Della pittura e della statua/Della statua/Testo

Della Statua

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Della statua - Lettera dedicatoria Tavola 1a

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DELLA STATUA

di

LEONBATISTA ALBERTI.


Io penso che le arti di coloro, che si messono a volere esprimere, e ritrarre con le opere loro le effigie, e le somiglianze de’ corpi procreati dalla natura, avessero origine da questo: che essi per avventura scorgessero alcuna volta o ne’ tronconi, o nella terra, o in molti altri corpi così fatti, alcuni lineamenti, mediante i quali transmutando in loro qualche similitudine, essi gli potessero rendere simili a’ volti fatti dalla natura. Cominciarono adunque a considerare con la mente, e ad esaminare ponendovi ogni diligenza, ed a tentare, ed a sforzarsi di vedere quel che eglino vi potessero o aggiugnere, o levare, o quel che vi si aspettasse, per far sì, ed in tal modo che ei non paresse che vi mancasse cosa alcuna da far apparir quasi vera, e propria quella tale effigie, e finirla perfetta[p. 108 modifica]mente. Adunque per quanto la stessa cosa gli avvertiva, emendando in simili apparenze ora le linee, ed ora le superficie, e nettandole, e ripulendole, ottennero il desiderio loro, e questo veramente non senza loro diletto. Nè è maraviglia, che in fare queste sì fatte cose sieno cresciuti l’un dì più che l’altro gli studj degli uomini fino a tanto, che senza veder più nelle primiere materie alcuni ajuti d’incomiuciate similitudini, esprimino in esse qualsivoglia effigie, ma altri in un modo, ed altri in un altro: conciossiachè non impararono tutti a far questo per una medesima via o regola. Imperocchè alcuni incominciarono a dar perfezione a’ loro principiati lavori, e con il porre, e con il levare, come fanno coloro che lavorando di cera, stucco, o terra, sono da’ nostri chiamati mastri di stucco. Alcuni altri incominciarono a far questo solo con il levar via, come che togliendo via quel che in detta materia è di superfluo, scolpiscono, e fanno apparir nel marmo una forma, o figura d’uomo, la quale vi era prima nascosa, ed in potenza. Questi chiamiamo noi Scultori; fratelli de’ quali sono forse coloro, che vanno scolpendo ne’ sigilli i lineamenti de’ volti che vi erano ascosi. La terza specie è quella di coloro che fanno alcuni lavori solo con lo aggiugnervi, come sono gli argentieri, i quali battendo con i martelli l’argento, e distendendolo o allargandolo a quella [p. 109 modifica]grandezza di forma che essi vogliono, vi aggiungono sempre qualche cosa, fino a tanto che ei faccino quella effigie che e’ vogliono. Saranno forse alcuni che penseranno, che nel numero di costoro si abbino a mettere ancora i Pittori, come quegli che nelle opere loro si servono ancora essi dello aggiungervi i colori: ma se tu ne gli dimandarai, ti risponderanno, che non tanto si sforzano di imitare quelle linee, e quei lumi de’ corpi che essi veggono con l’occhio, mediante lo aggiugnere o il levare alcuna cosa a’ loro lavori, quanto che mediante un altro loro artificio proprio e peculiare. Ma del Pittore ne tratteremo altra volta. Costoro veramente che io ho racconti, vanno, ancor che per diverse vie, nondimeno tutti dietro a questo: di fare che tutti i lor lavori, a far i quali si son messi, apparischino per quanto ei possono, a chi gli riguarda molto naturali e simili a’ veri corpi fatti dalla natura. Nel fare la qual cosa certamente, se essi andranno ricercando e pigliando quella diritta e conosciuta ragione e regola, che noi descriveremo, erreranno in vero, erreranno (dico) molto manco; ed i loro lavori riusciranno per ogni conto migliori. Che pensi tu? se i legnajuoli non avessero avuto la squadra, il piombo, la linea, l’archipenzolo, le seste da fare il cerchio, mediante i quali instrumenti, essi possono ordinare gli angoli, spianare, dirizzare, e terminare [p. 110 modifica]i loro lavori, credi tu, che finalmente fosse riuscito loro il poterli fare comodissimamente e senza errori? E che lo Statuario potesse fare tante eccellenti e maravigliose opere, a caso piuttosto, che mediante una ferma regola, e guida certa, cavata, e tratta dalla ragione? Io mi risolvo a questo, che di qualsivoglia arte, o disciplina, si cavino dalla natura certi principj, e perfezioni, e regole; le quali se noi, ponendovi cura, e diligenza, vorremo esaminare, e servircene, ci verrà indubitatamente fatto benissimo tutto quello, a che noi ci metteremo. Imperocchè siccome noi avemmo da essa natura, che di un troncone, o di un pezzo di terra, o di altra materia, come si è detto, noi conoscessimo, mediante alcuni lineamenti che si trovano in esse materie, che potevamo fare alcune cose simili alle sue; così ancora la medesima natura ci ha dimostri certi ajuti, e certi mezzi, mediante i quali noi potremo con via certa, e sicura regola, operare quel che vorremo. A’ quali quando noi avvertiremo, e ci vorremo di essi servire, potremo facilissimamente e con grandissima comodità arrivare al supremo grado di quest’arte. Ora quali sieno quegli ajuti che son dati dalla natura agli Statuarj, dobbiamo noi dichiarare. Poichè gli Statuarj vanno dietro ad imitare le somiglianze, ovvero le similitudini, si debbe incominciare da essa somiglianza. Io potrei qui [p. 111 modifica]discorrere sopra la ragione delle somiglianze, cioè perchè avvenga quel che noi veggiamo avvenire mediante la natura, che ella in qualunque sorte di animali è solita perpetuamente osservare, che ciascuno cioè nel suo genere sia in qualsivoglia cosa molto simile all’altro. E d’altra parte non si truova, siccome si dice, alcuno infra tutto il numero degli uomini, che abbia la voce totalmente simile alla voce dell’altro, o il naso al naso, o altre parti, o cose simili. Aggiungasi a questo che i volti di quelli che noi abbiam veduti bambini, e che noi poi abbiam conosciuti putti, e dipoi veduti giovani, ed ora veggiamo già vecchi, noi non li riconosciamo più, essendosi ne’ volti loro mutata di dì in dì tanta e sì fatta diversità di linee, mediante le età, di che noi possiamo risolverci, che in esse forme de’ corpi si ritruovino alcune cose, le quali con spazio e momento de’ tempi si vadino variando; e che in dette forme vi si truovi ancora un certo che di naturale e proprio che continuamente si mantiene stabile e fermo, quanto a perseverare la somiglianza del suo genere. Noi adunque lasciando da parte le altre cose, tratteremo brevissimamente di quelle, che faranno a proposito nostro, per dichiarare quel che abbiamo incominciato a trattare. Il modo e la ragione, o regola di pigliare le somiglianze appresso agli Statuarj, si fa, se io la intendo bene, me[p. 112 modifica]diante due risoluzioni; l’una delle eguali è, che quella somiglianza, o immagine, la qual noi finalmente avremo fatta dell’animale, come per modo di dire saria quella dell’uomo, ella sia per quanto più si può simile al detto uomo. Nè ci importi che ella rappresenti più la effigie di Socrate, che quella di Platone, o d’altro uomo da noi conosciuto. Conciossiachè assai ci parrà aver fatto, se avremo conseguito che un tale lavoro si assomigli ad un uomo, ancorchè da noi non conosciuto. L’altra risoluzione è quella di coloro che vogliono rappresentare non tanto la somiglianza di un uomo in generale, quanto quella di un particolare, come sarebbe a dire quella di Cesare, o di Catone, stando egli in questo modo con quest’abito, sedendo nel tribunale, o concionando al popolo; affaticandosi questi tali di imitare e di esprimere tutta quella abitudine, o attitudine di quel corpo, o la così fatta di alcun altro personaggio da loro conosciuto. A queste due risoluzioni o deliberazioni, per trattar la cosa più brevemente che sia possibile, corrispondono due cose, la misura cioè, ed il por de’ termini. Di queste cose adunque abbiamo a trattare, quali elle sieno ed a che ci possino servire, per condur l’opera a perfezione: se prima però io dirò che utilità si cavino da loro. Perciocchè elle veramente hanno una certa forza maravigliosa, e quasi incredibile. Perchè colui che sarà [p. 113 modifica]instrutto di queste cose, potrà talmente segnare ed avvertire, e notare con alcuni fermissimi contrassegni, i liniamenti, i siti, e le positure delle parti di qualsivoglia corpo, che non dico posdomani, ma di qui a mille anni, purchè quel corpo si ritruovi in quel luogo, lo potrà stabilire e collocare precisamente, ed appunto a voglia sua in quella medesima positura e sito, nella quale si trovava la prima volta: in maniera che non sarà alcuna ben minima parte di detto corpo, che non sia rimessa e ricollocata al suo primiero sito e punto dell’aria, nel quale ella si ritrovava primieramente. Come se per avventura disteso il dito tu volessi accennando dimostrare la stella di Mercurio, o la nuova Luna che sorgesse fuora, a qual punto nell’aria si ritrovasse quivi l’angolo del tuo ginocchio, o dito, o gomito, o qualch’altra simile cosa: potrai certamente con questi nostri ajuti o mezzi farlo in maniera, che non ne seguirà errore alcuno, benchè minimo; e sarai certo che non avrai dubbio alcuno, che la cosa non stia in quel modo. Oltre a questo, se per avventura avvenisse che io avessi ricoperta di cera, o di terra messavi sopra, una statua di Fidia, fino a tanto ch’esso lavoro fosse diventato una grossa colonna: tu potrai con questi ajuti, e con queste regole, affermar questo certo, di sapere, dove forandola con un succhiello, tu sia per trovare in questo luogo la pupilla del[p. 114 modifica]l’occhio, e toccarla senza farli alcuno nocumento, e dove in quell’altro sia il bellico, e dove in altro sia finalmente il dito grosso, e tutte le altre cose simili a queste. Laonde da questo ti avverrà che avrai fatto una certissima notizia di tutti gli