Annali overo Croniche di Trento/Libro III

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DELLE CRONICHE

DI TRENTO

DI GIANO PIRRO PINCIO

LIBRO TERZO.

Dedicate all'Illustrissimo Signor Aliprando Clesio.


DD
A questi principij crebbe la Città di Trento, qual poi conforme più richiedevano gli accidenti, e le conditioni de’ tempi, hebbe diversa sorte di governo. Qual sij stato il modo di regersi, nel principio della sua fondatione non si sà molto bene, manco tocca à noi l’andar ciò indagando; riuscirebbe troppo faticoso, e molesto se inquerir volessimo cosa tanto antica, & immemorabile, e poco ò nulla gioverebbe alli lettori, essendo al tutto fuori del nostro scopo. Habbiamo solo in pensiero di dar in luce l’Historie Trentine da che li Sacerdoti, & Vescovi presero l’amministratione della Chiesa di quella Città.

Quando dunque quelle gran Trombe del Spirito Santo, vogliam dire gli Apostoli di Christo nostro Redentore (cosi usa chiamargli la fede Christiana) andavano come banditori, per tutto il Mondo predicando la legge Evangelica, & la Venuta del vero Messia. Quando per ogni parte ribombando il suono della Divina vocazione, chiamavano gli populi del novo Testamento, fatti heredi del Cielo, à ricevere leggi del ben vivere. Quando insegnando virilmente difendevano l’Evangelica dottrina: Hermagora fondatore della Chiesa di Trento. Hermagora Cittadino, & Vescovo d’Aquileia, pienamente instrutto, & educato sotto la religiosa disciplina dell’Evangelista S. Marco, fondò la Chiesa antichissima di Trento, al cui governo destinò [p. 42 modifica] Giovino 1. Vescovo di Trento.
Abondantio 2. Vescovo.
Claudiano 3. Vescovo.
Magoriano 4. Vescovo.
Aspido il 5.
Subacio il 6. Valentio il 7.
Geniale lo 8.
Fedele il 9.
Valerio il 10.
Guarino lo 11.
Magoriano 2.
il 12.
Theodoto 1. il 13.
Probo il 14.
Montano il 15.
Ciriaco il 16.
Asterio il 17.
Vigilio il 18. Vescovo di Trento.
Giovino. Questo avenne (come si cava da scrittori) l’anno 45. in circa, doppo l’Ascensione di Christo nostro Signore. Dunque Giovino per Divin augurio: come ci vien attestato da Scrittori Ecclesiastici; governò prima la Chiesa Trentina, poi come qui poremo per ordine. Abondantio, Claudiano, Magariano, ò come altri vogliono Magorio primo, Aspido, Sambacio, Valentino, Geniale, qual per altro nome fù chiamato Fedele, sostenero la cura delle cose Divine. Doppo questi successero Valerio. Guarino da altri detto Quarto, Magariano secondo, Theodoto Primo, e Probo. Montano teniamo haver havuto il quintodecimo luogo; Questi tutti siccome s’usa consecrati Sacerdoti, con buona, & ben continuata serie, successero nell’officio di reggere l’anime, de questi niente habbiam di certo, ci restò la memoria solo de loro nomi. Han voluto alcuni non esser stati li sopra numerati da Giovino, Vescovi ma meri Sacerdoti, o Curati di quella Chiesa. Ha_quest’opinione qualche apparenza, da molti Scrittori Ecclesiastici Giovino solo vien chiamato Prete, & Curato d’anime, ne mancano Autori che vogliano esser stato Ciriaco primo Vescovo di Trento, & gli successori poi (dicono) tutti esser stati honorati havendo la suprema cura di Episcopale dignità. Quindi erano da sudditi tenuti in maggior veneratione; Sij come si voglia quelli che han scritto gli Sacri Annali, dicono Giovino essere stato primo Vescovo di Trento, & S. Vigilio, lapidato per la fede di Christo, esser stato il decimo ottavo. Quando vogliamo seguire quest’ultima opinione, consequentemente bisogna che diciamo Giovino, & gli succesori tutti, esser stati Vescovi. Crederei di tal ambiguità la causa esser stata, perche (come vien detto) nella primitiva Chiesa, chiamavano gli Preti pastori, erano questi Pastori gli stessi Vescovi, non si conosceva altra differenza, fuori che questi portavano la Mitra, quelli solo il Pastorale, l’auttorità era la medema ne proprij sudditi, tutti secondo la verità, erano Vescovi. Gli mitriati havevano grado accidentale più eminente, così appare dall’antico costume, nello stesso modo hanno maggior grado gli Patriarchi delli Vescovi, a nostri tempi.

L’opinione dunque de primi, ci può dar congietura che gli già detti Vescovi Trentini da Giovino fino à Montano non habbino havuta la Mitra, & per tal causa, non esser stati d’alcuni stimati Vescovi. Ciriaco usò primiero la mitra, lo chiamarono per ciò primo Vescovo di Trento. Ma perche queste cose sono troppo lontane da nostri tempi, non ci puono riuscire, che oscure, ed [p. 43 modifica]incerte, queste & molte altre cose per negligenza di quell’età si soano smarite, & perse. Ne fà di mestieri che si partiamo dal nostro principal intento col voler investigar ogni minucciola, più anche di quello che fà al nostro proposito: e per ritornare al nostro ordine incominciato a Montano successe Ciriaco, à Ciriaco Asterio, à questo S. Vigilio, nel decimo ottavo luogo l’Anno circa 383. dal parto della Vergine. Di questo fà di mestiere si dilatiamo alquanto nel dire, fù troppo chiaro per miracoli, il suo nome famoso, non comporta si passi con silentio.

Vigilio dunque fù di Patria Romano, nacque al Mondo sotto l’Imperio d’Honorio, & Theodosio, conforme dicono l’Historie, fù sua madre Massentia, donna di grande eccellenza, & fama, una di nobil schiata, hebbe due fratelli, Claudiano, & Magoriano. Sotto l’Imperio di Gratiano, Valentiniano, & del gran Theodosio, fosse à caso, o per Divina inspiratione si partì (tanto affermano gl’Annali) da Roma, superate le cime delle Alpi Penine, da lungo, & travaglioso viaggio affanata, finalmente giunse con gli figlioli à Trento, furon tutti benignamenre ricevuti, & fatti Cittadini di quella Città; di già nella fanciullezza, Vigilio viveva Religiosissimamente, fù mandato in Athene, città à quei tempi chiara ne studij, ascoltò in Filosofia, aprese la verità Evangelica, e la Sacra Theologia, adornò l’animo di Sante instrutioni; fatto in lettere si Divine come naturali celebre, ritornò à Trento, ove & per la prestanza della scienza, & per la Santità della vita, fù da tutti bramato, da tutti honorato, non inganò il desiderio de Trentini, e corrispondendo alla loro espetatione, da’do in breve saggio della sua integrità, non lasciò che dubitare. Da quanto habbiam detto, resta manifesto Vigilio nella sua gioventù esser stato dalla Madre condoto à Trento, poi mandato in Athene.

