Storia della rivoluzione di Roma (vol. III)/Capitolo IV

Capitolo IV

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CAPITOLO IV

[Anno 1849]


Attuazione della Costituente in Roma, in sui primi di gennaio 1849. — Comitato per la Costituente italiana. — Una commissione municipale provvisoria viene eletta per ciò che si attiene alla Costituente romana. — Il municipio romano ricusa di prendervi parte, e limitasi a continuare nell’amministrazione del comune di Roma. — Lettera scritta il 5 dall’Armellini al senatore Corsini. — Decreto del 7 per la esonerazione del municipio da ciò che si riferisce alla Costituente. — Festa sul Campidoglio la sera del 2 gennaio. — L’abate Rambaldi predica dalla base del cavallo di Marc’Aurelio. — I presidi delle provincie sostituti ai municipi per sorvegliare le elezioni e presiederle. — Discorsi del Pantaleoni e del Mamiani sulla Costituente. — Riunione nel teatro di Apollo la sera del 15 gennaio. — Proclama emesso il 16 dal governo, per fondere in una le due Costituenti italiana e romana. — Disposizioni, circolari, e decreti del governo per assicurare le elezioni. — Protesta del 18 della commissione o Giunta governativa eletta in Gaeta, contro la Costituente, datata da Castel Gandolfo. — Votazioni il giorno 21. — Proclamazione dei nomi degli eletti, il 28 sul Campidoglio. — Osservazioni su tutte le irregolarità che dal principio al fine accompagnarono e sostennero la Costituente in Roma.


Eccoci entrati finalmente nell’anno 1849, in quell’anno in cui la rivoluzione romana prese il suo sviluppo maggiore, e raggiunse, colla proclamazione della repubblica, la sospirata meta. Ma esso fu pure Tanno che ne portò la caduta, e che quindi, dopo una perturbazione di tre anni, ricondusse l’ordine desiderato fra noi. Ciò per altro formerà il soggetto dei seguenti capitoli.

In questo capitolo noi dovremo esaurire tutto quello che alla Costituente ed alla sua attuazione si riferisce, e ciò è [p. 93 modifica]tanto più necessario ed importante, in quanto che dalla Costituente scaturì la repubblica.

Abbiamo raccontato nel capitolo precedente le freddezze romane nel festeggiarla, e queste freddezze non si smentirono anche la sera del 1° gennaio, ultima delle quattro designate per la illuminazione della città: imperocchè ad onta di ogni sorta di eccitamenti, essa non fu nè più nè meno dissimile da quella delle sere antecedenti.

Da questo lato pertanto la manifestazione dei Romani avversa alla Costituente portò un carattere tale di universalità, che in pochi incontri ritrovasi.

Narreremo quindi tutte le operazioni preparatorie, e successivamente le elezioni del 21 e del 22, e la proclamazione degli eletti il giorno 28 sul Campidoglio; e così chiuderemo questo capitolo.

Dicemmo in quello precedente come la magistratura comunale di Roma si fosse pronunziata di volersi astenere dal prender parte a tutto ciò che alla proclamazione ed attuazione della Costituente si riferiva, limitandosi a continuare soltanto nell’amministrazione del comune. Essa si astenne difatti dal firmare l’avviso del 30 dicembre, nè mai in atto veruno vidersi figurare i nomi di chi componevala, sempre per ciò che si attiene alla più volte menzionata Costituente.

Era necessario però, sia per onore della magistratura stessa, sia per dare un regolare assetto alla cosa, che tutto ciò venisse conosciuto dal pubblico, e che questo pubblico sapesse i nomi delle persone alla medesima sostituite per questa operazione delicata ad un tempo e importante.

Conviene però premettere, che in Roma facevansi nel tempo stesso due operazioni diverse, cioè un comitato occupavasi esclusivamente della Costituente romana, mentre un altro affaccendavasi per la Costituente nazionale italiana.

[p. 94 modifica]Per quest’ultima erano affluiti fin dal dicembre o prima molti individui dalla vicina Toscana e dalla Lombardia, ed eransi stretti in comitato composto dai seguenti:

Filippo de Boni presidente, di Feltre (nel Lombardo Veneto)
Atto Vannucci vice-presidente toscano
G. B. Cavalcaselle veneto
Oreste Ciampi toscano
Piero Cironi      »
Carlo Fenzi      »
Piero Maestri milanese
Giovanni Santarlasci lucchese
Girolamo Spannocchi toscano
Girolamo Cioni      »
Antonio Torricelli napolitano
Goffredo Mameli genovese
Enrico Cernuschi lombardo
Colonnello La Masa siciliano.

E questi non eran tutti, perche altri già trovavansi in Roma. La nota che ce ne dette il Tribuno porta il loro numero a venticinque fra i quali un Romano di certo (che vi avevano incastrato); e questo era il famoso Ciceruacchio che per dare consigli in fatto di Costituzioni e Costituenti doveva credersi adattato, altrimenti non sarebbe stato scelto. Del comitato, di cui si parla, abbiamo due circolari del 2 e 4 gennaio che posson leggersi nella Pallade.1 Quella però del 4, che ci sembra importante, la trascriviamo in Sommario.2

La confusione era somma; era una vera torre di Babele, e nè gli uni nè gli altri sapevano in qual mare si navigasse, perchè non era ancor deciso se dovesse attuarsi in Roma una sola Costituente o due. I [p. 95 modifica]sopramenzionati eran per la Costituente nazionale italiana, intanto che una commissione erasi formata in Roma per la Costituente romana.

