Monete e medaglie degli Spinola/Capo IX
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CAPO IX.
MONETE DI RONCO E ROCCAFORTE
Ronco è grosso borgo sulla sinistra della Scrivia, a vent’otto chilometri circa da Genova. I ruderi di un castello che gli fan corona attestano l’antichità del luogo, e lo stemma Spinola dipinto sui diversi fabbricati mostra che esso dipendeva già da quell’illustre casato. Fertile è il suo territorio, e non pochi i possidenti tra i suoi 2709 abitanti, che or piangono il mancato commercio dopo che la ferrovia tolse a’ viaggiatori il bisogno di soffermarsi colà. È tuttavia capo di Mandamento, e se non vi fosse penuria di decenti abitazioni molti sarebbero di certo i genovesi, che vi correrebbero a passar l’autunno allettati dalla bontà dell’aria, e dall’amenità di quelle campagne.
Vedemmo nei capitoli precedenti, che buona parte della Valle Scrivia fu dagl’Imperatori di Germania accordata in feudo agli Spinola per rimeritarli della loro fedeltà al partito ghibellino del quale, come ognun sa, erano coi Doria i capi in Genova; che tra i luoghi a lor concessi vi fosse questo di Ronco io lo rilevo da un atto stampato nel volume 1 del Liber jurium (Monumenta Historiae patriae) ch’è del 9 novembre 1227. I cittadini di Asti, Alessandria, Alba, Tortona e Genova fan compromesso per aggiustar ogni lor differenza, ed a pag. 785 ecc. dicesi: item quod castrum Spinularum destrui non debet, nec communi Dortonae restitui non debere; et quod castrum iacet ubi dicitur in Runchum. Nel 1242 spettava a Guglielmo Spinola; infatti nelle Memorie raccolte dal Roccatagliata nel secolo XVII1 leggesi sotto quell’anno: « Avea Guglielmo Spinola fuoruscito e ribelle della Repubblica eccitato l’Imperatore contro della patria; onde il Podestà di Genova colle truppe della Repubblica prese il castello di Ronco ch’era del detto Guglielmo, e Savignone, Costapelata, e similmente Busalla, quale fecero rovinare ». E ciò vien confermato dal Giustiniani a pag. 85 dei suoi Annali2; il quale altresì a pag. 155 sotto il 1392 ricorda che Raffaele Adorno fratello del Doge Antoniotto con settecento uomini d’arme, e duemila pedoni mosse contro le terre degli Spinola, ed occupò a nome della Repubblica Busalla, Borgo dei Fornari e Ronco, gli uomini dei quali luoghi non furono molto fedeli ai loro padroni. Ma malgrado tutte queste vicende io trovo, che nel secolo XVII Ronco era posseduta a titolo di Contea da un ramo di Spinola, i quali godevano altresì a titolo di Marchesato il luogo di Roccaforte, che sorge in una rupe a sinistra del torrente Sisola ad un’ora al sud da Rocchetta-ligure nel qual Mandamento è ora compreso. Tutti due questi luoghi stanno nella valle del Borbera che già rammentai, la quale ha principio dalle falde settentrionali del Monte Antola, e racchiude anche i borghi di Albera, Cantalupo, Mongiardino, Cabella, Carrega, e Vergagni, del quale più sotto parlerò.
A qual epoca questi Spinola ottenessero investitura, e titolo di Conti e Marchesi io non so, chè l’estinzione della prosapia, ed il variar di fortuna fece passare in mani a me ignote i documenti che soli potrebbero informarcene. Il Lunig, che nel suo famoso Codex diplomaticus riunì molti antichi documenti appartenenti ai feudi imperiali, non recò per questi di Ronco e Roccaforte, che l’investitura fattane dall’Imperatore Carlo VI a Carlo nello scorso secolo. E neppure l’anno di essa ci diede, ed altri l’ascrisse al 1700 errando, perché ognun sa, che a quell’epoca regnava Leopoldo I, a cui successe nel 1705 Giuseppe I, ed appena nel 1711 ebbe il trono Carlo VI. Io tengo che quell’investitura debba riferirsi al 1711, potendosi ben supporre, che il Marchese Spinola abbia voluto che il nuovo Imperatore rinnovasse quella già concessagli dal predecessore Giuseppe I.
