Hypnerotomachia Poliphili/IX
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depicta. Sencia mora ad nui in questo loco placidamente se offeritte, una tertia matrona hospitatrice et recipiente nui gratiosa. Il nome cui era Mnemosyna. Questa similmente, introvocati nui, donoe libero adito. Ultimamente quivi le comite mie, me praesentorono dinanti alla venerabonda maiestate della Regina Eleuteryllida.
QUANTA INSIGNE MAIESTATE FUE QUELLA DELLA REGINA, ET LA CONDITIONE DELLA SUA RESIDENTIA, ET ADMIRANDO APPARATO POLIPHILO AL SUO POTERE IL NARRA. ET LA BENIGNA ET AFFABILE SUSCEPTIONE. ET ELLA MIRAVEGLIATOSE DI LUI. ET QUANTO MIRABILE ET SPLENDIDO FUE IL CONVITO, SOPRA IL CAPTO DELLA HUMANA NOTITIA EXCEDENTE, ET IL LOCO OVE FUE FATO (DI COMPARATIONE PRIVO) ALQUANTO DESCRIVE.
D LA PRIMA IANITRICE VENUTI essendo, non sencia stupore me vide, et decentemente salutatola et debitamente reverita. Et factomi da lei domestico invito del ingresso, et humano sospitato, et pari modo le sequente cortinarie custode, io vidi uno excelso portico longo quanto il contento del Pallatio. Il testudinato aureo del quale depicto era di verdigiante fogliatura, cum distincti fiori et implicate fronde et volitante avicule eximiamente imphrygiato di opera museaca. Il mundissimo silicato, quale di fora nella septa corte. Gli parieti di petre sumptuose artificiosamente dispositi factura vermiculata incrustati.All’ultima cortina, quella Matrona Mnemosyna molto affectuosamente mi suase, di non dubitare alcuna cosa, ma che al regio suaso et salubre consiglio della Regina sectario strenuo me exponesse, et perseverante executore, perché poscia lo exito senza fallo uscirà piacevole. Et conceduto peculiarmente l’introito. Ecco che agli ochii mei sa repraesentorono più praesto divine cose, che humane. Uno ambitiosissimo apparato in una stupenda et spatiosa corte, ultra el pallatio contigua, ad opposito dell’altra, di quadrato perfecta. Il lepidissimo et pretioso pavimento tra una ambiente tessellatura interiecto vidi uno spatio di .64. quadrati, di pedi tre il diametro di ciascuno. Degli quali l’uno lustrava di diaspro di colore coraliceo, et l’altro verdissimo guttato di sanguinee gutte, cum imperceptibile quasi cohaesione del composito, quale uno gioco di scachi, la circunvallatione poscia di uno praestante phrygio et septo, uno integro passo la sua latitudine, di subtili excogitamenti di Recisamento lapideo, in parvissime formule eximie compacto, quale una vaga picturatura di petre fine, incise aequalmente, et a norma compaginate. Non apparendo le cohaesione, tersissimi et speculabili, et tanto iusta coaequatura per libella et quadra che uno corpo circulare et sphaerico sopra posito, inconstante se sarebbe accusato. Oltra questo poscia concludeva una mirabile factura di passi .3. di nobilissime nodature di Diaspri, Praxini, Calcedonii, Achates, et di altre conspicue manierie et sorte di petre fine. Ad gli alamenti murali della praefata area, considerai alcuni dignissimi Sedili di Sandalino ligno, erythreo et citrino, diligentissimamente facti, et ricoperti di viluto verdissimo. Tomentato, o vero pulvinato, cum moderato convexo lanuginoso, o vero di materia mollicula, che al sedere commodissimamente cedeva, et affixo il dicto serico villoso per gli oroli delle banche, cum claviculi d’oro cum gli capi bullati sopra di uno argenteo et extenso nextrulo, o vero cordicella piana.
Il splendido alamento degli claustranti parieti mirai, di lame d’oro purissimo et collustrante tutto revestito, cum caelature correspondente, et ad quella pretiosa materia condecentissime. Nel coaequato et tersissimo piano dunque dille dicte plaste, per alcuni pilastrelli, o vero quadrangule, cum concinnissima dimensione et correspondentia distincte, di ciascuna nel suo mediano perspicuamente se appraesentavano appacte rotunde gioie, moderatamente tuberate alla forma dil Toro di Basi, di crassitudine competente alla capacitate del spatio, di foglie fimbriate soppressamente una all’altra contegendo. Circuncincte di lori, cum le extremitate inundante, circa la gioia perfectamente ornavano. Ove accedeva tra la fogliatura habilissimamente la concinna distributione, una fructificatione di lucenti gioielli et varii, conspicuamente deformati a vario expresso diliniamento.
Nell’area reliqua dunque circumvallata di queste turgiente gioie, cum venustate perfectamente picturata di Enchaustica opera, gli sette Planete cum le sue innate proprietate, cum grande piacere mirai. Il residuo aequamento exclusivo dalla rotunditate delle gioie in infiniti et eleganti expressi di opera argentaria efferato. Cum decorata disseminatione di multiplice et inextimabile gemme mirificamente vidi cum ornato. Al sinistro alamento, o vero pariete plasticato similmente era. Et cum gli intervalli et gioie di fforma di ornato di numero quale l’antidicto, cioè in septe rotundatione sette triumphi degli subiecti dagli dominanti planete, di dicta picturatione faberrimamente facti contemplai. Et alla dextra parte aequalmente vidi ancora septe Harmonie di quelli, et il transito de l’alma, cum receptione qualitativa degli circularii gradi, cum incredibile historiato delle coeleste operatione accedente.
