Elogio funebre di Giuseppe Remondini
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elogio funebre
di
giuseppe remondini
di bassano
Per recitarsi nel dì 4 febbraio, 1811, trigesimo delle sue esequie.
Nel corto periodo di non più che tre lune fu, o concittadini ornatissimi, volere di Dio ottimo massimo, che questa ragguardevole famiglia Remondini soggiacesse a due perdite, ahi troppo funeste! Ed il figliuolo ed il padre sono ceneri tuttora fumanti che si confondono insieme in un avello di questo tempio, l'uno mietuto nel vigore della gioventù più robusta, l’altro prima che da matura senettù fosse colto1. Estinte quelle faci che ardevano nel passato ottobre per la pompa funerea di giambattista remondini, di pia e onoratissima rimembranza2, si riaccendono in oggi per recare lugubre tributo a giuseppe remondini suo genitore. Ben io voleva nel giorno in cui ho accompagnata alla tomba la fredda sua spoglia salire animoso su pergamo, e palesando il mio lamento farvi tenebre invito a mescere col mio il vostro pianto; ma se indicibile cruccio sopravvenne allora a soffocar la voce affannosa, lasciate al
meno che in questo giorno trigesimo io sparga di qualche fiore il suo feretro, e inviti a spargerne meco quelle anime sensitive, le quali sanno ben valutare la perdila irreparabile che ha fatto la patria nostra. Io renderò dal mio canto ad un personaggio che mi fu padre, che mi fu amico e benefattore, che solo mi condusse a vivere non inonorato fra gli uomini colti ed onesti, un tributo di laude ingenua; né le finezze della eloquenza, non adattale al troppo breve mio ingegno, né veruna eleganza di bel parlare, ma paleserò, per quanto sarà in me, la riconoscenza di un figlio, il cuore di un amico, il rispetto di un estimatore della virtù. E tolga Iddio che l’adulazione investa il mio labbro. Giuro a voi, ascoltatori tutti che mi porgete benigno orecchio, giuro a voi, venerabili sacerdoti, che decorale queste solenni esequie, che la mia debil voce da null'altro è sciolta, se non che dall’ardente e vivissima voglia di vedervi qui tutti meco impegnati ad onorare la memoria di un uomo, le cui belle doti meritano di essere scritte nel libro d oro della posterità. Riguarderemo Giuseppe Remondini come ottimo nostro concittadino, lo riguarderemo come rispettabile padre di sua famiglia, e basteranno queste due
sole prerogative per dare bello argomento al mio elogio, e per darlo a voi di sempre rispettosa ricordazione.
Sarete meco d’accordo, o signori, che per ottenere giusta stima dagli uomini, qualunque sia la carriera che si voglia correre, converrà sempre che alla rettitudine del cuore, ed alla convenevolezza delle opere risponda con bella concordia la nostra applicazione a tutte quelle azioni che dimostrino in noi ben radicato l'amore di ogni più soda virtù. Resici con ogni industria men difettosi in faccia a noi stessi, e meritevoli dell'altrui stima, se poi piace alla Provvidenza di fornirci di qualche non ordinario talento, possiamo coraggiosi alimentar eziandio la speranza di non cadere nella dimenticanza dei nostri posteri. Lo sviluppo di questi germi e’l più felice risultamento apparecchiatevi a riconoscere nel nostro Giuseppe.
Nell’età fanciullesca di cinque anni il sagacissimo suo genitore lo consegna al seminario di Padova, e già di buon'ora voi cominciate a veder germogliare felicemente questa piccola pianticella, la quale però, affievolita da discipline severe, né salda abbastanza per sostenersi, dopo breve intervallo e trapiantata in clima men rigido, ed è consegnata in Bologna ai Padri della già estinta Compagnia di Gesù. Ombre onoratissime degl’illustr’ingegni Golino, e Roberti, nostri compatrioti, voi la innaffiaste di limpido umore, e grazie sieno a voi rese, come non meno al Bettinelli e al Giuliari, che indi le infusero quella vita per cui crebbe e si mantenne sempre vegeta e salda. Nel collegio dei Gesuiti di Bologna si diede tale attitudine alla coltivazione dello spirito di quest’alunno, e tanto amore gli venne instillato per l’amena letteratura e per gli antichi classici, che questi formarono poi sempre la più deliziosa occupazione della sua vita.
Fosse intanto o saggia previdenza del padre, il quale temesse che il suo corso mortale dovesse essere presto abbreviato, o fosse intensa di lui cura che il figliuolo s’iniziasse resto alla conoscenza e allo scandaglio dei moltiplici ed intralciati oggetti della mercatura, egli è certo, che pria di compiere il corso regolare dogli studi in Bologna, dovette il figlio restituirsi nel seno di sua famiglia. Qui fu consegnato ad un educatore3 che non cessò di tenerlo esercitato nella palestra scolastica, e qui nel tempo medesimo cominciò ad aprire gli occhi alla scuola del mondo, di quel mondo in cui dovea e per le paterne fortune, e per la bella sua indole, ed anche per la non ordinaria leggiadria della persona fare poi luminosa comparsa.