Se mi è lecito dedurre dai documenti, che reco l’epoca in che Ronco fu elevata a Contea (V. Documento IX), io son d’avviso che l’Imperatore Ferdinando III fu il primo, che concesse tale onore a Napoleone per rimeritarlo dei suoi servizii all’Impero, e ciò dovette avvenire verso il 1644. Tal data vedesi infatti ricordata nell’investitura delle porzioni di Busalla e Borgo dei Fornari già pertinenti a Leonardo D’Oria (V. Documento X) fatta allo stesso Carlo Spinola nel 1722; nè parmi leggiero indizio il vedere che tre anni dopo quell’epoca, cioè nel 1647, Napoleone Spinola prendesse ad esercitare i diritti di Conte e Marchese del Sacro Romano Impero, battendo moneta.
La linea mascolina di questi Spinola di Ronco e Roccaforte si estinse al principio del nostro secolo in Domenico ch’era successo al cugino Carlo morto senza figliuoli. I beni passarono nella famiglia Raggio, parte come eredi della signora Giovanna Spinola sorella del Marchese Carlo, e moglie del signor Giuseppe Pinello, e parte per compra fattane dagli eredi del Marchese Domenico.
L’albero genealogico di questi Spinola io qui porto, e poscia passerò all’enumerazione delle monete da loro battute.
Non molti sono i documenti, che ci ricordano la zecca di Ronco, ma sufficienti a dimostrare, quant’essa fosse importante. Rinvenni i più antichi nell’Archivio del Signor Marchese Giacomo Raggio, uno degli eredi degli Spinola che dominarono in questo paese. Nel libro intitolato Manuale del Sig. Napoleone3 1643 in 1653, sono le seguenti memorie spettanti al 1647. « 12 luglio 1647 Zecca di Ronco per doppie 96, 12 oro di bontà di 21, 6/8 in zecca di Genova fatti fabbricare in R.li 916, che dovevano essere d’Italia quale riesce di fino onze 103, 18, 9 a L. 28, 19, 9 l’onza. L. 3007, 18, in quali a L. 68 entrano onze 884, 13, 6 d’oro delle stampe. E per fattura e spesa della zecca a uno per cento L. 8, 16, 11».E più sotto leggesi.
» Per fiorini 251 1/2 fatti fabbricare in numero 1006 quarti, quali a L. 5. 6. fanno 1339, e 19. Fattura e spesa della zecca a un per cento L. 13, 8. L. 1353.7 e vid. a L. 7, 15 entrano L. 174, 12 vid. ora della stampa in tutto L. 1068, 2, 11 ».
Negli atti del Notaro Gian Andrea Celesia esistenti nello Archivio di Genova leggesi che il 15 luglio di questo stesso anno un certo Nicolo Penco confessandosi debitore del Marchese Napoleone per dugento doppie, ricordava ch’esse erano del conio di Ronco4.
Nell’anno seguente continuava l’esercizio di questa zecca; infatti il manuale sopra indicato nota, che il 14 gennaio furono pagate ventisette lire ai Saggiatori, e pezzi cinquanta a castello per prezzo della stampa della dobla doppia. E più sotto è scritto: Cassa per doble 458 italiane per zecca L. 6961, 12. E per fiorini 251 1/2 per detta zecca L. 1305, 4.
Non dovette esser grande il frutto ricavato dal Marchese Napoleone da questo primo tentativo di monetazione, e pare, che per tal causa tenesse chiusa la sua zecca sino al 1664, nel quale anno l’affittava a Dario Guazzi, e Francesco Moretti e compagni veneziani, i quali con atto rogato da Giacomo Bernabò Notaio di Ronco il 19 settembre 1664, obbligavansi a tener quella zecca per anni cinque pagando scudi 600 d’oro per annua pigione, e stampando le monete in conformità del privilegio imperiale (Vedi Docum. num. XI). Nessun documento attesta qual moneta e quanta si coniasse da questi appaltatori; ma dagli atti del Notaio Giovanni Ferrari già citato rilevasi che quel contratto fu sciolto il 23 febbraio 1666. (Vedi Documento num. XII).
L’anno seguente il Marchese Napoleone dava di nuovo la zecca in affitto a Giovanni Ginquet, che dal nome sembra di nazione francese.
Il libro Maestro dell’entrata ed uscita della casa Spinola 5 di Ronco cominciato nel 1669, e terminato nel 1681 ha le memorie seguenti sulla monetazione:
« Pag. 116. Monsu Giovanni Ginquet conto di pigione della zecca di Ronco fabbricata dove prima era l’edifizio per pezze da otto reali 1500, che si è concertato paghi l’anno con obbligazione di sborzarne anticipatamente per ogni quadrimestre pezzi 500 uno per introito, secondo che cominciò la pigione del primo Novembre 1667. 8. R. — pezzi 1500 — L. 7200.»
