Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Cortile in cut di don Poppone.

La Contessa ed il Conte.

Conte. Strepiti, precipizi? adagio un poco.

Vuol la mia convenienza1,
Che pria della partenza.
Sappiasi la cagione
Del trattamento vil di don Poppone.
Contessa. Eh, che siam conosciuti;
Un pazzo non offende,
E l’oro, si suol dir, macchia non prende.
Conte. Ma l’affronto richiede...
Contessa.   Non è questo
Che vi trattien, ma vi conosco in ciera.
Evvi l’avventuriera.
Dorina ho qui veduta,
E d’accordo con voi sarà venuta.
Conte. Ma voi pensate mal...
Contessa.   Non parlo invano.
Don Poppone il mezzano
Fa in casa sua così?
Don Poppone è un villan...
Conte.   Zitto, gli2 è qui.

SCENA II.

Don Poppone e detti.

Poppone. Che rumore è mai questo?

Contessa.   In casa vostra

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Non mi credeva mai

Veder quel che ho veduto.
Poppone.   Avete visto?
Contessa. Siete assai ben provisto:
Non vi mancherà certo argento ed oro.
Poppone. Mi lusingo ancor io d’un bel tesoro.
Conte. Non le state a badar. (don Poppone
Contessa.   E mio marito3)
Volete far a parte
Di sì bella fortuna?
Poppone.   In verità,
Ho intenzione di far seco a metà.
Contessa. Bravissimo davvero!
Codesto è un bel mestiero;
Ma non vi riuscirà, lo giuro al Cielo;
Ch’io scoprirò di queste trame il velo.
Poppone. Non fate, per pietà!
Contessa.   Col mio consorte
Perchè voler dividere
Delle vostre fatiche il tristo frutto?
Poppone. La metà non gli basta? E che? vuol tutto?
Contessa. Quel ch’ei voglia non so, ma so ben io
Che non lo soffro al certo,
E che il disegno rio sarà scoperto.
Poppone. Voi mi volete rovinar...
Contessa.   Tacete.
Poppone. Ma per pietade...
Contessa.   Un perfido voi siete.
  Chi son io pensate prima,
  Traditor della mia pace.
  Ah, da voi sì poca stima
  Dell’onor dunque si fa?
  Che viltà! - che rio costume!

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  Qualche nume, qualche stella,

  L’alma fella - punirà.
  Sposo ingrato, amico indegno,
  State certi che ’l mio sdegno
  Sue vendette far saprà. (parte

SCENA 111.

Il Conte e Don Poppone.

Poppone. Che diavolo ha con me quella ragazza?

Ditemi il ver: la poverina è pazza?
Conte. Tutta la sua pazzia
Sta nella gelosia.
Poppone.   Di chi è gelosa?
Conte. Di quella forestiera
Ch’è alloggiata da voi. Crede ch’io l’ami;
Crede che voi l’abbiate
Qui introdotta da me; crede...
Poppone.   Pian, piano.
Crede dunque...
Conte.   Che a me fate il mezzano.
Poppone. Or capisco la sua bestialità.
Conte. E crede che vogliam far a metà.
Poppone. Io dicea del tesoro.
Conte.   Ed ella intese
Che voleste un tesor chiamar Dorina.
Poppone. Io m’intesi il tesor della cantina.
Conte. Eccoci qui; vi pare
Che consista nel ber tutto il decoro?
Poppone. Non vi parlo del vin; parlo dell’oro.
Conte. L’oro nella cantina?
Poppone.   Nol sapete?
Qua venuti non siete
Per aiutarmi a far la scavazione?

