La Stella dell'Araucania/Capitolo X
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CAPITOLO X.
L’assalto dei patagoni.
Dalla parte della foresta s’avanzavano altri cavalieri, i quali dovevano formare il grosso della tribù. Erano una quarantina, tutti di statura altissima, armati di lance, di fucili, di bolas e quello che più inquietava dipinti di bianco fino al collo e fino ai polsi, mentre le dita invece erano nere. Era la pittura di guerra e Piotre l’aveva subito riconosciuta al pari del signor Lopez, il quale era vissuto a lungo fra quei bellicosi selvaggi.
Non erano tutti guerrieri. Fra loro si vedevano anche alcune donne, pezzi di granatiere di forme sviluppatissime, alte quasi quanto gli uomini, colla pelle un po’ più chiara ed i capelli lunghissimi e grossolani raccolti in trecce e adorni di perle azzurre e di ciondoli d’argento. Cavalcavano arditamente, spingendo i cavalli a galoppo sfrenato attraverso le rocce e le globasc, facendo sventolare i loro manti di pelle di guanaco trattenuti al collo da grossi spilloni d’argento in forma di disco, e le fascie bianche, le kolchi, che portavano attorno al capo.
Al pari degli uomini avevano le gambe chiuse dentro botas de potro di pelle di guanaco col pelo al di fuori, che davano ai loro piedi delle forme mostruose; ma invece di avere il corpo nudo sotto il mantello, indossavano dei camici di cotone che scendevano loro fino sotto le ginocchia.
— Che cosa vengono a fare qui tutti questi selvaggi? — chiese papà Pardoe, un po’ inquieto. — Si prendano i loro guanachi e se ne vadano al loro accampamento. —
Pareva invece che i patagoni la pensassero diversamente. Si erano raggruppati sulla spiaggia, proprio di fronte alla baleniera e discutevano animatamente, indicandosi l’un l’altro la nave, con certi gesti non troppo rassicuranti e mostrandosi i banchi di ghiaccio che continuavano ad inoltrarsi lentamente nel canale, impedendo, almeno pel momento, la navigazione.
Una parola specialmente veniva da tutti ripetuta con una certa insistenza: gilwum.
— Sapete che cosa significa? — domandò il signor Lopez, volgendosi verso Piotre.
— No, — rispose il baleniere. — Non conosco la lingua dei patagoni.
— Gilwum vuol dire fucili.
— E che cosa volete concludere?
— Che non vedendoci in mano delle armi da fuoco, crederanno forse che noi non ne possediamo e questo potrebbe spingerli a tentare qualche cosa contro di noi.
— S’ingannano: la mia armeria è ben fornita di carabine e anche di trabucos, — rispose il baleniere. — Leveremo presto loro la voglia di darci delle noie.
— Mostrate dunque loro che noi siamo bene armati, — disse il signor Lopez. — Quegli uomini non hanno buone intenzioni, ve lo dico io. Guardate, preparano le bole perdide e spingono i loro cavalli in acqua per accostarsi a buona portata.
— Facciano pure, — disse Piotre, facendo ai suoi marinai un cenno.
I patagoni avevano terminato di discutere e si erano disposti su due file, mettendo in prima linea quei pochi che possedevano dei fucili, armi antichissime che dovevano Il patagone, che era già entrato in acqua, aizzando il cavallo coi talloni.... (Cap. X). produrre più baccano che danno, poi avevano cominciato a scendere la spiaggia, tastando colle lancie la profondità dell’acqua.
Le donne invece s’erano affrettate a ritirarsi, nascondendosi dietro le masse erbose delle bolacs e facendo coricare i loro cavalli.
— Che tentino un assalto? — chiese papà Pardoe, mettendosi rapidamente dinanzi a Mariquita, per ripararla dalle bolas.
Il signor Lopez era salito sulla murata, gridando verso il capo della banda, riconoscibile pel diadema di penne che gli ornava la testa:
— Votrei! — (caro amico).
Il patagone, che era già entrato in acqua, aizzando il cavallo coi talloni, si era fermato, guardando con un certo stupore il vecchio avventuriere, che parlava la sua lingua.
Quella sorpresa durò appena pochi secondi. Il gigante, invece di rispondere aveva staccato rapidamente la bola perdida, forse con l’intenzione di fracassare il cranio a colui che lo chiamava «caro amico»; ma non osò alzarla.
Gli uomini di Piotre erano saliti allora in coperta, portando parecchie carabine e dei tromboni che distribuirono agli altri marinai.