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Il quarto alamento faceva il pallatio, cum distributione parimente quale negli insinuati, la porta dempta occupatrice del mediano intervallo. Gli altri sei cum regulata correspondentia et harmonia degli reliqui, nelle gioie (ad opposito degli pianeti, et Symmetriato congresso) le virtuose operatione subinclinate a quelli, expresse in forma di elegante Nymphe cum gli tituli et signi del suo effecto. La septima mediana nel frontespicio, o vero fastigiato della porta era collocata di directo in obvio della septima gioia, continente il Planeta Sole. La quale era più de l’altre sublevata per la locatione del throno della Regina. Per la quale cosa omni parte accuratissimamente di materia, di numero, di forma ad linea, et qualunque minima parte et locatione aequatissimamente, et a llibella correspondeva, et cusì mutuamente la parte dextra cum la sinistra et de qui et de lì cum exquisitissimo congresso convenivano. Del quale superexcellente loco ciascuno alamento extenso era di passi vintiocto. Per tale elegante dispositione era aequabile questa subdivale corte circumcirca tutta di perfectissimo oro ritecta, opera miranda et ineffabile. Gli pilastrelli, o vero semiquadrangule cum discrepantia di quatro passi l’una da l’altra cum iusta partitione septenaria (numero alla natura gratissimo) erano di finissimo et orientale lapislazuli, cum iocundissima impletione del suo coloramento, cum lepidissima disseminatione di minute scintule d’oro decorate. Il fronte delle quale tra le concludente undiculatione erano mirabilmente interscalpto candelabri, cum spectatissima sociatione di fronde, copie, monstriculi, capi capillati di fogliatura, pupi cum le extremitate in scyle, avicule, et copie, et vasculi ballaustici, cum egregie inventione et cogitati, dall’ima crepidine al summo scapo di anaglypho quasi divulso dal suo plano fundo. La crassitudine delle quale dal suo ascenso exacta. Queste dunque cum sociale et gratissimo convento, tra le lame auree la intermissione faceano degli decentissimi spatii. Gli capitelli erano di factura conveniente a l’altre operature. Di sopra extendevase il trabe recto cum gli caelati liniamenti requisiti, cum Cylindruli, o vero Terreticuli, binariamente gli suppressi verticuli intercalati. Et soprasequente il suo ornato Zophoro. Il quale alternatamente tali expressi contenivano Capi di bovi, cum gli corni innodati di fascie, inundante cum pendente bacce insute cum dui rami Mirthei, nella sectione mediana laqueati di volante Cimosse, et cum delphini, cum le branchie infogliate et similmente le pinne cum la extrema parte migrante in fogliature, et nel vertigine alcuni pueruli cum le mane rapendo il vertigine desinente in antiquario fiore. Il delphineo capo havea la sima, della quale una parte verso il puerulo se invertiva, et l’altra se involtava verso uno vaso cum aperto hiato, finiendo in uno capo di Ciconia, cum il rostro alla bucca aperta d’uno monstro cum resupinato volto, et erano alcuni spondili tra la bucca et il rostro insuti. Gli quali capi per capillatura erano infrondati l’uno opposito all’altro, facevano referto di foglie l’orificio del dicto vaso, sopra gli oruli del quale innodato pendeva uno linteamine verso il suo imo, et le tenue extremitate deflue pendevano sotto gli noduli, cum omni ornato di factura competente ad tale loco et materia. Et in medio sopra gli verticuli assideva una facia circunallata passamente di Puello.
Et cum tali et simiglianti liniamenti decoratamente se extendeva il zophoro. Il quale copriva una decentissima Coronice di omni politura di artificio composita. Sopra la quale nella piana ad perpendiculo del proiecto superastituto nel ordine delle quadrangule erano vasi veterrimamente deformati cum ordinata distantia statuiti, più di tre pedi altiusculi di Calcedonico, alcuni di Achates, tali di vermigliaceo Amethisto, et alcuni di Granata et di Iaspide, alternati di colore, di varia et insigne operatura subtilissimamente caelati, cum la corpulentia di lacunule intorquate et recte praecipuamente decorata. Et cum amaestrevole et excellente Anse. All’ordine et linea di ciascuna gioia sopra la coronice, erano aptamente infixi trabecule quadrate alte pedi septe, di lucente oro intervacue, cum superadiecta extensione di simiglianti trabeculi di sopra gli recti ambiente. Et per transverso traiectati ad opera topiaria cum regulata partitione decentemente convenivano. Intendando che fora degli vasi negli angoli degli parieti situati, et il trabeculo et la vite inseme uscivano. Ma fora degli reliqui vasi, o vero una vite, o vero uno convolvolo di specie variato d’oro, alternando ascendevano. Et superincumbanti ad gli transversati trabeculi, cum copiosa extensione di discoli rami, l’uno al altro mutuamente cum elegante confederatione implicantise, et cum venustissimo congresso, tutta questa corte habilissimamente contegevano, cum richissimo anci inextimabile suffito, et cum diversificata fogliatura facta di splendido smaragdo scythico, agli ochii acceptissimo, che tale non fue quello, nel quale impresso era Amenone. Et gli fiori saphyrici di omni tempo et di berillo, dispersamente distributi. Et cum summa dispositione et artificio tra le verdegiante fronde, et di altre gemme crasse et pretiose in fructi diversamente deformati, cum gli fincti botrii di lapilli coacervati, dependuli, di coloramento aplicabile al naturale botro. Le quale tutte excellentissime cose d’impensa incomparabile, incredibile et quasi inexcogitabile fulguravano per tutto pretiosissime, non solo per la nobilissima materia mirabilissima, ma parimente per la grande et exquisitissima factura. Per la quale miravegliosa cosa aplicatamente cum subtilissimo examine trutinando io pensitava, di quelli rami intricatissimi la vagabonda extensione, et di crassitudine proportionati. Sì artificiosi, per quale arte, et temerario auso, et obstinato intento fusseron cusì aptamente conducti, o vero per glutino fabrile, o vero ferruminatione, o vero per malleatura, o vero per arte fusoria. Per queste tre conditione di operare et fabrare il metallo, mi parve impossibile, che una copertura di tanta latitudine et nexo, fusse cusì optimamente fabricata.
In l’aspecto mediano all’incontro del nostro ingresso, sopra uno gradato et regio throno, ornatamente referto di multiplice concinnatura di ardente gemme et di factura mirabile, che unque tale fue la sede nel tempio di Hercules Tyro, facta di Eusebes petra. Essa Regina cum veneranda et Imperiale maiestate resideva sedendo. Diva et di magnanimitate mirabile nell’aspecto Sumptuosamente induta, di panno ritramato, di violentato oro in filatura. Il maiestale capo suo cum ambicioso ornato decoramente teniva, d’una sericea et purpurante Mitra, matronale et regia, d’una congerie di insolente et leve et aluminate margarite, che per l’ampia fronte ambivano nella fimbria della mitra. La quale gli nigerrimi capegli, più che succino Indico luculei, cum venusta discrepantia, descendenti sopra le nivee tempore plemmyrulati supprimeva. Dall’ocipitio poscia diviso lo exuberante capillamento, in due trece comptamente intertiate. Una de qui, et l’altra de lì, di sopra via delle piciole orechie traiectavano, et cum mirifica conventione poscia ricontrate. Nella summitate della cranea invinculate da uno nodo, o vero floco di grosse et orbissime perle, quale non produce Perimula Indico promontorio, residevano. Et fora del nodo defluo era il residuo delle longe et effusissime come, coperte da uno tenuissimo velamine, cum aureo discerniculo retinuto dal dicto nodo, o ver floculo, il quale alle spalle delicate volabile descendeva. Nel medio della mitra nel discriminale sopra la calva, promineva uno pretiosissimo formuletto. Et alla rotundata gula di niveo candore perfusa, intorniava una inextimabile collambia, cum uno pendiculo verso alla furcula del lacteo pecto, di uno incomparabile Adamante in tabella di forma Hemiale, o vero ovola per tutto scyntillante, di grandecia monstruoso, in uno claustro aureo di vermiculata ornatura.