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Falco m’ha detto pure,

Che in ciò siete eccellenti,
E che, circa ai tesor, fate portenti.
Conte. (Vuò secondar per iscoprire il vero).
In fatti il mio mestiero
È di cavar tesori.
Poppone.   E per nascondervi
Fingete nobiltà.
Conte.   Certo.
Poppone.   Va bene;
Ma assicurar conviene
Della vostra signora il dubbio strano,
Che si crede ch’io far voglia il mezzano.
Perchè per dirla schietta, padron mio,
La grazia di madama la vogl’io.
Conte. Siete di lei amante?
Poppone. Ch’io l’ami non dirò con grande amore;
Ma mi ha fatto l’onore
Di dirmi tante cose
Dolcissime, amorose,
Che quantunque da ciò fossi lontano,
Di lei mi fece innamorar pian piano.
Conte. Anch’io, per dir il vero,
Ho per lei della stima; evvi per altro
Uno non so s’io dica
Di lei amante o sposo,
Che m’inquieta non poco, ed è geloso.
Poppone. All’incontro con me quel galantuomo
Facilita a tal segno,
Che dimostra per me tutto l’impegno.
Conte. Non so che dire; invidio il vostro stato.
Siete assai fortunato.
Poppone.   Altro non manca,
Per rendermi contento,
Che caviamo il tesor.

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Conte.   Per me son qui.

(Mi consiglia l’amor finger così).
  (Un tenero affetto
  Mi serpe nel petto,
  Che in mezzo al desire
  Languire - mi fa). (da sè
  Di me disponete,
  Che prove averete
  Di mia fedeltà. (a don Poppone
  (Già sento - che amore
  Fra speme e timore
  Tormento - mi dà). (partie

SCENA IV.

Don Poppone, poi Falco.

Poppone. A me doppia fortuna

In questo dì s’appressa.
Avrò il ricco tesoro e la contessa.
Falco. E ben, sono venuti
Quei del tesoro?
Poppone.   Sì, sono arrivati,
Ed ambo in casa mia sono alloggiati.
Falco. Che ve ne par?
Poppone.   Volevano
Negar la scienza loro.
Falco. Fanno per mantenerla con decoro.
Poppone. Si voleano spacciare
L’uno per cavalier, l’altro per dama.
Falco. Fan per accreditar la loro fama.
Poppone. Ma io con buona grazia
Mostrai d’essere istrutto,
E l’uomo alfin m’ha confessato tutto.
Falco. Li avete regalati?

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Poppone.   Non ancora;

Farlo destino allora,
Ch’avrò veduto l’opra sua valente.
Falco. Signor mio caro, non farete niente.
Quando abbiate di loro
Fede, concetto e stima,
Io vi consiglio regalarli in prima.
Poppone. Perchè?
Falco.   Perchè in tal guisa,
Vedendo che voi siete
Uom generoso e onesto,
Faran le cose più polito e presto.
Poppone. Cosa gli potrei dar?
Falco.   Potreste dare
Un anel di diamanti alla signora,
E all’uom di genio avaro
Una borsa con dentro del denaro.
Poppone. Un anello? una borsa?
L’anello eccolo qui.
La borsa ora non l’ho.
Falco. Convien trovarla.
Poppone.   A ritrovarla andrò. (parte

SCENA V.

Falco, poi Dorina.

Dorina. Eh, ehm, un passo in là.

Un po’ più di rispetto e civiltà. (affettando gravità
Falco. Che vuol dire?
Dorina.   Vuol dir ch’io son chi sono.
Falco. Oh, questa sì è bellissima!
Dorina. E mi viene un pochin dell’illustrissima.
Falco. Buono! da quanto 4 in qua

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Questa gran nobiltà?

Dorina.   Dall’ora istessa
Che mi faceste diventar contessa.
Falco. Io?
Dorina.   Chi dunque ha piantato
A don Poppone, con astuzie pronte,
Ch’io son contessa, e che Giannino è conte?
Falco. E per tali vi crede?
Dorina.   Avrebbe forse
D’aver difficoltà?
Vi par che nobiltà non abbia in volto?
So favellare anch’io con labbro sciolto.
So dire e comandare,
E volere e mandare,
E passeggiare altera,
E minacciar severa,
Difendere, proteggere,
Decidere, correggere,
E so come si fa,
E so anch’io sostener la gravità.
Falco. Adagio, adagio un poco.
Dorina. Si può saper com’è?
Falco.   Qui v’è un imbroglio.
Don Poppone senz’altro ha equivocato;
Vi crede il conte e la contessa Nastri.
Dorina. Egli mi creda nastro,
O fettuccia, o cordella, o stringa, o spago,
Quest’accidente è vago; - e fin che dura,
Da dama voglio far la mia figura.
Falco. Ci perderete poi.
Dorina.   Perchè?
Falco.   So io
Che, per consiglio mio,
Regalarvi doveva;
Ora non lo farà

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Per soggezione della nobiltà.