E così fu, miei signori. Già divenuto il figliuolo adulto, già reso util presidio nelle gravi cure domestiche, già immerso nel vortice di un’azienda vastissima, conobbe il padre ch’egli era ormai tempo di vedere questo suo primogenito posto al governo di sua famiglia, e divenire padre egli ancora; e quindi gli scelse in Teresa Gaudio una sposa che fossegli amorosa compagna, o che lo rallegrasse poi come madre di ottima prole. Quella sposa d’irreprensibil costume, di dirittura di mente e di cuore, fu presto madre felice, ed è adesso la venerabile matrona che voi vedete ammantata di luttuosa gramaglia piagnere con dignità perdite a lei tanto care, ed insegnarvi col vivo suo esempio la rassegnazione e ’l rispetto alle divine disposizioni.
Ma seguitiamo Giuseppe. Senza genitore rimasto, e secondato dalla piena fiducia in lui di Antonio suo fratello minore, eccovelo solo al timone di un gran naviglio, e scosso contemporaneamente dalle scintille di carità della patria, che formano l'ornamento di ogni animo ben costumato, trova nel suo impegno per li vantaggi di essa la sorgente di quelle sociali virtù che sogliono apportare frutti speziosi di pubblica utilità.
Voi sapete, o signori, che a’ tempi de’ nostri padri era in questa nostra amatissima Bassano non iscarso numero di cittadini, fiori di gentilezza e di onore, che le cose nostre reggevano con grande alacrità di animo, e con ispontaneo generoso sagrifizio di sè medesimi. Tra questa schiera ricercatevi il Remondini, e già il troverete incaricato sempre di quelle nobili incumbenze nelle quali dee principalmente spiccare sagacità d’intelletto e decoro del grado. Voleasi invocare l’ajuto dei Veneti nostri proteggitori? ed egli pronto volava alla capitale, e sapeva ottenere o la stabilità dei vostri privilegi, o le beneficenze che più vi stavano a cuore, ed indi tornava dentro alle vostre mura meritevole di civico alloro, ponendo in nobile obblio le sofferte cure e i dispendj. Trattavasi di riparare edifizj, di costruir nuove strade, di ornare di monumenti di buone arti, di rabbellire questo pur bellissimo ed amenissimo suolo? ed egli se ne occupava, pronto col consiglio e
coll’opera, o con ogni offerta più idonea. Avevate voi festività straordinarie? Vi ricordo quant'egli ha fatto in occasione della solenne beatificazione di Giovanna Maria Bonomo. Era il tempio votivo per sua diligenza ornato d'insolita pompa, eran feste, accademie, spettacoli nella città, gente straniera calcava in bulima le vostre strade, e beati giorni furono quelli ch’egli vi procacciò in così lieta solennità4. Volevate voi spargere di fiori le ceneri dei più illustri vostri concittadini? Morì fra noi il nostro ab. Giambatista Roberti, la cui fama è sì estesa, e Giuseppe gli ordì un elogio funebre che onorò il suo cuore e il suo ingegno, e che disse tutto commosso nelle sue esequie solenni5. Morì fuori del patrio letto il nostro diligentissimo storico Giambatista Verci, e Giuseppe, suo amico e suo estimatore, volle a sue spese rendergli con funereo apparato gli ultimi onori6. Eravi a grado che personaggi i più illustri fossero tra voi ben accolti? È inutile che io vi ripeta, ch'egli, ornamento della città e per la splendidezza ne' conviti, e per la cultura e amabilità nelle maniere, sapeva bene uomini di lettere celebratissimi, e uomini di alti e principeschi natali accogliere e ricettare.
E quanta utilità e quanto fregio non procacciò egli alla patria colle sue vaste officine? Erano da’ suoi avi gettate le fondamenta di sì gran mole, e dal suo genitore era questa mole di già portata a vistosa forma. Giuseppe vi aggiunse la eleganza, il decoro, e se prima di lui erasi sparso per tutta Europa il grido della vastità della tipografia e della calcografia Remondini, durante poi la sua vita egli l’accrebbe sempre più colla fama della grandezza e della magnificenza per vaste imprese sostenute onorevolmente7, Alcune edizioni per sua cura comparse vennero a gareggiare in lusso colle voluttuose parmigiane; leggiadre tavole intagliate in rame si pubblicarono che poteano formar il decoro di gabinetti eleganti, e carte geografiche e carte di spaziosa appariscenza, ed altre nuove manifatture s’introdussero, si sostennero, si fecer fiorire; e intanto da oltre dugento delle vostre famiglie quasi trovarono, la sua mercè, nutrite dell’oro che derivava dalle lontane contrade; e intanto molti dei vostri giovani si formarono valenti artefici ed anche uomini di chiarissima fama, e intanto ai lavori bassanesi voi vedeste tributare elogio e storici e statistici e viaggiatori assennati.
