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sipunculo per il quale emanava l’aqua della fontana per artificio perpetua in la subiecta concha. Nel Patore dunque di questo vaso promineva uno pretiosissimo monticulo, mirabilmente congesto di innumere gemme globose pressamente una ad l’altra coacervate, cum inaequale, o vero rude deformatura, lepidissimamente il monticulo scrupeo rendevano, cum corruscatione di varii fulgetri di colore, cum proportionata eminentia. Nel vertice, o vero cacumine di questo monticulo, nasceva uno arbusculo di mali punici, di tronco, o vero stipite et di rami, et similmente tutto questo composito di oro praelucente. Le foglie appositie di scintillante Smaragdo. Gli fructi alla granditudine naturale dispersamente collocati, cum il sidio d’oro ischiantati largamente, et in loco degli grani ardevano nitidissimi rubini, sopra omni paragonio nitidissimi di crassitudine fabacea. Poscia lo ingenioso fabro di questa inextimabile factura et copioso essendo del suo discorso imaginario havea discriminato, in loco di Cico gli grani cum tenuissima bractea argentea. Oltra di questo et ragionevolmente havea ficto et alcuni altri mali crepati, ma di granelatura immaturi, ove havea composito cum improbo exquisito di crassi unione di candore orientale. Ancora solertemente havea fincto gli balausti facti di perfecto coralio in calici pieni di apici d’oro. Ultra di questo fora della summitate del fistulatamente vacuo stipite usciva uno versatile et libero stylo, il cardine imo del quale, era fixo in uno capo peronato, o veramente firmato sopra il medio dell’axide. Et ascendeva per il pervio et instobato trunco.