Prediche volgari/Predica XX

Predica XX

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Predica XIX Predica XXI

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XX.

Qui appresso in questa predica si tratta pure
dell'ordinato amore che debba èssare infra la moglie e 'l marito.

Diliges proximum tuum sicut te ipsum (Iterum ubi supra) — Amerai il prossimo tuo come te medesimo. — Dilettissimi, perchè nel dì d’ieri noi mostramo dell’amore che díe èssare tra moglie e marito, nondimeno noi non ne mostramo appieno, imperò che talvolta amandosi insieme l’uno l’altro, il loro amore diventa tutto carnale e dispiacente a Dio. E però noi parleremo stamane del modo come si dieno amare l’uno l’altro.

Noi aviamo che Idio disse nel sicondo del Genesis, quando ebbe fatto Adamo: Faciamus ei aiutorium similem sibi: — Facciamoli a questo uomo adiutorio simile a lui. — Dove vedi che ti dimostra che fu fatta per aiuto e non per ruina l’uno dell’altro. E perchè io non credo che mi basti il tempo a quello che bisognerebbe dire, noi abrevieremo, e parleremo di quella cosa la quale non si vuole mai dire in predica. Oh, quanto è mala cosa che noi non parliamo nè predichiamo mai di quelle cose per le quali l’uomo díe avere il lume in tutta la sua vita! E perchè io vego pure essere il bisogno il dire, io ci entrarrò come gallo in feccia. [Sapete come entra il gallo in feccia?]1 O, io vel vo’ dire. Dicesi [a xxx2] [p. 122 modifica]Proverbiorum, quot tria sunt quae bene incedunt: leo fortissimus animalium, et gallus subcintus lumbos, et aries qui habet caput durum: — Tre bellissime cose sónno fra l’altre in questo mondo: el lione fortissimo più che tutti gli altri animali, il quale non ha paura di niuno altro. L’altra è il gallo che va per lo fango, il quale va coll’ale assettate e in alto in su per non imbrattarsi, e l’ariete. — Sai che ti significa questo gallo? Significa iì predicatore, il quale díe entrare nel parlare dei vostri peccati, ed intrarvi per modo che non s’imbratti. E però dico a me: Vae mihi, si non evangeìizavero: — Guai a me, se io non predicarò di quelle cose che vi fanno di bisogno, non ritenendomi nè per paura, nè per vergogna. — Adunque, io voglio dirvi quello che sete obligati3 ad udire. Io debo dire con onestà, e tu udire con fedeltà. Due cose dal mio canto: debbo dire con prudenzia e onestà quello ch’io vego di bisogno, e nel mio dire tel mostrarrò con ragione, con altorità et essemplo; che tu donna, e tu uomo debbi rèndare il debito. Io so’ obligato, come io t’ho detto, e anco la mia conscienzia mel ditta, e anco la ragione mel dimostra, ch’io debbo riprèndare il peccato nel quale io vego involti e’ popoli, però che chi tolle a fare questo esercizio, il díe fare con quelli ordini e modi che richiede a farlo. Elli è questo esercizio così fatto, che chi ’l fa, díe riprèndare l’uditore in tutte quelle cose che elli sente, lui essere involto di peccato. E questo è il mio pensiero stamane di dire inverso di voi; e questa predica si chiama la predica di scuopremagagne, [però che tu non [p. 123 modifica] udisti mai piu tagli magagne4] scuprire, quante tu ne udirai oggi e domane, lo dico di moglie inverso il marito, e il marito inverso la moglie; di tante maniere e modi di peccato udirai, che ti parrà uno errore. Tu puo’ ben considerare s’io dica che sia peccato il marito5; laddove tu poterai vedere et intèndare i peccati, quali tu hai fatti per lo passato. Cognosciarai anco i peccati che tu fai al presente, chè molti ne fai e hai fatti, che non gli hai cognosciuti; e per lo tempo a venire impararai prudenzia a sapertene guardare. Doh! Vuoi tu vedere s’io so’ tenuto amonirvi del peccato vostro? Or considera: non so’ io tenuto cogli altri religiosi di trarre l’anime vostre delle branche del dimonio, giusto a mio potere?6 Ma ditemi: se io vedesse colà uno che volesse avelenare quella fonte, se io potessi stroppiare che elli non l’avelenasse colle mie parole, nol debbo io stroppiare?7 E se pure ella fusse stata avelenata, non so’ io tenuto a dirvelo, che voi non ne beiate, acciò che voi non siate avvelenati? Certo sì. Adunque da me non voglio che resti ch’io non vel dica; e però state tutti a intèndare e udire quello che v’è di bisogno. E tu donna non dormire,8 ma attende d’udire di quelli peccati che tu hai fatti, dei quali mai non ti confessasti; ch’io ò diliberato di tutti quelli peccati che tu hai fatti, di dimostrateli, acciocchè tu te ne guardi. Imperò che io ho a rèndare ragione a [p. 124 modifica] Dio di tutto il male ch’io poterei avere stroppiato, s’io non l’avesse stroppiato colle mie parole. E simile, di tutto il bene ch’io potarei aver fatto fare, non avendolo insegnato colle mie parole, come io debbo insegnare; come noi aviamo apertamente nel Decreto in capo: Si culpa ec., ac de danno dato in sententia. E a questo medesimo anco vi si accorda Scoto. Dicono che chi piglia a fare una cosa, è obbligato a saperla fare. Adunque, io so’ tenuto come dice Scoto, a ovviare, s’io posso, il peccato vostro col mio parlare; e se io nol fo a mio giusto potere, guai a me! Come tu hai. Pavolo, al nono capitolo9: Vae mihi, si non evangelizavero: — Guai a me se non evangelizarò e predicarò, e non v’ammunirò del peccato vostro, però ch’io n’ârò a rèndare ragione a Dio. — Vae, vae a me, s’io taccio. Inde hai quel detto di Bernardo: Non licet tacere cui vitia incumbit deripere et erigere. Doh, ode bella sentenzia, che Idio ti benedica! — Non è lecito di tacere a colui che ha tolto l’uffizio a fare, vedendo e cognocendo quello che bisogna che sia fatto. — E perchè questo toca a me e agli altri predicatori, e simile anco toca a coloro10 che hanno cura d’anime, di sapere riprèndare, e poi di riprèndare coloro che n’hanno bisogno. Ma io vego e cognosco ch’io ho perduto il trotto per l’ambiadura11 istamane, chè io volevo che ci fusseno quanti preti sono in questa terra, e io non ce ne vego. E dicovi che m’è discaro una gonnella12; e quanto era [p. 125 modifica] utile cosa a loro che v’hanno amonire! Or io voglio che una banca ci sia per loro, però ch’io so’ tenuto d’insegnare anco a loro quello che fa bisogno; però che avendo loro cura d’anime, è di bisogno che eglino sappino che dire nelle confessioni che fanno a’ loro popolani. Dico che il mio dire díe essere con prudenzia e onestà dal mio canto; là dove io ti voglio dimostrare tre pònti:

Primo, dico che debba essere el mio dire prudente, acciocchè colui o colei che non sa il peccato, non lo impari; e benchè tu non intenda, tu che non se’ maculata, non èssare mal contenta. — Noli plus sapere quod oporteat sapere: — Non volere sapere più che ti abbisogni di sapere. —

Sicondo pònto, debbo dire temperatamente, però che questa è materia da toccarla col biscarello, cioè stare un poco dalla lunga; nè non si díe toccare nè più nè meno che sia di bisogno, però che è cosa pericolosa. E non ci si può entrare per l’uscio dinnanzi a queste cose, ma vuolcisi andare così d’attorno, e poi entrare dallo uscio da lato.13

Terzo pònto, dico che bisogna locarla onestamente, però che questa è feccia e cosa brutta. Ma ben si può però dire il disonesto con buon modo. E sapete quale è il più disonesto? È il debito rèndarlo. Parvi che a dire, rèndare il debito, sia cosa disonesta dire?14 Elli è tanta onesta cosa, che se ci fusse la Vergine Maria presente, ella direbbe che io dicesse cosa santa e onesta, se essa ne fusse adomandata. Io te n’ho mostrata ragione e autorità. [p. 126 modifica]

Dal canto tuo anco vi díe essere due cose, cioè:

Primo, udire con prudenzia.