Le cose delle quali vi parlo appartengono principalmente ai tempi di tranquillità e di pace ma venuti i giorni delle inique rivoluzioni, si offuscò anche questo nostro cielo, e lui nuovo ordine di cose, gli orrori delle guerre, i disagi delle famiglie succedettero a porre in aspro cimento l'animo dei cittadini. Non pensiate per altro di trovare a quest’epoca il Remondini men attivo in mezzo a durissime circostanze. Dovea egli serbarsi per un’agitata famiglia; nientedimeno voi lo vedeste affrontare coraggioso ogni rischio, allargare la mano nel maggior uopo, entrar mediatore tra i potenti che dominavano, e soffrire e obbliare sino le ributtanti ingiurie di qualche sciaurato che pur nutrivasi del suo pane. Non gli increbbe di passar anche in altro città per coprirvi cariche fastidiose e per tenere sempre gli occhi fissi alla patria, onde non iscemasse giammai in grado e in considerazione. Partigiani, o cicchi o fanatici, voleano far onta ai suoi principi, ma erano sempre quelli della moderazione la più esemplare; e sempre amico dell’ordine e del buon costume, egli non sapea se non che obbedire rispettoso alle leggi, e comandare a' suoi dipendenti che niente uscisse giammai da' torchi familiari che po
tesse nuocere all’ordine pubblico, alla morale, alla religione. Il pio e dotto Vescovo nostro, che abbiamo non ha guari perduto8, teneramente lo amava e sinceramente apprezzavalo, perché appunto nella stagione più licenziosa egli dimostrò il cuore più sodamente attaccato alla patria, e più disposto alle sociali virtù. Il principe Abondio Rezzonico, senatore di Roma, uomo di alti e rigidi sensi che annualmente passava dal Campidoglio a godere degli ozj di questa sua dilettosissima Tempe, spandeva il suo cuore in quello dell’amico che per antichi legami, da questo aere purissimo alimentati, gli era sempre più caro. Si dolci vincoli ne si formano mai, né sono durevoli se non traggono la loro sorbente da reciproca stima e da bella confermazione dell’animo alla virtù; e sì onorevoli relazioni poss’io bene rispondervi che si valutarono nella capitale del regno italico, quando egli intervenne ai collegj elettorali dove chiarissimi personaggi lo circondavano, e felicitavano la sorte della nostra Bassano che fosse in possesso di così ottimo cittadino.
Che se ho toccate di volo le qualità dell'ottimo cittadino, ed ho fatto conoscere tale il nostro Giuseppe al cospetto della sua pa
tria, non meno facile e gradito sarà per me il mostrarlo adesso rispettabile padre di famiglia, e uomo da piagnerne anche per questo conto la perdita irreparabile. Piacciavi, miei signori, di apparecchiarvi a confortare della vostr’attonzione questa seconda parte del mio discorso.
Se ragguardevole padre di famiglia è colui il quale si trova fornito di consiglio che prevede, di accortezza che previene, di vigilanza che attende; se nobilissimo padre di famiglia è colui che studia sempre a’ mezzi di accrescerle pregio, e sa dare agli altri in se stesso un decoroso esemplare; se caro ed amabilissimo padre di famiglia e finalmente colui a cui non manca né bontà che lusinga, né sensitività che compatisce, né pazienza che sopporta, noi reggiamo, o signori, che il nostro Giuseppe in molte importanti occasioni seppe pur bene adempiere a quegli canoni di domestica felicità; e qui piacemi scorrere rapidamente sopra alcuna sui vicissitudine.
Era tuttavia in vita il padre suo quando fiera burrasca si sollevò in lido straniero io, mentre mi possente monarca non giurò niente meno dell'eccidio totale di questo nostro ragguardevol casato. Al minaccevole aspetto di
risultamenti inaspettati e terribili misesi in iscompiglio, e restò, direi quasi, oppresso il genitore, ma il figliuolo col crine biondo e colla lanuggine al mento, lungi dallo atterrirsi, si accigne soletto a lottare contro l'impeto de’ venti furiosi. Non v'è industria che non immagini non fatica che non sostenga, non buona scorta che non accarezzi: attivo, prudente, accorto perviene in fine ad abbonacciare il frutto irato, ed a coronare le sue fatiche col festeggiare nel patrio tetto e col rendersi proteggitore ed amico lo stesso ambasciatore di quel pripcipe che minacciava poco addietro la perdita della libertà del padre e la rovina della paterna fortuna9.
Tenea le redini del veneto governo un potente, cui era riuscito di rendersi ligie le volontà del maggior numero de’ suoi repubblicani, ed il cui spirito era invasato di riforme sempre rinascenti in molti rami di pubblica economia10. Volea egli soggettare a discipline difficilissime farle libraria, e quasi quasi annientarla nella Terra ferma per trapiantarla e concentrarla nella sola Venezia. Queste bassanesi officine rimasero per una seconda volta minacciate di distruzione; ma il provvido loro capo non si sgomenta per la forza
imponente del suo avversario, e con accortezza sa rendere frustranei gli altrui divisamenti, e sa dare nel tempo medesimo e nuova vigoria e nuova vita agli interni suoi affari. E ben molti e molti altri esempli potrei addarvi di sua vigilanza. Qua insorge aspro e tedioso litigio, là si attraversa una nuova impresa, qua si palesa una crisi difficile, là una inaspettata disavventura sta sopra, e torbidi sono anche que’ giorni che al vulgo appajono più sereni. La mercè del nostro attentissimo padre di famiglia non v’ha evento che giunga ad imbarazzarlo, non v’ha in mozzo al foro litigio da cui non esca coronato dalla vittoria, né havvi disavventura che provvidamente non allontani.
