Storia degli antichi popoli italiani/Capitolo XVIII

Capitolo XVIII. Liguri.

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CAPO XVIII.


Liguri.


Le sorti delle nazioni e dei popoli che abitarono l’Italia meridionale, e che abbiamo finora descritte, sono talmente separate e distinte dagli eventi che successero nelle regioni settentrionali, che quasi direbbonsi spettare ad altri secoli e ad altre genti. I grandi movimenti della fortuna che avvennero ne’ primi si trovano in certo modo collegati uno coll’altro, e procedenti dalla forza o dall’influsso di stranieri con i quali i paesani ebbero gravi e continovate brighe, sia in pace, sia in guerra. Laddove nulla di somigliante per accertate, o almen probabili storie, si può dire di coloro, che sotto il nome di Liguri e di Veneti occuparono quanta è l’Italia superiore, che giace tra il mare e le Alpi. Nulla è più incerto della razza cui [p. 4 modifica]appartenevano le numerose tribù di Liguri, che si trovano già in tempi antichissimi diramate con proprio nome dalle bocche del Rodano insino alla Tirrenia1. Dice di più Scilace, che dall’Iberia al Rodano, la popolazione della costa era una mescolanza d’Iberi e di Liguri: entrambi i quali poterono di fatto incontrarsi insieme sulla riva settentrionale del Mediterraneo. Ma, siccome da questa chiara distinzione di due popoli diversi apparisce che i Liguri non erano Iberi, così non furono nè meno Celti2, i quali per una via tutt’opposta, e in tempi d’assai posteriori, capitarono di più oltre a que’ lidi medesimi, dove si ritrovano dominanti col nome distinto di Celto-liguri3. Una parte sola della Liguria, cominciando dal Varo, veniva posta in sulla spiaggia d’Italia con termini non ben precisi: tuttavia può essere, che non oltrepassassero mai stabilmente la foce dell’Arno4. Disse ingenuamente Dionisio5: abitano i Liguri molti luoghi dell’Italia e qualche parte delle Gallie: è incerto qual sia delle due la patria loro, perchè intorno a questo nulla di sicuro puossi riferire. — Da questa verissima ignoranza dell’origine mai non si ritrasse l’antichità. Nè [p. 5 modifica]le controverse ipotesi d’eruditi moderni circa la provenienza tracia, celtica o iberica de’ Liguri, han potuto finora meglio schiarire a quale stirpe dessi s’appartengano, o d’onde primieramente qua venissero. Si può pertanto dir de’ Liguri, come di molti altri popoli mal conosciuti per difetto delle nostre istorie, piuttosto ciò che non erano, di quel ch’egli si fossero realmente. Nulladimeno sotto questa denominazione medesima di Liguri, distesasi lungo tratto dal mare insino alle pendici meridionali delle Alpi, si trovano generalmente intitolati senz’altra distinzione non solo i più antichi popolatori cogniti di una grandissima parte dell’alta Italia, ma gli stessi loro discendenti, tra se divisi in molte differenti tribù: tanto è vero, che i nomi delle nazioni una volta posti a suo modo dalla voce pubblica, per qualunque accidente, sempre si mantengono. Così dunque oltre la scoscesa riviera, propriamente detta Liguria, il nome gentilizio de’ Liguri s’estese largamente nella pianura intorno al Po tra l’Appennino e l’Alpi. Levi-Liguri, gente antica, si rinvengono presso al Ticino6: alla sinistra del Po i Taurini, insieme con i loro clienti7, dimoravano per tutto il Piemonte sino all’Alpi Cozie: e fra gli stessi popoli alpini restarono nel più interno alcuni rami di Liguri, come gli Stoni, riposti nel Trentino, e [p. 6 modifica]veramente intitolati di quel nome nei Fasti trionfali8. Ligure era la stirpe de’ Libui alle radici delle Alpi: e pare che si possano probabilmente aver per Liguri anche gli Orobi, situati dentro a brevi termini tra il lago di Como e quel d’Iseo, benchè il Polistore, gran favolatore, desse loro nome greco9. Ne’ quali luoghi sì queste, che altre tribù Liguri, stavano di fatto separatamente collocate e accomodate, come in propria terra, fino dai primi tempi istorici.