Sicondo, debbi udire con credulità, con tre altri pònti.

Primo, perchè tu non se’ scusato per la ignoranzia.

Sicondo, anco non se’ scusato per negligenzia.

Terzo, anco non se’ scusato per la malizia.

Prima, dico che tu non se’ scusato per la ignoranzia: vedene la ragione.

Se tu giovana se’ andata a marito, e intervienti per ignoranzia che tu fai o hai fatto il tuo mestiero contra natura e contra el debito modo del matrimonio, tu dici: — oh, oh! io nol sapevo e nol so; — io ti rispondo: perchè tu nol sappi, non ti scusa però il peccato. Imperò che chi tolle a fare un’arte, si conviene che la sappi fare per modo che elli non facci danno nè a sè, nè anco ad altri. L’esemplo. Doh, dimmi: se tu tolli a fare un panno e tu nol fai bene, che non riesce nè bello nè buono a dosso di colui che tel fa fare, che se ne díe fare? — Va’, emendalo, — elli dice. — Oh, io l’ho fatto il meglio ch’io ho saputo! — Ma dimmi, io ti domando, salo tu fare? — Tu dici di sì, e io tel do a fare. Se tu l’hai fatto male, tuo danno; mendalo. Perchè il pigliavi a fare, se tu nol sapevi fare? E così dico d’ogni arte e d’ogni mestiero. Così anco dico delli offizî. Se’ de’ priori, o se’ podestà, o hai altro offizio, e noi sal fare? Sai che ti dico? Sempre pechi, non facendo quello che tu se’ tenuto di fare. L’autorità tu l’hai in Paulo. Qui ignorat ignorabitur.15 E però sappi che ogni volta tu fanciulla dici di sì allo sposo, tu gli prometti di far drittamente il matrimonio. Tu dirai: — io so’ fanciulla, e non cognosco più là. — E io ti dico, che prima tu debbi sapere quello [p. 127 modifica] che ti bisogna di saper fare; e prima la tua madre tel debba dire, e debati ammaestrare di ciò che fa di bisogno. E se ella nol fa, ella va a casa del diavolo, e tu con lei; ma ella vi va16 col capo di sotto, e tu basta che vi vada col capo di sopra. Che pazzìa è questa che voi mandiate le vostre figliuole a questo santo sacramento senza niuno intelletto? Doh, dimmi: se uno andasse a pigliare il corpo di Cristo, e andassevi solo perchè egli vede andarvi gli altri, e non cognoscesse e non sapesse nè quello che egli è, nè i modi che si debbano tenere, dimmi, o non pecca costui? Certo sì, imperò ch’egli non vi díe andare, se egli non vi va co’ modi. Così simile di una fanciulla. Ella va a marito, perchè vi vede andare le altre: io ti dico che tu pecchi, se tu non sai quello che ti conviene sapere. E come vedi in questo, così dico di ogni altra cosa, la quale tu tolli a fare, chè non facendola bene, sempre pechi. Simile dico di uno prete il quale tolle a fare il suo mestiero, cioè del consacrare, e non sa i modi nè le parole: come credi tu che elli sia scusato? Certo no; sempre pecca, non facendo quello che díe fare. Ode quello che intervenne una volta, et è a proposito.17 Elli furo due preti, i quali parlandosi insieme disse l’uno all’altro: — come dici tu le parole della consecrazione del corpo di Cristo? — Colui rispose e disse: — io dico: Hoc est corpus meum. — Allora dicendo l’uno all’altro: — tu non dici bene: — anco tu non dici bene; — e stando in questa questione, sopraggionse un altro prete, al quale costoro gli dicono questo fatto. E ’l prete lo’ [p. 128 modifica] disse:nota — nè l’uno nè l’altro di voi dice bene, imperocchè si vuole dire: Hoc est corpusso meusso; — dimostrando lo’: — tu vedi che egli dice corpusso, e però vuol dire meusso; e però da ora in là non dite altrimenti che così: Hoc est corpusso meusso. — Costoro non rimanendo d’acordo al detto di costui, deliberaro di domandarne a un piovano che stava presso a loro, e deliberati andarono a questo piovano, e poserli il caso. E il piovano vi rispose e disse: — o che bisogna tante cose, quanto che io me ne vo alla pura?nota Io vi dico su una Avemaria. — Ora ti domando te: so’ scusati costoro? Non vedi tu che ellino fanno adorare per Iddio uno pezzo di pane? Certo ciascuno di costoro fa peccato mortalissimo, però che ellino debban fare con quelli modi e con quello ordine che ha ordinato Iesu Cristo a la santa Chiesa. Anco ti dico che d’ogni cosa che altri fa, deve sapere ciò che bisogna intorno a essa.nota Dimmi, o un dottore darà talvolta una sentenzia, e non la darà a ragione; credi che pechi? Gravissimamente, e è tenuto a restituire.nota A suo danno l’ha data. Or come di questi, così de la fanciulla che era a marito. Ella tolle a fare quello mestiero; ella el deba saper fare; e facendolo, il díe fare drittamente e puramente, e facendolo per altro modo io ti dico che sempre pecca. Ma più pecca la madre, che la fanciulla, a non insegnarle prima come ella debba. E dico che sotto pena di peccato mortale la madre le díe insegnare; imperò che non insegnandole, mette in evidente pericolo la fanciulla col marito suo. E mandandola a quel modo alla 18 19 20 21 [p. 129 modifica] paza, è come a metterla senza biscotto in barca. Chè onestissimamente se le può dire: — figliuola mia, guardati di non far cosa che sia centra il comandamento di Dio; imperocchè molte volte i giovani fanno cotali scedaríe,22lassandosi trascôrre23 in cotali vanità, e cetera. Se tu dicessi: — ella non ha madre; — dicoti che la debbano amaestrare le donne le più parenti,24 o altre donne. Se tu dicesse di padre, dicoti che non è lecito a parlare di tali cose alle fanciulle, ma sì a donne. Se ella non ha parenti, sieno almeno chi l’amaestra, donne venerabili e buone. E però, o madri, voi vedete il pericolo grandissimo, quando vanno ai marito loro senza amaestrarle; e se da voi rimane, dico che è magiore il peccato vostro, che quello della fanciulla, che è pura. Ma benchè la fanciulla facci questo peccato, ella è scusata da parte, ma no da tutto. Non sai tu che se amazassi uno, non sapendo che fusse peccato, tu non saresti però scusato per dire: — io non lo sapevo? — Così se tu âresti potuto avere uno figliuolo, e non l’hai auto, anco non se’ scusato. Così dico di una gravida, che per alcuno suo mal fare si perde25 la criatura. Se’ scusata? Dico di no: anco se’ micidiale del tuo figliuolo propio. E però, o confessori, guardatevi quando costoro vi vengono alle mani, che voi gli manimettiate26 a buon modo. E da che viene questo? Viene da non sapere quello che bisógna di sapere. Anticamente si soleva questo sacramento avere in grandissima divozione, e mai niuna n’andava a marito [p. 130 modifica] senza la confessione e la comunione. Molta più devozione avevano le genti a’ sacramenti, che non hanno oggi. Passiamo ad altro.

