Plico del fotografo/Libro III/Parte II

Parte II

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PARTE SECONDA.

Produzione della prova positiva.

La prova positiva si produce ordinariamente sopra della carta.

La carta che ha ricevuto un incollaggio abbondante è generalmente capace di ricevere delle tinte robuste o di bella apparenza. Così secondo le esperienze comparative delli signori Davanne e Girard1, mentre sulla carta senza colla si ottengono immagini di color grigio morto, sulla carta fortemente gelatinata si producono, nelle stesse circostanze, immagini di grande bellezza e vivacità di tinte.

Le operazioni necessarie per ottenere la prova positiva sono sei, cioè:

I. Preparare i liquidi sensibilizzatori.
II. Sensibilizzare.
III. Far la prova.
IV. Preparare i liquidi fissatori e coloratori.
V. Fissare e colorare la prova.
VI. Inverniciare ed inquadrare la prova.


Operazione I.

Preparare i liquidi sensibilizzatori.

Per sensibilizzare non hai bisogno di molti liquidi. Una soluzione di cloruro di sodio ed una soluzione di nitrato d’argento è tutto ciò che ti occorre per ottenere sulla carta il cloruro d’argento impressionabile dalla luce. [p. 428 modifica]

Soluzione di cloruro di sodio.

Sopra 100 parti di acqua fa sciogliere

6

»

cloruro di sodio,


filtra e conserva per l’uso in una bottiglia chiusa.

L’acqua comune ed il sale di cucina sono d’ordinario entrambi sufficientemente puri per la buona riuscita dell’operazione. Quando però il sale attira troppo fortemente l’umidità dall’aria, oppure si manifesta soverchiamente colorato in bruno, non lo devi usare prima di averlo depurato con una rinnovata cristallizzazione. È cosa molto più rara che l’acqua sia troppo impura per questo servizio.

Soluzione di nitrato d’argento.

Sopra 100 parti di acqua fa sciogliere

16

»

nitrato d’argento,


filtra e chiudi la soluzione in una bottiglia di vetro.

L’acqua comune ed il nitrato d’argento monetario fuso sono d’ordinario abbastanza puri. Il nitrato d’argento di copella, essendo maggiormente puro del nitrato d’argento monetario, deve preferirsi. E se l’acqua comune sarà molto carica di cloruri, ti converrà impiegare acqua distillata, o quanto meno acqua di pioggia, perchè perderesti una quantità d’argento di un valore più grande che non l’acqua distillata. Generalmente vicino alle nostre alpi l’acqua è così buona e pura, che non val la pena di distillarla, o di stare a raccogliere l’acqua piovana.


Osservazioni.


1a Soluzione di cloruro di sodio, sua concentrazione e proprietà. — Questa soluzione, preparala colle dosi di sale o di acqua sopra indicate, si trova essere circa al grado 5° dell’areometro di Baumé. Nell’adoperarla a fissare, dovendosi essa mettere in un largo bacino da fotografo, e così esporre una grande superficie di essa in contatto coll’aria atmosferica, finisce per evaporarsi una quantità d’acqua molto grande.

Quando ciò arriva, la soluzione essendo diventata più densa [p. 429 modifica]e cambiato essendo il rapporto primitivo tra l’acqua ed il sale, non si avranno più esattamente gli stessi prodotti, e le positive arrischieranno di macchiarsi totalmente per una incompiuta trasformazione del cloruro di sodio in cloruro d’argento.

Vi è però una certa latitudine prima che il caso che ora enunciamo venga a manifestarsi. Così, rimanendo la soluzione del nitrato d’argento nel suo stato normale, si può senza inconvenienti portare la soluzione del cloruro di sodio sino al grado 8° dell’areometro, e si possono ancora ottenere ottimi risultati dilungando la soluzione sino a che questa si trovi essere soltanto al grado 3°.

Il grado che riteniamo come il grado normale della soluzione del cloruro di sodio sarà dunque suscettibile di notevoli variazioni in più ed in meno, e ciò rende assai facile il mantener sempre la soluzione entro i limiti che dee avere per la buona riuscita.

Invece di far sciogliere volta per volta il cloruro di sodio, il miglior metodo a seguire si è di prepararne preventivamente una soluzione satura, mettendo nell’acqua fredda un eccesso di sale.

La soluzione satura segna circa il grado 24° dell’areometro, e per tirarla al grado che si desidera non si ha che a dilungarla convenientemente con acqua. L’operatore troverà molto vantaggioso l’uso della tavola della solubilità del cloruro di sodio, che riportiamo più sotto, per venire a conoscere subito la quantità d’acqua che occorre nel portare le soluzioni ad un dato grado minore.

La soluzione, che dopo di una lunga esposizione all’aria sia diventata troppo densa, accusa da se stessa la sua concentrazione troppo forte nel momento che la carta venuta a suo contatto si porta sulla soluzione del nitrato d’argento; si forma in quest’ultima un precipitato bianco di cloruro d’argento, il quale, invece di rimanere aderente alla carta, galleggia pel liquido. Affinchè l’aderenza del cloruro d’argento sulle fibre della carta sia abbastanza forte, è necessario che la trasformazione del cloruro di sodio sparso sopra di esse sia istantanea, e ciò non può succedere, tranne quando il cloruro di sodio non si trova in eccesso comparativamente alla densità della soluzione di argento. [p. 430 modifica]

Quantunque la soluzione del cloruro di sodio sia capace di una considerevole estensione di limiti, prima di manifestare questo suo predominio sul nitrato d’argento converrà però sempre al fotografo il mantenerla piuttosto troppo debole, che troppo forte, perchè nel primo caso, mentre si ottengono ancora buoni risultati, non vi è un consumo inutile di nitrato d’argento, e lo strato sensibile essendo meno forte, le prove saranno anche più presto e più facilmente fissate dall’iposolfito di soda, che serve in appresso a togliere il cloruro d’argento non impressionato abbastanza profondamente dai raggi luminosi.

La soluzione del cloruro di sodio si può conservare indefinitamente senza che si guasti. Dopo ciascuna volta che ha servito si ripone sempre nella stessa bottiglia, alla quale si destina un imbuto di vetro piuttosto grande con entro un filtro di carta, nel quale si versa il liquido stato adoperato.

Così facendo, si ha sempre la soluzione filtrata in uno stato conveniente quando occorre di doverla impiegare.

2a Cloruro di sodio e cloruro di ammonio. — In surrogazione del cloruro di sodio alcuni operatori fanno uso del sale ammoniaco, o cloruro di ammonio. Questo sale non è così igrometrico come il sale di cucina, ed avendo un equivalente chimico più piccolo di quello del cloruro di sodio nel rapporto di 54:60, basta impiegarne una quantità proporzionatamente minore nel preparare la sua soluzione; il cloruro d’argento, che si produce con esso sopra la superficie della carta, riesce più compatto, di una grana più fina, per cui i neri appariscono molto intensi, di un ottimo effetto. Il signor De Valicourt propone il cloruro di ammonio nella proporzione di 4 parti per 100 parti di acqua2.

3a Tavola della solubilità del cloruro di sodio. — Il cloruro di sodio, o sale di cucina, come quello che si può trovare ovunque ed a buon mercato, sarà sempre generalmente usato nella preparazione delle prove positive.

La tavola seguente è del signor Leone Krafft, e l’abbiamo [p. 431 modifica]lolla dalla Lumière (a), che fu uno dei primi giornali di fotografia, ed alla cui redazione presero parie eminenti scrittori, come il signor M. A. Gaudio, il signor E. Lacan, ecc.

Gradi

dell’areometro

QUANTITÀ DI SALE IN UN LITRO DI SOLUZIONE

Gradi

dell’areometro

QUANTITÀ DI SALE IN UN LITRO DI SOLUZIONE

1

12,893

14

180,507

2

25,786

15

193,401

3

38,680

16

206,294

4

51,573

17

219,187

5

64,467

18

232,081

6

77,360

19

244,974

7

90,253

20

257,868

8

103,147

21

270,76 1

9

116,040

22

283,654

10

128,934

23

296,548

11

141,827

24

309,441

12

1 ’4,720

25

318,479

13

167,614


Osservasi in questa tavola che l’autore va sino ai millesimi per esprimere la quantità del sale contenuto nel liquido provato col "mezzo dell’areometro, quantunque l’esattezza su cui si può contare sia realmente molto più piccola; infatti sarebbe mollo se si potesse ottenere sempre esatta la colonna dei decimi con qualunque areometro si operi.

lo non ho verificato l’esattezza di questa tavola, nè di altre di questo autore, ma lo scorgere come nella sua tavola dell’iposolfito al grado IO corrisponde il N". 1 94,471 pel quantitativo del sale, e come nella tavola del cloruro di ammonio delio stesso autore allo stesso grado 10 corrisponde il N. 251,952, mèntre qui non abbiamo che il N. 128,934, mi fa supporre che una differenza così grande sia troppo considerevole.

(a) La Lumière, Reoue de la Photographie, Paris. [p. 432 modifica]a Soluzione di nitrato d’argento, sua concentrati one e proprietà. — La densità di questa soluzione è circa due volle più grande di quella del cloruro di sodio. Essa si impoverisce sempre più di nitrato d’argento nell’adoperarla a sensibilizzare, senza che nel tempo stesso si alteri gran fatto la sua densità. Se si considera ciò che avviene allorquando sopra di questa soluzione si porta la carta impregnata di cloruro di sodio, sarà facile il comprendere questo suo modo di comportarsi. Il cloruro dì sodio venendo in contatto col nitrato d’argento, mentre dà origine ad un cloruro d’argento insolubile, che rimane sulla carta, produco nel tempo stesso un nitrato di soda che si scioglie nella soluzione del nitrato d’argento, e che rimpiazza il nitrato d’argento che si è decomposto, i chimici esprimono questo scambio di componenti coi simboli

NaCI-+-Ag0,N0 5 =Na0,N’0 5 -t-AgCI.

Il nitrato di soda che qui si forma non è contrario alle reazioni seguenti della soluzione, ma coll’impedire che scemi la densità, può sedurre l’operatore, il quale dalla densità della soluzione volesse giudicare della sua ricchezza in nitrato d’argento.

Dall’istante che la soluzione avrà incominciato a funzionare, non si potrà dunque più nulla arguire dalla conoscenza del suo peso specifico.

Fortunatamente che come la concentrazione del cloruro di sodio gode di una notevole latitudine, così anche il nitrato di argento è capace di decomporre a densità ben differenti lutto il cloruro di sodio steso sulla carta.

La soluzione del cloruro di sodio o la soluzione del nitrato d’argento devono sempre stare tra di loro in un tale rapporto di quantità, che quest’ultimo sale sia sempre predominante in maggiore o minore quantità. Un forte eccesso di nitrato non è contrario alla buona venula delle positive, anzi è assai giovevole, perchè rende le prove più sensibili alle radiazioni luminose, e permette di ottenere l’immagine con un colorilo più ricco, più aggradevole.

Da ciò ne nasce che si potrà sempre senza inconvenienti aggiungere alla soluzione d’argento la quantità di nitrato d’argento che si giudica opportuna, senza aspettare che essa col [p. 433 modifica]l’uso venga a produrre delle prove che non abbino più il vigor necessario; cbo il sale di cucina contenuto nella carta occasioni nella soluzione dei precipitali bianchi di cloruro d’argento, senza che ciò possa imputarsi ad una assolutamente troppo grande concentrazione della- soluzione del cloruro di sodio che venne impiegata nel preparare la carta.

5’ influenza delt acidità del nitrato sul modo di agire della soluzione. — Nella formazione delle prove negative abbiamo fatto osservare che il nitrato d’argento deve adoperarsi allo stato neutro, e che quando non è tale conviene sottoporlo ad un forte calore, farlo fondere per scacciare l’acido libero, oppure neutralizzarlo con un carbonaio alcalino. Ciò è anche importante per la produzione delle provo positive. Se si prepara la soluzione d’argento con nitrato molto acido, le prove positive nel (issarle si macchiano facilmente.