Vedendo quelle armi, il capo aveva fatto un improvviso voltafaccia, riguadagnando prontamente la riva.
— Ve lo dicevo io? — disse il signor Lopez. — Ora che ci vedono armati sono diventati prudenti.
Le armi da fuoco non garbano a quei giganti. —
I patagoni ad un cenno del loro capo avevano rotte le loro file, riappendendo le bolas alle selle, ed avevano risalita la spiaggia facendo mostra della massima tranquillità.
Andarono a raccogliere i tre guanachi, poi raggiunsero le loro donne e scomparvero lentamente in mezzo ai boschi, senza nemmeno voltarsi.
— I trabucos li hanno fermati, senza sparare un granello di polvere, — disse papà Pardoe. — Non c’è però da fidarsi di quella gente e non sarei sorpreso se li vedessimo ritornare in maggior numero.
Che cosa ne dite, signor Lopez?
— Che sono capaci di darci dei seri grattacapi, vecchio mio. Sono coraggiosi quei giganti e non amano affatto gli uomini di razza bianca, siano essi cileni o argentini.
— Potremo almeno andarcene da qui? — chiese Mariquita, guardando Piotre.
Il baleniere che stava appoggiato alla murata, tenendo gli sguardi fissi sul canale, dove sfilavano in quel momento altri banchi di ghiaccio, alzò il capo, dicendo con voce brusca:
— No, señorita.
— Avete paura di quei ghiacci? — insistè la giovane con una leggiera punta d’ironia che non sfuggì a Piotre.
— Io! — esclamò questi. — Mi vedrete più tardi, quando dovremo aprirci il passo fra gli ice-bergs che chiudono la baia di Possession.
Piotre e la sua Quiqua non hanno mai tremato, señorita. —
Il baleniere aveva pronunciato quelle parole con accento quasi sdegnoso, senza guardarla in viso.
— Allora perchè indugiate? —
Il baleniere alzò la destra indicando le montagne della Terra del Fuoco che scomparivano rapidamente in mezzo ad una fitta nebbia biancastra.
— È di là che viene il pericolo, — disse, — e non ho alcun desiderio, per farvi piacere, di fracassare la mia nave che amo più di tutti.
— Anche di.... — fece Mariquita, impallidendo.
Il baleniere gli aveva troncata la frase con un rapido gesto che aveva qualche cosa di minaccioso, poi, curvandosi verso di lei, le disse con voce sorda:
— Non siete ancora mia, señorita, e la mia missione non è ancora compiuta. —
Poi si allontanò, con quel passo pesante che è abituale agli uomini di mare, riprendendo il suo posto sulla cassa, che si trovava accanto al timone, dietro l’abitacolo.
Il baleniere non s’ingannava. Il pericolo non proveniva dai ghiacci, che la salda prora della Quiqua poteva benissimo infrangere, non avendo la consistenza di quelli che si erano avanzati prima, bensì dalla nebbia che scendeva sul canale con rapidità straordinaria, cacciata innanzi dalle furiose folate dei williwans.
Già i monti della Terra del Fuoco erano scomparsi e quelle masse di vapori turbinavano ora sopra il capo di San Isidoro, e s’avanzavano sempre.
Fra qualche ora il canale doveva diventare assolutamente impraticabile, in causa delle immense scogliere e dei banchi che nessun sguardo di marinaio avrebbe potuto più distinguere.
— Siamo presi, — disse papà Pardoe, che se n’era accorto. — Saremo costretti a passare la notte all’ancoraggio, ballando disperatamente.
Fra poco le acque si alzeranno, e guai a noi se le catene non terranno fermo. —
Il vento cominciava ad ingolfarsi anche dentro la baia, travolgendo nella sua foga irresistibile miriadi di uccelli marini, i quali trovandosi impotenti a lottare con tanta furia, venivano malamente sbattuti contro le spiaggie e addosso alle piante.
Erano raffiche tremende che si seguivano le une alle altre, ad intervalli di pochi minuti, cacciandosi innanzi la nebbia che turbinava in tutti i sensi. Talvolta si faceva un po’ di calma; ma subito dopo le urla ed i ruggiti ricominciavano con maggior forza e la bufera di vento si scatenava con violenza raddoppiata.
Le acque dello stretto, poche ore prima così calme, erano diventate burrascose, e grosse ondate irrompevano nella baia, infrangendosi poi con mille fragori contro le spiaggie e contro la Quiqua, la quale subiva dei trabalzi disordinati.