Altri vogliono, haver egli dato opera in Roma alle scienze Liberali, poi dalla Città di Roma esser stato mandato in Athene, d’Athene ritornato à Trento, molto saputo; & dotto haver fatto pensiero transferirsi altrove, secondo questi appare prima haver Vigilio ben studiato che partisse d’Athene, per trasferirsi à Trento, Massentia di lui Madre, non haverlo condotto à Trento, ma più tosto esser statta compagna del figliolo, seguendo la di lui fortuna fino à piedi dell’Alpi: Prendi il Lettore qual opinione più gli piace, habbiam voluto noi narrare l’opinioni de’ Auttori, benche diverse, non ci hà parso il dovere tacerle, potressimo in tal guisa essere tassati d’ignoranza, o di negligenza, forse anco di malitia, [p. 44 modifica]transcorrere quelle cose, che son degne d’historica fede, & diligenza del Scrittore, con silentio, fù sempre reprehensibile. Passato à meglior vita Asterio, chiamò à se il Patriarca d’Aquileia Vigilio (era egli giovine d’anni vinti) e andato à quella volta, fù dal Patriarca, contra sua voglia consecrato Veiscovo di Trento. Qual pieno d’ardente spirito, pensò ben tosto impiegarsi al possibile in questo suo officio, & ministero, conobbe esser tenuto adopravi ogni suo potere, per giovare all’anime, considerò come potevano esser condotte al Celeste ovile, e per qual strada s’haveva à procurare la lor salute, mostrandosi in ciò pontualissimo.

Il Tempio dedicato a SS. Gervasio è Protasio. Quindi subito, ridusse molti delli vani, & superstitiosi sacrificij dell’Idoli con efficaci raggioni, alle ceremonie Christiane, e ritrovandosi tutta via non pochi idolatri, s’affaticò radicargli nella Christiana Religione. Fece edificare à tal effetto, vicino alla Piazza, una Chiesa dedicata alli Santi Martiri Gervasio, & Protasio, Miracoli di San Vigilio. in questa sanò molti Ciechi, Sordi, Mutti, & infermi d’ogni sorte, col solo imporgli la mano sopra la testa, facendoli il segno della nostra salute conforme facevano gli Apostoli nella primitiva Chiesa. Non solo procurava la salute dell’anime à lui comesse, che anco vollè impiegarsi nel riddure l’altrui, giudicò questa fatica grata à nostro Signore.

Andò nel Veronese, & Bresciano, destrusse per ogni luogo le statue dell’Idoli, accrebbe in quelli Vescovati la Religione Catolica; Edificò nelle dette parti più di trenta Chiese. Sisinio, Martirio, Alessandro. Nel medemo tempo provide nostro Signore di trè altri sugetti Capadoci di natione, huomini per ogni rispetto venerandi, di vita Santi, amirabili nella dottrina Evangelica, si chiamavano per nome Sisinio, Martirio, ed Alessandro, questi tochi dal spirito Divino, andarono à Milano, al Santo Vescovo di quella Città Ambrosio, egli gli raccolse con ogni humanità, & cortesia. Continuamente quel Santo Vescovo abbatteva li Heretici, à quel tempo pestiferi, che adombrati dalli lor perversi errori, & ostinati nelle lor malvaggie opinioni, non poteva in quelli haver luogo minima scintilla di verità; haveva quel Santissimo Dottore fatta scielta d’alcuni approbati spiriti, & constanti nella Catolica fede, adopravasi per adunare Huomini di Capadocia militano sotto Ambrogio. validissima squadra d’huomini valorosi nella verità Catolica, affine di soggiogare la pertinacia mal nata di coloro che l’età nostra pareva, havesse partoriti à guisa di crudeli Fiere per investire la Christiana Religione. In quelle parti gli sodetti Capadoci, Sisino, Martirio, ed Alessandro condotti con Divini [p. 45 modifica]stipendij dal Glorioso Ambrogio valorosamente combatevano, & azzufandosi più volte con gli perversi Heretici, confusibilmente, li vinsero. Tutti lodarono la lor fortezza ne più ardui pericoli.

Gl’Huomini di Capadocia si trasferiscono à S. Vigilio. Questi doppo haver fatte cose heroiche nel Milanese, hebbero conto della fama di S. Vigilio, qual era venuto alle Alpi Trentine in diffesa della Fede di Christo, intesero come virilmente combateva in quelle parti, si risolsero perciò transferirsi alla di lui presenza. Gli ricevè Vigilio con ogni termine Religioso, & Santo, come molto benemeriti della legge Evangelica, gli promosse à dignità militare, cioè all’officio della conversione delli Idolatri, constituendoli compagni della sua sorte.

Era in quel tempo la natione Nonesa la più pertinace, & che più valentemente dell’altri contrastava alla Fede Catolica, ove per tanuti affanni non potendo andare Vigilio essendo occupato nelle altrui giurisditioni di Brescia, & Verona, e dovendosi dillattare la battaglia in più parti, indicò suo officio mandare gli Capadoci alli Nonesi, per esser eglino huomini di summa virtù, certo dovessero ove portasse il bisogno, impiegare ogni lor sforzo per ribattere il furore di quelle genti, dall’ingiurie, che facevano al vero culto Divino; & di gran dottrina, con cui haverebbono saputo mittigare la ferocità di quelli Montagnari. Gente di Capadocia s’inviano verso li Nonesi. Non tantosto hebbero tal commando, che immantinente si partirono, erano Soldati Vetterani in quest’arte, non temevano; Entrati nella Valle, protestarono non esser venuti in quella parte per rubbare o per far bottini, ne meno per abbruggiare le loro case, manco per usurparsi gli suoi Armenti, dalle Montagne, gli inanimavano acciò non dubitassero, perche erano molto lontani da simili infami pensieri, solo intendevano far la commissione del Santo Pontefice lor vero Pastore, d’esequire le commissioni di S. Vigilio, cioè di seminare la vera Legge, la dottrina Evangelica, sganargli dalli errori, diffendergli da chi malamente gli inducevano ad adorare gli Demonij infernali, condure l’anime alla vera luce, quali havevano per false strade traviato il retto sentiero, per andare al vero Dio. Questo (dicevano) è il nostro officio, spargere la Verità Evangelica, & indure gli Popoli sacrificare al vero Dio. Vi preghiamo per amore del Celeste Mottore, vi scongiuriamo per l’onnipotente Deità, lasciate queste superstitioni, & vani sacrificij, distrugete queste Statue, & simulacri de falsi Dei, spianate questi Altari, che v’inganano, ed edificate Tempij al vero Dio; adorando il salutifero stendardo della Croce, questa, qual per via [p. 46 modifica]difficili, & scabrose v’habbiam portata, assieme con essi noi, con ogni riverenza adorate, guereggiando sotto un solo Dio. Fecero gli Santi poco frutto in quella Canaglia manco giovarono le suasioni efficaci, non trascoreva giorno che non si presentassero alla spiritual battaglia, combatevano d’ogni parte, per ogni contorno si facevano sentire, assalivano con Divina Dottrina quelli Popoli; Andavano per più indurgli in pulpito predicando, con constante animo, gli esortavano alla vera Fede Christiana, dichiaravano con profondissimi sensi l’Evangelio, pregavano, anzi gli scongiuravano à scacciare gli perversi Demonij dalle Case, & Campagne, acciò imparassero à combattere Christianamente, affine che si proponessero nel cuore un solo Dio, un solo Dio cordialmente adorassero, per tutto in somma valorosamente s’affaticavano, disputavano, contendevano, usavano ogni arte per tirare l’inimico dalla loro parte, è da quello portarne gloriosa vittoria.