« It. per L. 1796. 12, 9, valuta di pezzi da otto reali 374, 6, che a 10/100 provengono da pezzi 3742, 11,3 simili, dei quali per l’obbligazione di fabbricare pezzi 1500 da otto reali ogni mese era rimasto in dietro per tutto settembre 1668 — uno per introito 8 R.li p. 374, 6. L. 1796. 12, 9.
» It. per L. 720 valuta di pezzi 150 da otto reali, che 10 per cento provengono da pezzi 1500 simili dal mese di ottobre 1668 — uno per introito come sopra, 8 R.li p. 150. L. 720.
» It. per L. 38, 8 valuta di pezzi 8 da 8 reali per il pedaggio di un anno, uno per introito 8 R.li p. 8. — L. 38, 8.
» It. per L. 15840 valuta di pezzi 3300 da otto reali pigione dell’anno cominciato al 1. Novembre 1668 da finirsi per tutto ottobre 1669 uno per introito R.li p. 3300 L. 15840 ».
In quest’anno onde i conii delle monete battute nella zecca di Ronco avessero grazia e leggiadria, il Marchese Napoleone faceva venir da Roma l’incisore Giovanni Hamerano, figlio di Alberto, che li lavorasse.
I patti furono stipulati con atto rogato il 6 gennaio 1669 in Roma dal Notaro Francesco Salvi, ed io lo riporto tra i documenti (V. Docum. XIII). Da esso rilevasi, che oltre la zecca di Ronco, il Marchese Napoleone avevane aperta un’altra nel Borgo nuovo della Rocchetta, dizione di Roccaforte, ed alle due zecche dovea prestar servigio quell’incisore. Trentasei scudi romani di dieci giulii al mese a titolo di provvisione, ed altri trenta per vitto erano la mercede pattuita, oltre le spese di viaggio.
Il libro Maestro già citato a pag. 121 riporta il conto dei diversi pagamenti fatti all’Hamerano, e qui lo stampo.
« 1669. 25 luglio Giovanni Hamerano Gravatore Romano figlio di Alberto per doppie 12 italiane, valuta di scudi trentasei Monete Romane 7 che sotto li 4 gennajo 1669 gli furono sborzati anticipatamente in Roma per una mesata di salario, conforme arrestò aggiustato per mezzo del Signor Bali Spinola mio fratello, e se ne rogò istrumento in Roma sotto li 4 gennaio 1669 in atti di Marcattilio Monaldi, ed il Notajo, dal quale fu ricevuto l’istrumento si chiama Francesco Salvi uno per introito. D. 12. Sc. 36 L. 205, 4.
» Item per doppie dieci italiane valuta di scudi trenta moneta romana, che a 13 di marzo 1669 furono sborzati in Roma a suo padre Alberto dal Signor Sebastiano Dionisio Serra a conto della seconda mesata finita suddetto giorno 13 marzo, come per ricevuta, uno per introito — D. 10 Sc. 30 L. 171.
» Item per doppie 6,5,6 avute in conto a 16 aprile da Ross. a conto della terza mesata finita a 13 aprile 1669 uno per 100. Dop. 6, 5, 6, Sc. 18, 6, 6. L. 106, 0, 4.
» It. Doppie 30 valuta di Sc. 90 moneta romana sborzate dal Signor Sebastiano Dionisio Serra in Roma ad Alberto suo padre, per tutto li 3 luglio a conto di tre mesate per tutto li 21 luglio 1669 uno per detto Sig. Sebastiano Dionisio Serra — Doppie 30 — Sc. 90 — L. 513 —
» Item — per lire 21, 12 valuta di neapolioni avuti in Ronco, cioè due con figura in piedi 7 e due con testa e busto; uno per libro della zecca di Ronco — L. 21, 12 ».
» Item per L. 3, 6 che sono state pagate per lui alla posta per porti di lettere dalli 12 aprile per tutto il 9 di settembre, uno per introito — L. 3, 6 ».
» Item per doppie dieci valuta di scudi trenta sborzati in Roma ad Alberto suo padre dal Signor Sebastiano Dionisio Serra sotto il 22 agosto, uno per esso Serra Doppie 10 — Sc. 30 — L. 171 ».
» Item per doppie una, e dieci, valuta di Scudi quattro, e cinquanta sborzatigli dal sig. Marchese in Ronco per la spesa del viaggio da Roma a Genova, uno per cassa del predetto Sig. Marchese — Doppie 1, 10 — Sc. 4, 5 — L. 25, 13 ».
