Commedia (Buti)/Paradiso/Canto XXXII
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(Commento di Francesco Da Buti) (XIV secolo)
Canto trentaduesimo
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C A N T O XXXII.
1Affetto al suo piacer quel contemplante
Libero officio di dottore assunse,
E cominciò queste parole sante:
4La piaga che Maria richiuse et unse,
Quella, che è tanto bella da’ suoi piedi,
E quella che l’aperse e che la punse.1
7Nell’ordine, che fanno i terzi sedi,
Siede Rachel di sotto da costei
Con Beatrice, siccome tu vedi.
10Sara, Rebecca, Iudit e colei,
Che fu bisava al Cantor, che con dollia
Del fallo disse: Miserere mei,
13Puoi tu veder così di sollia in sollia
Giù digradar, com’ io ch’ a proprio nome
Vo per la rosa giù di follia in follia.
16E dal settimo grado in giù, siccome
Infine ad esso, succedeno Ebree,
Dirimendo del fior tutte le chiome.2
19Perchè secondo lo sguardo, che fee3
La fede in Cristo, queste sono il muro,
A che si parten le sacre scalee.
22Da questa parte, onde ’l fiore è maturo
Di tutte le suo follie, sono assisi
Quei che credettono in Cristo venturo.
25Dall’altra parte, onde sono intercisi
Di voto i semicirculi, si stanno4
Quei ch’a Cristo venuto ebber li visi.
28E come quinci il glorioso scanno
De la Donna del Cielo, e li altri scanni
Di sotto lui cotanta cerna fanno;
31Così di contra quel del gran Ioanni;
Che sempre santo il diserto e ’l martiro
E l’inferno sofferse da du’ anni:5
34E sotto lui così in cerne sortiro6
Francesco, Benedetto et Augustino,
Et altri fin quaggiù di giro in giro.
37Or mira l’alto proveder divino,
Che l’uno e l’altro aspetto de la fede
Equalmente empierà questo giardino;
40E sappi che dal grado ingiù, che fiede
A mezzo ’l tratto le due discrezioni,
Per nullo proprio merito si siede;
43Ma per li altrui, con certe condizioni:
Chè tutti questi sono spirti asciolti,7
Prima ch’avesser vere elezioni.
46Ben te ne puoi accorger per li volti,8
Et ancor per le voci puerili,
Se tu ragguardi bene, e se li ascolti.9
49Or dubbi tu, e dubitando sili;10
Ma io ti solverò forte legame,11
In che ti stringon li pensier sottili.
52Dentro all’ampiezza di questo reame
Casual punto non può aver sito,
Se non come tristizia, sete o fame:12
55Chè per eterna legge è stabilito
Quantunche vedi, sì che iustamente
Ci si risponde da l’anello al dito.
58E però questa festinata gente
A vera vita non è sine causa,
Intra sè qui più e meno eccellente.13
61Lo Rege, per cui questo regno pausa
In tanto amore et in tanto diletto,
Che nulla voluntà è di più ausa,
64Le menti tutte nel suo lieto aspetto,
Creando, a suo piacer di grazia dota
Diversamente; e qui basti l’effetto.
67E ciò espresso e chiaro vi si nota
Ne la Scrittura santa in quei gemelli,
Che ne la Madre ebber l’ira commota.
70Però, secondo ’l color dei capelli
Di cotal grazia, l’altissimo lume
Degnamente convien che s’incappelli.
73Dunque senza mercè di lor costume
Locati son per gradi differenti,
Sol differendo nel primiero acume.
76Bastavasi ne’ seculi recenti14
Coll’ innocenzia, per aver salute,
Solamente la fede de’ parenti.
79Poi che le prime etadi fuor compiute,
Convenne ai maschi all’innocenti penne,
Per circuncider, acquistar virtute;
82Ma poi che ’l tempo de la Grazia venne,
Senza ’l battismo perfetto di Cristo,15
Tale innocenzia laggiù si ritenne.
85Ragguarda omai ne la faccia, ch’a Cristo
Più si somillia: chè la sua chiarezza16
Sola ti può disporre a veder Cristo.
88Io viddi sopra lei tanta allegrezza
Piover, portata ne le menti sante,17
Create a trasvolar per quella altezza,
91Che quantunche io avea visto davante,
Di tanta ammirazion non mi sospese,
Nè mi mostrò d’Iddio tanto sembiante.
94E quello Amor, che prima lì discese,
Cantando: Ave, Maria, gratia piena,
Dinanzi a lei le sue ali distese.
97Rispuose a la divina cantilena
Da tutte parti la beata Corte,
Sì che ogni vista sen fe più serena.
100O santo Padre, che per me comporte
L’esser quaggiù, lassando l dolce loco,
Nel qual tu siedi per eterna sorte,18
103Qual è quell’ Angel, che con tanto gioco
Guarda ne li occhi la nostra Regina
Innamorato sì, che par di foco?
106Così ricorsi ancor a la dottrina
Di Colui, ch’ abbelliva di Maria,
Come del Sol la stella matutina.19
109Et elli a me: Baldezza e leggiadria,
Quant’esser può in Angelo, o in alma,
Tutt’è in lui, e sì volliam che sia:20
112Perch’elli è quello che portò la palma
Giuso a Maria, quando il Figliuol d’ Iddio21
Carcar si volle de la nostra salma.
115Ma viene omai colli occhi, siccom’ io22
Andrò parlando, e nota i gran patrici
Di questo imperio iustissimo e pio.
118Quei du’ che seggon lassù più felici,
Per esser propinquissimi ad Augusta,
Son de la rosa quasi du’ radici.23
121Colui, che da sinistra li s’adiusta,24
È ’l Padre, per lo cui ardito gusto
L’umana spezie tanto amaro gusta.25
124Dal destro vedi quel Padre vetusto
Di santa Chiesa, cui Cristo le chiavi26
Raccomandò di questo fior vetusto.
127E quei, che vidde tutt’i tempi gravi,
Pria che morisse, de la bella sposa,
Che s’acquistò co la lancia e coi clavi,27
130Siede lunghesso; e lungo l’altro posa
Quel Duca, sotto cui visse di manna
La gente ingrata, mobile e ritrosa.
133Di contra a Piero vedi seder Anna,
Tanto contenta di mirar sua fillia,
Che non muove occhio per cantare Osanna.
136E contra ’l maggior Padre di famillia
Siede Lucia, che mosse la tua donna,
Quando chinavi a ruinar le cillia.
139Ma perchè ’l tempo fugge che t’ assonna,
Qui farem punto, come ’l buon sartore,
Che, com’ elli à del panno, fa la gonna;
142E drizzeremo li occhi al primo Amore,28
Sì che, guardando verso lui, penetri,
Quant’è possibil, per lo suo fulgore.
145Veramente, non forse, tu t’aretri,
Movendo l’ ali tue, credendo oltrarti,
Orando grazia convien che s’ impetri,
148Grazia da quella che può aiutarti;
E tu mi segue co l’ affezione,29
Sì che dal dicer mio lo cuor non parti;
151E cominciò questa santa orazione.
- ↑ v. 6. C. A. A colei che
- ↑ v. 18. C. A. Diramendo
- ↑ v. 19. Fee. Le terze persone singolari del passato nella seconda coniugazione da principio caddero in i alla maniera latina, fui, fei da fuit, fecit; onde poscia, affine di uniformarle a quelle del presente ed imperfetto, fu cambiato l’i finale, e ne risultò fue, fee, temee ec. E.
- ↑ v. 26. C. A. Devoti i
- ↑ v. 33. C. A. Sofferse, e poi l’inferno da
- ↑ v. 34. C. M. cerna — C. A. così cerner
- ↑ v. 44. C. A. assolti,
- ↑ v. 46. C. A. te ne puoti
- ↑ v. 48. C. A. Se tu li guardi
- ↑ v. 49. Sili, dal silere latino; tacere. E.
- ↑ v. 50. C. A. il forte
- ↑ v. 54. C. A. o sete o
- ↑ v. 60. C. A. Entrasi qui
- ↑ v. 76. C. A. Bastava lì nei
- ↑ v. 83. C. A. Senza battesmo
- ↑ v. 86. C. A. si assomiglia:
- ↑ v. 89. C. A. delle menti
- ↑ v. 102. C. A. eternal
- ↑ v. 108. C. A. del Sole stella
- ↑ v. 111. C. A. volem
- ↑ v.113. C. A. Qui a
- ↑ v. 115. C. A. Ma Vienne omai cogli occhi, sì come io
- ↑ v. 120. C. A. d’esta rosa
- ↑ v. 121. C. A. le si aggiusta,
- ↑ v. 123. C. M. C. A. venusto,
- ↑ v. 125. C. A. a cui
- ↑ v. 129 Clavi; chiodi, giusta il latino clavus E.