6’ Purificazione del bagno ([argento — La soluzione del nitrato d’argento dovendo rimanere esposta all’aria nel bacino, si ricopre sempre di una sottile pellicola d’argento metallico proveniente dalla riduzione operata dalle piccole molecole di polvere, e dalle particelle di materie organiche che vengono a cadere sulla superficie del liquido. Questa pellicola si toglie, come dissimo prima d’ora, passando sopra la superficie del bagno il margine di un foglio di carta, il quale, dopo di avere accumulato l’argento in uno dei lati del bacino, lo solleva con sè, facendo colla carta una lieve pressione sulla parete del bacino stesso. Se prima di operare non si prendesse questa precauzione, si macchierebbe la carta, si guasterebbe la prova. Inoltre la soluzione d’argento durante l’azione del sensibilizzare (principalmente se si sensibilizza carta albuminata; scioglie delle materie organiche le quali comunicano ad essa una tinta bruna che è capace di fissarsi sulla superficie della carta e renderla giallognola, per cui l’immagine che in essa si produce non può rimanere ben pura, con bianchi perfetti. Mettendo nella soluzione il 4 per 100 di caolino puro come prescrive il signor Brioschi (a) si ottiene il bagno incoloro; ma il bagno d’argento se si espone ai raggi del sole, depone un precipitato nero e diventa perfetta) Manuale pratico di fotografia per Girolamo Briosudi, Milano, 1862,

3 $ Fotografia. [p. 434 modifica]lamento incoloro, per cui ora basta filtrarlo per ollenerlo della massima purezza.

7’ Il nitrato insinuilo dall ammvuio-nilrato it argento. — Come un utile surrogato della soluzione di nitrato d’argento per sensibilizzare la carta positiva, si propone l’ainmonio-nitrato di argento che fu già mollo in uso presso i folograti inglesi ed americani.

L’ammonio-nitrato d’argento si prepara facendo cadere a goccie dell’ammoniaca liquida in una soluzione di nitrato d’argento sino a tanto che il precipitato bruno formatosi dapprima si sia di nuovo sciolto. La soluzione deve esser neutra, e quando accusasse una reazione alcalina per aver impiegato alcune goccio di ammoniaca liquida di più del dovere, si aggiunge alcune goccie di nitrato d’argento, sinchè più non si produca alcun intorbidamento nei liquido.

8’ Ordine nell impiego delle due soluzioni sensibiliszatrici. — Avendosi sempre bisogno che il nitrato d’ argento si trovi in eccesso sulla carta sensibile, non è cosa indifferente l’ordine con cui debbono venir applicale le due soluzioni di cloruro di sodio, e di nitrato d’argento.

Si deve sempre incominciare ad applicare sulla carta il cloruro di sodio, e dopo si passa al nitrato d’argento.

Invertendo l’operazione il cloruro d’argento rimarrebbe mescolato con cloruro di sodio, il quale non solo non favorisce, ma si oppone alla revivificazione del cloruro d’argento in contatto della luce. In ciò il cloruro di sodio è analogo all’acido cloroidrico, di cui Bancroft dice: • Io ho soventi volte osservato che » il cloruro d’argento posto al fondo di un vaso di vetro tras» parente quasi ripieno d’acqua si coloriva in color violetto » nello spazio di circa duo minuti, alla debole luce di una ca» mera avente una sola finestra, ed in un giorno nebbioso; » mentre una diretta applicazione dei raggi del sole per alcuni » giorni non produceva alcun cambiamento di colore quando il » cloruro d’argento era coperto di acido muriatico invece di » acqua (a) ».

(a) PltUosopluj of permanetti colours 6// E. Bancroft. M. D London. 1813. [p. 435 modifica]OhEkAZIONK I!

Sensibilizzare la caria

Avanti lutto hai alcune disposizioni preliminari a prendere: 1° In una bacinella da fotografo metti della soluzione di cloruro di sodio al 6 per 100, ed in vicinanza di questa soluzione stendi, in una tavola ben piana, un quaderno o due di carta bibula, da filtro o da stampa, ben candida e di una grana ben lina.

In una camera vicina illuminala dalla luce, che si riceve da una finestra con vetri gialli, poni entro di un’altra bacinella la soluzione di nitrato d’argento al 16 per 100, e scremala coll’orlo di una cartella per toglierne la pellicola.

Prese queste disposizioni, taglia un foglio di carta un po’ più grande dell’immagine a riprodurre, ed abbandonato sopra della soluzione di cloruro di sodio, (a)

Ma fa ben attenzione che tra la carta ed il liquido non rimangano delle bolle d’aria, le quali impediscono alla carta di assorbire uniformemente il cloruro di sodio.

Eviterai agevolmente la formazione di questo hollicelle mettendo sopra del bagno il tuo foglio in tal maniera inclinato, che la parte che viene la prima in contatto col liquido possa cacciare avanti di sè il liquido stesso a misura che tu abbassi il resto del foglio. Se tuttavia tu vedi che esse si formano, scacciale col sodio o toccandole con una bacchetta di vetro.

Il liquido non deve parzialmente venire in contatto colla parte superiore della carta, perchè altrimenti questa si macchierebbe nella susseguente esposizione alla luce, e ciò tu otterrai facil (a) Usandosi ora generalmente la carta alliuminata, il lettore, che gii conosca il modo di operare colla carta semplice, potrò consultare la Osservazione 5> relativa a questa operazione II, ove venne indicato il modo di preparare la carta albuminata. [p. 436 modifica]menle non facendo una pressione troppo forte sulla soluzione

col mezzo della carta.

Quaudo la carta appare tutta uniformemente bagnala nella sua parte inferiore, e che la parte superiore venne rispettala dalla soluzione, abbandonala sopra del liquido e lasciacela a galleggiare per lo spazio di due o tre minuti, od anche per un tempo più lungo, secondo che la carta ha uno spessore più o meno forte, venne incollata coll’amido, oppure colla gelatina, ecc. Dopo toglila dal bagno, prendendola per uno dei suoi angoli e lascia sgocciolare per pochi istanti sopra del bacino.

Ora metti il tuo foglio tra la carta bibula e comprimilo in lutti i sensi, spostandolo, e rinnovando la carta sugante sino a che ogni traccia di liquido sia scomparsa dalla superficie della carta.

Questo foglio di caria così asciugato portato subito nella camera gialla sopra della soluzione di nitrato d’argento, osservando che non rimangano bolle d’aria tra la carta ed il liquido, e che la soluzione non venga a portarsi sul rovescio della carta.

Non dovrebbe essere necessario di dire che la parte del foglio, la quale venne in contallo colla soluzione di cloruro di sodio, è quella che deve poggiare sul bagno d’argento.

Passato il breve spazio di due minuti circa, leva il foglio, appendilo sopra del liquido per lasciarlo sgocciolare alcuni istanti, quindi abbandonato su di un filo leso per aria, affinchè possa seccare spontaneamente. La luce gialla, presso cui si opera, non nuocerà alla carta sensibile. Se avrai fretta fa seccare la tua carta sensibile a poca distanza dai carboni accesi di un focone.

Quando la carta sarà perfettamente secca sarà alta a ricevere il disegno fotografico, essa sarà sensibilizzala.

Gioverà sensibilizzare vari fogli passandoli l’uno dopo l’altro senza interruzione dal cloruro di sodio al nitrato d’argento, perchè così facendo si può sensibilizzare molla carta in poco tempo.

La carta sensibilizzata si deve conservare in una scatola al riparo dalla luce e daH’umidilà, oppure dentro di un cartolare in cui ciascun foglio sensibile vuole essere posto separato dagli altri. [p. 437 modifica]Osservazioni.

I’ Alterabilità della carta sensibile. — Dopo quadro o cinque giorni la caria resa sensibile nel modo precedente, quantunque sia conservala perfettamente all’oscuro, incomincia ad acquistare una tinta bruno-violacea, ma essa sarà ancora servibile, perchè la tinta bruna quasi totalmente scompare nell’Iposolfito di soda che serve a fissare.

Non conviene però preparare una grande quantità di carta sensibile per volta, quando si teme di non poterla tutta adoperare fra breve tempo, perchè la carta non si può conservare a lungo coit tutta la sua sensibilità primitiva, per cui, dopo alcuni giorni dalla sua sensibilizzazione, si deve prolungare mollo più la sua esposizione alla luce sotto della prova negativa, per riprodurne il disegno. E quando si dovesse aspettare più di dieci giorni prima di farne uso, la carta sensibile finisce per acquistare una tinta così intensa che l’iposolfito non la può distruggere, e resta impossibile la produzione di una prova con bianchi abbastanza puri. 1, ’umidità è quella che fa imbrunire la carta sensibile posta all’oscuro. Perciò la sensibilità della carta può conservarsi all’indefinito se essa si pone in una scatola ben chiusa contenente del cloruro di calcio.

2’ Clorurare la carta. — Si può invece senza inconvenienti preparare una quantità tanto grande, quanto si vuole di carta, col mezzo del solo cloruro di sodio, e conservarla per un tempo indefinito prima di sensibilizzarla nel nitrato d’argento; ma e ò sarebbe inutile. Nello sfosso mentre clic la carta si passa sopra del nitrato. si può passare al cloruro ili sodio, si può salare della nuova carta, e l’umidità di questa, quando viene preparala così di mano in mano che si sensibilizza, favorisce ed agevola l’azione capillare, o di assorbimento sul nitrato d’argento, in guisa che la trasformazione del cloruro di sodio in cloruro di argento si effettua subito sopra tutta la superficie con minore pericolo di macchiare la carta per la frapposizione di bolle di aria molto più facili a prodursi operando con carta secca. La carta, quando si prepara coll’albumina e cloruro di sodio, si [p. 438 modifica]deve far seccare prima di sensibilizzarla, epperciò conviene prepararne in grande quantità, ma è necessario di farla seccare mollo bene, perchè altrimenti essa si potrebbe guastare facilmente.

Onde non confondere la parte della carta trattata col cloruro di sodio con quella che non venne a contatto con la soluzione, sarà bene il contraddistinguere quest’ullima parte della carta con un segno fallo con un lapis in un angolo. Il segno, che sarà un picco! circolo od una croce, ecc., indicherà la parte che deve rimanere fuori del contatto della soluzione del nitrato d’argento.

3“ Immergere la caria nei bagni sensibilizzatori. — Alcuni, invece di porre solo sulla superticie del cloruro di sodio il foglio da sensibilizzare, usano imuiergervelo intieramente, quindi lo immergono anche tutto nella soluzione del nitrato d’argento per sensibilizzarlo; ciò fanno per ottenere una immagine più ricca, più vigorosa. Ma se si considera che la produzione dell’immagine è allatto superficiale, che essa non penetra nella massa della carta, come dimostrano esperienze dirette fatte sotto un tal punto di vista, si potrà comprendere che una tale pratica è afTallo inutile e che non’ conviene, perchè si ha un troppo grande consumo di nitrato d’argento senza alcun compenso. Talbot nei suoi primi esperimenti aveva adottato il metodo di sensibilizzare la caria portando le soluzioni sopra di questa col mezzo di una spazzola ben morbida. Ma è di gran lunga più semplice, e più sicuro il modo di operare che, consiste nel portare la carta sopra delle soluzioni sensibilizzatrici.

4’ Qualità della carta. — La carta può soventi volte contener nella sua pasta delle particelle metalliche staccatesi dalle macchine nel momento della sua fabbricazione. Queste particelle si riconoscono dalla loro opacità, osservando la carta per trasparenza, ed alcune volle si manifestano alla superficie stessa della carta. Sarebbe impossibile ottenere delle buone prove positive con tali qualità di carta, perchè le impurità metalliche precipitano l’argento del nitrato e formano sul disegno delle macchie nere di un triste effetto.

Il fotografo dovrà scegliere la carta più candida e più pura che gli sia possibile di trovare.

I nostri fabbricanti di carta, per la purezza delle acque del [p. 439 modifica]nostro paese, ci danno della caria egualmente buona di quella che si tira dalla Francia, dall’Inghilterra e dall’Alcmagna per preparare le prove positive. Li signori fratelli Àvondo fabbricano carta da lettere, carta processo e protocollo assai buona per i bisogni del fotografo, in modo da poter con vantaggio surrogare la carta francese incollata coll’amido delli fratelli Canson, la carta inglese incollata colla gelatina, Satin post, portante la marca I. Whalman, la carta diSteinbach in Sassonia, ecc.