Dorina. Per un regalo poi,
Se avesse tal idea,
Gli rinunzio il damato e la contea.
Falco. Procurate d’averlo
Con la vostra prudenza, e con bell’arte
Dorina. A voi la vostra parte
Riserbata sarà.
Falco.   Da voi non voglio
Altro, Dorina amata,
Per parte mia che una benigna occhiata.
  Se con quell’occhio moro
  Voi mi guardate un pò’,
  Sarà per me un tesoro,
  Che più bramar non so.
  Se poi quel labbro dice:
  Di te pietade avrò,
  Sarò, mio ben, felice,
  Di gioia morirò.
  Ma non crediate già...
  Mi piace l’onestà;
  Son uom che si contenta
  Di quel che aver si può. (parte

SCENA VI.

Dorina, poi Giannino.

Dorina. Confessar poi conviene,

Che Falco è un uom dabbene,
Che in lui non v’è malizia,
E che fa quel che fa per amicizia.
Giannino. E quando si conclude?
E quando si va via?
Io non posso più star, Dorina mia.

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Dorina. Il signor don Poppone

Ho preparato, lo sepp’io testé.
Un regalo per voi, uno per me.
Giannino. Pigiiam quel che si puote,
Ch’io più impazzir non voglio:
Il tesor, la contea... quest’è un imbroglio.

SCENA VII.

Don Poppone e detti.

Poppone. Eccomi di ritorno;

Compatite di grazia,
Se vi trattai finor con malagrazia.
Dorina. Per verità, signore,
Mi pare un poco strana
La privazione della sua presenza.
Giannino. Ma se vuol tornar via, gli diam licenza.
Poppone. Garbato cavaliere, in verità,
Amante qual son io di libertà.
Dorina. Che avete nelle mani?
Poppone.   Niente, niente:
Una piccola borsa
Con un po’ di denaro.
Giannino.   E per che fare?
Poppone. Così, per impiegare
In un certo negozio.
Dorina.   Affé, scommetto
Che far volete un qualche regaietto.
Poppone. Brava, brava, contessa!
L’avete indovinata.
Dorina. Esser dee regalata
Una femmina forse?
Giannino.   E un uomo ancora?

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Poppone. L’anello a una signora

Di dare ho destinato,
Ed ad un uom questa horsa ho preparato.
Dorina. (Buono!)
Giannino.   (Buono davvero!)
Dorina.   E può sapersi
Chi sia colei che quest’anello avrà?
Giannino. Si può sapere a chi la borsa va?
Poppone. Va la borsa e l’anello a due persone
Di bassa condizione.
Dorina.   In verità,
Quell’anello sarebbe il caso mio.
Giannino. Mi degnerei di quella borsa anch’io.
Poppone. Eh, so ben che scherzate.
A un conte, a una contessa,
Non mancano denari e pietre belle,
Nè si degnan di queste bagattelle.
Dorina. Se volete provar...
Giannino.   Su via, provate.
Poppone. Che caro cavalier! So che scherzate.

SCENA VIII.

Il Conte, la Contessa e detti.

Conte. Signor, la sposa mia

Vuol senz’altro andar via.
Contessa.   Voglio partire;
Vel son per civiltà venuta a dire.
Poppone. Fermatevi, signora;
Deh, non partite ancora.
Preparato ho per voi qualche cosetta.
A voi l’anello (alla Contessa), e a voi questa borsetta.
Conte. A me denaro? A me tal villania? (a Peppone
Chi credete ch’io sia?

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Mi renderete conto,

Uomo incivil, del replicato affronto. (parte
Contessa. Signor, mi maraviglio.
Chiamomi offesa anch’io:
Un anello non si offre a una par mio. (parte

SCENA IX.