Che se vi prendesse talento di vederlo, dopo di avere dato alla sua proli; nobile e coltissima educazione, occuparsi nell'apprestare alla sua casa quel lustro di cui mancava a’ tempi de’ suoi maggiori, non temiate di non trovarlo anche in tali cure pieno di alacrità. Opera sua fu l’insignire la famiglia del titolo di una contea, acquistando il feudo di Gorumbergo. Ascritto alla nobiltà di Bologna non ricusò di passare in così illustre città por coprirvi posti assai luminosi11. Poeta ezian
dio secondare gl'inviti replicatamente fattigli di appartenere al Veneto patriziato, o quelli di fondare una commenda dell'ordine Gerosolimitano, ma vi si rifiutò sempre, temendo che ciò risultasse di troppo inciampo alle ordinarie sollecitudini. Fermò piuttosto il pensiere in quelle distrazioni che possono gradevolmente occupare lo spirito, estendere le sue relazioni, apprestare il corredo di nuovi lumi; ed a ciò ottenere scorse da un capo ali altro l’Italia tutta, offrendo in sé l'esemplare di un negoziante dovizioso ed accorto, di un uomo di alto e nobil carattere, di un non vulgare amatore di tutto quanto può alle buone arti ed alle buone lettere appartenere.
Ma se possono le appariscenti grandezze aggiugnere grado e dignità, non sono poi esse se non che perle d immondizie bruttate quando non emerga una soda cultura di spirito atta a dare loro lustro e splendore: brilla siccome astro a questo punto del mio elogio il nostro Giuseppe e potrebbe anzi, o signori, essermi facile di dipingerlo piuttosto che amatore e proteggitore delle lettere, professore egli stesso sperimentato in alcune studiose discipline. La sua conversazione e i simposj domestici pareano, la sua mercè, direi quasi accademie, e
fosse pure chi volesse richiamar alla memoria o qualche tratto di storia e di peregrina erudizione, o le men vulgari notizie che risguardano e storia e geografia e statistica, che trovavasi certamente pronta la soluzione di ogni men che ovvia richiesta12. Avvezzato di buon’ora a mantener vive molle corrispondenze epistolari, invidiabile era divenuta la convenienza, la fluidità del suo stilo. Immerso nella continua lettura, spezialmente di Orazio, di Cicerone e di Tacito, le belle forme dell’aurea latinità gli erano sì familiari, che in molte occasioni, o pel diletto suo proprio, o per corrispondere alle richieste altrui egli dettava nitide iscrizioni latine, delle quali potrebbesi formare non tenue raccolta, tale da rendere per sempre durevole la lama della molla perizia del loro autore13.
E nella bibliografia quanto innanzi non sentì egli? Ve lo dica la domestica biblioteca da esso immaginata e condotta in brevi anni a segno da divenire uno de’ più pregevoli monumenti, non dirò solo della famiglia e della patria, ma della nostra Italia. E di fatto e della patria non raccolse in questa una massa voluminosa di opere, bensì con bellissimo accorgimento mise insieme! le più rare pregiale edizioni
dei classici autori greci, latini, italiani, nei quali hassi il fondamento di ogni sapere, né guardò a spese ardite onde procurarsele anche di là dai monti e dai mari. Avendo alla sua famiglia l’arte della tipografia procacciato fama e fortuna, volle, dirò così, retribuire quest’arte con un nobile monumento di sua gratitudine, e fu quindi sollecito a riunire preziosi codici impressi nelle loro prime culle di Magonza e di Argentina, ed edizioni famose dei primi e più illustri stampatori delle città italiane. Passeggiando poi per i secoli a noi più vicini non obbliò un solo tipografo illustre, cosicché voi potete in battere di occhio ammirare in Bassano i capi d’opera dei Guttembergj, degli Spirensi, dei Jensoni, dei Manuzj, degli Stefani, degli Elzeviri, dei Comini, dei Baskerville, dei Didot, dei Bodoni, e di tant’altri che portarono alla eccellenza una invenzione sì utile e sì prodigiosa. La famiglia dei Manuzj sostenne da sé sola per oltre cent’anni con indicibili fatiche l’onore dell’arte della stampa; e scrupoloso il nostro Giuseppe nell’indagare le produzioni di torchj tanto famigerati, arrivò a tal segno da possedere il primo una così larga serie di edizioni degli Aldi da non conoscersi allora
altrove la più intera e copiosa. Libri sontuosi di viaggi, altri di piacevole filologia, esatte carte geografiche, stampe di rinomati bulini chiudono una serie che sarà sempre perenne indizio dei gusto e del sapere del suo fondatore. Questa serie alle mie cure affidata, questa serie utile alla famigliare e patria istruzione, questa serie a cui ho io dovuto gli ozj più cari della mia vita, se in voi risveglia. Concittadini ornatissimi, un sentimento di molta considerazione por lo ragguardevole suo fondatore, risveglia in me quello della più verace e della più intima riconoscenza.