Per le prove positive di gran formato bisogna di necessità far uso di una carta di spessore considerevole per poterla lavorare nei liquidi sensibilizzatori e fissatori, ma per le prove di piccola dimensione è spesso buonissima la carta da lettere di prima qualità.

La carta deve essere fabbricala con tela velino, ma non con tela renella, come è la carta da lettere inglese.

Il lettore che non conosca il modo di fabbricare la carta, non si sarà forse mai accorto che le due faccie della carta non hanno una struttura identica. La parte, la quale nel momento della fabbricazione della carta i! stala sulla tela metallica per prendere la sua forma, porta ancora l’impronta della tela, se si guarda la carta sotto un certo angolo (wire markings, -Siebseìte), di modo che essa si manifesta più porosa e meno liscia della parte opposta, che non venne in contatto della tela (Filzseile).

Questa proprietà della carta non deve esser posta in dimenticanza dai fotografo per poter sempre sensibilizzare la carta dalla parte più liscia, la quale è anche meno soggetta a trovarsi contaminata dalle particelle metalliche. Imperocchè queste per la loro maggior gravità si portano nella- parte inferiore della carta, mentre questa si produce nella forma.

b‘ Carta alluminala. — La carta che adopera il fotografo ha già ricevuto una vernice di colla, amido o resina durante la sua fabbricazione, ma questa vernice od incollaggio, come si chiama, non è mai così grande da ricoprire la tessitura fibrosa della carta, la quale si oppone a ciò che si possa produrre l’immagine positiva con grande nitidezza, e con grande precisione di dettagli. Stendendo sulla caria dell’albumina liquida resa fotografica con cloruro di sodio, lasciando seccare perfettamente e sensibilizzando con nitrato d’argento, si ottiene una carta sen [p. 440 modifica]sibile, capace di dare delle prove positive con una maggiore purezza di lince. La gelatina e l’amido si fanno anche servire a questo scopo, ma con risultali meno soddisfacenti.

L’albumina in questo caso si prepara ancora colle stesse precauzioni che abbiamo indicato nella prima parte, a pagina 295, e può essere composta nella proporzione di

50 parti di albumina 50 » » acqua

3 » ■ cloruro di sodio, o cloruro d’ammonio.

Si pone la carta per due o tre minuti su questo liquido albuminoso versato in un bacino di vetro, e si fa seccare perfettamente appendendo la carta, con un ago, per uno dei suoi angoli su di una corda tesa per aria.

La carta bene essiccata si sensibilizza portandola sopra della soluzione di nitrato d’argento. Sarà bene che la soluzione sia molto concentrata se si vuole ottenere una prova positiva con una grande intensità di tinte, p. c. clic sia fatta con

100 parti di acqua 20 » » nitrato d’argento.

Si lascia la carta albuminata galleggiare sopra di questa soluzione per lo spazio di due minuti appena. Si toglie la carta dal bagno, e si appende con un ago ad una corda lesa sopra del liquido, atlinchò possa sgocciolare e seccare.

La carta così sensibilizzata si tratta nelle operazioni seguenti, come la carta che non venne albuminata. Ora per tirare le prove positive usasi generalmente la carta albuminala, perchè si ottiene maggior bellezza e forse anche maggior solidità nei disegni contro l’azione del tempo. Ora trovasi in commercio la carta albuminata per positive, e ciò ò assai utile pel fotografo perchè esso non ha più che a portarla nel bagno d’argento e farla seccare per averla pronta al bisogno.

Lo strato d’albumina, nel venire a contatto del bagno d’argento si coagula mentre si combina coll’ossido di argento, formando un albuminato di argento che ha una importante influenza sul risultato tinaie, quantunque la proporzione di nitrato decomposto dall’albumina sia poco considerevole. La coagulazione [p. 441 modifica]dell’albumina, è utile perchè impedisco che il nitrato di argento penetri troppo profondamente nelle libre della carta, infatti l’immagine è tanto più pura e trasparente quanto più essa è superficiale. Secondo il dottor Sclinanss (a) l’argento che forma l’immagine è in quantità così tenue ed è talmente superficiale che la prova, quando è colorata col cloruro d’oro e quindi fissala, perde lutto il suo argento e non contiene più che dell’oro, il quale sostituì l’argento che formava l’immagine e che si sciolse nel bagno di cloruro d’oro.

Dilungando l’albumina con maggior quantità di acqua, la prova resterebbe meno brillante, più nera, ciò che è utile in alcune circostanze. L’albumina non dilungata o poco dilungala ò utile in alcuni casi, ma essa allora dà al disegno una certa secchezza, gli toglie quel colore armonico che si avvicina all’acqua tinta, quella morbidezza, quelle sfumature che tanto piacciono agli artisti.

Ncll’albuminarc la carta usasi un’albumina contenente solo il 3 per 1 00 di cloruro di sodio, mentre che nel clorurare la carta semplice richiedesi il 6 per 100 di cloruro di sodio; una tale diversità di proporzione è resa necessaria dalla maggiore adesività del liquido albuminoso sulle libre della carta. Si potrebbe anche diminuire la proporzione del cloruro nel preparare l’albumina; il signor W. Sitnpson nel suo trattato già accennato ( b ) prescrive di impiegare questo sale nella proporzione del 2 per affermando clic così si ottengono ancora ottimi risultati.

Nel sensibilizzare la carta albuminata col bagno di nitrato d’argento trovasi che questo, anche quando viene conservato in un sito perfettamente riparato dalla luce, si imbrunisce in poco tempo e comunica una tinta sporca alla carta, per cui i bianchi del disegno non possono ottenersi con tutta la desiderabile purezza. Si propose vari modi per depurare e togliere questo coloramento alla soluzione del nitrato d’ argento, ma

(a) Le Monlteur de la pholographie, Itevue intcrnationale des progrès du nouvel art, 1 mai 1803. Paris.

(b) The Pholographie News almanac, or ihe gear-Book of pholographg for 1863, ediled bg G. B. SlMrsoN, published by T. Pi per. London. [p. 442 modifica]il melodo più semplice è quello di portarla al sole per alcune ore, come già avvertimmo. Si forma un precipitato nero, che 6 una combinazione di ossido d’argento colla materia organica in sospensione nel liquido, e il liquido stesso quando viene filtrato rimane di una purezza perfetta, come se fosse nuovo.

6’ Azione della luce sul cloruro d’argento. — Il cloruro d’argento, che si produce nel sensibilizzare la carta per positive, non essendo così sensibile ai raggi della luce come il ioduro d’ argento, si può impunemente sensibilizzare ad una debole luce diffusa; ina bisogna dire che 6 preferìbile illuminare la camera ove si sensibilizza con una Gneslra a vetri gialli, come abbiamo raccomandato più sopra, perchè non è allora necessario di fastidiarsi se la carta rimane più o meno lungo tempo sotto l’Influenza della luce gialla. La luce di colore arancio sarebbe ancor meno a temere della luce gialla, e la luce rossa non produrrebbe quasi più alcuna azione sulla carta sensibile. Infatti:

Espongasi alla luce dei sole un foglio di carta sensibilizzato con cloruro di sodio e nitrato d’argento nel modo prescritto, si applichi sul foglio quattro piccole lastre di vetro colorate separatamente in rosso, giallo, arancio e blù. Il foglio sotto del vetro rosso finisce per prendere un debolissimo coloramento violaceo, che nella soluzione di iposolfito di soda scompare adatto; sotto del vetro arancio il coloramento sarà più oscuro, e l’iposolfito non può distruggerlo intieramente. Mollo più oscuro risulta sotto del vetro di color giallo, e non 6 quasi più possibile distinguere dal margine lasciato a nudo la parte del foglio coloritasi sotto del vetro blù. Ciò viene confermato dagli esperimenti fatti da Sennebier, il quale trovò che il cloruro d’argento viene colorato

in violetto dal raggio blù in 29 secondi;

» ■> giallo in 5 minuti e 30 secondi;

» » arancio in 42 minuti;

» » rosso in 20 minuti. [p. 443 modifica]U3

Operazione III.

Fare la positiva.

In una tavoletta di legno ben piana metti il foglio sensibile colla faccia sensibilizzata in alto. Sul foglio applica la negativa su vetro in modo che lo strato che porta l’immagine negativa venga a combaciare colla superficie della carta. Se ora tu porti il lutto ai raggi del sole, la luce, attraversando i bianchi della prova, annerisce parzialmente lo strato sensibile, l’immagine negativa viene riprodotta sulla carta sotto forma di un’immagine positiva.

Operando nel modo che diciamo, la carta non rimane abbastanza aderente alla negativa, condizione impreteribile per ottenere un’immagine nitida e senza confusioni; inoltre, non potendosi regolare la durala dell’esposizione, le prove positive quasi sempre si guastano, riescono o troppo chiare o troppo oscure, ed una buona positiva così ottenuta sarebbe un’eccezione alla regola.

Perciò egli è allatto indispensabile di avere una così della pressa a copiare (a) o macchina a copiare ( Chassis posilif — Printing fraine — Kopirralime).

Con questa semplice macchina la carta si fa combaciare esattamente colla matrice, o prova negativa, e si può a volontà visitare l’immagine in via di formazione senza pericolo di spostarla, la qual cosa rende possibile il regolare la sua buona venuta.

La macchina a copiare si compone di una lastra di cristallo e di una tavoletta di legno che si possono comprimere insieme.

La carta sensìbile e la prova negativa si mettono tra la lastra di cristallo e la tavoletta di legno in modo che durante l’esposizione alla luce possano conservare l’ordine stabilito nell’esperienza di sopra.

(a) Questa denominazione pud venir criticata. Nel dizionario del Tramater (vedi calca) la voce pressa è accettata nel senso che qui essa ha. £ forse più conveniente la denominazione di torchietto a copiare. [p. 444 modifica]La tavoletta di legno viene compressa contro la carta sensibilizzala, la negativa e la lastra di cristallo col mezzo di quattro vili a pressione poste due a due nei due traversini della parie posteriore deH’istrumento, i quali traversini si fissano con una laminelta di ferro mobile.

La pressione esercitala dalle vili mette in conlatto perfetto la carta col disegno sullo strato del vetro.

Il costruttore di questa macchina a copiare incolla del panno unito sulla tavoletta di legno per correggere la ruvidezza della sua pressione, e per rendere più uniforme il combaciamento della carta. Con un foglio di caoutchouc vulcanizzato steso dietro della carta sensibile si verrebbe a produrre lo stesso effetto, ma ciò sarebbe più incomodo.

La macchina a copiare munita di viti è quella che si usa generalmente, quantunque essa sia di un uso pericoloso, in quanto che il passo delle vili essendo di necessità piccolissimo, il più lieve sforzo che con esse si faccia produce una pressione fortissima. Esponendo l’islrumento al sole viene provocata una dilatazione sul vetro, la quale, non potendosi esercitare liberamente, produce una tal forza, che fa rompere non di rado la lastra.

Da qualche tempo si fabbricano torchietti a copiare, in cui le quattro vili sono rimpiazzale da due molli elastiche poste sui traversini di legno; le loro estremità comprimono nei punti stessi della tavoletta, in cui le viti esercitavano la loro pressione. La forza degli elastici essendo sempre la stessa, non si ha più alcuna inquietudine per la frattura della lastra di cristallo, e la pressione è sufficiente per stabilire un contatto perfetto tra la carta e la prova negativa del vetro.

Coloro i quali avessero la macchina a copiare a viti dovranno fissare le viti in modo tale, che si debba produrre un leggero sforzo nel fissare i traversini colla lamina di ferro. Fissali i traversini, non si devono più toccare le vili. così facendo, la pressione che si ottiene sarà abbastanza forte perchè si possano ottenere delle prove positive perfettamente nitide, e non havvi alcun pericolo di rompere la lastra dcll’islrumenlo.

