La cucina futurista/i pranzi futuristi determinanti
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i pranzi futuristi
determinanti
La cucina futurista si propone non soltanto una rivoluzione completa nell’alimentazione della nostra razza, allo scopo di alleggerirla, spiritualizzarla e dinamizzarla.
La cucina futurista si propone inoltre, mediante l’arte di armonizzare le vivande futuriste, di suggerire e determinare gl’indispensabili stati di animo che non si potrebbero suggerire e determinare altrimenti.
Abbiamo combinato dei programmi di pranzi che noi chiamiamo SUGGESTIVI E DETERMINANTI.
pranzo eroico
invernale
Dei combattenti che debbono alle 3 del pomeriggio di Gennaio montare in autocarro per entrare in linea di fuoco alle 4, o salire in volo per bombardare città o contrattaccare stormi nemici, cercherebbero invano una preparazione perfetta nel bacio doloroso di una madre, di una sposa, dei figli o in lettere appassionate.
Una passeggiata sognante è ugualmente inadatta. Inadatta la lettura di un libro ameno.
Si mettano invece questi combattenti a tavola, dove verrà servito un «pesce coloniale al rullo di tamburo» e della «carne cruda squarciata dal suono di tromba».
PESCE COLONIALE AL RULLO DI TAMBURO: cefalo bollito infuso per 24 ore in una salsa di latte, rosolio, capperi e pepe rosso. Al momento di servirlo sarà aperto e imbottito di conserva di datteri intersecata da dischetti di banana e fette di ananas. Verrà mangiato al rullo continuato di un tamburo.
CARNE CRUDA SQUARCIATA DAL SUONO DI TROMBA: tagliare un perfetto cubo di carne bovina. Spillonarlo di correnti elettriche, tenerlo 24 ore infuso in una miscela di rhum, cognac e vermuth bianco. Estrattolo dalla miscela, servirlo su un letto di pepe rosso, pepe nero e neve. Masticare accuratamente per un minuto ogni boccone, dividendoli uno dall’altro da irruenti note di tromba soffiate dallo stesso mangiatore.
Al momento del Peralzarsi vengono serviti ai combattenti dei piatti di cachi maturi, melagrane e aranci rossi. Mentre questi scompaiono nelle bocche, saranno sparsi nella sala, con spruzzatori, dei soavissimi profumi di rosa, gelsomino, caprifoglio e gaggia, la cui dolcezza nostalgica e decadente sarà brutalmente rifiutata dai combattenti che si porranno con fulmineità la maschera contro i gas asfissianti.
Al momento di partire ingurgiteranno lo Scoppioingola, duroliquido costituito da una pallottola di formaggio parmigiano macerato nel marsala.
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pranzo estivo
di pittura-scultura
Dopo un lungo periodo di riposo, un pittore o uno scultore che desideri riprendere la sua attività creatrice alle 3 del pomeriggio estivo, vanamente tenterebbe di eccitare la propria ispirazione in un pranzo succolento-tradizionale.
Appesantito, dovrebbe passeggiare per digerire e tra inquietudini e pessimismi cerebrali finirebbe per consumare la giornata bighellonando artisticamente senza creare dell’arte.
Gli sia invece servito un pranzo di puri elementi gastronomici: una zuppiera di buona salsa di pomodoro, una grande polenta gialla, un mucchio d’insalata, verde non condita e fuori piatto, una fondina piena d’olio d’oliva, una fondina piena di aceto forte, una fondina piena di miele, un grosso mazzo di ravanelli rossi, un mucchio di rose bianche con relativi gambi spinosi.
A caso, senza posate, e disobbedendo continuamente alle abitudini affioranti nei nervi, si sfami mentre guarda il quadro del «Giuocatore di calcio» di Umberto Boccioni.
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pranzo parolibero
primaverile
La traversata di un giardino primaverile fra i dolci fuochi di un’aurora piena di timidezze infantili, ha dato a tre giovani, vestiti di lana bianca e senza giacca, un’ansietà tra letteraria ed erotica che non può appagarsi di una colazione normale.
Si mettano quindi a tavola all’aperto sotto un pergolato che lascia passare le dita calde del sole.
Non caldo, ma tiepido sia servito subito un piatto sinottico-singustativo di peperoni, aglio, petali di rose, bicarbonato di soda, banane sbucciate e olio di fegato di merluzzo, equidistanti.
Mungeranno tutto? Ne assaggeranno delle parti?
Ne intuiranno i rapporti fantastici senza assaggiare neanche? A volontà!
Doverosamente mangeranno, dopo, una scodella di tradizionali tortellini in brodo. Ciò farà sì che il loro palato spicchi subito il volo cercando nel piatto sinottico-singustativo un’indispensabile nuova armonia.
Formeranno subito un rapporto metaforico inusitato tra i peperoni (simbolo di forza campestre) e l’olio di fegato di merluzzo (simbolo di mari nordici feroci e necessità curative di polmoni malati). Provino allora a intingere il peperone nell’olio di fegato di merluzzo. Ogni spicchio di aglio sarà intanto accuratamente avvolto nei petali di rosa dalle dita stesse dei tre convitati che si distrarranno così ad accoppiare poesia e prosa. Il bicarbonato di soda a disposizione costituirà il verbo all’infinito di tutti i problemi alimentari e digestivi.
Ma il tedio e la monotonia potrebbero nascere dopo che i palati avessero gustato l’aglio alla rosa. Entri allora la contadinotta ventenne e grassa, recando fra le braccia una grande bacinella piena di fragole nuotanti nel Grignolino ben zuccherato. I giovani l’inviteranno, con alte parole in libertà fuori di ogni logica e direttamente espresse dai nervi, perchè scodelli al più presto. Direttamente sulle teste la contadinotta scodellerà. S’ingegnino loro finalmente a mangiare, leccare, bere, smacchiarsi, rissando sulla tavola con aggettivi illuminanti, verbi chiusi fra due punti, rumorismi astratti, urli animaleschi che sedurranno tutte le bestie della primavera, ruminanti, russanti, borbottanti, fischianti, raglianti e cinguettanti in giro.
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pranzo musicale
autunnale
In una capanna da cacciatori seminascosta in un bosco verdeazzurrodorato, due coppie si siedono ad una tavola rozza formata di tronchi di quercia.
Il rapido crepuscolo sanguigno agonizza sotto le enormi pancie delle tenebre come sotto piovosi e quasi liquidi cetacei.
Aspettando la contadina-cuoca, sulla tavola ancora vuota passerà, unico alimento, il fischio che il vento infila nella serratura della porta, alla sinistra dei mangiatori.
Duellerà con quel fischio il gemito lungo pure affilato di un suono di violino, stiracchiato nella camera di destra dal figlio convalescente della contadina.
