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Riassunti di discorsi - L'eloquenza delle cifre

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L’eloquenza delle cifre1





Contro di noi socialisti vien scagliata l’accusa di idealisti, di vaganti nel limbo dei sogni, tanto dai borghesi del nostro paese come dai borghesi d’altre nazioni, quando quello che essi chiamano il nostro idealismo cozza coi loro interessi.

Oggi siam qui a sfatare l’accusa di fronte a quelli del Tirolo; ci proponiamo cioè, di affidare al linguaggio molto pratico e solido delle cifre le nostre ragioni in difesa dell’autonomia del Trentino.

Certo a trattare di questa lotta, nella quale forse siam qui a dar l’ultimo colpo di spalla e forse a preludiare a una nuova sequela di peripezie, a ricordare come questa buona battaglia attraverso speranze e disinganni, scoraggiamenti e audacie, abbia costituito la trama di tutta la storia nostra nel secolo ora scomparso, a pensare alla falange numerosa di quanti hanno dato a questa causa la spada, la penna e hanno suggellato la lor fede col carcere, coll’esilio, colla vita; certo a tale rievocazione non è possibile non sentirsi salire su dai precordi la parola vibrata, appassionata e fervente che significhi omaggio ai caduti, suoni infamia a chi misconosce i nostri diritti, attesti la nostra fede serena e tranquilla nell’avvenire, la coscienza viva di dover lottare e di dover vincere. [p. 46 modifica]

Pure prescelgo oggi seguire altra via; ed io son qui per ridurre nei suoi termini aritmetici la questione, per quanto il linguaggio delle cifre possa riuscirà freddo e noioso.

Rispondiamo solo, prima di entrare nel vivo dell’argomento, ad una domanda; Chi siamo noi trentini? Dove viviamo? Quanti siamo? Chi sono i tirolesi? Dove e come si amministrano le cose nostre?

Siamo un popolo italiano d’origine, di razza, di lingua, di costumi; abitiamo le estreme valli in cui si spinge la favella italiana. Il nostro suolo è stato, attraverso i secoli, il campo dove si sono combattute le più fiere battaglie fra la razza latina e la germanica. Qui nella media valle dell’Adige, in questo lungo corridoio che Cesare Correnti chiamava con frase scultoria «il vestibolo d’Italia», nei valichi alpini che a destra e a sinistra la cingono, nelle pianure dove essa sfocia, tante volte gli eserciti stranieri trovarono la porta di ferro d’Italia. Qui la tendenza medioevale di sottomettere una nazione all’altra trovò la sua massima esplicazione. E il paese nostro — la maggior vittima del grande conflitto fra le due razze — fu in continua balia delle pretese di dominazioni nordiche che voleano ad ogni costo assorbirlo e renderlo appendice (e baluardo al tempo stesso) della nazione germanica, delle pretese di principi vescovi intenti ad abbattere le libertà comunali per aprire la strada ai patronati, prima, alle dominazioni poi, dei conti del Tirolo, talchè par davvero miracolo a chi riguarda la storia nostra che l’arietare di tante forze diverse non abbia oscurato neppur una traccia della romanità nostra. Segno evidente che vi sono leggi contro cui nulla volgono le leggi della prepotenza e della forza.

Su questo suolo siamo ancor oggi in lotta coi confinanti tedeschi, malgrado che il secolo nostro sia indubbiamente il secolo delle federazioni dei popoli e delle nazioni.

Nell’istinto di predominio, che perdura atavico nei tirolesi, ma sopratutto ne’ privilegi di cui essi godono, sta la ragione del conflitto in cui essi si trovano con noi, conflitto, che se non può più dirsi come pel passato conflitto fra due nazioni ne costituisce però l’ultimo episodio. [p. 47 modifica]

Noi abbiamo due colpe: quella d’esser solo 350.000 abitanti, contro 500 e più mila, quanti sono i nostri vicini, coi quali la sorte capricciosa ci costringe a condividere l’amministrazione delle cose pubbliche e quella di essere membri di uno stato ancor medioevale.

Nella Svizzera bastò che popoli di nazionalità differente si accostassero, perchè si facesse palese che ognuno d’essi dovea proceder autonomo; ma furono la libertà e la democrazia le maestre di tale insegnamento.

Qui in Austria, dove libertà e democrazia non esistono neppur di nome, quantunque gli storici insegnino che il medio evo è finito, l’avvicinamento insegnò al più forte il diritto di comandare al più debole.

E per questo il paese nostro non è amministrato da noi; noi subiamo un’amministrazione composta solo in piccola parte dei nostri.

E ciò a dispetto delle più evidenti leggi di natura, offese da simile procedimento: a dispetto dei nostri fiumi che inviano le loro acque nell’Adriatico, mentre i ghiacciai del Tirolo mandano il loro tributo al torbido Danubio o, traverso, i laghi del Reno, al mare del Nord; a dispetto della lingua, che qui si chiama lingua del sì, mentre lì vanta il nome di lingua di Goethe e di Schiller; a dispetto della coltura del suolo che qui fa pompa di vite, di ulivi, di gelsi e lì di abeti e di prati; a dispetto degli ordinamenti economici lì germanici e qui latini...