A pagina 123 dello stesso volume sotto il 13 settembre 1669 leggesi:
» Per doppie 96 italiane valuta di scudi 288 moneta romana, che procedevano dal salario di mesi otto dovuti a Giovanni Hamerano gravatore cominciati a 13 gennaro 1669 e finiti a 13 settembre detto anno a ragione di doppie 12 italiane al mese delle quali ognuna valea Scudi tre di moneta romana; uno per Giovanni Hamerano Doppie 96 Sc. 288 — L. 1641, 12.
» It. per doppie due italiane valuta di Sc. 6 moneta romana dovuti a suddetto Hamerano per il suo ritorno a Roma in conformità dell’aggiustato nell’istrumento come sopra — Doppie 2. Scudi 6 — L. 34, 4 » .
» Item per doppie 1,5,6 valuta di Scudi 3, 16, 6 che procedeva dal prezzo di due medaglie d’argento coll’impronto di S. S. fatte venire da Roma per il Sud. M.° 1. come sopra e si contropongono alli 4 napoleoni D. 1, 5, 6, Sc. 3, 16, 6. L. 21, 12 ».
» Item per doppia 1 e 10 valuta di Scudi 4,10 moneta romana che procedono da spesa fatta nel suo viaggio da Roma a Genova secondo l’aggiustato nell’istrumento a 1 p. 100 come sopra D. 1, 10 Sc. 4, 10. L. 25, 13 ».
Ed alla facciata seguente nota a debito dell’Hamerano le somme seguenti.
« Avere 1669 a 1. settembre in L. 21 12 prezzo di 4 Napoleoni venduti a Gio. Hamerano in Ronco, cioè due con testa e busto, e due colla figura in piedi e dette Lire 21, e 12 sono doppia 1, 5, 6 d’Italia, e di moneta romana Scudi 3,82,2 valgono in detto Hamerano L. 121, — Scudi 3, 82, 2 — Doppie 1, 5, 6 ».
È certo quindi che Giovanni Hamerano restò a lavorare nella zecca di Ronco dal 13 gennaio 1669 sino a mezzo il settembre dell’anno stesso. Quale fosse il conio da lui eseguito lo vedremo nella descrizione delle monete.
Che nella zecca di Borgonuovo della Rocchetta, si battessero altresì monete, lo rilevo della pagina 124 dello stesso libro Maestro, ove leggesi.
» 1669 — Marc’Antonio Rossano per conto di una barra d’argento che sin dal 15 luglio fù mandata a Genova dalla Rocca dov’era nel castello in custodia di Agostino Guglielmone Castellano. Resta a cura di esso Rossano procedendo da partite scosse da David Bastida secondo la ragione che se ne dà in libro della zecca di Borgo nuovo della Rocchetta, ed è in peso di Lire 48, 4 di bontà di 11, 22 che riescono di fino L. 47, 11, 23, 8 ».
Uno per libro di zecca di Borgo nuovo della Rocchetta.
Circa il 1669 il Conte di Ronco aveva fatto altra locazione della sua zecca ad un certo Antonio Mottetti; ma nate poscia delle gravi questioni lo scioglimento del contratto fu rimesso all’arbitrio dei MM. Giorgio Carbonara, e Not. Giovanni Ferrari, i quali pronunziavano nel modo espresso nella sentenza (V. Documento num. XIV). Non pare però, che il Mottetti battesse monete per quanto avesse fatti tutti i necessari preparativi.
Nel 1670 la zecca era tuttavia in esercizio, perché nel libro sopra indicate pag. 153 si dà conto di L. 34 sborsate a diversi per causa della zecca, ed altre note rinvengonsi a pag. 161, e 185 le quali dimostrano che continuasse nell’anno seguente6. La proibizione sopravvenuta quindi del commercio dei luigini, altre ragioni d’interesse, e la morte del Marchese Napoleone facevano sospenderne l’esercizio.
Il Marchese Carlo nipote di lui, perché figlio di Stefano riapriva nel 1699 la zecca, e varie monete coll’immagine di lui io descriverò qui appresso. Per ora mi basta avvertire che nel Libro Maestro della casa Spinola di Ronco del 1691 al 1717, pag. 17 leggesi:
« A 20 giugno 1699 in carlini 426 ricevuti dei zecchieri della zecca di Ronco a L. 7, 1 2 — uno in cassa L. 3237 — 12.
» A 10 ottobre 1699 in carlini 173 ricevuti dai zecchieri della zecca di Ronco a L. 7, 12 — L. 1314. 16 — ».