Ancora all’orechie sue ditissimamente erano suspesi nel pertuso exquisitamente dui inextimabili stalagmii, di dui grossi carbonculi puri, senza aequivalentia fulguranti. Haveva etiam gli sui pedi calciati di seta verde, et le crepidule cum ansule d’oro intorte ad gli strevli, ornati di molti gioielli. Sopra uno hypopodio, o vero suppedio, di uno molliculo pulvino di plumea congerie tumido calcavano, di viluto chermeo, cum phrygio ambiente di orientale margarite. Quale non sa ritrovarebbeno, in Arabia nel Persico colpho. Cum quatro pendenti floculi, negli quatro anguli, contecti di fulgiente gemme cum le barbule, o vero spiruli, di fili intorti, et intermixti de oro et di vermigliante serico dependici. Dal dextro et sinistro lato sopra le sandaline banche morigeratamente sedevano le aulice donne, cum honesta et vernacula gravitate vestite di panno d’oro, cum incredibile decoramento di habito, quale al mondo arbitro mai se vedesse. Sedeva dunque in medio questa inclyta et soprana Regina cum pompa et summo fasto, et decoramento inopinabile. Referte di opulentissimi gioielli di colorato alternato le circunducte fimbrie delle sue ambitiose vestiture cum tanta copia, che diresti la natura quivi grandinato havere tutte le finissime maniere di lucente gemme, cum lascivo apparato.
Ad tanto dunque imperiale et sublime conspecto venerabondi, et ad terra geniculati, sencia inducia le cubicularie et cortale donne tutte dal quieto sedere se levorono, da tale novitate et spectaculo provocate, che io in tale loco pervenuto fusse, summamente miravegliantise. Ma molto più io mi sentiva il tristo core inquieto dilatarsene, ansiamente le cose transacte, et le praesente ricogitando, circunvenuto et pieno di alto stupore. Di venerando timore, et honesta verecundia tutto perfuso. Per la quale novitate le sedente donne, le comite mie curiose all’orechie chiamavano. Et chi io fusse summissamente interrogando, et ancora il mio extraneo et inopinato caso. Et per questo di tutte gli tirati ochii sopra di me intentamente erano fixi et directi.
Dunque ad questo excellentissimo et cusì facto conspecto humillimo ritrovantime, io restai tutto attonito, et quasi sencia spirito et pudefacto. Et da lei postulato il successo et modo dell’advento mio, et in quello loco lo ingresso dalle comite, expeditamente il tutto concionando pienamente recitorono. Commota diciò la mellea Regina, me fece sublevare, et il mio nome inteso, cusì affabilmente principiò di dire. Poliphile sta di bono animo ma suggere et dimi, come quivi sei sospite intrato? Et come il funesto et horribile dracone hai tu evaso? Et come trovasti di quelle odiose tenebre et caeche caverne exito? Io distinctamente il tutto, et finito ho inteso. Ma non mediocremente i’ me miraveglio, imperoché rari, anci rarissimi per tale via quivi valeno adventare. Hora poscia che ad nui la capillosa fortuna tua te hae quivi incolume destinato, consentaneo iudico che non per qualunque obstante ti debbo denegare però la mia benigna gratia, et gratuita munificamente hospitarte, et benivolentissima. Ad questo tanto liberalissimo invitatorio et regie sponsione et recepto, meglio che alhora io sapea, cum divoto et honorifico parlare gratie ingente agendoli, breve et succinctamente io di puncto in puncto li narrai la fuga del formidabile monstro. Et consequentemente cum quanta laboriosa difficultate properando al acceptissimo loco perveni. Per questo assai se miravigliò, et inseme simigliantemente le venerabile donne. Et come ancora le cinque comite me perterrito et errabondo trovorono. Dunque ad tanta praeclara magnificentia vehemente applicava l’animo cum summa voluptate. Dapò essa lepidamente surridendo dixe. Dignifica cosa si praesta, che il male principio alcuna fiata sortisca il foelice successo et exito. Et ananti che al praesente altro ad exequire ti commetta del tuo amoroso et fermo concepto et caldo disio, voglio che ad proficuo sublevamento degli tui modesti affanni, cum questo insigne consortio ad un offertissima Philotesia di convito debbi et tu discumbere, poscia che gli suffraganti coeli merito te hano dimonstrato del nostro munifico et pio hospitio, et sotto il nostro triumphante domicilio conducto. Et perciò Poliphile mi, sencia alcuno rispecto puonti ivi commodamente ad sedere. Imperoché gratissimamente vederai parte della nostra lautissima dispositione, et la diversitate copiosa delle mie, più che regie delitie, et il praecipuo decoramento del elegante famulato, et il splendore domestico, et delle mie amplissime opulentie la inextimabile pretiositate, et il largo effecto della mia beneficentia.
Diqué ad questo sincero et sancto Imperio, finito il suo facondo et benigno parlare, humilmente fecime servo cernuo, et cum pusilla audacia et exiguo auso di subito parendo. Sopra quelle delitiose banche ad lato dextro, posime ad sedere, cum la mia lanacea toga, ancora le prensure, o ver lapule infixe retinente, et dil Aperine alcune adhaerente follicule, in medio delle cinque comite, secondo tra Osfresia et Achoé, doppo la Regina collocato. Sei altre contubernale dal altro lato. Distanti l’uno dal altro, tanto che quella longitudine tenivano ordinatamente occupata. Et nel sublime throno mediano, discesa sopra l’inferiore grado basilicamente resideva lei, et cum augusta dignitate.La corona che sopra il throno di enchaustica pigmentura, una venusta imagine imberbe caesariata di flava capillatura continiva. Cum alquantulo di pecto coperto, di exiguo panno, sopra le passe ale d’una Aquila, cum il capo levato fixamente quella contemplando. La quale di una azurea diademate era redimita, cum septe radii ornata, et alli pedi dill’aquila uno ramo de qui et uno de lì, era di verdigiante et immortale lauro, et tali signi uno per lato erano expressi. Il simigliante modo depicto vidi in qualunque corona, cioè il figmento propriato al suo planeta. Fortuito acadette che drieto alle spalle mie era la gioia continente la historia dillo Alipe Mercurio, et vidi volvendome, come la benignitate sua era depravata, quando egli sa ritrovava nella maligna cauda del venenoso Scorpione. Et ridriciatome pensitava quanto di habito abiectissimo tra tanti sumptuosi indumenti me ritrovava, né più né meno, quale difforme et vile è quella mortifera bestia, tra gli nobilissimi Zodiaci signi. Poscia compositamente sopra le magnifiche banche sedevano. Le quale tutto l’ambito circundavano degli alamenti. Hora alla dextera parte et sinistra della corte, quanto habilmente sedere poteano le ingenue donne richissimamente adornate, et de insoliti et eleganti componimenti di capo, cum excogitati muliebri, più belli del mondo in distincti noduli riconduti gli capelli et intreciati. Alcune cum la bionda testa cum crinuli Popeani irriciati, et iustamente discreti, et modestamente undiculati, sopra le rosee, et illustre fronte, et piane tempore. Et altre cum capillatura (quale Obsidio non Latio, non Hispano, ma Indico) nigerrima, di candidissime margarite venustamente decorate, et cum Spintri ad gli nivei humeri di pretio incredibile ornate. Stavano cum tanto venerato et attentione, che ad uno tempo tutte, quando le servente alle mense le sue riverentie genuflectendo faceano. Et queste quello medesimo levatose dal grato sedere faceano. Ciascuna vestita di oro collustrante, cum mirabile textura et opere. Queste non convivavano ad queste mense. All’incontro della triumphante Regina, correspondeva l’apertione della tertia cortina, la quale era una magna et egregia porta, non di marmoro, ma di vago, et durissimo diaspro di oriente. Facta per arte et prisco operamento, molto spectabile et digna. Da qualunque lato de qui et de lì di questa excellentissima porta verso alle donne alla mensa sedente, demoravano le adolescentule musice, sette per lato, cum habiti Nymphei dignissimi et pretiosi. Le quale in omni mutatione, overo depositione dilla dapale mensa, variavano soni et gli instrumenti. Et dummentre si epulava, altre di queste cum angelico et Sireneo concento suavemente oscinavano. Hora in uno subito furono collocati tripodi di Hebeno, et temporarie mense, senza tumulto et strepito, ma ciascuna paratissima al suo destinato officio, et cum affectuoso conato aviduta et perspicace, et al suo iniuncto et imposito ministerio totalmente intenta.
