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La corona che sopra il throno di enchaustica pigmentura, una venusta imagine imberbe caesariata di flava capillatura continiva. Cum alquantulo di pecto coperto, di exiguo panno, sopra le passe ale d’una Aquila, cum il capo levato fixamente quella contemplando. La quale di una azurea diademate era redimita, cum septe radii ornata, et alli pedi dill’aquila uno ramo de qui et uno de lì, era di verdigiante et immortale lauro, et tali signi uno per lato erano expressi. Il simigliante modo depicto vidi in qualunque corona, cioè il figmento propriato al suo planeta. Fortuito acadette che drieto alle spalle mie era la gioia continente la historia dillo Alipe Mercurio, et vidi volvendome, come la benignitate sua era depravata, quando egli sa ritrovava nella maligna cauda del venenoso Scorpione. Et ridriciatome pensitava quanto di habito abiectissimo tra tanti sumptuosi indumenti me ritrovava, né più né meno, quale difforme et vile è quella mortifera bestia, tra gli nobilissimi Zodiaci signi. Poscia compositamente sopra le magnifiche banche sedevano. Le quale tutto l’ambito circundavano degli alamenti. Hora alla dextera parte et sinistra della corte, quanto habilmente sedere poteano le ingenue donne richissimamente adornate, et de insoliti et eleganti componimenti di capo, cum excogitati muliebri, più belli del mondo in distincti noduli riconduti gli capelli et intreciati. Alcune cum la bionda testa cum crinuli Popeani irriciati, et iustamente discreti, et modestamente undiculati, sopra le rosee, et illustre fronte, et piane tempore. Et altre cum capillatura (quale Obsidio non Latio, non Hispano, ma Indico) nigerrima, di candidissime margarite venustamente decorate, et cum Spintri ad gli nivei humeri di pretio incredibile ornate. Stavano cum tanto venerato et attentione, che ad uno tempo tutte, quando le servente alle mense le sue riverentie genuflectendo faceano. Et queste quello medesimo levatose dal grato sedere faceano. Ciascuna vestita di oro collustrante, cum mirabile textura et opere. Queste non convivavano ad queste mense. All’incontro della triumphante Regina, correspondeva l’apertione della tertia cortina, la quale era una magna et egregia porta, non di marmoro, ma di vago, et durissimo diaspro di oriente. Facta per arte et prisco operamento, molto spectabile et digna. Da qualunque lato de qui et de lì di questa