Piotre, temendo che la baleniera potesse venire spinta addosso alla costa, aveva fatto gettare una terza âncora, quella di speranza, che era la più grossa, e chiudere tutte le vele perchè l’alberatura non offrisse presa al vento. Conosceva troppo bene la violenza dei williwans per lasciarsi cogliere impreparato.
Eppure non erano quei colpi di vento che lo preocupavano e nemmeno la nebbia, bensì la vicinanza della spiaggia che sapeva infestata dai patagoni. Ed infatti teneva gli sguardi ostinatamente fissi sulla spiaggia, come se da quella parte presentisse qualche grave pericolo.
Quasi tutti avevano sgombrata la coperta, rifugiandosi nel quadro e nella camera di prora. Rimanevano soltanto gli uomini di guardia e lui, il quale sfidava impavido le trombe d’acqua che il vento scagliava sul ponte, senza nemmeno prendersi la briga di evitarle.
Aveva abbandonato il suo posto e camminava, con passo regolare, fra i due alberi, colla pipa semi-spenta fra le labbra, e le mani incrocicchiate sul poderoso petto, insensibile alle raffiche ed al freddo che tutto d’un tratto era diventato intenso.
Nemmeno le violentissime scosse che subiva la baleniera, sotto gli assalti quasi improvvisi dell’onde, lo scotevano o lo squilibravano. Pareva che i suoi piedi si radicassero, per modo di dire, nel legno della tolda.
La notte era calata, una notte oscurissima, che la nebbia ormai foltissima rendeva doppiamente cupa, e Piotre non aveva ancora interrotta la sua passeggiata.
Non era nemmeno disceso nel quadro all’ora della cena, contentandosi di sgretolare un paio di biscotti e di inaffiarli con un buon bicchiere di vecchio vino di Spagna.
Papà Pardoe era salito tre volte in coperta, invitandolo a prendere un po’ di riposo; Piotre aveva risposto con un semplice scrollare del capo ed una breve frase:
— Il marinaio all’ora del pericolo deve vegliare. —
Dovevano essere le dieci, quando interruppe bruscamente la sua passeggiata accostandosi verso poppa, dove vegliava uno dei suoi marinai a cui era toccato il primo quarto di guardia.
Fra lo scrosciare delle onde ed i sibili del vento, gli pareva di aver udito dei nitriti di cavalli.
Guardò attentamente verso la riva, senza poter nulla scorgere in causa del nebbione che era sempre foltissimo.
— Hai notato qualcosa di insolito, Pedro? — chiese al marinaio.
— No, padrone, — rispose questi. — Le âncore tengono fermo e la baleniera non si è mossa.
— Non parlo delle âncore, — disse Piotre. — Non hai udito dei nitriti verso la riva?
— Credo che i patagoni non avranno lasciate le loro toldas per venire a vedere le onde rompersi contro la spiaggia, padrone.
— E cos’è questo sibilo? L’odi tu? —
Qualche proiettile doveva essere passato in aria. Si era udito in quel momento un zuffolìo strano che si era subito spento pochi passi più innanzi.
— Una bola, padrone? — chiese il marinaio inquieto.
— Perdida, — aggiunse Piotre. — Sospettavo questo improvviso ritorno dei patagoni.
Il mio istinto non m’ingannava. Va a svegliare i nostri uomini e bada alla tua testa, se non vuoi che venga schiacciata come una nocciuola. —
Si era curvato sulla murata, ascoltando attentamente, senza pensare che una palla di pietra o di ferro poteva colpire anche lui. Alcuni nitriti giunsero fino ai suoi orecchi, confusi fra il fragore della risacca ed i sibili del vento.
Stava per ritrarsi, quando vide una forma umana accostarglisi. La riconobbe subito e trasalì.
— Mariquita! — esclamò, tentando di dare alla sua voce un accento duro. — Che cosa fate qui, señorita? Vi preme forse morire per evitare di mantenere il giuramento?
— Piotre! — rispose la giovane. — Perchè mi dite questo?
— Vi sono i Patagoni sulla spiaggia.
— E così?
— E si preparano ad assalire la mia nave.
— Voi non siete uomo da temerli.
— Io no..... ma il vostro posto non è qui.....
— Perchè non devo affrontare anch’io il pericolo? Devo bene abituarmi, se dovrò un giorno seguirvi nell’oceano Antartico, — disse Mariquita, con una certa amarezza.
— Vi ripeto che il vostro posto non è qui, — ripetè Piotre, con maggior durezza. — Mi preme conservarvi viva.