angoli, e di tutte le linee, quanto elle sieno infra di loro lontane, e dove elle concorrino insieme, e potrai per ciascun verso cavando dal vivo o dall’esemplare, non tanto ritrarre, o dipignere, ma mettere ancora in scritto, i tiramenti delle linee, le circonferenze de’ cerchi, le positure delle parti, in maniera, che tu non dubiterai, che mediante questi tuoi mezzi, e favori, non se ne possa fare un’altra somigliantissima a quella, o una minore, o una finalmente di tanta grandezza, o una di cento braccia ancora, o tale finalmente che io ardirò di dire, che non dubiterai, che con questi tuoi ajuti non se ne possa fare una grande quanto il monte Caucaso, purchè a queste grandissime imprese non ti manchino i mezzi: e quel che forse tu più ti maraviglierai, sarà, che si potrà fare la metà di questa tua statua nell’isola di Paro, tornandoti bene, e l’altra metà potrai cavare, e finire ne’ monti di Carrara: talmente che i congiugnimenti, e le commettiture di tutte le parti, con tutto il corpo, e faccia della immagine, si uniranno, e corrisponderanno al vivo, o al modello, secondo il quale ella sarà stata fatta. [p. 115 modifica]E la regola, ed il modo del fare così gran cosa, avrai tu tanto facile, e tanto chiara ed espedita, che in quanto a me, credo che a gran pena potranno errare, se non coloro che a posta fatta, o in prova non avranno voluto obbedire a quanto si è detto. Non dico già per questo che io t’insegni l’artificio, mediante ii quale tu possi totalmente fare tutte le universali similitudini de’ corpi, o che per questo si impari a saper fare, ed a ritrarre qualunque si siano diversità, o similitudini. Conciossiachè io confesso di non fare professione di insegnarti per questa via, il modo come tu abbi a fare il volto, e la faccia di Ercole, mentre che combatte con Anteo, sicchè egli rappresenti quanto più sia possibile la bravura e la fierezza sua a ciò conveniente, ovvero come tu l’abbi a fare di aspetto benigno e giocondo e ridente quando egli fa carezze alla sua Deianira, molto in vero dissimile dell’altro aspetto, sebben rappresenta il medesimo volto di Ercole. Ma occorrendo in tutti quanti i corpi diverse e varie figure, ed attitudini, mediante gli svolgimenti o piegamenti delle membra, e le positure loro, perciocchè in altro modo si veggono terminati i lineamenti ed i dintorni di uno che sta in piede, in altro modo quelli di chi siede, ed in altro quelli di chi sta a diacere, ed in altro quelli di coloro che si svoltano, o si abbassano in verso l’una o l’altra parte, [p. 116 modifica]e similmente ancor quelli delle altre attitudini. Delle quali cose è nostra intenzione di trattare, cioè in che modo, con qual regola ferma, certa, e vera, si possino imitare e ritrarre dette attitudini. Le quali regole, come io dissi, son due, la misura cioè, ed il porre de’ termini. Tratteremo adunque primieramente della misura, la quale certamente non è altro che uno stabile e fermo e certo avvertimento e notamento, per il quale si conosce e mette in numeri e misure, l’abitudine, proporzione e corrispondenza, che hanno infra di loro tutte le parti del corpo l’una con l’altra, così per altezza come per grossezza, e quella che esse hanno ancora con tutta la lunghezza di esso corpo. E questo avvertimento o conoscimento si fa mediante due cose, cioè con uno regolo grande, e con due squadre mobili: con il detto regolo misuriamo noi, e pigliamo le lunghezze delle membra, e con le squadre tutti gli altri diametri delle dette membra. Per lo lungo di questo regolo si tira una linea diritta, lunga quanto sarà la lunghezza del corpo che noi vorremo misurare, cioè dalla sommità del capo sino alla pianta del piede. Laonde bisogna avvertire, che per misurare un uomo di piccola statura si debbe pigliare un regolo minore, e per un uomo di grande statura se ne debbe pigliare uno maggiore, cioè più lungo. Ma sia nondimeno qualsivoglia la lunghezza di tal [p. 117 modifica]regolo, noi la divideremo in sei parti uguali, e dette parti chiameremo piedi, e dal nome de’ piedi chiameremo questo regolo il modine del piede. Ridivideremo poi di nuovo ciascuno di questi piedi in dieci parti uguali, le quali parti piccole noi le chiameremo once. Sarà adunque tutta la lunghezza di questo modine sessanta di queste once. Di nuovo ridivideremo ciascuna di queste once in altre dieci parti uguali, le quali parti minori, io chiamo minuti. Da queste divisioni ci avverrà che tutto il modine sarà di sei piedi, e questi piedi saranno 600. minuti, e ciascun piede solo sarà 100. minuti. Di questo modine ci serviremo noi in questo modo. Se per avventura noi vorremo misurare un corpo umano, noi gli accosteremo appresso questo modine, ed avvertiremo, e noteremo con esso ciascuno termine de’ membri, cioè quanto egli sia alto dalla pianta in su del suo piede, e quanto l’un membro sia lontano dall’altro membro, come per