Ma qualora poniamo mente alla natura del paese, ch’elleno abitavano in comune, si rappresentano con molta verità i grandi ostacoli e impedimenti, che le prime genti trovarono da per tutto nello scendere dai monti dintorno al piano; e quasi maravigliamo degli ardui lavori che di mano in mano vi fecero per liberare il terreno dalle acque, e ridurlo a sanità, innanzi di porvi sicura e stabile abitazione. La molta quantità di fiumi e di torrenti, che dall’alte montagne che la cingono da tre parti cadono rovinosamente nella pianura, detta di Lombardia, la qual nella prima epoca ha dovuto essere assai più depressa di quel che apparisce oggigiorno, ci mostrano quell’ampio territorio allagato per la grandissima copia dell’acque. E tal si fu veramente altra volta la sorte di questa regione, o [p. 7 modifica]piuttosto vasta palude, visibilmente formata dall’inondamento di tutti i fiumi, che senza ritegno alcuno correano per la sua superficie, e le diedero naturalmente l’essere, sollevando sempre il piano per continui sedimenti, e respingendo il mare a levante. L’elevazione del suolo di Lombardia dovette formarsi nel medesimo tempo che s’andava distendendo la sua superficie, massimamente allorchè le montagne fornivano maggiore abbondanza di materiali ai fiumi: tanto che, per osservazioni fisico-idrauliche, valenti matematici son d’avviso, che il Po mettesse foce una volta cento e più miglia addentro, verso l’imboccatura del Taro, e di là fino all’isole venete esistesse mare aperto, od una vastissima laguna10. Comunque però questo si fosse in tempi per certo inaccessibili alla storia, l’illustre Muratori11 ha dato pienamente a conoscere con qual facilità ritornino paludosi i luoghi di quella provincia, ovunque cessi la cura degli uomini per la difesa. Le osservazioni geognostiche fatte nel modenese han provato similmente, come quel suolo sospeso sopra d’un profondo adunamento d’acque sotterranee e correnti, si è formato col giro di molti secoli pel successivo rialzamento de’ suoi piani verdeggianti12: lo che può aversi per una conferma certissima delle [p. 8 modifica]fisiche rivoluzioni, cui andò generalmente soggetta l’Italia superiore, per effetto ordinario e costante dell’azione naturale de’ fiumi. Or dunque assai misera, contrastata, dura e faticosa, ha dovuto essere la vita de’ primi popolatori della contrada. Nè quindi fa specie che una medesima tribù cangiasse spesse volte di territorio e di nome, innanzi di prendere una sede ferma. Vicissitudini delle quali ci dà presso che sicuro indizio non solo l’incerta loro stanza ora ne’ monti, ora nel piano, ma di più la tanto mutabile, variata, e dubbia nominazione delle genti, benchè in genere soprannomate Liguri.

Però sotto questa universale appellazione di Liguri non dobbiamo già riconoscere un popolo d’un solo seme, e molto meno l’unica o pura discendenza di que’ primi Liguri stranieri, che dalle parti del moderno Delfinato e della Provenza passarono in Italia. Perciocchè se una porzione di costoro dalla riviera ligustica potè facilmente transitare per l’Appennino nella pianura del Po, non per questo è da credersi, che le generazioni loro vi dessero da se nascimento ai popoli numerosissimi, che indi risedevano in quelle parti. Non eran certo cotesti luoghi per tutto disabitati o solitarj. Gente paesana v’albergava; e gente paesana dovette probabilmente por mano prima d’ogni altro al diseccamento e bonificamento del proprio terreno. Per modo che all’apparire dei Liguri, occupatori nuovi, gl’incoli stessi, non trovando salute fuor che nella foga o nella sommissione, si può credere, che in [p. 9 modifica]grandissimo numero si congiungessero con quelli, pigliando tutti insieme uno stesso nazional soprannome. Così di fatto all’epoca della grande invasione etrusca, non trovarono i conquistatori per queste regioni altro che Liguri.