- ↑ v. 142. C. A. dirizzerem gli
- ↑ v. 149. C. A. mi seguirai con l’
C O M M E N T O
Affetto al suo piacer ec. Questo è lo xxxii canto della terza cantica, nel quale lo nostro autore finge in che ordine vidde stare li beati in vita eterna, secondo che li mostrò santo Bernardo. E dividesi tutto in due parti: imperò che prima descrive, secondo la sua fizione, in che ordine stavano li beati di vita eterna, mostratoli di santo Bernardo; nella seconda parte finge che santo Bernardo li mostrasse spezialmente la Nostra Donna e quelli che sedevano prossimani a lei, nominandole alquanti; e poi facendo fine a questa materia, lo induce a dimandare grazia a la Vergine Maria, et incominciasi la seconda: Ragguarda omai ec. E la prima di tutte si divide in sei parti: imperò che prima finge come santo Bernardo, poi che ebbe preso refezione ne lo sguardo de la Vergine Maria, l’incominciò a mostrare di sotto da lei Eva, e di grado in grado infine al settimo ne nomina di quelle donne, che furono ne la legge de la natura, che credettono in Cristo venturo; nella seconda finge come dal settimo grado ingiù li mostrò l’Ebree, che furno nella legge della Scrittura, et incominciasi quine: E dal settimo grado ec.; nella terza parte finge che santo Bernardo li mostrasse di contra a quelli, che mostrato aveva, coloro che credettono in Cristo venuto, et incominciasi quine: E come quinci ec.; nella quarta parte finge che santo Bernardo li dimostri lo dubbio ch’elli avea e comprendea dentro da sè, et incominciasi quine: Or dubbi tu ec.; nella quinta parte finge che santo Bernardo, mosso lo dubbio, lo incominciò a solvere, et incominciasi quine: Lo Rege, per cui questo ec.; nella sesta parte finge come santo Bernardo dichiarò come si salvavano li parvoli ne li tre stati, cioè della legge della natura, della legge della Scrittura e de la legge della grazia, et incominciasi quine: Bastavasi ne’ seculi ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo co l’esposizioni litterali, allegoriche e morali.
C. XXXII — v. 1-15. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come santo Bernardo, poi che ebbe contemplato la gloria della Vergine Maria quanto li piacque, li cominciò a mostrare l’ordine de’ beati ne la forma della rosa, che figurava le sedie de’ beati, dicendo così: Affetto; qui debbe notare lo lettore che tutti i testi de l’autore si truovano dire l’effetto; lo quale testo, secondo lo mio parere, è stato corrotto e non credo che l’autore dicesse l’effetto: imperò che, secondo lo mio iudicio, non verrebbe a dire nulla in questa parte; ma credo che dicesse Affetto, come dimostrano le parole precedenti nel canto precedente, quando dice: Li suoi con tanto affetto volse a lei, dove si dimostra che santo Bernardo si volse a contemplare la gloria della Vergine Maria con grandissimo desiderio; e però incomincia ora lo canto: quel contemplante; cioè santo Bernardo, Affetto; cioè affettuoso fatto e desideroso e dato a la contemplazione de la Vergine Maria, al suo piacer; cioè quanto li piacque; e chi espone lo testo dicendo L’effetto, dice: quel contemplante l’effetto al suo piacer; e questo non viene a dire nulla: imperò che è mestieri che si dichiari di che cagione era quello effetto, e questo non si può dichiarare per parola che vada innanti o seguiti; dunqua debbe dire Affetto, che è participio de l’afficior, eris, secondo lo Grammatico, e ponsi adiective a quel contemplante, come detto è. Agevolmente potette essere che, quando l’autore scrisse questo principio di questo canto, ch’elli serbasse luogo a la prima lettera, per farvi lo minio, e che si trovasse scritto ffetto, senza avere segnato A dinanzi; sicchè chi scrisse pensò che volesse esservi L’e; e disse L’effetto. Ma io per la ragione detta penso che l’autore intendesse com’io òne detto, et è la sentenzia: Poi che santo Bernardo, contemplante la gloria de la Vergine Maria, fu Affetto; cioè innamorato et infiammato della sua visione di lei tanto, quanto li piacque. E molti diceno L’affetto; et ordinano le parole: quel contemplante L’affetto; detto di sopra, e seguene poi l’altro che seguita; ma questa sentenzia anco non mi piace, ben che potesse stare: però chi’io credo che non fu la intenzione de l’autore, assunse; cioè prese, Libero officio di Dottore; cioè incominciò liberamente ad insegnarmi e mostrarmi l’ordine de’ beati a me Dante, E cominciò; cioè santo Bernardo, queste parole sante; che seguitano. E per questo si può comprendere che, poi che l’autore ebbe letto li trattati che fece santo Bernardo de le Meditazioni, ch’elli ebbe delli atti della Vergine Maria, e della gloria sua, elli leggesse alcuno suo trattato dove trattò dell’ordine de’ beati; e però fa questa fizione l’autore ch’elli li parlasse in questa forma: imperò che, se questa cagione non fusse, non so perchè l’avesse dato più a santo Bernardo che a li altri Dottori, se non fusse già per inducerlo a fare la preghiera a la Vergine Marra, che seguita nel seguente canto; e queste altre cose arebbe finto l’autore per adornamento del suo poema, come è licito ai Poeti di fingere. Ecco quello che incominciò: La piaga; cioè de l’umana natura, che cagionò lo peccato d’Adam che fu cagione che tutti li omini erano inabili a potere avere vita eterna; ma tutti andavano o ne lo inferno, o nel limbo, o prima nel purgatorio e poi nel limbo, infine che Cristo sostenne passione per noi, che ci aperso la porta di paradiso; ma pure ci rimase la pena del peccato, cioè la morte corporale, benchè fusseno 1. liberati da la spirituale, et anco ci rimase la inclinazione al peccato che siamo tutti piagati nel libero arbitrio, che più tosto vogliamo lo male che ’l bene, et ecci più malagevile lo bene che ’l male, che; cioè la quale piaga, Maria; cioè la Vergine Maria, madre di Iesu Cristo, richiuse; cioè finitte e sanò: imperò ch’ella inchinò co la sua virtù Iddio Padre ad avere misericordia di noi, e mandare lo suo Figliuolo a ricomperarci da la servitù del dimonio, et unse; cioè mitigò: imperò che dopo la passione di Cristo non è stata sì acerba questa piaga, come era innanti. E non si debbe intendere che la Vergine Maria fusse principio effettivo di tale salute; ma fu principio induttivo, e così intende l’autore che l’umilità de la Vergine Maria, la sua obedienzia, la sua purità indusse Iddio Padre a mandare lo suo Figliuolo a prendere carne umana di lei, per liberarci da la servitù del peccato. Quella; cioè femina, che; cioè la quale, è tanto bella; questa è Eva, che fu la nostra prima madre, fatta da Dio bellissima, da’ suoi piedi; cioè ai piedi de la Vergine Maria, ne lo scanno secondo, È quella; cioè femina, che l’aperse; cioè la quale aperse quella piaga, e che la punse; cioè e la quale punse la detta piaga: imperò che, come Eva fu cagione induttiva de la disubidienzia d’Adam e del peccato suo; così la Vergine Maria fu cagione induttiva de l’obedienzia, che l’ secondo omo rendette, e de l’emendamento del peccato. Et usa qui l’autore una figura di Grammatica; hysteronproteron: imperò che prima è pungere che aprire, et elli mette innanti aprire che pungere. Eva, nostra prima madre, punse la piaga, mangiando lo pomo vietato e disobediendo, et apersela confortando Adam che ne mangiasse, et inducèlo 2 a mangiarne; e così ne la sentenzia di sopra, prima è ungere la piaga che richiudere, et elli mette innanti chiuse, e poi unse; ecco che la sentenzia muta lo diritto ordine. Nell’ordine, che fanno i terzi sedi 3; cioè nell’ordine del terzo scanno, Siede Rachel; questa figura la vita contemplativa e fu mollie di Iacob, del quale fu detto ne la prima cantica nel canto secondo, sicchè l’autore nostro finge che nel supremo scanno de la rosa sedeva la Vergine Maria, in sul secondo sedeva Eva, et in sul terzo Rachel e Beatrice, come fu detto di sopra, e li contemplativi, e questo finge che li dimostri santo Bernardo, di sotto da costei; cioè di sotto da Eva, Con Beatrice; de la quale fu detto di sopra in questa cantica e ne la prima nel secondo canto, come detto è, siccome tu vedi; cioè tu, Dante. Sara; questa fu mollie d’Abraam, Rebecca; questa fu mollie d’Isac, Iudit; questa fu quella santa donna, che uccise Oloferne, de la quale fu detto nel canto xii de la seconda cantica, e colei, Che fu bisava; cioè e quella donna che fu superiore a David per tre gradi, che fu chiamata Rut e fu mollie di Booz, e Booz fu padre d’Obed, et Obed fu padre di Iesse, et Iesse fu padre di David, sicchè Rut fu la bisava di David; e però dice: al Cantor; cioè David, che fu cantore: imperò che fece li Psalmi e cantavali