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decentissimamente fue opportuno. Fulguriciamente collustravano collocati. Negli rami del quale arbusculo, erano artificiosamente applicati alcuni floruli aperti, deformati in pentaphylla rosa. Alcuni di praelucente Saphyro, et tali di illustrante hiacyntho, o vero berilo. In cinque di questi fiori, dentro erano appacti, cinque pomuli, quanto una sorba et più, et di quella pictura, in uno apiceo aculeo d’oro, che promineva dal centro del fiore, mentivano illo producti.
La quale iuvencula riverente geniculata a terra, cum il dextro genochio, l’altro riservando levato, sopra esso acconciamente questo spectando Coralio reteniva. Il quale ancora oltra gli ramuli occupati degli pretiosi fiori, haveva nelle cime degli altri curiosamente infixe monstruose perle. Un’altra di queste haveva il poculo, cum pretioso liquore, quale non dede la superba Cleopatra al capitanio romano. Le tre altre exequivano il suo incumbente ministerio, come di sopra consueto. Extirpato dunque uno dopo l’altro, cum il bidentulo d’oro quelli fructuli (a mi incogniti et mai visi) ad nui offerendogli, saporissime li gustassemo. Ma la inopinabile suavitate di gusto ch’io sentiti, non altramente, quale si nella gratiosa materia disiuncta, fusse l’ingresso della optata forma. Et quivi furono restituiti gli volemi pomi d’oro, recitati di sopra. Novissimamente apparve una miraculosa opera, un’altra fontana perpetua per artifico excogitato della inanti dicta materia. Ma di altra dignissima deformatione et figmento, mirificamente tudiculata. Fundata sopra uno stabile Axide, per il quale le volubile rote invertivano. Sopra il quale Axide firmata constava una inaequale quadratratura tripedale longa,