Abbiamo per avanti narrato in che forma gli Etruschi s’inoltrarono armati di là dell’Appennino, e come vi fondarono una nuova Etruria13. Pare nondimeno che la loro conquista non s’estendesse oltre il Ticino, dove i Levi-Liguri trovarono difesa nell’acque copiose di quel fiume repente, e nelle paludi: così pure allato all’Appennino settentrionale rimasero fermi i Briniati situati nell’odierna val di Prino, che si prolunga fino alla Trebbia: ne’ quali luoghi e soprattutto nel parmigiano, modenese e bolognese, dove molti fiumi mettono in Po, abbondavano tali e tanti luoghi paludosi, e antichi stagni, che non vi poterono esser seccati prima che Emilio Scauro vi facesse ripari14: nè questo bastò, perchè nel medio evo tornarono ad essere, come per l’innanzi, a natura di palude15. Or da questo puossi più maggiormente comprendere quanto ardua e perseverante fosse stata l’opera degli Etruschi per bonificare e migliorare il conquistato territorio16; donde poi furono essi stessi discacciati per la [p. 10 modifica]preponderante forza dei Galli. Dalla parte bensì di ponente l’Etruria propria continuò ad aver per confine la Liguria con limiti poco certi: per la qual cosa i Liguri, feroci per natura, non si stettero mai da questa banda in pace, ed ora in un tempo, ora nell’altro rompevano, secondo fortuna, nel territorio etrusco, con animo di recuperare il perduto17. È molto verisimile che gli Etruschi fondassero quivi Luni non meno a fronteggiare co’ Liguri, che a mantenersi senza impedimento il possesso del golfo della Spezia, principalissimo porto: sicchè mai sempre il breve spazio tra questo golfo e l’Arno fu campo di frequenti aspre contese, per le quali l’acque della Magra vedeansi tinte del sangue dei guerreggianti Liguri e Toschi. Se pure all’ire antiche non s’aggiungea anco gelosia di mestiere, per concorrenza di navigazioni e di prede in sullo stesso mare Tirreno: massimamente dappoichè i lidi della Corsica si trovarono occupati in parte da generazioni di Liguri, e in parte dagli Etruschi. L’uso della lingua etrusca s’estendeva non pertanto da questo lato ne’ monti all’occidente del golfo18, il che prova non dubbiamente che il dominio etrusco vi sovrastava a quello de’ Liguri stessi. Etruschi e Liguri [p. 11 modifica]tennero del pari alternatamente, per vicende guerriere, la fertile pianura del lucchese con l’adiacenti colline fino alla marina19: anzi, come suona la voce, il fiume Serchio, chiamato Auser, che mettea in Arno sotto Pisa, ebbe dapprima nome tosco20. Il luco di Feronia, posto alla bocca d’Arno21, ci mostra quivi coltivata una deità tutelare della riva etrusca o del confine: nell’istesso modo dal suo luco e tempio presso al Soratte22 vigilava la dea sopra il Tevere, estremo termine dell’Etruria col Lazio. Nemici a’ Liguri marittimi furono in oltre dall’altro lato della Liguria a ponente i Greci di Marsilia venuti colà da Focea dell’Ionia circa l’anno 153 di Roma; poichè mirando essi ad allargare intorno il dominio, ed insieme i loro traffici, si presero in progresso di tempo di qua dal Varo quel tratto di riviera, dove eressero le due colonie di Nizza e Monaco, con altri luoghi tra esse23. Nè da quell’ora in poi Liguri e Marsiliesi mai cessarono di vessarsi per mare vicendevolmente con atti d’oltraggio e di ostilità24, quanto almeno Etruschi [p. 12 modifica]e Liguri si nimicavano con ugual rancore l’un contro l’altro per l’opposta marina.