Ma sia pure l'uomo, in qualunque stato in cui l’abbia posto la Provvidenza, accorto, prudente, addottrinalo, zelatore della propria fama, che se non serba dentro al petto un cuore buono e affettuoso, quale conto mai resta a farsi delle altro sue prerogative? o non gli divengono elleno piuttosto le mille volte doni fatali? Ah sì, che la più cara e la più vera, comeché qualche volta penosa sorgente di delizio, è la retta conformazione del nostro cuore alla bontà. Egli è un retto cuore quegli che riceve e tributa, che piagne e conforta, che chiede e dispensa, egli è che forma la parte eletta di noi medesimi. Ed era ap
punto la parte più eletta del nostro Giuseppe ne’ suoi attributi di cortesia, di assistenza, di sofferenza, di compassione. Parlo di uomo notissimo a tutti gli ordini della città nostra, né occorre che qui mi occupi a modellarlo adesso nelle azioni sue più minute. Dirò bene che non era domestico il quale non lo amasse come padre o fratello, anziché lo temesse come padrone. Dirò bene, che il suo fervido temperamento potea per poco spiegarsi quale nembo che minaccia procella, o qual torrente che impetuoso rincalza gli argini che lo raffrenano, ma il nembo scioglieasi poi sempre in pioggia feconda, ma il torrente depositava poi acque che rendeano più ubertoso il terreno inondato. Mai noi vedesti mal fermo nelle amicizie, giammai sconoscente alle più minute sollecitudini, giammai conobbe che cosa fosse partito, che cosa fosse ostinazione. Una tenera preghiera, un racconto compassionevole, una pittura tratteggiata di affettuosi colori bastavano sole a trargli lagrime di commozione. Ah un cuore di sì bella tempera mancherebbe per sempre alla patria, se voi, Francesco, figliuolo ed erede suo, non ve ne foste di già palesato imitatore col mantenere il governo di queste officine, sostenute per lo
addietro dal padre per esimia bontà di cuore in mezzo eziandio alle calamità e ai disastri. Potreste, è vero, riposare tranquillo all'ombra di una quercia cresciuta a sogno da far onta ai venti e alle tempeste, ma orrevolissima cosa vi sarà sempre il preferire al riposo una vita attiva, laboriosa, e fruttante opere di larga beneficenza.
Voi vi accorgete, uditori, che col rivolgere la mia orazione al figliuolo vi ho pur troppo condotti a quell’istante in cui, deplorando la perdita del genitore, si desta negli animi nostri una troppo acerba amarezza. Ah sì! per quell'ottimo cittadino, per quel ragguardevole padre di famiglia, di cui vi ho trattenuti sinora, sciogliamo il freno alle lagrime, rompiamo puro in flebili lamenti, poiché già balle improvvisa l’ultima sua ora ferale. Viveva egli vita vegeta e sana, quando, colto da insuperabile stagnamento di sangue, gli mancano ad un tratto sensi e loquela, e già minaccia di esserci tolto per sempre. Ah la scena di quel momento tuttora mi raccapriccia! Giaceva l'ottima consorte miseramente afflitta di morbo febbrile; era l'affettuoso figlio confuso e atterrito; vedeasi i famigliari immersi nella costernazione. La più cara, la più tenera, la
più virtuosa tra le figliuole tosto richiamasi al letto del genitore, d’intorno al quale piangono intanto gli amici inermi e pregano i sacerdoti. Se il sonno eterno è prolungalo di qualche istante, lo è appena quanto basta perché sopraggiunga qui la sua Barbara costernata14. Sull’ingresso della squallida stanza io la sento ancora esclamare: Ah l’estrema ora, spirata nelle mie braccia, siagli almeno di qualche alleviamento! e in così dire voi la vedete far onta a resistenze pietose per pur riabbracciare l’autor de’ suoi giorni. Vedetela trambasciata poi di dolore altro non rimanerle che alzare gli occhi al suo Dio, genuflettersi alla sponda di quel letto dove già lanciasi lo strale di morte, e ripetere: O padre, una volta almeno, una volta almeno alza, o padre, quella cara tua destra, e mi benedici!.... Ma il padre non vive più....
Mi è forza il ripeterlo: O anima benedetta, non vivi più alla tua patria, alla tua famiglia, a’ tuoi amici, né a voi, miei compagni, che vissuti e nutriti foste al suo fianco; non vivi più a me, cui è tolto di strigner più quella mano che por sei lustri mi resse, di ascoltar più quella voce che mi fu guida e conforto... Lamento più che la tua sorte, la mia.... Ma
deh almen di lassù, dove i buoni hanno asilo, da quella sfera celeste ove sarai salita, volgi a me benigna lo sguardo. Gratitudine, tenerezza, rispetto, a me dettarono la flebile commendazione che oggi li ho resa. Ho per quanto fu in me operato perché la memoria delle lue esimie doli non venga mai meno. Altro non restami che attendere il giorno in cui, disciolto io pure da questo frale, possa ricongiugnermi a te, per salutarli anche allora come padre, come amico, come benefattore: che Iddio secondi
i miei voti.annotazioni
(1) Nacque Giuseppe Remondini il dì 17 maggio 1745, e morì il dì 4 gennajo 1811. Per eredità materna assunse anche il cognome di Perli, impostogli dal testatore.