Questa dominazione del Tirolo sul Trentino non procede più colle forme della violenza armata; al potere assoluto è subentrato anche in Austria — per quanto nella forma meno liberale — il potere rappresentativo, mediante diete e parlamenti. Eppure anche con esso i nostri confinanti hanno saputo larvare quegli stessi sentimenti di predominio, che, più brutalmente, ma con non minor danno per noi, esplicavano prima colla forza materiale.

E dell"asserzione nostra comincino a far fede le cifre.

La dieta d’Innsbruck costituisce «la rappresentanza» nella quale si devono discutere gli interessi della società, che gli economisti non saprebbero certo come classificare e che diremo società... per forza fra trentini e tirolesi. [p. 48 modifica]

Questa rappresentanza dovrebbe esser relativa al numero dei «soci» e invece? Invece non lo fu mai e non lo è.

Non lo fu, perchè ne’ primi tempi, in cui funzionava regolarmente, nel 1816, contava 7 seggi per i trentini contro 45 dati ai tedeschi. Più tardi, si tentò riparare all’ingiustizia e nel 1848 furono accordati ai nostri 20 seggi contro 52! E ciò in un tempo in cui la popolazione del Trentino era di 320.000 e quella del Tirolo di circa 400.000. Finalmente, per calmare le proteste dei trentini, nel 1861 si realizzò una riforma, che vige pur oggi e in base alla quale il Trentino ha un deputato ogni 10.808 abitanti di borgate e città e uno ogni 28.969 abitanti dei comuni rurali, mentre il Tirolo ha un deputato ogni 9174 abitanti di città e uno ogni 17.049 dei comuni rurali.2

Come si raccolgono, come si spendono i fondi di questa società, che è la dieta tirolese?

Le entrate nella quasi lor totalità sono costituite da tre cespiti principali: il dazio sul grano che alle casse provinciali dà un milione di corone all’anno e alla fama del Tirolo assegna il livello più basso nella scala della civiltà fra le province austriache; l’imposta sugli spiriti (che da provinciale diverrà ora erariale) la quale dà un reddito di 860.000 corone; e infine le sovraimposte provinciali, che rendono — sempre in cifra tonda — un milione seicentomila.

Sovraimposte e dazio sugli spiriti noi le paghiamo nel rapporto di 23% circa contro 77% pagate dai tirolesi; è perciò giusto che in questa proporzione ci sieno restituite; del dazio sul grano noi avremo forse pagato in qualche tempo anche il 60% contro il 40%; certo pagammo fino agli ultimi tempi, come, ammisero tutti i nostri avversari, il 50%.

È solo ora che i borghesi del Tirolo vanno dicendo e tentano di dimostrare che essi consumano più grano di noi. Che ne venga sdaziato di più nei loro paesi è un conto, ma si tratta di grano che anche sdaziato a Lienz o a Bolzano, viene [p. 49 modifica]qui macinato e poi consumato in buona parte nel Trentino. Si sostiene ad Innsbruck che ogni tirolese consumi annualmente quintali 1.76 di grano ed ogni trentino quintali 1.31. Chi ci crede? Pur troppo i mangiapolenta, i pellagrosi siam noi ed i tirolesi arriveranno al consumo di quintali 1.76 per testa all’anno, sommando alla farina il lardo e le lucaniche, che mettono nei loro Knödel, lardo e lucaniche dei quali i nostri contadini non hanno neppur la fortuna di sentir l’odore.

Il dazio sui grani esiste come dazio provinciale nel Tirolo fin dal 1824 e dovea aver lo scopo di raccogliere un «fondo di approvvigionamento» per provvedere il paese di grano nei tempi di carestia.

Questo bisogno non s’è mai verificato; il fondo capitalizzato crebbe in un modo vistoso; il gettito deb dazio aumentò d’anno in anno, finchè un po’ alla volta si venne alla decisione di spendere, sia parte delle entrate annue del dazio, sia gli interessi del capitale accumulato, in cose che nulla aveano a che fare coi sussidi per carestia.

E per noi è dolorosamente istruttivo il modo con cui si spesero i denari di questo fondo al quale — ripetiamo — abbiamo concorso sempre per lo meno col 50%.

Anzitutto si fondò con essi la casa di correzione di Schwaz, un istituto pei discoli, al quale dall’epoca della fondazione ad oggi i trentini parteciparono nella media del 20%, i tirolesi in quella dell’80%. Le spese fatte in base al 50% da ciascuno dei due paesi decurtarono il Trentino di una somma di fi. 200.000 in cifra tonda. Nei 1891 poi si cominciò a prelevare dal fondo approvvigionamento l’importo annuo di fi. 20.000 per fare una seconda casa di correzione e anche questa con la solita giustizia distributiva, a tutto favor del Tirolo, si destinò ad un paese tedesco nella Val d’Adige superiore.

Nei forzieri del fondo approvvigionamento si trovarono dei milioni per pagare le spese di guerra per transito di soldati ecc. fatte durante la guerra napoleonico-bavarese, poi per spese sostenute in questo secolo dalla provincia a favore dell’esercito austriaco. In questa faccenda il Trentino — che non diede il suo [p. 50 modifica]voto nè alle spese nè al modo di pagarle — sborsò — in più di quel che gli poteva spettare e a tutto vantaggio del Tirolo, la sommetta di fior. 250.000.

Altro scopo a cui furono devoluti i proventi del dazio sul grano si fu la costruzione di strade votata nel 1843. Tali costruzioni ammontarono alla somma di fiorini 1,551.886 dei quali 657.775 a favore del Trentino e il resto, cioè 894,111 a favore del Tirolo. Il paese nostro ci perdette la bagatella di fi. 118.000!