esempio, quanto sia dal ginocchio al bellico, o alla fontanella della gola, o simili, cioè quante once e quanti minuti. Della qual cosa non si debbono far beffe nè gli Scultori, nè i Pittori, conciossiachè ella è utilissima, ed al tutto necessaria. Perciocchè saputo il numero delle once, e de’ minuti di tutte le membra, avremo pronta, ed espeditissima la determinazione di esse membra, talchè non si potrà fare errore alcu[p. 118 modifica]no. Nè ti curerai tu di sfare a udire quello arrogante, che per avventura dicesse: questo membro è troppo lungo, o quest’altro è troppo corto. Conciossiachè il tuo modine sarà quello, con il quale tu avrai terminato, e dato regola al tutto, che ti dirà più il vero, che qualsivoglia altra cosa. E non dubito punto che esaminate bene queste cose, tu non ti sia da per te stesso per accorgere, che questo modine ti sia per arrecare infinite altre comoditadi. Conciossiachè tu verrai per esso in cognizione del modo che potrai tenere per stabilire e terminare le tue lunghezze in una Statua minore, e similmente ancora in una maggiore. Imperocchè se tu avessi a fare per avventura una statua di 10. braccia, farai di avere il tuo regolo o modine di 10. braccia, e divisolo in sei parti uguali, che fra loro si corrispondino insieme, come si corrispondino fra loro quelle del modine minore, e fatto il simile delle once, e de’ minuti, vedrai che l’uso, modo, e regola dell’adoperarlo sarà il medesimo che quello dell’altro modine. Conciossiachè la metà de’ numeri del maggiore, ha la medesima proporzione a tutto il suo intero, che ha la metà de’ numeri del minore, a tutto lo intero del minore. E però tale ti bisognerà aver fatto il tuo modine. Ora venghiamo a trattare delle squadre: noi ne facciamo due, l’una delle quali sarà fatta in questo modo, cioè di duoi regoli [p. img modifica] [p. 119 modifica]ABC, chiamiamo AB il regolo ritto, e BC chiamiamo l’altro regolo, che serve per basa. La grandezza di questi regoli, bisogna che sia tale, che ciascuna delle sue base sia almanco non meno che 15. once del suo genere. Del suo genere intendo io di quella medesima sorte di once che tu hai fatte nel tuo modine, secondo quel corpo che tu vuoi misurare, le quali come li dissi di sopra, in un modine grande saranno grandi, e piccole in un piccolo. Queste once adunque, venghino esse come si voglino, segnate dal modine con i loro punti e minuti, incomincierai tu ad annoverare nella basa dal punto dell’angolo B andando verso il C uguali come si disse alle once ed a’ minuti del modine. Questa squadra segnata in questo modo, come per esempio è l’ABC Fig. 1. noi la soprapponghiamo ad un’altra squadra simile, detta DFG in maniera che tutta la GF serva per linea diritta e per basa ad amendue. E dicasi che io vogli misurare il diametro della grossezza della testa AKD. Movendo adunque discosterò, o accosterò a detta testa i regoli diritti AB e DF, di amendue le squadre, fino a tanto che essi tocchino la grossezza della testa, applicando scambievolmente ad una determinata e medesima dirittura le linee delle base di dette squadre. In questo modo, mediante i punti AD delli toccamenti che faranno dette squadre, o per dir meglio i regoli [p. 120 modifica]ritti delle squadre, vedrò io quanto sarà il diametro di detta testa. E con questo medesimo ordine o regola potrò esattissimamente pigliare tutte le grossezze e larghezze di qualunque si voglia membro. Io potrei raccontare molte comodità e molti servizj che si potranno cavare da questo modine, e da queste squadre, se io non pensassi che ei fosse più comodo lo starmene cheto: e massime essendo simili cose tali, che qualsivoglia mediocre ingegno potrà da se stesso considerare ed avvertire in che modo egli potrà misurare quanto sia il diametro d’alcun membro; come sarebbe per modo d’esempio, se egli volesse sapere quanto è il diametro, ch’è fra l’un orecchio, e l’altro, cioè, dal destro al sinistro, ed in che luogo egli interseghi l’altro diametro, che andrà dalla testa alla nuca, o simili. Ultimamente questo artefice s’egli mi crederà, si servirà di questo modine, o di queste squadre, come di fedelissime, e fermissime, e vere guide, e consiglieri, non tanto quando si metterà a fare il lavoro, o facendolo, ma si preparerà molto prima con gli ajuti di questi istrumenti, a mettersi al lavoro, talmente che non si ritruovi parte alcuna della statua, ancor che minima, ch’egli avrà da fare, ch’esso non l’abbia considerata, esaminata, e fattasela familiarissima. Come per esempio gli sia questo: chi saria quello, ch’ardisse di far professione di esser maestro di far na[p. 121 modifica]vi, se egli non sapesse e quali sono le parti di una nave, ed in quel che una nave sia differente dall’altra, e quali sieno quelle parti, che a qualunque sorte di navilj si aspettino? E chi sarà quello de’ nostri Scultori, e sia pur quanto vuole considerato ed accorto, che