co la sua citara, che con dollia; cioè lo quale cantore con dolore e pentimento, Del fallo; lo quale avea commesso, facendo uccidere Uria suo cavalieri, per adulterare con Bersabe sua donna, sicchè commisse adulterio, omicidio e tradimento, disse; cioè lo detto David: Miserere mei; cioè fece quello Psalmo, che dice: Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuoam ec., e disselo con tanta divozione, che Iddio li perdonò li detti peccati, vedendo la sua grande contrizione, Puoi tu; cioè Dante, veder; cioè le dette donne, così di sollia in sollia; cioè di sedia in sedia, Giù digradar; cioè di grado in grado, tornando in giuso, com’io; cioè come veggio io Bernardo, ch’a proprio nome; cioè lo quale coi propri nomi nominando le donne del vecchio Testamento, le quali si salvorno, avendo fede in Cristo venturo, Vo; cioè vado, per la rosa; cioè la quale figura la beatitudine de’ santi di vita eterna, giù di follia in follia; cioè descendendo in giù, di sedia in sedia; le quali sedie sono ordinate come le follie della rosa. Ecco che l’autore finge che santo Bernardo li mostrasse che ’n su la suprema sedia della rosa sedesse la Vergine Maria; in su la sedia seconda, a piè della Vergine Maria, Eva prima nostra madre; in su la terza sedia, Rachel e Beatrice; in su la quarta, descendendo, Sarà; in su la quinta, Rebecca; in su la sesta, Iudit; in su la settima, Rut; et in ciascuna di queste sette sedie erano l’altre donne beate del vecchio Testamento, che furno di pari grado, che tutte si salvorno ne la fede di Cristo venturo. Ma in su la seconda sedia erano quelle, che erano vissute secondo la legge della natura, più contemplativa che in vita attiva e matrimoniale; in su la terza, quelle che erano vissute in vita matrimoniale e contemplativa; ma meno contemplativa che attiva; e però ne la seconda sedia pone Eva e le simili; in su la terza, Rachèl e Beatrice. Eva e l’altre, secondo lo naturale, cognobbono Iddio dovere mandare loro l’aiuto suo, quando fusse ’l tempo, et in questo si salvorno; e però sono nel secondo. Nel terzo sono quelle che cognobbono, secondo lo naturale et anco secondo la revelazione fatta loro da Dio in Cristo venturo, et in segno incominciorno la circuncisione; e però in su l’altre erano quelle che erano salvate per quello modo medesimo; ma aveano lo segno de la circuncisione, che era in segno de la fede in Cristo venturo, e di levarsi da le concupiscenzie carnali. Ma potrebbe l’uomo dubitare e dire: Perchè si circuncidevano pur li maschi e non le femine? A che si può rispondere, perchè ’l peccato d’Adam fu cagione de la dannazione nostra, e non quello d’Eva; sicchè ai maschi si convenia lo seguo de l’obedienzia, poi che da Adam era venuto lo segno de la disobedienzia. E finge l’autore che santo Bernardo li mostrasse queste sette sedie, per notare li sette stati e condizioni de’santi, che sono in vita eterna; prima lo stato verginale in su la suprema sedia, denotato per la Vergine Maria e per Cristo; secondo, lo stato matrimoniale puro, secondo la legge naturale, denotato per Eva et Adam in su la seconda sedia; terzio, lo stato de’ Profeti e Patriarchi contemplativo, denotato per Rachel e Beatrice; quarto, lo stato matrimoniale de’ fedeli, secondo lo comandamento d’Iddio, che credetteno in Cristo venturo, come fu loro dimostrato da Dio, e dato in segno di ciò la circuncisione, denotato per Sara et Abraam; quinto, lo stato de’ savi et ammaestrati e dottrinati ne le cose divine, per Rebecca e Isaac; sesto, lo stato de la vedovità e castità dei martiri e de li combattitori per l’amore d’Iddio e per la patria, denotato per Iudit; settimo, lo stato de li oratori e laudatori d’Iddio, denotato per Rut. E per questo à fatto menzione di sette gradi, come la santa Chiesa distingue li santi; cioè prima li santi Angnoli; secondo, le Vergini; appresso, li Patriarchi e Profeti; poi, li Apostoli; e poi, l’Innocenti; poi, li Martiri; poi, li Confessori. Seguita.
C. XXXII — v. 16-27. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come santo Bernardo, incominciato a descrivere le sedie de’ beati che stanno in tondo siccome una rosa, infine al settimo grado desccndendo in giù, ora descrive dal settimo in giù, e poi divide tutta questa rosa per lungo, dicendo così: E dal settimo grado; in sul quale disse che stava Rut, in giù; cioè descendendo infine al fiore della rosa, siccome Infine ad esso; cioè siccome dal primo, dove siede Nostra Donna, infine al settimo dove siede Rut, succedeno Ebree; cioè l’anime 4 ebree: imperò che, sotto da la Vergine Maria infine al fiore de la rosa, finge che siano pure l’anime salvate del vecchio Testamento, dividendo sempre per sette gradi come sono divisi li primi; sicchè, chi è stato di maggior grado di fede et à più meritato è nel grado che si li conviene del primo settenario; e chi è stato di minore è nel grado a le’ conveniente del sequente settenario, infine al mezzo de la lunghezza della rosa: imperò che da indi in giù finge che siano li parvuli salvati ne la fede de’ parenti, dividendo ancora per sette gradi, secondo che sono stati li parenti, Dirimendo; cioè dividendo, del fior; cioè della rosa detta, tutte le chiome; cioè tutte le follie, cioè tutte le sedie per quelli che credettono in Cristo presente, che sono mezzo tra le femine ebree e cristiane; e per quelle femine che credettono in Cristo presente, che sono mezzo da la parte opposita tra li Ebrei e cristiani. E per intendere questo, pogniamo e figuriamo che noi siamo nel fondo di questa rosa, e veggiamo questa rosa partita in due parti per lungo, sicchè l’una metà, sopra la quale è la Vergine Maria, abbia tutti li suoi semicirculi pieni, e dall’uno lato siano le femine infine al mezzo de la lunghezza, e da indi in giù siano le parvolette che sono morte inanti che abbiano avuto elezione di bene e di male, e così da lato, a mano sinistra, allato a la Vergine Maria sia Adam, et a lato Adam sia Moises, e poi li altri che meritorno quello grado; e nei gradi sequenti, di sette in sette, siano locati li maschi che credettono in Cristo venturo, infine al mezzo; e dal mezzo in giù li parvuletti ancora locati di settenario in settenario, secondo la fede e meriti de’ parenti, siccome è stato detto delle femine. Ancora dobbiamo considerare che da mano ritta siede allato a la Vergine Maria santo Piero apostolo, e poi allato a santo Piero santo Ioanni evangelista, e poi li altri Apostoli; e sotto santo Piero, descendendo in giù per li gradi, dividendo ancora per settenario e locando, secondo li meriti, tutti quelli che si salvorno credendo in Cristo presente che ’l viddeno; e così dall’altra parte dallato a Moisè, et a li altri di quel grado, si era santa Anna, madre de la Vergine Maria; e sotto di lei, di grado in grado dividendo per settenario infine al mezzo, tutte le femine che si salvorno in Cristo presente che ’l viddeno; e dal mezzo in giù li loro parvuli, che non ebbeno elezione, che si salvorno nella fede dei parenti. E così l’una metà della rosa àe pieni tutti li suoi mezzi circuli, perchè non vi si aspetta più niuno; e dall’altra metà della rosa finge che sia nel grado di sopra, incontra a la Nostra Donna santo Ioanni Batista, e di sotto lui nel secondo grado santo Francesco, santo Benedetto, santo. Augustino, e ciascuno di sotto da sè nei gradi descendenti, dividendo per settenario, come è stato detto de le Ebree, così àe li suoi frati e monaci e li altri, secondo la loro perfezione de’ meriti infine al mezzo, e poi li parvuli batteggiati 5 che sono salvati per lo battismo, secondo li gradi de la fede dei padri, dividendo sempre per settenario come detto è; sicchè in mezzo tra li omini del vecchio Testamento, che credettono in Cristo venturo, e li omini della legge evangelica che ànno creduto in Cristo venuto, sono in mezzo le femine che credettono in Cristo presente, siccome muro che divide li vivi uomini dalli altri, e dal lato di verso le femine che sono salvate, che ànno creduto in Cristo venuto; e quelle che credettono in Cristo venturo, sono in mezzo, come muro locati, li maschi che sono salvati, credendo in Cristo presente; sicchè tra le femine che credettono in Cristo venturo, e quelle che credettono in Cristo venuto, sono li omini che credettono in Cristo presente, siccome muro che divide l’una metà dall’altra dal lato ritto de la Vergine Maria; e dall’altro lato tra li omini, che credettono in Cristo venturo, e quelli che credettono in Cristo venuto, sono le femine che credettono in Cristo presente, siccome muro dal lato sinistro de la Vergine Maria. E