E avanti ancora. Sempre col solito fondo si risarcirono e tacitarono una volta tanto con determinati importi molti diritti feudali di decime ecc. a favore di nobili.

Queste spese sono note col nome di «fondo esonero del suolo» e di esse un attuale conservatore nostro di tre cotte scriveva che «costituivano la più solenne ingiustizia perchè caricavano un’imposta, che dovea servir di sollievo alla possidenza, precisamente sui poveri che nulla posseggono, cioè sopra quelli che a preferenza si nutrono di grano e quindi contribuiscono in maggior proporzione al dazio provinciale».

Ma a parte il criterio vessatorio che informa questa deliberazione vediamo come al solito la ripartizione.

La spesa complessiva fu per questa bisogna di 6 milioni 800 mila fi. in cifra tonda. Di questi 2,000.000 pel Trentino e 4,800.000 pel Tirolo. Il pagamento, fatto con un fondo comune, obbligò il Trentino a regalare al Tirolo 1,400.000 fiorini.

Col ricavo del grano si sussidiarono i comuni... colla solita legge, dando p. e. dal 1822 al 1860 fior. 104.000 al Tirolo, e 12.000 al Trentino; dal 1861 al 1875 fior. 300.000 al Tirolo e 99.000 al Trentino; dal 1875 al 1879 fior. 118.000 al Tirolo e 77.000 al Trentino e... via di questo passo.

Col fondo grano si pagherà un debito di 4.000.000 fatto per la regolazione dei torrenti e del quale il Trentino godette in proporzione del 42% e il Tirolo del 58%. E il Trentino pagherà il 50%.

Col fondo grano si eresse a Lienz un magazzino provinciale che costa fior. 261.000 e a noi non giova affatto e perfino si sussidiarono i circoli di canto e musica d’Innsbruck! [p. 51 modifica]

Il dazio grani oggi rende più di 1 milione di Corone all’anno e si aumenta con circa 100.000 Corone d’interessi del capitale accumulato in passato senza calcolare gli introiti degli stabili. Dal 1824 ad oggi saranno stati non meno di 40 milioni di Corone spillati, più che dalle tasche dalle vene del proletariato della provincia per mantenere il lusso di «lor signori».

E cesserà questo balzello sullo stomaco coll’avvento dell’autonomia? mi sento chieder dagli operai.

Soffermiamoci per metter in chiaro la cosa.

Ogni qualvolta il proletariato portò alla borghesia nostra, la propria protesta contro questo balzello, essa rispose: Non dipende da me, la colpa non è mia. Io ho più volte chiesto l’abolizione di questa tassa, ma invano. La maggioranza, che domina ad Innsbruck, non ne vuol sapere». Ebbene, venga a Trento un’amministrazione autonoma della provincia ed allora le scuse non varranno più. Allora noi potremo dire alla borghesia di casa nostra: Hic Rhodus, hic salta. Qui ti vogliamo alla prova. Qui tien fede alle tue promesse».

Ed io non son qui per giurare che la borghesia nostra ci terrà fede, ma son qui per dire che in allora al proletariato sarà più facile combattere la sua battaglia e che in qualunque evento, sbarazzato il terreno dalla questione autonomistica, i termini della lotta fra borghesia e proletariato saranno più chiari e decisi.

Tenti pure la borghesia trentina di fare per proprio conto contro il proletariato trentino quel che la borghesia tirolese facea a spalle di tutto il Trentino. I fatti apriranno gli occhi anche ai ciechi ed essa non troverà più scuse per gettare le responsabilità sulle spalle dei terzi. E d’altronde noi dobbiamo tener presente, che pari alla lotta per l’autonomia, noi conduciamo quella per la conquista del suffragio non solo ai comuni e al parlamento, ma anche alla Dieta.

E fuori e dentro la dieta ci sarà più facile quindi pigliare pel collo i nostri signori.... debitori, quando i conti del nostro dare e del nostro avere li potremo fare entro i confini del Trentino.

Ma di questa questione, che, messa in termini generali sì [p. 52 modifica]risolve nel vagliare quale profitto possa cavare il proletariato dall’autonomia e se gli giovi che essa sia conquistata, e se debba cooperare alla conquista, abbiamo altre volte discusso ed abbiamo precisato in proposito il pensiero del partito.

Altre cifre ci aspettano e torniamo ad esse. Gli ultimi bilanci provinciali dal 1897 ad oggi, studiati dal defunto deputato Don Salvadori, ci dimostrano che anno per anno noi paghiamo assai più di quello che riceviamo. Il calcolo non è difficile a farsi perchè una volta che sia noto in qual proporzione noi paghiamo, è nota anche la proporzione in cui dobbiamo ricevere.

Nel 1897 il Trentino figura nelle entrate del bilancio prov. con fior. 524.000 e nelle uscite con soli 513.000; nel 1898 nelle entrate con 571.000 e nelle uscite con 537.000; nel 1899 il Trentino pagò circa fior. 30.000 di più di quello che incassò; ed una perdita non indifferente per noi risulta anche dal bilancio del 1900 che io ho esaminato cogli stessi criteri del Salvadori.

Ma questi importi che risultano a danno nostro dalla gestione complessiva degli ultimi anni sono inezie.