se ei sarà dimandato: per qual ragione hai tu fatto questo membro in questo modo, o che proporzione ha egli con questo o con quell’altro membro, o quale è la proporzione di queste membra a tutta la abitudine del corpo? chi sarà dico quello che sia stato tanto diligente ed accurato, che abbia considerato ed avvertito il tutto tanto che basti, o quanto è ragionevole, e come si aspetta a chi vuol saper far bene la sua arte, della quale egli fa professione? Imparassi indubitatamente le arti, principalmente mediante la ragione, regola, e strada che si ha del farle. Nè sarà giammai alcuno che faccia bene alcuna arte, e sia quale ella si voglia, se egli non avrà prima imparate le parti di essa arte. Noi abbiamo trattato della misura, in che modo altri la pigli bene, e con il modine e con le squadre: ora ci resta a trattare del porre i termini. Il porre de’ termini è quel determinamento o stabilimento che si fa del tirare tutte le linee, e dello svolgere, del fermare gli angoli, gli sfondi, i rilievi, collocandogli tutti con vera, e certa regola a’ luoghi loro. Ed il determinare così fatto, [p. 122 modifica]sarà allora eccellente, quando da un piombo di un certo centro posto nel mezzo, si noteranno, e segneranno tutte le lontananze, e tulle le estremità di tutte le linee, sino agli ultimi termini del detto corpo. Infra la misura adunque detta di sopra, e questo porre de’ termini, ci è questa differenza, che la misura va dietro, e ci dà e piglia certe cose più comuni ed universali, le quali sono più fermamente e con più stabilità insite dalla natura ne’ corpi, come sono le lunghezze, le grossezze, e le larghezze delle membra: e il por de’ termini ci dà le momentanee varietà delle membra causate dalle nuove attitudini, e movimenti delle parti, e ce le insegna porre e collocare. Per sapere adunque far questa cosa bene, abbiamo bisogno di un lustramento, il quale lustramento è di tre parti, o membra, cioè che egli è fatto di un orizzonte, di una linda, e di un piombo. Fig. 2. Lo orizzonte è un piano disegnatovi sopra un cerchio diviso in tre parli uguali, e contrassegnate con i loro numeri. La linda è un regolo diritto, che con una delle sue leste sta fermo nel centro del detto cerchio, e l’altra si gira intorno a voglia tua, talmente che ella si può transferire a ciascuna delle divisioni fatte nel cerchio. Il piombo è un filo, o una linea diritta che cade a squadra dalla cima della linda sino in terra, o su il pavimento sopra il quale posa la statua, [p. img modifica] [p. 123 modifica]ovvero figura, nella quale si hanno a determinare, ed a porre i termini delle membra, e delle linee già dette. E questo instrumento si fa in questo modo: Pigliasi una tavola piana ben piallata e pulita, ed in quella si tira un cerchio, il diametro del quale sia tre piedi, e la circonferenza di detto cerchio, nella sua estremità, si divida in parti uguali, simili a quelle, che gli Astrologhi disegnano negli Astrolabj: le quali parti io chiamo gradi; e ciascuno di questi gradi ridivido di nuovo in quante altre parti io voglio, come per esempio sia che ciascuno si ridivida in 6. parti minori, le quali io chiamo minuti, ed a tutti i gradi aggiungo i loro numeri, cioè 1. 2. 3. e 4., e gli altri per ordine, sin a tanto ch’io avrò posti i loro numeri a tutti i gradi. Questo cerchio così fatto, ed ordinato, si chiama orizzonte. Ed a questo cerchio accomodo la linda mobile, la quale si fa in questo modo. Io piglio un regoletto sottile e diritto, lungo tre piedi del suo genere, e con una delle sue teste lo fermo con un perno al centro del suo orizzonte o cerchio, talmente che egli vi stia saldo, in modo pure che egli si possa girare, e con l’altra testa arriverà fuori del cerchio, talmente che liberamente si possa transferire e trasportare all’intorno. In questa linda disegno io con i punti quelle once che vi capiono, simili a quelle del modine, che di sopra si dissero. E queste [p. 124 modifica]once ancora ridivido di nuovo in parti minori pur uguali, come si fece nel modine, ed incominciandomi dal centro aggiungo alle once i loro numeri, 1. 2. 3. e 4. A questa linda attacco io un filo sottile con un piombinetto: e tutto questo instrumento fatto dello orizzonte, della linda, e del piombo, io lo chiamo il diffinitore; ed è tale quale io l’ho descritto. Di questo diffinitore mi servo io in questo modo. Dicasi che il vivo, o il modello, dal quale io vorrò pigliare le determinazioni, sia una statua di Fidia, la quale a canto di una carretta raffreni con la man sinistra un cavallo. Io pongo il diffinitore in cima, sopra il capo della della statua, in maniera che egli stia per ogni verso a piano del suo centro, posto in cima della statua dove io lo fermo con un perno: e noto, ed avvertisco il punto sopra del quale sta in testa di detta statua, fermo il centro del cerchio, e lo segno mettendovi un ago, o un