questo àe finto l’autore, per mostrare che ogni beato è salvato per li meriti della fede, dividendoli in tre spezie; cioè quelli che ànno creduto in Cristo venturo; e quelli che ànno creduto in Cristo venuto; e quelli che ànno creduto in Cristo presente. E ciascuna di queste si divide in maschi e femine, e così sono sei differenzie; e ciascuna àe provetti e parvoli, e così sono dodici differenzie, sicchè le sei de’ provetti sono dal mezzo de la rosa insù, e le sei de’ parvuli sono dal mezzo ingiù in verso lo fiore. Et anco è differenzia tra l’una metà della rosa divisa per lungo, che da la parte della Vergine Maria sono tutti li scanni pieni; e la cagione è manifesta: imperò che ognuno, che dovea credere in Cristo, v’è, e non vi s’aspetta più nessuno, e così di coloro, che credettono in Cristo presente; ma coloro, che credettono in Cristo venuto, non vi sono anco tutti e non vi saranno infine al di’ de l’iudicio; et allora si disfarà lo mondo, che li scanni de’ cristiani saranno compiuti d’empiersi. E per questo, che è detto, apparrà chiaro lo testo, sicchè ben dice che le femmine ebree divideno tutte le follie de la rosa: imperò che non sono da quello lato, se non femine ebree in vani gradi, come detto è, siccome incontra loro sono pure femine cristiane in de’ semicirculi non ancor pieni. Et assegna la cagione, dicendo: Perchè; cioè imperò che, secondo lo sguardo, che fee La fede in Cristo; che ne fece due principalmente: imperò che la fede di quelli, che furno innanzi a Cristo, ragguardò Cristo venturo; e la fede di coloro, che furno e saranno dopo Cristo, ragguardò e ragguarda Cristo venuto, queste; cioè anime ebree, sono il muro; cioè sono divise dalle cristiane, come se uno muro fusse in mezzo di loro; e questo mezzo e muro si possano dire quelli che sono sotto santo Piero, che credettono in Cristo presente. A che; cioè al qual muro, si parten; cioè si divideno, le sacre scalee; cioè li santi circuli. Da questa parte; che detta è, onde ’l fiore; cioè da la quale parte lo fiore, cioè la rosa, è maturo; cioè è pieno: imperò che, come lo pomo maturo àe la sua perfezione; così questa parte de la rosa àe la sua perfezione, che è piena, Di tutte le suo follie; cioè di tutte le sue sedie, sono assisi; cioè fermati, Quei; cioè coloro così maschi come femine, secondo l’ordine che detto è, che; cioè li quali, credettono; cioè ebbono fede, in Cristo venturo; cioè in Cristo, che dovea venire, et innanti la circuncisione, e dopo la circuncisione. Dall’altra parte; cioè della rosa, onde; cioè da la quale, sono i semicirculi, cioè li mezzi cerchi de la detta rosa, intercisi; cioè tramezzati e variati, Di voto; cioè di vacuo: imperò che v’à 6 anco assai de’ luoghi vuoti, perchè non è anco compiuto lo numero de li eletti, si stanno; cioè dall’altra parte, che detta è, Quei; cioè coloro, così maschi come femine, ch’a Cristo venuto ebber li visi; cioè li cristiani, che credettono in Cristo venuto, quando furno presenti a lui, et anco quelli che credettono e crederanno dopo lui, staranno quinde; e però dice ch’ebbono li volli loro a Cristo venuto; c così si debbe intendere anco di quelli, che crederranno nel futuro.
C. XXXII — v. 28-48. In questi sette ternari lo nostro autore finge come santo Bernardo, continuando lo suo parlare, dimostrasse a lui li cristiani beati che sono in vita eterna, poi che dimostrato li avea li Ebrei, dicendo: E come quinci; cioè e siccome da questa parte, che delta è, facendo similitudine, il glorioso scanno; cioè la gloriosa sedia de’ beati, cioè lo primo, De la Donna del Cielo; cioè della Vergine Maria, e li altri scanni; cioè e l’altre sedie, Di sotto lui; cioè li quali sono sotto quello della Vergine Maria, cotanta cerna fanno; cioè fanno sì grandi brigate e divisioni, come detto è: imperò che in su quello de la Vergine Maria poghi ve n’erano; ma in su li altri di sotto v’erano assai. Così; ecco che adatta la similitudine, di contra; cioè a quello della Vergine Maria, quel; cioè scanno, del gran Ioanni; cioè di santo Ioanni Batista, Che; cioè lo quale, sempre santo; cioè innanzi che nascesse fu santificato nel ventre della madre, cioè di sanla Elisabet, il diserto: imperò che d’undici anni andò nel diserto a fare penilenzia: elli fu lo precursore di Cristo, e ’l martiro: imperò che fu fatto dicapitare da Erode, E l’inferno sofferse da 7 du’ anni; cioè stette nel limbo ad aspettare la venuta di Cristo a limbo colli altri santi padri da due anni: imperò che due anni innanzi a Cristo fu morto. E sotto lui; cioè sotto lo scanno di santo loanni, sortiro; cioè per sorte e per loro parte ebbeno, o vogliamo dire per sorte diviseno e partittono in cerne, così in cerne; cioè brigate grandissime diviso in cerne, secondo li gradi de’ meriti, cioè li loro frati e monaci et altri, che sono stati di simile merito, Francesco; cioè santo Francesco, e per lui s’intende anco santo Domenico: imperò che, come fu detto di sopra nel xii, quello, che si dice dell’uno, s’intende anco dell’altro, Benedetto; cioè santo Benedetto da Nurcia, che fece l’ordine de’ monaci di Camaldoli, e per lui s’intendono tutti li altri monaci et eremiti santi, che sono stati, et Angustino; che fece anco religione c fu di Cartagine d’Africa, dottore de la Chiesa, e per lui s’intendono li altri Dottori essere ancora locati in su quello scanno, Et altri; cioè santi, che sono stati ne la santa Chiesa, fin quaggiù; cioè infine a questo fondo de la rosa, dove finge che fusse lo lume 8, che beatificava li beati che erano in su le sedie, siccome è lo giallo della rosa; e quine finge l’autore che fusse elli e santo Bernardo, di giro in giro; cioè di semicirculo in semicirculo, intendendo quelli essere divisi per settenario infine al mezzo, come fu detto di sopra de li Ebrei. Or mira; cioè tu, Dante, l’alto proveder divino; cioè l’alta providenzia d’Iddio, Che l’uno e l’altro aspetto de la fede; cioè lo ragguardamento de la fede di coloro che ànno creduto in Cristo venturo, e di coloro che ànno creduto e crederanno in Cristo venuto, Equalmente; cioè parimente, empierà questo giardino; cioè empierà questo luogo dilettevile de’ beati: imperò che l’uno lato è già pieno, cioè quello delli Ebrei, e l’altro è in parte pieno et in parte no: imperò che è quello de’ cristiani, che non sono anco tanti quanti Iddio àe predestinato essere lo numero de li eletti: quando saranno tanti, quanti ne capono ne le dette sedie, fia adempiuta la predestinazione d’Iddio, et allora si sfarà lo mondo, e Cristo verrà ad iudicare 9 l’umana generazione. E sappi; cioè tu, Dante, che dal grado; cioè che da quella sedia, ingiù; cioè in verso ’l fondo de la rosa, che; cioè lo quale grado, fiede; cioè divide, A mezzo ’l tratto; cioè a mezza 10 la lunghezza de la detta rosa, le due discrezioni; cioè le due differenzie e divisioni, Per nullo proprio merito si siede: imperò che in quelli scanni, che sono dal mezzo in giù, stanno li parvoli che sono salvati nella fede de’ parenti, dal lato de li Ebrei; e dal lato de’ cristiani, quelli parguli che sono salvati ne la fede de’ parenti e per lo battismo; e però dice che non vi si siede Per nullo proprio merito: imperò che per sè nulla ànno meritato: imperò che non sono tanto vissuti, che abbiano avuto elezione. E nota che sotto li gradi de le femine sono le femine, e sotto li gradi de’ maschi sono li maschi: imperò che così finge l’autore che santo Bernardo li mostrasse la distinzione de’ beati. Ma per li altrui; cioè meriti si siede ne’ detti scanni, con certe condizioni: imperò che dal lato de li Ebrei sono quelli che sono salvati solamente ne la fede de’ parenti, e quelli che sono salvati nella detta fede e ne la circoncisione che Iddio diede in segno ad Abraam, che fu lo primo che si circuncidesse; e dal lato de’ cristiani sono quelli parvoli, che sono salvati ne la fede de’ parenti e nel battismo. Chè; cioè imperò che, tutti questi sono spirti asciolti; cioè assoluti e liberati dal peccato originale per la predestinazione divina, Prima ch’avesser; cioè innanzi che li detti spiriti avessono, vere elezioni; cioè che avessono discrezione sì, che potessono cognoscere lo bene dal male, e cognoscendo eleggere lo bene e lasciare lo male. Ben te ne puoi; cioè tu, Dante, accorger; cioè avvedere, per li volti; cioè loro, che sono puerili, Et ancor per le voci puerili; cioè che ànno le voci fanciullesche, Se tu; cioè Dante, ragguardi bene; cioè li lor volti, e se li ascolti; cioè li detti fanciulli, quando cantano le lode d’Iddio: imperò che in vita eterna li beati sempre cantano le lode d’Iddio.