Riserrati di tal modo i Liguri da ogni parte, tra i gioghi dell’Appennino e il mare, venne a ristringersi la Liguria propria in quella circonferenza, che di poi ritenne invariabilmente sino al tempo d’Augusto. Chiusa entro questi termini, ebbe la Liguria per suo confine a settentrione il Pado o Po, chiamato dai paesani Podinco25: a ponente le Alpi e il Varo: all’oriente l’Arno: a mezzogiorno il mare. La catena dei monti Appennini, seguendo il natural suo corso da ponente a levante, divide tutta questa regione in due parti, l’una mediterranea, l’altra marittima: la prima tra il Po e gli Appennini: la seconda tra questi monti e il mare. Adunque, stando a questa natural divisione, i primi popoli che s’incontrano nella marittima erano i Montaneschi, i Capillati, gl’Intemelii, gli Epanerii, i Sabazi, i Genoati, con altri minori popoli collocati nelle montagne26. Di qua da Genova v’erano i Tegulii e gli Apuani; ed in mezzo a questi gli Ercati, i Garuli, i Lapicini, e forse i Friniati. Nella Liguria mediterranea, cominciando dalle Alpi, stavano per la valle di Stura i Veneni ed i Vagienni; seguivano appresso gli Statiellati tra il Tanaro e l’Orba; indi per siti meno cogniti i Vibelli, i Magelli, gli Eburiati, i [p. 13 modifica]Casmonati, i Briniati, i Cerdiciati, i Cellelati, gl’Ilvati; finalmente per la valle della Scrivia i Libarnesi, e confinanti con questi i Veleiati, la cui certa sede si trova nel piacentino presso di Macinesso, dove son le ruine di Veleja. Tutti questi popoli, benchè divisi in tante separate tribù, quante erano le valli principali, e spesso nemici infra loro, continuarono nondimeno ad appellarsi in genere del nome di Liguri: e come tali per unità di sangue, di religione e di costume, fecero sempre insieme un solo corpo di nazione altamente valorosa e franca.

Ma la qualità d’un paese sì fattamente montuoso, ingratissimo, e in gran parte coperto di boscaglia, ebbe veramente grandissima forza a stabilire la maniera del vivere, e dei costumi: perocchè natura privando per là entro i Liguri di comodi e di beni, diè loro in compenso robustezza, intrepidezza e coraggio27. Fra tutti i Liguri montanari i Capillati o Chiomati28 furono non che i più fieri, ma li più tenaci dell’antiche costumanze: e quest’uso loro di portare tuttavia lunga chioma nell’età di Augusto, era stato parimente consueto a tutti i Liguri nella prima salvatichezza. Niente meno rustici, incolti e materiali, han dovuto gli Etruschi trovare quelle generazioni di Liguri, che abitavano per avanti sul Po, e ch’eglino ridussero in buona [p. 14 modifica]parte a vita più civile, se più tosto non gli aggregarono per concordia e unione alla propria nazione dominante29. Al pari feroci si mostrarono i Vagienni, per la massima parte situati nelle Alpi marittime, e per le sottoposte sassose valli30: ma più di tutti indomiti erano gli Apuani con altri fieri popoli di loro stirpe, che abitavano in comune per le Alpi di S. Pellegrino, i cui sommi gioghi s’alzano 4840 piedi sul livello del mare, e nel territorio attorno sino alla Magra. Per entro a luoghi di tanto aspri ad infecondi dovea il sentimento della libertà operare con grandissima efficacia in animi per natura gagliardi, addurati alle fatiche, e pieni d’ardimento e di cuore. Sicchè a ragione la voce unanime degli antichi celebrava con laudi l’innata franchezza, il valore, e la mirabil forza de’ Liguri. Valenti cacciatori per la qualità del luogo boscoso, eran dessi bravi e destri tiratori con la fionda31; ma la pastorizia specialmente facea nell’universale l’ordinario esercizio della gente montana, con abiti di durissima vita campestre32. Quanto fosse malagevole in ogni tempo lo stato de’ Liguri si apprende ancora da un documento, che quasi diremmo nazionale: cioè dalla tavola o decreto del Senato romano dell’anno 637 sopra le controversie dei Genoati co’ [p. 15 modifica]Vituri loro vicini. Certi popoli dell’Appennino avean quivi soltanto abbondanza di pasture e di macchie: tenean pascoli a comune, dove non raccoglievano altro che fieno e legna da fabbrica e da fuoco: sebbene altri meno malagiati per le valli, come i Langansi, vi coltivassero grano e vino33. Ma poche e scarse biade poteano aversi dalla cultura domestica; e che questo sia vero, lo fan vedere le montagne della Liguria, dove al presente più che 88075 quadrati toscani di superfìcie, misura agraria decimale, son retti con sostegni fattivi di muro a secco34. Le femmine, che pe’ nostri costumi, sono di poco o niun sollievo alla società, non erano nulla meno degli uomini laboriose, e com’essi vivevano per le ville scassando e zappando il terreno petroso: anzi tagliando duri macigni, dice Posidonio35. Di tal maniera essendo essi molti, e povero il paese e scarso, facea pur mestiere che i Liguri si sforzassero a procacciarsi modo di vivere con difficile e pertinace lavoro36; nè potendo tampoco superare con la fatica o con l’arte la sterilità del suolo, uomini e donne s’allogavano fuori paese per faccende rustiche, in quel modo che molti Genovesi delle [p. 16 modifica]montagne fanno anche oggidì37. E chiunque va passando colà oltre ne’ monti liguri vi vede il villano agile e spedito portare in capo enormi fardelli di gran peso per picciolo salario. Perciò maravigliando i molli greci dicean per dettato; che le donne liguri aveano in se la gagliardia del sesso virile, e questo la forza delle fiere38.