— Voi dunque supporreste?....
— Non suppongo nulla; pensavo solamente che certe volte la morte si preferisce, piuttosto che diventare la donna d’un uomo che non si ama.
— Ah! Piotre! Voi credete sempre che io vi odii a tale punto? —
Il baleniere, invece di rispondere l’aveva costretta ad abbassarsi dietro la murata. Nell’istesso momento un proiettile, una bola perdida od un yachicho aveva toccato la cima della boma della randa, mandando la punta in scheggie.
— Nella vostra cabina! — gridò Piotre.
— No, — rispose Mariquita con voce risoluta.
— Qui si sfida la morte!
— L’affronterò al vostro fianco.
— Guardate! —
Con un moto rapido il baleniere aveva afferrato una scure che si trovava appesa sulla murata e d’un balzo si era slanciato sul bastingaggio, aggrappandosi alla catena dell’àncora poppiera.
Una forma gigantesca era improvvisamente comparsa, tenendosi ritta sulla catena che doveva avergli servito per issarsi fino al timone. Aveva già appoggiata una mano sul coronamento di poppa e si preparava a saltare sulla tolda.
Piotre alzò la scure e la lasciò cadere con forza irresistibile. In mezzo al nebbione echeggiò un urlo rauco, poi si udì un tonfo.
Il patagone era caduto col capo spaccato fino al mento da quel colpo tremendo.
Quasi nell’istesso momento urla furiose echeggiarono sulla spiaggia, ben distinte anche fra le ondate della risacca, poi un uragano di proiettili passò sulla nave, colpendo l’alberatura ed il sartiame e spezzando parecchie corde. Erano grosse bole perdide di pietra o di metallo bianco, pesanti parecchi chilogrammi, chumè a due palle unite da una coreggia e che si adoperano per la caccia degli struzzi nadu, e yachicho, a tre, che s’attortigliavano intorno alle manovre e che poi cadevano sulla tolda a rischio di fracassare la testa a qualche marinaio. Piotre si era gettato su Mariquita, che si era rannicchiata dietro la murata, facendole scudo col proprio corpo, quindi l’aveva sollevata come se fosse una piuma, portandola dietro l’abitacolo.
L’equipaggio era già salito in coperta armato di carabine e di trabucos caricati con chiodi e pallottoni.
— Siamo assaliti? — chiese il signor Lopez, accostandosi a Piotre, il quale stava armando una grossa carabina a due canne.
— Sì, — rispose il baleniere, — e pare anche che l’assalto diventi grave. Temo che vi siano parecchie centinaia di patagoni raccolti sulla spiaggia.
— Potremo resistere?
— Questi indigeni non hanno scialuppe e sono poco amanti dell’acqua, voi lo sapete meglio di me.
— Non siamo che a trenta metri dalla spiaggia e l’acqua non è forse profonda.
— Vedremo, — rispose Piotre. — Pensate a Mariquita, voi; una bola può colpirla e quelle dei patagoni pesano! —
Le palle continuavano a grandinare sulla nave, rimbalzando un po’ dappertutto.
Fortunatamente la nebbia non permetteva agli assalitori di distinguere i marinai, sicchè lanciavano i loro proiettili a casaccio. Piotre fece schierare i suoi uomini dietro la murata di poppa e lanciare verso la spiaggia una bordata di chiodi e di pallottoni, servendosi dei tromboni.
Quella scarica, forse più rumorosa che pericolosa, fu accolta da urla acutissime dagli assalitori, ma non arrestò affatto la pioggia delle bolas.
— È un attacco furioso, — disse papà Pardoe, scaricando nuovamente il suo trabuco. — Che cosa sperano quegli imbecilli? Di demolire la nave a colpi di pietra? Ci vuole ben altro per la Quiqua!
Signor Lopez, badate di non esporvi troppo e tenetevi dietro la murata.
— Conosco troppo bene le bolas per diventarne bersaglio, — rispose il vecchio esploratore, il quale sparava di quando in quando un colpo di carabina, passando poi l’arma scarica a Mariquita che gli stava accanto, inginocchiata dietro l’abitacolo.
— Indovinate almeno il motivo di questo attacco improvviso? Non abbiamo fatto nulla a quei selvaggi.
— È la smania del saccheggio che li spinge, mio caro. Forse sospettano che noi abbiamo a bordo dei liquori per ubbriacarsi e credono che la nostra nave sia arenata. E poi sai che odiano tutti gli uomini di razza bianca e che dove possono sorprenderli si fanno un vanto di massacrarli.