C. XXXII — v. 49-60. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che santo Bernardo movesse uno dubbio a lui, lo quale cognobbe essere ne la sua mente, per solverlo poi; cioè: Se queste sedie sono date ai beati parvuli casualmente, o per iuste cagioni. Et a questo risponde prima generalmente, e poi rende de la risposta ne la sequente parte la ragione. Dice prima così: Or; cioè avale, dubbi; cioè ài dubbio, tu; cioè Dante, e dubitando sili; cioè et avendo dubitazione, ti stai cheto e non dimandi. Ma io; cioè Bernardo, ti solverò; cioè a te Dante, forte legame; cioè questo forte dubbio che tiene occupata la tua mente, siccome lo legame tiene lo corpo, In che; cioè nel quale legame, ti stringon; cioè stringono te Dante, li pensier sottili; li quali tu ài intorno a questo ordine: imperò che tu dubiti: Questi luoghi sono dati ai beati parvuli per cagione 11, o per ragione? Et io ti dico che sono dati per cagioni iustissime; et ecco la ragione, per che. Dentro all’ampiezza di questo reame; cioè dentro al regno d’Iddio, Casual punto; cioè punto, che vegna da caso; et è caso evenimento non pensato per insieme scorrenti 12 cagioni in quelle cose, che si fanno per alcuna altra cagione; o vero, caso è cagione per accidente di cose, che avvegnano rade volte in quelle cose che per altra causa 12 si fanno; o vero, caso si dice, perchè viene senza cagione, e secondo questo modo ultimo parla santo Bernardo; et è differenzia tra caso e fortuna: imperò che caso è generale, che è in tutte le cose; e fortuna è ine’ fatti de li omini tanto; e perchè caso, pigliandolo a quello terzo ultimo modo, pare escludere la Divina Providenzia, però dice l’autore che nel regno della Divina Providenzia, non può aver sito; cioè non può aver luogo casual punto, preso caso al terzo modo, Se non come tristizia, sete, o fame; queste tre cose significano imperfezione, e nel paradiso ogni cosa è perfetta: tristizia è privamento di letizia che è bene perfetto dell’anima, dunqua non può essere in paradiso dov’è perfetto bene: sete è indigenzia di bere, e fame è indigenzia di mangiare, et in paradiso nulla indigenzia vi può essere, anco v’è ogni sufficienzia e perfezione. Chè; cioè imperò che, per eterna legge; cioè per la legge divina, che è iustissima 13, che mai non ebbe principio, nè debbe avere fine, è stabilito; cioè è fermato et ordinato, cioè per legge di iustizia, Quantunche vedi; cioè ogni cosa, che tu vedi, sì che iustamente; cioè per sì fatto modo, che con iustizia, Ci si risponde, cioè è convenienzia, secondo iustizia, tra lo luogo e lo locato, come è tra l’anello e ’l dito; cioè che se l’anello non fusse capace del dito non lo terrebbe, e così se lo luogo non fusse capace dell’anima non vi starebbe; e però, dice: da l’anello al dito; cioè da lo luogo al locato. E però; ecco che conchiude, questa festinata 14 gente; cioè questi, che sono morti parvuli inanti che abbiano avuto elezione; e però dice gente festinata; cioè affrettata, A vera vita; ecco a che ella è affrettata, cioè a vera vita, e questo, non è sine causa; cioè senza iusta cagione, più e meno eccellente; cioè che l’uno avanza l’altro, e l’altro è avanzato dall’uno, Intra sè; cioè per rispetto di sè medesimo, cioè tra loro, cioè che l’uno à più beatitudine che l’altro, qui; cioè in questo luogo, cioè in paradiso.
C. XXXII — v. 61-75 In questi cinque ternari lo nostro autore finge che santo Bernardo, seguitando oltra la sua diciaria, manifesta che Iddio per sua grazia predestina ogniuno: e come ciascuno è predestinato; così concorre colli suo meriti, e così poi per la providenzia d’Iddio è premiato, dicendo così; Lo Rege; cioè Iddio, eterno re d’ogni cosa, per cui; cioè per lo quale, questo regno; cioè di paradiso, pausa; cioè si riposa, In tanto amore; cioè in sì grande amore che ciascuno ama Iddio sopra ogni altra cosa, e lo suo prossimo come sè medesimo, et in tanto diletto: imperò che in quello regno è ogni vero diletto in tanto, Che nulla voluntà è di più ausa; non v’è alcuno, che più desideri: ciascuno v’à tanto diletto, quanto desidera, Le menti tutte; cioè umane, nel suo lieto aspetto; cioè nel suo lieto ragguardamento: lo ragguardare d’Iddio è donare sua grazia, Creando; cioè quando le crea le menti umane: Iddio di niente crea l’anima umana del ventre de la madre, nel corpo organizzato, nel suo lieto ragguardamento: imperò che lietamente lo Creatore ragguarda la sua creatura, dota; cioè empie, di grazia; sua le menti umane, ch’elli crea, a suo piacer; cioè quando li piace: imperò che a ciascuna dona de la sua grazia quanto li piace, Diversamente: imperò che a chi ne dà più, et a chi meno, secondo che a lui piace: e questo è manifesto: imperò che mai non si trovò omo pari alfaltro in sapere et in virtù, sicchè qualche differenzia non vi sia, siccome non si truovano le facce equali. E che uno n’abbia più, et un altro meno de la sua grazia, questo è perchè così li piace: non se ne può rendere ragione dall’umano intelletto, che non aggiunge tanto alto; e però dice: e qui basti l’effetto; cioè e di questo non cercare ragione: basta che vedi in effetto che così è. E ciò; cioè e questo che detto è, espresso; cioè manifesto, e chiaro vi si nota; cioè a voi uomini, Ne la Scrittura santa: imperò che nella Bibbia, Malachiel, primo 15: Jacob dilexi, Esau odio habui, disse Iddio, in quei gemelli; cioè in quelli due fratelli, Che ne la Madre; cioè li quali nel ventre della madre loro, ebber l’ira commota; cioè che si corucciorno insieme. Leggesi Genesis xxv che Isaac, non avendo figliuoli di Rebecca che era sterile, pregò Iddio che li desse di Rebecca figliuoli: esauditte Iddio li suoi preghi, et ingravidò Rebecca di due figliuoli, che quando erano nel ventre suo facevano commozione grandissima insieme e romore; unde Isaac dimandò e pregò Iddio che li revelasse quel, che questo significava. Et Iddio li disse, che di Rebecca doveano nascere due figliuoli, che sarebbono inimici insieme; che il popolo, che uscirebbe del maggiore, servirebbe al popolo che escirebbe del minore. Nacqueno poi questi due fratelli, l’uno innanzi, tutto rosso e piloso, grande e formato; e l’altro nero e piccolo, e tenea per li piedi lo maggiore come dicesse: Non uscirai sanza me. L’uno, cioè lo primo, fu chiamato Esau; l’altro, Iacob: perchè lo minore fusse predestinato, e lo maggiore reprobato non se ne può rendere ragione, se non che piacque così a Dio. E così, perchè uno omo abbia più grazia che un altro, non se ne può rendere ragione, se non che così piace a Dio di dare più grazia ad uno che ad un altro; ma secondo la grazia l’uno opera meglio che l’altro, e così acquista maggior merito et à maggiore gloria 16. Però, secondo ’l color dei capelli; ecco che parla secondo l’esemplo posto, cioè secondo che a Dio piacque di dare più grazia ad Iacob, che fu nero et ebbe li capelli neri, che ad Esau, che fu rosso et ebbe li capelli rossi; cioè secondo che a Dio piacque di dare all’uno li capelli neri, et all’altro rossi, così li piacque di dare all’uno più grazia che all’altro; e però dice: l’altissimo lume; cioè di paradiso, che è lo lume che beatifica li beati, che sta nel fondo della rosa, convien che s’incappelli; cioè abbia intorno a sè su per le sedie a modo di cappello, Degnamente Di cotal grazia; cioè di sì fatta grazia, chente Iddio àe voluto donare a l’anima. Dunque; ecco che conchiude, dicendo: son Locati; cioè li beati parvuli, per gradi differenti; cioè per diversi gradi, senza mercè di lor costume; cioè senza merito di loro opere, Sol; cioè solamente, differendo; cioè avendo differenzia l’uno dall’altro, nel primiero acume; cioè ne la prima grazia, che Iddio dona a l’anima, quando la crea. Come Iddio, quando creò li Agnoli, all’uno diede più grazia che all’altro, e per quella grazia ebbono maggiore grado l’uno che l’altro ne la beatitudine, e per l’obedienzia furno confirmati nella grazia; e così, quando crea l’anime umane, dà all’una più grazia che all’altra, e così stando in quella grazia, obediendo a lui, àe poi la gloria; dunque lo nostro bene operare è cagione che non perdiamo la grazia, per la quale meritiamo la beatitudine: e come a maggior grazia maggiore merito risponde; così a maggior grazia, maggiore beatitudine; e però conchiude che la cagione della differenzia non sta nell’opere nostre; ma nella grazia donata da Dio.