Gridava all’incontro, quella gente forsenata priva di cervello, senza giuditio, contendeva gli suoi Dei esser stati dalli lor antenati ricevuti per tali, venerabili già per l’antichità loro, degni d’adorationi, & di qualsivoglia Santo Sacrificio, minaciavano morte crudele a chi havesse havuto ardire biastemargli, o profanargli. Villa di Thaio. Queste cose occorsero presso Thaio, Villa antica di quella Valle, assai nota à nostri tempi, ivi s’adunò gran concorso di gente d’ogni conditione e sesso, curiose sentire quanto la fama haveva sparso di quelli huomini Christiani. Non vorei punto si dubitasse del luogo manco che intorno à ciò nascesse qualche errore, bisogna sappi il lettore non essere accadute queste cose nella Villa di Thaio, ma dirimpeto à Thaio di là dal Fiume Nos, la dove hora sono chiamate dal volgo le quattro Ville; Quattro Ville. Ivi come irrefragabilmente tutti tengono furon Martirizati gli Santi. Conobbero (per tornare al proposito) quelle Celesti trombe esser difficile ridure gente cosi ostinata dalli sacrificij diabolici al vero culto Divino, vi volsero ad ogni modo impiegare ogni lor sforzo, & sapere, non lasciarono luogo d’esser censurati di negligenza, o codardia, s’adoprarono per impedire con la forza quanto non havevano potutto con le suassioni, dieronsi perciò alla violenza, affaticandosi valorosamente ritraherglì da quelli vani sacrificij con ogni lor possibile impeto. Non maneavano con ogni mezo di sturbare la lor pazzia. Principalmente con cuore intrepido & ogni lor potere impedivano non si facessero si nefandi, & detestabili sacrificij in una Chiesa Christiana, poco fa consecrata; Non [p. 47 modifica]puotero quelle genti ciò portare in pacienza, Arabiavano perché vedevansi scacciati dalla Chiesa Christiana, perche non gli veniva un permesso il far in quella gli sacrificij, conforme il costume de suoi antichi, semper osservato sin à quel tempo, indi provocati a più bestial colera, spingonsi precipitosi, & à briglia sciolta nel centro della lor crudeltà, e sentendosi hoggimai privi di cuore per reggere alla sofferenza, non sano più in lungo differire la vendetta, si lasciano vincere dal rusticano furore. Li Campioni di Capadocia vengon martirizati. Pazzi assaliscono impatienti gli huomini Evangelici, il primo colto fù Sisinio fondatore della prima Chiesa in quella Valle, restò questi atterrato, venuto meno dalle ferite. Martirio il secondo, essendosi ritirato nell’horto fù preso, & con dardi li vene levata la vita, questo serviva all’officio d’avanti giorno, haveva l’ordine di lettore. Presero poi Alessandro, l’amazzarono nel luogo medemo, ove l’hebbero trovato. Gli loro corpi per ruppi, & nudi Monti coperti però, e felicemente bagnati con la sacra ruggiada del sangue di quei Santi Martiri furon finalmente tirati, & posti sopra un banco o sia travi, tolti dalla cima della Chiesa, con milla vituperij & bestemie abbruggiati. Cosa degna di grand’ammiratione che cotanto imperversissero contro di quelli, che posto havevano le loro vite per la commune salute. Le loro ossa son state conservate à posteri illese dalle fiame.

Quando havessi sapere m’estenderei più in esaltare l’opere di questi gloriosi Martiri, la bassezza del mio intelletto non lo permette, sarebbe temerità andar lodando quelle cose, quali non pon comprendersi da ingegno humano, e più lodevole passare con un devoto silentio quelli, la virtù de quali di già è stata autenticata, che mancare nel lodarle. Gli fatti heroichi tratatti con rozzo stille restano machiati, molte volte vengono oscurate le cose da se chiarissime & celebri dall’ignoranza de Scrittori. Rallegravansi baldanzosi quei Montagnari, imbratatti nel sangue de Santi Martiri pareva à loro d’haver fatto aquisto di ricchissime spoglie. La fama portò la nova à San Vigilio; se ne stava all’hora tutto ansioso d’ampliar la fede Catolica in altra Diocese, non risparmiando à fatica veruna, intese ivi esser seguita la sollevatione, & giornata attroce, esser restati morti frà crudelissimi tormenti gli huomini Capadoci, Sisinio, Martirio, & Alessandro mentre con ogni braura, & intrepidezza combatevano contra l’ostinate opinioni, & superstitiosi riti di quelli Vilani, finalmente esser stati abbruggiati. Egli di già, avanti gli pervenisse all’orecchie tal caso, haveva [p. 48 modifica]visto (cosi vien fedelmente da sacri Scrittori lasciato à memoria de posteri) portare in Cielo dalli Angeli in giorno sereno, à piena luce, le loro anime Beate. Si conturbò Vigilio per la perdita di Compagni di tanto valore, di Soldati di tanta bravura, gli premeva fortemente che havesse perso la Chiesa Trentina si generosi Campioni di diffensori tanto intrepidi, si lagnava quelle sue infide pecorelle dovessero precipitosamente cascare in bocca à Lupi infernali: Perloche senza dimora s’accinse à quell’impresa, tolto seco il prorio Diacono volse cimentar le sue forze à fronte di si pericolosa battaglia, andò à quelle parti con animo risoluto di condure à Dio quella fiera gente, vinta dalla virtù della verità Evangelica, ò di lasciarvi (il che somamente desiderava) frà tormenti & fiame la vita in difesa della Christiana legge.