Sicondo è il peccato della negligenzia. Sai come ti interviene? Che potendo imparare, tu se’ stato negligente27. Sai che ieri io ti dissi che tu ci venissi per imparare28 quello che ti bisogna, e che tu ci menasse la tua figliuola, acciocchè anco imparasse lei quello che le bisognava. E tu se’ stata negligente, che non ce l’hai voluta menare; e così colei anco non ci è venuta per filare uno fuso. Io so’ scusato quanto ch’è dal mio canto: io ho fatto quello ch’io ho potuto fare. Non hai voluto imparare il tuo bisogno? Tuo danno.

l’altro dico: non ti scusa la malizia; però che sono di quelli e di quelle che dicono: — io non voglio udire predica di queste cose. — O perchè non vuoi udire? — Perchè io voglio fare a mio modo, e sarò scusata, non sapendolo io. — Inde disse David profeta29: Noluit intelligere ut bene ageret: — Ella non volse intèndare per far bene; — anco volse non udire per fare a suo modo. — Oh, io nol fo per non voler far bene! Anco queste cotali cose non son lecite a predicarle: però non le voglio udire. — Che è? O come, se non so’ lecite a fare, come non è lecito d’amonirti? Alla barba, l’hai. Sai che ti dico? Tu ti se’ madonna Saragia30. Doh! io ti voglio dire quello che intervenne una volta a Siena. Elli fu una madonna Saragia, la quale era molto ghiotta delle saragie [p. 131 modifica] marchiane31; la quale aveva una vigna, sai, costì fuore verso Munistero32. E venendo colà di maggio il mezzaiuolo a Siena, dice madonna Saragia a costui: — o non è anco delle saragie alla vigna? — Dice il mezaiuolo: — O, io aspettavo che elleno fusseno un poco più mature. — Ella disse: — fa’ che sabato tu me n’arechi, altrementi non ci arivare33. — Egli ne le promisse. El sabato elli ne tolse uno panerotto34, e impiello di saragie, e viensene a Siena, e portalo a madonna Saragia. Come ella il vide, ella li fece una festa, e piglia questo paniere. — Tu sia el molto ben venuto! Oh quanto ben facesti! — E vassene in camara con questo paniere, e comincia a mangiare di queste saragie a manciate. Elleno erano belle e grosse; erano saragie marchiane. Infine ella ne fece una corpacciata. Tornando el marito a desinare, la donna recò a tavola una canestrella di queste saragie, e diceli: — elli ci è venuto il mezaiuolo, e hacci recato parecchie saragie. — E come ebbero35 desinato, ella recò queste saragie, e cominciaro a mangiare, presente il mezaiuolo. Ella mangiando di queste saragie, pigliava la saragia e davavi36sette morsi per una; e mangiandole, costei disse al mezaiuolo: — come si mangiano le saragie in contado? — El mezaiuolo disse: — madonna, elle si mangiano come voi le mangiavate dianzi in camera, a manciate. — Ella [p. 132 modifica] disse: — uh trista! Che dici tu? che tu sia tristo. — Madonna, così si mangiano, com’io vi dico. —

Ècci qui madonna Saragia che si mostra così schifa, e fassi tanto della lònga, che si fa una coniglia, et è una porca? Se tu sei così fatta, per udire tu t’amendarai e diventarai buona, avendo tu buona condizione; ma se sarai di gattiva condizione, tu dirai: — io non vi voglio andare più, e vorrò fare a mio modo. — Chi sarà gattivo, farà peggio che mai; ma chi sarà buono, s’amendarà, e ârà caro il mio dire, e pigliaranne buono esemplo. E questo è quanto dal mio lato, e dal tuo tu debbi udire senza scandalo e con fede37. Colui che è buono non mormorerà; anco dirà: — elli ha parlato con molta onestà, e ha detto molto bene, e poteva anco dire più che elli non ha detto; — e benediciarammi, avendoli io insegnato il dritto e buono vivare sicondo Idio e sicondo r ordine della santa Chiesa. Ma colui che è soddomita, il quale si tiene la moglie, sai, elli mi mandarà di molti vermocani, perocchè elli vorrebbe tenere i suoi disordinati modi, e fare come fa il porco che mette il grugno nel loto, e tutto s’involle nella bruttura. Così fa colui in ogni dissoluzione, avendo il pensiero suo solo in carnaccia, vizio e bruttarìa. El buono se vi è stato infino a ora, di ciò che io dico si ârà odore e suavità; el gattivo di ciò che io gli dico, gli puzza. Sai che ti vo’ dire? Il porco non sta bene tralle rose: ma se ci âranno degli indiavolati, come saranno tornati a casa, faranno peggio che facesseno mai; sicchè tu cognosciarai i buoni dai gattivi e da’ pessimi. El buono dirà: — elli ha detto bene, — e comprendarà nel mio dire quello che li bisogna per lo tempo a venire. — El gattivo mor[p. 133 modifica]morarà; el pessimo farà peggio che mai. Di costui è detto nello Ecclesiastico a xxj cap.: Audivit verbum luxuriosus, et non laudavit38. l’uomo e la donna che ode queste parole stamane, non s’amendarà di nulla, perocchè elli è sì involto nel vizio, che più è contento di stare involto nel fango insino agli occhi, che meno, E quanti ne so’ che vi stanno tutti dentro! Altri so’ che cognoscono e dicano e credano che sia peccato; ma so’ fragili, che non si sanno tenere; e perchè cognoscono il loro ricadere, non vorrebbero udirlo predicare, e dispiace lo’, e non ci hanno pazienzia, che poi ne mormorrà. Ah, io ti cognosco mal’erba! Ode, ode senza scandalo; non volere fare come fa il cavallo quando ha guasto il dosso. El cavallo mai non si cura dove tu il tochi, per infino a tanto che tu il tochi colà dove è il suo malore39. E quando elli è toco ine, allora non puo sofferire. Oh, così fa colui che è gattivo! E’ gattivi e’ quali si scandalizzano per udire! Doh, gattivello: ode, senza scandalo e senza mormorare, l’utile tuo, e fa’ che con operazione tu vada per quelle vie e per quelli modi, che tu debbi andare. Non volere andare per quella via tu vedi che non hai scampo niuno: io te n’aviso. Non dire: — io nol sapevo. — Se tu vai per altra via che questa ch’io ti dico e ch’io ti mostro, credimi che tu capitarai male. Se tu hai la tua nave, guidala nel modo che t’è dimostrato per questa via ch’io t’insegno. Tu vivi sicondo Idio, e sicondo il mondo, e sicondo la ragione: tu ârai per questa via de’ figliuoli e buoni; tu n’ârai anco nell’altra vita premio da Dio. Se andasse per altra via, tu non vi vedi cosa buona. [p. 134 modifica] Adunque, va’ per questa via dell’onestà, dove tu ci truovi bontà e utilità, usando tu la tua donna, che Idio t’ha dato, drittamente e fedelmente.

E però stamane noi aviamo a veder e tre considerazioni circa questa materia.

Prima, quanto questo matrimonio díe èssare regolato.

Siconda, come e in che modo il corpo díe èssare santificato.

Terza, in che modo e in che atto il corpo díe èssare onorato.

Del corpo santificato chi è il mio testimonio? È Pavolo apostolo ad Thessalonicenses, capo primo40: Sciat unusquisque vestrum vas suum possidere in sanctificatione et honore: — Ognuno di voi sappi possedere il suo vaso in santificazione et onore. — Quale è il vaso, o donna, quale è il tuo vaso? È il tuo marito. E tu, marito, qual’è il tuo vaso? È la tua moglie. In tre parole c’insegna santo Pavolo quello che díe fare la donna al marito, e ’l marito a la sua donna. Dice che si díe conservare l’uno l’altro in santità e onore. Ma perchè nell’uomo è più ragione che nella donna, l’uomo díe più veramente amare la sua donna, che la donna il suo marito. La ragione è per la fragilità della donna. Sai che il dimonio si pose piuttosto a tentare Eva che Adamo. Infirmiori vasculo muliebri impartientes honorem41. Abiate onore e sapiatele mantenere le vostre mogli, perocchè esse so’ più fragili. Anco ti dico che tu marito se’ tenuto ad amare più la tua moglie, che la tua moglie te. Vedremo questa prima sola. [p. 135 modifica]

Prima vediamo come díe èssare regolato l’amore di marito con moglie e moglie con marito; chè v’è tanta regola, che non possono far nulla l’uno senza l’altro. Doh! io ti voglio mostrare un bello dubbio; ma prima ode Pavolo scrivendo nella prima pistola a Corinti, dove dice così: Vir non habet potestatem sui corporis, set mulier; et mulier non habet potestatem sui corporis, set vir42: — l’uomo non ha podestà del suo corpo, ma la donna sua; nè anco la donna non ha podestà del suo corpo, ma sì il marito. — Adunque, ogni volta che ’l marito domandarà il debito alla donna43, poi che ella è sottoposta alla sua ubidienzia, debeli consentire. Non dico già così io, ma ode il modo che tel dichiara Alisandro44. Pongoti il dubbio. Se il marito domanda il debito alla sua donna, debba ella consentire ogni volta e in ogni modo e in ogni tempo? Io ti domando, se la donna è tenuta e obbligata a consentirli ogni volta che il marito domanda il debito, o in ogni modo o in ogni tempo. Item domando, se la donna è tenuta ed obligata a rendere il debito al marito suo ogni volta e in ogni tempo ed in ogni modo che il marito il chiede. Pare che san Pavolo dica di sì. — Non andare, non ti partire; aspetta, che tu udirai forse cose che tu non l’udisti mai più 45 — Elli ci sarà più di sette di voi che diranno: — [p. 136 modifica] di che predica costui stamane? — Sai perchè io predico di queste cose? Per tuo utile. Tu forse dici: — Oh, ie tue parole mi danno puzza infino alle ciaravella!46 — Ciò ti dico: che a me non mi pare puza, ma la più odorifera cosa del mondo. Non sai tu che ieri io te ne dèi l’essempro di quell’avaro, el quale trovò quelli danari nella feccia, e cavonneli. Egli ci conviene vedere qui tre verità.