perno. Dipoi dal determinato luogo nell’orizzonte statuisco e pongo con il voltare dello instrumento, il già primo disegnato grado, tal che io so verso dove egli sia volto. Il che si fa in questo modo. Io conduco questo regolo mobile, cioè la linda, alla quale è appiccato il filo, o piombo, là dove egli arrivi al primo grado dell’orizzonte, e quivi fermatolo, lo volto, o giro con tutto il cerchio dell’orizzonte, attorno, sino a che il filo del piombo ar[p. 125 modifica]rivi, o tocchi qualche principale parte di questa statua, come sarebbe a dire un membro più noto di tutti gli altri, cioè il dito della mano destra: di quì potrò io, e come, e verso dove mi piacerà, muovere ogni volta di nuovo questo diffinitore, e riducerlo ancora che egli torni giusto, come egli stava prima sopra detta statua, cioè, che il perno dalla cima della testa della statua, penetrando per il centro del diffinitore, ed il piombo che dal primo grado cadeva dallo orizzonte, torni pendendo a toccare quello stesso dito grosso della man destra. Poste ed ordinate queste cose, dicasi che io vogli segnare, o notare l’angolo del gomito sinistro, ed impararlo a mente, e scriverlo ancora: io fo in questo modo: io fermo questo diffinitore, ed instrumento con il suo centro, posto in cima della testa della statua, in questo stato, e luogo detto, talmente che la tavola nella quale è disegnato lo orizzonte, stia del tutto salda ed immobile, e giro attorno la linda, fino a tanto che il filo del piombo tocchi quel gomito sinistro di detta statua che noi volevamo notare. Dal fare questo in questo modo, ci occorreranno tre cose, che faranno a nostro proposito. La prima cosa avvertiremo quanto la linda nello orizzonte sia lontana da quel luogo donde l’avremo prima mossa, avvertendo a qual grado dello orizzonte batte detta linda, o al ventesimo, o al trentesi[p. 126 modifica]mo, o ad alcun altro così fatto: secondariamente avvertirai nelle once, e minuti segnati nella linda, quanto esso gomito si discosti dal centro di mezzo del cerchio: ultimamente per terzo, avvertirai posto il modine su ’l piano del pavimento di detta statua, quante once, e quanti minuti il dello gomito si rilevi di su il detto pavimento. E scriverai queste misure in su ’l tuo foglio, o libretto in questo modo, cioè. L’angolo del gomito sinistro nell’orizzonte viene a gradi 10., e minuti 5., nella linda a gradi 7., e minuti 3., e dal pavimento nel modino a gradi 40., e minuti 4. E così con questa medesima regola potrai notare tutte le altre parti più notabili della detta statua, o modello, come e dove elle si truovino, come per modo di esempio sono gli angoli delle ginocchia, e delle spalle, e gli altri rilievi, o cose simili. Ma se tu vorrai notare, o avvertire le concavità, o gli sfondi, quando ei saranno tanto ascosi, o riposti, che non vi si possa accostare il filo del piombo, come interviene nella concavità, che è infra le spalle nelle reni, noterale comodamente in questo modo: aggiugnerai alla linda un altro filo a piombo, che caschi a detta concavità, e venga lontano quanto si voglia dal primo filo, che non importa: perciocchè mediante queste due fila de’ piombi, ti avverrà che per le loro diritture, come che elle sieno appiccate ad uno stile della superficie piana [p. 127 modifica]di sopra, che tagli, o interseghi amendue queste linee delle fila, e vada penetrando sin dentro al centro della statua, potrai, dico, ritrovare mediante il loro operare, quanto la seconda linea, o filo del secondo piombo sia più vicino del primo, al centro del diffinitore, il qual si chiama il piombo del mezzo. Se queste cose si sapranno abbastanza, tu potrai facilmente avere imparato quello di che ti avvertimmo di sopra: cioè che se per avventura la detta statua fosse stata ricoperta fino a certa grossezza, di cera, o di terra, potrai dico forandola con via espedita, certa e comodissima, andare a trovare subito qualsivoglia punto, o termine notato nella statua. Conciossiachè egli è manifesto, che con il girare di questa linda, si fa un piombo tale, che si disegna una linea curva a guisa della superficie di un cilindro, dal qual cilindro questa statua viene compresa, ed accerchiata. Se questo è così, in quel modo che tu potesti con quella stessa regola penetrando l’aria notare ed avvertire il punto T. K. mentre che la tua statua non era preoccupata da alcuna cera o terra, che per via di dire diciamo che fosse il rilievo del mento, tu potrai con la medesima regola far il medesimo, penetrando la cera, o la terra, come quando penetrasti l’aria, facendo conto che l’aria si sia convertita in cera, o in terra. Mediante queste cose ella si sono racconte, ci avverrà che ei si potrà [p. 128 modifica]comodissimamente fare quel che poco di sopra si disse, cioè fare mezza la tua statua a Carrara, e l’altra mezza finire nell’Isola di Paro. Imperocchè seghisi per il mezzo la detta