La tavoletta di legno della pressa a copiare del fotografo è sempre così fatta che essa si può aprire per metà, onde si possa venire ad iuspezionarc I’immagiue positiva che si va generando [p. 445 modifica]sulla carta sotto l’influenza della luce. L’altra metà della tavoletta mantiene il lutto nella stessa posizione, di modo che si può visitare quante volte si desidera il disegno, senza che, aprendo e chiudendo una metà della tavoletta, succeda alcun sensibile spiazzamento della carta durante l’esposizione.

Nell’inspezionare l’andamento della formazione della positiva si deve naturalmente fare in modo clic i raggi del sole non vengano a dardeggiare sopra la carta, imperocchè la luce diffusa è già capace di colorire uniformemente la parte del foglio che si scopre, se l’operatore larda di troppo a chiudere di nuovo la macchina.

La prova positiva, che si giudica venuta abbastanza intensa, si toglie dalla pressa, ed avendo cura di non toccarla colle dila che nei suoi margini, si porla, senza aspettare l’indomani, nei bagni fissatori. Non conviene ritardare il iìssamenlo delle prove impressionale, perchè i bianchi di esse sono generalmente tanto più distinti, tanto più puri, quanto più breve fu il tempo tra la sensibilizzazione della carta e la fissazione dell’immagine sopra di essa ottenuta. Il signor De La Blanchère (o) propone di immergere la carta positiva impressionala in una soluzione di cloruro di sodio al 3 per 100 per convertire tutto il nitrato di argento della carta in cloruro d’argento prima di procedere alle operazioni di colorare e fissare.

Osservazioni.

I" L’umidità della carta ed il nitrato d’argento possono far perdere la negativa. — Un’avvertenza che non si deve mai ommettcre nella fabbricazione delle prove positive, per non guastare la matrice, consiste nel fare attenzione a ciò che la carta sia perfettamente secca. L’umidità macchierebbe il disegno negativo. Infatti, siccome durante la solarizzazione il cloruro d’argento revivificandosi dà origine allo svolgimento di un gas acido, ne conseguila che quando la carta viene portala anco’r umida nella macchina a copiare, questo gas si scioglie nell’acqua conia) L ari du photoyraphe, parli. De La Blanchère, deuiième èdilioo, Paris. [p. 446 modifica]densala dalla negativa, e col suo contatto distrugge qua e là il disegno, senza che sia più possibile il correggerlo.

Se nel sensibilizzare la carta venne adoperata una soluzione soverchiamente concentrata di nitrato, oppure se, come prescrivono alcuni, si fa seccare la carta mettendola in una tavola orizzontale appena estratta dal nitrato d’ argento, invece di lasciarla sgocciolare e seccare appesa con un ago ad una corda tesa, come abbiamo detto, possono formarsi sulla superfìcie sensibile dei piccoli cristalli di nitrato d’argento, i quali, venendo in contatto collo strato della negativa, producono delle macchie indelebili sopra di questa.

La carta sensibile, da cui si teme questo pernicioso effetto, si lava per un momento in un bacino ripieno d’acqua, e si fa seccare prima di adoperarla. Il nitrato d’argento si scioglie, ed il cloruro d’argento, essendo insolubile, rimane sulla carta. Ora l’immagine positiva, benchè molto piu lenta a formarsi, riuscirà tuttavia abbastanza bene.

2’ Bisogna lasciar venire il disegno positivo mollo intenso. — La difficoltà principale nella produzione delle prove positive consiste nel saper cogliere il momento opportuno per levarle dalla loro esposizione alla luce.

L’immagine fotografica positiva non si deve togliere dal torchietto a copiare, non si deve sottrarre dall’Influenza luminosa sinchè non sia divenuta apparentemente troppo oscura.

Lasciando venire solo all’intensità che il disegno dovrebbe aver definitivamente, la prova diventa poi troppo chiara e senza vigoria, fissandola nell’Iposolfito di soda, che farà scomparire le semi-tinte e svanire le ombre.

Non si deve tuli via protrarre l’esposizione sino a che l’immagine positiva abbia preso una tinta bronzala metallica.

In questo stadio della riduzione del cloruro d’argento la decomposizione del sale è così avanzala, che l’iposolfito di soda non è più capace di degradare o di modificare abbastanza profondamente il coloramento acquistato dall’immagine, la prova sarebbe fallita.

L’esperienza insegnerà in poco tempo al principiante quale sia l’intensità, a cui conviene portar l’immagine, qual conto si debba tenere dell’azione dissolvente dell’Iposolfito di soda, per poter levare a tempo la prova dalla macchina a copiare. [p. 447 modifica]Vi sono negative molto chiare e trasparenti, le quali lasciano riprodursi con un buon sole nel breve spazio di due o tre minuti, od anche meno, mentre con altre prove negative molto oscure non si può ottenere più di due o Ire prove positive al giorno. L’uno e l’altro eccesso è egualmente pregiudicievole alla produzione di una positiva di valore.

Quando la negaliva richiede un’esposizione troppo lunga per poter produrre la prova positiva, la tinta del disegno rimane per

10 più disarmonica, le ombre accusandosi in modo esagerato fanno un cattivo contrasto coi lumi del disegno.

Quando invece le positive si formano troppo presto, le immagini ricevono una tinta troppo uniforme, e senza opposizioni,

11 disegno rimane confuso, e nei casi in cui il negativo è egli stesso con contrasti troppo pronunciati, non solo il difetto non si corregge, ma viene ancora accresciuto.

Nell’esposizione della carta sensibile, sia che vi sia molla, sia che vi sia poca luce, ovvero sia che si operi ai raggi del sole, sia che si operi alla luce diffusa del giorno, il risultato liliale è sempre lo stesso, sol varia il tempo in cui si accusa, e si compie il progresso della revivificazione del cloruro d’argento. Questo si cambia dapprima in violetto, che diviene sempre più intenso, sino ad avere l’apparenza del nero di lavagna, e poi, proseguendosi maggiormente la riduzione, l’argento distribuito sulla superficie della carta tende a prendere il riflesso metallico, per cui la tinta diviene sempre più chiara passando dal nero al bruno, al cioccolatte, al color di bronzo. Vi sono però alcuni operatori i quali hanno osservato che le immagini più brillanti e più delicate sono prodotte operando colla luce diffusa che è perciò da essi preferita in lutti i casi, eccettuato quando la negativa ò molto intensa, con contrasti molto forti.

■V Positive istantanee. — Nelle cattive stagioni la lentezza della riproduzione facendosi sentire in modo assai conlrariantc ai fotografi di professione, si propose di preparare la carta destinata per positive in modo analogo a ciò che si pratica per preparare quella destinala per le negative. Si tratta la carta con albumina iodurata con ioduro di potassio, si sensibilizza con aceto-nitrato d’argento. così si ottiene nello strato sensibile dell’ioduro d’argento, che è infinitamente più presto alterato dalla luce, che [p. 448 modifica]non il cloruro. Basta un’esposizione di pochi secondi alla luce diffusa del giorno per produrre un’impressione abbastanza efficace. Qui la luce non l’orma direttamente il disegno, ma poichè si opera sull’ioduro d’argento, bisogna svilupparlo con acido gallico ed aceto-nitrato d’argento. Nell’ollimo trattato del signor cavaliere E. De Valicourl (a) si trova descritto il procedimeuto per ottenere prove positive, per sviluppamelo, col mezzo del cloruro d’argento.

Si immerge la carta in miscuglio di 30 acqua, 1 ’/, cloruro di sodio ed una goccia di acido cloroidrico, e si fa seccare, quindi si porla in una soluzione composta di 30 acqua, 8 nitrato d’argento e dieci goccie di sugo di limone. Esporre per breve tempo sino a che si sia leggermente tracciata l’immagine,, e quindi sviluppare con uua soluzione di acido gallico e tissarc coll’iposolfito IO per 100.

4’ Applicazione della macchina a colare. — Finalmente ricorderemo che colla macchina a copiare si possono riprodurre incisioni, litografie, carte geografiche, produccndo dapprima una negativa, quindi una positiva del disegno dato. Si applica il disegno sopra della carta sensibile, quindi si espone alla luce nel modo prenarrato.

Le foglie, coi loro ramoscelli raccolte di fresco vengono pure copiale, nella macchina a copiare, con delicate gradazioni di ombre; la loro struttura filamentosa, e ramificazioni, vengono trasmesse alla carta con sorprendente fedeltà ed esattezza. Si deve solo aver cura di produrre un combaciamento il più perfetto che sia possibile per evitare ogni disperdimento di luce.

Operazione IV.

Preparare i liquidi fissatori e coloratori.

Se l’immagine al sortire dalla macchina a copiare potesse rimanere inalterata, niuna operazione fotografica sarebbe più

(a) PKolographie sur mèlal, sur papier, et sur verre. 2 voi. Paris, 1862. [p. 449 modifica]semplice di quella che consiste nel tonnare la prova positiva. Ma la cosa non è così. L’immagine non essendo debitrice della sua formazione che agli ostacoli incontrali dai raggi luminosi nel loro passaggio a traverso della prova negativa, egli è evidente che essa non potrebbe tollerare la libera azione della luce senza confondersi e sparire in breve spazio di tempo in mezzo ad una tinta nera continua ed uniforme.

L’immagine positiva ottenuta nella macchina a copiare ha dunque ancor bisogno di venir fissata, di venir resa permanente ed inalterabile contro l’azione della luce.

Ciò non si può ottenere in altra guisa che trattando la prova con sostanze che abbiano la facoltà di sciogliere il cloruro di argento rimasto intatto, o quanto meno di modificarlo così fattamente da renderlo inattaccabile dai raggi luminosi, insensibile alla loro azione riducente.

L’iposolfito di soda in soluzione nell’acqua, che noi abbiamo trovato essere di un ottimo uso per fissare le prove negative, è un energico dissolvente del cloruro d’argento, epperciò esso è la sostanza a cui generalmente si ricorre nella fissazione delle prove positive.

Ma l’iposolfito di soda, mentre spiega sulla prova la sua azione solidificante, ha per effetto di alterare, di degradare la bella tinta neroviolacea che riceve il disegno nel torchietto a copiare, e di convertirla intieramente in color bruno ocraceo, assai triste.

Dunque l’immagine positiva oltre alla sua fissazione richiede anche di venire ristorata nelle sue tinte, di venir resa di un coloramento più bello, più artistico di quello che il solo iposolfito fissatore sia capace di comunicarle.

Per poter ottenere questo cambiamento sul colorilo della prova si deve esporre il disegno all’azione di materie che reagiscano sopra dell’argento revivificato che dà origine aU’immagine, che si uniscano in intima combinazione con esso, formando un composto più intensamente colorato nel modo che più conviene.

Il solfo e l’oro, ecco le materie che sono principalmente capaci di produrre questo effetto.

Il solfo viene fornito dall’iposolfito medesimo. Basta acidificare leggermente questo sale per mettere in libertà dell’acido iposolforoso, oppure modificarlo coll’aggiunta di altre particolari

Foiogrifia. [p. 450 modifica]sostando, in modo da produrre nella sua soluzione del tclration. ilo di soda. L’acido iposolforoso ed il tclrationato di soda, essendo più instabili, meno fortemente attraendo il solfo di quel elle faccia l’iposolfito di soda, sono molto acconci a modificare il coloramento della prova. I bagni vecchi d’iposolfito di soda, che vennero modificati, acidificati nel fissare molte prove di seguito, godono della proprietà di colorare l’immagine in color nero-violaceo assai commendevole, ma poco stabile.

L’oro viene principalmente fornito dal cloruro d’oro. Quando questo sale viene a reagire sopra dell’argento che forma l’immagine, si depone dell’oro sopra dell’argento stesso, mentre una quantità equivalente di quest’ultimo si scioglie, combinandosi col cloro lasciato in libertà dal primo metallo. — Il cloruro d’oro può, secondo alcuni autori, venir surrogato dal cloruro di platino.

Il deposito di oro sull’immagine è necessario che sia più o meno forte secondo le circostanze. Dalle esperienze delli signori Davanne e Girard (a) sembra che debba bastare una quantità di oro eguale al ’/„ della quantità di argento che forma la prova. Secondo alcuni autori la quantità di oro che deve sostituire l’argento per produrre un colorito intenso dovrebbe essere molto maggiore, ma questa cosa dipende assai dal modo di sensibilizzare la carta, dal tempo maggiore o minore in cui la carta viene lasciata nel bagno di argento, dalla concentrazione di questo bagno, ccc.