Ci sono invece i bilanci straordinari: ci sono nei bilanci ordinari i fondi affidati per la distribuzione o alla Giunta o a speciali commissioni e quando a distanza di tempo, magari di anni, si è in grado di rilevare come furono spesi questi fondi si riesce sempre a constatare che furono spesi come i proventi del dazio sul grano.

Cito qualche esempio fra i molti: Nel 1895 e 1896 furono versati annualmente fior. 100.000 per un fondo stradale. Attenendosi alla proporzione con cui Trentino e Tirolo pagano le sovraimposte provinciali i 200.000 fior. accumulati ci risultano come minimo composti di fior. 60.000 nostri e 140.000 fior. dei tirolesi.

La Commissione stradale come spese questi 200.000 fior. e i relativi interessi? Ecco: spese 1000 fior. per la strada che da Rovereto porta alla Chiesa delle Porte, 2000 per la strada da Folgaria a Lavarone, 2000 per la strada di Val Vestino e tutto il resto, 195 e più migliaia di fior, per le strade del Tirolo. [p. 53 modifica]

Negli affari scolastici si fecero pure divisioni fraterne di questo genere. Il governo in varie riprese assegnò alla provincia dei sussidi per la scuola popolare. Nel 1886 il sussidio era di fior. 38.000 e il Consiglio scolastico provinciale ne conferì 8000 al Trentino e il resto al Tirolo.

Il 1882 ci offre il caso tipico dei sistemi distributivi dei nostri buoni amici tirolesi nelle cui cervici è, a quanto pare assai bene impressa la storiella del leone e della divisione della preda. Si trattava di assegnare dei sussidi pei danneggiamenti portati dalle piene del 1882 e per metter riparo ai torrenti e allo scopo si stanziarono pel Trentino fiorini 1,083.000, pel Tirolo fiorini 5,440.000! E sì che il Trentino avea subito guai ben maggiori del Tirolo!

Lo stesso governo austriaco trovò il coraggio d’opporsi a questa deliberazione dei suoi buoni amici tirolesi e abrogò la relativa disposizione ottenendo una non diciam «equa» ma meno ingiusta distribuzione.

E le strade? Tutti ricordano le deliberazioni dell’anno scorso riguardanti il programma stradale da iniziarsi subito e da eseguirsi coi futuri redditi del fondo di approvvigionamento. A noi poche migliaia di Corone, a loro i milioni. E la storia d’ieri è pur la storia di 50 anni fa. Aprite un opuscolo che un uomo politico nostro, Bartolomeo Malpaga, scriveva nel 1848 e troverete che anche allora sopra 2,600.000 di spese stradali, 2,240.000 furono pel Tirolo e 360.000 pel Trentino.

Del resto se occorressero cifre sulla condizione delle nostre strade e carreggiabili e ferroviarie basterebbe ricordare che le più importanti strade del Trentino furono fatte a nostre spese e che la Valle di Non, la Val di Ledro, le Giudicarie e la Val di Fiemme sborsarono del proprio ben 2,500.000 fior. per costruirsi delle arterie di comunicazione.

Se qualche volta ad Innsbruck ci fu votato qualche aiuto, fu quando non lo volevano.

Informi la storia della strada di Val di Cembra. Essa fu fatta contro il volere dei comuni. Questi furono obbligati a spendere fior. 27.000 di spese di concorrenza, malgrado protestas[p. 54 modifica]sero che voleano la tramvia anzichè la strada. Ma ad Innsbruck duri! E si fece la strada votando come contributo provinciale fior. 58.000.

Nel tempo stesso però si votava un sussidio di 5000 fior. annui alla tramvia — della quale non s’eran ancor fatti i progetti — che i bolzanini intendono fare da Egna in Val di Fiemme, trascurando di prender cognizione dei progetti già belli e pronti per la tramvia trentina, lungo l’Avisio da Trento in Fiemme, e stabilendo più tardo di assumere per fior. 60.000 d’azioni della tramvia bolzanina.

Questa tramvia bolzanina che si tenta fare a dispetto delle leggi di natura che indicano Trento come naturale punto di sbocco della valle d’Avisio, sarebbe destinata a far la funzione di una pompa assorbente, che attraverso valichi porta artificialmente al Nord ciò che tende al Sud.

I risultati di questo sistema di governo?

Eccoli anche quelli in cifre. La nostra popolazione diminuisce in modo allarmante. Abbiamo distretti con una popolazione oggi inferiore a quella che avevamo nel 1847!

II distretto di Primiero avea nel 1847, 10,901 ab.; oggi ne ha solo 10.356; quello di Tione ha attualmente 35.912 ab. e nel 1847 ne avea 35.702.

Il Trentino intero crebbe dal 1810 al 1847 di 90,546 ab., dal 1847 al 1890 di soli 31.122. E questo accade in un paese dove di figliuoli se ne fanno a nidiate e dove l’eccedenza dei nati sui morti ha raggiunto in un solo decennio (dal 1880 al 1890) la cifra di 21.000 nati! Parlano del resto molto chiaro i pochi dati che abbiamo sull’emigrazione. L’emigrazione permanente in America fu dal 1870 al 1887 di ben 25.000 persone. Oggi diciamo una cifra inferiore al vero, computandola a 35.000! Si aggiunga un’emigrazione temporanea di 50.000 lavoratori all’anno.

È la mancanza di pane e di lavoro che caccia i figli esuli dalla patria.