Le monete di Ronco sono assai più rare di quelle di Tassarolo, e non veggonsi ricordate nelle antiche gride. Pochissime furono descritte dai recenti numismatici. Il Zanetti non fe’ cenno di questa zecca, nella sua preziosa raccolta, e neppure nei Manoscritti inediti, che serbansi nel R. Gabinetto numismatico di Brera.
Al già lodato Giorgio Viani, che nell’illustrazione delle zecche d’Italia superò i predecessori, e raccolse molte peregrine notizie, appena due sole monete furon note delle tante battute in Ronco. Io sebbene non isperi di dare il tipo di tutte quelle che furon coniate, pure buon numero ne recherò, giovandomi ad illustrarle delle notizie che ho premesse.
SERIE DELLE MONETE DI RONCO E ROCCAFORTE
Napoleone nato nel 1607 da Stefano e da Eugenia Spinola di Carlo di Luciano, morto verso il 1672.
ORO
N. XLIV. La moneta incisa al numero 4 della tavola IX era nella raccolta del Numismatico Giorgio Viani, e dai Manoscritti da lui lasciati, ho tolto il disegno, che come egli notò, fu eseguito da Gaetano Cinti nel 1815. Credo che l’esemplare ora esistente nella R. Galleria di Firenze sia quello stesso che possedeva il Viani. È moneta assai rara, né so che trovisi altrove.
Al diritto ha il mezzo busto del Marchese a capo scoperto con lunghi capelli arricciati, corazza con testa di leone sul braccio, e manto a doppio svolazzo. La leggenda è neapolio . spin . mar . rochæ . for . cioè Neapolio Spinula Marchio Rochæfortis. L’anno 1647 è sotto il busto, ed ha avanti * una rosetta.
Al rovescio evvi l’aquila bicipite sormontata dalla corona imperiale coll’arma Spinola in petto collo scacchiere e spino, e coll’iscrizione . et . s : rom : imp : com : ronchi . d : et c : cioè Et Sancti Romani imperii Comes, Ronchi Dominus et Comes.
L’esemplare del Viani aveva peso di denari 11 e grani 4 ed il diametro di 30 millimetri.
N. XLV. La moneta ch’è nella tavola X, num. 1 è la meta della precedente, cioe un pezzo da una doppia. Io non so chi la possegga, ma il signor Avvocato Gaetano Avignone ne ha l’impronto in piombo. Il suo diametro è di millimetri 20. Ha nel diritto il mezzo busto di Napoleone rivolto a destra a capo scoperto con lunghi capelli, e baffi e pizzo. Veste corazza, e manto al solito modo, ed ha intorno l’epigrafe neapo spin mar roc f. Al rovescio l’aquila bicipite coronata, collo stemma Spinola in petto, e l’anno 1668. La leggenda è et s . r imp com ronchi d et c.
ARGENTO
Procedendo in ordine cronologico le più antiche monete d’argento di Napoleone Spinola sono del 1647.
N. XLVI. Tra quelle esistenti nella R. Università evvi un quarto di scudo di lui, non diverso nel conio dal pezzo da due doppie, che ho descritto al numero 1. Ha diametro di trenta millimetri, peso di grammi 7,500, l’argento del titolo 920. Il diritto rappresenta il Conte sino al petto, rivolto a sinistra di chi lo guarda. Ha lunghi capelli, baffi e pizzo, collo ignudo a metà, corazza con testa di leone sul braccio, e manto. Si legge intorno neapolio . spin : mar : roche . for : Di sotto * 1647.
Al rovescio, aquila bicipite con corona imperiale coll’arma Spinola coronata in petto, e la leggenda . et . s : rom : imp : com : ronchi . d : et . c . delle quali lettere diedi già la spiegazione (Vedi il disegno nella tavola X, num. 4). È descritta da Giuseppe Appel Münzen und Medaillen der welsticher Fürster und Herren 3.ter bands 2.te Abstheilung pag. 3654. Il suo esemplare pesava 7/16 loth 3 grani di peso viennese.
N. XLVII. La monetina disegnata al num. 5, tavola IX è nel Museo imperiale di Vienna; ha diametro di 20 millimetri, e sembra un ottavo di scudo. Ha nel diritto il busto di Napoleone Spinola rivolto a diritta con lunga chioma arricciata, corazza e manto, e l’iscrizione . neapo . spin . mar . roc . fo . Il numero 8 sta sotto il busto.
Al rovescio è scolpita l’aquila bicipite coronata collo stemma Spinola in petto, e l’iscrizione et . s . r . imp . com + ronchi d . et . c L’anno 1668 è collocato intorno ai piedi dell’aquila.