Et quivi primariamente dinanti la Regina furono affermati tripodi di tale factura. Sopra una rotundatione di optimo diaspro, egregiamente liniato. Sopra el quale erano tre stipiti infixi. Lo imo degli quali desineva sopra il piano in una rapida branchia de leone d’oro, cum exquisita fogliatura gli styli ingurgitante, circuncirca investiti di politissima fogliatura. Et nel mediano suo ciascuno havea appacto uno capitulo di puppo, nel medio di due passe alette retinuto, dagli quali verso l’uno all’altro pandava uno fasciculo di rami coacervati nel medio turgescente, cum varii fructi referto. Gli quali styli nella suprema parte haveano una proiectura aptissima ad substinire la rotunda mensa dinanti a essa regina, questo instrumento era immutabile, ma le mense rotunde subitarie variavano. Come variava la materia degli vasi ad qualunque mutamento di mensa. Daposcia in uno battere di ochio, fue sopra questo tripodo posto una rotunda mensa d’oro aequatissima per diametro pedi tre et di crassitudine policaria et di questa forma et mensura erano tutti gli sequenti. Et sopra le eburnee mense fue explicato uno odoroso mantile di panno hormisino verde et politulamente distenso, lato et longo quasi fina sopra al pavimento, defilato nella extremitate per tutto, cum gli proprii fili ritorti, et commixti di fili aurei et argentei, dependuli sotto una lista, overo phrygio, di uno sextante la sua latitudine, et subtilmente ritramata, et di perle copiosamente fulcita. Dal pavimento suspesi aequabilmente uno palmo circuncirca per omni lato. Et di questo operamento tutti gli mantili erano nelle sue extremitate phymbriati et decoramente ornati. Di proximo sequitoe una venusta et agile fanciulla cum una larga latina aurea colmata, di fiori di viole Amethistine lutheole et bianche, quale nella nova vera odorifere, per tutte le mense (excepta quella della Regina sempre nuda) promptissimamente disseminandole sparse. La Sacra maiestate della Regina exuto se havea il pomposo sagulo regillo, che tale mai non vide Lolia Paulina Romana, et ristoe in una sumptuosissima investitura belluata, di purpurante villito chermeo, per tutto contexto di multiplice avicule et altri animaletti, fronde et fiori, di nodatura ordinata, et alquanto le opere tumide di illustrissime margarite, cum uno tenuissimo suparo di sopra. Infecto uno pauculo di croceo colore sericeo propalando le coperte opere et il Chermeo per la sua lympica subtilitate. Il quale habito era in summo legiadro et venusto et Imperiale. Succedeteno poscia due elegante fanciulle. Le quale portorono una artificiosa fontana di continuo fundere, artificiosamente l’aqua reassumendo, che la spargeva, et era di nitido oro, in una concha bellissima operatura fundata, et anti di tutti la puoseron dinanti alla Regina. Et non più praesto sopra di l’aurea mensa fue appraesentata, che inseme legiadre inclinatione feceron, inclinando parimente la testa adornata. Et cum il genuflexo uno policari meno di agiungere al terso pavimento. Simigliante riverentie compositamente ad uno tempo le mediastime ministre che famulavano, successivamente observatrice et dinanti et daposcia all’offerire di qualunque cosa faceano, et ad la remotione. Tre altre praestante adulescentule appresso quelle sequitorono. Una cum uno aureo Gutturnio. Et l’altra cum uno bacile, overo malluvio lucentissimo. La tertia cum una delicata tovaglia di setta bianchissima.
La diva Regina le mano lavatose, quella gerula del aureo palubro riceveva la lotura, che nella fontana reassumpta non ritornasse. Et quella del gutturnio baiula, tanta aqua odorissima infundeva, quanto se effundeva, perché la fontana di miro excogitato non se vacuasse. La tertia agevola le mano tergeva. Il sparso et lato vaso di questa fontana, fondato fue artificiosamente sopra quatro rotule, et conducevano discurrendo sopra le mense ad lavare habilissimamente le mano di tutti gli discumbenti. Il quale nel medio promineva ultra gli sui lati labii di bulle gemmale inoculati, alveato compositamente, quale era la lacuna del vaso in circuito, et cum altri expressi. Sopra questa prominente parte assideva uno nobilissimo vaso et sopra ad questo uno altro variato, ma ambidui coniugati di due ansule, cum exquisita depolitura et elegante operatura et pretiosissima ornatura. Imperoché tra gli altri inextimabili gioielli nel propillato suo migrante in uno fiore, fora del quale emineva uno adamante deformato in uno pirulo cum l’aculeato nel fiore infixo per tutto collustrante, di invisa et inexcogitata granditudine. Et secondo il mio odorante senso, l’aqua iudicai di rose, immixto succo di cortice limonario et pauculo d’ambra, o vero di Beenzuvì cum solerte gradatione, cum grata et suave odorificatione.