Questa, come accade in tutte le associazioni, formossi in Roma cogli elementi dei circoli, ed in modo tutt’altro che regolare ed esprimente il mandato dei cittadini, perchè di esso difettavano assolutamente.

I nomi che vidersi figurare come capi della commissione municipale provvisoria per attuare in Roma la Costituente, furono:

Curzio Corboli
Leopoldo Fabri
Antonio Fabi.

Fino dalla sera del 6 si tenne nel palazzo di Monte Citorio la prima riunione dell’Associazione nazionale romana per la Costituente, con invito del 4.

Prima però che noi procediamo oltre, è duopo che somministriamo ai lettori una idea esatta del come combinaronsi le cose fra governo e municipio, in guisa che Testasser tutti contenti, e il pubblico romano non si avvedesse della renuenza municipale. Una rinuncia sarebbe stata scandalosa, e questa si volle ad ogni costo evitare.

D’altra parte la commissione provvisoria non poteva installarsi da sè, ed era duopo che il governo le desse i necessari poteri; ma come rivestire i nuovi senza prima spogliare i vecchi?

Allora fu convenuto che l’avvocato Armellini, ministro dell’interno e nel tempo stesso magistrato municipale, scrivesse al senatore Corsini una lettera confidenziale, in cui fosse esposta la renuenza della magistratura di prestarsi alle operazioni inerenti alla attuazione della Costituente, e proponesse in pari tempo il temperamento di creare una commissione provvisoria ad hoc. Questa lettera avrebbe partorito il decreto di esonerazione, e questo sarebbe stato un atto pubblico dal quale non sarebbe [p. 96 modifica]parsa la renueuza municipale, ma soltanto il desiderio per parte del governo di alleggerirla di questo carico.

La lettera dell"Armellini diceva così:


«Eccellenza!

» In seguito della renuenza a prestarsi alle operazioni elettorali ordinate dalla recente legge sull’Assemblea nazionale, che mi ha rappresentato cotesto Senato di Roma, di cui si pregia essere il sottoscritto uno dei componenti, si è stabilito dal Consiglio dei ministri per riguardi di alta prudenza, in tempi così difficili, di surrogare una commissione che vi supplisca per questo oggetto soltanto; misura straordinaria, la quale si andrà a prendere per qualunque altro dei comuni, che si trovasse nello stesso caso, benchè sino ad ora codesta magistratura ne sia il solo esempio.

» S’intende bensì senza dirlo, che le spese occorrenti dovranno rimanere sempre a carico municipale secondo le regole.

» Sono sicuro del resto che nella situazione imperiosa attuale il Senato e il Consiglio raddoppieranno quello zelo, di cui ogni spirito ed ogni cuore dev’essere animato per conservare l’unione e la quiete del paese: unico mezzo per ottenere anche quella riconciliazione che i trambusti renderebbero più difficile.

» Spero nella Provvidenza che ci piacerà un giorno di ricordare le pene e gli sforzi de’ giorni critici.

» Profitto della circostanza per confermarmi colla più distinta stima.

» Li 5 gennaio 1849.


» Devotissimo servo

» e collega nella Magistratura

» C. Armellini.


» Al signor Senatore di Roma3

[p. 97 modifica]In seguito di ciò la commissione provvisoria di governo dello stato romano emanò il seguente


» Decreto.


» Occupato il Magistrato comunale di questa capitale in tante e sì svariate ingerenze, non potendosi, a termine della istruzione di governo sulle Assemblee elettorali da convocarsi, occupare delle relative straordinarie operazioni, la Commissione provvisoria di governo dello stato romano ha stabilito di surrogare al medesimo in tutte le funzioni, tanto preparatorie che successive e finali dalla istruzione suddetta e dalla legge che la precedette attribuite ai Magistrati e Consigli municipali, una Commissione composta degli infrascritti cittadini, abitanti in Roma. I medesimi si presteranno con quello zelo, che esige la importanza di questa alta missione, e che fa presumere nei medesimi il noto carattere di amor patrio di cui sono caldi altamente.

» Avranno essi diritto di farsi coadiuvare dagl’impiegati subalterni del corpo municipale, i quali vi si presteranno con quello zelo che li distingue.

» Le spese tutte rimangono a carico del Comune, come se dal Magistrato fosse stata disimpegnata l’operazione.

» Il presidente di Roma e Comarca è incaricato di eseguire, per parte sua, quanto gli viene ingiunto dalle sullodate disposizioni.

» Fatto in pieno Consiglio. Roma, 7 gennaio 1849.


[p. 98 modifica] Seguono i nomi dei trenta membri della commissione municipale provvisoria, di cui erano

L ’avvocato Giuseppe Gabussi il presidente,
Il dottore Alceo Feliciani il vice-presidente, e
L’abate Carlo Arduini     i segretari.
Felice Scifoni e
Il dottore Pietro Guerrini;

Si omettono i nomi degli altri.4

Per siffatto modo il governo in luogo di confessare che il municipio non volesse prestarsi in questa operazione, aveva l’aria di dire invece: il municipio ha troppo da fare, non lo sopraccarichiamo di più; anzi esonoriamolo da questo incarico. Il municipio non si comprometteva, figurando rinunziante, e il pubblico credeva tutte queste cose con facilità. Ma la realtà si fu che il municipio non si prestò, non già perchè ne fu esonerato, ma perchè aveva dichiarato da prima di non volerne sapere.

