La diavolessa/Atto III
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ATTO TERZO.
SCENA PRIMA.
Camera.
Il Conte e la Contessa.
Tal onta a una mia pari?
Simulare non vuò tale strapazzo.
Conte. Ma noi vedete? don Poppone è un pazzo.
Contessa. No, no, tal non lo credo;
Sanamente lo vedo
Oprar in altre cose. Un qualche inganno
Che vi sia, convien dire;
E prima di partir mi vuò chiarire.
Conte. Certo, per dire il vero,
Egli ci ha fatto un trattamento tale,
Che giudicar dobbiamo,
Che non creda che siam quelli che siamo.
Contessa. Vuole il decoro nostro,
Che prima di partir si disinganni,
E sappia qual conviene
Rispettar una dama.
Conte. Eccolo, ei viene.
SCENA II.
Don Poppone e detti.
Ancora siete qui?
Conte. Come parlate?
Poppone. Sento sul dorso ancor le bastonate.
Per chi voi ci credete?
Poppone. Per due, che amici siete del demonio,
E son le spalle mie buon testimonio.
Conte. Voi parlate da stolto.
Contessa. O siete tale,
O di cantina il vin v’ha fatto male.
Poppone. Sì, appunto la cantina
Mi ha fatto mal, m’impegno:
Non col vino, però, ma con il legno.
Conte. Che ragionare è il vostro?
Poppone. 10 In due parole:
O fate che il demonio
Rendami i miei denari trappolati,
O voi sarete al giudice accusati.
Contessa. Eh, portate rispetto
Al conte Nastri e alla contessa sposa.
Poppone. Al conte e alla contessa
Io son buon servitore.
Ricevo per onore
Le grazie che mi fanno,
E voi andate via con il malanno.
Conte. Come! Chi siamo noi?
Contessa. Ci conoscete?
Poppone. Vi torno a dir, che due stregoni siete.
Conte. Non son io il conte Nastri?
Poppone. Voi?
Contessa. Non sono
Dunque io la contessa?
Poppone. Voi?
Conte. Da Roma
Non mi raccomandò l’amico?
Poppone. Voi?
Contessa. Non c’invitaste in casa vostra?
Poppone. Voi?
Se dubbio alcun vi resta,
Dell’amico comune ecco più fogli.
(dà alcuni fogli a don Poppone
Contessa. Siete in errore, o vi prendete spasso?
Ci conoscete voi?
Poppone. Resto di sasso. (dopo aver letto
Conte. Che dite di stregoni?
Contessa. Che dite di denar?
Conte. Perchè offerirmi
Una borsa vilmente?
Contessa. A me offerire
Un anello perchè?
Poppone. Non so che dire.
Un equivoco è stato...
So che fui bastonato...
Dunque saran quegli altri... E come mai?
Vi domando perdono; io m’ingannai.
Com’è stata, dir non so;
Ma chiarire mi saprò.
Aspettate... non vorrei...
Perdonate... non saprei...
A chi credere dovrò?
Dubitar posso di voi;
Dubitar posso di loro.
Sono incerto del tesoro.
Tutto dice sì e no.
Quel ch’è certo e indubitato,
È che m’hanno bastonato,
E tesori più non cavo,
Ed il bravo - più non fo.
SCENA III.
Il Conte e la Contessa.
Conte. Io lo previdi,
Che il facea delirar qualche pazzia.
Contessa. Prima ch’altri ci turbi, andiamo via.
Conte. Senza veder nemmeno
Napoli, che a goder venuti siamo?
Contessa. A Roma ritorniamo.
Vedo che il fato al mio piacer contrasta.
Ho goduto finor tanto che basta.
Più bel diletto
Sperar non oso,
Oltre l’affetto
Del caro sposo,
Che a me fedele
Conservi il cor.
Torniamo, o caro,
Nel patrio nido,
Che ’l dubbio amaro,
Che siete infido,
Rende crudele
Lo stesso amor. (parte
SCENA IV.
Il Conte solo.
Non è piccolo imbroglio
Quello in cui m’ho trovato.