La sostituzione dell’argento coll’oro ò accompagnata da una intensità di colorito quasi doppia; infatti l’equivalente dell’oro è quasi 200, ossia 197, mentre l’equivalente dell’argento è 108. Il platino può modificare la tinta, ma non può renderla più intensa, più coperta, perchè il suo equivalente è più piccolo di quello dell’argento, e da ciò nasce che per colorare le prove non venne adottato in pratica l’uso del cloruro di platino.

Il coloramento ottenuto col mezzo dell’oro è più solido e durevole di quello ottenuto col solfo, epperciò l’operazione di fissare e colorare la prova positiva si eseguisce: A col mezzo di una s lozione di iposolfito di soda; 11 col mezzo di una solu zinne di cloruro il’oru.

(« fliUlctin de la Socièlè [rancane de pii olot) rapine. Paris, 1861 [p. 451 modifica]A. Soluzione di iposolfito di soda.

Sopra 100 parli di acqua fa sciogliere 15 » iposolfito di soda

filtra e conserva per l’uso.

Quando è nuova questa soluzione è il miglior agente fissatore che si conosca, ina coll’uso la sua azione di fissare diventa sempre più debole, mentre la sua azione colorante diventa sempre maggiore. La sua concentrazione può essere ridotta al 10 per 100 quando è nuova, e deve servire nei casi ordinari, oppure può essere portala sino al 30 ed al 35 per 100 quando essa si vuole far servire nei casi in cui le prove sono venute troppo oscure nella macchina a copiare.

La soluzione nell’operazione del fissare perde della sua potenza fissalrice, non perchè la carta tolga l’iposolfito dal bagno, ma perchè questo ultimo prendendo continuamente in combinazione del cloruro d’argento, la sua azione dissolvente va sempre più diminuendo.

I solfe-cianuri di ammonio e di potassio vennero da poco tempo proposti per fissare l’immagine su carta albuminala, secondo le indicazioni di Meynier, di Davanne e Girard, di VYarton, Simpson, ecc. Con questi sali si ottiene un buon risultato, ma i vantaggi e svantaggi del loro uso non sono ancora abbastanza studiati e provali.

Osservazioni.

l’ formazione di iposolfito d argento. — Il nitrato ed il cloruro d’argento introdotti nei bagno di iposolfito per l’alto del fissare hanno entrambi per effetto di generare dell’iposolfito d’argento. Qucsl’iposoltilo non deve rimanere sulla prova, ma sciogliersi nell’iposolfito di soda. Quanto più la soluzione è concentrata, tanto più presto si effettua in essa lo scioglimento dell’iposolfito d’argento. Infatti un atomo di nitrato o di cloruro d’argento richiede tre atomi di iposolfito di soda per produrre una combinazione solubile di iposolfito d’argento e di soda.

L’iposolfito d’argento è perse stesso alterabilissimo. Ma sciolto Dell’iposolfito di soda, ossia allo stato di sale doppio, come nel [p. 452 modifica]PARTE SECONDA

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nostro raso, osso è più stabile. Tuttavia la soluzione alla lunga depone un precipitato nero di solfuro d’argento, principalmente se sopra di essa si lascia agire liberamente la luce.

CoH’introduzione del nitrato d’argento nell’iposolfito di soda f instabilità delfiposolfito d’argento viene resa più grande di quello che sia quando non si introduce in esso che del cloruro d’argento. Se nel sensibilizzare la carta si fece uso di nitrato d’argento leggermente acido, vi è rischio che nel momento in cui si porta la prova nel bagno fissatore, l’iposolfito d’argento, che si produce, si decomponga parzialmente sulla carta stessa, e così abbiano origine sui bianchi del disegno delle macchie brune indelebili di solfuro d’argento. Se l’iposolfito di soda è egli pure acido e piuttosto dilungato, questo rischio è maggiore, e se è neutro e concentrato sarà minore. Ma se si rende l’iposolfito fissatore leggermente alcalino, oppure se si trasforma preventivamente in cloruro il nitrato d’argento, trattando la prova con apposita soluzione, si ripara a questo pericolo di macchiare le prove; facendo agire sulla prova i liquidi coloratoli prima di fissarla coll’iposolfito, ed operando come vedremo a suo luogo, non vi sarà alcuna probabilità di macchiare l’immagine, quando anche il nitrato d’argento fosse con reazione acida molto pronunciata.

2“ Tetralionatn di soda. — Un bagno di iposolfito vecchio, alterato dall’immersione in esso di molle prove impregnale di cloruro e nitrato d’argento, contiene del letrationato di soda che è un composto sulfureo alterabilissimo, ed ò a questo che esso deve sostanzialmente la sua proprietà di colorare in nero-violaceo le prove che si volesse fissare con esso. I, iposolfito d’argento che rimane nel bagno concorre in un grado molto minore alla produzione deU’elTetlo.

II letrationato di soda, che alla lunga si produce coll’uso dell’iposolfito di soda, si può preparare in modo subitaneo coll’introdurre nel bagno del percloruro di ferro, dell’iodio, del ciò ruro d’oro.

Questo sale è, come l’acido iposolforoso, capace, di entrare in una via di decomposizione spontanea senza avere l’inconveniente di alterarsi così prontamente come quest’ultimo. Ciò fa si che la soluzione conservi la sua altitudine al coloramento delle prove per un [p. 453 modifica]tempo considerevole dopo della sua preparazione. Ma a lungo andare il tetrationato di soda, la cui composizione chimica è NaO, S’CD, finisce per decomporsi intieramente e perdere le sue proprietà coloranti, lasciando cadere del solfo. Il rimedio a questa spontanea decomposizione si trova nell’uso stesso del bagno, il quale così riceve sempre una nuova quantità di Idralionato, e continuamente attinge nuova forza colorante dalle prore che si vengono a fissare in esso. Il tetrationato non deve trovarsi in grande quantità nel liquido fissatore-coloralore, perchè farebbe volgere prontamente al verde oliva, assai detestabile, i neri del disegno.

Il tetrationato essendo con reazione acida sopra le carte reagenti, quantunque esso sia in realtà chimicamente neutro, ne nasce che le soluzioni di iposolfito di soda che contengono questo composto non possono venire provate coi soliti reagenti per riconoscere la loro neutralità. Se si aggiunge un eccesso di base in modo da rendere il bagno decisamente alcalino, il leIrationato prontamente si decompone; una parte del solfo ed una parte dell’ossigeno, in esso contenuti, si uniscono per formare dell’acido solforico che neutralizza l’alcali libero presente. La base influisce pure sulla sua stabilità. Il bagno se si neutralizza con una base forte, con potassa, soda, è meno stabile di quello che con una base debole, il piombo, il ferro, perchè la base forte agisce per una forza predisponente più energica onde dare origine alla formazione di acido solforico con cui combinarsi.

Un’altra circostanza che influisce sulla rapidità della decomposizione del tetrationato di soda, è il grado di concentrazione del liquido. Se la concentrazione dell’iposolfito di soda è forte, il cambiamento è pronto, spedilo, ed aH’opposlo esso è più lento in proporzione che il liquido si trova più dilungato.

Durante il processo della decomposizione del tetrationato di soda, la reazione è assai complicala e sembra doversi ripetere dalla generazione di una sostanza acida, la quale, qualunque sia la sua natura, è certamente capace di esistere per lungo tempo nel liquido senza produrre in esso una separazione di solfo.

Il deposito nero che abbandonano incessantemente le soluzioni vecchie di iposolfito di soda, e che si forma a spese dell’iposolfito d’argento sciolto nell’Iposolfito di soda, ha per effetto [p. 454 modifica]di lasciare nel bagno del solrato di soda, imperocchè l’iposolfìlo d’argento AgO, S’O’ nel convertirsi in solfuro d’argento AgS separa dell’acido solforico SO 5, che nel nostro caso combinandosi colla soda, forma un solfato di soda, e libera una quantità corrispondente di acido. Questo colla sua continua e lenta formazione è forse la sola causa della decisa acidità che viene suscitata e mantenuta nel bagno, e per conseguente della produzione e conservazione della sua facoltà colorante.

La soluzione di iposolfito di soda dopo un lungo uso contiene adunque in soluzione del letralionato di soda, del solfato di soda, dell’iposolfito d’argento, ed un acido di natura particolare, che continuamente si va formando, a misura che si continua a fissare altre prove.

Come abbiamo detto, la soluzione di iposolfito di soda, mentre, coll’uso, per contenere del tetrationato di soda e dell’iposolfito d’argento, acquista la facoltà di comunicare delle tinte aggradcvoli all’immagine, ha il grave torto di rendere questa meno solida contro l’azione del tempo. Perciò l’operatore dovrà evitare di servirsi di bagni vecchi di iposolfito per fissare e colorare, e cercare nelle soluzioni di cloruro d’oro il modo di colorare convenientemente le prove, come insegneremo più avanti.

3’ Recensita di eliminare l’iposolfito ili soda dalla prova terminala. — L’iposolfito di soda della soluzione fissalrice non solo non fa l’ufficio di fissare l’immagine fotografica per altra virtù, se non quella che ha di sciogliere i sali d’argento, ma la sua esistenza sulla prova sarebbe funesta e perniciosa, perchè rende affatto instabile e fugace l’immagine contro l’azione del tempo. Epperciò ogni traccia di iposolfito di soda deve assolutamente venire allontanala dalla carta che porla l’immagine appena che esso ha compiuto il suo effetto di sciogliere i sali d’argento alterabili dalla luce. Non si potrebbe insistere abbastanza sopra di ciò.

L’allontanamento dell’iposolfito si ottiene lavando la prova nell’acqua per molte ore nel modo che diremo a suo luogo. Sembra che l’acqua calda dovrebbe essere più efficace dell’acqua fredda nello sciogliere; -e portar via l’iposolfito, che contamina la purezza del disegno, ma la cosa è ben diversa, poichè l’acqua calda precipita sulla carta, ed allo stato di solfuro, l’argento sciolto nell’iposolfito fissatore. [p. 455 modifica]L’acqua di lavamento, soprattutto nel togliere le ohimè treccie dell’iposolfito dalla carta, può produrre assai imperfettamente il suo effetto, quando è impura ed è capace di reagire sull’iposoUHo, di precipitare sul tessuto cellulare dei solfuri, o degli ossidi insolubili, fosse anche in tenuissima dose. Per andar incontro a tale eventualità mi pare che debba bastare (’aggiungere all’acqua, che si deve far servire a questo scopo, una piccola quantità di ammoniaca quando si teme che essa non sia sufficientemente pura.

4 " Soluzione ili ii>osolfilo ili suda ed a iinwniuea.

Sopra 400 parti di acqua fa sciogliere

IO n iposolfito di soda, quindi aggiungi

5 » ammoniaca liquida.

L’azione di questa soluzione sulla prova ha per effetto di degradare, spogliare, indebolire l’intensità del colorilo dell’immagine in modo più profondo di quello che. possa fare il solo iposoltito di soda. Una tale sua proprietà ò giovevole quando per una esuberanza di esposizione la prova ha preso una tinta troppo gagliarda nella macchina a copiare.

Questa soluzione, mentre fissa assai bene e presto, comunica alle prove una tinta rosso-bruna calda clic assai conviene per alcuni soggetti, caseggiati, accademie, ecc. L’ammoniaca, che essa contiene, non fa solamente l’effetto di rendere alcalino il bagno, ma pur anche quello di coadiuvare lo scioglimento del cloruro d’argento, epperciò concorre direttamente coH’iposollìlo di soda alla fissazione dell’Immagine l’olografica. I’er fissare prove positive fatte su carta albuminata si, dovrebbe diminuire la quantità dell’ammoniaca perchè questa può facilmente guastare lo strato di albumina.