La commissione municipale provvisoria pertanto, fin dagli ultimi di dicembre o dai primi di gennaio, per mezzo di uno dei tre membri che n’erano alla testa, fece richiedere al principe Torlonia il suo teatro di Apollo, ed il principe lo mise a loro disposizione. Pochi giorni dopo il Pompilj di Spoleto ed il Fenzi di Firenze (membri del comitato per la Costituente italiana) si recarono dal principe per una uguale richiesta, ma il principe avendolo già posto a disposizione di quelli della Costituente romana, suggerì di mettersi d’accordo fra loro per Fuso che volevau farne.

Che poi la commissione provvisoria già esistesse in embrione, prima del giorno in cui venne alla luce, è a dire del 7 gennaio che le dette una esistenza legale, si ricava dal [p. 99 modifica]fatto, che fin dalla sera del 2 vi fu una festa per la Costituente nel luogo della giurisdizione municipale, ossia sul Campidoglio, e questa non può averla diretta che la detta commissione provvisoria.

La festa consistette in questo. La civica fu chiamata alle 4 sulla piazza de’ santi XII Apostoli. Di là si partì accompagnata dalle bande militari, con torchi di pece e bandiere dei rioni e dei circoli, e con più l’accompagno della linea, dell’artiglieria, e dello stato maggiore dei corpi. Le truppe arrestaronsi sulla piazza dell’Aracoeli. Pochi borghesi e alquanti mascalzoni andavan di conserva con esse, e gridavano da quando a quando: viva la Costituente.

Giunto il corteggio sulla piazza del Campidoglio, il sacerdote G. B. Rambaldi veneziano asceso sul piedistallo di Marc’Aurelio, diresse al popolo le parole seguenti, conservateci da quel giornale che aveva per titolo la Guardia nazionale:

«Popolo di Roma! Tu sei chiamato ad una grande missione e certo l’unica dopo che i tuoi padri percossi dal destino che ne invidiava la gloria e la grandezza, scendevano in faccia ad una prima barbarie da questa sacra montagna!

» Popolo di Roma! Tu sei chiamato, se il vuoi, ad infondere la potenza vitale alla nostra infelicissima Italia e ricomporne le sparse membra che si vogliono disgregate ed oppresse dalle nere congreghe e dai despoti.

» Io sacerdote di Cristo sento tutta la coscienza di chiamarti dal Campidoglio alla libertà ed alla indipendenza, perchè il principio di questo tuo diritto vive eterno nel Vangelo!

» Con questo pensiero semplice e sublime ad un tempo ritirati alle tue case, o generoso popolo, e ritirati con quel contegno tranquillo e dignitoso che è la più eloquente risposta che tu possa dare ai tuoi congiurati nemici.

[p. 100 modifica] » Frattanto sia uno e concorde il grido: Viva la Costituente romana iniziatrice della Costituente italiana.»5

Notiamo la modestia del nostro abate! I nostri sacerdoti in Roma avrebber detto: io, quantunque indegno, o indegnamente sacerdote di Cristo. E perchè non dirlo anche il signor abate Rambaldi?

Questa festa pertanto, essendo data nella sede della municipalità renuente per ciò che alla Costituente si apparteneva, è chiaro che fu capitanata dalla commissione provvisoria municipale che fin dal 2 (cioè cinque giorni prima della sua installazione) funzionava di fatto e non di diritto. Il giorno 7 ebbe col fatto il diritto, e così assunse le forme legali.

Procedendo le cose di questo passo, ecco subito il giorno 8 che il comitato direttore dell’associazione elettorale emise il suo programma accompagnandolo con una circolare, che possono entrambi leggersi in Sommario.6

Ed il governo, analogamente alla promessa del ministro dell’interno nella lettera del 5, emanò per mezzo del ministro stesso il 9, una circolare ai presidi delle provincie, nella quale sotto il pretesto che molti capo-luoghi erano a grande distanza dalla periferia del loro confine territoriale, e che inoltre nel V inverno era malagevole agli elettori di recarvisi stante l’asprezza della stagione, si disponeva che: in ogni provincia ove si verifichino le circostanze sopra indicate, sia nelle facoltà del preside di destinare, oltre il capo luogo già determinato dall’articolo 10 della legge 29 decembre prossimo passato, e dall’articolo 1 della istruzione emanata il giorno 31 detto, un altro luogo ancora in cui possano accorrere i cittadini ec.

Dandosi poi il caso che alcuna delle magistrature comunali si fosse ricusata di occuparsi delle operazioni che si richiedevano per la convocazione dell’assemblea [p. 101 modifica]nazionale, i presidi erano autorizzati, mediante la circolare suddetta, a sostituire ai magistrati comunali renuenti una commissione composta dei cittadini i più influenti e più estimati della città, come si è mandato ad effetto in Roma ec.7

In una parola, si fece dal governo per le provincie quello che si era fatto nella capitale; e quantunque nella legge fosser chiamati i municipi a compiere queste operazioni importantissime, si sostituirono ad essi per regolarle i presidi ch’eran, come è naturale, creature del governo e ligie a’ suoi fini ed a’ suoi voleri. Il freddo della stagione, la impraticabilità delle strade furon cose poste in giuoco, perchè la legge non fu fatta nella state ed applicata nell’inverno, ma fu fatta il 29 e il 31 decembre, ed allora il freddo già ci cra, e le strade erano già impraticabili.