Poi, silenzio di un minuto. Poi, due minuti di ceci nell’olio e aceto. Poi, sette capperi. Poi, venticinque ciliege allo spirito. Poi, dodici patatine fritte. Poi, un silenzio di un quarto d’ora durante il quale le bocche continuino a masticare il vuoto. Poi, un sorso di vino Barolo tenuto in bocca un minuto. Poi, una quaglia arrostita per ciascuno dei convitati da guardarsi e annusare intensamente senza mangiare. Poi, quattro lunghe strette di mano alla contadina-cuoca e via tutti nel buio vento pioggia del bosco.
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pranzo notturno
d’amore
Terrazza di Capri. Agosto. La luna a picco scodella abbondante latte cagliato sulla tovaglia. La bruna mammelluta e naticuta cuoca caprese entra recando un enorme prosciutto sopra un vassoio e dice ai due amanti allungati nelle due sedie a sdraio e incerti se riprendere le fatiche del letto o iniziare quelle della tavola:
— «è un prosciutto che contiene un centinaio di carni diverse di maiali. Per addolcirlo però e liberarlo dall’asprezza e dalla virulenza originale l’ho tenuto infuso per una settimana nel latte. Vero latte, non quello illusorio di luna. Mangiatene abbondantemente».
I due amanti divorano metà del prosciutto. Seguono le grandi ostriche, ognuna con undici gocce di Moscato di Siracusa nella sua acqua marina.
Poi un bicchiere di Asti Spumante. Poi il Guerrainletto. Il letto, vasto e già pieno di luna, affascinato, viene loro incontro dal fondo della stanza aperta. Entreranno quindi in letto alzando nel piccolo bicchiere il centellinato Guerrainletto composto di sugo di ananas, uova, cacao, caviale, pasta di mandorle, un pizzico di pepe rosso, un pizzico di noce moscata e un chiodo di garofano: il tutto liquidato nel liquore Strega.
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MARINETTI
pranzo turistico
(realizzato per la Mostra circolante futurista Parigi - Londra - Bruxelles - Berlino - Sofia - Istambul - Atene - Milano).
Lista delle vivande:
1. Pré sale aux petits pois, circondato di risotto allo zafferano.
2. Rost-beef circondato da lacumie e Hallaua.
3. Salsicce nuotanti nella Birra spolverata di pistacchi cristallizzati.
4. Spremuta di fragole da bersi sulle frittelle all’olio.
5. Pozzi di miele e pozzi di vino dei Castelli romani alternati in una pianura quadrata di poltiglia di patate.
6. Pesche con il cuore di vino dolce toscano chiuso, che nuotino in un mare di cognac.
7. Anguilla marinata imbottita di minestrone alla milanese gelato e di datteri imbottiti alla loro volta di acciughe.
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MARINETTI
pranzo ufficiale
Il pranzo ufficiale futurista evita i gravi difetti che inquinano tutti i banchetti ufficiali:
Primo: il silenzio imbarazzato derivante dalla nessuna armonia preesistente tra i vicini di tavola.
Secondo: la riservatezza dei dialoghi, dovuta all’etichetta diplomatica.
Terzo: la musoneria prodotta dai problemi mondiali insolubili.
Quarto:l’astio delle frontiere.
Quinto: il tono basso scialbo funebre banale delle vivande.
Nel pranzo ufficiale futurista, che deve svolgersi in un ampio salone decorato da enormi pannelli di Fortunato Depero, dopo una distribuzione rapida di polibibite e traidue, prende la parola, senza alzarsi, lo Sganasciatore, convitato non appartenente a nessun corpo diplomatico e a nessuna politica, ma scelto tra i più intelligenti e più giovani parassiti dell’aristocrazia e noto per la sua conoscenza totale di tutte le barzellette oscene.
Lo Sganasciatore, regolandosi sul più o meno alto grado di musoneria da combattere, dirà bito a mezza voce tre barzellette oscenissime senza abbandonarsi però a sguaiatezze. Una volta partito da un capo all’altro della tavola il fuoco di fila delle risate dei commensali, verrà servita una sbobba di semolino tapioca e latte in zuppiera da convento per deridere e fugare ogni diplomazia e ogni riservatezza. Seguono:
1) «Gli antropofagi s’inscrivono a Ginevra »: un piatto di varie carni crude da tagliarsi a volontà e condirsi intingendone i pezzi nelle piccole scodelle offerte di olio, aceto, miele, pepe rosso, zenzero, zucchero, burro, risotto allo zafferano, vecchio barolo.
2) «La Società delle Nazioni»: salamini neri e cannoncini di cioccolato nuotanti in una crema di latte, uova e vaniglia. (Questa vivanda sarà assaporata mentre un negretto dodicenne, predisposto sotto la tavola, solleticherà le gambe e pizzicherà le natiche delle signore).
3) «II solido trattato»: castello multicolore di torrone con all’interno piccolissime bombe di balestite che scoppieranno a tempo profumando la sala del tipico odore delle battaglie.
Al Peralzarsi il Direttore del pranzo ufficiale entrerà e con molte scuse cerimoniose pregherà di aspettare l’arrivo da tempo annunciato, ma sempre ritardato da ingombri e disastri automobilistici e da deragliamenti ferroviari, di una frutta paradisiaca scelta sull’Equatore, e del lato disgraziatamente tanto architettato che crollò poco prima in cucina.
I commenti, le ironie e le beffe, che accoglieranno le scuse del Direttore, saranno appena diminuite di tono che eccolo ancora sulla soglia, lui il Direttore, a ripetere le sue scuse. Così per la durata di mezz’ora.
Allora entrerà, invece della frutta miracolosa, il solito ubriaco pescato nei bassifondi la notte stessa e portato di forza nella sala del banchetto ufficiale.
Logicamente domanderà da bere ancora. Gli sarà elargita una scelta dei migliori vini italiani, qualità e quantità, a una condizione però: che parli per due ore delle possibili soluzioni del problema del disarmo, della revisione dei trattati e della crisi finanziaria.
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MARINETTI
pranzo di nozze
I pranzi di nozze comuni sotto la loro apparente e ostentata festosità nascondono mille preoccupazioni: se sì o no sarà felice l’accoppiamento, dai punti di vista intellettuale, carnale, prolifico, carrieristico, economico.
Tutti lanciano augurî come si mollano razzi con la paura alla punta delle dita e della lingua.
La suocera si sventola addosso febbrilmente complimenti, consigli, occhiate pietose e sguardi di falsa gioia. La vergine è già nelle braccia degli angeli. Lo sposo, ben pettinato, è sott’olio. I cugini, sotto aceto. Le amiche della sposa, tutte spazzole, pettini e spilli d’invidia.
I marmocchi si rimpinzano di confetti e ruzzolano sui fiori d’arancio del vestito nuziale.
Nessuno può mangiare nè assaporare le vivande poiché essendo tutti nell’instabile, ripugna loro lo stabilizzare il palato e lo stomaco.
Regni quindi sul pranzo un equilibrismo che risponda all’equilibrismo degli stati d’animo.
