Memoriale di Paolo dello Mastro (Pelaez)/Introduzione
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INTRODUZIONE.
Le pagine che seguono intendono a presentare raccolte tutte le notizie che si poterono rintracciare intorno all’autore e alla sua opera, a determinare, per quanto è possibile, la forma genuina di essa e la sua importanza e a dichiarare il metodo seguito nella nuova edizione.
La famiglia Dello Mastro o, come dicevasi latinamente De Magistris, avea sua casa nel rione di Ponte presso la attuale via Paolina, accanto ad un’altra di proprietà del capitolo della chieda dei Ss. Celso e Giuliano16, ed era ascritta fra le nobili di Roma, come si può ricavare e dai documenti, nei quali i membri di essa sono quasi sempre preceduti dal titolo di «nobilis», e dall’essere stati alcuni di essi guardiani della congregazione del SS. Salvatore, guardiani che erano scelti costantemente fra i nobili17.
Le notizie che si son potute raccogliere risalgono al secolo decimoquarto e continuano per tutto il secolo decimosesto abbastanza copiose. Ma sui principi del decimosettimo si rabbuiano; la casata Dello Mastro si disperde in parentele coi Pierleoni, coi Bondi, coi Dolci, coi Gracchi e coi Pacifici; un ramo andò a stabilirsi a Sezze e un altro ad Anagni18.
Bernardino del quondam Francesco de Magistris è nominato in un atto del 1333, rogato dal notaio Sebastiano Pagano di Sezze; Lorenzo de Magistris è mandato ambasciatore insieme con altri Romani a Napoli, nel 1408; e un Iacobello avea l’ufficio di conservatore nell’anno 141219.
Nella serie dei documenti subito dopo si presenta Benedetto dello Mastro, calzettario20, figlio di Nicola e padre del nostro diarista. La moglie, Bonella de’ Guiduero di Parione, sappiamo che morì nel 1445. Egli fu caporione di Ponte nel 1431, conservatore per il medesimo rione nel 1447, «magister aedificiorum» nel 1449, congregato e guardiano della compagnia del SS. Salvatore nel 1451. Morì, secondo registra il figlio Faolo nel suo Memoriale, nel 1464 21.
Figli di Benedetto e di Bonella furono Antonia, Renza, Tommaso, Giuorio e Paolo. Di Antonia sappiamo che morì nel 1459, di Renza che andò sposa nel 1441 a Rienzo de Coluza de Cecholo, il quale fu caporione della Regola nell’ultimo trimestre del 145322. Tommaso si addottorò in legge, probabilmente nello Studio di Perugia, dopo il 1441; appare cameriere di Nicolò V nel 1451, ed è de’ canonici di S. Giovanni nominati da Calisto III nel 1455, quando al principio del suo pontificato riammise i canonici romani in quella chiesa23: morì nel 1459. Giuorio sposò nel 1432 Angelora Damiano, fu caporione di Ponte nel 1451 e comparisce testimone nella vendita di una bottega nel 1453: mori nel 1454. Furono suoi figli Lucrezia, Mariano, Giulia, Vonella24, Sebastiana e Stefana.
Mariano, che sposò Faustina «de Paparonibus», fu notaio del rione Ponte, scrittore delle lettere della sacra Penitenzieria, congregato e guardiano della compagnia del SS. Salvatore; visse una vita più che ottuagenaria, giacchè dai documenti appare che, nato nel 1441, nel 1507 era ancora vivo, e solo nel 1527 il suo nome è preceduto dal «quondam»25.
Il nostro Paolo non sappiamo quando nascesse; nel 1437 condusse in moglie una tal Iacobella, continuando ad abitare nella casa paterna fino al luglio del 145226, nel quale anno passa in una casa situata in Torre del Campo presso S. Agostino. Ebbe larga figliolanza, cioè, secondo le notizie ch’egli stesso ci dà, due femmine, «Nistasi» ossia Anastasia e Costanza27), e sei maschi, Rienzo, Gentile, Agabito, Valerio, «Brancatio» ossia Pancrazio e un altro il cui nome è andato perduto28.
Delle due femmine sappiamo solo che Nistasi mori bambina nel 1441. Degli altri si sa che Gentile si addottorò in legge a Pisa nel 1473, fu canonico di S. Giovanni in Laterano, fece testamento nel 1500 e nei documenti è menzionato come morto nel 1501, nel quale anno la madre Iacobella paga alla compagnia del SS. Salvatore cinquanta fiorini per la celebrazione dell’anniversario; che Agabito nel 1474 è preposto, insieme con Ceccolo di Cola Picchi, all’esercizio di un fondaco di proprietà del padre, nel 1484 si ammoglia con «Peregrina» figlia di Pietro Antonio della Vecchia, nel 1499 è eletto conservatore, e nel medesimo anno accolto nella compagnia del SS. Salvatore e quivi in breve tempo chiamato all’ufficio di guardiano. Nel 1504 insieme col fratello Valerio paga cinquanta fiorini alla compagnia del SS. Salvatore per la celebrazione dell’anniversario della morte della madre Iacobella; in documenti del 1518 il suo nome è preceduto dal «quondam». Valerio, che apparisce nei documenti fino al 1504, prese in moglie Carmenia figlia di Domenico «de Bonisauguris», morta vedova nel 1504.
Paolo dello Mastro fu caporione di Ponte nel 1452 e trovossi cogli altri ufficiali del comune al seguito di Federico III, quando questi rientrò in Roma di ritorno da Napoli, dove avea fatto il suo viaggio di nozze. Nel 144 fu accolto nella congregazione del SS. Salvatore in luogo del padre, morto quell’anno; nel 1472 comparisce come garante di un pagamento da farsi all’ospedale di S. Giovanni; in un altro documento del medesimo anno è testimone a certe fidanze insieme col nipote Mariano; nel 1482 riceve egli; la moglie Iacobella e il figlio Agabito la «donatio medietatis casali Sti Procoli et medietatis domus in regione Parionis, facta per nobilem dominam Hieronimam, uxorem nobilis viri Baptistae de Archionibus de regione Montium». Nel medesimo anno paga alla compagnia del SS. Salvatore cinquanta fiorini (trentadue in vino e diciotto in contanti) per l’anniversario da celebrarsi in memoria di una Iacobella Lanciarii, sepolta in Ss. Celso e Giuliano. Quando il nostro Paolo morisse non si sa: il Magalotti dice che fece testamento nei 149629, lasciando tutto il suo alla compagnia del SS. Salvatore e a una cappella dei Ss. Celso e Giuliano, e siccome la moglie Iacobella nel 1501 paga lei cinquanta fiorini alla compagnia del SS. Salvatore per la celebrazione dell’anniversario del figlio Gentile, è da credere che in quell’anno dovesse essere già morto. La moglie sopravvisse a lui pochi anni, giacchè nel 1504, come vedemmo, è menzionata come morta. Ambedue furono seppelliti nella chiesa dei Ss. Celso e Giuliano. Quivi in uno degli altari fin dal 1420 Benedetto dello Mastro avea disposto dovesse essere la tomba della sua famiglia, e a sue spese avea fatto fare il coro della cappella e dipingere la «pietà di N. S. G. C.» con la seguente iscrizione:
haec . est, tumma . ben |
Molti anni dopo Mariano dello Mastro, nipote, nel suo testamento, rogato il 12 febbraio 1474 dal notaio Massimo de Tebaldi
. . . comandò che dopo morte lo avessero seppellito nel sepolcro de’ suoi avi, contenuto nella stessa cappella, e dippiù che la medesima si dovesse far rimurare e dedicare a s. Antonio, rimanendone sempre padrona la famiglia31.
Sappiamo pure che egli non volle che nella lapide fosse alcuna figura, ma solo le parole:
Hic sepultum iacet corpus domini Mariani de Magistris et aliorum suorum predecessorum32.
Dei personaggi che furono seppelliti in questa tomba c’informa l’Adinolfi33 che probabilmente ne ebbe notizia dai registri dell’archivio di Ss. Celso e Giuliano:
Con le spoglie di Benedetto vi furon chiuse quelle di Bonella, di Tomao dottore e canonico di S. Ianni Laterano e di Paulo, cosi di madonna Iacova madre di messer Agapito e Valerio de Magistris e moglie del mentovato Paolo. Dippiù di Angilozza moglie che fu di Iorio di Benedetto dello Mastro, di madama Lucrezia moglie che fu di Nicolò di Napoli34, figlia di Iorio di Benedetto de Magistris, di messer Mariano de Magistris, scrittore apostolico e di Favostina dei Paparoni sua mogliera. Di Stefana sorella di Mariano de Magistris ed infine del ven. uomo dottore dell’una e dell’altra ragione messer Gentile de Magistris canonico ancora della suddetta basilica Lateranense.
Da quel che abbiamo detto si può raccogliere che la famiglia Dello Mastro non fu delle meno ragguardevoli nel rione di Ponte, certo però non rimarrebbe che fievole memoria di essa, se non avessimo il Memoriale di Paolo35. Noi non sappiamo s’egli fosse notaio od avesse altro officia che potesse porgergli l’occasione di prendere questi appunti, nè importa investigarlo, giacchè sappiamo che nel secolo decimoquinto ci fu in Roma come altrove una vera fioritura di siffatte cronache36. A lui facilitava il compito l’avere un fratello, Tommaso, cameriere di Nicolò V, il nipote Mariano, scrittore delle lettere della sacra Penitenzieria, Tommaso stesso e il figliuolo Gentile, canonici di S. Giovanni, infine aver avuto egli, il padre, i fratelli e i suoi figli uffici pubblici nel comune. Con che si spiega anche l’esattezza delle notìzie e date ch’egli registra e di cui bisogna tener conto nella comparazione dei fonti per la storia di Roma in questo periodo.
Ma prima di dare piena contezza del Memoriale e di determinare la sua importanza, è necessario discorrere dei manoscritti che ce lo hanno tramandato, vedere se giunse a noi alterato e se è possibile ridurlo a forma più vicina all’originale. E poichè dell’autografo non si ha alcuna traccia, veniamo subito agli esemplari che si conoscono, accennando prima brevemente ai manoscritti che sono andati perduti, dei quali ci è rimasta solo qualche notizia.