(2) Giambatista Remondini, figliuolo primogenito di Giuseppe, era uomo fornito di ogni cultura di spirito, negli ecclesiastici, e spezialmente ne’ liturgici studj versatissimo.
(3) Fu suo educatore in Bassano l'abate Francesco Gualtieri di Pesaro, uomo assai colto, molto istrutto nella bibliografia e diligente correttore di stampe. Egli raccolse nelle nostre contrade una ricca suppellettile di rari libri che trasportò poi in Inghilterra. Gli succedette l'abate Sebastiano Menchetti di Lucca, dottissimo e savissimo uomo, che per l'onore della tipografia e per il bene della famiglia Remondini visse lungamente in essa, e vi chiuse gli occhi nell'anno 1799.
(4) Tra le varie solennità fattesi quando salì all'onore degli altari Giovanna Maria Bonomo, monaca del monastero di s. Girolamo, morta in Bassano nell'anno 1670, fu cura del Remondini d'invitare i più famigerati oratori che allora avesse l'Italia, onde formasse a gara un triplice panegiro della eroina. In quest'occasione il nostro gentile anacreonte Bassanese, Iacopo Vittorelli compose una Cantata che abbiamo a stampa, e che venne con grande pompa eseguita in musica nella bella Villa Rezzonico.
(5) Parla di quest'orazione anche Giambatista Giovio nel suo Elogio del conte Giambatista Roberti. Bassano, 1787, in 8.
(6) In quest'occasione il chiarissimo abate Luigi Lanzi, il quale soggiornava allora in Bassano per la stampa della sua Storia Pittorica dell'Italia, compose a decoro della pompa funebre la seguente iscrizione:
Io · batistæ · matthæi · f· vercio
patricio · bassanensi
viro · probo · scriptori · volvmnum · plvrimorvm
qvorum · editore · patriæ · historia
et · marchiæ · travissinæ · antiqvitas
totivsq · ævi · medii · memoria · explicatior · est
qvi · dvm · ervditionis · cavssa
cvm · francisco · donato · viro · excellentissimo
præfecto · avtvmnales · ferias · peregre · agit
rhodigi · obiit · iii· kal· nov· an· mdcc· xcv·
vix · an lvi· m· i· d· xxii·
natvræ · et · litteris · modicvm · gloriæ · satis
iosephvs · pellivs · comes ·remondinvs
civi · optimo · et · contvbernali · desideratissimo
deq· typographia · sva · optime · merito
cvm · typographiæ · officinatoribvs
ivsta · persolvit·
(7) I libri del Marescandoli di Lucca, e isanti del Remondini di Bassano erano in tanto disprezzo tenuti, che quasi per proverbio si ricordavano in
Italia siccome rifiuti della stampa e della calcografia. L’origine delle fabbriche Remondiniane risale alla metà del secolo decimosettimo, ed esse si sostennero per lunga stagione, siccome produttrici di manifatture del prezzo più vile. Giambatista Remondini, padre del nostro Giuseppe, diede straordinario e felice moto colle domestiche officine, ed egli fu specialmente che seppe aprirsi un commercio nelle più rimote contrade, e che alle imprese più dozzinali aggiunse anche quelle che avrebbero reso onore a qualunque esperto e dovizioso tipografo. Nel periodo di pochi anni pubblicò opere assai dispendiose per la loro mole, senza bisogno di alcuna pubblica o privala assistenza. La Teologia del Petavio, in sette volumi in foglio, le Opere del Morgagni, in sei volumi in foglio, quelle del Graveson, in diciannove volumi in quarto, quelle di Benedetto xiv}}, in quindici volumi in foglio, le Teologie del Berti e del Patuzzi, che formano tredici volumi in foglio, e la Somma di s. Tommaso, in dieci volumi in foglio, s’impressero tra il 1760 e il 1770, cioè in poco men di due lustri, e questa ultima edizione riuscì eziandio nobilissima. Giuseppe Remondini, sostenendo poi la grandiosità delle imprese paterne, vi tolse quella ruggine in cui restavano involte, e affidando la correzione delle stampe ad uomini addottrinati, e promovendo le manifatture degli intagli in rame, si attirò meritamente gli elogi dovuti agli uomini di non ordinaria elevatezza d'ingegno. Se non fortunate in commercio, belle però ed assai splendide furono le sue edizioni degli Annali di Bologna del Savioli, in sei volumi in quarto, delle opere di Matematiche del Boscovich, in cinque volumi in quarto, e di tutte