Il motivo vero e reale pertanto fu la contrarietà manifestissima che in quasi tutti i municipi incontravasi.8

E questa determinazione del governo del 9 di gennaio fu precipuamente provocata dalla contrarietà reale (quantunque se ne fosse soffocata la cognizione del pubblico) del municipio di Roma, e da quella dichiaratissima del municipio di Bologna, come può leggersi nel Sommario storico9; sebbene poi in Bologna, sopraffatto il municipio dalla violenza dei due circoli bolognesi, e minacciato di essere discacciato se non cedeva, accadde che fu costretto a fare quello che non voleva.10

E fu talmente sfacciata in Bologna la violenza e la sopraffazione dei circoli, che quantunque quella città numeri un 90 mila persone, e quantunque alla radunata dei [p. 102 modifica]medesimi circoli non ne convenisse che un migliaio, bastarono 1000 persone per costituirsi in popolo, ed imporre la lor volontà alle residuali 89 mila.

Vinsero i circoli è vero, ma per il governo era tale uno scandalo l’avere incontrato opposizioni, che il prevenirne ed impedirne la ripetizione negli altri comuni, divenne cosa del più grave momento. Ciò si fece dal governo coll’atto summenzionato, il quale poi, a parte la ipocrisia dei motivi allegati, accoglieva un’aperta violazione della legge promulgata.11

In esecuzione pertanto della determinazione governativa di sostituire ai municipi quei presidi che per la loro energia ed attaccamento all’ordine di cose esistenti, avessero potuto assicurare le elezioni nel senso che volevasi, vennero eletti nella prima quindicina di gennaio:

L'avvocato Carlo Mayr a reggere la città e provincia
di Frosinone.
Il cavalier Giuseppe Neroni » Camerino.
L'avvocato Dionisio Zannini » Macerata.
Lorenzo Moscardini » Spoleto.
Il dottor Pietro Ricci » Orvieto.
L'avvocato Giuseppe Caramelli » Viterbo.
Il conte Ettore Borgia » Velletri.
Ugo Calindri » Ascoli.
Il colonnello Carlo Berti Pichat » Bologna12.

Il 12 di gennaio il dottor Pantaleoni deputato per Cingoli, pubblicò uno scritto o discorso nel quale si scaglia acerbamente contro la uccisione del Rossi e i fatti chè seguirono dappoi, giustifica le Camere per la elezione della Giunta provvisoria di governo, parla della Costituente, si dichiara avverso ai partiti estremi e soprattutto [p. 103 modifica]al suffragio universale, base delle elezioni alla Costituente summenzionata.

Disgraziatamente però era passato il tempo in cui la voce degli uomini moderati era ascoltata, perchè Roma formicolava di repubblicani affluiti da tutti i paesi d’Italia.

Detto discorso costituisce un documento grave ed importante per la storia.13

Anche il Mamiani, con un indirizzo ai suoi elettori, cho pubblicò e che può leggersi nei supplementi ai numeri 259, 260, 261 e 262 dell’Epoca, somministrò molti utili schiarimenti, ma poco o nulla si mostrò confidente nella Costituente romana, perchè le sue idee eran piuttosto alla Costituente italiana rivolte. Le parole del Mamiani ancora eran divenute moneta calante.14

A tenere in fede e in timore del governo gl’impiegati, diramò il 13 l’avvocato Armellini una circolare contro gli impiegali, che contrariassero minimamente o mostrassero sentimenti ostili al presente ordine di cose, minacciandoli di essere istantaneamente sospesi, e secondo i casi anche dimessi colla perdita del soldo.15

E la commissione provvisoria di governo, con circolare del 15 invitò tutti gl’impiegati dello stato a votare dicendo che più che un diritto, era un sacro dovere di onesta coscienza.16

Il 15 poi, onde assicurare meglio quanto il governo desiderava dagl’impiegati, fu eletta una Giunta temporanea di sicurezza pubblica, la quale veniva formata dai seguenti:

Livio Mariani
Maggiore Mattia Montecchi
Dottor Niccola Carcani.17

[p. 104 modifica]Il 15 gennaio ebbe luogo pure la prima riunione del comitato nel teatro di Apollo alle 6 e mezzo per presentare i nomi dei candidati che proponevansi per l’assemblea generale dello stato.

Quelli che in seguito delle votazioni preparatorie ottennero il maggior numero di voti, furono:

1. Avvocato Sturbinetti
2. Maggior Calandrelli
3. Tenente colonnello Roselli
4. Colonnello Luigi Masi
5. Maggiore Federico Torre
6. Maggiore Luigi Salvati
7. Avvocato Oreste Regnoli
8. Capitano Orazio Antinori
9. Crispino Narducci
10. Pietro De Angelis
11. Colonnello Angelo Ruvinetti
12. Avvocato Giuseppe Gabussi.18

Alle signore, affinché la operazione prendesse un aspetto di festa e fosse abbellita dalla loro presenza, s’inviaron gratis le chiavi dei palchi.19 La riunione difatti riuscì numerosa.

Ci racconta la storia sacra che Salomone, a dirimere la questione delle madri ciascuna delle quali reclamava come suo lo stesso figlio, ordinò che si fendesse per mezzo: così la commissione provvisoria di governo, trovandosi fra due fuochi, perchè un partito numeroso voleva la Costituente italiana, un altro la Costituente romana, adottò il temperamento ch’essa fosse l’una e l’altra nel tempo stesso, ed il giorno 16 emise un proclama col quale dichiaravasi che l’assemblea costituente dello stato romano riuniva altresì [p. 105 modifica]il carattere e le attribuzioni di assemblea costituente italiana. 20

La sola differenza che troviamo fra Salomone ed il governo romano è che il primo voleva disgiungere e questo congiungere.