Vigilio và alla volta di Val di Non. Non sentivano bene gli Cittadini questa sua andata, affaticandosi rimoverlo da tal proponimento, col supplicarlo etiandio acciò mutasse pensiero, dovendo riuscir il tutto senza frutto; non curò preghiere, non riguardò lacrime, ma guidato dal spirito, di cui tutto avampava, si condusse ne pericoli, alla battaglia. Gionto ad un certo tal precipitoso torrente di quella Valle detto Rivaseco, ò Rivo di San Pietro, Andiamo disse il Santo a piedi scalzi à questa gente ignuda. Vigilio converte alla fede li Nonesi. Varcato che hebbero il torrente, sparsa la fama del suo arrivo, concorsero d’ogni parte moltitudine di gente, da quale fù ricevuto con ogni rustica amorevolezza, comosse grandemente quel popolo quando publicamente, & avanti tutti predicò doversi precipitare per Monti, & Cengi gli Altari de Demonij loro Dei, pur mentre l’ascoltavano predicare, pieno di spirito Divino, furon anch'essi accesi di quello, si che amolitta la loro pertinacia tutti si ridussero al vero Dio. Convertiti ch’hebbe il Santo Pontefice tutta la natione di quella Vale, condusse seco à Trento le reliquie de Martiri. Sisinio, e suoi compagni, parte de quali donò a Simpliciano, Vescovo di Milan, successore di S. Ambrogio, quali ricevè, con grand’ honore, & riverenza, collocandole in honorevole sepolcro à tal effetto da lui edificato. Romedio huomo santissimo. In questo mentre stando Vigilio sollecito, & vigilante nelle cose spetanti alla Christiana fede, Romedio huomo della nobil schiatta de Thauri, devoto, & grato à Dio, facendo ritorno da Roma, ove era andato in pelegrinaggio con Abraham, & Davide, compagni delle sue fatiche, consegnò al Santo Pontefice oltre milla huomini, quali esso haveva convertiti alla Christiana Fede, alcuni poderi aquistati alla Chiesa. Andò poi con gli suoi nella Villa qual habbiam detto [p. 49 modifica]chiamarsi Thaio, finalmente poco discosto da quel luogo, ove dicessimo haver gli Santi Martiri consacrate le lor vite per l’Evangelio à Dio, diede l’anima sua felicemente al Creatore, ad honor del quale fu edificata una Chiesa in certo tal Monte, ove furon collocate le di lui Reliquie, ancor celebre per miracoli.

Sono certi nobili à tempi nostri chiamati dal volgo da Torre, questa, vogliano alcuni, detti da certe congieture, sij la Patria di Romedio, e una Villa discosta da Thaio due miglia, più verisimile parmi l’opinione di quelli, che dicono ritrovarsi frà Isprugh, & Ala, un luogo chiamato il Castel di Thauro, dal quale trasse la sua nascita Romedio, si che nacque à Thauro, & morse vicino a Thaio. Vogliono altri, & bene, morisse vicino à Thavono, Villa delle Valle, appresso la quale fù edificata la Chiesa à lui dedicata, ove più frequentemente vien honorato. Bisogna che gli Scrittori, ò frà di loro sijno stati discordi del nome del luogo, ò (che hà più del verisimile) si sijno inganati dal nome ambiguo, & simile delle Ville Thaio, & Thavano & gli habbino stimate un luogo solo, ordinariamente sol entrare errore per la similitudine de nomi; Villa di Thaio. Villa di Tavono. E però manifesto, Thaio esser Villa differente, & discosta forsi (come dicono li Nonesi) quattro miglia da Thavono. A me pare si dovrebbe legere Thaio, essendo chiaro haver reso l’ultimo spirito, ove gli Santi Martiri furon amazzari, & abbruggiati, cosi tengono unitamente gli Scrittori; & noi, seguitando gli sacri Annali, & Historie habbiam detto haver essi dato fine alle humane fatiche, presso Thaio. Non voglio per questo dilatarmi, & ostinatamente diffendere l’una, ò l’altra opinione, si lasci la verità à suo luogo, non habbiamo però voluto tacere, ne passar con silentio, quanto habbian detto, acciò non restasse disputa del luogo, a cui per fortuna toccò far gli funerali del Santo, & vedere quel corpo avanti fosse honorato in Terra.

Rendena Provincia asprissima. Restava per ultima felicità, & gloria à Vigilio ancor Rendena, Provincia aspra, & horrida, ne v’era speranza soggiogarla à Christo, senza gran fatiche, & travagli. Questa Valle è nelle Alpi, ove si piegano ver l’Italia, hora vien tenuta fra gli confini del Trentino, è cima di ruppi horribili al credere, & insieme altissime, per Sarca Fiume. questa score il Fiume volgarmente detto la Sarca, questo altri più periti chiamano Mincio, da questo Fiume hà la sua origine il Lago di Garda, dal Lago esce il Fiume, dimandato poi communemente da tutti Mincio Fiume. Mincio, passa per Mantova Città della Lombardia, discende per la Terra di Governolo, indi con più veloce [p. 50 modifica]corso và à sboccare nel Pò. Dunque Vigilio si prepara à tal missione, o vogliam dire speditione, previde soprastargli gran fatiche, più sangue, & la morte stessa, quindi come s’havesse andar in battaglia prese seco Iuliano Prete, gli due suoi fratelli, Claudiano, & Magoriano, & altri Cittadini di gran integrità di vita, esponendogli tutti a si Santi pericoli.

Cosi munito, & fortificato di validi, & poderosi aiuti, contra il volere di tutta la Città, secondando la Divina inspiratione, partì à nobilitar con la sua morte la Valle di Rendena. Vigilio drizza il camino verso Rendena. Esce dalla Porta di San Lorenzo, à quel tempo chiamatata Bressana, la dove passa l’Adice, sopra cui hora è edificato un Ponte di mirabil artificio, con Travi assieme uniti, & appoggiati. Fù incontrato da molti nel viaggio, tutti s’offeriscono ad una tal battaglia, tutti si promettono la vittoria, per rendersi più costanti, & forti con Belzebù e Satanasso, contro quali s’haveva da combatere, s’armarono spiritualmente, si communicarono tutti, & riceverono per mano del Santo Pontefice il Santissimo Corpo di Christo, nostro Redentore, in cotal guisa di preparano alla battaglia, non confidati nelle proprie forze corporali, & armature militari, ma posta altresi la lor unica fiducia nelle forze, & armi che ci vengono dall’onnipotenza Divina, conoscevano chiaro esser di mestieri queste, poco poter giovar quelle. Gionti al luogo, ove s’haveva d’attaccar la guerra con l’infernal nemico, & suoi seguaci, dicono l’Historie, haver havuto Vigilio notitia dal Cielo, di quanto gli doveva succedere, & fatto in estasi haver vista la Divina gloria.