le opere di s. Agostino, in diciotto volumi in quarto. Eccellenti ed utilissimi libri riuscirono il Dizionario Francese-Italiano dell’Alberti, in due volumi in quarto, quello degli Uomini illustri, in ventidue volumi in ottavo, le nitide ristampe dei Classici Autori ad usum Delphiini in forma di quarto, e tante altr'edizioni che tenevano sempre occupati sedici in diciotto torchj da stampa. Quanto ai lavori ai calcografia, pei quali erano in attività ventiquattro torchj, egli li promosse coll'opera di artisti che ebbero per lo più la culla in Bassano, alcuni dei quali si resero poi chiarissimi. Con molta eleganza venne ciò espresso nella seguente bolla iscrizione del chiarissimo Stefano Morcelli, la quale vedesi scolpita in marmo nell’officina degl'incisori in rame:
heic · tvscvs · bartolotivs · ocellvs · britanniæ
magisterivm · artis · pavlisper · exercvit
heic · civis · volpatvs · deliciæ · vrbis
heic · plvres · alii · svmma · tvnc · spe · adolescentes
nvnc per · evropam · celebres
tirocinio · in · remond1niana · officina · posito
æra · cæsim · pvnctimque
cælare · institvervnt
qvoevm · iam · opera · regiis · impressa · chartis
vt · imagines · reddidere
miracvlo · orbi · svnt·
(8) Monsignor Marco Zaguri, che mancò di vita nel settembre 1810. Il Remondini dettò la epigrafe da scolpirsi sopra il suo avello, e, raccorciata per altrui opera, leggesi oggidì nel Duomo di Vicenza.
(9) Dai regni delle Spagne e del Portogallo soleano spedirsi a Bassano gli esemplari delle goffe immagini che si teneano in venerazione al Brasile,
al Perù ni Paraguai; e da Bassano valicavano poi nel Nuovo Mondo le immagini stesse, moltiplicate a migliaia. Erano nel 1766 gli spiriti in fermento per la espulsione dalle Spagne de’ Gesuiti, e i varj partiti si scapricciavano con libelli e con satire. O fantasia, o suggestione, o amor di guadagno suggerì ad uno Spagnuolo di far incidere dal Remondini una satirica stampa rappresentante il Giudizio Universale, sull'originale disegno mandalo da Madrid; e la incisione in Bassano fu eseguita, e furono tosto trasmesse le impressioni ai loro lontani destini. Ma il Giudizio Universale meritava di essere giudicato severamente. Il disegnatore, per isfogare la sua l'altrui bile, avea collocate le armi Borboniche tra il purgatorio e lo inferno, con i demonj in atto di aggrappare coll'unghie e strascinare le armi stesse nelle lor malebolge. Non fu lieve opera il liberare il calcografo da un'accusa che aveva almeno ogni giusto aspetto di colpa, e senza l'attività ed il coraggio del figliuolo Giuseppe sarebbesi veduto oppresso ed esule il genitore. Ebbe fine quest’amara vicenda con la più leale riconciliazione seguita coll'ambasciatore spagnuolo, il quale a bella posta si trasferì a Bassano presso il Remondini, ed in progresso di tempo rimase poi sempre suo protettore e suo amico.
(10) Andrea Tron, procuratore di s. Marco, il quale aveva varie volle coperta la carica di Riformatore degli studj di Padova, carica a cui erano devoluti tutti gli affari librarj.
(11) Sostenne in Bologna por due volte la magistratura di Anziano, ch'era una primarie e la sostenne con non ordinaria splendidezza.
(12) Compose un'opera di geografia antica e moderna, lavorata su quella del francese Grenet. Di questa sua letteraria fatica rimangono tuttavia importantissimi materiali: ne venne anche incominciata la edizione, ed era già presso al suo termine il primo volume quando le rivoluzioni politiche gli suggerirono il sospenderne la stampa, onde conformarla al novello ordine di cose. Negli ultimi anni del viver suo non gli rimase più ozio da dedicare ad uno studioso lavoro che lo distraeva piacevolmente e che lasciato ci avrebbe una bella prova della vasta sua erudizione.
(13) Non senza la più viva commozione dell'animo accenno la luttuosa scena di Barbara Remondini, maritata nell'ottimo cavaliere Francesco Folco di Vicenza; e non senza il più affettuoso interesse ripeto qui nuovamente il nome, mentre per occulta virtù che da lei mosse trovatomi ad essa legato da una quadrilustre amicizia. Di quest’amicizia, divenuta oggidì tanto più soave quanto chè è la sola che ci compensi ambedue della perdita irreparabile, io menerò sempre una onesta e giusta ostentazione.
- ↑ [p. 155 modifica]Nacque Giuseppe Remondini il dì 17 maggio 1745, e morì il dì 4 gennajo 1811. Per eredità materna assunse anche il cognome di Perli, impostogli dal testatore.
- ↑ [p. 155 modifica]Giambatista Remondini, figliuolo primogenito di Giuseppe, era uomo fornito di ogni cultura di spirito, negli ecclesiastici, e spezialmente ne’ liturgici studj versatissimo.