Una zuppiera di magnifica minestra da tutti conosciuta e amata (riso, fegatini e fagioli in brodo di quaglie) sia recata in alto su tre dita dal cuoco stesso saltante sulla gamba sinistra. Giungerà o non giungerà? Forse si rovescierà e le macchie sul vestito nuziale correggeranno opportunamente l’insolente e poco fortunoso candore eccessivo.
Si proceda allo smacchiamento con l’aiuto di tutti. Lo sposo rimanga calmo: sarà lui che, uscito un istante, rientrerà con un vassoio, carico di risotto alla milanese con lo zafferano e abbondanti tartufi color peccato, portato in bilico sulla testa. Se questa vivanda, nel rovesciarsi anch’essa, ingiallirà il vestito nuziale come una duna africana, sarà tanto di guadagnato sul tempo mediante uno scorcio di viaggio imprevisto.
Saranno serviti allora dei funghi trifolati, pomposamente elogiati dal solito cacciatore maniaco:
— «li ho raccolti io stesso tutti, tra una pernice e una lepre, nei boschi pistoiesi inzuppati di pioggia. Sono funghi di ogni specie, eccettuata quella velenosa... A meno che la mia miopia mi abbia giuocato un brutto scherzo. Ad ogni modo sono così ben cucinati che vi consiglio di addentarli audacemente. Io non esito, pur temendone alcuni qui dentro assolutamente mortali».
Scoppia naturalmente una gara eroica.
— «Sono tanto buoni» — dice la sposa.
— «Non hai paura, amore?»
— «Li temo meno dei tuoi probabili tradimenti, brutto!»
Allora, certo un po’ presto, si mette a urlare tenendosi la pancia il solito bellimbusto di tutti i pranzi di nozze. Farà finta di soffrire o realmente sarà torturato da dolori di origine misteriosa lontana o vicina?
Poco importa. Tutti ridono. Molti divorano i funghi. Il cuoco, entrando inferocito, dà le sue dimissioni perchè offeso mortalmente dai sospetti e non dai funghi che sono innocentisssssssimi, verificatisssssssimi .
Segue un Fernet per tutti. Ma, sempre sotto l’eloquenza del cacciatore, vengono servite lepri e pernici cotte nel vino drogato. Ha confezionato lui stesso in cucina questa vivanda formata con la poltiglia di altre pernici quasi fradice e macerate con le vecchie robiole nel rhum. Vivanda da cacciatori.
Intontiti dalle parole, inebriati dal soavissimo profumo di cloaca soave, i convitati ne mangiano abbondantemente, inaffiandolo con barbera e barolo.
Riprende il cacciatore:
— «Fra tutte queste pernici, la più grossa, quella lì, mi è costata un inseguimento di dieci chilometri. Da un costone all’altro, nella stessa vallata, mi toccò scendere fino in fondo al torrente e risalire. Ne riconoscevo ogni volta le belle penne rossastre. Ora è finalmente ferma, cioè sembra viva, si muove forse ancora».
— «Per virtù ambulante dei vermi, si muove » — aggiunge il bellimbusto.
Lungo gelo nei commensali, che sostituisce il solito gelato inadatto, d’altra parte, agli stomaci ora tanto accaldati da equilibrismi di felicità, funghi allarmanti e pernici dinamiche.
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MARINETTI
pranzo economico
1) «L’agreste assoluto»: mele cotte nel
forno, poi imbottite di fagioli lessati in un mare
di latte.
2) «Fattaccio campestre»: melanzane cotte nel pomodoro, poi imbottite di acciughe e servite sopra un letto per metà formato di poltiglia di spinaci e per metà di poltiglia di lenticchie.
3) «Peperone urbanista»: grandi peperoni rossi che chiudono ognuno una poltiglia di mele cotte avvolta in foglie di lattuga zuccherata.
4) «Bosco inondato al tramonto»: indivia cotta nel vino, cosparsa di fagioli lessati e inzuccherati.
Questo pranzo va degustato mentre un abile declamatore farà esplodere le liriche umoristiche del Poeta-Record Nazionale Farfa, imitandone la tipica voce di miope tubo di scappamento.
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MARINETTI
pranzo di scapolo
La cucina futurista si propone di evitare i difetti
che distinguono i pranzi di scapoli:
1) La solitudine antiumana che fatalmente pompa una parte delle forze vitali dello stomaco.
2) Il silenzio carico di pensiero meditante che ammorba e impiomba le vivande.
3) La mancanza di carne umana viva e presente che è indispensabile per mantenere il palato dell’uomo confinato nella zona delle carni animali.
4) L’inevitabile acceleramento del ritmo delle mandibole che fuggono la noia.
In una sala, decorata con aeropitture e aerosculture dei futuristi Tato, Benedetta, Dottori e Mino Rosso, sopra una tavola le cui quattro gambe saranno costituite da fisarmoniche, vengano presentate, in tinnuli piatti orlati di campanelli, delle vivande-ritratti:
1) «Vivanda-ritratto biondo»: un bel pezzo di vitello arrosto scolpito con due pupille lunghe d’aglio in uno scapigliamento di cavoli triturati e bolliti e lattughina verde. Orecchini a pendaglio di ravanellini rossi intrisi nel miele.
2) «Vivanda-ritratto dell’amico bruno»: gote ben modellate di pasta frolla — baffi e capelli di cioccolato — grandi cornee di lattemiele — pupille di liquerizia. Una melagrana spaccata per bocca. Bene incravattato di trippa in brodo.
3) «Vivanda-ritratto della bella nuda»: in una bacinella di cristallo, ripiena di latte appena munto, due cosce di cappone lesso, il tutto cosparso di petali di viola.
4) «Vivanda-ritratto dei nemici»: sette cubi di torrone di Cremona, ognuno con sopra un piccolo pozzo di aceto e su una parete appeso un grosso campanello.
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pranzo oltranzista
Per questo pranzo in cui non mangeranno, ma si sazieranno soltanto di profumi, i convitati siano digiuni da due giorni. Sarà servito in una villa costruita appositamente da Prampolini (su concezione di Marinetti), sopra una lingua di terra che divida il più lacustre dei laghi, tardo pigro solitario putrefatto, dal più ampio e marino dei mari.
Le porte-finestre, apribili elettricamente mediante tastiera sottoposta alle dita dei convitati, dànno: la prima sulla massa degli odori del lago, la seconda sulla massa degli odori di un granaio e relativo serbatoio di frutta, la terza sulla massa degli odori del mare e relativa pescheria, la quarta sulla serra calda e relativo girotondo di piante odorifere rare scorrenti su binari.
Sera d’Agosto. Massima intensità dei profumi del paesaggio circondante, mantenuti fuori dalle finestre sbarrate come le chiuse di un canale.