— Mi pare che si avanzino, signor Lopez. Vedo dei cavalli in acqua!
— Cercheranno di portarsi a buon tiro.
— Ah! Per mille diavoli! Che cos’è questo? Del fuoco! —
Una palla, che fiammeggiava vivamente, era partita dalla spiaggia ed era caduta sulla tolda, seguita subito da altre tre o quattro.
Il signor Lopez era diventato pallido.
— Le bolas ardenti! — aveva esclamato. — Se non prendiamo il largo, daranno fuoco alla nave! —
I patagoni, vedendo che sprecavano inutilmente i loro proiettili, ricevendo invece in cambio palle coniche e uragani di chiodi che si cacciavano nella loro pelle, avevano cambiato tattica.
Avevano spalmate le loro bolas colla gomma delle bolacs glibaria mescolata probabilmente a della resina, poi le avevano accese e spinti i cavalli in acqua per abbreviare la distanza, cominciavano a tempestare la nave, tentando d’incendiaria.
Il signor Lopez si era slanciato verso Piotre, dicendogli:
— Fate salpare le âncore senza perdere tempo o la Quiqua prenderà fuoco; i vostri fucili sono insufficienti a respingere questo attacco.
— Soffia sempre il vento, — rispose il baleniere, già assai preoccupato della brutta piega che prendevano le cose.
— Non vi è da esitare, Piotre. Meglio arenarsi, in questo momento, sulle coste della Terra del Fuoco, che perire fra le fiamme. Guardate! Le tavole cominciano a fumare ed i cavalieri si accostano sfidando le onde.
— Tenete testa all’assalto per cinque minuti coi nostri uomini. Se la mia Quiqua si perderà, non sarà stata colpa mia e spero che non si dirà che io l’ho mandata a fracassarsi, piuttosto di mantenere la mia promessa.
— Nessuno oserà dirlo. —
Il baleniere gli porse la sua carabina, poi con voce tuonante comandò:
— All’argano i miei uomini! Si salpino le âncore e si spieghi la gran gabbia! Fuoco, gli altri! —
Poi si avvicinò a Mariquita che stava ricaricando i fucili di papà Pardoe e di José, dicendole:
— Una parola.
— Parlate, Piotre.
— Se la mia nave questa notte dovesse perdersi, manterrete il vostro giuramento? Se rifiutate, io non mi muoverò di qui, dovessimo perire tutti fra le fiamme.
— Che cosa volete tentare?
— Riguadagnare lo stretto, ma là vi sono le onde, le scogliere e le raffiche. Pensateci!
— Mariquita non tradirà la promessa fatta, — rispose la giovane, con voce che non tremava.
— Mi basta. —
Mentre i suoi marinai salpavano precipitosamente le âncore fra il continuo grandinare delle bolas fiammeggianti e quelli del signor Lopez alternavano colpi di trombone e di carabina contro i cavalieri che si dibattevano fra le onde, Piotre si spinse verso prora cercando di discernere l’uscita della baia.
— Là, — disse. — Dio sarà con noi. —
Due uomini, lasciati i fucili, avevano messo in opera la pompa per spegnere le bolas fiammeggianti, che minacciavano di incendiare la tolda e che continuavano a cadere come se i patagoni ne avessero una riserva inesauribile.
L’attacco rallentava sotto le vigorose ed incessanti scariche dei tromboni, i cui proiettili, se non uccidevano, producevano tuttavia delle ferite dolorosissime che strappavano agli assalitori urla di dolore. Anche i cavalli, respinti dalle onde, cominciavano a fuggire disordinatamente verso la spiaggia, non ostante i colpi di tallone dei cavalieri.
Era il momento propizio per abbandonare quel luogo, prima che i patagoni si riorganizzassero per ritentare un nuovo assalto.
La gran gabbia e la randa erano state spiegate, con tre doppi di terzaruoli ed i flocchi issati. I marinai, con uno sforzo supremo, strapparono dal fondo l’ultima âncora e si precipitarono alle scotte ed ai bracci di manovra.
Il vento era non troppo propizio per lasciare la baia e per di più soffiava sempre irregolarmente, a raffiche poderose, le quali potevano spingere bruscamente la baleniera fuori di rotta e gettarla contro i banchi di sabbia e le scogliere.
— Due uomini a prora collo scandaglio, — gridò Piotre, mettendosi alla barra del timone. — Attenzione al rompersi della risacca! Ed ora, alla volontà di Dio! —