N. XLVIII. Alquanto diversa, sebben dell’anno stesso della precedente, e della stessa grandezza è quella che ho collocato al numero 5 della tavola X. La figura del diritto è rivolta a destra, ed ha la leggenda . neapolio . spin mar . roc . f, e di sotto il busto l’anno 1668.
Al rovescio, l’aquila bicipite coronata coll’arma spinolina in petto, e l’iscrizione et . s . rom . imp . com . ronchi . d : c .6. Ha peso di gr. 2,300, diametro di venti millimetri, e l’argento è della bonta di 920.
N. XLIX. Anche alla zecca di Ronco io attribuisco la piccola monetina o luigino ch’è nella tavola XIV, num. 1. Egli è vero che non ha memoria del Signore, che la fece battere, ma la forma dell’aquila e dello stemma non differisce da quella che si vede nelle altre monete di questa zecca. L’esemplare inciso è quello della Biblioteca della Regia Università, che ha diametro di 20 millimetri, e pesa gr. 2,250. L’argento assai basso, cioè del titolo 200 mi fa supporre ch’esso sia uno dei luigini battuti per il Levante. Nel diritto ha l’aquila bicipite collo stemma spinolino in petto e l’iscrizione spes . omnivm . et . mvl . decep . Ai due lati dello stemma vi è l’anno 16-68. Nel rovescio è ripetuto lo stesso stemma colla leggenda spes . omnivm . et . mvlti . dec . ; non c’è però l’anno. N. L. Assai bella è la moneta incisa al num. 2 della tavola X ch’è uno scudo d’argento del 1669. È pubblicata nel Supplemento delle Monnaies en argent del Museo di Vienna, a pag. 472. e descritta dal Reichel, tom. IX, pag. 327, n. 2226, e dal Madai, vol. IV, num. 8017. L’esemplare della R. Università assai bene conservato ha il diametro di 41 millimetri, e pesa grammi 29. L’argento è del titolo 920. Al diritto vi è rappresentato il Marchese coi piedi a terra armati di sproni. Ha testa nuda, capelli corti ed arricciati, baffi e moschetta al mento, corazza ornata di fiori, con testa di leone sul braccio, cinto colla spada. Colla destra tiene un bastone, che appoggia a terra, e colla sinistra un fiore. Intorno leggesi: * neapolio : spin : mar : rochæ . for *
Al rovescio ha l’aquila bicipite sormontata dalla corona imperiale collo stemma spinolino in petto, coronato anch’esso. Ha la leggenda * et * s : rom : imp : com : ronchi * d : et * c : 1669 *
N. LI. L’altro scudo che segue al numero 3 della stessa tavola X è ancor più raro del precedente. La Regia Università ha il calco in gesso dell’esemplare, ch’esiste nel Museo Imperiale di Vienna, il disegno dell’altro, che ha il signor Conte Montenuovo, ed il calco in cera lacca di quello posseduto dal Colonnello Schultzess-Rechberg di Monaco. Non esiste diversità tra tutti questi esemplari, e neppure coll’altro, che ha il mio amico sig. Luigi Franchini. Quest’ultimo pesa grammi 30 1/2, ha diametro di 40 millimetri, e l’argento è del titolo 920.
Vedesi nel diritto il busto di Napoleone rivolto a destra con testa nuda, lunghi capelli arricciati, baffi e moschetta, corazza e manto. Si legge intorno neapolio : spin : mar : rochæ . for . E sotto il busto stanno le iniziali dell’incisore Giovanni Hamerano, che fece questo conio. Di costui e della famiglia di lui tutta di artisti dà copiose notizie il Venuti nella sua bell’opera sulle medaglie dei Sommi Pontefici, e qualche cenno si rinviene anche nel Cinagli, giacchè avendo eglino lavorato sempre in Roma, le più belle medaglie pontificali sono loro opera. Il Venuti ricorda, che Alberto Hamerano con questo suo figlio Giovanni lavorarono nella zecca di Massa, e molto vi guadagnarono; ma egli ignorava che l’ultimo fosse stato anche in Ronco. Ei vi venne giovanissimo, perché nato era il 30 ottobre 1649, e moriva il 20 giugno del 1705. Il padre suo Alberto nato il 10 ottobre 1620 mancò il 20 giugno 1677. Giovanni metteva per iniziale la lettera G invece dell’J che dà principio al latino Johannes a distinguere il suo dal nome dell’avo ancor egli Giovanni, e che usava un J. Io tengo che tutti questi conii di monete di Ronco del 1669 siano opera di lui, per quanto in questa sola abbia lasciato il nome, e la somiglianza del lavoro non dà luogo a dubbio.