Vigilio getta al basso la Statua di Saturno. Era nella Campagna una statua di smisurata grandezza, fabricata artificiosamente in Bronzo, dedicata à Saturno, per commun consenso di tutta la Valle, à questa eran soliti sacrificare, seguendo quelli Popoli Alpini l’antico lor costume. Gli seguaci di S. Vigilio intrapresero un opera non men heroica, che sovra humana, & degna d’eterna memoria, con ogni lor forza conquassarono la Statua, & sottoponendo le spale la misero à terra, spianata che fù la Statua il Santo Pontefice come autore di si eggregio fatto, aiutato dalli Christiani, la sconciò con impeto, la fece in mille pezzi, e la gettò nella Sarca, per abbolire al tutto la memoria di quel Idolo: havuta si segnalata vittoria, & conseguito il suo principal intento: s’accorse S. Vigilio (il che però avanti d’eminente luogo haveva scoperto) che se gli andava preparando l’ultimo supplicio, determinò adottrinato dalla Divina Sapienza, sopportare con animo intrepido, quanto gli doveva occorrere, rendè infinite [p. 51 modifica]gratie alla Divina Maestà d’haver ottenuto, quanto haveva saputo desiderare. Frà tanto li vede per ogni parte scorrere il volgo, sollevato dalla nova del destruto Idolo, concorrono d’ogni cantone, vedono pieni di rabia, & colera gli Rendenesi il suo Dio Saturno abbatuto, rotto, atterrato, e tolto di luogo, senza apparirne segno, e per ultimo percipitato da ruppi nel Fiume. Strepitano, ferneticano, arrabbiano, & dal dolore accompagnano l’ira coll’ardire, per far in breve non senza attrocità de supplicij, sevecra vendetta di tanta ingiuria, al lor Idolo fatta. Oratione di Vigilio alli Rendenesi. Dicesi che il S. Pontefice in quel punto dalla sedia dell’Idolo, qual stava innalzata non poco da terra, come da pulpito predicava al Popolo, & con quel ardore Divino, dal qual era spinto, & tratto à forza, gridò à piena voce; sotto il nome di Saturno s’adorano Diavoli, si fano sacrificij alli inferi, alli spiriti maligni, si prendono à retti spacate l’anime amalliate, cosi s’alletano, in questa guisa vengono condotti à tormenti eterni gli poveri mortali, cosi le misere, quali adorano questi simulacri, & Idoli saran tormentate con indicibili sorti di tormenti, appresso gli infernali tirani, birri, & carnefici crudelissimi, senz’alcuna speranza d’incontrar giamai fine. Persuadeva con ogni efficacia quelli Montanari, che precipitassero altri Idoli, se ve ne fossero nel loro paese, s’affaticava con facondia di parole, indicibile, per adolcire quelli fieri, & arabbiati cuori, affine di rimovergli dalli sacrificij, che facevano alli Demonij. Ancorche s’accorgesse del poco profito, che dalle sue esortationi poteva sperare con quella turba sdegnata, ed implacabile, bramava ad ogni modo con ogni ansietà la loro salute, à questa era intento tutto, & sollecito. Esortatione di Vigilio alli suoi Poiche vidde avicinarsi li tormenti, voltato alli suoi, aspetate con animo costante (gli disse) improperij, & tormenti, allegramente sopportate gli dardi, che lanciarano in noi questa gente ignorante, & forsenata, quelli che per la Fede di Christo restaran in battaglia morti, saran di subito chiamati alla gloria eterna, per riposare sempre frà gli Beati con Dio. Mirate hormai il Cielo aperto, gli Angeli spetattori: Christo in nostra difesa, habbiamo nella nostra battaglia buoni Capitani, si che ò compagni miei non havere occasione di temere. Non si può entrare (lo sapete benissimo) nell’eterno Regno, se non per mezo di travagli grandi, & fatiche, quelli solo sarano salvi, quali legitimameme combattono, & seguendo Christo, lor Duce, fà di bisogno che per mezzo de nemici si facino strada, & spalanchino le porte del Paradiso. Chi virilmente guerreggiarà contro l’aversario conseguirà [p. 52 modifica]la bramata vittoria, certo dell’eterna mercede. Cuore amici, animo compagni miei, non si hà per paura, o per atrocità de tormenti, à ribellare dal vero Dio; Mentre cosi Vigilio predicava, s’accese di tant’ardore, & spirito, che havrebbe intenerite & maravigliate le stesse Fiere. Non s’amoliscono però quelli duri, & ferigni petti, ne per l’efficace virtù del Predicatore, ne per valorosissime attioni del corpo: ma tutti ostinati, & pieni di colera gridano moia l’huomo, che violò la Deità di Saturno. Dunque l’impazzita turba infuriava con crudeli bestemie, & maleditioni, biasimando l’huomo forastiere. A Vigilio vengono preparati tormenti. Quanto più frà se consideravano la di lui audacia, maggiormente imperversavano, cosi avampati di colera, si lanciarono impetuosamente, secondo il fiero lor costume, & urlando à guisa che le strida, sembrava penetrassero le Stelle, dano di piglio à Saete, à Scaglioni, à Restelli, & à tutto ciò che li somministrava il lor mal nato furore, uscendo con gridi inauditi sopra il Santo. Diede quella natione in tal fatto, saggio d’esser avida, & sitibomnda di sangue humano, intrattabile, e cruda, che in modo veruno non s’ha mittigarsi, gettano dardi, vibrano saete, spargono sassi, aggiustano gli colpi; procurano ferire, & atterare quello ancora, che sopraviveva. Vigilio vien lapidato. Volano d’ogni parte le pietre, à guisa di dense nubi, pareva esser cascata dal Cielo selva piena di schegie, & pietre; havresti pensato tempesta di mattoni grossi, scendesse dalle nuvole; Quello credea haver fatta opera heroica, il quale fosse stato primiero à colpirlo nella bocca, e ne occhi, ah ah dicevano ho colpito l’huomo infame, l’huomo sacrilego, quel maledetto Christiano, lo beffavano, lo schernivano, & con raddoppiate piaghe lo privano di forze, al fine lo rendono affatto indebolito.

E opinione de molti, anzi de tutti gli habitatoti di quella Valle, esser stato S. Vigilio ucciso con Zocoli, ò Damerle, o come dicono in quel paese Cospi, usano tal sorte de calceamenti quella gente, tutti afferrati dalla parte inferiore de chiodi. Onde con ogni verissimile raggione, volendo metterci avanti gli occhi la memoria d’un tal martirio, & la nuova inventata sorte di dar morte, dipingono nelle Chiese, S. Vigilio, serrato da turba de Montanari, quali con Cospi percotono la bocca, & altre parti della testa del Santo. Quindi dotto da inditio si potente, da argumento tanto efficace, giudico non esser lontano dal vero, quanto stimano gli habitatori di quelle Valli, che S. Vigilio morisse rotto, & pesto con Cospi, ne per questo esservi in tanta moltitudine di gente mancati, chi prendesse & lanciasse sassi, & ogni altra sorte de dardi, & saette. [p. 53 modifica]Mentre cosi veniva percosso, ferito, & mal tratatto non si scusava, non adombrava il suo proposito, diffendeva con ogni costanza la Christiana Fede, tutti esortava nel mezo di si crudi tormenti alla Celeste Legge, sprezzava con mirabil patienza quei dolori, & afflitioni, si mostrava più appasionato della Pertinacia, & ostinatione de suoi nemici, che della propria miseria, si che rese per ammiratione insensato il baratro infernale, fece per maraviglia inarcar le ciglia a Satanasso, ne temendo cotali furie, poco ò nulla stimava le loro Persecutioni, e solo soffrendo ogni stratio, valorosamente s’opponeva all’impeto universale, non fugiva punto gli colpi, che da tutti gli venivano scaricati. Più volte fù rispinto, & ributato come da furie infernali, mà egli à guifa di colona, sempre restò immobile, frà tormenti si eccessivi, e facendo intrepido spicare quella viril forteezza, che bevuto haveva al puro fonte della Dottrina Evangelica, pareva fosse assalita una Città, non che un’huomo, una fortezza non che un Soldato, di modo che la gran turba de persecutori, in vano s’affaticava, per abbattere quel Campione, e sicuro riparo della Christiana Religione. Vedevasi un’animo d’un huomo, colmo di generosi spiriti, un petto ripieno di speranza, mai diede un minimo sospiro, passò tante accerbità con silenzio, senza un lamento, senza pur una querella; Da questo potiam persuadersi, che il Re Celeste habbi voluto far esperienza della fortezza di si gran Martire; & essersi (secondo il nostro modo d’intendere) sommamente diletato di tanta patienza del Santo, parimente si può inferire, essersi partito da quella battaglia confuso, & attonito Belzebù, prencipe de Demoni, haver voltata la faccia, non potendo più in lungo fermarsi, à fronte di quel generoso Soldato, prima tanto orgoglioso, col seguito de tante fiere, si può ben pensare s’egli restasse non men svergognato, che sconfito.