Circa poi al temperamento adottatosi sembra che parlare sul serio della Costituente italiana al punto in cui eran le cose, sentisse quasi del ridicolo: perchè colla Lombardia sotto gli artigli grifagni dell’Austria, e Napoli sotto le unghie del Borbone, il mandato di chi rappresentar doveva quegli stati si rassomigliava troppo a dei vescovati in partibus.

Prima però che noi riportiamo la notificazione del presidente della commissione per le pubbliche elezioni, e tutte le disposizioni che adottaronsi per tale oggetto, ci è forza parlare di un atto il quale, sebbene per la natura dei tempi non ebbe pubblicità, fu però elaborato e fetto stampare dalla commissione governativa creata dal Santo Padre in Gaeta il 27 novembre dell’anno antecedente.

Questo atto è importantissimo prima di tutto per il suo oggetto, in secondo luogo perchè mostra che la detta commissione in numero di tre individui erasi costituita. Storicamente dunque un atto irrefragabile ce ne rivela l’esistenza come corpo governativo, al quale se vuolsi, mancò la cosa più essenziale, che fu quella di far conoscere che esisteva, e quel che più monta, di farsi obbedire.

Detto atto, di formato in foglio, datato da Castel Gandolfo, e sottoscritto dai seguenti:

Cardinale Castracane
Monsignor Roberti e
Principe Barberini,

aveva per oggetto di protestare contro la Costituente. Il documento è unico, e quindi lo riportiamo per intiero.

[p. 106 modifica] Eccone il tenore:

«La commissione governativa

» Ai popoli di Roma e dello stato pontificio.


«Quando con sovrano motu-proprio dato da Gaeta li 27 novembre del prossimo decorso anno 1848 la Santità di Nostro Signore Papa Pio IX degnavasi di nominare una temporanea Commissione di stato, cui durante l’assenza sua commetteva reggere e provvisoriamente governare questa capitale del inondo cattolico, c tutto intero lo stato pontificio, avrebbe dovuto essa Commissione costituirsi immediatamente, e pubblicando l’atto sovrano, obbligare i sudditi a riconoscerla, ed obbedirla.

» Però gli animi oltremodo esagitati, il timore di cittadini conflitti, la speranza che le popolazioni riconoscenti avrebbero da loro stesse tolti gli ostacoli clic si opponevano al ritorno fra noi di quel pontefice, che poco tempo dianzi tutti e statisti e stranieri concordemente acclamarono siccome l’uomo mandato da Dio per tergere le lacrime di molte famiglie, c ridonare ovunque la concordia e la pace; ma sopra ogni altra cosa la ripugnanza e l’animo ostile manifestato anche in forma solenne dai poteri non abbastanza liberi, che avrebbero dovuto prestarsi alla esecuzione degli ordini sovrani, impedirono la Commissione dall’operare atti di sovrano potere, limitandosi unicamente a dar pubblicità, non solo al moto-proprio anzidetto, ma alle ulteriori proteste tutte emanate dalla stessa Santità Sua.

» Se con ciò si ottenne un apparente pubblica tranquillità, il seguito degli avvenimenti disgraziatamante mostrò quanto poco efficace fosse tale mezzo ad ottenere il desiderato fine. Uomini fatti immemori dei benefici, aggiungendo ingratitudine ad ingratitudine osarono, e tutto di osano cose, dalle quali rifugge l’animo [p. 107 modifica]rato. Ed invero, quando vedesi sì bassamente dispregiata la volontà non solo, ma pur la voce espressa del pontefice; quando si manomette la inconcussa volontà di lui; quando si hanno in non cale gli ordini che a bene dei sudditi piace a lui di emanare; quando si mette in forse il dominio temporale della Santa Sede; quando si procede verso l’elezione di un’Assemblea, che fedeli sudditi e cattolici debbono del pari tenere per condannata; quando veggonsi arbitrariamente disciolti i Consigli rappresentativi, il potere dello stato per modi illegali usurpato, le autorità legittimamente costituite, rimandate, le leggi a capriccio rivolte, variate, e distrutte; quando sotto lo specioso titolo di libertà si giunge per fino a violentare le coscienze dei cittadini, richiedendosi un atto, cui i doveri di sudditanza e di religione si oppongono; in tale stato ultimo di cose, ogni ulteriore silenzio della Commissione saría stato e colpa e delitto.

» Essa Commissione però, nell’aprire in tal modo il suo animo ai sudditi dello stato pontificio, non può dimenticare la circostanza di rappresentare colui che è, e volle sempre considerarsi, ministro di concordia e di pace. Essa dunque non dirà i mali ai quali lo stato è andato e va tutto giorno all’incontro; non la miseria che opprime la capitale e le provincie, poco dianzi sì floride e ricche; non le ingenti spese recate all’eccesso; non il vuoto stremo delle finanze; non l’avvilimento delle arti e di ogni onesto traffico e commercio. Si limiterà solo a fare appello generoso al cuore di tutti gli uomini onesti, alla fedeltà, al valore delle guardie cittadine e della truppa di linea, alla riconoscenza di quei tanti che per bontà sola del pontefice furono ridonati a libertà, e al seno di loro famiglie; perchè ognun di essi calcolando i vantaggi sommi della concordia, e i mali immensi che sorgono da intestine discordie, vogliano operare per modo, che quella ci sia ridonata in un coll’amore, affezione e presenza del sommo pontefice.

