei rimasta à dietro, come si disse. Consisteva questa in cinquanta personè incirca, oltre à tre carrozze, diversi cavalli, e’l bagaglio; tra queste erano il Sig. Gustavo di Lilliecron Cavalier di gran valore, e di nobilissimi talenti, la moglie del sopradetto Conte di Stemberg con tre sue damigelle, il Signor Giovanni Uranghel, il Sig. di Silvekron Maestro di casa, il Dottor Weulen medico, & alcuni musici Italiani, quali tutti fecero la medesima strada per Danimarca.

Questo Rè, havendo subodorato il passaggio della Regina per i suoi stati, ambitioso di testificare i suoi ossequij verso di lei, si trasferì subito con la moglie, e tutta la sua Corte à Kolding, e sotto colore d’andar à caccia, portossi ad incontrar l’equipaggio di lei, apprendendo, che in quella comitiva si trovasse Sua Maestà, smontò di carrozza, e volse visitare quelle de’ Svezzesi; ma con tutte le sue diligenze, e premure non havendola trovata, sincerato che la Regina era veramente già trapassata, hebbe grandissimo dispiacere d’esser stato prevenuto dalla troppa sollecitudine di Sua Maestà, rammaricandosi sommamente di non haver potuto corrispondere a’ suoi doveri verso una Principessa di sì gran merito, e conditione, e sì cordialmente riverita da lui.