In medio di questa stupenda area, fue exposito uno mirando vaso da suffumigio, non solamente per la nobile et perfecta materia, la quale era puro et optimo oro. Ma per la conspicua et antiquaria factura, cum l’Anteride sopra tre rapaci pedi di foeda Harpyia. I quali in fogliatura praestavano illigamento ad essa basi triangulare, di historiette copiosamente ornata, secondo che tale metallo expostula. Sopra gli porrecti angoli degli quali, tre spiritelli nudi assistevano, ordinatamente constituti, alti di dui cubiti, cum le scapulete volute l’una ad l’altra, convicini l’uno cum l’altro. Calcavano la basi nel angulo pausando cum il dextro pede, et cum l’altro pensile et soluto, verso il firmato dell’altro Puello. Et ciascuno ambidui gli cubiti sublevati, tenivano uno stylo balausticato, et nel imo gracile, et nella parte superiore fatiscente in una conchula per omni mane, dilatata nella apertione, et poco lacunata, cum gli oruli lati. Sei erano cum debita circuitione, uno al altro adhaerentise. Tra lo interscapilio degli alati Puelluli dal centrico puncto della piana della dicta basi triangulare, ascendeva uno stylo di egregio expresso di candelabro antico, il quale nel suo acuminato teniva la sua conchula, quale l’antedicte, et di tanta apertura, quanta conveniva ad occupatione dil vacuo, tra le sei conchule mediano relicto. Le quali conchule havevano le ministreg complete di accense prune, et di cenere poscia ricoperte, et di sopra la cinere bulliva una ampulla aurea per qualunque conchula. Cum dissimile liquore, o vero aque cum infusione diurna delle materie odorose, come suspicai, che ciascuna ampulla havesse distincta aqua, quale se potria dire in una aqua Rosacea, Narancea, Myrtea. Di fronde tenelle di lauro, di fiori sambuculi et altre notissime, cum variata et sotiale materia odorante, et queste bulliendo una inexperta fragrantia spirava per tutto suavissima. Alla praesentia della magnificentissima Regina sempre famulavano tre venerante et comptule puelle cum politione degli velanti habiti di oro et di seta miro modo tessuti. Il colore all’intuito gratiosamente cangiante, del coloramento degli mantili, che cusì come si mutava gli mantili, per il modo medesimo di vestimenti Nymphei le ministrante quanto al colore se variavano, cum uno lepidissimo grumo degli drapi sotto la sua stricta cinctura, gyrando dalle carnose et nivee spalle, et tirati sopra il copioso pecto moderatamente tumido, ad exprimere la vallecula mammillare, tanto extremamente voluptica, che lo optatissimo alimento ad gli speculanti parco rendeva, cum mille torquetti et cordelle d’oro et di seta comptule ornato. Di cura studiosa foeminile, ad praecipitante voluptate, degli illecti et amorosi sguardi, dolcissimo saporamento, superante qualunque cibato appectibile et gratioso, calciate di calciamini d’oro cum lunaria apertione sopra il nudo pede tutte parimente cum fibule auree volupticamente nexe. Cum defluo capillamento biondo et uberrimo et fina alle sure distenso. Nella bianchissima fronte cincti di strophiole di grosse et uniforme margerite. Assistevano esse trine ante essa cum singulare et divota riverentia, molto accorte et ad tale officio disposite cum praecipuo et prompto ministerio, le quale non servivano, se non ad una mensa. Sopra venendo poscia l’altra mutatione di mensa, tutte queste ristavano in pedi serve facte cum le ulne nodate cum summa veneratione. Et cusì successive tutte le altre observavano, sempre altre tante in numero innovavase. Delle tre ministrante a ciascuno convivante. Quella tra le due, il cibo offeriva, quella da lato dextro assotiava di sotto quel cibo cum una platineta, a ciò che cosa alcuna altronde non cadesse. La tertia alla parte leva elegantemente gli labra tergeva cum uno candidissimo tersorio subtile et mundissimo. Ad qualunque acto in prompto era la riverentia. Il tersorio più non era reiterato a quello officio. Ma proiecto dalla damigella nel pavimento, era repente dalle astante collecto et d’indi asportato. Et quanti morsi dovevasi porgere, tanti odoranti et profumigati tersorii plicati, seco apportavano mutatorii seritii, cum mirifica operatura textili. A ciascuno dunque degli discumbenti tale ordine della mensa diligentemente observavano. Imperoché conviva niuno ad tale pasto alcuna cosa attrectava, ma opportunamente era dalle servente pabulato, excepto del poculo. Alla primaria mensa da poscia tutti lavatose cum l’antedicto fonte di solerte artificio per violentia di concepto aere, o vero introcluso, saliva l’aqua reassumpta. La quale cosa tanto exquisita, pensitai che per gemine fistule de qui et de lì inaequale, per uno intersito pariete nel mediano pertusato era el vaso intro diviso, et per proprio impulso violentata l’aqua ascendeva, la quale havendo cum subtile investigato cognita extremamente grata mi fue. Dapò la lotione di tutti, alla Regina primo, et successivamente a ciascuno, dalle philocale puelle ministrante, fue dato uno volemo pomulo d’oro, egregiamente transforato, et introclusa una mixtura pastale di mirabile odoramento, per tale causa, che le ociose mano di qualunque dal dicto Trigone, o vero pila fusseron ad qualche acto occupate, et gli sensi ad riguardare et odorare, cum pretiosi lapilli decorata. Quivi dunque per omni mutatione di condimento, due domicelle edeatrice bellissimamente trahevano in la mediana della regia corte, uno stupendo repositorio sopra quatro labile rote, nella parte anteriore in forma di uno Naustibulo, o vero cymbio el residuo postero deformato in triumphante Carro di purgatissimo oro, cum efferato di multiplice Scylle et monstruli aquatici, et molti exquisitissimi expressi, et mirificamente exacti, di richissimi lapilli cum elegante distributione et mirifico ornamento, per tutto compositamente referto, il scintillare degli quali per tutto il susceptibile ambito splendevano, et nel rutilare degli altri gioielli in omni lato diversamente locati cum fulguratione ricontrantise, diresti licentemente ivi Phoebo le splendente come comente, cum una