statua, o modello di Fidia in due parti, e sia questo segamento, o taglio di una superficie piana, là per modo di dire dove noi ci cinghiamo. Senza dubbio confidatomi io negli ajuti di questo nostro diffinitore, o instrumento, e da essi ajutato, potrò notare quanti si vogliono punti, che io mi sarò presupposto di notare nel cerchio del diffinitore attenenti alla segata superficie. Se tu mi concedi che queste cose si possino fare, tu potrai indubitatissimamente notare, e segnare ancora in tutto il modello, qualsivoglia parte che tu avrai presa a voglia tua. Conciossiachè tu tirerai nel modello una linea rossa piccola, che in quel luogo ti servirà in cambio dell’intersegamento dell’orizzonte dove terminerebbe quel segamento, se la statua fosse segata, ed i punti notati in questo luogo, ti darieno occasione di poter finire il lavoro. Le altre cose ti verran fatte come ti si disse. Finalmente mediante tutte quelle cose che insino a qui si son dette, si vede assai manifesto, che si possono pigliare le misure, ed i determinamenti da un modello, o dal vivo comodissimamente, per fare un lavoro o un’opera, che sia, mediante la ragione, e l’arte perfetta. Io desidero che questo modo di [p. 129 modifica]lavorare sia famigliare a’ miei Pittori e Scultori, i quali se mi crederanno, se ne rallegreranno. E perchè la cosa sia mediante gli esempi più manifesta, e che le fatiche mie abbino maggiormente a giovare, ho presa questa fatica, di descrivere cioè le misure principali che sono nell’uomo. E non le particolari solo di questo o di quell’altro uomo; ma per quanto mi è stato possibile, voglio porre quella esatta bellezza, concessa in dono dalla natura, e quasi con certe determinate porzioni donata a molti corpi, e voglio metterla, ancora in scritto, imitando colui che avendo a fare appresso a’ Crotoniati la statua della Dea, andò scegliendo da diverse Vergini, e più di tutte l’altre belle, le più eccellenti, e più rare, e più onorate parti di bellezze che egli in quelle giovani vedesse, e le messe poi nella sua statua. In questo medesimo modo ho io scelti molti corpi, tenuti da coloro che più sanno, bellissimi, e da tutti ho cavate le loro misure e proporzioni; delle quali avendo poi insieme fatto comparazione, e lasciati da parte gli eccessi degli estremi, se alcuni ve ne fossero che superassino, o fossero superati dagli altri, ho prese da diversi corpi e modelli, quelle mediocrità, che mi son parse le più lodate. Misurate adunque le lunghezze, e le larghezze, e le grossezze principali e più notabili, le ho trovate che [p. 130 modifica]sono così fatte. Conciossiachè le lunghezze delle membra sono queste

Altezze dal pavimento Piedi Gradi Minuti
La maggior altezza sino al collo del piede è 3
La altezza di fuori del tallone 2 2
La altezza di dentro del tallone 3 1
La altezza sino al ritiramento sotto la polpa 8 5
La altezza sino al ritiramento sotto il rilievo dell’osso, che è sotto il ginocchio dal lato di dentro 1 4 3
La altezza sino al muscolo ch’è nel ginocchio dal lato di fuori 1 7 0
La altezza sino a’ granelli ed alle natiche 2 6 9
La altezza sino all’osso sotto il quale sta appiccata la natura 3 0 0
La altezza sino alla appiccatura della coscia 3 1 1
La altezza sino al bellico 3 6 0
La altezza sino alla cintura 3 7 9
La altezza sino alle poppe, e forcella dello stomaco 4 3 5
[p. 131 modifica]
La altezza sino alla fontanella della gola 5 0 0
La altezza sino al nodo del collo 5 1 0
La altezza sino al mento 5 2 0
La altezza sino all’orecchio 5 5 0
La altezza sino al principio de’ capelli in fronte 5 9 0
La altezza sino al dito di mezzo della mano spenzoloni 2 3 0
La altezza sino alla congiuntura di detta mano pendente 3 0 0
La altezza sino alla congiuntura del gomito pendente 3 8 5
La altezza sino all’angolo più alto della spalla 5 1 8


Le Larghezze che si misurano dalla destra alla sinistra


La maggior larghezza del piede 0 4 2
La maggior larghezza del calcagno 0 2 3
La maggior larghezza infra gli sporti de’ talloni 0 2 4
Il ritiramento, o ristrignimento sopra i talloni 0 1 5
[p. 132 modifica]
Il ritiramento del mezzo della gamba sotto il muscolo 0 2 5
La maggior grossezza al muscolo della gamba 0 3 5
Il ritiramento sotto la grossezza dell’osso al ginocchio 0 3 5
La maggior larghezza dell’osso del ginocchio 0 4 0
Il ritiramento della coscia sopra il ginocchio 0 3 5
La maggior larghezza al mezzo della coscia 0 5 5
La maggior larghezza fra i muscoli dell’appiccatura della coscia 1 1 1
La maggior larghezza fra amenduni i banchi sopra l’appiccatura della coscia
La maggior larghezza nel petto fra l’appiccatura delle braccia 1 1 5
La maggior larghezza fra le spalle 1 5 0
La larghezza del collo
La larghezza fra le guance 0 4 8
La larghezza della palma della mano
[p. 133 modifica]


Le larghezze del braccio, e le grossezze sono mediante i loro moti diverse, pur comunemente son queste.