Il Niquet ne cita uno come esistente nella biblioteca di Fulvio Arcangelo da Bagnorea37. Il Raynaldi38 cita tre volte insieme con Stefano Infessura «Paul. Bened. ms. arch. Vat. sign. n. 110» che dovea dunque trovarsi accanto al volume 111 contenente l’Infessura e in- vano ricercato dal Tommasini39. Un manoscritto del Memoriale esistente nell’archivio Vaticano cita pure il Marini senz’altra indicazione40, ma tanto questo quanto il 110, che potrebbero anche essere una cosa sola, non si son potuti rintracciare malgrado le ricerche da me fatte col cortese aiuto dei custodi del detto archivio41.
Notizia di un manoscritto del Memoriale esistente nella biblioteca Vaticana ci dà il codice Vaticano 7817 contenente la nota Vita di Cola di Rienzo; nella prima carta di esso leggesi:
Reperitur in to. Diarior. Pauli dello Mastro &c. p. 98, n. 100.
Ora nessuno dei manoscritti del Memoriale, a me noti, che si conservano nella biblioteca Vaticana, contiene la Vita di Cola di Rienzo, quindi anche questo indicato dal Vat. 7817 deve considerarsi perduto. Nè ci pare si debba identificare con un codice dell’archivio Vaticano contenente insieme col Memoriale la Vita (benchè non sia nuovo il caso di manoscritti passati dalla biblioteca all’archivio Vaticano) giacchè le indicazioni del cod. 7817 non convengono con esso.
Il Soresino allega fra le sue fonti Paolo dello Mastro secondo il codice Vaticano 325542, e da questo stesso manoscritto sono tratti alcuni notamenti che, attribuiti erroneamente a Paolo dello Mastro, come si vedrà in appresso, leggonsi nel Vaticano-Capponiano 63. Per quante ricerche io abbia fatto, non è stato possibile rintracciare questo 3255 neanche nell’inventario, ma fortunatamente di esso esiste una copia fatta dal noto erudito romano il Valesio, e conservasi ora nell’archivio Storico Comunale di Roma.
Per ultimo dobbiamo far menzione di un manoscritto Chigiano la cui perdita, secondo le notizie che abbiamo, sarebbe assai recente. Il padre Casimiro lo cita col n. 82643, e ne pubblica un brano riguardante la predicazione di frate Bernardino e un altro riguardante il famoso furto fatto alle teste dei ss. Pietro e Paolo. Il Gattico44 se ne serve per ragguagliare di morti ed elezioni di pontefici per gli anni 1431-1447, e a pagina xv della prefazione della sua opera dice:
Chisianum archivum sane multìs et egregiis ms. locuples tria diaria habet, quae non legi in editis: primum illorum praefert nomen Pauli filii Benedicti Nicolai regionis Pontis italico sermone descrìptum ab anno 1422 usque ad annum 1452.
Anche il Soresino45 cita un codice Chigiano, ma col n. 827; par probabile, senza volerlo affermare, che il numero sia stato sbagliato o dal Casimiro o dal Soresino, e che le due diverse segnature non rappresentino che lo stesso volume46.
Più recentemente fecero menzione di questo manoscritto Chigiano il Gregorovius e il Pastor; il primo lo cita insieme con un altro manoscritto Vaticano nel capitolo dove discorre dei cronisti romani47; il secondo a proposito della catastrofe avvenuta nel ponte S. Angelo l’anno del giubileo di Nicolò V, e ci dà la segnatura moderna del manoscritto N, II, 32. Ma il fatto è che per quante ricerche abbia per me fatto l’egregio bibliotecario prof. Giuseppe Cugnoni, il volume non s’è potuto trovare48. Do qui intanto il contenuto di esso secondo si può ricavare dal catalogo dei manoscritti della Chigiana:
Cod Chigiano N, II, 32, sec. xvii cartaceo in-4. Monaldesco Lodovico, patria Urbevetanus. Auct. saec. incerti. Memorie di fatti accaduti dal 1327 al 1340. Index praecedit, litterarum ordine digestus. Cola (di) Paolo di Benedetto Magistri regionis Pontis. Viv. saec. xv declinante. Memorie di cose succedute dal 1431 al 1476, p. 16, praecedit index, litterarum serie dispositus. Coleine Cola Romanus de regione Transtiberis. Viv. declinante saeculo xvi. Diario di cose accadute dal 1521 al 1561, p. 38 index rerum praemittitur serie litterarum digestus49.
Ed ora ecco l’elenco dei manoscritti dei quali potemmo giovarci per la nostra edizione50:
- crescevo sì forte chi allacao in molti lochi, cioè allo altare a granne de santo Cielzo &c.». Tutti gli altri notamenti cominciano sempre colla formula «Recordo io Pavolo». Expl.: «con tutte quelle solennità che ssi fanno». Contiene molte notizie riguardanti la famiglia dell’autore, che in molti degli altri manoscritti, come vedremo, mancano in tutto o in parte. Nel margine di ciascun notamento v’è in poche parole il riassunto del contenuto dì esso. Appresso al Memoriale segue il Diario di Sebastiano de Brancha de Talini, Inc.: «Recordomi io Sebastiano de Brancha de Talini come a dij 29 di decembre 1495». Expl.: «fu lo notaro Gio. Battista Spegnio». Segue: «Epistola di Curtio Ficiapani a M. Antonio Paloscio sopra l’origine della nobil famiglia dei Palosci». Inc.: «Havendomi Paloscio mio dilettissimo richiesto». Expl.: a et al primo lovedi sia obbligato. Sta sano». Segue un catalogo di «Famiglie romane delle quali sono stati cardinali havute dal sig.r Fulvio Arcangelo». A piedi della risguarda posteriore della rilegatura si legge: «Anton Fr.o Soderini», a cui forse apparteneva il codice.
A
Bibl. Tommasini52. Ms. cartaceo del stc, xvi; per la descrizione e provenienza di questo manoscritto v. Arch, XIII, 269. A cc. 47a si legge: Paulo dello Mastro | 1422 Memoriale di Paulo de Benedetto di Cola dello Mastro dello Rione di Ponte. Manca il proemio che si legge in A. Inc.: «Inundatio Tiberis allo altare grande di S. Celso». Expl. c. 66a: «et andò a Santo Ianni con le solennità». Nei notamenti è soppressa la forma personale «Recordo io Favolo &c». Di notamenti privati non ve n’è che uno solamente, quello che informa delle nozze del fratello di Paolo all’anno 143253. Mancano pure due altri notamenti: quello che registra all’anno 1445 la morte del cardinale Cesarini, e quello che registra pure all’anno 1445 la morte del conservatore lani de Gio. Bechalua. La carta 60a ha l’intestazione Nicol.s V.s la carta 64b l’intestazione Paulus jjus la carta 65 A l’intestazione Sixtus jjjjus.
B
Bibl. Vatic Ms. Vat. 5 522 cartaceo, sec. xvi (fine). Per la descrizione V. Arch. XI, 46. A e. 347: Pavolo dello Mastro | 1422 | Memoriale de Pavolo | de Benedetto | de Cola | dello Mastro | dello Rione di Ponte. Manca il proemio che si legge in A. Inc.: «Inundatio Tiberis allo altare grande di S. Celso». Expl. c. 385: «a S. Ianni colle solennità». È soppressa all’inizio dei notamenti la forma personale «Recordo io Pavolo». Di notamenti privati non v’è che quello che informa del matrimonio del fratello di Paolo dello Mastro all’anno 1432. Manca il notamento che registra all’anno 1445 morte del conservatore Iani di Gio. Bechalua54.
C
Bibl. Vatic. Ms. Vat. 5255. Cartaceo miscellaneo dei secoli xvi e xvii, in-4, di carte 165, composto di otto quinterni di varia grandezza, rilegati in pergamena, sul cui dorso è scritta in oro la segnatura 5255. A cc. 1a-22b è una dissertazione anonima «de nobilitate Italie». Segue (ce. 23a-47b) una copia della precedente dissertazione. Le cinque carte seguenti (48a-52b) sono bianche. Segue (cc. 53a-72b): Viazo de Caloria, «Copia tirada da lo viazo da lisbona a chaloria da lingua portogaleza in lingua italiana». Seguono quattro carte (73a-76b) bianche. Nelle cc. 77a-81b sono notizie intorno ad alcune isole orientali. Dopo una carta bianca segue (ce. 83a-93a) la descrizione di un «Viaggio di Vinetia a India». A cc. 95a-105a segue la nota novella di Grasso Legnaiuolo. A cc. 106a-110b comincia la descrizione di un viaggio fatto «per me Domenico di Muzzatto l’anno 1526 in andare a SS.mo Crucefisso humano di Siruolo e poi alla «SS..ma Madonna di Loretto». Ce. 111a-11ii2b: Descrizione di alcune reliquie di santi. Cc. 113a-117a: Cronologia francescana. Seguono due carte bianche. Cc. 120a-140b: Descrizione di viaggi in Terra Santa. Ce. 142a-147b: Altra descrizione di «Peregrinationes totius terrae sanctae et indulgentie concesse a beato Silvestro papa». Cc. 148a-148 b: Notizie sull’origine di Venezia. C. 149a-149b: Nota delle feste religiose che ricorrono in ciascun mese. C. 150a: Annali Romani dal 1422 fino al 1484 fatti da Pauolo de Benedetto | de Cola dello Mastro | dell’orione de Ponte, C. 151 a: Pavolo Dello Mastro 1422 Memoriale de Pauolo de Benedetto de Cola dillo Mastro dello Rione di Ponte. Inc.: «Inundatio Tiberis allo altare grande di S. Celso». A e. 165a expl.: «a S. Ianni «con le solennità». Per le caratteristiche di questo ms. si veda quello che abbiamo detto per il precedente. Aggiungiamo solo che questo ms. fu ricopiato in schede dal Galletti, e queste schede ora incollate in alcuni fogli si trovano nella bibl. Vatic. ms. Vat. 7954, cc. 53a-82a, intercalate con brani del Diario di Pesaro, tratti dal cod. Urbin. 1526.