[p. 108 modifica]» Nel tempo istesso, non volendo che il silenzio suo, e più la sua presenza in Roma, possa da taluno andare interpretata quale tacita approvazione ed annuenza agli atti illegali che vanno tutto dì consumandosi in spregio e contro i voleri espressi del sovrano pontefice, intende essa protestare solennemente contro detti atti, dichiarando di più che si è ritirata nella residenza pontificia di Castel Gandolfo, ove attenderà con fiducia che le cose per essa esposte, e i consigli da essa dati, siano accolti favorevolmente, e torni questo un mezzo opportuno, onde ottenere stabile, durevole e pacifico avvenire.

» Dal palazzo pontificio di Castel Gandolfo

» Li 18 gennaio 1849.

» Cardinal Castracane
» R. Roberti A. C.
» F. principe Barberini21



Il giorno 19 venne pubblicata la notificazione in data del 18 del presidente della commissione per le elezioni avvocato Gabussi, e segretari Arduini, Scifoni e Guerrini, colla quale le elezioni si fissavano per il giorno 21 e destinavansi per le medesime i seguenti locali:

I Collegio elettorale palazzo Colonna.
II detto palazzo di Monte Citorio.
II detto palazzo della Sapienza.
IV detto palazzo della Cancelleria.
V detto palazzo di Campidoglio.
VI detto palazzo Salviati.

Venivano inoltre nominati per ciascun collegio il presidente, il segretario ed i squittinatori, i cui nomi leggonsi nella Gazzetta di Roma.22 [p. 109 modifica]Nei giorni che succederonsi, fu un affaccendarsi continuo dei circoli e dei comitati per proporre i loro candidati, i quali presso a poco eran sempre i medesimi; cosicchè i Romani non leggevano altri nomi che quelli di una ventina o trentina d’individui come meritevoli di rappresentarli all’assemblea.

Nomi dei candidati che tenesser pel papa non leggevasene alcuno, perchè niuno avrebbe osato di proporli. D’altra parte i comitati che esistevano non erano che nel senso della rivoluzione; e noi lo ripeteremo ancora una volta, che nel senso contrario alla rivoluzione non solo non esisteva aggregazione veruna, ma neppure si osava di esternare liberamente la propria opinione nell’interno delle rispettive famiglie, per intimidazione, quanto abilmente, altrettanto iniquamente organizzata. Se la voce di un Mamiani, pronunziatissimo separatista del potere temporale dallo spirituale del pontefice, non era ascoltata, chi avrebbe potuto alzar la sua, non dico con speranza di successo, ma senza rischio positivo di % compromettere la propria esistenza? Erano insomma le cose combinate in tal modo, che qualunque fosse stata la scelta fatta dagli elettori nei novero dei nomi designati, era sempre assicurata quella degli uomini che volevansi. Noi non riportiamo per brevità i nomi dei candidati proposti, i quali potranno leggersi fra i nostri documenti.23 Ivi si troverà una modula della scheda che servir doveva per le elezioni. 24

Con siffatti mezzi pertanto, colle misure adottate preventivamente, coll’attitudine severa e minacciosa spiegata dal governo e dai circoli ad esso devoti, che equivalevano a tante succursali del governo stesso, il trionfo il più completo della rivoluzione era assicurato.

Giunto il 21 ebbe luogo la votazione della Costituente nei locali indicati di sopra, guerniti dalla civica. Eranvi [p. 110 modifica]circa un 900 o 1000 uomini fra tutti i locali, la mattina, ed altrettanti, per dar lo scambio ai primi, nelle ore pomeridiane.

Le votazioni effettuaronsi tranquillissimamente. Noi non ripeteremo le tante storielle che raccontaronsi sui nomi che taluni scrivevano, sulle cose che dicevano, sulle esitazioni o incertezze di moltissimi fra gli elettori, sulle doppie, triple, quadruple votazioni, sulle incapacità per età o per posizione sociale, ed infine sull’astuzia che faceva da maestra all’ignoranza. Le son queste tali cose, che ognuno il quale abbia buon senso può facilmente immaginare. Quanto all’età, vedemmo noi coi nostri propri occhi una camerata degli alunni di san Michele a Ripa inferiori di certo all’età, recarsi per votare al palazzo Salviati. Di ciò non altra prova possiam produrre che un appello alla nostra propria coscienza.

La sera del 21 ossia del primo giorno della votazione, nel palazzo di Monte Citorio che costituiva in certo modo il capo luogo delta votazione, apparve con sorpresa degli astanti un cartellone con lumi dietro, il quale diceva così:

«Elettori,

» Chi ama la sovranità del popolo ha lo stretto obbligo di correre a dare il suo voto. Il solo cittadino che ha macchie infamanti non può accostarsi alle urne. Se voi non accorrete a questo sacro dovere è segno che non avete a cuore nè onore, nè patria. Accorrete. Viva l’Italia.»

Le parole del cartello indicano chiaramente che ben pochi il primo giorno accostaronsi all’urne, e che fu una mortificazione umiliante il doverlo confessare. Il detto ammonimento per eccitare il pubblico fu positivo, e ne parlò soltanto il Costituzionale del 22.nota Ma più che il Costituzionale ce ne son garanti i nostri occhi lo videro.


25 [p. 111 modifica] Tutt’altro però fu l’avviso dato al pubblico dal governo, perchè esso; festante, annunziava nel giornale ufficiale del 22 la fatta votazione nel più perfetto buon ordine, e mostrandosi soddisfattissimo del quantitativo dei votanti accorsi che portò al numero di quattordici mila. La commissione provvisoria di governo ne ringraziò il 23 il popolo, la guardia civica, il battaglione universitario e la milizia, come nella Gazzetta di Roma di detto giorno.

