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138 predica vigesima


è grande, disse così: Adulterii malum vincit fornicationem, sed vincitur ab incestu ec. Moritur arectus monacham quicumque potitur: — El male e il peccato dello adulterio vencie la fornicazione, — chè talvolta è che l’uno e l’altro è sciolto. O, o, o! io ho udito cose che sarebbe da gridare accorruomo inverso d’alcuni che sònno tanto smemorati e impazati, e in una fantasia tanto pessima, che dicono che la fornicazione e l’andare alle meretrici non è peccato mortale, e non vegono come Idio l’ha comandato, e dannoli centra. Non disse Idio nel comandamento: non moechaberis?1 Deh, voliate vivare come debbono vivare i cristiani!

Ma anco ci è magiore peccato che questo, il quale è è adulterio, et è questo peccato in coloro che essendo legati in matrimonio, usano con altri che col suo congiunto; e questo è peccato mortalissimo. Anco ci è peggio: ècci il peccato dello incesto, magiore che quelli che io t’ho già conti. El qual peccato è in coloro i quali peccano co’ loro propri fratelli o suoro, o figliastro con matrigna, o in altra persona che gli sia congionta. Oimè! O che stemperanza è questa? Ben si può dire di chi casca in questo peccato, èssare l’anima sua nelle mani del diavolo, se egli non n’esce di subito colla confessione. Anche ci è peggio: o colui che usa colla monaca? Oimè, oimè, appónarsi colla cosa sacrata a Dio! Oimè, che cosa è ella più pessima? Sapete di che v’aviso? E ponetevi mente: che mai chi fa tal cosa, non muore se none di mala morte. Moritur arectus monacham quicumque potitur. Oimè! Or non considerate voi quanto elli è grave questo peccato, e quanta ingiuria si fa a Iesu Cristo? Oimè! O non vedi tu che tu gli poni le corna? Sì, è il pónargli le corna. E’ fu una femmina monaca india-

  1. Esodo, Cap. XX, vers. 14.