Prima, come la carne díe èssare rifrenata.

Siconda, come la carne díe èssare con lui ordinata.

Terza, come al tempo díe èssare regolata.

La prima verità: come la carne díe èssare rifrenata; dichiararotti il modo. Tre freni si conviene avere:

Primo, i termini del matrimonio47 non passare.

Sicondo, contra natura non operare.

Terzo, i tempi con discrezione considerare.

Al primo: i termini del matrimonio non passare. Alissandro parlando di questa materia, trattò d’uno detto d’Agustino. Dice che ogni volta che il marito [usa colla sua moglie, o vero la moglie col suo marito]48 nelli usati termini, in discreto tempo e con intenzione d’avere figliuoli, e ha in sè una intenzione così fatta, che eziandio potendo, non essendo sua moglie, nel proprio il farebbe49; dice che costui esce de’ termini, perocchè costui non Fama come sua donna, ma come femina. Vedelo alla 32ma50. questione, quarto cap.: Origo in sententia. Ergo [p. 137 modifica] quidem amoris honestas, magnitudo deformis nihil refert, cum qua homo insaniat, quia insanus est. L’origine dello amare di moglie con marito o di marito con moglie, ogni troppo si versa51. Non è altro il troppo che il desiderare, e colla volontà molto adulterare; e questo interviene sempre a coloro che troppo fieramente l’amano: solo per lo tanto amarla è impazzato. Tali so’ che per lo troppo lussuriare so’ impazati; che come per lo digiuno so’ tali, che lo’ manca il celabro; così a costoro per quello, sai52, che in ogni modo che tu impazzi, tu stai male. Quando uno di questi tali impaza, elli si suol dire; — per lo troppo digiuno egli è mancato il celabro. — Sai in ogni modo che è? Stai male essendo pazo. Anco s’impaza talv«)lta per altro modo. Oh, maladette femine maliarde, della malaventura! Doh, un’altra volta il dirò più alla chiaroza! Adunque tu vedi il peccato gravissimo ogni volta che tu esci de’ termini.

Sicondo freno: contro a natura non operare; cioè non passare la forma del matrimonio. Ogni volta che tu passi il modo ragionevole, tu fai centra natura. Se tu hai peccato, non m’hai inteso. Ode; ogni volta che usano insieme per modo che non si potrebe ingenerare, ogni volta è peccato mortale. Alla chiara, te l’ho detto? O, intendaremo di chi è sterile, che ne so’ assai uomini e donne che non possono ingenerare; io non dico così. Ma dico del modo; ogni volta che tu usi per modo che non possono nasciare e generare figliuoli, sempre fai peccato. E quanto è peccato? Oh, è uno grandissimo peccato! Oh, è uno grandissimo peccatone! Agustino volendo più apertamente mostrare questo peccato come sta e come [p. 138 modifica] è grande, disse così: Adulterii malum vincit fornicationem, sed vincitur ab incestu ec. Moritur arectus monacham quicumque potitur: — El male e il peccato dello adulterio vencie la fornicazione, — chè talvolta è che l’uno e l’altro è sciolto. O, o, o! io ho udito cose che sarebbe da gridare accorruomo inverso d’alcuni che sònno tanto smemorati e impazati, e in una fantasia tanto pessima, che dicono che la fornicazione e l’andare alle meretrici non è peccato mortale, e non vegono come Idio l’ha comandato, e dannoli centra. Non disse Idio nel comandamento: non moechaberis?53 Deh, voliate vivare come debbono vivare i cristiani!

Ma anco ci è magiore peccato che questo, il quale è è adulterio, et è questo peccato in coloro che essendo legati in matrimonio, usano con altri che col suo congiunto; e questo è peccato mortalissimo. Anco ci è peggio: ècci il peccato dello incesto, magiore che quelli che io t’ho già conti. El qual peccato è in coloro i quali peccano co’ loro propri fratelli o suoro, o figliastro con matrigna, o in altra persona che gli sia congionta. Oimè! O che stemperanza è questa? Ben si può dire di chi casca in questo peccato, èssare l’anima sua nelle mani del diavolo, se egli non n’esce di subito colla confessione. Anche ci è peggio: o colui che usa colla monaca? Oimè, oimè, appónarsi colla cosa sacrata a Dio! Oimè, che cosa è ella più pessima? Sapete di che v’aviso? E ponetevi mente: che mai chi fa tal cosa, non muore se none di mala morte. Moritur arectus monacham quicumque potitur. Oimè! Or non considerate voi quanto elli è grave questo peccato, e quanta ingiuria si fa a Iesu Cristo? Oimè! O non vedi tu che tu gli poni le corna? Sì, è il pónargli le corna. E’ fu una femmina monaca india[p. 139 modifica]volata che già disse questa parola, essendo uno con lei per volere peccare. Ella disse: — oltre, poniamo le corna a Iesu Cristo. — E come colui udì quella parola, disse: — come? Pónare le corna a Iesu Cristo? — E ricognoscendosi, disse subito: — questo non sarà vero; — e subito si partì d’inde, che gli parbe che quella parola fussero mille diavoli, che gli entrassero nell’orechia. Doh! Io non so se tu m’intendesti l’altro dì il mio parlare parabolico, quando io dissi che i parenti andassero a guardare le loro figliuole a’ monisteri, e che parte ve n’andasse di dì, e parte di notte, acciò che fussero bene guardate. Altra volta io ti dirò quello che ti voglio dire. — A casa.

Anco ci so’ magiori peccati, di colui che peccarà colla madre propria. Anco c’è magior peccato che co la madre: è quello di colui che usarà colla moglie propria contra a natura. Peggio fa costui a usare in tal modo, che colla madre propria col debito modo; imperocchè costui ne fa peggio che non farebbe d’una meretrice. E però, o donna, impara questo stamane, e legatelo al dito: se il tuo marito ti richiede di nulla che sia peccato contra a natura, non li consentire mai. Se elli ti minaccia, e pure volesse, fuggieti, e va’ a dire a tuo padre, o a tua madre, o a’ tuoi fratelli; e che se possono, faccino sì che non abi54 mai questo pensiero con teco. E se pure fusse oppressata, che elli ti minacciasse di volerti fare e dire, prima sostiene la morte, che tu facci tal peccato. E se elli t’uccidesse per quello, sappi e siane certa che l’anima tua andarà subito nella gloria di vita eterna.55 Aveteme inteso? Sì, credo. Io vi dico di me, che da poi [p. 140 modifica] che io presi l’abito, sempre m’è più putito il mondo l’uno dì che l’altro, e sempre mi è stato in odio, e più lo ho ora che mai. Doh, none considerate voi a quello che Iddio ha fatto? Iddio ha dato per rimedio all’uomo e alla donna che è fragile, che non si sente forte da stare in castità, uno modo che anco si può molto ben salvare. Ha dato l’uomo alla donna, e la donna all’uomo per sostentamento56 l’uno dell’altro. E costoro so’ quelli che peggio fanno che non fanno gli altri! O, o, o! Io ho saputo cose!..... Aou! Una volta io mi trovai in luogo che uno avendo preso una bella giovane per moglie, ella era stata sei anni con lui, e anco era vergine; la quale era stata con lui sempre in peccato gravissimo contra a natura. O confusione, o vergogna grandissima! Ou, ou, ou! Sai come questa poveretta era fatta? Ella era consumata, defunta, palida, smorta. Ella mi si racomandò per l’amore di Dio, dicendomi s’io potessi per niuno modo, ch’io l’aitasse, dicendomi come ella era stata al vescovo per questa cagione, et anco al podestà; e’ quali dice che rispondevano a lei, che di ciò ch’ella diceva, bisognavano le pruove. O che ignoranzìa è questa che e’ bisogni le pruove, e’ testimoni a queste cose! Un cappanello bisognarebbe, un cappanello;57 che se io l’avessi a fare, io farei: — U, u, u! — Zelus domus tuae comedit me: — El zelo della tua casa m’ha divorato; — che pure a pensarlo,58 mi sento tutto consumare. — Or a casa. Io dico che elli è peggiore e più grave il peccato contra a natura co la moglie, che con altra criatura, [p. 141 modifica] perocchè elli rompe l’ordine di Dio, e quello che egli ha promesso a lei, quando egli la prese, dell’ordine che egli díe usare del sacramento matrimoniale.