D
Arch. Stor. Com. Cred. XIV, to. I, ms. cartaceo, sec. xviixviii. Sul dorso leggesi: «Diarii | di Roma | per l’istoria | del sec. xv. Tom. 6». (Cf. Arch. XIII, 312-313). Cc. 1-5 «Diarium | ex tribus antiquis paginis cuiusdam Diarii Gentilis Delfìni ab archiepiscopo (sic) datis incerti auctoris. Deficit initium». Cc. 6-9, bianche. C. 10a: Paolo dello Mastro | 1422 Memoriale di Paolo di Bmedetto | di Cola dello Mastro dello Rione di | Ponte | ex codice Bibliotecae Vaticanae 3255. Manca il proemio che leggesi in A ed è soppressa la forma personale «Recordo io Pavolo» all’inizio dei notamenti. Inc. (c. 10a): «Inundatio Tyberis allo altare grande». Espl. (c. 40 b): «a Santo Ianni con le solennità». Mancano i notamenti privati eccetto il primo. Segue una serie di notamenti dall’anno 1456 all’anno 1476 col titolo: Roma Caput mundi, Inc. c. 40: «Nel tempo di Papa Calisto III nelli 1456 adi 29 aprile e fo de Iovedi». Expl. c. 52: «et a di 14 se parti per Napoli». Cc. 53-78: Diario de Paulo de Liello | Petronio Romano della Regione de Ponte | ex codice Bibliotecae Vaticanae 6389 et altero 1433. Cc. 79-107: Diario istorico di alquanti | semiantichi successi di Roma. (Cf. Arch. XIII, 312-313). Cc. 108-111: «Nota hic infra de impitrato periculoso et infelici casu devento in urbe propter peccata nostra omnium romanonim qui sumus pieni invidia avaritia et superbia et modieum deum cognoscimus et sanetos eius modicum reveremur», Cc. 1 14-146: Diarium Florentinorum De Martino V, Eugenio IV et Cardinalibus et Concilio Fiorentino.
E
Arch. Vatic. Ms. Arm. II, n. 69, segnatura che trovasi sul dorso della legatura che è in pelle verde. È cartaceo, in-4, del sec. XVI (fine) e contiene due copie del Memoriale di Paolo dello Mastro. La prima è scritta in un quinterno di formato molto più piccolo delle rimanenti carte del manoscritto. Inc. c. 1 a: «Inupdatio Tiberis allo altaro grande de S. Cielso». Expl. c. 12 a: «a S. Ianni con le solennità». Segue a c. 13a la seconda copia: Diario | di Paulo dello Mastro Cittadino Romano dell’| anno de Christo . oocdxxii . fin all’anno . oocdlxxxiv. La carta seguente bianca non è numerata; a c. 14a comincia il Memoriale. Inc.: «Inundatio Tiberi allo altaro grande de S. Cielso». Expl. c. 25 b: «a Santo Ianni con le solennità». Per le caratteristiche vedasi quel che s’è detto per il manoscritto precedente. Segue (cc. 26a-150b): Cronico de Liello Patrone Cittadino Romano | delle cose fatte in Italia al tempo suo | Dall’anno della salute . oodxxxiiii . | fin all’anno . oocdxlvi . Segue una nou di mano recentissima nella quale si dà notizia che il Muratori stampò questo Diario senza nome nel tomo III Ant. m. evi. Segue una carta bianca, poi a c. 27a comincia il Diario col «Prologo e primo capitulo doue se demostra la rascione per la quale questa opera fatta fu». Questo Cronico che qui si attribuisce a Liello Petrone non è altro che la nota Vita di Cola di Rienzo55. In margine sono notati alcuni curiosi confronti con la Cronaca di Giovanni Villani.
F,F'
G
H
Bibl. Corsini, ms. 128, segn. 38, F, 6, cartaceo in-fol. sec. xviii, di carte 162 numerate nel retto. È rilegato in pergamena e sul dorso si legge: «Diario | A | 1327 | ad | 1561». Nella prima carta: Diario | Di diverse attioni notabili | Successe in | diversi Pontificati | incominciando dall’| anno 1327 in tempo del Pontificato di Gio: | XXII Sino a settembre del 1561 del Pontificato | di Pio Quarto. Comincia a c. 1 con una nota intitolata: «Dell’Autore | Dell’infrascritto Diario». Cc. 1a-28b: Annate de lo anno | 1327 da me Ludovico | Munaldesco da Orvieto, Segue a c. 29: Paolo dello Mastro | 1422 | Memoriale di | Paolo di Benedetto | di Cola dello Mastro | dello Rione di Ponte. Inc. «Inundatìo Tyberis allo altare grande di S. Celso». Expl. (c. 64) «con le solennità che si richiedono, e funzioni richieste». A c. 29 accanto alla data del 1422 trovo notato d’altra mano: «l’autore si nomina a c. 41, 42 t.°, e. 44 t.°, c. 45, e 47». Nel principio dei notamenti è soppressa la forma personale «Recordo io Pavolo». Di notamenti privati ve n’è uno solo all’anno 1432 che informa del matrimonio di un fratello di Paolo dello Mastro. Mancano pure i due soliti notamenti all’anno 1445. Il notamento che informa della venuta di Federigo III a Roma nel 1452 ha l’intestazione Nicolaus 5tus. Negli anni 1456-1457-1458-1459-1460-146i-1462-1463-1464-1466-1467-1468- 1469-1470-1475-1476, vi sono sessanta notamenti che non riscontransi negli altri manoscritti56. Segue a ce, 64-114: Diario | Dell’Anno 1521 | per insino a 9mbre | del 1561. Segue, cc. 115-151: Dalla Vaticana | Diario cominciato | a dì po di Settembre | 1558 | Di Vincenzo Bello | romano. Segue, cc. 151- 157: Alcune Cose occor|se in Roma nella | Sede Vacante di | Paolo Quarto rac|colte da un Roma|no, e notate diligentemente da Vin|cenzo Bello. A c. 157 continua il diario di Vincenzo Bello interrotto a cc. 151-161: Siegue il Diario | Dell’anno 1559 | Dopo la Morte di Paolo Quarto57.
I
Chi getti appena uno sguardo su questa breve serie di manoscritti si avvede subito che un primo criterio per l’aggruppamento di essi è dato dal diverso modo con cui principiano, dalla diversa forma dell’inizio di ciascun notamento e dalla presenza o assenza dì alcune notizie private. Pertanto i manoscritti da noi enumerati debbono classificarsi come segue:
Classe 1a A.
Classe 2a B, C, D, E, F, F’, H, I58.
Infatti A comincia con un proemio che manca in tutti gli altri manoscritti, i notamenti di esso cominciano tutti colla formola «Recordo io Pavolo», che è soppressa negli altri; inoltre A contiene una serie di notizie, riguardanti la famiglia del diarista, che mancano, ad eccezione della prima, in tutti gli altri manoscritti. Si aggiunga inoltre che l’idioma di A conserva ancora in gran parte, come si vedrà appresso, le forme proprie del romanesco, del quale si servì senza dubbio l’autore, mentre gli altri manoscritti sono alterati per modo che le forme toscaneggianti predominano.
Cosicchè per le ragioni che abbiamo esposto A ci rappresenta il Memoriale in una forma molto vicina all’originale, e se non dipende direttamente dall’originale, certo proviene da una copia vicina ad esso, secondo si può arguire, oltre che da quel che si è detto, anche dal fatto che l’amanuense qua e là non sa sciogliere le abbreviature, talora pone de’ puntini dove non riesce a leggere, oppure ci offre una lezione errata59. B, C, D, E, F, F’, H, I rappresentano come una seconda redazione del Memoriale, e chi ne confronti la lezione con quella di A s’accorge facilmente che chi ne fu l’autore tenne per criteri: 1° levare dal testo tutto quello che riguardasse l’autore e la sua famiglia; 2° abbreviare i notamenti sopprimendo parole, frasi e perfino periodi interi; 3° accomodare i periodi secondo la sintassi evitando ripetizioni e costrutti propri del linguaggio /rozzo del popolo; 4° togliere quasi ogni vestigio del volgare romanesco in cui fu scritto primamente il Memoriale, Ed è notevole ancora che queste alterazioni si trovano fatte, possiam dire, identicamente in tutti i manoscritti, per modo che siamo condotti a concludere che tutti risalgono a un medesimo archetipo, se pure questo non si trova fra i manoscritti che conosciamo60.
Le differenze fra questi sono raramente sostanziali, e quelle che vi si notano si possono spiegare come alterazioni che facilmente avvengono nel copiare. Di ciò si hanno prove sufficienti, nè sarà inutile produrne qui alcun saggio che mostri insieme la sostanziale identità di tali alterazioni nei vari manoscritti in confronto al ms. A.