Gli undici convitati (5 donne, 5 uomini e un neutro) hanno ciascuno un piccolo ventilatore a mano con cui ricacciare a volontà l’odore goduto nell’angolo munito di un potente aspiratore. Prima dell’inizio del pranzo i convitati declamano «L’elogio dell’autunno» del poeta futurista Settimelli e «Intervista con un Caproni» del poeta futurista Mario Carli. Nella lunghezza di una tavola in forma di parallelepipedo sbucano, scorrendo automobilmente, scomparendo e ricomparendo:
1) un complesso-plastico munito di vaporizzatore con la forma e l’odore di un castello di risotto alla milanese battuto da un mare di spinaci crestati di crema;
2) un complesso-plastico munito di vaporizzatore con la forma e l’odore di una nave di melanzane fritte cosparse di vaniglia, gaggie e pepe rosso;
3) un complesso-plastico munito di vaporizzatore con la forma e l’odore di un lago di cioccolata che stringe un isolotto di peperoni imbottiti di marmellata di datteri.
I tre complessi-plastici vaporizzanti si fermano di botto all’irruzione nella sala di tre sguatteri inguainati di seta bianca e alto berretto bianco lucente, che urlano:
— «siete i padroni, ma anche mascalzoni. Vi decidete o non vi decidete a mangiare le vivande raffinatissime preparate da noi, grandi artisti? Finitela di cincischiare o vi prendiamo tutti a calci».
Il neutro trema come un sismografo speranzoso.
Via.
Un fragoroso scampanellamento di 5 minuti.
Una pausa di silenzio concessa all’invadente polichiacchierìo e quaccherologia delle rane lacustri che accompagneranno l’apertura lenta della porta-finestra premuta dagli odori di erbe marce, di vecchi giunchi bruciati, venati di ammoniaca e con un ricordo di acido fenico. Tutti i convitati rivolgono i ventilatori a mano come scudi contro la porta-finestra lacustre.
Allora si spalanca la porta-finestra del serbatoio delle frutta e quattro odori (il primo di mele, il secondo di ananas, il terzo di uva moscata e il quarto di carrubi) si precipitano nella sala divenuta inodore. Sfugge un nitrito al convitato neutro, ma subito irrompe dall’altra portafinestra il mare con cento guizzi e anguillamenti di odori salini; con visioni di immensi golfi schiumosi e tranquille rade verdi fresche all’alba.
Guaisce il convitato neutro:
— «Almeno dodici ostriche e due dita di marsala».
Ma la frase viene cancellata insieme col mare e relativa argentea pescheria da prepotenti profumi di rose talmente curvilinei e carnosi che le undici bocche, rimaste fino allora pensose o attonite, si mettono a masticare febbrilmente il vuoto.
Il neutro piagnucola:
— «Per carità, cuochi belli, portateci qualche cosa da masticare, altrimenti vedremo le brutte bocche dei maschiacci addentare le carni insipide delle cinque nostre amiche». Breve spavento. Rimescolìo. I cuochi fanno capolino e spariscono. I ventilatori a mano cancellano tutto. Entra un profumo agro-soave-putrido-delicatissimo di ireos civilizzati che, uscendo dalla serra, s’incontra con l’identico profumo, ma selvaggio, venuto dal lago. I due profumi di vita carne lussuria morte sintetizzano e quindi appagano tutti gli undici palati affamati.
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MARINETTI
pranzo dinamico
Nel romanzo «L’Alcova d’Acciaio» F.T. Marinetti descrive la sua ansietà di sfuggire all’inevitabile impantanamento della sensibilità durante il pranzo:
«La sera del primo Giugno 1918 nella baracca dei bombardieri piantata spavaldamente a sghimbescio sopra una cresta montana di Val d’Astico, si mangiava e beveva allegramente. Le lunghe lunghe forchette rosse del tramonto s’intrecciavano con le nostre, arrotolando gli spaghetti sanguigni e fumanti. Una ventina di ufficiali, tenenti, capitani, colonnello Squilloni giocondo e pettoruto a capotavola. Fame da bombardieri dopo una giornata di lavoro duro. Silenzio religioso di bocche che masticano preghiere succulente. Teste chine sui piatti. Ma i più giovani non amano le pause e vogliono ridere, agire. Sanno la mia fantasia feconda in beffe e mi eccitano con occhiate. C’è troppo silenzio a tavola, e il buon dottore è troppo gravemente assorto nel rito della pastasciutta. Con quattro bocconi io placo il mio stomaco; poi mi alzo e brandendo una forchettata di spaghetti, dico ad alta voce:
— Per non impantanare la nostra sensibilità, spostamento di due posti a destra, marsc’! Poi tirando su alla meglio piatti, bicchieri, pane, coltello, spingo brutalmente il mio compagno di destra, che a malincuore cede, tira su tutto anche lui e spinge a destra. I giovani, pronti, eseguiscono l’esercizio, ma il dottore sbuffa, brontola, grida. Lo sollevano di peso. Il piatto di maccheroni gli si rovescia sulla giubba. Crollo di bicchieri. Inondazione di vino. Risate, urli, schiamazzi. Tutti spingono il dottore, lo pigiano come l’uva. Schizzano le sue urla.
Dominando il tumulto, io comando:
- Spostamento riuscito! Tutti seduti! Ma guai, guai a chi lascia ancora impantanare la propria sensibilità!... E tu, caro dottore, non dimenticare che la più alta e preziosa virtù è l’elasticità. Come potresti, senza elasticità, curare un bubbone, un callo, una sifilide, una otite, o il rammollimento di certi superiori? Con elasticità abbiamo abbandonato il Carso dopo Caporetto, abbiamo riso mentre il cuore piangeva nella ritirata. Come potremo, senza elasticità, schiacciare il passatismo austro-ungarico, rinnovare integralmente l’Italia dopo la vittoria? T’impongo, caro dottore, d’interrompere con elasticità futurista la tua spanciata passatista!
Tutti ridono. Il dottore mi guarda spaventato. Minacciandolo burlescamente, impongo:
— Per non impantanare la nostra sensibilità, piatti e bicchieri nelle mani! Giro totale della tavola in corteo! Il frastuono diventa infernale. Urli, scossoni, «Basta!», «Finiamola!», pugni, capitomboli, «accidenti!». Vortice, rullìo e beccheggio. Ma i giovani sono tenaci e con forza imprimono alla ressa un giro tumultuoso intorno alla tavola. Piace molto al colonnello il giuoco bizzarro. Soltanto il dottore non si diverte. Dov’è il dottore? Dov’è? Tutti lo cercano. È fuggito sulla terrazza col suo piatto di pastasciutta. Fuori, fuori all’assalto! E si finisce il pranzo alla rinfusa, sbandati, con grande scrosciar di risate nella risata fulva del tramonto, tutto nuvole di cristallo incandescente, bottiglie spumeggianti d’oro, cirri di porcellana viola affastellati, luminoso banchetto aereo sospeso a picco sulla pianura veneta crepuscolare.