Le stesse nostre maggiori città hanno avuto in quest’ultimo decennio degli aumenti che sono inezie a confronto di quelli [p. 55 modifica]indicatici dalle città, del vicino Tirolo. Trento e Riva hanno aumentato la loro popolazione del 16%, mentre Wilten — che può dirsi l’appendice di Innsbruck — è aumentata del 88%, Gries del 33%, Zwölfmagrein, sobborgo di Bolzano, del 25%, Leifers del 37%, Obermais (Merano) del 51%.

Noi constatiamo invece che le più belle borgate nostre, poste in posizioni magnifiche, in località indicate per la ricchezza delle selve, delle acque e dei monti a diventar centri d’industria, vanno intisichendo: Pergine ha perduto 267 ab., Cavalese 130, Cles 63, Roncegno 51, Fondo da 2168, è scesa sotto i 2000 e via via la litania sarebbe interminabile.

Il Trentino intero ebbe un aumento del solo 3% mentre il medio aumento del Tirolo fu di quasi 6% e dell’Austria di 10.1%.

E lasciamo il campo dei confronti dove tanto ci sarebbe da mietere per tornare al caso nostro. Le imposte!

I nostri comuni che poco o nulla hanno ottenuto ed ottengono dalla provincia sono costretti a provvedere a tutti i bisogni loro con imposte gravissime comunali.

Queste, come ognun sa, sono di due specie: dirette ed indirette. Alle prime appartengono la sovraimposta comunale sull’imposta erariale dei fondi, delle industrie, delle case, ecc.

Orbene questa sovraimposta nella maggior parte dei nostri comuni supera il 300% ed arriva in molti d’essi alle cifre favolose del 500, del 700, del 1000, fin del 1200 per cento! L’importo complessivo di queste imposte comunali era alcuni anni addietro di 2 milioni di corone. Il che vuol dire che di tali sovraimposte ogni trentino paga in media Cor. 5.60 a testa mentre la media generale di tutta l’Austria era nello stesso tempo di Cor. 2.20 per abitante.

Abbiamo poi le imposte comunali indirette, sul pane, sulla carne, sulle bevande: vino, birra, liquori. L’imposta sul pane, che qui da noi si riscuote col sistema odioso e medioevale dell’appalto, è in Austria una triste prerogativa del paese nostro: una prerogativa che determina l’uso delle farine avariate, scadenti o peggio, il furto sul peso, le cattive cotture del pane, le imbroglierie insomma a danno della povera gente. [p. 56 modifica]

Le cifre a cui arriva questo balzello sono enormi: a Trento si arriva all’importo di Cor. 140.000, a Rovereto di 50.000, ad Ala di 18.000, a Calliano di 3600, a Folgaria di 5000, a Mezolombardo di 38.000.

Io credo di esporre una cifra non esagerata valutando superiore ai 2 milioni di Cor. l’imposta complessiva che si paga sul pane in tutto il Trentino.

E dopo le imposte i debiti; debiti fatti per compiere spese inutili di campanili, tollerate e forse anche incoraggiate dall’autorità provinciale, e per compiere quello, che dovrebbe fare in più dei comuni e non fa e non fece la provincia.

I debiti comunali e consorziali del Trentino sommano alla non indifferente cifra di 11.007.815 fiorini, mentre il vicino Tirolo, più vasto, più popolato, più ricco di comuni non ha che un debito comunale di fior. 7.220.425.

Il confronto fra il paese tutore e il paese pupillo è eloquente. Su ogni tirolese i debiti pesano in proporzione di fior. 16, su ogni trentino di fior. 31. Ma il guaio non è tutto qui. Gran parte dei debiti dei comuni del Trentino, a differenza dei debiti dei comuni del Tirolo, sono stati assunti a tassi elevati. Basti ricordare che, degli 11 milioni sovraccennati, ben 4 sono ad un interesse superiore al 4 ½, al 5, al 5 ½ per cento, mentre il Tirolo ha solo 600.000 fior. di debiti pei quali paga un interesse superiore al 4 ½ per cento. Il Trentino ha chiesto non una ma mille volte un istituto provinciale di credito comunale, che si assumesse questi debiti ad un interesse onesto, risparmiando così dai 40 ai 50 mila fiorini all’anno, ma inutilmente. A creare un simile istituto non vollero concorrere i tirolesi, per l’unico motivo che essi di simile istituto non ne avevano e non ne hanno bisogno.

I comuni tirolesi però nel tempo stesso che hanno meno debiti hanno più crediti dei comuni trentini. Di fatti il debito comunale (escluso il consorziale) era (nel 1892) per la parte tedesca di fiorini 5.321.052,85, per la parte italiana di fiorini 9.076.210,35. Ora il credito comunale era nella parte tedesca di fior. 3.764.574,75, nella parte italiana di fior. 2.638.778,26. [p. 57 modifica]

Cioè il Trentino viene ad avere una differenza passiva di fiorini 6.337.432,09, il Tirolo di soli fior. 1.556.478,10.

Se stanno male i comuni, non possono star bene coloro che devono mantenerli, cioè gli amministrati.

E parlino in proposito le vicende della piccola proprietà, il numero, delle aste e degli incanti, che ci deliziano, la somma del debito ipotecario.