A. | B, E, F, F’, H, I. | C, D. |
Recordo io Pavolo predetto che in nell’anno 1422 a dii ultimo di novembre, lo die di Santo Andrea apostolo lo fiume | Inundatio Tiberis allo altare grande di S. Celso. La Ritonna (Ritonda, Rotonda) rimase piena per un mese, perchè la | Inundatio Tiberis allo altare grande di S. Celso. La Ritonna remase piena per un mese, perchè la chiavica se apparao per |
di Roma crescevo sì forte chi allacao in molti lochi, cioè allo altare granne de Santo Cielzo, et ionze a quello lione che stao rempuosto in nello palazzo dello conte de Tagliacuozo lo menore, e coperze l'archi di ponte Santi Petti; et in Santa Maria Retonna rimase priva (sic) per più de uno mese, perchè se aparao la chiavica che è dentro e fece molto danno per Roma perchè la crescenza fu si subita che l'omo non ve poteo reparare. Lo crescere e llo screscere durao tre die. | chiavica se apparao, perchè la crescenza fìi subbito; lo crescere et lo calare (F screscere) durao tre dì . il dì (H et il dì) di Santo Andrea Apostolo. | la crescenza; lo crescer et lo screscer durao tre dì . il dì di S. Andrea Apostolo. |
A. | B, C, D, E, F, F,' H, I. Die ultima Maij. |
Recordo io Pavolo che in nell'anno 1443 a dii ultimo di maio fu incoronato lo imperadore in Sancto Pietro con tutte quelle cerimonie che si fanno, e poi che fu detta la messa se partio esso e llo papa e lli cardinali, e gessiero de Sancto Pietro. Lo imperadore venne colla corona in testa d'oro, e fu portato pesolí per infino a pede alle scale de Sancto Pietro, e là aspettao lo papa; poi che llo papa fu venuto stettero un pezzo insiemi a favellare, e poi cavalcao lo papa e llo imperadore e giero | Fu incoronato l'Imp.re in Sto Pietro con tutte le ceremonie, et fu detta la messa, et se partio esso et lo Papa et li cardinali et uscirò di Sto Pietro. L'Imp.re venne con la corona in testa d'oro et fu portato pesoli fino a piedi delle schale; et poi uenuto lo Papa, stettero un pezzo insieme a fauellare, et poi caualcao lo papa, lo Imp.re lo adestrao tre passi, puoi caualcaro et lo papa da man dritta accompagnaolo per fino alla Conca de Piazza Castiello, et furono adestrati dalli offitiali |
insiemi. Lo papa annava a mano dritta et accompagniaolo per infino alla concave di piazza Castiello, e fuomo adestrati dalli offitiali di Roma, e poiché furono alla conca, lo papa se tornò allo palazzo e lo imperadore pigliao la via a Sancto Ianni Laterano; et quando fu in nello ponte Sancto Pietro là fece cavalieri lo figlio di Carlo Orsino, lo quale ha nome misser Roberto, e fece più altri cavalieri, e poi se ne gio a Sancto Ianni per questa via, cioè per via de Papa per infino a Sancto Marco, e gessio a Spoglia Christo, et annao a Torre delli Conti, e pigliao per Portogallo e gio a Sancto Ianni, e basao l'altare granni che era hora di vespero, e pigliao la soa devotione, e tornao a pranzo a Sancti Quattro, e poi tornò allo palazzo, lo quale era quello, come salì le scale di Sancto Pietro, a mano manca; e per la molta iente che era in Roma in questo tiempo li impedimentiero lo camino, che quando fu a casa era 24 hore. E tutte queste cose furono in questo die ultimo di maio 1433, lo die di Pasqua rosata. | di Roma. Et poi che furono alla Conca lo Papa se ne tornao a Palazzo et l’Imp.re pigliò la via a Sto Ianni Laterano, et quando fu nello Ponte Sto Pietro là fece cavaliere lo figlio di Carlo Ursino, lo quale hao nome m. Roberto et fece più altri cavalieri, et poi se ne gio a Santo Ianni per via de Papa per infino a Santo Marco, e gessio a Spoglia Cristo, et annao a Torre delli Conti, et pigliao per Puortogallo et gio a Sto Ianni et basciò l'altare grande a hora di vespero, et pigliao la soa benedittione et tornao a pranzo a Santi quattro, et poi tornao allo Palazzo suo, lo quale era quello, come salii le schaiet a mano mancha; et per impedimento della gente era .xxiiii. bora, il dì ultimo di maggio, lo dì di Pasqua rosata. |
A | B, C, D, E, F, F,' H.
1437 .x. de decembre. |
... fu revelato. Essenno revelato, fu cercato di pigliare li malfattori. Questi erano dello regame et erano beneficiati di Santo Ianni, et haveano uno zio canonico della ditta ecclesia, et avea nome misser Nicola, et era dello regame; | Fur ricercati et ritrovati i malfattori Regnicoli et benefitiati di Santo Ianni et lo zio li campò, messer Nicola, qual pigliò li nepoti et disse che haveva sentito di loro et quelli li palesaro tutto et dierole quelle prete che non |
e llo quale sentenno lo maleficio, pigliò questi suoi nepoti e disselli quello che avea sentito di loro, e quelli li palesato tutto e dieroli quelle prete che non aveano vennute; e lo ditto Misser Nicola li mandò la verso Campagnia. A dii dapoi non trovanno li malfattori, fu preso misser Nicola, lo zio, e menato denanti allo governatore di Roma, e domandollo de questo fatto, e lui sempre denegava, et infine fe lo sacramento che non ne sapea niente, e questo fece per non incolpare li suoi nepoti. Non che esso ci fosse incolpato a niente, ma per lo sacramento che ne fece, fu condannato a muorte. E fu cercato per li malfattori e fuoro ionti de sopra a Velletri, e fuorono menati a Roma, e fuoro martoriati, e confessaro tutto et a cui l'avevano vennute; e quelli che aveano comperato fu de bisognio che rendissino le ditte preti e perle e perdierono lo prezzo che ci havevano speso; li malfattori fuorono connannati a muorte per questa forma: cioè che lo ditto messer Nicola Garuofalo e Capo Guocciola fuoro desgradati in nello Aracelo e poi foro posti in tre caie di legnio in nella piazza di Campo de Fiore, che stavano relevate in alto un'asta di lancia, e lì stettero tre dii e tre notti, che mai non finao de piovere, e poi furno menati a Campituoglìo e fu letta la sententia: che lo ditto messer Nicola fosse menato a cavallo | havevano vendute et li mandò verso Campagna a dì di poi non si trovando li malfattori, fu preso messer Nicola, et sempre negao et giuramenti faceo per non incolpare li suoi; non che fosse incolpato ma per lo sacramento che ne fece fu condannato a morte, et li malfattori fuoro gionti sopra a Velletri, et martoriati confessaro che le havevano vendute, et quelli che havevano comprato fu de bisogno che rendessero dette prete et perle et rendi ero lo prezzo che ci havevono speso. Et li malfattori fuoro condannati a morte; messer Nicola Garofolo et Capocciola furo desgradati in Araceli et posti in tre gabbie de legno nella piazza de campo de Fiore, relevato in alto quanto un'hasta de lancia et lì stettero tre dì et tre notte che mai finao de piovere, et poi menati a Campituoglio e messer Nicola fu menato a cavallo anti dereto fino alla piazza de Santo Ianni, impiccato in quell'olmo; et messer P. et Capocciola strascinati alle code de doi asini per fino a detta piazza e tagliate le mano nette e chiavellate in quello muro dove stao in mezzo la lopa et li corpi brusciati et lo dì dopoi furno conficcate le dette prete et perne nelli detti apostoli et lo Senatore lesse una Bolla che hanno quelli de S. I. che la fece quello papa che adornao quelle teste: pena de scomunicazione chi toccasse; e fu concesso allo popolo che potesse sallire su et vedere et de |
anti de reto per infine in nella piazza de Santo Ianni, et in quello ormo dega esser impiccato; e lo detto messer G. e Capochuoccioia degano essere trascinati alla coda de doi asini per infino in nella ditta piazza, e li li degano esser tagliate la mano ritta e chiauellarle in quello muro dove stavo in mezo la lopa, e li corpi loro degano esser brusciati. Cosi fue fatto; et a dii da poi fuorono rechonficate le ditte prete e perle in nelli detti apostoli, e lo Senatore lesse una bolla che anno quelli de Santo Ianni, che la fece quello papa che adornao quelle teste: che à pena di scommunicazione chi mai trovassi overo penzassi di tochare le ditte cose; e poi fu concesso allo puopolo che potesse sallire suso alli detti apostoli e vedere e toccare, come piacea a loro; che a voler raccontare la nobiltà delle dette cose, serria inestimabile a dirlo, che mai non fu veduta la più eccellente cosa. E de tutto questo ne fu fatta memoria in quello muro come entri in nella prima porta de Santo Ianni, da mano dritta. | questo ne fu fatta memoria in quello muro quando entri nella porta de Sancto Ianni de mano dritta. |
A | B, C, D. E, F, F,' H, I.