Tanti naturali incitamenti a vita guerriera renderono i Liguri in qualunque tempo audaci, precipitosi, e quasi che invincibili nell’armi39. Già per le prime ostinate oppugnazioni co’ loro vicini ebbero nome di gente più bellicosa dei Tirreni40. Valentissimi della guerra alpigiana per la natura del terreno difendevole, vinti e’ si mettevano in difesa tra boscaglie e balzj inaccessibili ad ogni altro: vincitori inondavano come torrente impetuoso le valli, e furiosamente cacciavano il nemico di casa. In questa forma terribili sempre, ma disuniti per mancanza d’un centro di governo, e di stabile concordia, pugnarono essi l’un dopo l’altro quaranta anni contra Roma, già trionfante della Macedonia, della Grecia e dell’Asia: nessun grande [p. 17 modifica]sacrifizio, nessuna pena, parea lor bastevole per la conservazione della domestica libertà: il perchè i Romani non vedendo mezzo a domare totalmente le schiatte liguri adoprarono il crudele spediente o d’estirpare i più feroci, o di trasportarli violentemente dal luogo natio in più lontani paesi. Queste barbare traslazioni di popoli sommessi41, de’ quali il vincitore non si fidava, le appresero i Romani dai dispoti dell’Asia, che molto frequentemente le usarono: e tal fu la dura sorte degli Apuani, messi fuori in numero di quarantamila uomini con le mogli e figliuolanza, e di là trasportati senza commiserazione alcuna in Sannio nella regione degl’Irpini. Non ebbero miglior sorte gl’Ingauni, abitanti la riviera di ponente, a’ quali fu mutato sino a trenta volte il terreno42; così come i mandriani tramutano di luogo in luogo le mandrie loro. Nella pompa di tanti ripetuti trionfi sopra i Liguri domati era molto discaro ai Romani non aver mai oro, nè argento predato da mostrare, forte appetito da loro nella guerra, ma soltanto grandissima copia d’armi43. E se ben nell’ebbrezza dell’orgoglio eglino chiamassero trionfi castellani coteste sanguinose vittorie44, pure è certo, che ancorchè soggettata la Liguria non cessava il senato d’invigilare con cautissime difese al governo di quella indocile provincia. [p. 18 modifica]