C. XXXII — v. 76-84. In questi tre ternari finge lo nostro autore che santo Bernardo li dichiarasse come l’umana generazione in tutte l’etadi si salvava; e fa menzione di tre etadi, cioè de l’età della innocenzia, di quelli che vissono sotto la legge de la natura; e de l’età di coloro che vissono sotto la legge della Scrittura; e de l’età di coloro che vissono sotto la legge della grazia, dicendo così: Bastavasi; cioè era sofficiente ai parvuli ad avere beatitudine e vita eterna, ne’ seculi recenti; cioè ne seculi nuovi, quando Adam et Eva furno cacciati del paradiso terrestro, infine presso al tempo d’Abraam; e ben dice seculo: imperò che seculo è proprie 17 tempo di cento anni, e molti furno li tempi di cento anni infine ad Abraam, che fu 3084 anni e furno più etadi: imperò che la prima fu d’Adam a Noe; la seconda, da Noe ad Abraam, per aver salute; cioè per esser salvi e non essere dannati a le pene de lo inferno, Solamente la fede de’ parenti; cioè la fede del padre e della madre. Potrebbe l’uomo dubitare e dire: Che fede ebbe quella prima età? Ebbe questa che, essendo ancora nuovi nel mondo, viveano puramente con questa speranza, che quando a Dio piacesse, riceverebbono misericordia da lui, e che elli mandrebbe loro chi li liberasse, et in questo fermamente credettono. Et in questa fede, operando bene, non andavano a dannazione; ma andavano a limbo, e così li loro parvuli si salvavano ne la fede de’ parenti, et andavano a limbo predestinati da la grazia d’Iddio al grado della beatitudine, che doveano poi tenere. Coll’innocenzia; cioè insieme la fede de’ parenti co la innocenzia, che aveano li parvuli, bastava nel tempo de la legge naturale ad avere salute; e li gradi de la beatitudine si davano loro, secondo la predestinazione de la grazia. Poi che le prime etadi; cioè la prima che fu da Adam a Noe, e la seconda che fu da Noe ad Abraam, fuor compiute; cioè venne, poi che furno compiute la prima e seconda età, la terza, che fu da Abraam infine a David; et allora s’incominciò a vivere secondo la legge della Scrittura e de la servitù: imperò che, cresciuta la malizia et inchinandosi li omini all’idolatria età le concupiscenzie, diede Iddio comandamento ad Abraam ch’elli,si circuncidesse e tutti li suoi, in segno della fede che aveano in Dio, e così fece; et ine la fede de’ parenti e nella circuncisione, insieme coll’innocenzia si salvorno li parvuli; e però dice: Convenne ai maschi; cioè parvuli, acquistar virtute; per la quale si salvasseno, all’innocenti penne; cioè oltre le penne de la innocenzia, la quale li levava, Per circuncider: imperò che si circuncidevano, e senza la circuncisione non si salvavano: imperò che Iddio l’avea comandato. Ma poi che ’l tempo de la Grazia venne; che fu quando Cristo venne, che instituitte il battismo, Senza ’l battismo perfetto di Cristo: imperò che Cristo, quando fu, l’ordinò e disse: Qui 18 crediderit, et baptizatus fuerit, salvus erit: qui vero non crediderit, condemnabitur. — Tale innocenzia; cioè quale è quella de’ parvuli non battezzati, laggiù; cioè nel mondo, o vero nel limbo, si ritenne; cioè si stette e non fu accettata a salute tale innocenzia: se non era battezzato lo fanciullo non andava a salute, benchè li parenti fusseno fedeli, e lo fanciullo fusse innocente; ma andava nel limbo; e però dice: si ritenne laggiù: imperò che quassù non meritò di venire. Ma debbiamo sapere che sono tre battismi; cioè d’acqua, di sangue e di Spirito Santo, e però essendo morto uno fanciullo innanti che si battezzasse che fusse tolto da l’infedeli, et ucciso e non lasciato battezzare, intenderebbesi battezzato nel sangue suo. E qui finisce la prima lezione del canto xxxii, et incominciasi la seconda.
Ragguarda omai ec. In questa seconda lezione del canto xxxii lo nostro autore finge che santo Bernardo, continuando lo suo parlare, lo inducesse a ragguardare la Nostra Donna e li altri santi che erano allato a lei; e com’elli fece fine a la narrazione de’ beati. E dividesi in parti cinque: imperò che prima finge ch’elli lo confortasse a ragguardare la Vergine Maria; nella seconda finge com’elli dimandò, santo Bernardo, chi era quello Angnol, che più che li altri faceva festa a la Vergine Maria, e com’elli li rispuose, et incominciasi quine: O santo Padre ec.; ne la terza parte finge come santo Bernardo lo indusse a ragguardare li santi, che erano co la Vergine Maria, et incominciasi quine: Ma viene omai colli occhi ec.; ne la quarta parte finge che, seguitando, li mostrò santo Ioanni evangelista e Moises, et incominciasi quine: E quei, che vidde ec.; nella quinta parte finge che santo Bernardo lo inducesse a fare punto a tale narrazione, et incominciasi quine: Ma perchè ’l tempo ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo co la esposizione letterale, allegorica o vero morale.
C. XXXII — v. 85-99. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che santo Bernardo, continuando lo suo parlare, compiuta la disgressione sua, ritornasse a mostrarli li beati e confortasselo a ragguardare la Vergine Maria, dicendo così: Ragguarda; cioè tu, Dante, omai; cioè ingiummai, ne la faccia; cioè de la Vergine Maria, ch’a Cristo Più si somillia; cioè la quale faccia più si somillia a Cristo, che nessuna altra; et assegna la cagione, per ch’elli lo conforta che quella ragguardi, chè; cioè imperò che, la sua chiarezza; cioè di quella faccia de la Vergine Maria, Sola; senza altra cosa, ti può disporre; cioè può disponere te Dante, a veder Cristo; lo quale tu ài voglia di vedere. Io; cioè Dante; ecco che dimostra ch’elli facesse quello, che li disse santo Bernardo; e dice quel che ne seguitò, viddi sopra lei; cioè sopra la faccia de la Vergine Maria, e sopra la Vergine Maria, tanta allegrezza Piover; cioè discendere sopra da Dio, portata ne le menti sante; cioè delli Agnoli, Create a trasvolar per quella altezza: li Agnoli furno creati da Dio, perchè portassino le sue imbasciate, e però s’interpetra Angelo messo 19, Che quantunche io; cioè Dante, avea visto; cioè avea veduto, davante; cioè dinanti, Di tanta ammirazion non mi sospese; cioè non fe sospeso e dubbioso di tanta meraviglia, di quanta mi fe quella allegrezza che era portata dalli Angeli a la Vergine Maria, Nè mi mostrò; cioè quantunqua io avea veduto prima, d’Iddio tanto sembiante; cioè tanta similitudine d’Iddio. E quello Amor; cioè quello Agnolo, lo quale chiama amore, perchè tutti sono pieni d’amore e di carità, che; cioè lo quale, prima lì discese; cioè discese prima in quello luogo, Cantando: Ave, Maria, gratia piena; ecco che finge l’autore che questo fusse l’angnolo Gabriel, lo quale portò l’ambasciata de la incarnazione del Verbo Divino; e però finge che ora cantasse quella salutazione, che diede allora a la Vergine Maria, Dinanzi a lei; cioè a la Vergine Maria, le sue ali distese; cioè facendo a lei festa e mostrandosi a lei pieno di carità e d’amore: aprire l’ali e distendere è aprire la sua voluntà e lo suo ardore, Rispuose a la divina cantilena; cioè a quella salutazione che avea incominciato l’agnolo Gabriel, che avea detto: Cantando: Ave, Maria, gratia piena— , Da tutte parti; cioè da la parte de li Ebrei, e da la parte de’ cristiani, la beata Corte; cioè la congregazione de’ beati; e che rispuose? Lo compimento de l’orazione: Dominus tecum, benedicla tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui Iesus. — Sì; cioè per sì fatto modo, che ogni vista; cioè ogni beato spirito, sen fe più serena; cioè se ne fe più chiara, che prima.