I miei amici cantano intorno al dottore l’inno della burla futurista:
Irò irò irò pic pic
Irò irò irò pac pac
Maa — gaa — laa
Maa — gaa — laa
RANRAN ZAAAF
Uccidevano così le nostalgie».
•
Dinamicamente quindi noi proponiamo le seguenti vivande:
1) «Il passo di corsa»: composto di riso, rhum e pepe rosso.
2) «In quarta»: 200 fili di zucchero filato arrotolati in gomitolo, avvolti in fette di ananas e inaffiati di Asti Spumante.
3) «Scontro d’automobili»: semisfera di acciughe pigiate congiunta a semisfera di poltiglia di datteri, il tutto arrotolato in una finissima grande fetta di prosciutto macerata nel marsala.
4) «Perdendo una ruota»: quattro tordi arrostiti con molto ginepro e salvia, uno con una testa mancante, avvolti e appallottolati in una fetta di polenta spruzzata con acqua di Colonia italiana.
5) «Bombe a mano»: sfera di torrone di Cremona avvolta in una grande bistecca al sangue, cosparsa di vino moscato di Siracusa.
I convitati vestiti sportivamente, le maniche rimboccate, saranno trattenuti fuori della porta di una sala di ginnastica dove a terra e in piccole piramidi saranno disposte le vivande predette.
Allo spalancarsi della porta si precipiteranno tutti furiosamente all’assalto, bocche aperte e
mani grifagne. Mangeranno meglio quelli che
riusciranno a tener lontani i contendenti a calci,
con bocche masticanti e mani arraffanti. L’abilissimo
però sarà quello che riuscirà, ispirandosi
al grande quadro «Il giuocatore di calcio» di
Umberto Boccioni, a conquistare una ventina di
palle commestibili e, scavalcando finestre e terrazze,
fuggire nella campagna. Inseguimento di
bocche denti mani. Con un finale di battaglia gastronomica,
a bocche aperte. I lottatori non insaccano
i colpi: li ingoiano.
Formula dell’aeropoeta futurista
MARINETTI
e dell’aeropittore futurista
FILLÌA
pranzo architettonico
sant’elia
In onore del Poeta-Record nazionale 1931, Farfa (vincitore del Circuito di Poesia «Sant’Elia»), architettonicamente, cioè con una sensibilità spaziale che pone il glorificato a 600 chilometri dai glorificanti, legati però da filo telefonico, i poeti futuristi Escodamè, Sanzin, Gerbino, Vittorio Orazi, Krimer, Maino, Pandolfo, Giacomo Giardina, Civello, Bellonzi, Burrasca, Rognoni, Vasari e Soggetti; i pittori Dormal, Voltolina e Degiorgio del gruppo padovano e i pittori Alf Gaudenzi e Verzetti del gruppo futuristi e avanguardisti «Sintesi», riunitisi nella Direzione del Movimento Futurista a Roma, innalzarono e mangiarono alternativamente, con mani da bambini, l’uno sull’altro in forma di torri, grattacieli, batterie di corazzata, scivoli di aeroporti, belvederi, stadî sportivi, moli di porti militari, piste sopraelevate:
Trecento cubi (alti cm. 3) di pasta frolla. Otto parallelepipedi (alti cm. 10) di spinaci al burro compressi. Dieci cilindri (alti cm. 30) di torrone di Cremona. Sei sfere (diametro cm. 15) di risotto alla milanese. Cinque piramidi (alte centimetri 40) di minestrone freddo. Venti tubi (alti metri 1) di pasta di datteri. Cinque blocchi ovoidali (alti cm. 20) di pasta di banane. Sette schermi (alti cm. 60) di merluzzo al latte.
I futuristi, per meglio costruire la casa futurista, la perfezionano coi denti, seduti ognuno su tamburi (alti cm. 15-60-100 e 300 ognuno) immangiabili di pastasciutta compressa.
Formula dell’aeropoeta futurista
MARINETTI
e dell’aeropittore futurista
FILLÌA
pranzo aeropittorico
in carlinga
Nell’ampia carlinga di un grande Autostabile DeBernardi, fra le aeropitture dei futuristi Marasco, Tato, Benedetta, Oriani e Munari, che si legano alle aerocime e alle nuvole dell’orizzonte navigato a mille metri, i commensali liberano dai gusci intatti 5 aragoste e le lessano elettricamente nell’acqua di mare. Le imbottiscono di una poltiglia di rossi d’uova, carote, timo, aglio, scorza di limone, uova e fegato di aragoste, capperi. Le cospargono di polvere di Curry e le rimettono nei loro gusci qua e là tinti di blu di Mitilene.
Bizzarramente poi le 5 aragoste verranno disposte in disordine e distanziate su una grande aeroceramica Tullio d’Albisola materassata di venti qualità diverse d’insalata: queste geometricamente disposte a quadretti.
I commensali, impugnando dei campaniletti di ceramica pieni di barolo misto con Asti Spumante, mangeranno così villaggi fattorie e pianure rapite in velocità.
Formula dell’aeropoeta futurista
MARINETTI
e dell’aeropittore futurista
FILLÌA
pranzo aeroscultoreo
in carlinga
Nella grande carlinga di un Trimotore, fra le
aerosculture di metalli applicati dei futuristi
Mino Rosso e Thayaht, i commensali prepareranno
una pasta di fecola di patate, cipolline,
uova, polpa di gamberi, pezzi di sogliola, pomodoro
e polpa di aragosta, pandispagna e gallette
tritate, zucchero semolato e profumato alla
vaniglia, frutta candite e formaggio gruyère,
inaffiata abbondantemente con Vin Santo toscano.
Ne riempiranno undici stampi (spalmati di burro e infarinati) ognuno di una forma tipica di montagna, burrone, promontorio o isolotto. Li faranno tutti cuocere elettricamente.
Gli 11 pasticci, liberati poi dagli stampi, saranno serviti su un grande vassoio al centro della carlinga, mentre i commensali palleggeranno e divoreranno masse di chiara d’uovo montata a panna come fa il vento fuori coi cirri e coi cumuli bianchi.
Formula dell’aeropoeta futurista
MARINETTI
e dell’aeropittore futurista
FILLÌA
pranzo aeropoetico
futurista
Nella carlinga di un Trimotore volante a 3000 metri in un cielo bipartito: svenevole chiaro di mezzaluna madreperlaceo verdolino e semisfera di mezze nuvole lampeggiate di lunghi scorpioni d’oro.
Giù a picco un fiume di solidissimo argento scioglie l’estuario delle sue frenetiche anguille in un mare di pece borchiato di nichel lunare.
Il finestrino di destra: tinnir di vetro legno fringuelli e campanelli. In bocca rispondegli agrestemente il sapore di una pallottola di miele.