Abitavano generalmente i Liguri per villaggi45, ed i luoghi loro principali sì della montagna, come delle due riviere, erano più tosto castella, che vere città. Con tale appellativo son chiamate nel mentovato decreto di Roma Taliano, Veturio, Langasco e Maniceno46. Cemelio, i cui avanzi si veggono a Cimez, tre miglia discosto da Nizza, si vuol che avesse suo principio da una mano di predatori fuggitivi47. Bensì con titolo di capitale città troviamo qualificata Genova, e ben le competeva qual emporio de’ Liguri e piazza comune di mercato48. Comechè inculta apparisca grandemente la natura propria dei Liguri, e povero il loro stato, non per questo si meritarono essi giammai quelle brutture di ladroneggi, di menzogne e di frodi, in che si dicevano allevati49. Illetterato per certo era un popolo, che con tante pene reggeva sua vita; vuol aversi anche per cosa di momento, che nessuna scrittura antica siasi trovata finora nel paese proprio de’ Liguri; ma pure non senza romano rancore venian chiamati ladroni: nota di dispregio, che i vincitori superbi posero del pari ai Sanniti, perchè presso a’ più [p. 19 modifica]vecchi non avea quel vocabolo altro vero significato se non che d’uomini di guerra insidiosi e astuti negli aguati50: ed espertissimi in queste maestrie, che suppliscono con la sagacità al difetto della forza, si mostrano pur sempre i Liguri per arte consueta di guerreggiare nelle montagne. Le leggi sacre ognora costumate dai Liguri51 al modo degli altri italici, dan mezzo a conoscere, ch’essi vivevano ugualmente sotto l’impero d’un reggimento sacerdotale: riconoscevano e rispettavano il dritto Feciale, poichè denunziavano la guerra col ministerio di nunzi52: e le stesse loro religioni antichissime non differivano nè meno da quelle che si trovano propagate per altre giogaie, dove gli alpigiani sotto il nome di Penino, trasformato poscia in Giove, adoravano il nume sovrano. Natura, costume e religione, mantenean di tal modo fermi i Liguri nel rozzo stato, e non curanti di que’ progressi, che danno nuove tempre allo spirito umano con affrettare l’operosa cultura dei popoli. Nè valsero tampoco le consuete navigazioni dei Liguri marittimi per aliene contrade a dirozzarli con migliori discipline. Fenomeno in vero notabile, che soprattenne con più lungo indugio il corso della loro educazione morale; mentre che gli altri italiani aveano qual più, qual meno, ingentilita la maniera del vivere, e raddolciti gli animi con temperati costumi. [p. 20 modifica]

Non possediamo alcun monumento originale della lingua, o del dialetto particolare de’ Liguri, il qual possa schiarire alquanto più l’istoria: ma il citato decreto di Roma ne porge tuttavia buon numero di nomi affatto locali, che, sebbene abbiano inflessioni e ortografia latina, ne lascian chiaramente vedere la forma e desinenza primitiva: nomi tanto più certamente nazionali, in quanto che quella parte della Liguria, dove stanno i luoghi e popoli ivi stesso mentovati, non fu in nessun tempo occupata da stranieri, nè mai soggetta alle mutazioni di sorte, che provò la regione ligure intorno al Po. Nell’elenco che diamo qui sotto di questi nomi si voglion notare due titoli di famiglie, liguri entrambi: dov’è da considerarsi specialmente, come la sola diversità d’una vocale distingua il nome paterno da quello del figlio53: proprietà di lingua che s’osserva alle volte anche ne’ titoli delle famiglie etrusche, atteso l’indole sintetica dell’idioma. Ma quale correlazione potesse realmente aver l’etrusco coll’estinto ligure questa è cosa impossibile a dire. [p. 21 modifica]