1452. La sera di Pasqua Epifania. |
Recordo io Pavolo che nelli 1452 la sera de Pasqua Befania fu scoperto uno trattato, che misser Stefano Porcaro era confinato a Bolognia e venne a Roma in quattro dì ad intencione che 'l papa dovea cantare la messa lo | Fu scoperto un trattato che messer Stefano Porcaro era confinato a Bologna et venne a Roma in quattro di ad intentione, che lo papa deveva cantare la messa la matina m Santo Pietro, et come era dentro all'altare li
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dì de Pasqua in Sto Pietro; com'era dentro nella cappella all'altare granne, si gettiano adosso esso et molti mal garzoni dì Roma che haveva con seco, e pigliavano lo papa con tutti li cardinali; et era venuto fornito de bandiere e ciò che li bisognava. E come se facea questo, così se levava romore in Roma de parecchi cittadini, li quali se intenneano con esso. Venne alle recchie di papa Nicola e mannò cercando li Conservadori, e mannò a casa de misser Stefano e mannocci de molti fanti, e giero a casa de misser Stefano. Quanno furo là, erano dentro circa cento persone, tutti se gittaro dal canto de reto, salvo cinque che ne gessiero denanti et accostaronsi inanti tutti quelli fanti e lli Conservatori e Senatore e llo Vicecamerlengo, et ammazzomo uno Maneschalco e salvatosi. Li sopradetti fuorono Battista Sciarra, Pietro Sordo, lo figlio de Rienzo de Pavolo Collaro con doi altri. E ll'altra sera suente fu pigliato messer Stefano in casa de Rienzo de madonna Sassa e fu menato in palazzo de papa, e pigliolo Gasparre de Petrone e Menico de Filippo Manescalchi e llo Caporione della Regola, che era Iacovo de Paolo de Palone, e ciascuno di questi lo papa li donao ducati centocinquanta; et in quella sera fu pigliato messer Angilo de Mascio e Ilo figlio che sse intenneano in quello trattato, e furono appiccati in Campituogiio. A cierti dii dopoi | gessiano esso et molti mal garzoni di Roma, et pigliavano lo papa et lo cardinale; et venne fornito de banniere et ciò che bisognava, et voleva levare Roma a romore. Venne all'orecchie del papa, et mandò cercando li Conservatori et molti fanti a casa di Stefano, circa cento, et tutti dal canto de reto se gittaro, salvo cinque che ne usciro denanti et accostarosi inanzi tutti quelli fanti et li Conservatori et Senatore et Vice Camorlengho, et ammazzorono uno Menescalcho et salvoronse. Li sopradetti furono Battista Sciarra, Pietro Sordo, lo figlio de Rienzo de Paolo Collaro con doi altri. Et l'altra sera seguente fu pigliato Stefano in casa de Rienzo de m.a Sessa, menato a Palazzo, e pigliaolo Gasparre de Petrone et Menico de Filippo Marescalchi et lo Caporione della Regola che era Iacomo de V.e de Palone, et a ciascuno di questi lo Papa donao 150 ducati; et in quella sera fu pigliato messer Angelo de Mascio et lo figlio che erano in questo trattato, et furono appiccati in Capituoglio. A certi dì de poi il Papa perseguitava quelli che se ci trovaro, et la più parte ne fuoro gionti et morti, et messer Stefano fu appiccato in quello comello del Castiello Sant'Angelo sopra lo ponte una mattina tre hora inanti dì; lo quale era uno delli valenti huomini che fussero in Roma. |
el papa li fece perseguitare tutti quelli che sse ne trovaro e la più parte ne furono gionti e morti, e messer Stefano fu appiccato in quello torriciello dello Castiello de Sto Agnilo sopra lo ponte, una mattina, tre hore nanti dì; lo quale era uno delli più valenti huomini che havesse Roma, allo quale Dio l'aia misericordia. |
Ma oltre queste alterazioni uno dei manoscritti, quello da noi indicato colla sigla I, che trovasi nella Corsiniana, ebbe a soffrirne una ben più forte. Questo manoscritto negli anni 1456-1457-1458-1459-1460-1461- 1462-1463-1464-1466-1467-1468-1469-1470-1475-1476 contiene una serie di notamenti, in tutto sessanta, che non si trovano nè in A nè negli altri codici del Memoriale. Si trovano bensì, ma a parte e col titolo Roma caput mundi, in alcuni manoscritti che ho potuto raccogliere61. Il De Antonis, benchè pubblicasse il Memoriale secondo la lezione di A, tuttavia senza indagare se quei notamenti appartenessero veramente ad esso, li pubblicò dal codice Corsiniano intercalandoli al loro luogo secondo la cronologia. Ma alcune osservazioni inducono a credere che non abbiano nulla a che fare col Memoriale. Anzitutto essi non trovansi in A dove, come abbiamo visto, il Memoriale si legge nella forma che dobbiam credere l’originaria. Poi, dato che questi notamenti appartenessero in origine all’operetta, non si comprenderebbe per qual ragione ne debban essere stati tolti, tanto più poi che il loro luogo nel Memoriale sarebbe in mezzo e non in fine, dove solamente sarebbe stata possibile una mutilazione del codice. Nemmeno si potrebbe spiegare come mai appartenendo queste notizie al Memoriale se ne sia potuto fare un estratto col titolo che abbiamo sopra riferito, non avendo essi alcuna importanza speciale. Ma v’è di più. Nel Memoriale tutte le volte che Paolo dello Mastro vuol far sapere d’aver veduto egli stesso qualcosa, al pronome di prima persona aggiunge sempre il nome Paolo, e questo nome hanno conservato non solo A, ma anche gli altri manoscritti, dove ogni allusione personale, come abbiamo veduto, fu soppressa. Nel Corsiniano I invece, nel notamento dell’anno 1460, che appartiene al frammento Roma caput mundi, dove si narra l’episodio di Tiburzio di messer Angelo de Mascio, il nome è omesso:
E ancora: all’anno 1462 Paolo dello Mastro registra la notizia della venuta a Roma della testa di s. Andrea apostolo: or bene la medesima notizia, ma narrata in diverso modo, si legge nei frammenti Roma caput mundi. Riferiamo qui i due passi:
A | Ms. bibl. Ferraioli. Dell'anno 1462. |
Recordo io Pavolo che nelli 1462 a dii 22 d'aprile venne a Roma la testa di sto Andrea Apostolo, la quale fu arrecata da Grecia, et arrechola lo Vispoto e posela in nella rocha de Nargni, e papa Pio la fece mettere in Ponte Molle, e la mattina ce annò esso con tutti li cardinali e fu ditta una messa molto solenne in quelli prati de Ponte Muolli, e poi lo papa la recao in mano per infino a S. Maria de Popolo, e lli stette una notte. E lla mattina seguente venne a S. Pietro con una solenne processione, dove venne lo papa con quella testa in mano, e tutti li cardinali a pede colle parme in mano, e tutti li vescovi e prelati de Roma colle torcie accese in mano, e tutti l'offitiali de Roma e Ilo popolo colle torcie in mano, evenne a S.to Pietro e fece la benedettione colla | A dì .xi. aprile, fo di domenica, venne de Grecia chi ne era Sigre Vispoto, e questo Visposto, per muta guerra che gli faceva lo Turco e molte terre che li haveva tolte, stava in grande tribulatione, si votò di mandare la testa di San Andrea apostolo a Roma e levarla dalla sua Terra, e mandaolo e venne in questo tempo soprasco cioè 1462 a di .xi. d'Aprile. E la S.tà di Papa Pio II gli andò incontro fino a Ponte Molle, et in quello capo di qua del d.o ponte verso Roma fece fare sopra quella murata antica un castello di legname; e lo lunedì l'andao sua Stà a trovare, ch'erano 12 dì dello d.o mese d'aprile, e la domenica la notte stette a Ponte Molle, accompagnato da molti Card. e lo d.o lunedì che la Santità del Papa l'andò incontro e pigliolo con le sue |
prescioltorìa de colpa e pena a tutti quelli che sse trovare in Roma in quello die. | mano in quello Castello dove si affronta con la d.a testa, perchè quello castello haveva due entrate, da una entrao la testa di S. Andrea, e dall'altra la Santità del Papa, e pigliata che l’hebbe con le mani, con molta divotione la mostrò a tutto lo popolo che era infinito, e poi con le sue mani l'arrecao a Santa Maria dello Popolo, e li stette tutto lo lunedì e la notte e lo martedì, e domane la Santità del Papa con le sue mano la portò a San Pietro con la magna processione e grandissimi trionfi e tutte le strade coperte e moltissimi lumi di cera e moltissima moltitudine di gente. E pure nello d.o anno la sua S.tà dove pigliò la da testa, fece fare ad honore de Santo Andrea una de marmo relevata. |
La stessa ripetizione di notizie nel Memoriale e nei frammenti Roma caput mundi troviamo all’anno 1464 e all’anno 1468, dove ambedue le scritture registrano il conclave e la elezione di Paolo II e la seconda venuta a Roma dell’imperatore Federico.
A | Ms. bibl. Ferraioli. |
Recordo io Paolo che nello ditto millesimo a dii 22 d'agosto li cardinali si misero in con chiave in palazzo e furo venti cardinali.
Recordo io Pavolo che nello ditto millesimo a dii 30 d'agosto, e fu de iovedi, fu fatto lo papa e fu fatto monsignior de S. Marco et è venetiano e chiamasi papa Paolo seconno. |
In do anno a di 28 agosto fu de martedì entrorno in conclave 20 card.li ad hore 22 nello palazzo di Santo Pietro.
Nello sopr.o anno e mese a di 30 di agosto, fo de iovedi, fo fatto papa lo card.le di S. Marco venetiano e fu chiamato Paolo 2o. |
Recordo io Pavolo che nelli 1468 venne a Roma lo imperadore Federico, e venne la viglia de Natale a tre bore de notte, e venne come pellegrino, e llo capodanno annarono a Sto Ianni esso e lo papa e tornarono in pontificale l'uno a lato all'altro. | Nell'anno 1468.
|
Ora se i frammenti Roma caput mundi appartenessero al Memoriale, queste notizie dovrebbero essere solamente o nei frammenti Roma caput mundi o nel Memoriale. Se esse si trovano in tutti e due, e con qualche differenza, ciò vuol dire che i Frammenti sono affatto indipendenti dal Memoriale.
In quanto all’introduzione dei detti frammenti nel Memoriale, fatta probabilmente da chi esemplò il Corsiniano I, pensiamo che sia proceduta in questa maniera: il copista notò nel Memoriale alcune lacune di cui si parlerà appresso, e avendo sott’occhio anche i frammenti Roma caput mundi, pensò di completare quelle con questi. Di una mescolanza di questo genere abbiamo un altro esempio, medesimamente per il nostro testo, in un manoscritto pure Corsiniano, dove il diario dell’Infessura fu raffazzonato insieme col Memoriale di Paolo dello Mastro62.
Nella forma dunque più vicina all’originale il Memoriale di Paolo dello Mastro ci è stato conservato dal manoscritto dell’archivio Soderini (A) e qui solamente perciò dobbiamo studiare il contenuto di esso per determinarne la importanza rispetto ai fatti che vi sono registrati. E per ciò fare non sarà inutile presentare lo specchio delle note croniche, col quale potrà abbracciarsi lo svolgimento del Memoriale63.
1422, XI 30.
1431, II 11, 14, III I, 3, 11, IV 22, 24, VII 3.
1432, II 17, IV 7, XI 3.
1433, IV 7, V 21, 31, VIII 13, 25.
1434, VI 29, VII 2, 4, X 29, 30*.
1436, VIII 17, IX 10.
1437, II 2, XII 9.
. . . . . . . . .
1440, III 9, 15*.
1441, II 15, III 25, VII 17, IX ..., X 9, 10*, 15.
1442, V..., VI 26, X 20, XII 13.
1443, V 12, 24, 27*, VI 23, X 30.
1444, IX 12.
1445,, VII 25, IX 7, 14*, XI 26.
1446, X ..., XI 2
1447, XII64 ..., II 23, III 4.
1449, IX 12 .....
1450, .....
1452, III 8, 12, 15*, IV 26, .....
1454, VIII 8.
1455, III 25, IV 5.
1458, IV II, VI 27, VIII 6, 16.
1459, ... 2265, II 13, XI ...
1461, II 24.
1462, IV 22.
1464, IV 12, VI ...,, VIII 14, 22, 30.
1468, XII 24.
1469, I I.
1471, VII 26, VIII 8.
1476, XI 27, XII 18.
1481, V 3.
1482, VI ..., VIII 2, IX 12.