Vissi finor beato,
Fido alla sposa mia nel mio paese;
Perchè perder la pace a proprie spese?
Allor quando si prova;
Qualche disastro giova
Le brame a moderar.
A stabilir si viene
Il cor nella sua pace,
Se può d’un mal che piace
L’inganno ravvisar. (parie
SCENA V.
Dorina, Giannino e Ghiandina.
Andarvene dovrete, e forse in pena
Della vostra malizia,
Render conto dovrete alla giustizia.
Giannino. Io non so che vi dite.
Dorina. Io non so nulla.
Ghiandina. Che innocente fanciulla! (a Dorina
Che giovane dabbene! (a Giannino
Da ridere mi viene. Il signor conte,
La signora contessa.
Il diavolone con la diavolessa!
Il povero padrone assassinato,
Rubato, bastonato.
Tutto vidi dall’uscio di cantina.
Giannino. Abbiateci pietà, cara Ghiandina.
Dorina. Falco n’è la cagione.
Ghiandina. Lo so che quel briccone l’ha ingannato;
Ma sarà, come merta, castigato.
Dorina. Ma voi, come c’entrate?
Ghiandina. Ci ho da entrare
Più assai che non credete,
Poichè, se nol sapete,
Ma del padrone diverrò consorte.
Sì, signori, così è,
Il padron mi sposerà.
Il padrone premierà
Il mio amore e la mia fè.
E voi altri cabaloni,
Che faceste gli stregoni.
Partirete via di qua.
Il briccone-diavolone,
La contessa-diavolessa,
Al padron la pagherà. (parte
SCENA VI.
Dorina e Giannino.
Dorina. Io per vostra cagion son rovinata.
Giannino. Per me?
Dorina. Certo per voi;
Siam giunti al precipizio,
Per il vostro pochissimo giudizio.
Giannino. Qua venir non volea...
Dorina. Senza denari,
Che s’aveva da far? Voi mi faceste
Fuggir di casa mia.
Se la miseria vostra
Avessi peveduta,
No, certamente, non sarei venuta.
Giannino. L’ho fatto per amor.
Dorina. Che bell’amore!
Si perderà l’onore,
Si perderà la libertà e la vita.
Rimediarci convien.
Giannino. Come?
Al meglio che si può da disperati.
Giannino. Fuggirem tutti due.
Dorina. Ma separati.
Giannino. Separati perchè?
Dorina. Perchè mi basta
Quel che finora ho seco voi passato.
Giannino. Misero, disgraziato!
Dorina. Oh povera Dorina 1
Giannino. Sono in disperazion.
Dorina. Sono in rovina.
SCENA VII.
Falco e detti.
Giannino. Siamo qui precipitati.
Dorina. Voi ci avete del tutto assassinati.
Falco. Buone nuove vi reco.
Giannino. Se vi trovano,
Le nuove anche per voi saran cattive.
Falco. Questo foglio leggete. (a Giannino
Giannino. E chi lo scrive?
(prendendo il foglio
Falco. Leggete, e sentirete
Che il vostro genitore
Vi ha fatto il bel favore,
Per rendervi giocondo,
Di andarsene di trotto all’altro mondo.
Dorina. È morto il padre suo?
Falco. Certo, certissimo.
Dorina. Giannino, è ver?
Giannino. Dorina mia, è verissimo.
Dorina. Dunque mi sposerete,
Dunque mi condurrete
Giannino. Lasciatemi per or piangere un poco.
(siede in alto di piangere
Falco. Lasciate che si sfoghi il poveretto;
La natura vorrà fare il suo effetto.
Mi consolo con voi; ma vado subito
A trovar don Poppone.
Aggiustarla conviene;
Rendergli le monete a lui levate,
E chieder scusa delle bastonate.
Dorina. Come si potrà far?
Falco. Non ci pensate.
Anch’in questo l’impegno a me lasciate.
Veleggiar secondo il vento
Noi dobbiam nel nostro mare,
E la bussola adoprare
Se a seconda non si va.
Ho una testa - che tempesta,
Non paventa in mezzo all’onda.
Si confonda - chi non ha
La mia grande abilità. (parie
SCENA VIII.