Terzo, debbansi i tempi con discrezione considerare. Udite, donne. Benchè Idio v’abi fatte femine, non vi vergognate di éssare femine, ma vergognatevi di fare quello che Idio v’ha vietato, che non è da vergognarsi di quello che molte forse si vergognarebbero, però che certo tempo è che non si díe usare il matrimonio. La cagione si è perchè se si generasse59 in tal tempo, nascono poi figliuoli mostruosi o lebrosi, e mai la creatura che nasce generata in tal tempo, non è senza grande e notabile difetto. Elle m’hanno inteso et hello detto onestamente. Nota nella proibizione che fa Iddio: Ad menstruatam non adcesseris:60 — Non la richièdare. — Dice Alisandro: se il marito adomanda il debito alla sua donna quando essa ha il suo tempo, se ella díe consentire. Rispondasi: se ’l marito nol sa, ella si debba ingegnare di non consentirli: ma se pure esso volesse, ella díe considerare la condizione del marito. Se ella il dicesse, lui venisse in alcuno sdegno, non glie li debba dire. Anco se ella potesse presumere, non consentendo lei, che esso andasse in altro luogo, se essa vede la condizione di costui, per quello essere schifo, o sì disdegnasse, o altro pericolo venire, essa díe consentirli e non dirli nulla, e non peccarai. E se esso il sapesse, e pure il volesse il debito, dico che ella è scusata, e ’l peccato è del marito. Ècci un altro dottore che dice, che ella pecca anco lei. Costui dice che ’l peccato è di colui che domanda il debito, ma non di chi il rende. Pure Alissandro anco [p. 142 modifica] dice così; che se ella crede che elli non farà altro peccato, ella non li díe mai consentire. Altri ci so’ che dicono in altro modo, ma io m’acordo al detto d’Alissandro. Qui in Italia, se il marito non sa, mai la donna non gliel debba dire, per lo maladetto vizio.61 O donna, se ’l tuo marito è sodomitta, mai non glil dire. Io vi do a voi donne tutte questo consiglio: non glil dir mai. Questa materia a predicarvela per certo ella vi sarà molto utile.

Tu hai vedute tre briglie o tre freni, come la carne díe èssare rafrenata; e questo è detto in quanto alla prima verità.

La siconda verità; come la carne díe èssare ordinata; e questo si è per la ubidienzia. Io ti voglio dimostrare due obedienzie.

L’una è il voto regolare.

L’altra è il voto matrimoniale.

El nostro è il voto regolare, il quale doviamo mantenerlo insino alla morte.

L’altro è il matrimoniale, cioè il tuo. Marito e moglie ognuno si díe mantenere.

Ma diciamo: chi è più obligato, o il religioso al suo prelato, o la donna al suo marito? Dicono i dottori che è più questo del voto regolare. La ragione: perchè elli è palese e volontario; ma quello del matrimonio è voto mutuo. Del nostro voto sai come è fatto? È come io son tenuto d’ubidire il mio magiore; che ogni volta che ’l mio superiore mi comandasse che io facesse uno solo peccato veniale, io non so’ tenuto a ubidirlo, con tutto ch’io gli sia suggetto. Sai perchè? Perchè io gli so’ obligato a ubidire al bene e non al male; e se elli mi co [p. 143 modifica] mandasse ch’io facci il peccato, e io nol voglio ubidire, lui è nel peccato, e non io. Così similmente voglio dire del voto matrimoniale dell’uomo e della donna. Ogni volta che il tuo marito volesse stare in broda, come sta il porco nel fango, avendo il diletto62 suo ine, con tutto che molti il chiamino il santo matrimonio, nol chiamo così io. Oh, credi tu che sia santo matrimonio, e usarlo con peccato? Io ti dico che mai tu non l’ubidisca; imperò che mai non può essere accetto a Dio a seguitare l’apetito disordinato. Non pensi tu quanta è nobile cosa la pudicizia? Sai che cosa è pucidizia, o donna? Forse nol sai! Pudicizia è continenzia con purità e vergogna, la quale sempre la donna díe avere in sè, e con essa sempre stare col suo marito. Oh quanto è nobile cosa una donna pudica e onesta nel santo matrimonio, e quanto si debba tener cara! E se ella la perde, ella diventa sfacciata, ardita, disonesta in atti, in fatti e parole tanto dissolutamente, che è una confusione, e non pare ch’io creda che mai si possine mantenere buone; ma una che sia adornata di questa virtù della pudicizia, mai non sarà gattiva. Elli so’ bene di quelli che le vogliono così fatte ardite e disoneste: il perchè sappisen63 loro. Donde credete voi che noi sappiamo queste cose? Donde? I santi dottori ce l’hanno lassate per iscritture, che apertissimamente più chiaro ch’io non vel dico, l’hanno scritto loro. E sai perchè l’hanno scritto? Solo perchè vi sieno predicate e dichiarate64, acciocchè da esse vi sapiate e voliate astenere. E sia per la siconda verità. [p. 144 modifica]

La terza verità, come a tempo la carne díe èssare regolata. Bisogna che in molti sia prudenzia e discrezione, però che noi non siamo tutti atti a rifrenarci con ordine a uno modo; chè talvolta adiverrà che una dirà: — oh, io non so nè quanto nè come io debbo consentire al mio marito! Io vorrei vivere sicondo Idio e sicondo il mondo, coll’ordine del santo matrimonio. Come debbo io vivere? — Rispondoti; piglia questo essemplo. Se elli fusse dato per ordine che ogni persona dovesse mangiare una lira di pane per pasto, diciamo uno pane per ogni persona, o non pensi tu, se tu il dai a uno che sia giovano, sia gagliardo, che come l’ârà mangiato, ârà fame grandissima? Anco poi65, che non dandogliene più per pasto, elli si morrà di fame? Non farà così uno che sia di pasto comune. Uno che sia di comune pasto, se ne passarà; e se tu il dai a uno fanciullo66 che ha lo stomaco suo piccolino, se tu gliel desse, il faresti anco morire per lo troppo. Tu ci vedi chi per troppo, chi per poco si viene a morire. Simile voglio dire a te. Elli non si può dare regola a queste tali cose; ma sai che ti conviene fare? Fa’ che tu abbi queste tre considerazioni.

Primo, considera la compressione67 corporale.

Sicondo, la condizione mentale.

Terzo, la disposizione spirituale.

Prima considera la compressione corporale. Altro può fare uno giovano, che uno vechio; altro uno gagliardo, che uno debile; altro uno sano, che uno debile. Ogni cosa vuole ordine. Quante cose vanno male per non andare a ordine! Doh! io ti voglio dire quello che in[p. 145 modifica]tervenne per non usare l’ordine. Uno essendo infermato, elli aveva la sua donna giovana; elli era aitato bene da’ medici di ciò che potevano, di tutte quelle cose che bisognava a levar via la infermità— e essendoli regolata la vita, elli cominciò a migliorare. Et essendo così sollevato, elli fu chiamata questa sua donna da canto, e detole: — fate che voi non li stiate da presso, imperò che essendo voi giovani, elli portarebbe pericolo di ricadere, e forse di morire. — Infine non sapendosi regolare nè mantenere, elli venne a ricadere: la infermità li gravò per modo, che elli se ne morì. Sai che ti dico? Che con tutto che costei avesse auto la buona intenzione col suo marito, proprio ella peccò mortalmente, perocchè si debba pensare a quello che non sia pericolo. Vuolsi aspettare il tempo ragionevole e atto. Ma io ti domando: chi fu cagione della morte di costui? — Pur lei. — Adunque, se tu l’hai meno, tuo danno.