B. Soluzione di Cloruro d’oro.

Varie sono le soluzioni di cloruro d’oro che vennero proposte per colorare le prove, principalmente le prove ottenute su carta albuminata, e si può quasi affermare che ogni operatore abbia la sua soluzione particolare. Le soluzioni coloratrici venivano [p. 456 modifica]dapprima impiegale dopo della fissazione dell’Immagine, ora si riconobbe essere invece più conveniente portarle sull’Immagine prima di fissare questa coll’Iposolfito. La seguente soluzione di Bayard ci diede costantemente buoni risultati. Questa soluzione, che non è certamente la migliore possibile, si prepara nel seguente modo:

In 500 grammi di acqua si scioglie

I » cloruro d’oro, e questa soluzione si porta

a piccole dosi per volta, ed agitando con agitatore di vetro, sulla seguente soluzione composta di

500 grammi di acqua 5 ’» iposolfito di soda

15 » cloruro di ammonio, oppure sale di

cucina.

La liquida mistura clic così si ottiene dopo alcune.ore è alla a servire, e se si vuole adoperarla subito si deve riscaldare al calore dell’acqua bollente, e quindi farla raffreddare. L’azione del calore ha per effetto di accelerare le reazioni che debbono compiersi in essa tra il sale d’oro e l’iposolfito. Il modo di agire di questa soluzione sulla prova è piuttosto complicato, per cui è diffìcile il dire sino a qual punto il coloramcnio sia prodotto dall’oro e dal solfo. Comunque sia è però cosa certa che le prove ricevono in essa una tinta assai bella e solida.

Questa soluzione non si può conservare a lungo senza che deponga un precipitato nero. Trattando questo precipitato con acqua regia, esso si scioglie ed evaporando a siccità si ottiene di nuovo il cloruro d’oro che aveva servilo a produrlo.

Osservazioni

1" Soluzione acida di cloruro d’oro. Questa soluzione è raramente usata.

Sopra 1000 parti di acqua fa sciogliere

1 » cloruro d’oro; quindi aggiungi

5 » acido cloroidrico.

L’effello di quesla soluzione è assai pronto. Essa può servire per varie volle di seguito, e quando la sua azione è di [p. 457 modifica]ventali troppo debole si corrobora con una nuova quantità di cloruro d’oro; si può fare uso del cloruro d’oro acido in alcune particolari circostanze, non solamente collo scopo di colorare l’immagine, di farle prendere delle tinte particolari violacee, bluastre, nere; ma anche per detergere il colorilo troppo intenso, bronzato, che la prova potesse eventualmente aver ricevuto, per un momento di disattenzione, nella macchina a copiare. La sua applicazione sulla prova deve sempre precedere quella dell’iposolfito di soda. Essa trasforma in cloruro il nitrato d’argento che sempre in maggiore o minor dose si trova nell’iir.magine da fissare, ma intanto rende acida la prova. Perciò l’operatore non potrà esimersi dal lavar bene nell’acqua l’immagine, dopo di averla sottoposta all’azione di questa mistura, prima di introdurla nell’iposolfito per fissarla. Senza questa precauzione l’immagine, verrebbe macchiala. Per maggior sicurezza si dovrebbe fissarla in un bagno di iposolfito reso alcalino coll’aggiunta di una piccola quantità di carbonato di soda o di ammoniaca.

L’acido cloroidrico ha una proprietà sul cloruro d’argento, che prima d’ora abbiamo accennata, e che qui è principalmente vantaggiosa Esso col suo contatto impedisce l’azione della luce sopra del cloruro d’argento della prova positiva, di maniera che si può illuminare liberamente il disegno nella soluzione del cloruro d’oro acido, per seguitare coll’occhio le differenti fasi per cui passa il colorilo, senza alcun pericolo di danneggiare la prova. Come è evidente non si polrebbe rimpiazzare l’acido cloroidrico in questa reazione, nè coll’acido acetico, nè coll’acido solforico o coll’acido nitrico, per la ragione che il nitrato d’argento della prova verrebbe a decomporre il cloruro d’oro, prima che questo potesse operare sopra il disegno.

2» Soluzione di cloruro d’oro nèutra ed alcalina.

.. t 500 parti di acqua.

| 10 » iposolfito di sodo.

I 500 parli di acqua.

) 1 » cloruro d’oro.

Si fa sciogliere a parte l’iposolfito ed il cloruro d’oro, quindi si mescolano le due soluzioni, versando la seconda sopra la [p. 458 modifica]prima a piccole dosi per volta, ed agitando per far sciogliere il precipitato di iposoliito d’oro di inano in mano che si forma Quest’ordine, nel mescolare le due soluzioni, deve essere strettamente osservalo. Se invertendo si portasse l’iposolfito di soda sul cloruro d’oro, questo verrebbe ridnllo allo stato metallico Ciò succede perchè l’iposolfito d’oro che si forma non può esistere in contatto col cloruro d’oro senza decomporsi; mentre se si trova in contatto coll’iposolfito di soda forma con questo un sale doppio abbastanza permanente nel nostro caso. Si trova convenienza di applicare questo miscuglio nel virare il colore delle prove, sia prima di passarle all’Iposolfito, sia dopo di averle trattate con questo ultimo sale; ma prima di venir a contatto con questo bagno, la prova deve venire lavata molto bene nell’acqua per eliminare ogni traccia di iposolfito che ha servilo a fissare.

Allorquando la soluzione avrà sufficientemente modificato la tinta dell’immagine, in accordo col gusto dell’operatore e coll’effetto che si vuole essa abbia a produrre, si deve lavare copiosamente la prova nell’acqua, diversamente non si potrebbe contare sulla sua durala e solidità.

Questa soluzione non può conservarsi lungo tempo, perciò bisogna prepararla a misura che ne occorre il bisogno, mescolando le due soluzioni secondo le proporzioni indicate qui sopra. Se la sua azione fosse troppo energica converrebbe dilungarla maggiormente con acqua.

Quando a questa soluzione si aggiunge del carbonato di soda o qualche altra sostanza alcalina in piccola dose, in modo che il bagno produca un poco grande arrossamento sulla carta di curcuma, allora questo produce sulle prove delle tinte meno cupe, più calde, e la loro freschezza nou si offusca coll’essiccamento. I fotografi inglesi preferiscono generalmente una soluzione coloratrice alcalina, in cui l’alcali sia solo in leggerissimo eccesso. 11 coloramento che si ottiene è assai solido e permanente, e quando contiene una sufficiente quantità di oro le immagini sono di una intensità che non si può desiderare maggiore. Quando si porta il cloruro d’oro nell’iposolfito di soda, si ottiene nella soluzione tre sali distinti, tetralionato di soda, iposolfito d’oro e cloruro di sodio. [p. 459 modifica]Dna soluzione alcalina particolare è quella al cloruro di calce che venne proposta da Le Gray e quindi applicala dai fotografi con qualche modificazione. Egli pare che il pregio principale del cloruro di calce non sia quello di rendere il bagno alcalino per l’eccesso di calce che esso sempre contiene, ma bensi la facoltà che questo sale possiede di dare maggior purezza ai bianchi per la sua azione imbiancatrice. Una buona soluzione si ottiene con

f cloruro d’oro 2 cloruro di calce 2000 acqua.

Dopo un riposo di 8 giorni può incominciare a servire, ma se si volesse impiegarla più presto non si otterrebbe un buon risultalo. Il modo di applicare questa soluzione 6 come quello della soluzione seguente.

3’ Soluzione di cloruro doro dell’abaie Laborde. — Non possiamo astenerci dal qui riferire la seguente ricetta che trovasi ne! Cosmos dell’abate Moigno (a), e che sotto ogni rapporto ci pare commendevole. Si fa sciogliere 30 grammi di acetato di soda in un litro d’acqua, si aggiunge un gramma di cloruro d’oro, e dopo 24 ore di riposo la soluzione è senza colore ed è atta a servire. La prova tolta dal torchietto a riproduzione si lava in due o tre acque e poi si immerge nel bagno d’oro per 30 secondi circa, si lava nuovamente nell’acqua per alcuni istanti la prova e poi si fissa nell’iposolito nuovo al modo ordinario. Ali pare che gioverebbe aggiungere in questa soluzione pochi grammi di cloruro di sodio, onde essa potesse convertire in cloruro tutto il nitrato che potessero ancora contenere le prove che si introducono in essa.

4 ’ Solusione di cloruro doro all’acido citrico e bicarbonato di soda. — Questa soluzione si prepara volta per volta, e ciò non olTre difficoltà, perchè si può preventivamente preparare le soluzioni dei corpi che compongono la mistura, le quali separatamente si conservano indefinitamente. Questa mistura è composta di

(o) Cosmos, /teme encyclopèdigue des progrès des Sciences et de leurs app/icallons, Paris. [p. 460 modifica]parte seconda

I cloruro d’oro,

20 bicarbonato di soda,

5 acido citrico,

2000 acqua.

La prova quando è fatta nel torchietto a copiare si lava nell’acqua corrente, e ciò si ottiene lasciando la prova immersa nell’acqua per due o tre minuti, oppure ponendo in una bacinella piena d’acqua la prova e rinnovando quest’acqua due volte ad un intervallo di circa due minuti da una volta all’altra.

Dopo si porla la prova nella mistura predetta, dove essa acquisterà una bellissima tinta nera in uno spazio di tempo piu o meno lungo secondo la bontà del cloruro d’oro.

Si termina (issando la prova nell’iposolfito al ( 5 al modo ordinario.

Operazione V.

Fissare e colorare la prora.

Tolta che tu avrai la prova dal torchietto a copiare, sarà in tua balia il procedere subito all’opera del fissare, oppure lo aspettare ancora per qualche tempo. In quest’ultimo caso la carta che ha ricevuto il disegno vuole naturalmente essere conservala in un cartolerò per essere difesa dalla luce. Se la si conserverà in una cassetta contenente del cloruro di calcio essa potrà conservarsi molto lungo tempo senza che si guasti perchè, come abbiamo avvertilo più sopra, l’umidità è quella che altera assai presto la carta sensibile quando questa è fuori del contatto della luce.

Per (issare usavasì dapprima il solo iposolfito di soda sciolto nell’acqua, nella quale immergevasi la prova, e si terminava mettendola nell’acqua pura per liberarla da ogni traccia di iposolfito di soda. In tale maniera si otteneva una tinta fosca di mattone poco piacevole. Si osservò che la soluzione di iposolfito, dopo di aver servilo un certo tempo, acquistava la proprietà di comunicare alla prova una tinta assai bella, ma sgraziatamente questa tinta così ottenuta era poco solida.

Perciò, come dissimo, nel (issare e colorare la prova usasi, [p. 461 modifica]olire l’Iposolfito, impiegare anche un’allra sostanza, il cloruro •l’oro. Operando nel modo seguente si otterrà buoni risultati.

Dopo che venne lolla dalla macchina a copiare la carta che contiene la prova si lava nell’acqua fuori del contatto di una luce troppo viva, immergendola in un bacino ripieno d’acqua potabile ed agitandola per pochi istanti onde liberarla dalla più gran parte del nitrato d’argento che essa contiene, e quindi si immerge nella soluzione di cloruro d’oro descritta nel capitolo precedente e composta di 1000 acqua, 1 cloruro d’oro, 5 iposolfito e 15 cloruro di sodio.

L’immagine in questa soluzione acquista dapprima una tinta rosea, quindi violetta e finalmente bluastra.

Quando si £ ottenuto la tinta che si desidera, si toglie la prova da questo bagno e la si immerge nella soluzione di iposolfito al 15 per cento, ove si lascia per un quarto d’ora. La prova nell’iposolfito non soffre più una riduzione o cambiamento di tinta mollo notevole, perciò le prove non dovrebbero venir tirale troppo intense. La soluzione di iposolfito deve essere in quantità sufficiente a coprire la prova, e deve essere nuova, ossia non avere mai servito a fissare altre prove così la immagine. avrà la massima solidità.

In line la prova si lava mettendola nell’acqua per 8 ore, avendo cura di rinnovare l’acqua nel frattempo. Se si mettesse la prova nell’acqua corrente basterebbe un’azione di tre ore per essere fissata sufficientemente bene; se si volesse ottenere sulle prove una tinta molto nera converrebbe ricorrere alla soluzione di cloruro d’oro all’acido citrico e bicarbonato di soda, che abbiamo descritto nella osservazione (4") del capo precedente.