Cingono Italia di verso settentrione le Alpi per una continovata giogaia, la quale dalle marittime sino all’Istria si stende sopra uno spazio irregolare di circa 1050 miglia. La sua larghezza media può avere 120 miglia; e questo gran riparo, che gli antichi chiamavano muro inespugnabile54, divide al tutto la nostra penisola dall’Europa occidentale. Non altra avverata, nè più antica memoria porge l’istoria del passaggio di popoli transalpini, fuorchè l’inondazione gallica regnando in Roma Tarquinio prisco; anzi qualvolta consideriamo la insuperabile difficoltà, che opponeva nella sua salvatichezza cotesto serraglio d’asprissimi gioghi, dove pochi sono i luoghi che dieno un adito, e sicura l’uscita, non fa maraviglia che i transalpini, sempre che si cimentavano al varco, o fossero ributtati da invincibili ostacoli, o solo in quell’epoca di Tarquinio riuscissero nell’impresa di sforzare un vallo, quasi a studio fortificato dalla natura55. Nè si dica, che le stesse chiuse o impedimenti uguali trovarono i primi Liguri, poichè venendo essi lungo marina dalla Provenza, poca o lieve opposizione per via facean loro le ripe alpestri della riviera di ponente. La massima parte delle Alpi fu sconosciuta ai Greci antichi, salvo che una porzione delle Marittime e delle Pennine, più note per la vicinanza di Nizza e Monaco ai Marsigliesi, i quali favolosamente [p. 22 modifica]le dicean valicate dal loro Ercole56. I Romani stessi non conobbero a pieno questi passi e monti, se non dopo che Annibale gli ebbe superati per venire ad assaltarli in casa propria: onde sì dagli uni, come dagli altri, poche accurate notizie possono aversi intorno a’ primitivi abitanti di questa montuosa regione. Catone, grande indagatore d’antichità, o non potè procacciarsi buone informazioni, o errava egli stesso pigliando i Salassi, che abitavano la val d’Aosta e il Canavese, per Taurisci Norici57: tanto era incerta sin da qual tempo l’origine, non men che le attenenze di questi popoli alpini, quasi che totalmente segregati dal corpo dell’Italia. Polibio58, benchè meglio conoscesse i luoghi, non dà più soddisfacenti relazioni de’ popoli. Pure abbiamo veduto di sopra che gli Stoni, situati ne’ monti del Tirolo presso a Trento, s’intitolavano del nome di Liguri: ed altre genti d’uguale stirpe, o almeno d’ugual cognome, abitarono al pari non dubbiamente per quella porzione delle basse Alpi, che guardano Italia dal Piemonte insino al lago di Garda. Più addentro nel cuore delle Alpi dimoravano numero di nazioni feroci, per la massima parte l’origine ignota, benchè talune di loro si possan credere assai giustamente di razza celtica: famiglia come ognun sa di specie differentissima. Ma qui dobbiamo tralasciare indagini aliene al nostro proposito, per ritornare alle cose più propriamente italiche.