C. XXXII — v. 100-114. In questi cinque ternari lo nostro autore finge ch’elli dimandasse santo Bernardo chi era quello Agnolo 20, che detto è di sopra; e che santo Bernardo lo dichiarasse chi elli era, dicendo così: O santo Padre; cioè o santo Bernardo, che fusti padre nel mondo ai tuoi monaci, che; cioè lo quale, per me comporte l’essar quaggiù; cioè sostieni per me Dante essere qui in questo fondo de la rosa, lassando ’l dolce loco; cioè lassando la sedia tua, dove è la beatitudine tua, Nel qual; cioè loco, tu; cioè santo Bernardo, siedi per eterna sorte; cioè per predestinazione divina fatta di te ab eterno: imperò che Iddio ab eterno predestinò ciascuno spirito al grado della beatitudine sua, Qual è quell’Angel, che; cioè lo quale, con tanto gioco; cioè con tanta festa e letizia, Guarda ne li occhi; cioè ragguarda nelli occhi, per attender meglio a la sua beatitudine et a la sua voluntà, la nostra Regina; cioè la Vergine Maria, Innamorato; cioè di lei, sì; cioè per sì fatto modo, che par di foco? L’agnolo Gabriel, che annunziò Cristo a la Vergine Maria, fu del supremo ordine, cioè de’ Serafini che sono tutti ardenti di carità e d’amore d’Iddio e del prossimo. Così; cioè come io òne detto, ricorsi; cioè io Dante, ancor a la dottrina Di Colui; cioè di santo Bernando, ch’abbelliva 21; cioè lo quale diventava bello cioè si rallegrava, di Maria; cioè dicendo de la Vergine Maria: imperò che santo Bernardo fu molto devoto de la Vergine Maria; e quanto più ne diceva, tanto più pareva che in lui crescesse lo fervore in verso la Vergine Maria, Come del Sol la stella matutina. Fa una similitudine che, così si rallegrava santo Bernardo, ragionando della Vergine Maria, come fa la stella Diana del nascimento del Sole. Et elli; cioè santo Bernardo, a me; cioè disse a me Dante, s’intende: Baldezza; cioè baldanza, e leggiadria; cioè letizia, Quant’esser può; cioè quanta baldanza e letizia puote essere, in Angelo, o in alma; cioè in anima, Tutt’è in lui; cioè nel detto Agnolo di baldanza e di letizia quanto esser può, e sì volliam; cioè noi tutti beati; ecco che pone che le voluntà de’ beati siano concordevili, che sia; quello, ch’è detto; et assegna la cagione: Perch’elli è quello; cioè imperò ch’elli è colui, che portò la palma; cioè lo segno de la vittoria, ch’ella vinceva tutte l’altre creature in piacere a Dio: Iddio elesse lei, siccome quella che più li piacea, Giuso; cioè nel mondo, a Maria; cioè a la Vergine Maria, quando il Figliuol d’Iddio Carcar si volle; cioè si volse caricare, de la nostra salma; cioè della nostra soma, cioè della nostra carne; e, caricandosi di quella, diventando omo, si caricò di tutte le indigenzie nostre: e tanto più si caricò, quanto elli si dispuose co la sua carne sodisfare 22 per lo peccato nostro. Seguita.
C. XXXII — v. 115-126. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come santo Bernardo losollicitò ch’elli guardasse li altri beati, dicendo così: Ma viene omai; cioè tu. Dante, viene oggi mai, colli occhi; cioè tuoi ragguardando, siccom’io; cioè Bernardo, Andrò parlando; cioè intende colli occhi della mente siccome ti mosterrò scrivendo, intendendo allegoricamente, e nota; cioè tu, Dante, i gran patrici; cioè li grandi padri: chiamavansi a Roma padri quelli, che consigliavano la republica, e patricio si chiamava chi era di quello ordine, Di questo imperio iustissimo e pio: come in terra lo regno de’ Romani si chiamò imperio; così chiama ora l’autore lo regno del vero imperadore, Iddio onnipotente, imperio; ma adiungevi li adiettivi verissimi: imperò che quine è somma iustizia e carità. Quei du’; ecco che li mostra, e però dice: che seggon lassù; cioè li quali siedono nel supremo scanno, più felici; che li altri, s’intende; et assegna la cagione, per che, Per essere propinquissimi ad Augusta; cioè perchè sono pressissimi 23 a la Vergine Maria: imperò che, come lo imperadore si chiama Augusto e la imperadrice Augusta, che viene a dire accrescitrice; lo quale adiettivo prima fu dato ad Ottaviano: imperò che accrebbe lo imperio di Roma, maggiormente questo nome si conviene a Cristo et a la Vergine Maria, che ànno accresciuto et accresceno lo regno di vita eterna, Son de la rosa quasi du’ radici; cioè sono come due princìpi di questa beata vita, cioè Adam e santo Piero: Adam fu principio dell’una setta, e santo Piero dell’altra: Adam, dè li Ebrei; e santo Piero, dei cristiani. Colui; che da sinistra; cioè quello che da la mano manca, li s’adiusta 24; ciò li s’approssima, sicchè nessuno altro n’è in mezzo: iuxta è preposizione apo lo Grammatico, che viene a dire a lato; e però adiustare è stare allato, e verbo preposizionale lo chiama lo Grammatico. È ’l Padre; cioè Adam, per lo cui ardito gusto; cioè per lo ardito gustamento del quale: imperò che ebbe ardimento d’assaggiare lo pomo vietatoli da Dio nel paradiso terrestro, l’umana spezie tanto amaro; cioè tanta amaritudine, gusta; cioè assaggia. Quanto siano l’amaritudini, che l’omo sostiene per lo peccato d’Adam, ognuno lo prova; ma in somma l’omo vive con fatica, dove prima non s’affaticava, siccome disse Iddio ad Adam: In sudore vultus tui vesceris pane tuo: maledicta terra in opere tuo ec. Oltra questo àe avuto l’omo la morte corporale, siccome dice la Scrittura: Statutum est omnibus hominibus semel mori, et propter peccatum intravit mors in orbem terrarum. Eraci la morte eterna; ma la passione di Cristo ce n’à liberato, se noi vorremo credere a lui; e molte altre incomodità di quinde sono seguitate a l’omo. Dal destro; cioè dal lato ritto, vedi; cioè tu, Dante, quel Padre vetusto; cioè quel padre antiquo, Di santa Chiesa; cioè santo Piero apostolo, cui; cioè al quale, Cristo le chiavi; cioè quelle che apreno lo purgatorio, de le quali fu detto nel canto xxvii, et apreno ancora questa rosa ai beati, che senza pena di purgatorio vegnano in paradiso, assoluti da ogni peccato per l’autorità papale, Raccomandò; cioè Cristo a san Piero, quando disse: Et tibi dabo claves ec: -, di questo fior vetusto; cioè di questo fiore antiquo; cioè di questa beatitudine, la quale he figurato in forma di rosa; ma dice che vecchio è questo fiore: imperò che Iddio ab eterno costituitte quello luogo ai beati. Seguita.
C. XXXII — v. 127-138. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che santo Bernardo, seguitando Io suo parlare, dimostrò a lui delli altri beati che non li avea mostrato infine a qui, dicendo: E quei; cioè e colui, che vidde: cioè lo quale vidde, tutt’ i tempi gravi; cioè tutti li tempi d’avversità e di persecuzione, Pria che morisse; cioè innanzi che morisse, de la bella sposa; cioè della santa Chiesa, la quale si dice sposa di Cristo, Che; cioè la quale, s’acquistò co la lancia e coi clavi: imperò che Cristo, morendo in su la croce dove fu chiavato coi chiavi e ferito co la lancia nel suo costato, acquistò perdonanza ai fideli cristiani; sicchè, rimesso lo peccato del primo omo et acquistata la grazia per la sua passione, meritasse d’andare a stare coniunta co lui iti vita eterna. E questi fu santo Ioanni evangelista, che scrisse l’Apocalissi ne l’isula Patmos, lo quale s’interpetra libro di revelazioni: imperò che quine li fu mostrato tutte le persecuzioni, che dovea avere la santa Chiesa. Siede lunghesso; cioè siede allato a lui, cioè a santo Piero, del quale fu detto di sopra, e lungo l’altro; cioè et allato all’altro; cioè ad Adam, del quale fu detto di sopra, posa; cioè siede e riposasi, Quel Duca; cioè Moises, sotto cui; cioè sotto ’l quale, visse di manna; cioè di quel fiore, che venia da ciclo la notte al populo d’Israel nel diserto, La gente ingrata; cioè la gente ebrea, che Iddio liberò de la servitù di Faraone sotto lo guidamento di Moises, menandola per lo diserto con tanto aiuto quanto ebbe da Dio, e sempre mormorava; e però dice ingrata de’ benefici che ricevette da Dio, e sì della liberazione e sì del notricamento, che quaranta anni lo sostenne Iddio nel diserto, dando loro ciò che era loro bisogno, et in questi quaranta anni non si ruppono loro vestimenti nè calciamenti e sempre si lamentavano; e però Iddio li pagò bene, che nessuno intrò in terra di promissione, se none Caleb e Giosue, e tutti si rinnovorno nel diserto, et adororno l’idulo del vitello dell’oro, et altre cose assai feceno contra ’l dovere, siccome appare ne la Bibbia; e però dice: mobile e ritrosa; cioè mobile, perchè non stava ferma in voluntà; e ritrosa, perchè sempre contrastava a la voluntà d’iddio. Di contra a Piero; cioè di contra a la sedia di santo Piero apostolo, vedi seder Anna; cioè vedi tu, Dante, sedere santa Anna, madre della Vergine Maria. Ecco che finge che dall’uno lato era la Vergine Maria, e santo Ioanni evangelista sedesse santo Piero apostolo, sotto ’l quale e sotto santo Ioanni evangelista seguitavano in su le sedie di grado in grado, infine al mezzo, li omini, che credettono in Cristo presente, e dal mezzo in giù li parvuli loro, e questi erano in mezzo tra le donne ebree e le cristiane, che l’une credettono in Cristo venturo, e l’altre in Cristo venuto. E dall’altro lato, dopo Moises, finge che fusse santa Anna, madre de la Vergine Maria incontra a santo Piero, e di sotto a lei nelle sedie di grado in grado infine al mezzo le femine ebree e gentili che credettono in Cristo presente, e dal mezzo ingiù le loro parvule, e queste sono in mezzo tra li omini ebrei, che credettono in Cristo venturo, che debbiamo imaginare che fusseno ne le sedie sotto Adam e Moises, e li omini cristiani che credettono in Cristo venuto, che debbiamo imaginare che fussono sotto santo Ioanni Battista e li altri santi, de’quali l’autore non fa menzione per poner fine a la sua materia; e questi fusseno nelle sedie loro di grado in grado infine al mezzo, e dal mezzo in giù li loro parvuli, come è stato detto di sopra. Tanto contenta; cioè santa Anna, di mirar sua fillia; cioè la Vergine Maria, che fu figliuola de la detta santa Anna e di santo Ioacchino, Che; cioè che ella, cioè santa Anna, non muove occhio; cioè non parte l’occhio da lei, per cantare Osanna; ecco che finge che li santi cantino in vita eterna Osanna, che s’interpetra Doh salvifica; cioè fa salvi Iddio quelli del mondo, che di loro non è bisogno di dire ch’elli sono salvi 25; ma pregano per noi. E così dice che cantava ancora santa Anna; ma non partia però l’occhio da ragguardare la Vergine Maria. E contra ’l maggior Padre di famillia; cioè incontra ad Adam; questo finge che fusse tra le donne cristiane, che venivano incontra al primo nostro padre Adam; e finge che si chiamasse Lucia, de la quale fu detto nel secondo canto de la prima cantica, che figura la grazia illuminante, de la quale dice lo testo: Siede Lucia; ecco che finge che sia una de le beate donne, benchè intenda per lei la grazia illuminante, come finge Beatrice ancora intendendo per lei la grazia perficiente e cooperante e la santa Scrittura, come è stato detto in più parti di questa opera, che; cioè la quale Lucia, mosse la tua donna; cioè la donna di te Dante, cioè Beatrice, de la quale è stato detto, Quando chinavi; cioè tu, Dante, le cillia; cioè li occhi e lo corpo tuo, intendendo per la parte lo tutto; et allegoricamente intendendo la ragione e lo intelletto, a ruinar; cioè a le cose mondane, che fanno ruinare l’anima ne lo inferno, siccome di questo fu pienamente detto nel secondo canto della prima cantica.