- ↑ [p. 155 modifica]Fu suo educatore in Bassano l'abate Francesco Gualtieri di Pesaro, uomo assai colto, molto istrutto nella bibliografia e diligente correttore di stampe. Egli raccolse nelle nostre contrade una ricca suppellettile di rari libri che trasportò poi in Inghilterra. Gli succedette l'abate Sebastiano Menchetti di Lucca, dottissimo e savissimo uomo, che per l'onore della tipografia e per il bene della famiglia Remondini visse lungamente in essa, e vi chiuse gli occhi nell'anno 1799.
- ↑ [p. 155 modifica]Tra le varie solennità fattesi quando salì all'onore degli altari Giovanna Maria Bonomo, monaca del monastero di s. Girolamo, morta in Bassano nell'anno 1670, fu cura del Remondini d'invitare i più famigerati oratori che allora avesse l'Italia, onde formasse a gara un triplice panegiro della eroina. In quest'occasione il nostro gentile anacreonte Bassanese, Iacopo Vittorelli
- ↑ [p. 156 modifica]Parla di quest'orazione anche Giambatista Giovio nel suo Elogio del conte Giambatista Roberti. Bassano, 1787, in 8.
- ↑ [p. 156 modifica]In quest'occasione il chiarissimo abate Luigi Lanzi, il quale soggiornava allora in Bassano per la stampa della sua Storia Pittorica dell'Italia, compose a decoro della pompa funebre la seguente iscrizione:
Io · batistæ · matthæi · f· vercio
patricio · bassanensi
viro · probo · scriptori · volvmnum · plvrimorvm
qvorum · editore · patriæ · historia
et · marchiæ · travissinæ · antiqvitas
totivsq · ævi · medii · memoria · explicatior · est
qvi · dvm · ervditionis · cavssa
cvm · francisco · donato · viro · excellentissimo
præfecto · avtvmnales · ferias · peregre · agit
rhodigi · obiit · iii· kal· nov· an· mdcc· xcv·
vix · an lvi· m· i· d· xxii·
natvræ · et · litteris · modicvm · gloriæ · satis
iosephvs · pellivs · comes ·remondinvs
civi · optimo · et · contvbernali · desideratissimo
deq· typographia · sva · optime · merito
cvm · typographiæ · officinatoribvs
ivsta · persolvit· - ↑ [p. 156 modifica]I libri del Marescandoli di Lucca, e isanti del Remondini di Bassano erano in tanto disprezzo tenuti, che quasi per proverbio si ricordavano in
- ↑ [p. 158 modifica]Monsignor Marco Zaguri, che mancò di vita nel settembre 1810. Il Remondini dettò la epigrafe da scolpirsi sopra il suo avello, e, raccorciata per altrui opera, leggesi oggidì nel Duomo di Vicenza.
- ↑ [p. 158 modifica]Dai regni delle Spagne e del Portogallo soleano spedirsi a Bassano gli esemplari delle goffe immagini che si teneano in venerazione al Brasile,
- ↑ [p. 159 modifica]Andrea Tron, procuratore di s. Marco, il quale aveva varie volle coperta la carica di Riformatore degli studj di Padova, carica a cui erano devoluti tutti gli affari librarj.
- ↑ [p. 159 modifica]Sostenne in Bologna por due volte la magistratura di Anziano, ch'era una primarie e la sostenne con non ordinaria splendidezza.
- ↑ [p. 160 modifica]Compose un'opera di geografia antica e moderna, lavorata su quella del francese Grenet. Di questa sua letteraria fatica rimangono tuttavia importantissimi materiali: ne venne anche incominciata la edizione, ed era già presso al suo termine il primo volume quando le rivoluzioni politiche gli suggerirono il sospenderne la stampa, onde conformarla al novello ordine di cose. Negli ultimi anni del viver suo non gli rimase più ozio da dedicare ad uno studioso lavoro che lo distraeva piacevolmente e che lasciato ci avrebbe una bella prova della vasta sua erudizione.
- ↑ [p. 160 modifica]Non senza la più viva commozione dell'animo accenno la luttuosa scena di Barbara Remondini, maritata nell'ottimo cavaliere Francesco Folco di Vicenza; e non senza il più affettuoso interesse ripeto qui nuovamente il nome, mentre per occulta virtù che da lei mosse trovatomi ad essa legato da una quadrilustre amicizia. Di quest’amicizia, divenuta oggidì tanto più soave quanto chè è la sola che ci compensi ambedue della perdita irreparabile, io menerò sempre una onesta e giusta ostentazione.
- ↑ [p. 160 modifica]Non senza la più viva commozione dell'animo accenno la luttuosa scena di Barbara Remondini, maritata nell'ottimo cavaliere Francesco Folco di Vicenza; e non senza il più affettuoso interesse ripeto qui nuovamente il nome, mentre per occulta virtù che da lei mosse trovatomi ad essa legato da una quadrilustre amicizia. Di quest’amicizia, divenuta oggidì tanto più soave quanto chè è la sola che ci compensi ambedue della perdita irreparabile, io menerò sempre una onesta e giusta ostentazione.