La larghezza del braccio nell’appiccatura della mano 0 2 3
La larghezza del braccio dal muscolo, e gomito 0 3 2
La larghezza del braccio dal muscolo di sopra sotto la spalla 0 4 0


Le grossezze che sono dalle parti
dinanzi a quelle di dietro.


La lunghezza che è dal dito grosso al calcagno 1 0 0
La grossezza che è dal collo del piede all’angolo del calcagno 0 4 3
Il ritiramento sotto il collo del piede 0 3 0
Il ritiramento sotto il muscolo a mezzo della gamba 0 3 6
Dove il muscolo della gamba esce più in fuori 0 4 0
Dove esce più in fuori la padella del ginocchio 0 4 0
[p. 134 modifica]
La maggior grossezza nella coscia 0 6 0
Dalla natura allo sporto delle mele 0 7 5
Dal bellico alle reni 0 7 0
Dove noi ci cinghiamo 0 6 6
Dalle poppe agli sporti delle reni 0 7 5
Dal gorgozzule al nodo del collo 0 4 0
Dalla fronte al di dietro del capo 0 6 4
Dalla fronte al buco dell’orecchio
La grossezza del braccio all’appiccatura della mano
La grossezza del braccio al muscolo sotto il gomito
La grossezza al muscolo sotto l’appiccatura del braccio
La maggior grossezza della mano
La grossezza delle spalle 0 3 4


Mediante queste cose si potrà facilmente considerare quali sieno le proporzioni che abbino l’una per l’altra tutte le parti delle membra, a tutta la lunghezza del corpo, e le proporzioni e le convenienze che elle abbino infra loro stesse l’una con l’altra, [p. 135 modifica]ed in che cosa elle variino, o sieno differenti. Il che io giudico che si debba sapere, perciocchè tale scienza sarà molto utile. E si potriano raccontare molte cose, le quali in un uomo si vanno mutando, e variando, o stando egli a sedere, o piegandosi verso questa, o verso quell’altra parte. Ma io lascio queste cose alla diligenza, ed alla accuratezza di chi opera. Gioverà ancor molto il sapere il numero delle ossa, e de’ muscoli, e gli aggetti de’ nervi. E sarà oltra di questo ancora grandemente utile il sapere coli qual regola noi separeremo le circonferenze, e le divisioni de’ corpi mediante le vedute delle parti che non si veggono; come se per avventura alcun segasse giù per il mezzo un cilindro ritto, talmente che quella parte che ci si appresenta all’occhio fosse divisa, e spiccata da quella parte che dall’occhio nostro non è veduta, talchè di questo cilindro si facessero duoi corpi de’ quali la basa dell’uno sarebbe in tutto e per tutto simile alla basa dell’altro, ed avrebbe una forma medesima, essendo il tutto compreso dalle medesime linee e cerchi, che sono quattro. Simile a questo adunque ha da essere il notamento o avvertimento, o separamento de’ corpi, che si sono detti; conciossiachè il disegno di quella linea dalla qual viene terminata la figura, e con la quale si ha a separare quella superficie che ti si appresenta all’occhio, da quell’al[p. 136 modifica]tra che all’occhio è nascosa, si debba fare nel sopraddetto modo. Il quale disegno invero di linee, se si disegnerà in un muro, in quel modo che si ricerca al muro, rappresenterà in quel luogo una figura molto simile ad un’ombra che fosse sbattuta in esso da un lume, che per avventura vi fosse interposto, e che la illuminasse da quel medesimo punto dell’aria, nel quale si ritrovava prima l’occhio del riguardante. Ma questa sorte di divisione, o separamento, e questa regola dell’avvertire in questo modo le cose da disegnarsi, si aspetta piuttosto al Pittore, che allo Scultore, e di esse tratterò altra volta. Oltra di questo si appartiene a chi vuol fare professione di quest’arte, sapere principalmente quanto ciascun rilievo, o sfondo di qualsivoglia membro sia lontano da una certa determinata positura di linee.