C. XXXII — v. 139-151. In questi quattro ternari et uno versetto lo nostro autore finge come santo Bernardo facesse fine al narrare l’ordine de’ beati et inducesselo a dimandare grazia, acciò che si potesse levare la mente a vedere la Divinità, e però dice: Ma perchè ’l tempo fugge; cioè ma imperò che ’l tempo, che t’è concesso a vedere queste cose, fugge; cioè se ne va, e siamo presso al suo termine, lo quale tanto è durato, che tu ài vollia di riposarti, e però, che t’assonna; cioè ti fa venire lo sonno e voglia di dormire; e finge qui l’autore questo, per continuare la fizione che puose nel principio de la sua comedia, cioè che nel 1300 lo venerdì’ santo la notte in sul sabato santo elli avesse questa visione, e che in visione li fusseno mostrate queste cose che si contegnano in questo poema. Unde, perchè veniva il di’ e convenevile era che la natura affannata per la lunga fatica de la visione si ricreasse alquanto dormendo, però dice che t’assonna; cioè t’invita a dormire e riposarti; ma allegoricamente intendere si debbe: Ma perchè ’l tempo; cioè tuo, de la vita tua, fugge; lo quale tempo t’assonna; cioè t’induce a la morte, dopo la quale dormerà lo corpo infine al di’ de la resurrezione ultima, Qui; cioè in questa parte de la descrizione de’ beati di vita eterna, farem punto; cioè finitivo de la materia, come ’l buon sartore; cioè come fa lo buono costore, Che; cioè lo quale, fa la gonna; cioè fa la gonnella, com’elli à del panno; cioè secondo ch’elli à del panno: imperò che, se elli àe del panno assai, fa grande la gonnella; e s’elli n’à poco, là fa piccola. Così noi, dice santo Bernardo a Dante, faremo noi, che perchè non abbiamo più notizia de la beatitudine de’ santi che detto abbiamo, non ascenderemo a dirne più. E drizzeremo li occhi; cioè nostri, cioè la ragione e lo intelletto, al primo Amore; cioè a Dio, che è lo primo amore, perchè è senza principio innanti a tutte le cose 26, Sì; cioè per sì fatto modo, che, guardando verso lui; cioè guardando inverso Iddio, penetri; cioè passi tu, Dante, Quant’è possibil; cioè tanto, quanto possibile è, per lo suo fulgore; cioè per lo suo splendore. Veramente tu; cioè tu, Dante, t’aretri; cioè torni adrieto, non forse; cioè non dubbiosamente; ma veramente e certamente, credendo oltrarti; cioè credendo farti innanti, Movendo l’ali tue; cioè movendo lo ingegno tuo in alto co la ragione e co lo intelletto tuo; o volliamo mellio, co la pratica e teorica tua, che tu ài delle scienzie, Orando; cioè e per tanto con orazione, convien che s’impetri; cioè che si dimandi, grazia; cioè di poterti levare, poi che per te non è possibile che tu ti levi, Grazia; ecco che replica anco grazia, da quella che può aiutarti; cioè dalla Vergine Maria, che è avvocata delli omini inanti a Dio. E tu; cioè Dante, mi segue 27; cioè seguita me Bernardo, co l’affezione; cioè col desiderio tuo, Sì; cioè per sì fatto modo, che dal dicer mio; cioè dal dire, che io Bernardo farò, lo cuor; cioè tuo, non parti; cioè tu, Dante. E cominciò; cioè, e dette queste parole che sono dette di sopra, cominciò santo Bernardo, questa santa orazione; cioè questa orazione, che seguita nel canto seguente, per impetrare grazia per me Dante, per mezzo de la Vergine Maria, a la quale dirizzerà il suo parlare e pregheralla ch’ella accatti grazia per Dante, siccome apparrà di sotto. E qui finisce il canto xxxii, et incominciasi lo canto xxxiii et ultimo de la terza cantica de la comedia del nostro autore.
Note
- ↑ Fusseno; fussemo, oggi da non si adoperare nella prima persona plurale, quando non ci abbia l’affisso o il pronome. E.
- ↑ C. M. inducèlo a mangiare;
- ↑ Sedi, dal singolare sedio. E.
- ↑ C. M. l’anime delle ebree femmine:
- ↑ Batteggiati, giusta il provenzale batejar. E.
- ↑ V’à. I Pedanti e seri Grammatisti pongano l’animo loro a queste costruzioni, e lascino di far credere che il verbo avere usurpa il luogo del verbo essere. Qui la sintassi è ellittica: Il paradiso quivi À assai de’ luoghi ec. E.
- ↑ Da du’ anni. Qui la particella da indica avvicinamento. E.
- ↑ C. M. fusse lo splendore, che
- ↑ C. M. ad iudicare lo seculo. E sappi;
- ↑ A mezza la lunghezza. Ecco falsa la regola di chi pretende invariabile la parola mezzo che si adopera e come sustantivo e come aggettivo. E.
- ↑ Cagione sta qui invece di caso. E.
- ↑ 12,0 12,1 In questi due luoghi si è corretto colla scorta di s. Tomaso. E.
- ↑ C. M. iustissima et eterna, perchè mai non ebbe
- ↑ Festinata; affrettata, dal latina festino as. E.
- ↑ Malachia I, v. 2: Dilexi Iacob, Esau odio habui. E.
- ↑ C. M. gloria; ma ne’ parvuli, che non ànno da operare, è secondo il merito della fede de’ parenti. Però,
- ↑ Proprie; propriamente. Questi avverbi alla guisa latina scontransi non di rado nei classici de’ primi tempi. E.
- ↑ Quicumque crediderit. . .hic salvus.
- ↑ Angelo viene per appunto dal greco αγγελλω; annunziare, notificare, riferire. E.
- ↑ C. M. Angelo, che cantò questa cantilena, che
- ↑ Abbelliva; si abbelliva, usato intransitivo assoluto. E.
- ↑ Sodisfare; a sodisfare, lasciata la particella a per proprietà ed eleganza. E.
- ↑ C. M. prossimani a la
- ↑ Adiusta, dal latino barbaro adiuxtare; stare appresso, allato; assidersi. E.
- ↑ C. M. salvi che ìi faccia salvi: imperò che sono salvi; ma
- ↑ C. M. le cose. Lo Spirito Santo è la fonte indeficiente dell’amore sommo e perfetto, Sì;
- ↑ Segue; seconda persona terminata in e per uniformità, come più addietro, v. 115. Ma viene ec. E.