Quest’ultimo raggiunge nel paese la somma di 76 milioni, vale a dire equivale al 210% del valore fondiario; vi sono distretti, come Borgo ad es., dove il debito fondiario corrisponde al 353% del valore fondiario. Fossero esagerate queste cifre, che del resto io prendo dallo studio di un buon tirolese, il dep. Grabmayr, si dovessero anche ridurre a metà, resta sempre qualche cosa di enorme. Questa proprietà ipotecata e arciipotecata, è poi continuamente soggetta ad aste, ed incanti. Dal 1860 ad oggi il Trentino ebbe più di 32.000 incanti. Sono 32.000 capi di famiglia, contadini, artigiani, passati sotto le forche caudine del pignoramento. Dico 32.000 su forse 50.000 padri di famiglia, che potrà contare il paese. E il valore di queste aste? In media per vari decenni non fu che di fior. 459 per asta, mentre i vari incanti che avvengono nel Tirolo danno ognuno un reddito medio di fior. 2000.

E la sfilata delle cifre nere, delle cifre infauste non è finita! Ne ho qui delle altre e sono fra le più brutte. Accanto alla statistica dell’emigrazione, accennata prima, c’è quella della pellagra.

Il censimento del 1898 dava per tutto il Trentino 2688 pellagrosi, cifra ritenuta dai medici competenti per lo meno di tre o quattro volte inferiore al vero. E, per convincersi di questo, basti notare: che il 25 p. cento dei pazzi accolti nel manicomio di Pergine sono pazzi per la pellagra; che comuni con 3500 abitanti circa, come Folgaria, hanno più di 500 pellagrosi e con 2500 ne hanno, come Terragnolo, magari 650-700!

E la storia della pellagra vanta poi la statistica dei suicidi pellagrosi, dei criminali pellagrosi, dei primi tra i quali se ne ebbero ben 13 nel Trentino nel solo 1900.

Dalla statistica dell’igiene saltiamo pure a caso in un’altra [p. 58 modifica]qualunque. Ecco qui la statistica stradale. Essa ci fa sapere che il Trentino non ha che 142 km. di ferrovie, mentre il Tirolo ne ha da 6 a 700. Ci dice inoltre che le arterie stradali delle nostre vallate furono costrutte in gran parte a spese nostre. Alle spese per le strade del Trentino comprese nella categoria delle cosiddette strade commerciali i comuni del Trentino consacrarono l’importo di fior. 4.826.000 mentre provincia e stato non vi contribuirono neppur colla sessantesima parte, avendo essi dato complessivamente soli 70.000 fior.

E uno sguardo alla carta geografica ci dimostra come, mentre il Tirolo ha tutti i suoi villaggi, i valichi alpini, i possessi boschivi, attraversati da carrozzabili, qui nel Trentino ci sono ancor decine e decine di comuni privi di strade non diciam carrozzabili, ma sulle quali possa a stento esser trascinato un carro da buoi.

Ma di cifre belle e buone non ne conta proprio affatto in favor nostro questa amministrazione provinciale? Quali sono le nostre istituzioni aiutate, sorrette dalla provincia?

Nel capitolo «Igiene», dei bilanci degli ultimi quattr’anni vediamo figurare le spese per ospitali a circa 90.000 fiorini in favor del Tirolo e a circa 12.000 in favor del Trentino.

Abbiamo un istituto d’agricoltura ed un consiglio autonomo d’agricoltura e per queste istituzioni la provincia non spende certo di più che per le analoghe istituzioni tedesche del Tirolo. La seconda è veramente utile e sta lì a dimostrare che come si sono divisi, con reciproco vantaggio delle due parti dell’attuale provincia, gli affari riguardanti l’agricoltura, così si potrebbero dividere quelli che riguardano l’igiene e la scuola, la sicurezza pubblica e l’edilizia.... in una parola tutto il resto.

D’istituti umanitari abbiamo per la parte italiana della provincia un manicomio ed avevamo un istituto per le partorienti.

Il buon governo tirolese capì che era necessario dividere i pazzi italiani dai pazzi tedeschi (e lo fece benchè un po’ tardo) e non vuol capire che ben più necessario sarebbe il dividere i sani trentini, dai sani tirolesi.

Dell’istituto delle partorienti merita tener parola per rac[p. 59 modifica]contare un brutto tranello, teso dai «fratelli» del Nord alla buona fede (fede due volte, tre volte buona, vale a dir......... mi capite) dei nostri deputati nei decenni scorsi. È una storia un po’ lunga, ma val la pena di raccontarla.

L’istituto delle partorienti esisteva alle Laste presso Trento fin dal 1833 e aveva un triplice scopo: era asilo pei trovatelli, scuola per le levatrici, ospitale per le partorienti. Nel 1877 si disse che non era più ammissibile la esistenza in Trento di un istituto autonomo, che era secondario in confronto di quello creato ad Innsbruck pei bisogni della clinica, e si stabilì di sopprimerlo per creare al suo posto una filiale dell’istituto di Innsbruck. A questa seconda parte del conchiuso non seguì l’adempimento. Venne il 1880 e alla dieta si discusse sull’opportunità di erigere la filiale abolendo però quella parte dell’istituto che riguardava i trovatelli.