Ciò formò per verità un contrasto col linguaggio dei cartello della sera precedente, ed è questo contrasto doppiamente significativo, in quanto che il giornalismo che era tutto di un colore, si tacque su questa circostanza importantissima ed il solo Costituzionale ne parlò.

Difatti troviamo, a provare che le parole del cartello non poggiavan sul vuoto, che si ricorse allo esperimento del giorno seguente 22 per una nuova votazione. Il governo però a prevenire qualunque osservazione sulla scarsezza delle votazioni del primo giorno (scarsezza che provocò lo esperimento del giorno seguente), disse che il troppo concorso dei primo giorno non avendo permesso di esaurire tutto, convenne ricorrere al secondo. Non può negarsi tuttavia che in queste contradizioni non fossevi un che di misterioso, e ciò a voce bassa si disse.

Furono a votare, noi contesteremo, alcuni (ma ben pochi) del clero, furonvi i civici, vi furono astretti i lavoranti della beneficenza, e astretti pure gl’impiegati governativi, come dicemmo di sopra; e torneremo a rammentare che vi furono anche gli alunni imberbi dell’ospizio di san Michele a Ripa. Per la formazione dei ruoli non vi fu tempo, e quindi chiunque votava, senza andare tanto pel sottile, era il ben venuto. Che se poi a tutto ciò si aggiunga, che Roma accoglieva un quantitativo assai numeroso di persone estranee ad essa ed a’ Romani sconosciutissime, non sarà meraviglia che siasi raccolto fra il primo e il secondo giorno un certo numero di voti. — Ora poi racconteremo come la mattina del 28 gennaio sul piazzale del [p. 112 modifica]Campidoglio avesse luogo la solenne pubblicazione dei nomi dei deputati eletti per Roma all’assemblea nazionale. Il piazzale del Campidoglio era ornato da pertutto di bandiere. Eranvi i nomi degli eletti, bande musicali e civica. I membri della commissione provvisoria municipale erano sullo scalone in facciata. A mezzogiorno se ne pubblicarono ad alta voce i nomi, che furono i seguenti:

1. Avvocato Francesco Sturbinetti con 16153 voti
2. Avvocato Carlo Armellini 13175 »
3. Dottore Pietro Sterbini 11718 »
4. Monsignor Carlo Emmanuele Muzzarelli 11555 »
5. Avvocato Giuseppe Galletti 11277 »
6. Felice Scifoni 9859 »
7. Conte Pompeo di Campello 9311 »
8. Avvocato professore Pasquale de-Rossi 7706 »
9. Maggiore Alessandro Calandrelli 7697 »
10. Avvocato Giuseppe Gabussi 7095 »
11. Livio Mariani 6777 »
12. Carlo Bonaparte principe di Canino 6449 » 26


Saranno più che persuasi i nostri lettori che nelle provincie e nei luoghi tutti dello stato, gli stessi mezzi, le stesse illegalità o irregolarità, e forse anche maggiori, abbiano avuto luogo; ma il sottilizzare anche su quelle avvenute in provincia ci menerebbe tropp’oltre. Bensì citeteremo qualche esempio della più flagrante infrazione della legge elettorale, incominciando dal narrare che in Macerata si elesse per deputato il Garibaldi. Ora secondo l’articolo 8 della legge del 29 dicembre le qualità richieste per essere eletto a deputato erano quelle di essere cittadino dello stato, e di avervi risieduto da un anno; ma nè l’una nè l’altra condizione verificavasi nel Garibaldi il quale era nizzardo, ed era entrato nello stato pontificio da tre o quattro mesi soltanto.

[p. 113 modifica] Più tardi poi, chi il crederebbe? Si elessero a deputati per Roma:

Il friulano Francesco Dall’Ongaro
Il genovese Giuseppe Mazzini
Il milanese Enrico Cernuschi, e
Il modenese Cannonieri.

E lo avere introdotto nell’assemblea romana cinque stranieri a Roma ed alle cose dello stato romano, come un Garibaldi, un Mazzini, un Dall' Ongaro, un Cannonieri, e un Cernuschi, fior di repubblicani tutti e cinque, e di straordinaria influenza, non ci sembra cosa di lieve momento.

Noi abbiamo in due capitoli distinti tessuto la storia di tutto ciò che alla Costituente si appartiene. Riassumeremo ora per sommi capi tutte le irregolarità, illegalità, o falsità col sussidio delle quali fu proposta, proclamata e quindi attuata la medesima. Coll’aver poi accennato soltanto alla irregolarità delle elezioni, abbiamo dato un’idea della violenza ch’esercitò il partito repubblicano, imponendo i suoi prìncipi alle popolazioni tutte dello stato pontificio.

Quanto alla Costituente pertanto rammenteremo:

1. ° Che fu per falsità e per sorpresa che si fece apparire che la civica l’avesse proclamata la sera del 19 dicembre, mentre la civica non ne voleva sapere nè punto nè poco.

2. ° Che il ministero non ne voleva sapere, che dichiarò la sua incompetenza, e rimandò gl’istanti (ch’erano i lavoranti della beneficenza) alle Camere legislative.

3. ° Che nè pure le Camere ne voller sapere, e che perciò rimase insoluta la questione nella sessione finale del 2fi dicembre: in seguito di che, riconosciuta la loro inutilità, vennero sciolte e rimandate con Dio.