Sicondo, considera alla condizione mentale; che sarà tale che ârà di quel di Dio; talvolta sarà uno perfetto, e l’altro sarà così non tanto; ma se fossero tutti e due buoni e onesti, oh, come va bene la cosa! Doh! io ti voglio dire di due buoni. E’ fu nella città di Verona, poco poco tempo è, elli fu uno bollissimo giovano e savio e dritto, e per certo bene aveva di quel di Dio, el quale prese donna, e non fu di quelli sfrenati; nè anco lei non fu figliuola di madre che fusse ruffiana della figliuola; el quale giovano quando fu per menare a casa questa donna, la mattina lui si comunicò e anco fece68 comunicare lei, e menatasela in casa, fatta la festa e le nozze, la sera andatisene in camera, il marito disse alla sua donna: — donna mia, elli è stato piacere di Dio che [p. 146 modifica] tu sii mia donna, e ch’io sia tuo marito: io voglio che a onore e riverenzia di Dio, noi stiamo un poco in orazione, e che noi preghiamo Idio che ci dia grazia che noi viviamo sì santamente in questo santo matrimonio, che noi facciamo cosa che gli sia laude e gloria, et infine salute dell’anime nostre. Et anco il preghiamo, che se egli è il meglio, che ci dia grazia d’avere figliuoli sì fatti, che sempre sieno ubidienti a’ comandamenti suoi. — E così la donna gli rispuose: — io so’ contenta di fare tutto il vostro volere, e a onore e gloria di messer Domenedio. — E così si missero in orazione alcuna parte della notte, et in questo modo passarono tre dì e tre notti prima che si congiungnessero in matrimonio. E quando venne il tempo di volerlo consumare, che prima erano dormiti vestiti, andarono a letto e con grandissimi pianti e devozione e timore di Dio il consumaro. Di questi cotali si vorrebbe che ne fusse assai! E per certo io mi credo che se costoro âranno figliuoli, elli saranno accetti a misser Domenedio con loro insieme. Oh, quanto è santa cosa a èssare regolato in questo e in tutte l’altre cose! Chè molte e molte cose senza la regola non possono per niuno modo ben capitare. Quia sicut ab iniquo thoro exterminabitur semen.69

Oh, che matrimoni sono quelli che oggi si fanno senza niuno ordine! Che non pare che in loro sia niuna moderanza, ma piuttosto si può dire rabbia sfrenatissima. O arrabiati cani, non vedete voi che voi avete messi i matrimoni nelle mani del diavolo, il quale vi guida in ogni dissoluzione di peccato? Doh! Non sarebbe elli meglio d’avere un poca di temperanza et avere un poco di timore di Dio, e pigliare più ratto il buono costumo, [p. 147 modifica] come feceno costoro, che vivare come fanno le bestie, che da voi alle bestie non è nulla? Perchè è detto santo matrimonio? Perchè voi dovete vivare santamente insieme; e prima vi dovete confessare e comunicare, e con grandissime e divote orazioni prima che voi vi congiungete il dì che voi vi comunicate, per la riverenzia del santo corpo di Cristo. E sai che v’interverebbe facendo così? Prima, questo piace molto a Dio: poi l’anima tua ne sarà molto consolata in questo mondo, e ’l corpo ne vivarà più sano. Tu arai l’astinenzia a’ tempi, tu comodi leciti, tu a’ tempi adattati tu n’ârai ogni bene, ed infine ârai de’ figliuoli, se sarà piacer di Dio, che dovaranno èssare tutti santi. Volta mano. Se tu se’ disordinato, senza timore, con ogni disonestà, se tu pure ârai figliuoli, come credi che sieno fatti? Pensatelo tu. A te donna, ti dico ben così, che tu consideri la condizione del tuo marito, e sicondo che tu il vedi, tu debbi condiscéndar, ma non mai col peccato mortale, che t’ho detto quale è esso; ma dicoti che tu debbi più ratto condiscéndare70 a uno rabioso, che a uno temperato e moderato.

