diante due risoluzioni; l’una delle eguali è, che quella somiglianza, o immagine, la qual noi finalmente avremo fatta dell’animale, come per modo di dire saria quella dell’uomo, ella sia per quanto più si può simile al detto uomo. Nè ci importi che ella rappresenti più la effigie di Socrate, che quella di Platone, o d’altro uomo da noi conosciuto. Conciossiachè assai ci parrà aver fatto, se avremo conseguito che un tale lavoro si assomigli ad un uomo, ancorchè da noi non conosciuto. L’altra risoluzione è quella di coloro che vogliono rappresentare non tanto la somiglianza di un uomo in generale, quanto quella di un particolare, come sarebbe a dire quella di Cesare, o di Catone, stando egli in questo modo con quest’abito, sedendo nel tribunale, o concionando al popolo; affaticandosi questi tali di imitare e di esprimere tutta quella abitudine, o attitudine di quel corpo, o la così fatta di alcun altro personaggio da loro conosciuto. A queste due risoluzioni o deliberazioni, per trattar la cosa più brevemente che sia possibile, corrispondono due cose, la misura cioè, ed il por de’ termini. Di queste cose adunque abbiamo a trattare, quali elle sieno ed a che ci possino servire, per condur l’opera a perfezione: se prima però io dirò che utilità si cavino da loro. Perciocchè elle veramente hanno una certa forza maravigliosa, e quasi incredibile. Perchè colui che sarà