Non pensò il pazzo, fusse Romano, Vigilio, ripieno di Divina Sapienza, tutto ansioso, & anhelante del vero culto Divino, non gli era noto il di lui animo intrepido, invincibile, ed inflessibile, quando havesse havuto l’occhio à questo non s’havrebbe forsi l’inimico infernale esposto à tal impresa. Etn ancorche quelli di Rendena con indicibile crudeltà habbino offeso, tormentato, e morto il loro Pastore: Vigilio vien opresso sotto l’empito de sassi. Non videro però mai spogliato, della innata gravità è dignità quello, che fù da loro, prima con dardi lacerato, & svenato, poi guastato, & sfigurato per il sangue, che scorreva dalla bocca, occhi, & altre parti del corpo, e con nubi di pietre coperto, finalmente condotto a morte. Acciò restasse evidente testimonianza [p. 54 modifica]d’un tal fatto, chiamarono la più vicina Villa, ove S. Vigilio fù lapidato, dalla di lui morte Mortasio, Villa di Mortaso ancor ritiene tal nome, cosi communemente da quelli rusticani vien detta. Alla ripa della Sarca, ove era la Statua destrutta di Saturno, à nostri tempi v’è una Chiesa dedicata à S. Vigilio, fù fabricata à spese communi, & hoggì è la Parochiale di Rendena, risarcita nuovamente con gran dispendij, & danari. Gli fratelli di S. Vigilio, & altri, quali sotto il di lui principio, fortuna, & buon influsso havevano destrutta la Statua, intimiditi dalla rabbia di quel populo insensato, meritarono la gloria de Confessori, non sortirono la corona de Martiri. Pervenuti questi successi alla Città, cioè chr il lor Pontefice batuto, & percosso frà sassi rendeva l’anima al Creatore, che gli Compagni rediduo di tanta crudeltà, & calamità, stavano trepidanti, è sbigotiti in manifesto pericolo, furono à una tal nova per tutti gli cantoni delle Contrade sentiti cridi lacrimevoli, tutti si ridussero alla Piazza, ivi concorrevano d’ogni parte, haveresti veduto tutti disfarsi in lacrime, non v’era casa dove non si sentissero pianti, le voci acute delle donne, che si lamentavano assordivano l’aria. (E morto gridavano) il nostro Pastore, il nostro padre universale, ci è stato tolto il coraggioso diffensore della Christiana Fede, habbiam perso l’ornamento, e la gloria del nome Trentino, non si sentì mai per l’adietro tanto tumulto, & paura frà le Mura di Trento. Il consiglio anco sentendo la stragge fatta al Martire, restò in qualche timore, giudicò perciò necessario mandare gentilhuomini, per intendere il successo vero, affine di dimandare quelli che incontravano, in qual maniera fusse morto il Santo Pontefice, ove & come fossero capitati gli Compagni, come se l’havessero passata, riportando il tutto veridicamente a Cittadini, in tal mentre levano il timore dalla Città, quietano gli pianti, & gridi, riducono tutti à qualche silentio.

Mentre la Città se ne stava col pensiero occupata, à queste cose, si sparge fama (inventione del volgo, avido delle fintioni) circa la morte del Santo, non solo esser egli restato morto, ma tutti gli Compagni, e Cittadini esser stati trucidati. Temono quelli della Città. All’hora gli più savij della Città giudicarono, doversi consultare, per rimedio à qual si voglia sinistro incontro, che potesse succedere. Sapevano benissimo che li Rendenesi per altro inimici loro implacabili, (ammazzato il lor Pontefice, & quelli tutti, che erano seco andati) con altri congiurati di quelle Montagne, non havrebbon temuto, congiunti insieme, e armati venire alla volta della Città per [p. 55 modifica]abbaterla; Che perciò si doveva fortificare, presidiandola con buone Guardie de Soldati, avanti s’accostasse il inimico altiero per la vittoria, doversi per meglio poter resistere, battere Tamburi, far Soldati, mandare de Cittadini la più scielta gioventù, qual liberasse il cadavero del Santo, e lo portasse sopra le spalle alla Città, & diffendesse gli Compagni da qualsivoglia sinistro incontro. Mentre gli Consoli stavano à tal provigioni attenti, vengono fuor d’ogni pensiero presentate lor lettere, contenevano queste essersi gli Rendenesi doppo la stragge del Vescovo acquietati, non doversi più dubitare di pericolo; aquietò questa nuova alquanto la Città, & si rafreddò non poco dalle concepute, & concluse diligenze.

In questo mentre gli Compagni del Pontifice, à quali la furia, & fierezza del volgo haveva perdonato, portavano il di lui Corpo tutto coperto, & bagnato di sangue per Valli, & Boschi alla Città, hebbero gli Bresciani di ciò spia, se gli fanno incontra, havendo di già intesi gli gran Miracoli del Santo, con animo di prendergli à forza quella Santa Reliquia, & honorar con quella la lor propria Città. Fù sentita male cotal nova da Trentini, non sapevano che risolvere per rihavere quel Santo Corpo, per forza d’arme sarebbe stata pazzia, essendo di gran lunga à quelli inferiori, saggiamente determinarono riscuoterlo con un bel, & artificioso vaso d’argento. Il Corpo di S. Vigilio vien trasportato nella Città. Recuperato si pretiosa gemma, senza tardanza la trasportano à Trento; Nel viaggio venivano incontrati da varie sorte di gente, parte mosse per la novità del fatto, parte per la Santità del Martire, in ogni luogo, per cui passava sanava infermi, che se gli votavano, & faceva molti Miracoli, degni d’esser mandati à perpetua memoria da più terso stille.