I deputati trentini di fronte alla categorica promessa di una filiale da erigersi ex novo, accettarono l’abrogazione dell’istituto trovatelli. E l’abrogazione di quest’ultimo venne fulminea, mentre la costruzione della filiale si faceva aspettare. Si lagnarono di ciò i deputati dietali nel 1883 ed allora, per tutta risposta, si rimise la questione ai voti e i deputati tirolesi, forti della forza numerica, decretarono addirittura la soppressione dell’intero istituto delle partorienti senza più far parola della filiale. E così le nostre povere donne, se han bisogno di un asilo, di un ricovero per dar alla luce i loro figli, devono sobbarcarsi a 8-10 ore di viaggio e portarsi ad Innsbruck! Quest’ingiustizia i tirolesi la sanzionarono col pretesto che la clinica d’Innsbruck avea bisogno pel suo sviluppo di tutto «il materiale» della provincia.

Di commenti, fatti simili non hanno bisogno.

Altre istituzioni aiutate dalla provincia non ne abbiamo, a meno non si voglia tener calcolo di quel miserabile contributo, che la provincia dà alla scuola. Dico miserabile perchè la provincia intera spende pei suoi 3723 maestri fior. 230.000 (62 fior. per maestro!) mentre, per citare qualche esempio di confronto, la Carniola spende fior. 296.000 per 1002 maestri, e l’Austria superiore fior. 1.008.000 per 2462 maestri, la Stiria 1.193.000 per 3395 maestri! [p. 60 modifica]

Alle spese scolastiche la provincia concorre col solo 20%, il rimanente è a carico dei comuni; è questi, stremati e miseri, hanno dovuto darsi a economie deplorevoli: alla fusione di due o più scuole di paesi distanti magari 4 chilom. in una scuola sola (immaginiamoci con qual profitto pei bambini che all’inverno devono fare un’ora di strada in mezzo alla neve!) alla fusione di due fin tre classi in una sola con due o più sezioni, alla spilorceria di offrire all’insegnante quartieri inabitabili, di licenziare il maestro per mettervi al suo posto la monaca, che costa meno, di far aspettare la paga oltre il 30 e il 31 del mese, e a tante altre miserie, che invano van ripetendo nei loro congressi i maestri del nostro Trentino.

E mentre qui patiscono letteralmente la fame contadini e maestri e operai, ad Innsbruck si consuma il 25, il 30 e anche più per cento per amministrare quei denari, che da qui partono ma che qui non tornano.

Non c’è nessun’altra provincia che spenda nell’amministrazione quanto il Tirolo. Ci furono dei periodi di tempo in cui le spese di amministrazione ammontarono al 35 p. cento sul totale delle entrate!

Anche attualmente — nel preventivo pel 1900 — le spese di amministrazione aumentano a Cor. 552.000 sopra un bilancio di 3 milioni di Cor. e si noti che nel designare la cifra di Corone 552.000 non teniam conto nè delle spese di rappresentanza provinciale (Cor. 49.000), nè di quelle per l’amministrazione dei molteplici fondi, ciascuno dei quali ha proprio bilancio, nè delle spese di amministrazione di istituti non politici (manicomi, ecc.) che pur sono della provincia.

In quella cifra non ci sono che le spese di riscossione imposte e dell’amministrazione generale.

Un’ultima statistica avrei voluto fare, o cittadini, e non ebbi il coraggio di condurre a termine: la statistica delle canzonature subite dal Trentino nel secolo passato, delle prese di bavero che [p. 61 modifica]si ebbero da tante eccellenze, da tante altezze, da tante eminenze, da tanti dei e semidei, i rappresentanti del nostro paese, lusingati dalle melliflue parole, dalle benevole aspettative.

Forse la prima promessa formale, venuta dall’alto, di render giustizia al Trentino fu quella dell’imperatore Leopoldo nel 1790 e dopo quella fino al 1871, al 1893, al 1894, fino ad ieri quante promesse, quante e quante lusinghe, quante sconfitte per il paese nostro, per gli uomini suoi dalla fede buona...... troppo buona.

Meglio non ricordarle, meglio guardare sorridenti all’avvenire e prepararci con lena ad un lavoro che ci permetta in un non lontano futuro di consegnare alla storia statistiche meno desolanti e tali da non escluderci dal novero dei popoli che progrediscono nella via della civiltà.

Certo quello che il paese saprà fare in questo momento, quello che i nostri deputati sapranno fare ora alla Dieta d’Innsbruck, ci dirà in breve se all’elenco delle canzonature una nuova se ne debba aggiungere o meno.

Stanno nel popolo e nei suoi rappresentanti gli eventi.

Stan nel popolo perchè guai se esso in questo momento non si mostrasse unito, compatto, con un’anima sola, come un sol uomo; guai se i nostri nemici potesser credere che i fautori dell’autonomia fosser solo i nostri deputati, al pari di capitani senza esercito, senza batterie, senza munizioni.

Stanno gli eventi del paese nell’opera dei deputati e ad essi noi socialisti — che pur da loro siam divisi per le idealità finali del partito, e di loro fummo, siamo e saremo critici severi e avversari — noi mandiamo, coll’augurio della vittoria, un monito:

Lasciatevi pur canzonare dai tirolesi, se vi aggrada, ma sappiate che oggi ci siamo anche noi, non disposti a lasciarci canzonare da voi.

Noi crediamo di poter ripetere a voi ciò che le madri spartane dicevano, mentre consegnavano lo scudo ai figli partenti per la guerra in difesa della patria: O con questo o su questo.