Al rovescio nessuna differenza è col precedente: aquila bicipite coronata, collo stemma Spinola in petto, e l’iscrizione et * s : rom : imp : com : ronchi * d : et * c : 1669
N. LII. La moneta incisa al num. 5 della tavola XXI è un quarto di scudo, ed esiste nella collezione Trivulzio in Milano. Ha peso di grammi 5,450, e diametro di millimetri 30. Nel diritto è scolpito il busto di Napoleone rivolto a destra colla leggenda neapoli : spin : mar : rochæ : for . Al rovescio: aquila coronata collo stemma spinolino in petto, e l’iscrizione bonitatis vnciarivm septem 1669.
N. LIII. Appartiene alla Regia Università di Genova la monetina ch’è al num. 1 della tavola XI. Ha nel diritto l’immagine del Marchese rivolta a destra colla testa scoperta, con capelli arricciati, con baffi e moschetta. Il collo è ignudo, e veste corazza e manto. Intorno alla figura si legge . neapo + spin + mar + roc + f + e sotto il busto le lettere .v. s . 8, le quali debbono riferirsi alla bontà dell’argento, che corrisponde al titolo 720. Al rovescio vedesi stemma spinolino colla leggenda * et * s * r * imp. * com * ronchi *d*et*c*e dentro il campo 16-69. Il diametro della monetina è di millimetri 20, ed il peso di gr. 1,300.
Un esemplare uguale è descritto dall’Appell. al numero 3633 dell’opera già citata, e ad esso dà il peso di 35 grani.
Carlo fu figlio di Stefano di Napoleone e di Giovannetta Pallavicini di Paolo Girolamo, e sposò Settimia Grimaldi di Ansaldo. Come dicemmo, egli fece battere alcune monete nella zecca di Ronco nel 1699, ed ecco la descrizione di quelle che io conosco.
ORO
N. LIV. Quella ch’è al numero 2 della tavola XI è un pezzo da due doppie. L’oro è del titolo 917, e pesa, 1/4 di oncia di peso antico genovese, che risponde a gr. 6,250 del decimale. Il suo diametro è di millimetri 25. Nel diritto vi è il mezzo busto del Conte rivolto a destra con lunga parrucca arricciata, e barba rasa intieramente. Egli indossa la toga senatoria. Ha intorno l’iscrizione . carolvs mar . rochæ fortis. Nel rovescio vi è la solita aquila bicipite coronata collo stemma spinolino in petto, e coll’iscrizione intorno ronchi d : et c . et s . rom . imp . com. Questa moneta è inedita, e trovasi nel Medagliere della R. Università di Genova.
ARGENTO
N. LV. Uno scudo, la metà, ed il quarto di esso sono le sole monete d’argento di Carlo Spinola a me note. Tutte. trovansi nel Medagliere della R. Università di Genova, ed eccone la descrizione:
Lo scudo ha il diametro di 42 millimetri, peso di una oncia 1/4, 30 karati e 2 grani di peso antico di Genova, corrispondenti a grammi 37, 500 decimali. Sì esso che gli spezzati hanno l’argento del titolo 920. Come rilevasi dal disegno, ch’è al numero 5 della tavola XI, ha nel diritto l’effigie del Marchese rivolta a destra, come nel pezzo da due doppie già descritto, coll’iscrizione intorno . carolvs . mar : rochæ . fortis * i * E sotto il busto bon vnc 11 12 cioè della bontà di oncie 11 e denari 12 che era pari a quella dello scudo d’argento della Repubblica genovese; mentre il Filippo di Milano aveva bontà di oncie 11 e denari 10, ed i pezzi da otto reali di Siviglia di oncie 11 e 2.
L’arma spinolina in petto all’aquila bicipite coronata è incisa al rovescio, e vi è intorno l’epigrafe et s . rom : imp : com : ronchi * d : et-c : 1699.
Questo scudo è assai raro. Manca al Museo Imperiale di Vienna, ed anche alla ricchissima collezione del Conte Montenuovo. L’esemplare ch’è nella Biblioteca di S. M. il Re in Torino pesa grammi 38,500.
N. LVI. La moneta che segue al num. 4 della stessa tavola XI è un mezzo scudo. Ha diametro di 35 millimetri, metri, peso di grammi 19, e come avvertii trovasi nella Biblioteca della R. Università. Vedesi nel diritto il mezzo busto del Marchese con lunga parrucca, toga e manto, e l’iscrizione carolvs . mar : roc : for * E di sotto * † * b: v: 11 :12 a 1669.