Furon quelli di Salò (Borgo posto alla rippa del Lago di Garda, alla spiaggia, ò Riviera causata dal Lago in forma angolare) gli primi che andarono ad incontrare quel Sacrato Corpo; questi nell luogo volgarmente detto Buso di Vella, Buso di Vella. non molto discosto da Trento ove gli Monti pietrosi, & aspri, concorrendo con le seguenti, & continuate cime alla radice, ch’è tutta sasso aperto, & spezzato dalla natura, ò dall’arte humana intagliato, e forato) danno la strada libera benche stretta, & piena di pietre alla Città, nel modo che dicono le gran molli, & sostegni del Monte Amano, dare il passo à viandanti, dalla Cilicia alla Siria, la dove si serano in ben anguste & strette boche. Gli Salodiani racolgono il sangue. Dunque in Buso di Vella quelli di Salò, con gran veneratione racolsero il sangue del Santo, sparso in [p. 56 modifica]terra, parte del quale portarono à Brescia, & parte alla lor Terra, quello rinchiusero in una Chiesa, hor fatta ricca per gli Miracoli del medemo Sangue, al giorno d’hoggi vien con ogni riverenza honorato.

Sò benissimo d’altri leggersi Villa, non Vella dove fù racolto il sangue da Salodiani, qual sij meglio detto non ci vogliamo affaticare in giudicarlo, questo diremo, & non lo reputamo fuori dell’ Historia, esser trè luoghi detti Villa nel Trentino, uno nella Valle Legarina, quasi alla riva de l’Adice, dirimpeto alla Villa della Pietra, hoggi detta Olano. Un altro, non molto lontano dal Castel Stenico, porta simil nome. Il terzo discosto da questo, e nella Pieve di Blez, nella Giudicaria, cosi à nostri tempi sono dal volgo detti questi luoghi, per gli due ultimi due si venne da Rendena a Trento, per quel presso Stenico più brevemente, ancorche più difficilmente; per quello di Blez più facilmente, ma la strada e più lunga: Non vogliamo esser molto curiosi in sapere per qual luogo passasse, questo è chiaro esser stato (doppo molti incontri, & concorsi, che facevano gli Populi da lontane parti, mossi dalla fama de miracoli stupendi, che faceva quel Santo Corpo) condotto nella Città per la Porta di Brescia con publichi funerali, & esequie facendo gli soliti Santi Officij musicalmente gli Sacerdoti. Miracoli di San Vigilio. Nobilitata la Città di Trento dalle opere maravigliose, & illustri di quel Santo huomo Romano, di lei proprio Pastore, non tralasciò in tal contingenza, & spavento cosa, potesse richiedersi ad honore, & lode d’un tanto Vescovo, valevole per esprimere il cordolio, & mestitia di tutti, per la perdita di si Santo lor Pastore. Andavano à gara, & contendevano, con santa invidia gli gradi, & conditioni de Populi, in adorrare quel sacrato Corpo, nel honorar quella santa memoria. Con tutto l’apparato possibile, fù frà lamenti pianti, & gridi delle donne, quel Santo Cadauere, levato & portato da Sacerdoti, per la Città, poi con pij, & Santi encomij lodato da pulpiti, finalmente fù posto nel sepolcro, nel quale si vedono intagliati alcuni versi, ancorche non molto eleganti, che recano però una tal antica simplicitità, & al vivo esprimono gli Santi costumi del Vescovo.

Il Duomo consacrato à San Vigilio. Gli Trentini gli edificarono un’Altare, e procurarono fosse descritto nel Catalogo de Santi. La Chiesa prima dedicata alli Santi Martiri Gervasio, & Protasto, restò (mutato il nome) consecrata à San Vigilio. Ancorche fosse la Città tutta in mestitia, & habiti lugubri, per la perdita di tanto Pastore, restò però consolata, [p. 57 modifica]& sollevata, che fossero destrutti per tutto gli Idoli. S’offerivano continuamente tutti à nostro Signore acciò si compiacesse por una volta fine alle superstitioni, e procurasse che hormai per tutto il lor Territorio s’adorasse, & sacrificasse al vero Dio, ampliandosi, & estendosi la Religion Catolica per la virtù, & morte di S. Vigilio. Quotidianamente sempre andavano crescendo gli miracoli, degni d’esser descritti da più alta facondia.

Le di lui attioni, & fatti, con ponderatione, & maturità furon per decreto del Romano Pontefice registrati nella Basilica di San Pietro in Roma, certo che havrebbono animati, & infiamati gli Posteri, con esempij tanto eggregij, à diffesa del vero culto Divino. Ritroviamo esser morto sotto il Consolato di Stilione, & l’imperio di Gratiano, ed Valentiniano. Spargendosi, & diffondendosi per ogni parte la Santità di questo Pontefice, tutti gli Principi di quell’età quali successero, andavano con Santa competenza contendendo in accrescere, & ampliare il Vescovato Trentino.

Luoghi donati a la Chiesa di Trento. Theodosio qual fù da S. Basilio batezzato, mentre in Thesalonica stava infermo, volle che la Valle Legarina, & Visinico fossero soggetti à Trento. Conrado Imperatore gli donò Bolgiano, & il Contado di Rithenori. Carlo gli concesse la Terra di Riva, & la Giudicaria, & altri gli diedero altre giurisditioni.

Tali sono gli nomi à nostri tempi di quelli luoghi. Si cava da quanto habbiam detto San Vigilio mentre visse essere stato grato, & caro à tutti, da tutti bramato, & desiderato; doppo morte molto più al Cielo, che alla terra, quanto sjino stati aggraditi à Dio gli meriti del Santo, da più cose si può comprendere, specialmente, Rendenesi huomini odiosi. che quella gente che diede la morte al Santo, anco à nostri tempi, a tutti e odiosa, & abbominevole, la loro conversatione da tutti abborita, stimata da ciascuno indegna del consortio humano.

Affermano gli Auttori delle Ecclesiastiche Historie, ritrovarsi una Chiesa nel Monte dirimpetto al Castello di Bergamo dedicata à San Vigilio, à questa suole alle volte venire il Vescovo per celebrare, conforme il ritto della Santa Romana Chiesa. Compita la Messa, volendo dar la beneditione voltato al Popolo commenda si scosti, & s’allontani buon spatio dall’Altare, come indegno d’esser benedetto dal lor Pastore. Da questo vogliano sijno usciti gli Rendenesi, quali diedero la morte inhumanamente al lor Santo Pastore. Onde fatti profani, si resero incapaci d’essergli dal proprio Prelato conferita la beneditione Episcopale. Tutti [p. 58 modifica]fugono la lor pratica come contagiosa, & perniciosa, ciascun teme restar in qualche modo infetto. Sono conumerati frà gli empij, & sacrileghi.