Nympha sedente, il volto cui non meno cum gli ochii illustre venustava. Dunque alla continua nitentia, et splendore di tante ineffabile operature, additamento ritrovare non si potrebbe, né aequivalente comparatione quantunque si fusse il Babylonio Tempio cum le tre auree statue. Intro del quale erano capacemente praeparate tutte cose Embammate et caryciamenti opportune ad tutta la exigentia della variata mensa, portava mantili, fiori, calici, tersorii, vasi, fussinule, poculenti, esculenti, et saporamenti. Questa plaustraria Nympha poscia il praeparamento alle diruitrice promptuariamente distribuiva. Deponentisi poscia la mensa per l’altra mutatione, omni cosa sopra recitata alla diruitoria rheda ritornava. La quale partitose, le fanciulle tubante di tube ductrice, quale non furono invente da Piseo Therreno, né da g ii Maleto re di Etruria et inseme le Tibicinarie immediate inchoavano a sonare, et per questo observato modo omni fiata faceano, che il gestatorio se dispartiva. Sonando dummentre che quella ritornasse, poscia cessavano. Et quando si mutava la mensa, et queste variavano gli musicali instrumenti, et quando cessavano, alhora le cantatrice dolcissimamente cantavano, da fare sopire le Sirene, cum Aeolio modulo, cum Tibie Aulitice, et Bifore, del quale modo inventore non fue Troezenio Dardanio. Et per questo ordinato modo continuamente si udivano gratissimi soni, si auscultava lepidissimi concenti, si persentiva delectabile melodia, iocundissimo odoramento, se exhauriva, et lautissima satietate suavissimamente gustando si receveva. Omni cosa dunque mutuamente ad dignitate, ad gratia et oblectamento sencia difecto convenivano. Ad questa primaria et splendida mensa, tutti gli mensali utensilii, o vero instrumenti furono di finissimo oro, et di questo la tabula rotunda dinanti la Regina. Et fue appraesentata una cordiale confectione, quanto io accuratamente coniecturare valeva, era una opifera compositione et praeoptima, di rasura corni cioè de unicornio, cum gli dui sandali, Margarite trite nell’aqua ardente al foco ignite, et in quella extincte fina all’ultimo recisamento, Manna, Nuclei Pinei et aqua rosacea, mosco, oro macinato molto pretiosamente composito et ponderato, et cum finissimo Zacharo et amylo streto in morselli. Di questo ne dette due prehense cum moderato intervallo, et sencia potione per ciascuno, cibo di prohibire omni obstinata febre, et excludere qualunque trista lassitudine. Facto questo in instante furono levate et rimote tutte cose et sparse le olente viole in terra et denudata la mensa. Diqué non più praesto che cusì facto fue, che di novo un’altra fiata fue ricoperta la mensa di Talasicho panno, et etiam tutte le ministre, et come in la prima la coprirono di fiori cedrini, Narancei, et di Limoni odorissimi. Et quivi appresentorono in vasi di Beryllo, et di questa gemma era la mensa regia (excepte le fussinule, che erano d’oro) cinque offule, o vero frictille, di pastamento crocato et cum fervente aqua rosea et Zacharo immassate, iterum et cum aspergine della dicta aqua moscata finissima irrorate, pruinate et di subtilissimo Zacharo. Questi tali globuli di tanta suave degustatione et diversificata, furono diligentemente cocti cum tale distinctione. La prima offerta, in olio di fiori narancei. La seconda, in olio di chariophylli. La tertia, in olio di fiori di Gausamino, la quarta, in olio di finissimo beenzuì, l’ultima, in olio expresso di mosco et di ambra. Havendo nui saporosamente et cum avida et cum lurca appetentia questo delectabile edulio degustato, appraesentorono uno solemne calice poscia, della petra sopra nominata, cum il copertorio suo, et di sopra ancora, de uno tenuissimo velamine sericeo vermiculatamente ritramato, di seta et di oro tecto, et sopra la spalla della baiulante reiecto, et al dorso parte dependulo. Et cum questa observantia tutti gli vasculi poculatorii et condimentorii contecti appraesentavano. Dentro al quale bibatorio havevano infuso uno pretiosissimo vino, unde sencia fallire enucleatamente suspicai, esso dio negli Elysii campi vindemiando havere posto la sua divinitate in tanto suavissimo liquamine. Ceda quivi dunque il vino Thasio, et qualunque pretioso haustibile. Sencia differire, dopo la gratissima potione deposita questa mensa lautissima. Et sopra il lustrante pavimento sparsi gli odorosi fiori, uno mantile fue praestamente extenso di panno di seta muriceo, et di carnee, o vero molochine rose, candide, vermiglie, moschete, damascene, tetraphylle, et Giebbedine di sopra commixte disseminorono. Et expeditamente portorono le nove famulatrice, del dicto panno et coloramento indute, sei incisure per ciascuno di capo caecamente saginato, et humidamente cum la perfusa pinguitie sua et aqua rosea crocata asperso, et cum succamine Neranceo commixto, optimamente assato et tutto poscia inaurato, et cum sei accommodate scindule di niveo pane Mnestorense, dinanti depositorono. Et appresso cum saporamento di succo Limonario cum fino Zacharo modificato, cum seme di pine et cum il suo hepate macinato, adiuncto aqua rosacea, mosco et croco et Cinamomo electo, et cusì tutti gli saporamini cum praecipua et exquisita gradatione compositi et participati et optimamente conditi. Gli vasi tutti furono di Topatio et la rotunda mensa. Questa tertia frugale et magnifica mensa, come di sopra dispreparata, fue sencia mora l’altra innovata, et cum sericio panno de raso di colore luteo lucidulo ricoperta (et le servitrice indute del medesimo) et di fragranti fiori di lilii convallii et di Narcyso tutto florulato, immediate fue tale condimento exposito, septe bolli di polpa di perdice cum acre diligentia iurulenta, tosta, et altretante bucelle di oculato et lacteo pane. Saporamento. Accere, mandole macinate cum tricocto Zacharo, amylo, sandalo citrino, mosco et aqua rosea. Vasi di Chrysolitho, et la circulare mensa. Ultimo offerivano il pretiosissimo poculo, et cusì observato era nelle sequente. Rimota la quarta opima mensa, nella quinta fue revestita la tavola di panno