Don Poppone, Dorina, Giannino.

Dorina. Chi son questi superbi?

Poppone. Gente vile.
Giannino.   Non san la civiltà.
Dorina. Ricusar i regali? oh che viltà! I
Chi è nato ben, gradisce.
Giannino. Se un amico offerisce,
Si accetta la finezza.
Dorina. Un regalo così non si disprezza.
Poppone. Sdegnarvi non vorrei;
Per altro offerirei...
Dorina.   No, non mi sdegno:
Accetterò dell’amicizia un pegno.
Poppone. L’anello?... (a Dorina
Dorina.   Obbligatissima. (prende l’anello
Poppone. La borsa?... (a Giannino
Giannino.   Obbligatissimo. (prende la borsa
Poppone. Cavaliere umanissimo!
Dama di cor gentile ed amorevole!
Dorina. Io son grata, signore.
Giannino.   Io son degnevole.
  M’han lasciato in testamento
  Gli avi miei del cinquecento
  Accettar per civiltà
  Tutto quel che venirà.
  Venga poco, venga assai,

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  Ricusar non soglio mai;

  E vorrei, se fossi donna.
  Di mio nonno e di mia nonna
  Eseguir la volontà. (parte

SCENA X.

Don Poppone e Dorina.

Poppone. Gli antenati del conte

Han fatto testamento
Rispettabile certo ai giorni nostri;
Così avessero fatto ancora i vostri.
Dorina. Ma vivere soggetta
Degg’io, seguendo delle nozze il rito,
Sotto le leggi anch’io di mio marito.
Poppone. Dunque, per obbedire
Agli antenati suoi,
Tutto quel che vi dan, prendete voi?
Dorina. Tutto non so. V’è un certo codicillo
Che permette talora il dir di no.
Poppone. Per esempio, se io
Vi donassi un tesor?
Dorina.   L’accetterei.
Poppone. E se v’offrissi il cuor?
Dorina.   Ci penserei.
Dirò, come diceva
In Venezia, sua patria, una ragazza:
“Del vostro cuor cossa voleu che fazza?”
E poi su tal proposito,
Con quelle veneziana sua grazietta,
Gli cantava così la canzonetta.
  Sior omo generoso,
  El cuor vu me offerì?
  Cossa m’importa a mi
  De sto regalo?

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  Co no gh’avè de meggio

  Con mi per farve onor,
  Tolè5 sto mio conseggio,
  No stè a parlar d’amor;
  Tegnivelo, godevelo,
  Salvevelo6, pettevelo7,
  Sior generoso, el cuor.

  El cuor val un tesoro.
  Lo so che me dirè.
  Ma pochi ghe ne xe,
  Che sia sinceri.
  No sta in te le parole
  El merito maggior;
  Ghe xe delle cariole8
  Che gh’à un bell’esterior;
  Tegnivelo, godevelo,
  Salvevelo, pettevelo,
  Che mi no credo al cuor.

  La xe una bella prova
  Per dir che se vol9 ben.
  Quando che zo se vien10
  Coi regaletti.
  La xe una cossa equivoca
  Sto dir: ve porto amor;
  Ma penetra le viscere
  Dell’oro el bel splendor.
  Tegnivelo, godevelo,
  Salvevelo, pettevelo,
  Che no ve vedo el cuor.

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  No l’è certo interesse

  Quello che parla in mi;
  Me fa pensar cussì
  L’usanza sola.
  Se a vu no se ve crede,
  No, no ve fè stupor,
  Che se cognosce e vede
  Dall’opere l’amor.
  Tegnivelo, godevelo,
  Salvevelo, pettevelo,
  Senza le prove el cuor11. (parte

SCENA XI.

Don Poppone, poi Ghiandina.

Poppone. La testa non so più dove ch’io l’abbia.

Cento cose contrarie
Ritrovo ogni momento,
E deluso restare alfin pavento.
Questa mi diè speranza;
Ora cambia linguaggio...