Gli occhi fuggono a sinistra, attraverso l’altro finestrino, a suggere la marmellata d’anice bianco che cola una nuvola. Davanti ai commensali, in numero di tre, l’altimetro tondo denuncia: 3000 metri mangiati. Vicino a lui il contagiri, suo compagno di mensa, denuncia: 20 000 giri divorati.
Dall’altra parte dell’altimetro, il velocimetro denuncia: 200 chilometri digeriti.
Lo stomaco del commensale umano centrale corregge con molti acidi volgari l’indigeribile potenza eccitatoria del liquore di luna astratto poetico suicida. La bocca del commensale umano di destra succhia un tubo di neon giallo rosso dorato di estate Africa eterna.
Andare. Leggerezza. Masticare l’infinito. A picco su sè stesso. Obliquità della vita quotidiana. Linea ascensionale della forza artistica. Amore caldo soffice lontanissimo. Presenza delle mani vane. Brontolìo critico degli intestini. Ancora un po’ di miele delle api inspiratrici di poeti greci nella bocca dell’aeropoeta futurista.
Formula dell’aeropoeta futurista |
pranzo tattile
Il padrone di casa avrà cura di far preparare,
con la collaborazione dei pittori futuristi Depero,
Balla, Prampolini e Diulgheroff, tanti pigiama
quanti sono i convitati: ciascuno dei pigiama
sarà formato o ricoperto da materie tattili
differenti, come spugne, sugheri, carte vetrate,
feltri, lastre di alluminio, spazzole, paglie di
ferro, cartoni, sete, velluti, ecc.
Ogni convitato, qualche minuto prima del pranzo, dovrà separatamente indossare uno dei pigiama. Poi, tutti saranno introdotti in una vasta sala buia, priva di mobili: senza vedere, rapidamente, ogni convitato dovrà scegliersi il proprio compagno di tavola secondo una sua inspirazione tattile.
A scelta decisa, tutti verranno introdotti nel salone da pranzo allestito con tanti piccoli tavoli per due persone: stupore del proprio compagno indicato dalla sensibilità raffinatissima delle dita sulle materie tattili.
Sarà servita la seguente lista di vivande:
1) «Insalata poliritmica»: ai tavoli si avvicineranno
i camerieri portando per ciascuno
dei convitati una scatola munita di manovella
nella parete sinistra e che porta nella parete destra,
incastrata a metà, una fondina di porcellana . Nella fondina: foglie di lattuga non condita, datteri e chicchi d’uva. Ognuno dei commensali userà la mano destra per portare alla bocca, senza aiuto di posate, il contenuto della fondina, mentre con la mano sinistra girerà la manovella. La scatola sprigionerà così dei ritmi musicali: allora tutti i camerieri, davanti ai tavoli, inizieranno una lenta danza a grandi gesti geometrici, fino alla consumazione delle vivande.
2) «Vivanda magica»: si serviranno delle scodelle non molto ampie, ricoperte esternamente da materie tattili ruvide. Bisognerà tenere la scodella con la mano sinistra ed afferrare con la destra le sfere misteriose contenute nell’interno: saranno tutte sfere di zucchero bruciato, ma ognuna ripiena di elementi diversi (come frutti canditi o fettine di carne cruda o aglio o poltiglia di banane o cioccolata o pepe), in modo cioè che i convitati non possano intuire quale sapore verrà introdotto nella bocca.
3) «Ortotattile»: verranno posti davanti ai convitati grandi piatti contenenti una numerosa varietà di verdure crude e cotte, senza salse. Si potrà gustare a piacimento queste verdure, ma senza l’aiuto delle mani, immergendo la faccia nel piatto e inspirando così il proprio gusto al contatto diretto dei sapori e delle verdure sulla pelle delle guance e sulle labbra. Tutte le volte che i convitati si solleveranno dal piatto per masticare masticare, i camerieri spruzzeranno loro in faccia profumi di lavanda e di acqua di colonia.
Tra una vivanda e l’altra, poichè il pranzo è tutto basato sui piaceri tattili, i convitati dovranno ininterrottamente nutrire i loro polpastrelli sul pigiama del vicino di tavola.
Formula dell’aeropittore futurista |
pranzo
sintesi d’italia
L’Italia è sempre stata, nel passato, un ghiotto cibo per gli stranieri. Oggi possiamo gustarla noi, ma non ci è dato, volendo provare a tavola il sapore e il profumo di tutti i suoi orti, i suoi pascoli e i suoi giardini, di farci servire in una volta sola le tante vivande regionali.
Propongo perciò questo pranzo-sintesi-d’Italia:
Una quadrata camera dal soffitto azzurro, le cui quattro pareti sono formate da enormi pitture futuriste su vetro rappresentanti: un paesaggio alpino Depero — un paesaggio di pianura con laghi e sfondo di colline Dottori — un paes§&io vulcanico Balla — un paesaggio di mare meridionale animato d’isolotti Prampolini. I convitati, prima di mangiare, si tingono le mani con blu di Mitilene.
All’inizio del pranzo la prima parete è illuminata di dietro e risaltano così i profili geometrici delle montagne bianche e brune e dei pini verdi. Nella sala viene regolata una temperatura di freschezza primaverile. Si serve la prima vivanda «Sogno alpestre»: piccole forme ovoidali di ghiaccio avvolte in pasta di castagne e presentate su grossi dischi di mela punteggiati di noce e bagnati nel vino Freisa.
Si spegne la prima parete e si accende la seconda: brillano gli smeraldi dei prati e i rossi delle fattorie che si perdono tra le terre tonde delle colline e gli azzurri metallici dei laghi. Aumenta la temperatura nella sala.
«Agreste civilizzato»: torta di riso bianco bollito su cui s’imprimono larghe e tenere foglie di rosa, carne disossata di rane e ciliege molto mature. Mentre i commensali mangiano, i camerieri fanno rapidamente passare sotto le loro nari un caldo profumo di geranio.
Si spegne la seconda parete e si accende la terza: dinamismo atmosferico del Vesuvio rovente. Nella sala il clima è estivo.
«Suggestione del Sud»: un grosso finocchio nel quale sono incastrati ravanelli e olive senz’osso. Viene portato in tavola avvolto in sottili fette di abbacchio arrosto e immerso in vino di Capri.
Si spegne la terza parete e si accende l’ultima:
splendore degli isolotti lucenti nella schiuma ribollente del mare. Temperatura torrida nella sala.
«Istinto coloniale»: un colossale cefalo imbottito di datteri, banane, spicchi di arancio, granchi, ostriche e carrubi presentato navigante in un litro di marsala. Un violento profumo di garofani, ginestre e gaggia viene spruzzato nell’aria.
Finito il pranzo si accendono insieme le quattro pareti e vengono serviti gelati impastati con ananas, pere crude e mirtilli.
Formula dell’aeropittore futurista
FILLÌA
pranzo geografico
1. - Una sala di ristorante decorata con alluminio e tubi cromati. Le finestre rotonde lasciano scorgere misteriose lontananze di paesaggi coloniali.