1484, VI ...,, VIII 13, 26, 29, IX 15.
Da questo prospetto si ricava che, tolta qualche rara inesattezza che sarà notata a suo luogo nelle note al testo, Paolo dello Mastro è preciso nel registrare la data dei fatti, dei quali ci dà non solo la indicazione dell’anno e del giorno, ma spesso anche quella del santo che ricorre nel calendario ecclesiastico; il che porge modo di verificare le date con una certa sicurezza. È notevole però la scarsezza dei notamenti nei singoli anni (in alcuni i ricordi non sono più di due o tre, in alcuni ve n’ha uno solo), e la lunga distesa di tempo per la quale si procede saltuariamente e con grandi lacune, specialmente negli ultimi anni, tanto che il copista del Corsiniano I pensò di colmarle coi frammenti Roma caput mundi. Questa mancanza di continuità storica non deve meravigliare quando si consideri che Paolo dello Mastro non ebbe certo la pretensione di farsi storico de’ suoi tempi, e i suoi appunti non hanno l’aria di essere scritti per altri, ma per semplice uso privato66. Cosicchè egli non si curò mai di riempire le lacune degli anni che per varie ragioni trascorsero senza che per essi fosse registrato alcun fatto. La modestia e semplicità del libretto appare chiara dalle parole che a guisa di proemio l’autore vi premise: «Questo serao un libro de memoria delle cose che occorreranno». Il contenuto poi ce lo conferma: sono appunti non scarsi di notizie relative alla sua famiglia, nascite, morti, matrimonii, le quali, insieme con altre che forniscono i documenti degli archivi e delle biblioteche di Roma, danno un buon materiale per ricostruire come un codicetto della famiglia, che può leggersi in appendice a questo scritto. Insieme con queste notizie private Paolo dello Mastro segna i fatti più importanti che avvengono nella città: conclavi, elezioni di pontefici, tumulti che di quando in quando cagionava il sempre desto sentimento della libertà, feste per la venuta di principi e pel giubileo di Nicolò V. Di fatti esterni ne registra pochissimi e raramente in essi è esatto, come per esempio quando narra le guerre di Giovanni Vitelleschi nel Lazio che finirono colla presa di Palestrina, Zagarolo e Gallicani67. Non gli sfugge la morte di Maometto che toglieva alla cristianità un pericolo continuo, «tale che lo papa e tutta la corte stavano sollevati de annarsene con Dio, se Dio non provedea»; per contrario non fa menzione della caduta di Costantinopoli, la cui notizia certamente dovette nella città fare grandissima impressione. Gli avvenimenti della città che, insieme con le notizie private, formano, come si vede, il nucleo principale del Memoriale, narra quasi sempre con molta copia di particolari, che invano cercheremmo presso altri cronisti, e anche con abbastanza esattezza, come risulta dal confronto con documenti contemporanei. Il che dicasi specialmente della relazione delle feste per la incoronazione dell’imperatore Sigismondo e dell’imperatore Federico III, del furto fatto al reliquiario delle teste degli apostoli Pietro e Paolo a S. Giovanni, della cattura del cardinal Vitelleschi, della uccisione del cardinal di S. Marco e sopratutto delle feste giubilari di Nicolò V. Tra le fonti più cospicue per la conoscenza di quest’ultimo avvenimento è certamente da annoverarsi il nostro Memoriale, insolitamente ricco di particolari: l’affluire a Roma di un numero straordinario di pellegrini, la piena delle vie, specialmente quelle che conducevano a S. Pietro, la mancanza di vitto e di alloggi per tanta moltitudine; per contrario le vie deserte, lo squallore della città a cagione della sopravvenuta peste, il ritornare dei pellegrini a migliaia al cessare di questa e finalmente la famosa catastrofe di ponte S. Angelo, di cui egli fu spettatore, sono descritte con molta vivezza di colori.
Un’altra nota caratteristica è la obbiettività dei notamenti; così quelle poche volte68 che registra tumulti e guerre cagionate dalle contese degli Orsini coi Colonna, non lascia intravedere in alcun modo per quale delle due famiglie tenesse, ma deplora i tristi effetti che ne conseguitavano e una volta69, dopo aver notato che «era molta guerra tra casa Colonna e casa Ursina», aggiunge: «e lassao gran tribulazione in Roma perchè lo papa era morto (Sisto IV) e non c’era papa».
Similmente mentre loda Martino V,
di Eugenio IV, che nel ritornare a Roma dalla sua fuga a Firenze, trovandosi a cinque miglia dalla città «fece più a che adoppiare le gabelle», nota che i Romani «avarianolli fatto assai più honore che nolli fecero»71, e di Calisto III dice
Ai moti di libertà certo non fu avverso se vediamo, come egli stesso riferisce, che accolse in casa sua e protesse uno di quelli che avevano preso parte al governo popolare sorto nella rivoluzione che costrinse Eugenio IV a fuggire da Roma73. Anch’egli ha per il Porcari una certa simpatia, e se crede che «molti mal garzoni di Roma» fossero compagni di lui nella famosa congiura, tuttavia non può fare a meno di commiserare la triste fine di uno «lo quale era ..... delli più valenti huomini che havesse Roma»74.
L’autore del Memoriale nacque in Roma e romanesco del secolo decimoquinto è l’idioma in cui scrisse. Il manoscritto Soderini (A) ha serbato abbastanza schiette le caratteristiche di questo volgare, si che il Memoriale dopo le Visioni di santa Francesca e il Diario dell’Infessura è terzo dei documenti più sicuri del romanesco di quel tempo75. Trattandosi di un testo che si pubblica principalmente in servigio degli studi storici, non è qui il luogo di indugiarsi in un’analisi particolareggiata della fonetica e della morfologia di esso, mi limiterò quindi soltanto a riassumerne le principali conclusioni la cui piena dimostrazione troverà luogo in una speciale memoria che sto preparando intorno all’idioma romanesco del secolo decimoquinto.
È da notare anzitutto che se abbondano le caratteristiche dialettali, tuttavia l’elemento toscaneggiante non è del tutto escluso, nè ciò si deve attribuire interamente al copista, ma, in parte, anche all’autore76. Del resto il medesimo fatto si riscontra nelle Visioni, giunte a noi in un codice originale, donde per così dire si potrebbero ricavare come due grammatiche77. Cosi per fermarci ai fenomeni più peculiari ĕ ed ŏ oscillano tra la forma dittongata e la scempia; i perfetti in -avit oscillano tra la forma più antica -ao e la successiva epentetica -avo e la più recente ò; le prime poi nel corso del Memoriale si vanno facendo sempre più rare, mentre le seconde si moltiplicano78. Lo stesso dicasi del passaggio l + cons. a r, di ll = ld e di nn = nd, e di altri accidenti grammaticali.
Ed ora non ci resta che render conto della maniera seguita nella ricostituzione del testo e nella stampa di esso: fu preso a base il manoscritto dell’archivio Soderini e ragguagliatolo sempre cogli altri, col soccorso di questi fu corretto qua e là tutte le volte che in essi credetti ritrovare la lezione originale; ma sempre ne è data ragione nelle varianti, nelle quali fu segnata anche la lezione di tutti i manoscritti in ogni caso che parve di speciale importanza79. Per la stampa non fu dato alcun valore al capriccioso uso delle maiuscole, si distinse u da v e si interpunse secondo l’uso moderno. Le note non vogliono essere un commento completo, che non sembrò opportuno una volta che per lo stesso periodo di tempo si distende il Diario dell’Infessura che è stato già illustrato; mi limitai solamente a illustrare nomi o allusioni proprii del nostro Memoriale, e corroborare qua e là con documenti pur contemporanei la verità della narrazione di Paolo dello Mastro. Infine raccolsi in un glossario tutte le forme dialettali80.
Mario Pelaez.
Note
- ↑ Serie II, vol. X, quaderno i (1875), pp. 6-13; quad. ii, Pp. 37-48; quad. iv, pp. 109-119; quad. v, pp. 141-148; e poi a parte in Cronache romane inedite del medio evo pubblicate da Achille De Antonis, puntata 1a, Roma, F. Capaccini editore, 1875 (edizione di centocinquanta esemplari numerati, di pp. i-viii, 1-37, dedicata a Pietro Cossa). In questo lavoro si cita l’estratto.
- ↑ Rer. Ital. Script. III, par. II, p. 1110. Il Muratori che conobbe il Memoriale nel manoscritto Vaticano 5255, contraddice qui all’opinione dell’Ecckardt, il quale credeva che il Diario di Stefano Infessura fosse opera non solo dello scribasenato, ma anche di Paolo dello Mastro e di Paolo di Liello Petronio.
- ↑ Memorie istoriche della chiesa e convento di S. Maria in Aracoeli in Roma, in Roma, mdccxxxvi, p. 418. Paolo dello Mastro è citato a proposito del furto fatto alle teste dei ss. Pietro e Paolo e della predicazione di frate Bernardino.
- ↑ Numismata pontif. praestantiora a Martino V ad Benedictum XIV, Roma, 1774, p. 12. Lo cita a proposito del giubileo di Nicolò V.
- ↑ Istoria degli anni santi dal loro principio sino al presente del mdccl, in Firenze, mdccl, p. 63. Lo cita a proposito del giubileo di Nicolò V.
- ↑ Archiatri pontifici, in Roma, mdcclxxxiv, I, 170, n. e. Lo cita a proposito della morte di Paolo II.
- ↑ Annales ecclesiastici ab anno mcxcviii, Lucae, typis Leonardi Venturini, mdcclii, IX, 146, 170, 172. È citato a proposito delle feste fatte per la venuta dell’imperatore Sigismondo, dei torbidi avvenuti in Roma sotto Eugenio IV, e della sua fuga a Firenze.
- ↑ Acta selecta caeremonialia Sanctae Romanae Ecclesiae ex variis codicibus et diariis saeculi xv, xvi, xvii aucta et illustrata, Romae, 1753, p. 281. È citato a proposito della morte di Martino V e delle elezioni di Eugenio IV e Nicolò V.