Ad Innsbruck non mancano certo ricordi che servano ad additarvi il dovere. Voi andate a combattere in un parlamento: altri fra i nostri migliori — e rievoco la tua bella figura, o [p. 62 modifica]Giuseppe Canella, — ad Innsbruck per la causa nostra altre lotte sostennero nelle carceri.

Nessun rimprovero se tornerete vinti, purchè abbiate dato alla battaglia ogni forza vostra, ogni energia; e cadendo cadiate senza viltà, senza patteggiamenti.

Noi socialisti ci teniamo a far da scolte vigili di ogni vostra azione. Appunto perchè il partito nostro è il rappresentante di un proletariato che dà le sue forze ad una lotta, pur sapendo che della vittoria i primi frutti non saranno certo i suoi, esso ha più di qualsiasi altro il diritto di vigilare, di sindacare il vostro operato.

Ed ora tutti all’azione, al lavoro.

A sospingere al lavoro noi socialisti serve il mirare dietro alla meta di questa battaglia, altre mete più lontane che vogliamo raggiungere: dietro il trionfo dell’idea nazionale, il trionfo dell’idea umana, dopo la fatale ascesa della borghesia trionfatrice colle industrie e coi commerci sul medio evo feudale, l’ascesa del proletariato e con esso lontano in un avvenire di pace l’unione, la fratellanza delle nazioni e degli individui.

Ogni ricordo di queste rozze lotte di razza deve scomparire. Deve venir un giorno in cui non sia neppur concepibile il perchè di queste guerriglie selvaggie, il perchè di questi predomini brutali.

Pur troppo a noi sovviene il ricordo di molti, di troppi dolorosi episodi di questo conflitto.

E a me ritorna insistente alla mente quello che di questi giorni accadeva nel ’48 fra proletari italiani e proletari tedeschi — inconsci e gli uni e gli d’esser fratelli nella miseria — a Vilpian in sul tenere di Bolzano.

Colà viveva una famiglia di coloni italiani, che il proprietario del podere certo signor Capeller di Bolzano, vi avea chiamato dal Trentino per introdurre in quella località la coltura del gelso e l’allevamento dei filugelli.

Nel giorno 17 giugno verso le ore otto pomeridiane, quella buona gente sedea tranquilla a mensa per refocillarsi dalle fatiche della giornata, quando improvvisamente ode al di fuori un tu [p. 63 modifica]multo indescrivibile, che andava sempre più avvicinandosi. Spaventati s’alzano tutti e corrono alle finestre.... Una turba di forsennati, composta per la maggior parte di que’ Landschützen, che s’erano messi in moto alla chiamata del Raineri, e di alcuni contadini dei dintorni armati di fucili, forche e mannaie, dirigevasi imprecando e minacciando all’abitazione di quegli infelici. Non appena questi ultimi s’affacciarono alle finestre, fu un immenso e spaventoso grido: Li vagliamo finir tutti questi traditori di italiani — e in un baleno la casa fu circondata. Gli assediati, attingendo coraggio alla disperazione, sbarrano a furia la porta, e scambiando dalle aperture alcune fucilate, sostengono per qualche tempo il vivo ed incessante fuoco degli assalitori; visto poi che quella cedendo all’urto del di fuori, cominciava a scassinarsi, si raccolgono nel cortile interno per esser pronti ad aprirsi una breccia tra quei feroci. Ma caduta ad un tratto la porta, un’istantanea scarica ne stende quattro al suolo: gli altri, impotenti a resistere all’irrompente turba, tentano salvarsi correndo qua e là per la casa.

Erano fra questi due giovani donne, una d’anni 22, l’altra d’anni 17. La prima, ricoveratasi nella sua stanza, venne da que’ sicari uccisa e orribilmente sformata a colpi di baionetta; l’altra rifugiatasi sul tetto, colpita da una palla, morì poche ore dopo. Altri due giovani, uno sul solaio l’altro in una stanzuccia, furono massacrati a colpi di baionetta e di mannaia. L’unico superstite dalla carneficina, fu colto dagli assassini mentre disperato stava per precipitarsi dal tetto, ed avrebbe certamente subito la sorte degli sventurati suoi compagni, se un sergente dei Landschützen, sopraggiunto in quel mentre, non lo avesse strappato di mano a quelle belve. L’infelice però, benchè semivivo per lo spavento, veniva legato e tradotto dinanzi alle autorità di Bolzano come sospetto di fellonia!

Le autorità dopo averlo minuziosamente esaminato e tenuto in arresto 19 giorni, lo rimandavano senza alcun materiale indennizzo o morale soddisfazione.

Non per rimescolare basse passioni, non per far irrompere dall’anima scatti di indignazione io ho voluto ricordare il triste [p. 64 modifica]episodio. Ma per maledire questo passato di rancori, di odii, di violenze, per chieder a tutti che vogliano distruggerne financo le menome traccie che di esso ci sono in noi, per inneggiare a quella società più equa, più giusta, più civile che noi socialisti vagheggiamo e vogliamo e della quale la conquista dell’autonomia segnerà un passo in avanti. Per questo noi sentiamo di potere, di dover unire al grido di: Evviva l’autonomia, quello di: Evviva il socialismo!

Note

  1. Conferenza tenuta ad Innsbruck il 15 Giugno 1901.
  2. Queste proporzioni sono fatte in base alla statistica ecclesiastica della provincia. Il disquilibrio si constata anche attenendosi ai dati della statistica governativa.