Dorina e Giannino.
Che tutto anderà bene, il mio Giannino.
Giannino. Povero padre: è morto il poverino!
(stando mesto a sedere
Dorina. Cosa volete far? Chi è morto, è morto.
Prendiamoci conforto
Dallo sperar, come sperar conviene,
Che alfin le cose nostre anderan bene.
Giannino. Non mi posso dar pace. (come sopra
Dorina. Egli era vecchio,
E doveva morir.
Giannino. Mio padre è andato, (come sopra
Dorina. Anch’io, quando rammento
Mia madre che per voi ho abbandonata,
Son tutta appassionata,
Ma mi consolo al mio Giannino appresso,
E dovreste per me fare lo stesso.
Giannino. O povero mio padre,
Che tanto buono fu!
È morto il poverino,
E non lo vedrò più.
(Mentre Giannino canta ciò con mestizia, Dorina l'ascolta un poco, e poi bel bello s’allontana, e va a sedere sopra un’altra sedia.
Dorina. Oh povera mia madre,
Vuol tanto bene a me!
Ed io l’ho abbandonata;
E non la vedrò, oimè.
(Giannino, sentente che Dorina si lamenta, s’alza, s’accosta, ed ella seguita. Egli si allontana un poco; ed ella s’alza, e si vanno bel bello accostando.
Giannino. Oh povero mio padre!
Dorina. Oh povera mia madre!
Giannino. Che tanto buono fu.
Dorina. Vuol tanto bene a me.
Giannino. È morto il poverino.
Dorina. Più non la vedo, oimè.
Giannino. È morto mio padre. (guardando Dorina
Dorina. Non vedo mia madre. (guardando Giannino
(a due Ed io cosa farò?
Non lo so, non lo so.
Giannino. Dorina, mia cara. (con tenerezza
Dorina. È morta mia madre. (mostrando di scacciarlo
Giannino. Ed io piangerò.
Giannino. È morto mio padre. (mostrando scacciarla
Dorina. Ed io creperò.
(a due Crepare perchè?
Rimedio non c’ è.
Tu, caro tesoro,
Puoi darmi ristoro,
Mi puoi consolar.
Giannino. Tu sarai la mia mammina.
Dorina. Tu sarai mio papà bello.
Giannino. Crudelaccia, malandrina.
Dorina. Furbacchiotto, ladroncello.
(a due Tu m’hai fatto sospirar.
a due | Non più dolore, |
SCENA IX.
Sala terrena.
Don Poppone e Falco.
Il conte e la contessa,
E poi la diavolessa,
L’oro che mi han carpito,
E cento baronate,
E quel che importa più, le bastonate?
Falco. In quanto al conte Nastri, fu un errore.
Voi prendeste, signore,
Senza che in ciò colpa ne avesse alcuno.
Circa l’oro, che dite
Dal diavolo rapito,
Sarà restituito; e in quanto poi
Al complimento delle bastonate,
Basterà che una scusa riceviate.
Poppone. La scusa non mi serve
Per levarmi il dolor, che ancora sento;
Che mi rendano l’oro, e son contento.
Falco. Ora verranno i maghi
A far l’operazione
Per la restituzione.
Poppone. No, non voglio;
Piuttosto glielo dono.
Falco. Non temete, signor, che amici sono.
SCENA ULTIMA.
Tutti.
Falco. Eccoli qua.
Poppone. Grazie alla vostra
Benignità.
Dorina. Giannino. Falco. |
a tre | Contento siete? |
Felicità.
Dorina. Giannino. |
a due | Voi siate testimonio |
Vien qua, bell idol mio. (a Ghiandina
Ghiandina. Ghiandina a voi s’appressa.
Giannino. E con la diavolessa
Giannino s’unirà.
Poppone. Tutto va bene.
Tutte le cose
Sono aggiustate.
Le bastonate
Chi pagherà?
TUTTI.
Chi ha avuto, ha avuto,
Questo si tace.
Ciascun la pace
Si goderà.
Liete già sono
Serva e contessa.
La diavolessa
Lieta sen va.
Fine del Dramma.