Monete e medaglie degli Spinola/Capo X
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CAPO X.
MONETE DI ARQUATA
Arquata grosso borgo sulla Scrivia a quarantadue chilometri a nord-ovest da Genova ed a dodici da Novi credesi sorto colle rovine dell’antica città di Libarna. Nel secolo IX era già castello del Tortonese, come abbiamo dall’erudito Bottazzi1, il quale riporta alcuni brani di un diploma di Carlo il Grosso datum XII kal. aprilis, anno ab incarnatione Domini DCCCLXXX indictione XIII, anno regni ejusdem Caroli in Francia IV, in Italia I actum Papiae, che da quel Castello al Monastero di S. Ambrogio di Milano ..... et similiter dono in episcopatu terdonensi castrum unum quod nominator Arquada cum omni honore, cum servis, et ancillis, cum pratis, pascuis, silvis etc. Lo troviamo sotto i Marchesi, che dominavano in questa parte d’Italia nel secolo XIX. Infatti l’Imperatore Arrigo III confermando nel 1077 i beni allodiali, ed i diritti che possedevano i due fratelli Ugo e Folco figliuoli del Marchese Azzo II nelle diverse contee, nomina anche Arquata; In Comitatu terdonensi, Sale, Nazanum, Arquada et quicquid ipse Marchio Aczo jure possidet et possidere debet2. Nel secolo XII sembra che fosse conquistato dai Tortonesi, ed allorché l’Imperatore Federico Barbarossa cinse d’assedio la loro città nel 1155, s’impossessò altresì del Castello di Arquata, ed i Pavesi, che tenevano per lui l’occuparono sino al 1165. Fatta in quell’anno la pace lo riebbero i Tortonesi, e l’Imperatore Federico nel trattato del 1183 ne conservò loro il possesso, e quel trattato fu ratificato nella pace di Costanza, e dagl’imperatori che successero.
Il Ghilini negli Annali di Alessandria, pag. 28, narra, che i Genovesi nel 1224 occuparono Capriata ed Arquata, il che fece nascere grave guerra tra loro, gli Alessandrini ed i Tortonesi. Nel trattato di pace seguito in Milano il dì 9 novembre 1227 tra Genovesi, Alessandrini, Tortonesi, Astigiani, Albesi e Torinesi vi sono i seguenti patti riguardanti Arquata:
» Che si getti a terra il castello di Arquata, e che mai più si riedifichi, con obbligazione, che le Comunità di Tortona e di Genova debbano nel termine di quattro mesi sborsare ai soldati del detto castello trecento lire pavesi per il tasso della restituzione di quel castello, e delle case loro; che le predette città di Genova e Tortona non debbano per cinque anni ingerirsi in alcuna cosa, che spetti alla terra e giurisdizione di Arquata; che nel fine dei cinque anni possano due giuristi, uno a nome dei Genovesi, e l’altro per i Tortonesi, decidere nel termine di quattro anni tutte le differenze di questi popoli per il possesso di Arquata. Che quella città, che ragionevolmente dovrà possedere Arquata, debba pagare all’altra cento cinquanta lire pavesi; che niun cittadino di Tortona e di Genova debba far passaggio per Arquata, prima che ogni differenza sia appianata ».
Nel 1243 i Tortonesi riconquistavano quel castello, e nel 1278 lo davano in feudo alla famiglia Guidobono, e nel secolo seguente agli Spinola, ai quali ne confermavano il possesso con altri luoghi l’Imperatore Enrico VII, ed i successori, come dicemmo. Nei secoli XV e XVI il feudo di Arquata era perciò diviso tra varii condomini, tutti del casato Spinola, i quali insieme riuniti delegavano uno tra loro ad esercitarvi il potere supremo. Così nel 1486 il Magnifico Signore Giovanni Spinola dettava lo Statuto per quella terra, e qualificavasi Arquatae Condominus et nunc Dominus electus constitutus, et deputatus per condominos Arquatae3. Nel corso del secolo XVII mancati molti dei Condomini, uno di loro, Filippo di Giulio, cui era caduta in proprietà la maggior parte di quel feudo, domandava a Ferdinando III, che lo erigesse in Marchesato per sé ed i suoi eredi. Vi acconsentiva l’Imperatore ed il 2 settembre 1641 innalzava Filippo Spinola a Marchese del S. Romano Impero, e dava al primogenito di lui il titolo di Conte. Al Marchese competevano moltissimi privilegi, e tra gli altri la facoltà di crear notai, di dottorare nelle diverse facoltà, e di batter moneta. Di quest’ultimo privilegio ei subito usò, e le monete fatte coniare da lui e dai successori ordinate descriverò, dopo aver data la geneologia della loro famiglia.