2. - I commensali, seduti attorno ad una tavola di metallo col piano orizzontale in linoleum, consultano grandi atlanti, mentre dei grammofoni invisibili girano rumorosi dischi negri.
3. - Quando il pranzo ha inizio entra nella sala, seguita a distanza dai camerieri, la cameriera-listavivande: formosa donna giovane interamente rivestita con una tunica bianca in cui è disegnata a colori una completa carta geografica africana che le fascia tutto il corpo.
4. - Bisogna scegliere le vivande non secondo la loro composizione, ma indicando sulla carta geografica la città o le regioni che seducono la fantasia turistica e avventurosa dei commensali.
5. - Esempio: se un commensale punta un dito sulla mammella sinistra della cameriera-listavivande dove e scritto CAIRO, uno dei camerieri si allontanerà silenziosamente e ritornerà subito portando la vivanda corrispondente a quella città. In questo caso: «Amore sul Nilo», piramidi di datteri senz’osso immerso in vino di palma. Attorno alla piramide maggiore, cubi di latticini di cannella ripieni di chicchi di caffè bruciato, e pistacchi.
6. - Se un altro commensale segnerà col dito, sul ginocchio destro della cameriera-listavivanda, il nome ZANZIBAR, il cameriere gli servirà la «Vivanda Abibi»: mezza noce di cocco, ripiena di cioccolata e disposta sopra un fondo di carne cruda tritata minutamente e inaffiata di rhum della Giamaica.
7. - Così di seguito, variando per ogni pranzo le carte geografiche e le cameriere-listavivande e non permettendo di conoscere in anticipo le vivande. Dominerà perciò un orientamento alimentare inspirato dai continenti, dalle regioni e dalle città.
Formula dell'aeropittore futurista
FILLÌA
pranzo di capodanno
Ormai l’abitudine ha ucciso la gioia dei cenoni di Capodanno: da molti anni i medesimi elementi concorrono ad un’allegria già troppe volte goduta. Ognuno conosce in anticipo l’ingranaggio preciso degli avvenimenti.
Ricordi di famiglia, augurî e previsioni roteano come copie di stampa. Bisogna sfondare l’abitudine per uscire dalla monotonia.
Mille modi vi sono per rinnovare questo banchetto: eccone uno da noi realizzato coi futursimultaneisti di Roma: Mattia, Belli, D’Avila, Pandolfo, Battistella, Vignazia, ecc.
A mezzanotte, dopo l’infinito chiacchierio dell’attesa, si annuncia che il pranzo è pronto. Nella sala le tavole sono state eliminate e i convitati sono seduti su altrettante seggiole disposte in fila indiana, una dietro l’altra.
Si serve l’immancabile tacchino che i camerieri distribuiscono in piatti di metallo: il tacchino è infarcito di mandarini e di salame.
Tutti mangiano in un silenzio imposto: il desiderio di rumore e di allegria è compresso.
Ad un tratto si libera nella sala un tacchino vivo che si dibatte spaventato tra la sorpresa degli uomini e gli strilli delle donne che non comprendono questa resurrezione del cibo inghiottito . Viene ristabilito l’ordine e ciascuno rinfodera la gioia per un attimo scatenata.
Vinto dal silenzio, per cercare di avviare una qualsiasi conversazione, uno dei presenti dice:
— «non ho ancora espressi i miei augurî per l’anno nuovo».
Tutti allora, come per una parola d’ordine, si alzano e si scagliano contro l’incauto conservatore di tradizioni che viene ripetutamente schiaffeggiato. L’allegria finalmente, esasperata dal troppo lungo torpore, esplode e i convitati si sbandano per la casa mentre i più audaci invadono la cucina.
La cuoca e le due cameriere sono allontanate di forza e ognuno si dispone ad ideare una variazione nelle vivande. Gara violenta tra i fornelli accesi, mentre padelle e casseruole passano di mano in mano tra risate, urla e pioggia di alimenti.
Intanto altri hanno scoperto il deposito dei vini e si forma così un banchetto eccezionale, che va dalla cucina alla camera da letto, dall’anticamera alla sala da bagno, alla cantina. Sfilano le vivande combinate quasi per magia, secondo lo spirito di veloce armonia che anima i nuovi cuochi.
Un convitato racconta alla padrona di casa:
— «quindici anni fa, in questa stessa data...»
Ma in quel momento gli presentano una fondina ripiena di spumante dove navigano cavolfiori, spicchi di limone e fette di roast-beef: il ricordo del passato naufraga in un presente sbalorditivo.
I più giovani urlano:
— «seppellito il ricordo! Dobbiamo iniziare l’anno in modo finalmente diverso dai banchetti dell’anteguerra!» —
Tre grammofoni funzionano da tavole e sui dischi divenuti piatti giranti le signore afferrano confetti, cilindri di formaggio parmigiano e uova sode, mentre tre ritmi diversi di musica giapponese accompagnano il servizio dinamico.
La padrona di casa spegne all’improvviso la luce. Stupore. Nel buio si ascolta la voce di un convitato:
— «quest’anno riusciremo a rompere l’involucro dell’atmosfera ed a raggiungere i pianeti. V’invito tutti per il prossimo Capodanno ad un banchetto nella Luna, dove gusteremo finalmente cibi di sapore ignoto al nostro palato e bevande imprevedibili».
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pranzo svecchiatore
Generalmente le difficoltà da vincere per una nuova alimentazione sono aumentate dai proprietarî di ristorante che, incapaci o paurosi, non intendono rinunciare all’antica cucina. Tutte le loro preoccupazioni sono comprese nell’aiuto al cliente quando riprende il soprabito.
Se i proprietari e il personale dei ristoranti collaborassero, nel loro stesso interesse, a convincere sulle necessità di nutrirsi più modernamente, molti dubbi e molte ironie si potrebbero superare e i ristoranti perderebbero il grigiore delle abitudini quotidiane.
Al solito cliente che entra e domanda un piatto di spaghetti, il cameriere dovrebbe tenere questo breve e chiarificativo discorso:
— «da oggi la nostra cucina elimina la pastasciutta. Siamo venuti a questa decisione perchè la pastasciutta è fatta di silenziosi lunghi vermi archeologici che, come i loro fratelli viventi nei sotterranei della storia, appesantiscono ammalano inutilizzano lo stomaco. Vermi bianchi che Lei non deve introdurre nel corpo se non vuole renderlo chiuso buio e immobile come un Museo.» —
L’italiano della nostra epoca veloce non può che essere sensibile a tale argomento. Il cameriere gli servirà allora questa «Vivanda Svecchiatrice»: riso bollito, poi fritto nel burro, compresso in piccole sfere crude di lattuga spruzzata di grappa e servito sopra una poltiglia di pomodori freschi e patate lesse.
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pranzo improvvisato
Questi pranzi improvvisati sono consigliabili allo scopo di raggiungere un massimo di originalità, varietà, sorpresa, imprevisto ed allegria.