- ↑ Storia de’ solenni possessi de’ sommi pontefici, Roma, mdcccii, pp. 41 e 45. Cita Paolo dello Mastro a proposito dell’elezione di Eugenio IV e Innocenzo VIII. Notizie storiche delle stagioni e de’ siti diversi in cui sono stati tenuti i conclavi nella città di Roma, Roma, mdcccxxiii, cap. xv, 12. Cita due passi che si riferiscono ai conclavi di Eugenio IV e Nicolò V togliendoli dal Gattico. Il Cancellieri chiama «Paolo dello Mastro cerimoniere»; ma di questo ufficio del diarista non si ha alcuna notizia.
- ↑ Memorie istoriche delle sacre teste de’ santi apostoli Pietro e Paolo e della loro solenne ricognizione nella basilica Lateranense, con un’appendice di documenti, in Roma, mdcccvl Al n. xvii dell’Appendice è pubblicata la relazione di Paolo dello Mastro (il Soresino conobbe il Vat. 3255 e il Chigiano 827) intorno al furto delle gioie fatto alle teste dei ss. Pietro e Paolo.
- ↑ Geschichte der Stadt Rom, Paderborn, 1857, passim.
- ↑ Storia della città di Roma nel medio evo, Venezia, Antonelli, 1875, vol. VII passim.
- ↑ Storia dei papi dalla fine del medio evo. Traduzione italiana di Clemente Benetti, Trento, Artigianelli, 1890, voll. I e II passim.
- ↑ Diario detta città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, a cura di Oreste Tommasini (tra i Fonti per la storia d’Italia), passim.
- ↑ Cf. De Antonis, Memoriale &c. p. vii.
- ↑ Arch. di S. Celso, prot. 109, parte 2", p. 2 a tergo, 18 aprile 1483, citato da Adinolfi, Il canale di Ponte e le sue circostanti parti, Nami, 1860, p. 56; cf. pure pp. 34-35 e 57. A p. 21 del medesimo opuscolo l’Adinolfi congettura che il «vicolo dello Mastro» che trovasi vicino alle case della famiglia Dello Mastro da questa abbia preso tal nome. Che la famiglia Dello Mastro avesse oltre queste case dei possedimenti si può ricavare, oltre che dai documenti che abbiamo raccolti nell’Appendice, dalle Notulae instrumentorum delTarch. dei Ss. Celso e Giuliano (citate dall’Adinolfi, Roma nell’età di mezzo, Roma, Bocca, 1880, I, 137), dove si legge appunto che nel luogo detto Corano fuori porta Castello fu la vigna del nobile uomo Mariano di Giorgio di Benedetto de Magistris. Io credo che l’archivio del capitolo dei Ss. Celso e Giuliano ci avrebbe fornito chi sa quante altre notizie sulla famiglia Dello Mastro; ma l’arciprete della chiesa a me, che ne lo richiesi, rispose categoricamente che non esiste alcun archivio. Il fatto invece è che l’abate Adinolfi lo esplorò e se ne servì in tempi recentissimi.
- ↑ Istoria dell’antichissimo oratorio o cappella di S. Lorenzo nei patriarchio Lateranense comunemente appellato Sancta Sanctorum di Giovanni Marangoni, in Roma, mdccxlvii. Si vegga specialmente il cap. xliv, p. 282 sgg.
- ↑ Si ricava da alcune notizie che non parve opportuno pubblicare nell’Appendice e da un libretto di Memorie della famiglia De Magistris posseduto dal cav. R. Ambrosi-De Magistris il quale cortesemente me lo diede a studiare. In queste memorie, che l’anonimo autore dice di avere scritto nel 1756, si fa risalire l’origine della famiglia De Magistris a un Turone francese, i cui discendenti sarebbero venuti a stabilirsi a Roma sulla metà circa del secolo xv; ma noi abbiamo, come si vede appresso, notizia dei De Magistris a Roma fin dal secolo xiv. Nella genealogia della famiglia formata dal detto anonimo non si leggono i nomi dei genitori e dei discendenti di Paolo dello Mastro, si che è a credere ch’egli non abbia avuto cognizione esatta de’ suoi antenati fino al secolo decimosesto. Che i De Magistris di Sezze e Anagni derivano da quelli di Roma lo provano, dice l’anonimo, per quelli di Sezze alcune «lettere del signor Simone De Magistris di Sezze, padre del signor Raimondo», e per quelli di Anagni «scritture di carattere di Cesare de Magistris conservate in Roma originalmente dalli signori Pietro de Magistris et Eutimio suo figlio e da me letti nel mese di maggio di que st’anno 1756 che ero in Roma. Altri documenti si conservano dai signori Pierleoni che abitano nella propria casa al vicolo di rimpetto alla clausura delle moniche di S. Urbano poco lungi dalla chiesa parrocchiale di S. Maria in Campo Carleo».
- ↑ V. Appendice di notizie ad a. 1333, 1408, 1412.
- ↑ Nel 1421 appare aggregato alla società dei mercanti di panni. V. Statuti dei mercanti di Roma, pubblicati da Giuseppe Gatti, Roma, Cuggiani, 1885, pp. 126-128, cf. p. xxi, nota 1
- ↑ Per tutte queste notizie e per le altre che seguono intorno alla famiglia Dello Mastro si vegga l’Appendice di notizie agli anni rispettivi.
- ↑ Si veda il Registro degli officiali del comune di Roma esemplato dallo scribasenato Marco Guidi, pubbl. da Oreste Tommasini in Atti e memorie della R. Accademia dei Lincei, ser. 4a, III, 209.
- ↑ Cf. Infessura, p. 44, r. 5 sgg. e Memoriale, n. LXII.
- ↑ Nacquero rispettivamente negli anni 1432, 1441, 1443, 1445. Lucrezia nel 1446 sposò Menico d’Antonio di Filippo, uno degli officiali che arrestarono Steùno Porcari. Stefana sposò Francesco di Cola Santi de' Franchi; Sebastiana fece testamento nel 1490.
- ↑ Fece testamento due volte; la prima volta nell’anno 1474, la seconda nel 1499. Cf. Appendice di notizie.
- ↑ Cf. Memoriale, n. LVII.
- ↑ Nacquero rispettivamente negli anni 1437 e 1461.
- ↑ Nacquero rispettivamente negli anni 1441, 1446, 1449, 1454, 1458, 1461. Per quest’ultimo v. Memoriale, n. LVII.
- ↑ È probabile che il testamento di Paolo si trovi fra le carte dell’archivio del SS. Salvatore, ma non appare dal Rubricellone di esso. Ricerche speciali nell’archivio non potei fare perchè fino a due o tre mesi fa in cui esso apparteneva all’Amministrazione dell’ospedale di S. Giovanni, non c’era alcun impiegato addetto. Ora, come si sa, è passato per buona fortuna nel nostro Archivio di Stato. Io non ho potuto neanche ora instituire alcuna ricerca perchè le carte di questo archivio non essendo ancora definitivamente collocate, non sono date a studio.
- ↑ «L’arciprete di questa chiesa [Ss. Celso e Giuliano] ordinò venisse trasportato il secondo [altare] dal luogo dove stava in altro da presso essendone stato richiesto da Benedetto de Magistris, il quale a sue spese fece fare il coro per entro alla tribuna già indicata. In questo altare traslatato v’era dipinta la pietà di N. S. G. C.». Adinolfi, Il canale di Ponte &c. p. 27. La iscrizione leggesi nella raccolta Lapides sepulcrales et familiae contenuta nel ms. Vatic. 8252, e. 477, dove è pure disegnata la figura della Pietà con sotto alcune notizie. «Queste sono le parole che si leggono nella presente lapide sepulc. in carattere gotico, la quale si trova nel pavimento in mezzo di S. Celso e Giuliano in Banchi a piè della detta chiesa». Si legge anche nel ms. Casanatense E, III, 13 che contiene la raccolta di iscrizioni romane dal Gualdi in parte stampato e in parte manoscritto. È citata anche dal Marini, Arch. pontifici, I, 170, n. e, dove è detto però erroneamente che Benedetto dello Mastro vi fu seppellito nel 1420. La chiesa è antica del 1186, ma Clemente XII la fece atterrare e ricostruire secondo il disegno attuale. Cf. M. Armellini, Le chiese di Roma, Roma, tip. Vaticana, 1891, p. 363. Alcune lapidi antiche furono raccolte e murate nei muri di un vestibolo della chiesa, dove anche ora si possono leggere, ma quella dei Dello Mastro non esiste più. Le notizie dell’Adinolfi e del ms. Vaticano, come si vede, sono discordi; siccome però Mariano de Magistris nel 1474 fece togliere questa lapide e volle nella tomba della famiglia fosse scolpita solo l’iscrizione, che appresso riferiamo, è probabile che allora la lapide colla figura fosse trasportata nel pavimento dove la vide il raccoglitore del ms. Vaticano.
- ↑ Arch. dei Ss. Celso e Giuliano, prot. 109, parte 2a, p. 75, citato da Adinolfi, Il canale di Ponte &c, p. 27.
- ↑ Magalotti, Famiglie romane, ms. Chigiano G, VII, 11 48.
- ↑ Adinolfi, Il canale di Ponte &c. p. 30.
- ↑ Nel Memoriale, n. XXXXVIII, invece è detto che Lucrezia sposò Menico d’Antonio di Filippo. Nicolò dì Napoli può essere stato un secondo marito.
- ↑ Che Paolo dello Mastro scrisse il Memoriale è ricordato dal Magalotti, Famiglie romane, ms. Chigiano G, VII, e dall’Amayden nel Repertorio delle famiglie romane che si conserva manoscritto nella biblioteca Casanatense.
- ↑ Una breve rassegna di esse si vegga in Gregorovius, Storia di Roma, VII, cap. vi, § 5, a cui s’aggiungano i Diari del Caffari pubblicati in Arch. d. Soc, Rom. di st. patr. viii, 555, e quello di Cola Coleine di cui è indicato in questo lavoro qualche manoscritto. Ed altre probabilmente ne verranno fuori esplorando le biblioteche e gli archivi pubblici e privati di Roma.