SERIE DELLE MONETE DI ARQUATA
Filippo Primo Marchese d’Arquata.
N. LVIII. Tre anni dopo che ottenne il titolo e la dignità di Marchese di Arquata, Filippo Spinola fece coniare la moneta ch’è al numero 1 della tavola XII, rarissima di certo ed inedita. Un bell’esemplare di essa è nella Biblioteca di S. M. il Re a Torino, dalla quale ho tolto il disegno, che or pubblico. Essa pesa grammi 7,700, ha diametro di trenta millimetri, e l’argento è del titolo 920. Un altro esemplare è nel Museo Imperiale di Vienna, e di esso posseggo il calco in gesso, ed un terzo trovasi nella R. Galleria di Firenze. Quest’ultimo è forse lo stesso, che appartenne al Numismatico Viani, che lo lasciò descritto nei suoi Manoscritti inediti colla nota seguente: Moneta d’argento esistente nel Museo del fu Francesco Maria Tognaccini e fu da me comprata nel 1612; pesa denari 6 e grani 7.
Io non so in qual luogo fosse coniata questa bella moneta, perché i frequenti incendi avvenuti in Arquata, e la rovina del Castello fecero andar perduti i documenti, che avrebbero potuto indicarcelo. Assai bello è il conio, che par opera di mano maestra. Al dritto porta scolpito il busto del Marchese, che guarda a destra. Egli ha lunghi capelli arricciati, baffi e moschetta; indossa lorica, con testa di leone sul braccio, ed un largo manto lo ricopre. Si legge intorno il busto phil : spin : march : arquatæ : e . s . r . i. Sotto il braccio sta l’anno 1644. È inciso nel rovescio lo stemma della Famiglia, con tutti quegli ornamenti, che il diploma d’investitura concede ai Marchesi d’Arquata (V. Documento XV). L’aquila bicipite coronata tiene le ali spiegate e porta in petto lo scudo spinolino sostenuto da un lato da una pantera che appoggiasi sul piede destro, e tra esso e la zampa corrispondente ha uno scudetto, e colla sinistra innalza una bandiera rossa, e bianca; dall’altra sta un leone che tiene una rosa. È scritto intorno manent * insignia * lavdvm * Questo motto e allusivo alle lodi meritate da Filippo e dal padre suo Giulio per le imprese guerresche da lor compite e che sono ricordate nell’investitura del Marchesato.
Giulio.
N. LIX. Due monete ci rimangono di questo secondo Marchese d’Arquata, ambe del 1681. La prima è una doppia in oro impressa a pag. 262 del bel volume Monnaies en or, Vienna 1759, ed io ho il calco in gesso dell’esemplare stesso ch’esiste in quel Museo Imperiale, e la fotografia dell’altro, ch’è nella Collezione Trivulzio in Milano. Quest’ultimo pesa denari 2, 17 di Milano, ossia grammi 3,350. Ha nel dritto il busto del Marchese rivolto a sinistra; veste corazza con testa di leone sull’omero, e manto, e gli siede sul capo lunga parrucca arricciata, ed ondeggiata. Ha scritto intorno * ivlivs * spinvla. Nel rovescio è scolpito lo stemma spinolino colla pantera, ed il leone, come nella moneta precedente, ed ha scritto intorno marchio . s . r . i . et . arqvatæ . 1681 .