4. ° Che la Giunta provvisoria di governo o terzo potere non emise che atti illegali, perchè mancanti della firma [p. 114 modifica]del senatore Corsini (quantunque vi figurasse) e quindi, per necessità, nulli.

5.° Che il popolo fece vedere nel modo il più chiaro e convincente che non ne voleva affatto, perchè non bastarono per quattro sere consecutive lenocinl ed eccitamenti per fargli illuminare la città.

E pur non ostante uscì il decreto per la sua proclamazione il giorno 29, e uscì sottoscritto per modum unius dal ministero, da quel ministero stesso che il 18 dichiarava la sua incompetenza, e dai due membri superstiti del terzo potere, presentando così un pasticcio politico di cui non sapremmo citare alcun esempio consimile. Imperocché un potere che doveva comporsi di tre nomi per esser legale, ridotto a due, non era più nulla. Non era quindi nè terzo potere, nè ministero; e pure a questo associossi e con questo si fuse: ma con tutto ciò la illegalità dell’atto è così evidente, da non potersi di conseguenza revocare in dubbio la nullità dell’atto stesso.

Quanto poi alle illegalità della votazione, a parte lo aver cambiato le località per motivo della stagione invernile o delle strade cattive, la qual cosa costituì una infrazione della legge, osserveremo che una delle più sfacciate fu la sostituzione dei presidi (ch’eran creature del governo) ai Consigli comunali, che erano da lui indipendenti, e che in forza degli articoli 1, 11, 16, 18, 25 e 30 della istruzione per la esecuzione dei decreto del 29 dicembre, chiamavansi esclusivamente a presiedere alle medesime. Circa i ruoli o gli elenchi, ricorderemo che non vi fu il tempo per compilarli regolarmente, e quindi poco si potè badare alla patria, alla età, alle esclusioni, ed a tutte le altre condizioni determinate dalla legge; e su di ciò abbiam dato qualche cenno e qualche prova nelle precedenti nostre osservazioni.

Spuntata che fu finalmente la proclamazione della Costituente (e tutti han letto quali supremi sforzi vi vollero), si ebbe un’assemblea di colore evidentemente repubblicano, [p. 115 modifica]e quest’assemblea fu quella che decretò la decadenza del papato dal governo degli stati romani e la proclamazione della repubblica, come racconteremo in seguito.

Ma su quali fragili basi riposasse tutto questo edificio, lo abbiam provato in guisa, da equivalere ad una dimostrazione geometrica; e se ci dilungammo soverchiamente su questo argomento, lo facemmo perchè il soggetto ci parve, come è, di un interesse virtualmente grandissimo.

Qui noi ci arrestiamo per ciò che concerne le tante volte nominata Costituente, sembrandoci di avere sviluppato abbastanza questa materia, affinchè chi leggerà le presenti carte vi scorga a colpo d’occhio le irregolarità che la sostennero, e che furon tali da potere asserire che se in molti casi è applicabile il celebre crimine ab uno disce omnes di Virgilio, pochi casi ce ne somministrano come questo una giusta e meritata applicazione.







Note

  1. Vedi la Pallade, n. 435 e 436, non che Documenti, vol. VIII, n. 4.
  2. Vedi il Sommario, n. 57.
  3. Vedila nel Costituzionale del 10 gennaio 1819. — Vedi la Costituente italiana, stampata in Firenze dal Le Monnier, dell’8 gennaio 1849, pag. 3.
  4. Vedi Atti officiali, n. 127. — Vedi anele l’Epoca, n. 242, e la Gazzeta di Roma dell’8 gennaio 1849.
  5. Vedi la Guardia nazionale del 2 gennaio, pagina 4. — Vedi l’Epoca del 3, n. 237.
  6. Vedi Sommario, n. 53 e 59. — Vedi l’Epoca, n. 214.
  7. Vedi Gazzetta di Roma dell’11. - Vedi il Sommario storico degli avvenimenti ec., vol. I, pag. 137.
  8. Vedi la Gran riunione del circolo popolare alle pag. 320, 322, 324, 340, 351, 352, 361, 362, 375, 381 a 393.
  9. Vedi il Sommario storico ec., vol. I, pag. 113.
  10. Vedi Documenti, vol. VII, n. 119. — Vedi il Sommario storico ec., pag. 117.
  11. Vedi il Sommario storico ec. vol. I, pag. 118.
  12. Vedi la Gazzetta di Roma dei 2, 3, 8, 12 13 gennaio.
  13. Vedilo nei Documenti, vol. VIII. n. 19.
  14. Vedi Mamiani Scritti politici, pag. 355.
  15. Vedi la Gazzetta di Roma del 15 gennaio.
  16. Vedi la Gazzetta di Roma del 16.
  17. Vedi la detta del 13 pag. 55, e quella del 15 pag. 61.
  18. Vedi Documenti, vol. VIII, n. 21 e 23, non che il Tribuno del 16.
  19. Vedi Sommario, n. 60, e Documenti, vol. VIII, n. 20.
  20. Vedi Gazzetta di Roma del 16, n. 69.
  21. Vedi Documenti, vol. VIII, n. 32.
  22. Vedi Gazzetta di Roma del 19 gennaio.
  23. Vedi Documenti, vol. VIII, 34, 36 e 37.
  24. Vedila nei Documenti, vol. VIII, n. 35.
  25. Vedi il Costituzionale del 22 gennaio pag. 40.
  26. Vedi la Gazzetta di Roma del 29 gennaio 1849.