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Ed io, signor, non ve ne abbiate a male,

Io non voglio servire una rivale.
Poppone. Chi v’ha detto?...
Ghiandina.   So io quel che ragiono;
Sorda e cieca non sono.
In fatti, lo confesso da me stessa,
Devo ceder il loco alla contessa.
Poppone. Ma... non è ver...
Ghiandina.   Eh, sì signor, ch’è vero.
Ho veduto, ho sentito;
So dei teneri affetti,
E so che le faceste i regaietti.
Poppone. (Come lo sa?)
Ghiandina.   Però mi maraviglio
Veder da voi cambiata
Una fanciulla in una maritata.
Poppone. (Ha ragione costei).
Ghiandina.   Già ve l’ho detto,
E ve lo torno a dire:
Datemi la licenza; io vuò partire.
Poppone. No, Ghiandina, restate.
Se voi m’abbandonate, io morirò.
Ghiandina. Certo non resterò,
Se voi più non mi amate;
Se voi non licenziate
Una rivale, che mi dà tormento.
Poppone. Vado in questo momento
A licenziarla; a far che vada via.
Non vi vuò disgustar, Ghiandina mia.
  Idol mio, non posso star,
  Io mi sento intenerir
  Quando penso a quel bel volto,
  Che m’ha colto - in mezzo al cor.
  Luci belle, - vaghe stelle,
  Bei rubini - porporini,

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  Latte e rose, - cento cose

  Vorrei dire, e non so dir.
  Idol mio... oh che bellezza!
  Io mi sento intenerir. (parte

SCENA XII.

Ghiandina sola.

Pur mi lusingo, e spero,

Ch’egli mi dica il vero.
Un uomo innamorato
Qualche volta si scorda il primo amore;
Ma torna poi dove ha fissato il core.
  Donne belle, che bramate
  Sian fedeli i vostri amanti;
  Se vi sembrano incostanti,
  Non li state a tormentar.
  Con le buone procurate
  Di ridurli al primo foco;
  Li vedrete a poco a poco
  Nella rete ritornar. (parte

SCENA XIII.

Cantina oscura.

Falco con lume, poi Don Poppone, poi Dorina e Giannino travestiti da Spiriti.

Falco. Ritiratevi pur con questo lume

Là in quell’interno loco, (parla verso la scena
Che don Poppone qui verrà fra poco.
Per dir la verità,
Non ci sto volontieri nemmen io;

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Ma vuol l’impegno mio,

Che s’approfitti un po’ dell’occasione,
Della credulità di don Poppone.
Là dentro v’è il bisogno
D’abiti e d’altre cose necessarie.
Eccolo con il lume,
E seco ha gli strumenti.
Or ora il pazzo vederà i portenti.
(Don Poppone con lume in mano, una zappa e una vanga
Poppone. Siete qui?
Falco.   Sì, signor.
Poppone.   Ma dove sono
I nostri operatori?
Falco. Zitto, son qui di fuori.
Saranno in nostro aiuto.
Questo foglio m’han dato,
In cui sta lo scongiuro registrato.
Poppone. Eran meco sdegnati.
Come si son placati?
Falco.   In grazia mia;
Poi, cavato il tesoro, andranno via.
Poppone. Han per offesa avuto
Il regali della borsa e dell’anello.
Falco. Dell’anel, della borsa,
Voi che n’avete fatto?
Poppone. Li regalai sul fatto
Al conte e alla contessa,
Che trovaronsi là per accidente.
Falco. (Niuno m’ha detto niente.
Ancor non so capire
Chi per conte e contessa intenda dire).
Poppone. E ben12, che s’ha da fare?
Ecco, per iscavare
Portati ho gl’istrumenti.

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Falco. Avete ori ed argenti?