Note

  1. Scylax p. 4.; Strabo iv. p. 140.
  2. Strabo ii. p. 88.
  3. Strabo iv. p. 140.
  4. Scylax p. 4. La correzione che fanno i critici di Ἄντιον in Ἄρνον è comunemente approvata: pure si vuol notare, che tutte volte l’autor del Periplo nomina un fiume, vi suole aggiungere la voce ποταμός.
  5. i. 10.
  6. Antiquam gentem Laevos Ligures incolentes circa Ticinum amnem. Liv. v. 55.
  7. Strab. iv. pag. 141. Ταυρινοί τε οἰκοῦσι Λιγυστικὸν ἔθνος, και ἄλλοι Λίγυες; Plin. iii. 17. Antiqua Ligurum stirpe.
  8. Liguribus Stoenis.
  9. Corn. Alex. ap. Plin. iii. 17: da Ὄρος monte e βίος vita. Tuttavia Catone nè di loro, nè de’ Liguri in genere, non aveva potuto rinvenire qual fosse l’origine. Monterobio, di là di Merate presso l’Adda, serba nel suo nome un’orma degli Orobi.
  10. V. Bertazzolo, Del sostegno di Governolo; Trevisano, Della Laguna di Venezia; Silvestri, Paludi Atriane. cf. Cuvier, Disc. sur les revol. de la surf. du Globe § 216.
  11. Rer. Ital. script. T. ii. p. 691. Ant. Ital. diss. 21.
  12. Ramazzini, De fontium Mutin.; Vallisnieri, Opusc. p. 56.
  13. Vedi p. 109.
  14. Strabo. v. p. 150.
  15. Tra gli altri luoghi Paùle; ampia palude, che dalla porta di Parma si stendeva sino al Po. Affò, Storia di Parma, T. i. l. 3.
  16. Vedi p. 111.
  17. Secondo Licofrone (1356), che teneva i Tirreni per Lidj, Pisa sarebbe stata in suolo ligure. I confini furono sempre incerti da questo lato pe’ geografi (Mela II. 4.); ma poetizzava Euripide ponendo l’isola di Circe, o il Capo Circello, nella Liguria. Troad. 437.
  18. Vedi p. 123.
  19. De Ligure captus in ager erat: Etruscorum ante, quam Ligurum fuerat. Liv. xli. 13.
  20. Da Aesar Dio (Sveton. Aug. 97.): alla quale nominazione divina poteva aver dato cagione il mirabil fenomeno delle sue acque. Auct. de Mirab. p. 1158; Strabo v. p. 154; Rutil. i. 563 sqq.
  21. Plin. iii. 5.
  22. Strabo v. p. 156.
  23. Strabo iii. p. 124, iv. p. 140; Plin. iii. 5.
  24. Liv. xl. 18.
  25. Metrodor. Sceptius. ap. Plin. iii 16: quod significent fundo carentem. Polyb. ii. n. 16.
  26. Langansi, Odiati, Dectumini ec., i cui nomi si leggono nella tavola di bronzo, che rammenteremo più sotto.
  27. Ligures montani, duri atque agrestes. Docuit ager ipse, nihil ferendo, nisi multa cultura, et magno labore quæsitum. Cicer., Agrar. ii. n. 35.
  28. Capillati et Comati. Plin. iii. 20; Dio. Cass. liv. p. 754.
  29. Vedi p. 132. 133.
  30. Tum pernix Ligur, et sparsi per saxa Vagienni. Sil. viii. 607
  31. Auct., De Mirb. p. 1158.
  32. Strabo iv. p. 139; Diodor. v. 39.
  33. Vedi il citato monumento illustrato dal ch. sig. Girolamo Serra.
  34. 30000 hectares. Chabrol, Statist. da depart. de Montenotte, T. i. p. 351.
  35. Ap. Strabo v. p. 151.
  36. Assuetumque malo Ligurem. Virgil., Georg., ii., n. 167.; Diodor., iv. 39.
  37. La delicatezza greca ebbe per cosa miracolosa, che una donna ligure, cui sopravvennero i dolori del parto trovandosi a salario d’un marsiliese, si scostasse alquanto di là dove lavorava, ed avendo partorito tornasse all’opra. Auct., De Mirab., p. 1158; Posidon. ap. Strab. iii. p. 114; Diodor. iv. 20.
  38. Diodor. v. 39; altro proverbio “Gracile ligure vale più che fortissimo gallo”.
  39. Ligures, durum in armis genus. Liv. xviii. 48.; xxxix. 1.
  40. Καὶ γὰρ μαχιμώτεροι Τυῤῥηνῶν ὑπῆρξαν. Strabo v. p. 154
  41. Anastases.
  42. Ingaunis Liguribus agro tricies dato. Plin., iii. 5.
  43. Liv., xl. 38.
  44. Cicer., Brut., 73.
  45. Strabo v. p. 151.
  46. Castellum Talianus, Vituriorum, Langansium, Manicelium.
  47. Diodor., in fragm. Vat. T. ii. p. 72.
  48. Strabo v. p. 146.
  49. Sed ipsi unde oriundi sunt exacta memoria illiterati, mendacesque sunt, et rera minus meminere. Cato, in Orig. ap Serv. xi. 75: nè diversamente dicea di loro Nigidio Figulo: nam Ligures qui Appenninum tenuerunt latrones insidiosi, fallaces, mendaces. cf. Virgil. xi. 715
  50. Quod latent ad insidis faciendas. Varro, l.l. vi. 3.
  51. Liv., xxxvi. 38.
  52. Diodor., in fragm. Vat. T. ii. p. 72.
  53. Fluvius Neviasca; Veraglasca; Tutelasca; Percobera (la Polcevera); Edus; Lemuris — Rivus Eniseca; Comberana; Vindupale; Venelasca — Mons Lemurinus; Procavus; Tuledon; Berigiema; Prenicus; Boblo; Claxelus; Ioventio — Convallis Caeptiema; Blustiemelus — Lebriemulus fons. — Moco Meticanio Meticoni F. Moco Meticanio (figlio) di Meticoni. Planctus Peliani Pelioni F. Planco Pediani (figlio) di Pelioni. Ambedue Legati di Genoati e Vituri.
  54. Inexpugnabili munimento. Plin., III. 5.
  55. Alpibus Italian munierat ante natura, non sine aliquo divino numine. Cicer., de prov. consul. 14.
  56. Nisi de Hercule fabulis credere libet. Liv. v. 33.
  57. Plin., iii. 20.
  58. ii. 15.