di seta Phoeniceo, similmente era lo habito Nymphale. Fiori cairi, lutei, candidi, et amethistihi. Pulmento octo morselli di polpamento g iii di fasiano offertissimo et succido assato, et altretanti buccei di leve et candidissimo pane, saporio tale. Torli recenti cum pinuli, aqua narancea, succo granateo, Saccaro Colosino, et cinnamomo. Vasi di Smaragdo, et la mensa della sublime Regina. Asportata questa solenne mutatione, sencia intercalare, fue extenso uno panno di seta Ianthino, et gli Nymphei indumenti. Fiori le tre sorte di Iosamino, punicei, gialli et bianchi. Cibato bucconi nove dal carinato del conservabile Pavone cohumidamente iurulento et torrido adipato. Salsamento verdissimo et acidulo, cum pistachii triti, Saccaro Cyprico, amylo, mosco, Thymo, serpillo, origano biancho, et piperea. Vasi di Saphiro Cyaneo, et la mensa regale. Ad questa septima opipera mutatione, asportorono la sumptuosa tavola, tutta di bianchissimo eboro subtilmente segmentata, et riportata un’altra di pretioso ligno Aloè optimamente di glutino compacta, et da una extremitate all’altra, cum miro excogitato excavata di nobilissimi nodamenti di fogliatura fiori vasi, monstriculi et aviculette, et refarcita di nigro pastamento di mosco et ambra cum federata mixtura. Questo dritamente istimai elegantissima et cosa sumptuosa, odore spirante delectabile il mantile bianchissimo et subtile, cum vermicularia textura di Bysso di Carysto, et di tale panno gli ornati vestimenti delle fanciulle ministrante. Fiori di Cyclaminos, cum tutte maniere di Gariophylli excessivamente odorigeri. Dunque, chiunque valeria tanta suavissima et varia fragrantia cum continuo et novo congresso iocundissimo al senso considerare, non auso exprimere. Optima confectione in morselli, polpe di dactyli, cum pistachii, cum aqua di rose contriti, et Saccaro insulare, mosco, adulterata di oro pretioso trito, in tanto che le prehense tutte di oro appariano, tre per ciascuno furono date. Gli vasi di hiacyntho, et la mensa circulare, conveniente petra ad tanta excellentissima dispositione della diva mensa et lauticia, non subdita alla legie Licinia. Dapò la iocunda et gratissima degustatione di questa mirabile confectione, et ad terra gli fiori rivoluti, per una basilica magnificentia, fue sencia mora portata una grande concha aurea, et di prune accense piena, nella quale il mantile proiecto et gli tersorii di Bysso, tanto spatio elle nel foco il lasciorono, che tutto ignito si accense, et d’indi poscia educto et frigerato, se vide illaeso praepurato et mundissimo, come inanti. Et questa ancora fue una praeclara ostentatione et invisitata. Novissimamente gli tripodi et le tavole furono praestamente depositi, et d’indi asportati. Le quale tutte praeexcellentissime ostensione, quanto più pensiculatamente le considerava tanto più inscio stava et stupefacto, ma per certo sopra omni, cosa cum intensa admiratione prehendeva extremo oblectamento, videndo tante, et sì magne, et triumphante, et effusissime sumptuositate de incredibile impensa et lautitia, che meglio arbitro essere il tacere, che exiguamente dire, si non che di minimo pretio ceda quivi le Sicule dape, gli ornamenti Attalici, et gli vasi Corinthii, et le delitie Cyprie, et le saliare cene. Niente dimeno tanta suprema et excessiva alacritate et cordiale delectatione, et summa (in tante delitie) et extrema voluptate per una di queste tre, che a questa mutatione per sorte dinanti a me ministravano, mi era interrotta, intercepta, et contaminata, la quale havea quasi in tutto il venusto sembiante et repraesentativo aspecto dolcissimo di Polia, et in gesti excitanti, subduli et furacissimi risguardi. Questo ad me accedeva non pusillo incremento di suavitate, ad la summa et praecipua dulcitudine, degli saturativi et opimi condimenti, et largissima refectione. Ma pur acconciamente et sedulo gli ochii mei excitati, et illecti ritraheva, di mirare tante pretiosissime gemme, per tutto universalmente cum fulguritio illustramine praelucentissime, tanta diversitate de invise bellecie, Conspicui decoramenti, et quasi in chostei e’ gli havea mancipati, cum immoderata cupidine di spectare la correspondentia di quella summa pulchritudine. Finalmente per l’ordine praefato, le mense desordinate, me feceron nuto, che di loco me movere non dovesse, per le sequente pemmate, et richissimi et dulcissimi bellarii. Et quivi primo alla venerabile et diva praesentia della Regina, et subsequente poscia ad nui, Cinque formose famulante vestite di investitura di seta Cyanea et di aurea trama bellissime contexta, a ciascuno cum singulare praestantia inseme ad uno tempo sa ppraesentorono. La media all’altre teniva uno insolente arbusculo di cinabarissimo coralio, quale non sa trovarebbe alle Orchade insule di uno cubito alto. Sopra uno monticulo tutto di smaragdo superstitiosamente infixo. Il quale monticello iaceva sopra lo orificio di uno antiquario vaso di purgatissimo oro, quasi ad la similitudine di uno calice, alto altretanto, quanto il monticulo et il ramicoso coralio, pieno di miraveglioso artificio de frondato, non di nostra aetate expresso. Tra il gracilamento dil pede et dil calatho, nodava cum maxima politura uno pomulo di inextimabile factura, similmente la basi et la cupa erano di egregia anaglyphia di foglie, monstriculi et biforme scyllule tanto exquisitamente expressi, quanto mai Toreuma si potesse efferare, cum proportionata circulatione. Et il mordicante claustro dil monticulo glandulato era di incomparabili gioielli, et cusì per tutta la basi, ove g iiii decentissimamente fue opportuno. Fulguriciamente collustravano collocati. Negli rami del quale arbusculo, erano artificiosamente applicati alcuni floruli aperti, deformati in pentaphylla rosa. Alcuni di praelucente Saphyro, et tali di illustrante hiacyntho, o vero berilo. In cinque di questi fiori, dentro erano appacti, cinque pomuli, quanto una sorba et più, et di quella pictura, in uno apiceo aculeo d’oro, che promineva dal centro del fiore, mentivano illo producti.