Terzo, debbi considerare la disposizione spirituale. O questa è forte cosa! E vedesi chiaro, che talvolta saranno due, cioè il marito e la donna, che l’uno sarà spirituale; non avendo nè la volontà nè bisogno si lassa conducere alla volontà dell’altra parte, e conducevisi come in sulle forche, non per sè ma per lo contento e aiuto della sua compagna, e lassa usare con discrezione quello che vede che a discrezione si convenga. O questo da che viene, che non sentirà alcuno diletto di carne? Sai da che? Ubi spiritus Domini, ibi libertas:71 — Dov’è lo spirito del [p. 148 modifica] Signore, ine è più libertà che in altro luogo. — Elli sta infra questi due: che elli si vede pure obbligato al matrimonio, e sa li conviene ubidire e rèndare il debito alla sua compagna: domandalo72 per levar via i pericoli i quali potrebbero seguitare. Credo che ci sieno molte di voi donne, che vorreste sapere queste tre cose che io v’ho detto, a ciò che voi vi poteste bene règgiare e non cascare mai in niuno peccato mortale. E perchè io mi credo che la magior parte di voi non m’abi inteso, e domandovene, ognuna dirà: — io non conosco quello ch’io mi debba fare. — Oltre: vuoi ch’io te lo insegni? — Sì. — Io ti voglio insegnare, poi che tu se’ al santo matrimonio, i modi che tu hai a tenere; che mai tu non peccarai nè nel troppo nè nel poco. Io voglio che tu vada per consiglio a una che ti saprà molto ben consigliare. — Oh, forse ch’io non la saprò intèndare molto scortamente! — Tu la intenderai se tu vorrai. Sai chi è costei? Costei si chiama madonna discrezione. Costei ti insegnarà il quanto e quando e come, e se tu seguiti il suo consiglio, mai non peccarai. Ma se tu non la intendi, io voglio che tu vada a una sua suora, che credo che la intendarai meglio. Sai come ella ha nome? Ella si chiama madonna conscienzia. Se tu seguiti il suo consiglio, anco non peccarai mai. E se tu pure non la intendesse tanto bene [quanto si converrebbe]73, però che talvolta tu dirai: — elli mi pare..... doh, io non so se io mi fo bene: forse che sì..... forse che no..... — Oltre! Vuole sapere, poi che tu stai in forse? — Sì. — Va’ pure a una loro suora, la quale ha nome madonna carità, la quale ti darà [p. 149 modifica] uno consèglio tanto buono, quanto sarà possibile di dare, dicendoti che tu procuri di non èssare cagione di farti cadere nè te nè lui in alcun peccato. — Doh, io non la intendo bene costei? — None? Se tu non la intendi, io voglio che tu vada per consèglio a uno uomo, il quale sia discreto e savio e buono, e che sia dotto; e se elli sarà ben dotto e virtuoso, elli ti dirà i modi che tu debbi tenere. Ma se tu vuoi buono consèglio, non andare a frate da Grosseto,74 chè questi tali sogliono strégnare altrui a casa, che non si díe strégnare. Sai a chi tu va’? Va’ a uno che abbi scienzia e coscienzia, e’ quali sapranno molto bene discèrnare quello che si díe fare. Che uno che sia di questi grossi, ti dirà: — oh, tu se’ a ubidienzia del tuo marito! Tu se’ tenuta a lui: non puoi fare altro tu. Noi fai volontariamente. Va’, va’: tu se’ scusata. Ti consèglia bene, ti dico io! Scieglielo buono, non ogniuno, no. Che talvolta andrai a uno che sarà carnale, e non dotto, e diratti: — elli t’è lecito per piacere al tuo marito che tu ti lisci, e che tu t’adorni. — Or va’, chè elli è una bestia: fa’come io ti dico: va’ a uomo di coscienzia e di scienzia, e che sia buono. Elli ci acadrebbe a dichiarare alcun dubio, ma il tempo non ci basta. Noi aviamo parlato stamane di diversi cotali peccati del matrimonio, e siamo entrati per l’uscio di dietro, ma domane entraremo per l’uscio dinanzi. E se voi ci sentiste niuna donna la quale mormorasse di quello ch’io ho detto, o di quello ch’io vi dirò, ditele che ella debba èssare madonna Saragia. E così similemente se ci fusse niuno uomo che anco mormorasse del mio dire, diteli che elli díe avere marcio il dosso. Atacatevi al mio dire, ed al consiglio ch’io vi do. Se [p. 150 modifica] elli dice: — se tu non mi consenti, io andarò75 e farò tale e tal cosa, eccetera; — se elli ti domanda il debito, tu li devi consentire. Non volere lassarlo pericolare;76 che se tu il lassi andare, et elli caschi in alcuno peccato, tu ne se’ cagione tu, e dicoti che sempre ne starai poi in guerra e tribolazione con lui. Ma se elli volesse usare peccato contra natura, fa’ che mai a questo tu non consenta; o se elli andasse in altro luogo, o altro peccato volesse fare ch’io non consento, va’ e lassalo andare, se tu non lo puoi stroppiare, e non consentire mai tu però che tutti i dottori dicono, che tu non li debbi consentire. Anco s’accordano a questo detto: Non sunt facienda mala, ut inde veniant aliqua bona: — Non è da fare mai alcuno peccato, con tutto che tu sapesse che ne dovesse riuscire alcun grande bene. — Se tu sapesse che per fare un peccato tu potesse fare salvare tutte l’anime che vanno a casa del diavolo, non ti è lecito a farlo. A questo ti dico che s’acordano tutti i dottori. Non vedi tu che tu uccidi te per salvare gli altri? Tu non hai carità a te medesimo, a cui tu se’ più obligato. Vuone l’essemplo? Se uno fusse infermo, et avesse la febre, elli ha chi il serve, e dirà al suo servo o alla sua fante — doh, dammi un poca d’acqua per bere, ch’io ardo. — Il buono fante e la fantesca dirà: — io non voglio darvene, imperocchè ella vi farebbe grandissimo male. — Elli pure ne richiede, e essi non ne li vogliono dare. Viene egli e dice: — per certo, se io mi rilevo, io vi cacciarò. — Eglino hanno pazienzia alla ingiuria [che questo lor signore lo’ dice; chè certamente ellino rice[p. 151 modifica]vono ingiuria],77 chè ellino sono bastemiati dal loro signore, e tuttavolta gli fanno bene. Viene costui e chiede alla sua donna; e ella che è tènara, va’ e sì ne li dà; e per questa acqua elli il fa peggiorare. Chi gli ha fatto meglio, o la donna sua o la fante? Pure la fante, che non ne li volse dare, perchè la donna fu cagione di farlo stare sei mesi più che non sarebbe stato, e dalla fante non rimase che egli non guarisse di subito, sì che tu donna facesti male a darneli, e tu fantesca facesti bene a non darneli. E sai che ne interverrà? Che quando il segnore sarà guarito, elli vorrà meglio alla fante che non gli die’ dell’acqua, che se glie n’avesse data. E dicele più ancora: — se tu me n’avessi data, io avevo gattivo pensiero di te: a quella m’avego che tu m’hai voluto bene. — E alla sua donna dirà: — tu fusti cagione di farmi istare il male più addosso che non mi sarebbe statò. — Oh, tu me ne chiedesti! — E colui può dire: — tu vedevi bene ch’io chiedevo quello che mi faceva male:78 non me ne dovevi dare. — Simile, se uno ti desse a serbare una spada, e poi elli te la richiedarà quando egli vorrà fare qualche male, tu non gli debbi dare, perchè79 ella sia sua. Debbi molto ben comprèndare che se tu glil dai, egli farà qualche pericolo. Come io dico che è male di quello che fanno costoro, così dico a te, o donna: quando il tuo marito ti chiede dell’acqua, con tutto che tu sia sua donna, non ne li dare, quando tu puoi credere che gli possa far male. Che se tu ne li dai quando e’ li può far male, elli te ne vorrà male, quando elli sarà guarito. E se tu non ne li darai [p. 152 modifica] quando e’ li potrebbe far male, elli te ne vorrà poi bene. Simile, se la donna è sì ben regolata, che non consente a ogni cosa, come talvolta pure il marito suo la richiedarà, con tutto che ella fusse bene edificala, ella merita, chè per lei si leva via quello male che si sarebbe fatto, e il marito ha di lei buona opinione. E se pure elli fusse carnale, e ella gli fa risistenzia, non ogni volta consentendo, ma sempre con questi freni in mano solo per la bontà della moglie, in poco tempo vive con lei senza niuna congiunzione, e così vengono a stato perfetto; sai, come fece santa Elisabetta. Non ti dico però, donna, che glil nieghi, se tu vi vedi niun pericolo: hai inteso? E se niuna ci fusse la quale volesse vivare santamente, sai che modi ti convien tenere, volendo che ’l tuo marito tel creda? Elli ti conviene fare due cose:

Prima, che tu abbi in te tutti buoni essempli.

Siconda, che tu abbi in te tutte buone parole.

La prima, dico che tu abbi tutti i buoni essempli in te, se tu vuoi che elli tel creda; cioè che tu digiuni i dì comandati, ed anco delli altri dì convienti stare in astinenzia: non mangiare cibi dilicati, regolare la boca tua. Simile ti conviene vivare con vigilie, che spesso tu stia in orazione, usare le prediche, usare la messa, usare di vestire di vili vestimenti, non portare forgie80 nuove, non volére ogni dì un vestir nuovo,81 non stare lichisata82 e civuettata, non èssane usciuòla nè finestraiuola; non andare troppo per le case altrui, non usare d’èssare troppo parlatrice; non andare volendo sapere tutti i fatti altrui: non èssare contenta del mal di persona, e [p. 153 modifica] dolerti delle altrui fadighe. Confortare i tribolati, visitare gl’infermi, sovenirli potendo di quello che lo’ fa di bisogno, almeno delle buone parole, non potendo co’ fatti; usare tutti i buoni costumi. E così facendo tu darai buono esemplo di te.

E1 sicondo modo che ti convien tenere, ti conviene avere in te buone parole; chè volendo tu vivere in quanto ch’è a lo spirito, avendo tu marito, quando elli ti richiede... eccetera, e tu gli dì: — doh! marito mio, non vedi tu quello che tu fai? Tu invecchi ogni dì un mese, facendo a questo modo. Deh! astienti per l’amore di Dio e per mio amore. Tu vedi che andando noi dietro a queste vanità, noi perdiamo l’anima. Doh! fallo per amore di Dio. — E con buone parole li dimostra quelle cose che tu creda che piacciano a Dio; e se pure non giova, sai che fa’? Vattene talvolta a casa di tuo padre o della tua madre, e stavi qualche dì; almeno quel tempo se’ tu fuore e lui di quello atto. E anco essendo tu in casa, puoi tenere de’ modi e buoni; dalli uno cantone in pagamento83. Che se tu gli mostri pure in questo modo co le parole e co’ fatti quello che tu hai dentro in te, tu sarai cagione di levar lui della vita carnale, e di congiógnarlo con teco insieme a vita tutta spirituale.

Or coglie insieme tutto il mio dire. Diliges proximum tuum sicut te ipsum. Dove io t’ho dimostrato il mio dire et onesto e discreto, a ciò che chi non sa il peccato, non lo impari, et anco deba dire temperatamente, non a la largaccia. E questo è quanto ch’è dal mio canto. Dal canto tuo debi udire con. prudenzia e crédare quello che odi. Dove ti mostrai tre pònti: primo, che tu non se’ scusato per la ignoranzia, nè anco per negrigenzia, [p. 154 modifica] nè anco per malizia. Poi ti mostrai come questo matrimonio díe èssare tutto levato in Dio, e mostraiti tre verità: come la carne díe èssare regolata. Nella prima ti mostrai tre freni: primo freno, che tu non passi mai i termini del matrimonio: sicondo, che mai contra a natura non debi peccare: terzo, che tempi discreti tu debi considerare. Nella seconda verità ti mostrai come díe èssare ordinata; dove vedesti l’ubidienzia regolare, cioè la nostra, e l’altra ubidienzia matrimoniale, cioè di voi; dove vedesti come tu uomo se’ tenuto a la tua donna, e tu donna se’ tenuta ai tuo marito. Ne la terza verità ti mostrai come la carne a tempo díe èssare regolata, con tre considerazioni, cioè la corporale, la mentale e la spirituale; e come tu debbi consentire et astenerti. Dipoi t’ho mostrato, volendo vivare santamente, che tu debbi fare due cose: che tu prima dia e’ buoni essempli di te, e siconda che tu abbi in te buone parole. E così facendo acquisterete di qua la grazia, et ultimamente la gloria di vita eterna in saecula saeculorum, amen.