Sarebbe difficile il precisare il numero di prove di una data grandezza che si possono fissare con certezza di buon esito in una data soluzione di iposolfito di soda, perchò molte circostanze possono influire sul risultato, come lo spessore della carta, la proporzione del cloruro di argento presente, il grado della sua riduzione, ecc. L’iposolfito essendo poco costoso non si dovrà mai temere di impiegarlo con troppa liberalità, facendolo servire a fissare un numero di prove minore di quello che sarebbe indicato dalla teoria, secondo la quale sono necessarie tre parti di iposolfito di soda per sciogliere una parte di cloruro d’argento. [p. 462 modifica]PARTE SECONDA

Osservazioni.

4’ Influenza della luce durante l’azione del fissare. — Le operazioni che hanno per iseopo di fissare ie prove positive, si possono eseguire comodamente in una camera debolmente illuminata dalla luce diffusa del giorno, ed è una precauzione soverchia quella di taluni i quali, per fissare le loro positive, vanno a chiudersi al buio, come se si trattasse di produrre prove negative col mezzo di liquidi svelatori. La carta impressionata nell’istrumento positivanle, appena che venne immersa nella soluzione di iposolfito di soda, si può portare ( purchè continui a rimaner sotto del liquido) ai raggi diretti del sole, senza che questi siano capaci di offenderla in modo troppo sensibile. Bisognerà soltanto osservare che l’azione luminosa si estenda sopra tutta la superficie della prova, poichè, se cadesse solo in una parte di essa, si troverebbe che questa parte conserva, dopo di essere stala fissata, una tinta bruna leggera, ma agevolmente distinguibile dalla parte che non ha avuto il contatto de’ raggi solari Questa tinta bruna è così pertinace e resistente, che un’ ulteriore azione dell’iposolfito di soda e degli altri liquidi fissatori potrà difficilmente farla scomparire.

Da questo fatto scaturisce la conseguenza, che se una debole luce è abbastanza innocua, noi dobbiamo però guardarci dall’operare ad una luce troppo viva, imperciocchè le prove fissale con una luce troppo intensa, non potranno avere tutta la voluta freschezza nei bianchi.

2’ Prove ottenute nella macchina a copiare con luce debole «  con luce forte — Nel procedimento del fissare le prove si osserva una notevole differenza riguardo all’indebolimento delle tinte, sia che l’impressione sia stata fatta dalla lenta e continuata azione di una debole luce diffusa, o dalla viva e diretta luce del sole. Le semitintc vengono molto più profondamente corrose ed indebolite dall’azione del bagno fissatore in quest’ultimo caso, che non nel primo.

3-‘ Modo di riconoscere lo spoglio delle prove. — Nel fissare le prove coll’iposolfito di soda, è difficile il riconoscere colla [p. 463 modifica]sola osservazione quando è abbastanza compiuta l’eliminazione dei sali argentiferi alterabili dalla luce.

Laonde noi non abbiamo prescritto altra norma, tranne quella che consiste nel lasciare agire l’iposolfito per un tempo che l’esperienza ci fa ritenere come sufficiente. Ciò non pertanto si possono dare regole abbastanza approssimative per operare con successo in ogni circostanza, principalmente quando non si conosce la forza del bagno fissatore.

Infatti, se si osserva la prova per trasparenza poco tempo dopo che essa venne introdotta nell’iposolfito di soda, si vede che essa non è perfettamente trasparente, ma fosca, granulata. Quest’aspetto indica chiaramente che il sale d’argento non venne ancora sciolto che imperfettamente. Riponendo la prova nel bagno ed osservandola di nuovo dopo un maggior spazio di tempo, tO minuti p. e, si trova che essa è diventata mollo più trasparente. Quando la trasparenza della carta avrà raggiunto il suo maximum, ossia quando con una nuova immersione non si fa maggiore, si può arguire con abbastanza di certezza che la prova sia stata sufficientemente travagliala dall’iposolfito di soda, e che altro più non occorra che di doverla terminare di fissare con un lavamenlo nell’acqua.

L’iposolfito di soda ammoniacale richiede un minor tempo per sciogliere la sostanza sensibile delle prove, come si può verificare osservando in modo comparativo lo spoglio prodotto dall’iposolfito solo, oppure addizionato di ammoniaca.

4“ Importanza del rinnovare l’acqua di lavamenlo. — Le cure che si prendono nel ben lavare le prove non sono al certo mai soverchie per assicurare loro il più allo grado possibile di solidità e permanenza. Tuttavia mi pare che venga d’assai esagerala la difficoltà, e che sia affatto inutile il rinnovare per molle volle l’acqua di lavamenlo. lo conservo delle prove ottenute da I ì anni a questa parte, e che dopo di essere state trattale coll’iposolfito 16 per 100, vennero lavate in tre acque, cioè tuffate in un bacino d’acqua, dopo di un’ora rinnovala l’acqua, dopo di un’altra ora rinnovata una seconda volta l’acqua, e poi lasciate le prove per IO ore in contatto col liquido prima di estrarle e farle seccare. Queste prove non hanno sinora perduto granchè della loro bellezza primitiva. [p. 464 modifica]Del resto si può concepire che la cosa deve essere cosi, •> sarebbe singolare se succedesse altrimenti. La prima acqua di levamento nello spazio di un’ora si impadronisce di quasi tutto l’iposolfito, e la seconda e la terza non hanno più che alcune traccie di sale da levare, le quali si sprigionano piu difficilmente, perchè inceppate nella pasta della carta, di modo che diviene indispensabile il prolungar l’azione dissolverle ancora per molte ore Stando la carta a nuoto nell’acqua del bacino, le combinazioni saline solubili si separano dalla carta per causa della lor maggior gravità specifica; quindi se nel frattempo si volta sottosopra alcune fiate la carta, il lavamento sarà più veloce.

La quantità del bagno fissatore, che, lavando la prova in questa maniera, può tuttavia rimanere aderente all’immagine, è in quantità estremamente piccola; e la sua susseguente azione non può più inquietarci, perchè è inetta a portare una perturbazione sensibile sul disegno.

Non giova prolungare di troppo il tempo del lavamento delle prove nell’acqua, perchè i bianchi di essa verrebbero ingialliti.

5’ Modo di riconoscere se il lavamento non è perfetto. — Quando si teme che nel seno della prova possa ancora trovarsi una quantità sensibile di iposolfito di soda per causa di un incompiuto lavamento, e che perciò non si osi ancora levarla dal suo contatto coll’acqua, si operi nel modo che segue: si estragga la prova, si faccia sgocciolare, e si faccia cadere le ultime goccie sopra di una soluzione dilungata di prolonilrato di mercurio. La presenza dell’iposolfito di soda si accuserà, producendo un precipitato nero. Con un altro modo più semplice si potrà riconoscere se il lavamento è sufficiente, cioè toccando colla lingua l’angolo inferiore della carta; imperocchè in questo caso si fa sentire un sapor dolce particolare. Ma questi due modi se indicano in alcuni casi un insufficiente lavamento, non sono abbastanza esalti per indicare un lavamento sufficiente.

G a Utilizzazione dei bagni fissatori. — Ilo detto in qual modo si può riollenere il cloruro d’oro quando la sua soluzione lascia cadere un nero precipitato, che è oro puro, o solfuro d’oro mescolato con solfuro d’argento. Si ottiene in altro modo l’argento [p. 465 modifica]che rimane in soluzione nei bagni fissatori. Secondo le esperienze delli signori Barreswill e Davanne i bagni fissatori tolgono il 95 per 100 dell’argento contenuto nella carta al sortire dalla macchina copiatrice, il rimanente 5 per 100 bastando alla formazione della immagine; e da ciò si conchiude quanto sia importante il non sprecare i bagni fissatori vecchi, per ricavare con un piccolo processo chimico l’argento che essi contengono.

Il modo di operare per ottenere questo scopo lo abbiamo descritto a pagina 264 trattando della chimica fotografica.

7’ Colore della prova. — Il colorilo di una prova per poter fare il migliore effetto deve stare in relazione col soggetto sopra di cui versa il disegno; deve, il più che è possibile, imitare la natura. Così, per es., un castello diroccato imbrunito dal tempo richiederà una tinta diversa da quella di un palagio nuovo ed elegante.

L’artista che si occupa di fotografia è in questa materia difficile ad accontentare, ed ha bisogno di saper modificare a piacimento le tinte e far voltare l’immagine da un colorilo all’altro secondo le circostanze, effettuando sulla prova delle combinazioni o delle sovrapposizioni di altre materie, le quali abbiano per risultato di produrre la voluta trasformazione.

Le soluzioni fissalrici e coloratici hanno in generale un’azione diversa sul colorito, secondo che esse sono preparale in un modo oppure in un altro. così le une fanno volgere il disegno al blù, le altre al rosso od al giallo. Perciò quando l’operatore, nel far voltare il colorilo di una prova, vuol trarlo al rosso od al blù, dovrà evidentemente maneggiare la prova in modo diverso da quello che si debba seguire per voltarlo al giallo.

La faccenda non è però così facile come a primo aspetto deve sembrare, e la difficoltà nasce soprattutto dal cambiamento che subiscono i colori nel mescersi insieme. Così, per es., se si volesse far ingiallire una tinta violacea, aggiungendovi dei giallo si verrebbe dapprima ad ottenere il nero. Il dilettante che ama di non restare imbarazzato deve farsi una giusta idea della natura dei colori e di ciò che succede nel loro miscuglio. Non si potrebbero dare altre regole in questa operazione, tranne quelle che da se stesse emergono dalla nostra teoria del miscuglio

30 Fotografia. [p. 466 modifica]dei colori, epperciò il lettore farà bene consultare la parte ottica ove abbiamo trattato del miscuglio dei colori, a pagina 70.

Il campo delle varie gradazioni e dei vari colori, sopra di cui il fotografo può fissare la sua scelta, è assai vasto. Il color rosso bruno delle prove si lascia tirare al giallo, al rosso, al blu, al violetto e quindi al nero puro o mescolato con rosso, giallo e blu, in un numero indefinito di proporzioni.

Nel far passare la prova per le varie gradazioni, onde arrivare ad un colorito prolisso, dobbiamo procedere molto cauti e guardinghi, per non oltrepassare certi limiti. Se si arriva al nero olivastro, non si potrà ritornare indietro al nero puro, e da questo sarà più dillicile ritornare al color violetto, e sarà impossibile tornare al rosso. Dopo l’azione degli acidi o del cloruro d’oro gli alcali non potranno ripristinare il colore primitivo rosso bruno, e tanto meno farlo passare al giallognolo. Ciò succede per la natura dei precipitati che si formano, i quali sono assai permanenti e restii agli altri reagenti.

Il dilettante di fotografia dovrà rammentarsi che il colore della prova, finchè rimane sotto l’azione dei diversi liquidi fissatori e coloratori, appare sempre di una gradazione più chiara c meno intensa di quella che, assume col suo essiccamento, e che alcune fiale anche il colorito si modifica, tali sono, per esempio, il violaceo che annerisce, il nero che declina all’olivastro seccando.

Il colonnello 0. Baratti, per colorare le prove, propone l’uso di soluzioni diverse, che si debbono stendere con un pennello sulle varie parti delle prove. Le immagini così trattate quando sono fissale nell’iposolfito, sono di grande effetto perchè le tinte e gradazioni di esse non sono monotone, ma varie e convenienti. I ritratti guadagnano maggior vita quando vengono trattali con questo metodo.

Operazione VI.

Inverniciare ed inquadrare la prova.

(o, Inverniciare la prova. — La prova fotografica guadagna molto nella sua bellezza ricoprendola di vernice, e diventa più [p. 467 modifica]permanente contro l’azione degli agenti atmosferici. La vernice è necessaria tulle le volte che la prova venne tirala su carta semplice, su carta non al Luminata.

Molte sono le specie di vernici che tu puoi far servire in questa operazione. Quelle che sono più d’ordinario usale sono l’albumina, la colla di pesce, ossia gelatina, e la gomma arabica. Bisogna soprattutto fare attenzione che esse non contengano degli acidi liberi, che toglierebbero ogni solidità alla prova. I sali sono pure generalmente perniciosi quando vengono col mezzo della vernice in contatto col disegno.