Poppone.   E questi ancora
Portati ho meco.
Falco.   Principiamo or ora.
Dite come dich’io.
Poppone. Mi raccomando a voi.
Falco.   L’impegno è mio.
  Spirti erranti.
Poppone.   Spirti erranti.
Falco.   Del regno di Dite.
Poppone.   Del regno di Dite.
Falco.   Qua comparite... (don Poppone non replica
  Conviene13 seguir.
Poppone.   Un po’ di paura
  Mi sento venir.
Falco.   Coraggio.
Poppone.   Coraggio.
(a due   Conviene soffrir.
Falco.   Qua comparite.
Poppone.   Qua comparite...
Falco.   Al mio cospetto.
Poppone.   Al mio cospetto...
Falco.   Con orrido aspetto.
Poppone.   Con orrido... oimè!
Falco.   Tremate?
Poppone.   No, no.
Falco.   Coraggio.
Poppone.   Coraggio.
 Timore non ho.
(dentro la grotta si sente strepito di catene
Falco.   Sentite le catene?
  Lo spirito sen viene.
Poppone.   Ti-ti-mor non ho. (tremando
Falco.   Coraggio.

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Poppone.   Coraggio.

(a due   Timore non ho.
Falco.   Il diavolo s’appressa.
Poppone.   Che non s’accosti qua.
Falco.   E vi è la diavolessa.
Poppone.   Sì brutta non sarà.
(escono Dorina e Giannino travestiti
Falco.   Cava, cava, don Poppone.
Poppone.   Oh che brutto diavolone!
Falco.   Cava, cava la cantina.
Poppone.   Oh che bella diavolina!
Falco.   Principiate a lavorar.
Poppone.   Questo qui nol vuò mirar.
Falco.   Via, cavate, - seguitate
  La lezion che s’ha da far.
(don Poppone cava la terra
  Tutti.
  Farfarello,
  Gambastorta,
  Porta, porta
  Il mio tesoro, (mentre don Poppone batte la zappa

Dorina.
Giannino.
a due

Oro. oro.

Falco.   Ai spirti dell’oro

  Conviene offerir.
Poppone.   Dell’oro... gnor sì...
  Piuttosto di qui. (lo dà a Dorina
Falco.   Cavate, battete.
Giannino.   Monete, monete. (battendo don Poppone
Poppone.   Oh misero me!
Dorina.   Porgetele a me.
Falco.   Cavate il tesoro.
Giannino. Dell’oro, dell’oro. (battendolo come sopra

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Poppone.   Non più, per pietà.

Dorina.   Porgetelo qua.
Falco.   Seguite a cavar.
Poppone.   Non posso durar.
Giannino.   Dell’oro per me. (come sopra
Poppone.   Se più non ce nè!

Falco.
Giannino.
Dorina.
a tre

Se l’oro è finito,
    L’incanto compito
    Per ora sarà.

Poppone.   Ma dov’è il tesoro?
Giannino.
Dorina.
Falco.
a tre

Vedetelo qua. (spengono il lume

Poppone.   Oimei, oimei!

  Falco, ove sei?
Li tre   Gambastorta, Farfarello,
  Via conduci il pazzarello.
Poppone.   Falco, Falco.
Li tre Via di qua lo strascinate.
Poppone. Falco, Falco, per pietà.
Li tre   Se non dice, evviva l’orco,
  Bastonato come un porco
  Don Poppone si vedrà.
Poppone.   Viva l’orco.
  Tutti.
  Viva l’orco, e l’orca anch’essa;
  E la bella diavolessa
  Il tesor si goderà.
  Diavoli qua.
  Diavoli là.
  La diavolessa contenta sen va.


Fine dell'Atto Secondo.


Note

  1. Zatta: Vuol la convenienza.
  2. Zatta: egli.
  3. Zatta: È mio marito.
  4. Zatta: quando.
  5. Prendete, accettate.
  6. Custoditevelo (Malamani)
  7. Tenetecelo attaccato: detto volgare. V. vol. XVI, 396 e XX, 51 e XXII. 143.
  8. Tisicuzzi. Cariòla dicesi anche di uomo ammalaticcio e cagionoso che mal si regge in piedi" (Boerio): da carie.
  9. Zatta: vuol.
  10. Si comincia e seguita (Malamani).
  11. Nella prima stampa (ed. Geremia, 1755) tutti i versi della seconda metà di questo canto, da La xe una bella prova, sono virgolati.
  12. Zatta, per errore: Ebbene.
  13. Zatta: convien.