N. LX. Il quarto di scudo impresso al num. 3 della tavola XII serbasi nella R. Università di Genova, ed ha il diametro di millimetri 30, il peso di grammi 8,200 e l’argento è del titolo 920. Come nella doppia testè descritta evvi nel diritto il mezzo busto di Giulio rivolto a sinistra, loricato, con testa di leone sull’omero, e gran parrucca in testa. Vi è scritto in giro ivlivs . spinvla . maro s . r . i . et . arqvatæ. Nel rovescio è scolpita l’arma degli Spinola di Arquata coll’iscrizione . * . manent . insignia . honorvm * Sotto il busto vi è l’anno 1681.
Il Viani nei suoi Manoscritti ricorda una moneta a quest’eguale posseduta dal signor Giuseppe Pucci da Firenze, del peso di denari 6 e grani 17. Un esemplare ne descrive il Reichel al numero 2218 del Neunter Theil; un altro l’Appel al numero 3636 del suo repertorio, del peso di 7/l6 loth e 3 grani di peso Viennese, ed un terzo il Madai nel Thaler Cabinet.
Gerardo.
Di questo terzo Marchese di Arquata io conosco quattro monete tutte assai rare.
N. LXI. La prima delineata al num. 4 della tavola XII serbasi nella Biblioteca del Re in Torino. È d’oro, ed ha il peso e la forma di un fiorino. Pesa grammi 6,560 ed ha il diametro di millimetri 26. Ha scolpito nel diritto il busto del Marchese abbigliato, come nelle monete di Giulio già descritte, e rivolto a sinistra coll’iscrizione gerardvs spinola. Nel rovescio vi è il solito stemma coll’epigrafe march . arqvatæ 1682. N. LXII. È nella R. Galleria di Firenze la moneta incisa al numero 5 della tavola XII, che ha il diametro di millimetri 26. Il Numismatico Giorgio Viani la lasciò descritta nei suoi Manoscritti, e la disse di spettanza del signor Giuseppe Pucci; da lui passò forse nella R. Galleria fiorentina. II Viani ne registrò altresì il peso di denari 6 e grani 9. Il busto del Marchese abbigliato al solito modo è rivolto a sinistra ed ha l’iscrizione gerardvs . spin . mar . arqvatæ . et . s . r . i . Nel rovescio vedesi la solita arma di Arquata colla leggenda veteris . stat . gloria . facti.
N. LXIII. Non dissimile dalla descritta è quella delineata al numero 1 della tavola XIII, che serbasi nella Biblioteca della R. Università di Genova. Ha diametro di 26 millimetri peso di gr. 5,100 e titolo d’argento 920. Il busto loricato alla solita guisa e rivolto a sinistra dello spettatore sta nel diritto coll’iscrizione * gerardvs * spinola * e nel rovescio l’arma spinolina con pantera e leone, in petto dell'aquila, e circondata dall’epigrafe marchio . arqvatæ . et . s . r . i . 1682.
Il Viani ne possedeva un esemplare simile, del peso di denari 2 e grani 3; ed un altro è ora nella Biblioteca di S. M. il Re in Torino.
N. LXIV. Metà della precedente è la moneta delineata al numero 2 della stessa tavola XIII ancor essa esistente nella Biblioteca della R. Università di Genova. Ha diametro di 23 millimetri e peso di gr. 2,270, e l’argento è del titolo 920. Uguale al precedente è il conio di questa monetina; l’iscrizione del diritto è gerardvs spinola, e del rovescio . marchio . arqvatæ . et . s . r . i . 1682.
Note
- ↑ Osservazioni storico-critiche sui Ruderi di Libarna, Novi 1815 pag. 88.
- ↑ Muratori, Antichità Estensi, parte I, c. VII.
- ↑ Tale statuto fu stampato nel secolo XVII, e rivide la luce in Novi nel 1856 per cura del Sac. D. Gian Francesco Capurro nelle Memorie e Documenti per servire alla Storia di Novi e Provincia.