Ad ogni cuoco si richiede la formazione di una mentalità che:
— deve comprendere come la forma e il colore siano altrettanto importanti del sapore.
— deve arrivare a concepire per ogni vivanda un’architettura originale, possibilmente diversa per ogni individuo in modo cioè che TUTTE LE PERSONE ABBIANO LA SENSAZIONE DI MANGIARE, oltre che dei buoni cibi, ANCHE DELLE OPERE D’ARTE.
— deve, prima di preparare il pranzo, studiare il carattere e la sensibilità di ognuno, tenendo poi conto, nella distribuzione dei cibi, dell’età, del sesso, della conformazione fisica e dei fattori psicologici.
— deve possibilmente arrivare ai pranzi in movimento, per mezzo di tappeti-mobili che scorrono davanti alle persone, portando ogni genere di vivande: si semplificherà così la preparazione individuale perchè ognuno sarà portato a conquistarsi la vivanda preferita. E la scelta sarà doppiamente gradita perchè svilupperà, in un certo senso, lo spirito umano dell’avventura e dell’eroismo.
Per i pranzi improvvisati si può naturalmente discutere tra cuochi, camerieri e Direttori sulla attribuzione delle differenti vivande, ma mai si deve tener conto del gusto personale dei commensali.
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pranzo
dichiarazione d’amore
Un innamorato timido desidera esprimere ad una donna bella e intelligente i suoi sentimenti. Le farà a questo scopo servire, sulla terrazza di un grande Albergo, nella notte della città, il seguente pranzo-dichiarazione-d’amore:
Videsidero: antipasto composto di elementi diversi, di scelta raffinatissima, che il cameriere farà soltanto ammirare, mentre Lei si accontenterà di panini spalmati con burro.
Carnadorata: un grande piatto fatto con un lucido specchio. Al centro, costolette di pollo profumate all’ambra e ricoperte da un sottile strato di marmellata di ciliegie. Lei, mentre mangia, si ammirerà riflessa nel piatto.
Viameròcosì: piccoli tubi di pastafrolla ripieni di sapori diversissimi, cioè uno di prugne, uno di mele cotte nel rhum, uno di patate intrise di cognac, uno di riso dolce, ecc. Lei, senza battere ciglio, li mangerà tutti.
Superpassione: una torta di pasta dolce molto compatta. Sulla superficie sono praticati piccoli fori ripieni di anice, menta glaciale, rhum, ginepro e amaro.
Questanottedame: un arancio molto maturo chiuso in un più grande peperone svuotato e incastrato in uno spesso zabaione al ginepro salato da pezzetti d’ostrica e gocce d’acqua di mare.
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pranzo sacro
Agli ecclesiastici futuristi, che ànno visitato a Torino gli appartamenti dell’Ing. Barosi e del Dott. Vernazza, contenenti pitture d’Arte Sacra futurista, è offerto un pranzo così composto:
Sopra una grande tavola sono allineati 20 bicchieri tutti uguali, ma contenenti, in proporzione diversa: acqua minerale colorata in rosso — vino bianco dei Castelli Romani colorato con blu di Mitilene — latte freddo colorato di arancio.
Di fronte ai bicchieri, in 20 piatti di alluminio, sono disposti: fette di carne assortita mascherata sotto poltiglia di ananas — cipolle crude ricoperte di marmellata — cotolette di pesce nascoste tra panna montata e zabaione — panini al burro spalmati di caviale, e internati in una grossa zucca.
Gli ecclesiastici devono scegliere senza sbagliare, mediante un’opportuna e compunta ascoltazione dell’ispirazione divina.
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pranzo simultaneo
Per uomini di commercio, impossibilitati dal turbine degli affari a soffermarsi in un ristorante o a ritornare in casa, verrà confezionato un pranzo simultaneo che permetterà loro di continuare le diverse attività (scrivere camminare discorrere) e di nutrirsi contemporaneamente.
In una grossa pipa di metallo laccato in rosso, con fornelletto elettrico cuocerà una minestra.
Dei piccoli «termo» a forma di penne stilografiche riempiti con cioccolata calda.
Dei mastrini tascabili conterranno compresse di pesce.
Dal portacarte si potranno sfogliare lettere e fatture profumate con diverse intensità, per calmare, soddisfare o eccitare l’appetito.
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pranzo
desiderio bianco
Dieci negri si radunano a tavola in una città di mare, tenendo un giglio in mano, presi da uno stato d’animo indefinito che fa loro desiderare la conquista dei paesi europei, con un miscuglio di tendenze spirituali e di volontà erotiche.
Tutta la sala è immersa in una penombra misteriosa e le lampade invisibili non permettono che una luminosità sufficiente per vedere il tavolo ricoperto da uno spessore di vetro scuro brillante.
Una cuoca negra, senza parlare, serve loro venti uova fresche che furono bucate ai due lati per iniettare nell’interno un tenue profumo di acacia: i negri aspirano il contenuto delle uova, senza rompere il guscio.
Poi viene portata una grande zuppiera con latte freddo nel quale furono immersi piccoli cubi di formaggio muzzarella e acini d’uva moscata.
Lo stato d’animo dei negri è quasi inconsciamente suggestionato da tutte le vivande bianche o candide.
La cuoca negra ritorna ancora con un vassoio carico di pezzi di polpa di cocco incastonati di torrone, racchiusi in strati di burro e disposti sopra un letto di riso bollito e panna montata. Contemporaneamente si beve anice puro, grappa o gin.
La sensibilità dei negri si appaga nel sapore-colore-odore bianco delle vivande, mentre dal soffitto scende lentamente verso il tavolo un globo incandescente di vetro lattiginoso e in tutta la sala si espande un profumo di gelsomino.
Formula dell’aeropittore futurista |
pranzo astronomico
La tavola è costituita da una lastra di cristallo poggiata su aste lucenti di alluminio. La sala da pranzo è tutta buia. Dal basso verso l’alto, sotto la tavola, e dai due lati verso il centro, attraverso lo spessore stesso del cristallo, delle sorgenti luminose graduabili illumineranno in cento modi diversi il piano di cristallo, variando intensità e colore a seconda delle vivande.
Tutto il vasellame è di cristallo.
Albeggerà così in coppe di cristallo un brodo consumato reso fluorescente mediante una minima quantità di «fluorescina».
Meriggerà della carne cruda di sanato, mosaico di pistacchi e pepe rosso, irrorato di limone e profumato tenuemente di vaniglia.
Tramonterà una vivanda di fette sottilissime di salmone affumicato, barbabietole e arance.
Poi, nella notte della sala, una sfera cosmografica di spumone (50 centimetri di diametro), unico corpo illuminato, si muoverà lentissimamente sul cristallo divenuto astratto.
Una pompa in forma di telescopio lancerà parabole d’Asti spumante.
Formula del futurista |