Note

  1. Le parole chiuse da parentesi si leggono nel solo Cod. Pal., ma son richieste dal senso.
  2. Il Cod. Pal. ha, primo Proverbiorum, e l’indicazione del cap., che altri Codd. manca, correggemmo perchè errata. Il passo allegato dice così; Tria sunt quae bene gradiantur, et quartum quod incedit feliciter: leo fortissimus bestiarum, ad nullius parebit occursum; gallu succinctus lumbos, et aries; nec est rex, qui resistat ei.
  3. Il Cod. Pal., come altre volte, ubrigati.
  4. Non solo al nostro Testo, ma anche al Cod. Pal. mancano le parole poste fra parentesi, senza le quali il senso non correrebbe.
  5. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, s’io dico che sia peccato il marito colla moglie, che debbo io voler dire degli altri? Laddove ec.
  6. Negli altri Codd., a giusto nostro potere?
  7. Come altrove, ed eziandio in seguito, col significato di, impedire. La fonte è la celebre Fonte Gaia di Iacopo della Quercia.
  8. Giova che il lettore non dimentichi che il Santo predicava nelle ore prime del giorno.
  9. Il Cod. Pal.: Come tu hai al nono capitolo, Paulo. E intendi al nono cap., v. 16, dell’Epistola prima ai Corinti.
  10. Negli altri Codd.: e simile anco a me tocha et a coloro ec.
  11. O ambio. E qui il Santo vuol dire, che avendo esortato a venire ad ascoltarlo quante piu donne era possibile, ha perduto quel che meglio desiderava, cioè la presenza dei preti.
  12. Così in tutti i Codici.
  13. Gli altri Codd. Sen. leggono: ma vuolcisi intrare da l’uscio da lato.
  14. Il Cod. Pal., sia così disonesto dire?
  15. Si quis autem ignorat, ec. (Ep. ii ai Corinti, cap. xiv, Vers. 38).
  16. Il Cod. Sen. 6 qui dice: ma ella andarà viva ec.
  17. Il racconto che segue è l’undecimo dei Racc. di S. Bernard., pagg. 29-30, editi da F. Zambrini.
  18. Lo' apocope di loro, come so di sono, è di egli od eglino, lu di lui e simili (Z).
  19. O come più comunemente suol dirsi, per le semplici.
  20. Qui ha fine l’undecimo dei citati Racconti.
  21. Il Cod. Sen. 6, a restituzione.
  22. Cioè, cotali licenziose sciocchezze. Gli altri Codd. hanno, ma sembrami erroneamente, scellarie e iscellarie.
  23. Per trascorrere.
  24. Gli altri Codd. dicono, le donne le quali sono le più parenti.
  25. Il Cod. Pal. e il Cod. Sen. 6, si disperde.
  26. Figuratamente, e qui vale riprendiate, isgridiate.
  27. Il Cod. Pal. ha costantemente, negrigente.
  28. Tutti gli altri Codd., udire.
  29. Salmo XXXV, vers. 4.
  30. Negli altri Codd. sempre Ceragia. Questo che segue è il dodicesimo dei già citati Racc. di S. Bernard., pagg. 31-33.
  31. Ciriegia di sorta molto grossa (Z).
  32. Già convento di Cassinensi a poca distanza dalla città presso alla Via maremmana, ed oggi ameno soggiorno campestre di nobil famiglia sanese.
  33. Altrimenti non ti provare di tornare a Siena.
  34. Gli altri Codd. Sen., panerotto.
  35. Il Cod. Pal., ebbeno.
  36. Il Cod. Sen. 5, e davavi dentro ec.
  37. Qui ha fine il dodicesimo dei Racc. di S. Bernard.
  38. La Vulgata dice: Audivit (verbum) luxuriosus, et displicebit illi.
  39. Il Cod. Sen. 6 dice: Il cavallo non si cura mai, sino a tanto che tu il tochi ec.
  40. Anzi, cap. quarto, vers. 4.
  41. Epist. I di s. Pietro, cap. iiij vers, 7; ma la lezione di questo passo nei Codd. è scorrettissima.
  42. È il vers. 4 del cap. vij, che nella Vulgata si legge alquanto diversamente.
  43. Il Cod. Pal., alla sua moglie.
  44. Alessandro d’Ales, molte altre volte ricordato.
  45. Indirizza queste parole a persona che si allontanava dalla predica. l’argomento, infatti, è delicatissimo, ma il Santo aveva ben ragione di trattarlo, conoscendo il nefando vizio che allora dominava per gran parte d’Italia. Chi mostri offendersi delle ardimentose ma oneste parole dell’Oratore, disconosce la storia, e più ancora i meriti grandi ch’Ei si guadagnò nel miglioramento del costume pubblico, ottenuto appunto coll’efficacia delle sue prediche e de’ suoi esempi. Ad ogni modo, a costui potrebbe rispondersi con le stesse parole pronunciato dal Santo in questa predica: „se ci fusse niuno uomo che anco mormorasse del mio dire, diteli che elli díe avere marcio il dosso„.
  46. Tutti gli altri Codd., cervella.
  47. Corretta la lezione del nostro Testo, che qui e poco sotto dice, marito.
  48. Parole che mancano per difetto di copia nel nostro Testo.
  49. Difettosa lezione di tutti i Codd.
  50. Negli altri Codd., alla tregesima seconda.
  51. Passo oscuro anche questo e difettoso in tutti i Codici.
  52. Cioè, por quel soverchio amare la donna, che sopra ha detto.
  53. Esodo, Cap. XX, vers. 14.
  54. Tutti i Codd. leggono, ma con errore, abino.
  55. Gli altri Codd. subito in vita eterna.
  56. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal., sostenimento.
  57. Vale a dire, certe vergogne bisognerebbe coprirle con un mantello, come Sem nascondeva col suo lo spettacolo del padre inebriato.
  58. A pensare cioè che v’era chi, in luogo di nascondere, avrebbe messo maggiormente alla luce simili turpitudini.
  59. Tutti gli altri Codd., erroneamente, se s’ingegnasse.
  60. Ad mnlierem menstruatam ec. (Ezechiele, cap. 18, v. 6).
  61. Intendi, pel maladetto vizio che domina, della sodomia.
  62. Gli altri Codd. leggono, debito, ma è errore.
  63. Gli altri Codd. sappinselo.
  64. Negli altri Codd., predicate e predicate.
  65. Sottintendi, non pensi tu ec.
  66. Il Cod. Pal., fanciullino.
  67. Sempre in cambio di, complessione.
  68. Il Cod. Pal., e così fece anco ec.
  69. Sapienza, cap. 13, vers. 16.
  70. Il Cod. Pal. qui e altrove, conscendere. Gli altri Codd., aconsentire.
  71. Epistola II ad Corinthios, cap. 3, vers. 17.
  72. Negli altri Codd., domandandolo; ma non per ciò acquista chiarezza il periodo.
  73. Le parole poste fra parentesi mancano al solo nostro Cod. Bensì anche con queste rimane irregolare il costrutto.
  74. Ironicamente, cioè a persona di cerve! grosso.
  75. Gli altri Codd., io farò e farò.
  76. Gli altri Codd., non lo lassare pericolare.
  77. Mancano al nostro Cod. le parole, pur necessarie, interchiuse da parentesi.
  78. Negli altri Codd., danno.
  79. Il Cod. Pal. ., benchè. Il Cod. Sen. 6, dare nè rèndare, bene che ec.
  80. Il Cod. Pal., fogie, ossia foggie.
  81. Il Cod. Sen. 6, non volere ogni dì vestire vestimento nuovo.
  82. Il Cod. Pal., lichizzata, come a dire; leccata, affettata.
  83. Cosi in tutti i Codici.