La quale iuvencula riverente geniculata a terra, cum il dextro genochio, l’altro riservando levato, sopra esso acconciamente questo spectando Coralio reteniva. Il quale ancora oltra gli ramuli occupati degli pretiosi fiori, haveva nelle cime degli altri curiosamente infixe monstruose perle. Un’altra di queste haveva il poculo, cum pretioso liquore, quale non dede la superba Cleopatra al capitanio romano. Le tre altre exequivano il suo incumbente ministerio, come di sopra consueto. Extirpato dunque uno dopo l’altro, cum il bidentulo d’oro quelli fructuli (a mi incogniti et mai visi) ad nui offerendogli, saporissime li gustassemo. Ma la inopinabile suavitate di gusto ch’io sentiti, non altramente, quale si nella gratiosa materia disiuncta, fusse l’ingresso della optata forma. Et quivi furono restituiti gli volemi pomi d’oro, recitati di sopra. Novissimamente apparve una miraculosa opera, un’altra fontana perpetua per artifico excogitato della inanti dicta materia. Ma di altra dignissima deformatione et figmento, mirificamente tudiculata. Fundata sopra uno stabile Axide, per il quale le volubile rote invertivano. Sopra il quale Axide firmata constava una inaequale quadratratura tripedale longa, et lata bipedale, et triente sublevata. Nelle parte angulare per ciascuna sedeva una Harpyia, cum ambe l’ale alla corpulentia d’uno superiore vaso porrecte, superassidente, nel aequato mediano di questa quadrangula, cum gulule et undicule, et follicule coronicata optimamente alle extremitate circumvestita. Et in qualunque facia sua, per tertio divisa, la partitione mediana intersepta in undicule, contineva di semilevatura inscalpto uno triumpho di Satyri et di Nymphe cum Trophaei et exquisiti acti, excepte l’anteriore, et parte posteriore, moderatamente sinuate, le quale in lo loco de liniamento quadrato, se contineva una rotundatione interundulata, nella quale mirificamente era inscalpto uno sacrificulo, cum una veterrima ara in una et nell’altra cum pluscule figure et actione, gli residui vacui convicini, le caude delle Harpyie bifidate, et de qui et de lì aptissimamente in volubile fronde converse, egregiamente convestivano. Nel centro mediano dell’aequatura del narrato quadrangulo, fora di uno antiquario fogliamento, prosiliva uno veterrimo vaso bellissimo, la circuitione sua non excedente il contento dilla supposita quadrangulata piana. Et questo cum tutta la sequente opera, cum omni proportionata disquisitione et dell’ascenso, latitudine, et crassitudine, et cum decentissimi liniamenti vasarii, diligentissimamente delimato fue et perfinito, cum absoluta et depolita deformatione. Il quale nel suppresso orificio, nasceva una concha. L’ambito della quale excedeva il vaso basicale subiecto, cum canaliculi circumornata, et cum hiato sparso cum largi labri, quale mai Toreute valse cum la Tudicula tudiculare. Nel centrico puncto della quale, uno altro vaso promineva di incredibile factura mirando, nel tertio del imo del quale erano scindule tuberate extrinseco, poscia circuncingeva uno ordine de varie et inextimabile gemme umbiliculate, cum mutua alternatione del coloramento praefulgentissime adornato. Sopra questo appacto era uno monstrificato capo virile. Dal quale procedeva et de qui, et de lì la tectura sua in exquisita fogliatura, per tutto investiendo cum il congresso del opposito capo, decorando venustamente lo expedito corpo vaseo. Nella proiectura labrale sopra ad perpendiculo dil capo, assideva uno annulo, dal quale et de qui et de lì suspenso pendeva uno fasciculo cum acervati ramuli di fronde et fiori, et fructi, nel pandamento turgescente, cum praepolita illaqueatione, et in uno et in l’altro annulo. Sopra il mediano curvamento sotto la proiectura del labro era affixa una testa di seniculo cum il mento riducto in fronde mordico di uno sipunculo per il quale emanava l’aqua della fontana per artificio perpetua in la subiecta concha.
Nel Patore dunque di questo vaso promineva uno pretiosissimo monticulo, mirabilmente congesto di innumere gemme globose pressamente una ad l’altra coacervate, cum inaequale, o vero rude deformatura, lepidissimamente il monticulo scrupeo rendevano, cum corruscatione di varii fulgetri di colore, cum proportionata eminentia. Nel vertice, o vero cacumine di questo monticulo, nasceva uno arbusculo di mali punici, di tronco, o vero stipite et di rami, et similmente tutto questo composito di oro praelucente. Le foglie appositie di scintillante Smaragdo. Gli fructi alla granditudine naturale dispersamente collocati, cum il sidio d’oro ischiantati largamente, et in loco degli grani ardevano nitidissimi rubini, sopra omni paragonio nitidissimi di crassitudine fabacea. Poscia lo ingenioso fabro di questa inextimabile factura et copioso essendo del suo discorso imaginario havea discriminato, in loco di Cico gli grani cum tenuissima bractea argentea. Oltra di questo et ragionevolmente havea ficto et alcuni altri mali crepati, ma di granelatura immaturi, ove havea composito cum improbo exquisito di crassi unione di candore orientale. Ancora solertemente havea fincto gli balausti facti di perfecto coralio in calici pieni di apici d’oro. Ultra di questo fora della summitate del fistulatamente vacuo stipite usciva uno versatile et libero stylo, il cardine imo del quale, era fixo in uno capo peronato, o veramente firmato sopra il medio dell’axide. Et ascendeva per il pervio et instobato trunco.Il quale stylo fermamente infixo uno conspicuo vaso di Topacio susteniva, di antiquaria forma, la corpulentia ima del quale era lata, cum tumidule scindule cincto nell’apertura mirificamente di una coronicetta, sotto la quale era una fasciola inclaustrata d’un’altra subiecta. Nella quale ligatura, in quatro aequale divisione, appacti erano quatro alati capituli di puerulo cum quatro stillanti sipunculi negli labri. Da poscia il residuo si acuminava dua tanto, quanto la ima corpulentia in una obturatione sopra l’orificio di una inversa fogliatura. Sopra la quale superapposito era uno altro vasculo quasi circulare protecto di uno subtilissimo fogliamento et coronicette et artificioso orificio. Dal fondo di questo, principiava una cauda florea di uno Delphino alquanto al gracilamento del substituto vaso copulata, et discendeva cum il capo pinnato di fronde sopra la circundante cinctura, ove affixi erano gli puerili capi. Et cum moderato gibo, o vero repando prope el capo et pandante verso la coda, elegantissime anse formava. Et tutta questa proclivula parte, cum exquisita politura indicava expresso di optimi liniamenti. Tale vaso supremo collocato, tanto perfectamente fue fabrefacto, che quando la biga era mota, il stylo cum il vaso commesso gyravase intorniando, et fundendo l’aqua fora del contento dell’arbore, et affirmantise le rote cessava il gyrare. Et per questo modo pensiculai che il trochilare suo havea la violentia da una delle rote, continente un’altra denticulare verso il fuso versatile, il quale havea gli receptaculi degli denti, et moveva il stipite del vaso. Le rote erano semicoperte, da una alatura quasi apparevano due ale passe, una de qui et l’altra de lì, cum alcune Scylle decorate. Questo mirabile operamento dinanti a qualunque discurrendo, humefacte le mane et poscia il volto, de inopinabile fragrantia tutti olidi effecti, le mano confricassimo, che mai tale, né tanto odore se offeritte ad gli mei sensi. Et per questo modo le aptissime puelle il conferivano. Dunque cum tale aspergine della odorantissima aqua irrorati, le herile servitrice cum singulare dimonstratione di benignitate, uno scypho d’oro offeritteno, cum il quale primo la suprana Regina cum praecipua affabilitate tutti salutati, il dolcissimo nectare bibe, et subsequente per ordine l’uno cum l’altro cum riverente et gratiose et mutue honorificentie nui solemnemente bevesemo. Optima clausura et Sigillatione di tutte le ricevute Chariceumati et suave degustatione. Postremo tutti gli ridolenti fiori furono diligentemente scopati, et tuti recollecti et tuti gli analecti inde asportati, il silicato rimanete nitido et elucificato, quanto una nitella di tersissimo speculo, degli circumastanti aspecti, et gemme lustrante aemulo, et sedendo ciascuno al deputato loco, la Nympha della fontana se dispartite. Novissimamente la magnanima et excelsa Regina, ordinoe de subito una invisitata Chorea, o vero ballo, sopra gli diasprei quadrati, cum exacto artificio perfiniti, tersi, et illustrati, appresso li mortali tale cosa, unque viduta, né excogitata.