Fà mentione di San Vigilio Martire Genadio Massilense, qual doppo Eusebio, & Girolamo molte cose lasciò in scritto delli huomini illustri, frà quali annovera S. Vigilio, qual (secondo il predetto Auttore) mandò un libretto de Martiri à Simpliciano Vescovo di Milano. Scrisse due lettere, nell’una racolse gli fatti eggregij di quel tempo, nell’altra ristrinse la morte, & funerali delli gloriosi Santi Martirio, Sisinio, ed Alessandro, con tali scritti fece spicare, & campegiare la di lui Christiana dottrina. Un’altra sua opera, più famosa vien stimata, nella quale vi s’adoprò con ogni ardore, & efficaccia contra gli Heretici, non temè assalirli con raggioni vivacissime, ancorche vedesse soprastarsegli gravi pericoli, da quelli che con ostinatione pertinace, s’affaticavano diffendere l’opinione de loro falsi errori: questi, che con disordinate dispute precipitosi si sforzavano contra la Religion de nostri maggiori, con si validi, & terribili argomenti, & testimonij, Dottrina di S. Vigilio.in tal guisa travaglia nella predetta opra, sbatte, & confonde, che la mortifera peste di si pernicioso pericolo, gia in procinto di strugere, & guastare gli più intimi, & venerandi luoghi della Chiesa, dico di pervertire, & inganare anco li più purgati intelletti, restò abbatutta, ribatutta, & impedita dall’effetuare tal diabolica ruina, poi con spiritose esortationi della vera legge Divina, atterisce le mal condotte anime, e con ogni celerità, senza alcun induggio, le constringe fugire quelli perversi heretici, quali non sano una volta risolversi venire alla vera luce Evangelica, ma se ne restano adombrati nelle lor cecità. Colpisce, & ferisce con proprij dardi, & armi d’argomentationi gli miserabili ostinati, regetate, & rispinte dal Santo ne medemi, che le lanciarono per levar di vita spirituale gl’incauti. Detesta Nestorio heretico, destruttore della Chiesa Constantinopolitana, sradica l’impietà essecrabile d’Euthiche, quali spargendo nebie di falsa Dottrina, facevano preda dell’anime Christiane.

Le pedate di Castore, lubricose, & mortifere à chi le vogliano seguire, alcuni de nostri tempi (piagati, & infetti di contagiosa, & incurabile infermità, con guasto, & puzzolente fiato machiando la Christiana, & Catolica Fede) vano imitando. Et proponendo nova, & pericolosa norma di vivere, scostandosi dal bello, & vero culto Divino, inganano gli miseri mortali, & le Pecorelle redente [p. 59 modifica]col pretioso sangue di Christo. La Fortezza della Chiesa però, di già resa, imobile intrepidamente rigetta da se ogni nova, & peregrina dottrina; Cinto il diligente Soldato di Christo Vigilio dell’infallibile aiuto Divino, esce in campo contra Sabellio, che messa l’iniqua sua bocca nelle persone Divine, denigrava il Figlio, & lo Spirito Santo, annulate prima le caterve d’argomenti, & silogismi di quello, poi vincitore aventandosegli contra con vere, & efficacissime raggioni lo rendè confuso.

Abbatuto Ario nel primo incontro da Cavallo lo calpesta, & sventra con acutissimo coltello di verità, la di lui falsa dottrina, & pregna di pessimo, & diabolico veneno d’iniquità. Confonde vitorioso Manicheo, qual adunato nuovo esercito di falsità, insegnava il Corpo di Christo esser stato preso con fallaci illusioni d’incanti, e volendo quelli rinfrescare la battaglia, à pieno l’atterra. Abbassa l’orgoglio di Fotino, qual s’affaticava diffendere l’heresia di Manicheo, contra costui che s’affaticava ravivar nova disputa, s’arma con spiritosi detti, scaglia in somma acute saete di raggioni, & auttorità la bocca di Vigilio, quali tutte facevan certa fede Christo esser vero Dio, & sostantiale al Padre. Quivi il conflito s’inaspri, Manicheo restò ferito di vicino, arrabbia come Tigre impiagata, e non potendo ciò soffrire in patienza, esce in bataglia furtivamente, & di nascosto assalisce Vigilio, gli dà di mano alla gola, per volerlo suffogare. Si disputa ostinatamente dall’una, & l’altra parte senza rendersi. Si vendica Vigilio della ingiuria havuta, da per ciò di mano à crini di Manicheo scuotendoli con maggior vehemenza, & ardore la cervice, & con più vivaci ragioni travagliandolo. Dall’altro canto erano molti in aiuto del scelerato Manicheo, questi rinovano la disputa, temerariamente ardiscono incolpare gli Catolici (cosi son chiamati da Sacri Dottori) che seguendo la vera Fede Christiana affermano in Christo due nature, quasi che voglino confessare due Christi, Dio l’uno, l’altro huomo. Ma la verità stà che crediamo un Christo, & l’istesso figliuolo di Dio, & figliolo dell’huomo.

In questo punto l’ardente diffensore della verità Vigilio, con ogni spirito si dà a biasimare lo sfaciato ardire d’una si temeraria heresia, insegna non doversi scostare dalla Dottrina de Santi. Essere proprio della Carne di Christo il crescere, essere proprio di Dio, che sia venuto al Padre, dal quale mai si partì. Dimostra non doversi credere se Christo fosse decapitato, ò d’altre parti smembrato, restar parimente tagliata una parte col capo al Verbo Eterno [p. 60 modifica]col capo, e l’altra parte con le mani. Induce l’esempio dell’anima, qual non si divide alla divisione del corpo, si tronca la mano dal brazzo, patisce il corpo la divisione, restando l’anima sempre indivisa, non si leva parte dell’anima, quando si divide il corpo, l’anima non ha parte. Mentre si eggregiamente tratta queste materie, penetra gli secreti profondamente, sottopone il valororo Soldato le cose Divine alli occhi humani. Più volte provocato esce al conflitto, risolve & annulla gli contrarij argomenti, vibra ne nemici con ogni forza di buzzo acuti dardi d’indisolubili argomenti, ribatte gli colpi, con ogni arte, & sagacità, ritorce le saete in quelli che le fabricarono, & lanciarono. Non teme Ario à qual leva il capo de suoi erranti fondamenti. Non fuge Sabellio qual ferisce con accutissime punte de fondati argumenti. Non cura Nestorio di già convinto, con auttorità, & raggioni. Non resta sbigottito dal venenoso, & diabolico serpente, Manicheo, qual rompe insieme con li suoi sibilli, & distrugge. Serra l’heresia d’Euthicio, derivata dall’amarissimo fonte d’Apolinare, condotto per torbidi canali fino alla fangosa voragine d’Ario. Suga tutti gli rivi, con limose profondità, si che al tutto restino sechi, ò almeno non apportino tanto nocumento alla Chiesa. Essorta gli seguaci di si nefande heresie, mentre ancor v’è tempo pentirsi, & seguire la vera soave, & salutifera dottrina, & l’auttorità di quelli che già per il passato fiorirno, di Gregorio, Basilio, Teofilo, Giovani, Cirillo & altri. Mentre Vigilio scriveva cotali dispute cosi modestò, & temprò il suo dire, che meglio non sapresti qual di due lodare, la sostanza, ò le parole.


Il Fine del Terzo Libro.