Nel rovescio è scolpita l’aquila bicipite con corona imperiale e stemma spinolino coronato in petto, e l’epigrafe et . s : rom : imp : com : ronchi . d . E . c . Esiste nel Gabinetto di S. M. il Re in Torino, e quell’esemplare pesa gr. 19,200; un altro è nel Gabinetto Imperiale di Vienna, ed un terzo nella collezione del Conte Montenuovo più volte citato, e pesa 1 loth ed 1/8 di peso Viennese.
Giuseppe Appell descrisse questa rara moneta al numero 3637 del suo Repertorio, il quale però credette uno scettro la piccola asta, che vedesi avanti al b . v . ecc. mentre non è che lo spino, insegna della famiglia.
N. LVII. Un quarto di scudo, ch’è la metà del precedente, chiude quest’elenco delle monete di Carlo Spinola. Fu descritto dal Madai nel tomo II, num. 4627; dal Reichel al tomo IX, num. 2219. La Biblioteca del Re in Torino ne ha un esemplare del peso di grammi 9,500; uno il signor Conte Montenuovo del peso di 1/2 loth e 12 grani di peso Viennese, ed uno il Museo Imperiale di Vienna. Quello della R. Università di Genova ha diametro di 30 millimetri, e peso di grammi 9,500. Nel diritto vi è impresso il mezzo busto di Carlo abbigliato nella stessa foggia ch’è nello scudo, e nella metà, coll’iscrizione intorno carolvs . mar : roc : for : b : v : 11 : 12: cioè Bonitatis Vnciae 11 e 12 come nei precedenti. Nulla è sotto il mezzo busto. Nel rovescio vedesi la solita aquila bicipite collo stemma spinolino, e l’iscrizione * et . s : rom : imp : com : ronchi . d : e : c : 1699. Lo spino è altresì a fianco della corona prima dell’iscrizione.
Mi vien riferito, ch’esiste un esemplare di questa moneta senza b : v : 11 12; ma io non l’ho mai visto.
Non vo’ tacere, avanti di porre fine a questo capo, che i più vecchi contadini di Ronco, e del Borgo dei Fornari ricordano di avere udito dai padri loro, che nella seconda meta dello scorso secolo, il penultimo Spinola, che fu Conte di Ronco, cioè Carlo figlio di Gio. Battista, e nipote quindi del Carlo le cui monete testè descrivemmo, facesse battere nei suoi feudi degli zecchini di Venezia. Nessun documento rinvenni, che comprovasse tale narrazione, ma non credo inutile il fame qui cenno.
Note
- ↑ V. Olivieri, Carte e Cronache manoscritte per la Storia genovese num. 13 e 14
- ↑ Edizione del 1537.
- ↑ Questo manuale, e gli altri libri di amministrazione, che citerò, serbansi nell’Archivio del Signor Marchese Giacomo Raggio, ed io potei vederli per concessione dei Signori Avv. Giovanni Maurizio, e Palmarini, ai quali n’è affidata la custodia.
- ↑ Non credo inutile trascrivere quest’atto: « 15 luglio 1647. In nomine Domini Amen. Nicolaus Pencus q. Jacobi sponte, et omni meliori modo faletur Domino Marchioni Neapolioni Spinulae q. D.
- ↑ Stephani praesenti, ab eo habuisse, et recepisse duplas ducentum auri in auro, stampae et cunei ipsius Domini Marchionis Neapolionis quas solvere, et restituere promittit dicto Domino Marchioni Neapolioni Spinulae per hinc ad menses sex in duplis stampae praedictae, aut stampae Mediolani boni auri, ac iusti ponderis. Quae omnia etc. Actum Genuae etc.
- ↑ 1671 — 14 gennaio — « Francesco Burone zecchiere di Milano per lire 300, 4, 8 milanesi per valuta di cinque barrili di tanti ricevuti da Battista Lastrego per conto mio di quelli fabbricati nella zecca di Ronco, come a manuale, uno per detti tanti in libro di detta zecca di Ronco L. 3008, 4, 8».
« E a 29 aprile per L. 2230 monete, valuta di barrili quattro tanti, ed un fangottino ricevuto in condotta da Battista Lastrego per conto mio di bonta di 4 di quelli fabbricati nella zecca di Ronco, come a manuale — uno per il libro della zecca di Ronco conto di sacchetti mandati a Milano — Lire 2230 ».
« A pag. 185 — 26 agosto 1671 — Tanti di Ronco per lire 2, 8 pagati a Claudio Guglielmone sotto il 10 maggio 1670 per avere fuso numero 6 sacchetti di luigini uno per cassa a cura del Signor Conte L. 2, 8 ».