- ↑ H. Niquet, Titulus S. Crucis, Parisiis, 1698. Non ho potuto vedere questo libro; lo trovo citato dal Muratori (Rer. Ital. Script. III, par. II,, p. ino) e dal Tommasini (Il Diario di Stefano Infessura, Studio preparatorio alla nuova edizione, in questo Archivio, XI, 7-8) il quale riferisce il seguente passo: «ex antiquo rerum romanae urbis diario a Laelio Petronio, Paulo de Magistris, Stephano Infessura conscripto, quod manuscriptum habetur in bibliotheca Fulvii Arcangeli Balneoregiensis».
- ↑ Cf. p. 42, nota 4.
- ↑ Il Diario di Stefano Infessura, Studio preparatorio &c. pp. 22-24.
- ↑ Arch. pontifici, I, 170, n. c.
- ↑ Nell’archivio Vaticano esistono due copie del Memoriale; sarà una di esse quella indicata dal Raynaldi? Non c’è alcun segno che ce le possa far identificare.
- ↑ Cf. p. 42, nota 7.
- ↑ Cf. p. 41, nota 3.
- ↑ Acta selecta caeremonialia cit. p. 281.
- ↑ Op. cit. loc. cit.
- ↑ Dal catalogo e dall’inventario della Chigiana non risulta che in quella biblioteca vi sia stata una seconda copia del Memoriale.
- ↑ Storia cit. VII, 714.
- ↑ È molto probabile che questo manoscritto sia stato collocato per inavvertenza in uno scaffale diverso da quello che richiedeva la sua segnatura, giacchè non è possibile pensare ad una sottrazione non avendo esso dal lato commerciale alcun valore.
- ↑ La descrizione di questo manoscritto, quale leggesi nel catalogo della Chigiana, mi fu comunicata dall’egregio bibliotecario prof. Giuseppe Cugnoni, cui rendo qui le debite grazie.
- ↑ Per Roma le ricerche furono fatte da me. Dalla R. Società Romana di storia patria furono diramate circolari alle biblioteche principali d’Italia; ma tutte, meno Firenze che ha una copia del Memoriale tratta da un manoscritto Vaticano, risposero non possedere alcun esemplare del Memoriale. Pertanto è da pensare che fuori di Roma il nostro Memoriale non ebbe alcuna fortuna.
- ↑ L’archivio Soderini trovasi depositato presso il notaio Garroni di Roma, il quale mi diede facoltà di studiarlo a mio agio: qui pubblicamente ne lo ringrazio.
- ↑ Ringrazio l’egregio comm. Oreste Tommasini che con isquisita cortesia volle favorirmi il manoscritto affinchè lo studiassi a mio agio.
- ↑ Questo notamento sarà stato copiato inavvedutamente dal primo copista e poi fu riprodotto dagli altri.
- ↑ Il Forcella (Catalogo dei manoscritti riguardanti la storia di Roma che si conservano nella Vaticana, Roma, Bocca, 1879, I, 46, n. 163) stampò erroneamente che il Memoriale in questo manoscritto va solamente fino al 1454.
- ↑ Questo manoscritto è citato dal testè compianto Enrico Narducci nei Nuptiali di Marco Antonio Altieri, Roma, Bartoli, 1873, p. XXVI, nota 3, dove dice che «il Betti scrisse al Ranalli di possedere un’edizione di Bracciano della Vita di Cola e che monsignor Marini vi scrisse di propria mano sulla carta che precede il frontispizio: "L’autore di questa vita è Liello Petrone cittadino romano. Sta nel tomo 69 dell’archivio Vaticano e nel cod. Ottoboniano 2655 "».
- ↑ Si veda quel che si dice intorno ad essi a p. 68.
- ↑ A complemento di questo elenco si aggiunge qui in nota che nel ms. 1344, segn. 38, E, 21, della biblioteca Corsini abbiamo un raffazzonamento del Diario dell’Infessura e del Memoriale, a proposito del quale il Tommasini (Il Diario di Stefano Infessura, Studio preparatorio alla nuova edizione, in questo Arch. XI, 32) osserva: «Lo scrittore non solo compendia, ma sopprime non di rado, con animo d’apologista ecclesiastico. Più spesso ancora amplifica da cerimoniere, assumendo anche particolari dal Diario di Paolo dello Mastro».
- ↑ Si trascura G che, come s’è visto, è copia di D.
- ↑ Veggansi i notamenti XX, XXV, XXXIX, XXXXII, XXXXIII, LV, LVIIII, LXXIIII, LXXXVII.
- ↑ È degno di nota che il Memoriale nella forma più vicina all’originaria, per quel che so io, c’è pervenuto in un solo ras., A, il che fa credere che molto presto dovette essere ridotto alla seconda forma, secondo la quale fu conosciuto da chi se ne servì prima che fosse fatta l’edizione del De Antonis. Si noti pure che A trovasi in un archivio privato.
- ↑ Roma, bibl. Corsini, ms. 698, segn. 34, A, 18, ce. 49- Ji. Cf. nell’elenco dei mss. del Memoriale quello indicato colla sigla H.
Arch. Stor. Comun. Cred. XIV, t. I, ce. 40-52. Cf. nell’elenco il ms. indicato colla sigla E.
Bibl. Ferraioli, ms. cartaceo sec. xvn, e. 3 3 b: «Da un diario o manoscritto quale hebbi dal S. Curdo Muti». «Roma caput mundi. Nel tempo di papa Calisto III. Nel 1457 a di 9 8b’* et fo de lunedi». Expl. c. 38 a: «et a di 14 se parti per Napoli». Cf. Tommasini, Il Diario di Stefano Infessura, Studio preparatorio cit. in questo Arch. XI, 35.
Bibl. Altieri, ms. XVIII, G, 3. Cronica intitolata Roma caput mundi. La trovo citata in E. Sarti, Note astigrafiche pubblicate da G. Pelliccioni in Arch. d. Soc. rom. di st. patria, IX, 438. Come è noto la biblioteca Altieri, venduta alcuni anni fa, andò dispersa.
Aggiungo infine che nel ms. Vatic. Capponiano 63, cartaceo del sec. XVIII, contenente Appunti storici di Roma tratti da vari diari (cf. Forcella, Catalogo dei manoscritti riguardanti la storia di Roma &c. IV, 121, n. 18), vi è un estratto del frammento Roma caput mundi ricavato dal Vat. 3255, che, come dicemmo, non si è potuto ritrovare, ma del quale abbiamo la copia conservata nell’arch. Storico Comunale di Roma. Questo estratto contiene la notizia delle feste fatte in Roma dal 1466 al 1469, ed è detto nel Capponiano 63 essere ricavato dal Memoriale di Paolo dello Mastro. Il che ci farebbe credere che i frammenti Roma caput mundi nel ms. perduto 3255 fossero interpolati nel Memoriale. Se non che la copia Capitolina che ha i Frammenti trascrìtti subito dopo il Memoriale ci dimostra che essi nel 3255 non erano incorporati nel Memoriale e che l’autore dell’estratto contenuto nel Capponiano 63 credette appartenente a Paolo dello Mastro quel frammento che, anonimo, veniva subito dopo il Memoriale. - ↑ V. addietro p. 60, nota 2.
- ↑ Col numero romano s’indicano i mesi secondo l’ordine progressivo da I a XII, incominciando dal gennaio; le cifre arabe che seguono indicano il giorno; i puntini al posto dell’anno, del mese e del giorno significano la mancanza di queste indicazioni. I numeri segnati con asterisco sono quelli che, desunti dal contesto, non si trovano esplicitamente determinati nel Memoriale.
- ↑ Il mese dev’essere gennaio, come si può ricavare dalla data seguente.
- ↑ Il mese dev’essere gennaio, non decembre; l’errore era facile per trovarsi i due mesi vicini.
- ↑ In questo differisce dai diaristi Stefano Infessura, Stefano Caffari e Antonio di Pietro dello Schiavo. Vedi O. Tommasini, Il Diario di Stefano Infessura &c. in questo Arch. XI, 87; le prime righe dei Diarii del Caffari in questo Arch, VIII, 7; P. Savignoni, Il Diario di Antonio di Pietro dello Schiavo in questo Arch. XIII, 340.
- ↑ V. Memoriale, n. XXI.
- ↑ V. Memoriale, nn. VIII, LXXXVII.
- ↑ V. Memoriale, n. LXXXVII.
- ↑ V. Memoriale, n. IIII.
- ↑ V. Memoriale, n. XXXX.
- ↑ V. Memoriale, n. LXV. Anche di Sisto IV giudica poco favorevolmente: «fu un cattio pontefice, in tutto lo suo tempo che visse, .xiii. anni, sempre ce mantenne in guerra e carestia e senza nulla iustitia». Il Müntz, Les arts à la cour des papes. III, 8 e 9, seguito dal Pastor, II, 540, nota 5, fondandosi su questo passo giudica Paolo dello Mastro cronista partigiano; dopo quel che s’è detto non mi pare che si possa accettare questo giudizio. Del resto lo stesso Müntz concede che Sisto IV non fu molto scrupoloso nella scelta dei mezzi per compire i suoi disegni.
- ↑ V. Memoriale, n. XX.
- ↑ V. Memoriale, n. LVIII.
- ↑ Le Visioni furono la prima volta pubblicate dal prof. Mariano Armellini col titolo Vita di s. Francesca Romana, Roma, Monaldi, 1882; due furono da me ristampate con annotazioni filologiche in questo Arch. XIV, 365. Del Diario dell’Infessura abbiamo la nuova edizione del Tommasini tra i Fonti pubblicati dall’Istituto Storico.
- ↑ Vedi su ciò le osservazioni di E. Monaci, Sul Liber ystoriarum Romanorum, Prime ricerche, in Arch. d. R. Soc. rom. di st. patr. XII, 172.
- ↑ A questa conclusione sono arrivato dopo uno studio generale di tutte quante le Visioni di s. Francesca, e ne darò in altro tempo la dimostrazione.
- ↑ Cf. E. Monaci, op. cit. p. 173, nota 4.
- ↑ Nelle varianti i manoscritti sono indicati colle sigle con cui furono contradistinti nell’elenco riportato nelle pagine precedenti.
- ↑ Nelle citazioni la cifra in numeri romani rimanda al notamento, la cifra in numeri arabici alle righe del notamento.