A. Coll’Albumina. — Per inverniciare la prova con questa sostanza prendi l’albume d’uovo, battilo in neve, e lasciato liquefare col riposo, nel modo che abbiamo veduto, quindi adoperato senza dilungarlo con acqua, quando vuoi una vernice molto brillante, e dilungato invece con acqua quando non vuoi far altro che correggere le asperità troppo grandi della carta, ottenere una vernice leggera. Alcuni mescolano coll’albumina della gomma arabica sciolta nell’acqua; la vernice viene in tal maniera resa più solida, e meno alterabile dall’umidità. La ’sua applicazione sulla prova si fa nel modo che si disse per preparare la carta positiva col mezzo dell’albumina.

B. Colla Gelatina. — La gelatina è la sostanza che sin’ora venne più generalmente usata per coprire le prove positive. Essa, come l’albumina, può impiegarsi in varie proporzioni, e mescolala colla gomma arabica attira meno fortemente l’umidità dell’aria. Si ottiene un ottimo effetto con le seguenti proporzioni:

2 parti di colla pesce; à » gomma arabica;

1 00 » acqua.

La colla di pesce si fa fondere a bagno maria in 50 parti di acqua, e quando la soluzione è falla si aggiunge la gomma arabica disciolta preventivamente nelle rimanenti 50 parti d’acqua.

L’applicazione del miscuglio sulla prova si fa nel modo seguito per albuminare. Cioè si versa la soluzione in un bacino di vetro, si pone sopra di essa la prova, e, quando questa sembra bene impregnata col liquido, si estrae e si fa seccare penzolone per aria. [p. 468 modifica]PARTE SECONDA

468

C. Colla Gomma ambirti. Questa sostanza raramente s’impiega da sola. Quando la soluzione è troppo densa ha l’inconveniente di screpolarsi sulla prova seccando, e ciò per causa della sua durezza e fragilità. Ma quando si dilunga fortemente con acqua può servire vantaggiosamente a togliere le asperità, e riempiere i pori della carta, e così renderla più liscia, di un aspetto più fresco.

Oltre all’albumina, alla colla di pesce ed alla gomma si potrebbe far uso di altre sostanze neU’inverniciare le prove, per esempio di sostanze grasse e resinose come quelle ebe soglionsi dare alle pitture, le quali non solo darebbero una grande finezza e splendore alle immagini positive, ma avrebbero forse per effetto di garantir meglio la loro solidità per la ragione che preservano pecfellamcnle l’immagine dall’umidità e dagli agenti ossidanti esterni.

Nei casi in cui si volesse far senza di questa operazione si potrebbe rendere liscia la prova con un cilindro o macchina a satinare. La carta acquista in tal modo una grande finezza come se avesse ricevuto un lieve strato di vernice. Le prove positive tirale sopra carta alhuminata guadagnano assai nella loro apparenza passandole al cilindro.

2° Inquadrare la proto. — Quando la prova sarà rivestita di vernice, oppure convenientemente satinata, tu devi tagliarla nei suoi margini laterali parallelamente alle linee che debbono rimanere verticali nel disegno. Siccome le vedute fotografiche presentano sempre una leggera inclinazione delle linee verticali, così inquadrando sui suoi lati la prova parallelamente a queste linee, tu otterrai un poligono che non sarà un rettangolo perfetto, cioè la tua prova sarà generalmente un po’ più larga alla sua base. Ciò non farà gran difetto coll’armonia dell’Insieme, quando la prova sia montala su di un quadro, e la vista sarebbe inulto più offesa se si facesse un rettangolo perfetto.

La prova che avrai tagliata con queste regole fissala sopra di un grande foglio di carta bianca e ben forte. A quest’effetto: I" bagna il foglio di carta destinato a ricevere la prova, toccandolo per di dietro con una spugna bagnata leggermente nell’acqua, oppure con un bioccolo di lana o di cotone sufficientemente inumidito; 2" incolla con amido i margini del fo [p. 469 modifica]glio stesso in una tavola apposita, oppure sopra un cartone ben piano; 3’ con un compasso misura la tua prova e determina con alcuni punti lo spazio che deve occupare la prova in mezzo del foglio. Ciò fatto inumidisci a sua volta la prova stessa stendi, sui suoi margini di dietro una poltiglia non troppo densa di amido, oppure un po’ di gomma, applicala sul mezzo del foglio di carta bianca, e metti il tutto a parte per lasciar seccare spontaneamente. La prova ed il foglio seccando si contraggono, e rimangono perfettamente distesi, come pressali, anche dopo di essere stali staccati dal cartone o dalla tavola. L’amido e la gomma non potrebbero venire rimpiazzati in questo caso dalla colla o gelatina, perchè questa non si può adoperare a freddo. La così delta colla liquida, ossia la colla resa solubile nell’acqua fredda col mezzo di un acido, sarebbe affatto impropria a questa operazione, perchè intaccherebbe il disegno.

Osservaziono.

Prove gelatinate. — Le così dette prove gelatinate, nelle quali la colla di pesce applicata sull’immagine è così forte che il disegno pare ricoperto con un vetro, si ottengono colla sola gelatina, ed il modo dell’applicazione di questa differisce assai da quello descritto di sopra. In Parigi, dove la divisione del lavoro è portala al sommo grado, i fotografi quando vogliono gelalinare le loro fotografie non fanno essi medesimi questa operazione, ma spediscono le loro prove ad un gèlatineur. Quindi, restando a loro disponibile un tempo prezioso che altrimenti sarebbe stato assorbito dalle esigenze di un lavoro materiale, essi possono accudire meglio agli altri rami dell’arte, e perfezionarli, imperocchè quanto meno di tempo e di forza si dà all’operatore, tanto più ne rimane per l’artista. Se noi fossimo nella capitale della Francia non avremmo dunque bisogno di minutamente conoscere i procedimenti pratici per gelalinare le prove in modo da renderle lucide, ghiacciate. All’opposto vivendo in provincia lontano dalle grandi città è utile il conoscerli e sapersene servire all’uopo. Presso di noi non abbiamo alcun gelatinalore di professione, per quel che io sappia, [p. 470 modifica]epperciò sarà tanto più utile che noi abbiamo ad intrattenerci sopra di quest’arte del gelatinatore, assai umile in se stessa, ma che in Parigi è una specialità importante che viene utilizzata in molte guise, p. e., per abbellire vari disegni, per formare fogli colorati o non, su cui si stampano, in oro od in argento, indirizzi, biglietti di visita, ecc., ecc.

L’arte del gelatinatore consiste in tre operazioni principali: 1° Dare il fiele al vetro di un bacino; 2° Preparare, e quindi portare sul vetro coperto di fiele, la gelatina o colla di pesce; 3° Applicare la prova sulla gelatina.

Dare il fiele. — Prendi un bacino di vetro, fatto come hai veduto a pagina 315, lavato bene con una dilungata soluzione di carbonato di soda, e fa seccare. Versa sul vetro del fiele di bue dilungato con un terzo del suo volume di acqua, e passato a traverso di una tela di mussolina. Con una penna di colombo stendi il fiele sopra tutta la superficie del vetro. Porta sopra un forno contenente alcuni carboni accesi, tenendo il bacino ad una sufficiente distanza dal fuoco per non scaldare troppo forte; intanto fa scorrere ii fiele per ogni parte inclinando in tutti i sensi il tuo bacino. Quando il vetro è un po’ più che tiepido, che manda vapori, ed il fiele vi scorre sopra senza lasciare delle lacune, versa in un vaso ad hoc il fiele eccedente, poscia porla di nuovo il bacino sopra ii calore del forno, lasciandolo ben piano alla dovuta distanza, oppure girovagandolo celeremenle per ogni senso, affinchè il fiele non possa arrestarsi in alcun sito in più grande abbondanza che in altri.

2" Preparare e quindi portare sul vetro la gelatina. — Metti

S parti di colla di pesce in ■1 00 n acqua fredda;

Una mezz’ora dopo che la colla di pesce si pose nell’acqua, e che si è ammollita, riscalda a bagno-maria in una capsula di porcellana. Quando la soluzione dilla gelatina nell’acqua sarà terminata, filtra a traverso di una tela un po fitta, ed allorchè il liquido si sarà tanto ralTreddato da esser appena tiepido, versato in un angolo del bacino, e fallo scorrere con prestezza sopra tutta la superficie del vetro coperto dello strato di fiele. Ciò fatto, senza perder tempo riversa il liquido eccedente nella [p. 471 modifica]capsula, poni il bacino in una tavola ben d’appiombo, affinchè la gelatina nel momento del rappigliarsi non si trovi in alcune parti in troppo maggior quantità che in altre.

3“ Amicare la prova sullo strato di gelatina. — Dieci minuti dopo clic la gelatina venne stesa sul vetro, introduci la prova da gelatinarc in un bacino ripieno d’acqua, poi portala, nel mentre clic è ancora tutta gocciolante, sulla gelatina rappresa del bacino, facendo attenzione che tra la carta e la gelatina non rimangano delle bolle d’aria. Queste si possono scacciare, quando si formano, comprimendo leggermente sulla carta con un’ovaila di cotone, oppure anche, se la carta è abbastanza bagnata, e se la gelatina è abbastanza tenace, sollevando la carta per uno dei suoi angoli, e lasciandola quindi ricadere con precauzione sullo strato gelatinoso. Se la carta si pone appena umida, e dopo di essere stala asciugata grossolanamente con carta sugante, essa aderisce immantinenli alla colla, eppcrciò si deve usare una molto maggiore attenzione nell’applicarla. Quando tu credi che l’aderenza della car’a è uniforme, e che non lascia nulla a desiderare, metti il bacino a seccare appendendolo per aria.n una camera discretamente calda, alla temperatura di 20 a 23 gradi centigradi.

Dopo Si ore lo strato di gelatina, se non venne lasciato troppo spesso, sarà secco, e si potrà staccare la prova, passando tutto all’Intorno della carta un temperino ebe tagli la gelatina senza stracciarla. Se l’operazione è ben riuscita, la prova gelatinata si staccherà da sè dal vetro colla massima facilità. In ogni caso è meglio lasciare seccare ad oltranza la gelatina perchè così si stacca molto più facilmente.

Lo spessore dello strato di gelatina conviene che sia il più sottile possibile, affinchè l’essiccamento possa terminarsi più presto, ed affinchè in seguito non produca sulla prova terminata una tendenza troppo forte a curvarsi colle variazioni igrometriche dell’aria.

Il fiele clic si stende sul vetro prima della gelatina agisce coll’impedire l’aderenza della gelatina sul vetro. I corpi grassi, p. e., una soluzione di cera, o di covo nell’olio di olivo, o di noce, sembra dovrebbero produrre lo stesso effetto. Ma debbo dire cho gli esperimenti che io feci a tale riguardo mi [p. 472 modifica]lasciarono mollo a desiderare. Succedendo che la gelatina sotto della prova non si possa staccare dal vetro, non vi è altro modo di salvare la prova, fuorchè bagnandola con acqua tiepida, e ricominciando da capo l’operazione. La gelatina nel seccare produce una tale forza di contrazione che è capace di scrostare il vetro e la capsula di porcellana. Il fiele preserva il vetro del bacino, e la capsula deve venir preservata, facendo attenzione di non lasciar seccare la gelatina entro di essa.

Introducendo una materia colorante nella gelatina prima di applicarla sul vetro, si potrà ottenere le prove che sembreranno tirate sopra un fondo coloralo. Così la carta sembrerà rossa, introducendo nella gelatina una decozione di legno di Brasile o di cocciniglia trattala con allume, che è un mordente innocuo alla solidità della prova. Una decozione di erba goda trattala con allume darà il color giallo, ed una soluzione di solfato d’indaco saturato con carbonato di soda, darà il color blu. Queste tre materie coloranti mescolale fra loro in date proporzioni ci daranno tutti i colori possibili, perchè nella loro mutua azione non si alterano in modo, che il loro colore particolare abbia a soffrirne.

  1. Études sur les positives, par MM. Davanne et Girard. (Bulletin de la Société française de Photographie 1858).
  2. Encyclopédie RoretPhotographie par M.r E. de Valicourt. Paris, 1861.